Germania, minacce per il voto sul genocidio armeno (Avanti 06.06.16)

Berlino, 6 – Dopo il richiamo in patria dell’ambasciatore turco a Berlino, si acuiscono le tensioni fra Turchia e Germania al seguito del riconoscimento, da parte del parlamento tedesco, del genocidio degli Armeni avvenuto in Turchia fra il 1915-16. Il tutto avviene in una clima a tratti surreale alimentato, da parte del governo di Ankara, più da questioni di principio e convenienze elettorali piuttosto che da veri motivi politici.

Nel corso di un evento pubblico ad Istanbul, il presidente Erdoğan è di nuovo intervenuto pubblicamente sulla questione sottolineando come la Germania “è l’ultimo Paese che può accusare la Turchia del cosiddetto genocidio Armeno” puntando il dito verso la Shoah e i 100.000 Herero uccisi in Namibia durante l’occupazione coloniale tedesca.  In particolare il presidente se la prende con i deputati turco-tedeschi, undici per l’esattezza, per cui richiede un “controllo del sangue” perché “nessuno nelle cui vene scorra sangue turco” può accusare la Turchia di un Genocidio: la violenza etnica non farebbe parte della storia del Paese perché “la Turchia è un Paese votato alla misericordia”

Dal AKP, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo guidato dal presidente, arrivano esternazioni simili, fra cui spicca l’iniziativa del sindaco di Ankara che pubblica su Twitter le foto degli undici parlamentari di origine turca. Immediate, scontate, le reazioni dei nazionalisti, a base di insulti e minacce. Un iter ripetuto anche dalla stampa vicina al partito di governo, con toni decisamente più aspri e volgari accomunando Angela Merkel a Adolf Hitler e sottolineando come la Germania si schieri con i nemici della Turchia: l’Armenia, la Grecia e, in particolare, il PKK, il partito dei separatisti curdi.

Oltre alla Merkel, il vero simbolo della protesta risulta essere il parlamentare Cem Özdemir, uno dei leader dei Grünen (i Verdi) e considerato da anni il politico turco-tedesco più di spicco, che si è speso molto, al Bundestag e nei media tedeschi, per l’approvazione della risoluzione. Özdemir è diventato un vero capro espiatorio, il simbolo di tutti quei “finti Turchi” che, come scrive il quotidiano Sözcü, dicono di rappresentare la vasta comunità turca in Germania e invece, come accusa il giornale governativo Star, siano di origine armena (falso, è circasso, ndr) e amico del PKK.

Come sempre in questi casi, ad una così veemente campagna mediatica segue lo scatenarsi dell’opinione pubblica che ha infatti sommerso negli ultimi giorni l’ufficio del parlamentare di lettere, mail e tweet provenienti da sedicenti nazionalisti turchi. E tra i messaggi ce n’è anche qualcuno in cui ci si chiede se “non ci sia fra gli oltre due milioni e mezzo di turchi in Germania, un giovane che gli pianti un proiettile in testa”. Per questo la polizia tedesca ha concesso la scorta ad Özdemir.

In questo flusso di minacce, Angela Merkel si è schierata immediatamente a difesa di Özdemir e degli altri parlamentari e così anche il presidente della Federazione turca in Germania, il quale dichiara come “le minacce di morte e test del sangue siano totalmente inaccettabili” in una società moderna. Intanto, dopo le prime irate reazioni, il premier Yıldırım relativizza le parole del proprio presidente Erdoğan sottolineando come non siano previste, per ora, misure politiche: “È impensabile che le relazioni fra Germania e Turchia possano deteriorarsi per certe decisioni”. Così mentre la stampa di partito e ad Erdoğan, sempre pronto al facile populismo, continua la caccia al facile consenso popolare, il governo prova a defilarsi conservando per sé quel ruolo di mediatore necessario al proprio Paese. Difatti, sullo sfondo della diatriba sul Genocidio Armeno, rimangono per la Turchia i veri nodi diplomatici ovvero lo smistamento dei profughi verso l’Europa ma, soprattutto, le relative compensazioni economiche, proveniente soprattutto dalla Germania, necessarie per tamponare il rallentamento dell’economia turca, con buona pace di qualunque questione di principio.

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