Il genocidio armeno e l’ombra turca: a cosa stiamo preparando l’Europa? (L’occidentale 05.05.21)

A volte la memoria collettiva viene sottoposta ad uno sforzo per poter ricordare fatti tragici che, per un motivo o per un altro, non fanno più parte della nostra quotidianità. Tutti noi abbiamo ben presente “l’Olocausto” ovvero lo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Tale tragico evento, svoltosi negli anni più cruenti del dominio nazista sull’intera Europa, ha lasciato un segno profondo nella memoria di tutti e nessuno ha bisogno di alcuna sollecitazione per ricordarne la storia.

La stessa cosa non è avvenuta per altri eventi tragici che pure hanno colpito intere popolazioni. Tra queste è tornata alla ribalta nelle scorse settimane quella relativa allo sterminio degli Armeni dal momento che, il 24 aprile, il presidente americano Biden, primo presidente a farlo, ha riconosciuto pubblicamente il genocidio degli armeni. Questa mossa del presidente Biden ha, ovviamente, scatenato le pesanti reazioni del governo di Ankara.

In precedenza, nel 2015, anche il Parlamento Europeo aveva riconosciuto il genocidio degli armeni posto in essere da parte dell’Impero Ottomano. Tale evento, in gran parte sconosciuto agli europei, andrebbe approfondito proprio in virtù della possibilità che la Turchia possa un giorno entrare a far parte dei paesi della Comunità Europea. E non solo. Infatti, in un paese come la Germania, cuore pulsante della Comunità Europea, la presenza di popolazione turca o di origine turca è notevole. Si stimano circa 3 milioni di turchi “diretti” ma il numero aumenta notevolmente se si considerano i tedeschi di origine turca. Infatti, se si considera che i primi flussi di lavoratori turchi iniziarono nel 1961 si può ben comprendere come ci si possa trovare di fronte già alla seconda o terza generazione.

Stime recenti parlano di una popolazione di origine turca presente in Germania che varia tra una percentuale tra il 5% e il 9% dell’intera popolazione residente. E’ a tutti palese come oramai tale etnia abbia un peso rilevante anche sulla politica interna tedesca e non solo in quella. Proprio per questo motivo reputo fondamentale dover conoscere la storia completa del genocidio degli armeni poiché, per alcuni aspetti, il tema ci dovrebbe far riflettere molto.

Innanzitutto partiamo da una precisazione. Come già accennato, il presidente Biden ha riconosciuto il genocidio degli armeni nel suo 106° anniversario. Da questo “errore” dovrebbe partire la nostra ricostruzione.

Infatti, quello che viene solitamente riconosciuto come genocidio degli armeni riguarda esclusivamente i tragici eventi che si susseguirono tra il 1915 e il 1916 in tutto il territorio ottomano. Purtroppo, invece, lo sterminio degli armeni abbraccia un periodo molto più lungo della storia di questo popolo.

La tragedia armena inizia infatti con i cosiddetti “massacri hamidiani”, perpetrati tra il 1894 e il 1896, e si conclude con le azioni di annientamento poste in essere tra il 1919 e il 1924.

Per capire il perché sia iniziata tale persecuzione bisogna fare un passo indietro nell’analisi della storia di questo secolare impero. L’impero ottomano nel corso del diciannovesimo secolo visse sconvolgimenti che misero a rischio la sua esistenza. Sul versante europeo aree sempre più vaste dell’impero venivano interessate da movimenti di liberazione nazionale o da invasione dei paesi cristiani confinanti.

Tale situazione causò un processo migratorio verso la parte asiatica dell’impero di tutta la popolazione mussulmana che veniva scacciata dalle aree che man mano l’impero perdeva. Questo flusso migratorio iniziò a rompere gli equilibri interni che per secoli furono alla base della prosperità dell’impero ottomano determinando, tra l’altro, il fatto che l’elemento cristiano venne ad essere considerato sempre di più un corpo estraneo all’interno dell’impero.

Tanto fu che, a partire dal febbraio 1894 nella città di Yozgat e fino al settembre 1986 nella città di Egin, furono registrati massacri in quasi una trentina di capoluoghi di provincia dell’impero, oltre ad un numero imprecisato di centri minori, che causarono tra i duecentomila e i trecentomila morti.

I massacri furono compiuti da militari e civili turchi con l’aiuto di gran parte della popolazione curda. La popolazione armena fu in questo periodo oggetto di depredazioni senza alcun limite oltre che di conversioni forzate alla religione islamica.

Il risultato di questi massacri fu quello di indurre un notevole numero di armeni a trasferirsi fuori dalla Turchia per poter conservare sia il proprio credo religioso che la propria vita. Dopo tali massacri, per quasi 20 anni, la situazione tornò ad essere quasi normale, se per normale vogliamo intendere che la popolazione armena, considerata di serie “C”, era sottoposta a continue angherie sia da parte dei turchi che dei curdi.

La scintilla del nuovo dramma furono gli eventi della prima guerra mondiale che videro l’Impero Ottomano schierato al fianco di Germania e Impero Austroungarico. Durante tale guerra la popolazione armena fu considerata, anche a causa del proprio credo religioso, dal governo ottomano come una potenziale nemica interna e ancor di più un comodo capro espiatorio per le sconfitte maturate nei confronti dell’esercito imperiale russo.

Tale atteggiamento portò inizialmente a disarmare e poi eliminare fisicamente tutti i soldati dell’esercito ottomano di origine armena. Ma la vera misura, che possiamo considerare il preludio al massacro, fu la deportazione di tutta la popolazione armena messa in atto a partire dal mese di aprile 1915. In ogni città o villaggio interessato alla deportazione la popolazione armena, con poche ore di preavviso, fu trasferita verso le aree interne dell’Anatolia. Purtroppo durante lo spostamento gli armeni furono oggetto di aggressioni, rapine e uccisioni. Le case furono completamente spogliate dei beni contenuti e molte donne e bambini furono rapiti o per essere convertiti o per subire violenze sessuali.

Solo per far comprendere il clima di quei giorni si riporta la notizia che un generale turco ammonì i propri sottoposti dicendo che chiunque avesse fornito assistenza o rifugio agli armeni sarebbe stato impiccato e la sua casa sarebbe stata bruciata.

Il numero preciso dei morti resta ancora dibattuto ma la stima più accreditata è quella di circa un milione di morti nel biennio 1915/1916.

Purtroppo per il popolo armeno le persecuzioni non finirono qui. E non solo per loro. Negli anni successivi alla prima guerra mondiale l’odio dei turchi iniziò sempre di più a focalizzarsi su tutte le popolazioni non mussulmane. Pertanto agli armeni si associarono anche i greci e gli assiri. Tutti uniti da un unico legame: essere cristiani.

Lo smembramento dell’impero scatenò un odio senza limiti verso tutti coloro che a torto o a ragione furono considerati, direttamente o indirettamente, coinvolti nelle sconfitte militari. Odio alimentato anche dal nazionalismo turco nato nel momento più tragico della storia dell’impero ottomano. Infatti, l’impero ottomano, che dopo questi anni si ridusse alla sola Turchia, si trovò soggetta a invasioni straniere che misero a serio rischio anche la sopravvivenza di tale entità.

Fu così che negli anni tra il 1919 e il 1924 si consumò l’ultima parte della tragedia armena anche se, questa volta, furono in compagnia delle altre popolazioni cristiane.

Anche in questi anni si susseguirono deportazioni, massacri, stupri, rapimenti e conversioni forzate. Tra le tante cose, molto probabilmente, l’eredità peggiore che tale genoa noi europei fu l’esempio che fu dato ai molti ufficiali tedeschi presenti durante tale sterminio. Ma questo è un altro tema.

Quello che oggi a noi più deve interessare è che tale sterminio ebbe alla base una motivazione di carattere religioso e che oggi tale contrapposizione potrebbe essere non del tutta sopita. E nel momento in cui la politica di accoglienza in Europa viene a determinare una presenza turca e quella di altri popoli mussulmani non costruita sul reciproco rispetto si rischia solamente di immettere nel cuore del nostro continente una bomba ad orologeria.

Mi limiterò a citare i risultati di uno studio condotto in Germania secondo il quale quasi la metà dei tre milioni di turchi che vivono in Germania crede che sia più importante rispettare la legge islamica della Sharia piuttosto che la legislazione tedesca, se esse si contraddicono. (“Integrazione e religione dal punto di vista dei turchi che vivono in Germania” – Integration und Religion aus der Sicht von Türkeistämmigen in Deutschland – è stato realizzato dal Dipartimento di Religione e Politica dell’Università di Münster).

A cosa stiamo preparando l’Europa?

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