La Germania riconosce il genocidio degli armeni, Erdogan richiama l’ambasciatore (Raccolta 02.06.2016)

Il Bundestag alla fine ha approvato la risoluzione che riconosce il genocidio degli armeni, massacrati da parte dell’Impero ottomano nel 1915.

Angela Merkel e Recep Tayyip Erdoğan a Istanbul

La Turchia, per tutta risposta, ha richiamato il proprio ambasciatore a Berlino, in segno di clamorosa protesta.

La camera bassa del parlamento di Berlino non ha avuto paura delle minacce della Turchia di Recep Erdogan, che alla vigilia del voto aveva fatto sapere, per bocca del primo ministro Binali Yildrim, che un voto favorevole avrebbe “messo a dura prova” l’amicizia turco-tedesca, ponendo a rischio le relazioni diplomatiche fra i due Paesi.

Oggi il presidente turco, parlando a Nairobi, ha spiegato che il voto tedesco “comprometterà seriamente i rapporti fra i due Paesi: il ritiro dell’ambasciatore è stato solo il primo paso”

L’assemblea legislativa della Germania, però, non ha temuto gli strali provenienti da Ankara e ha votato la mozione quasi all’unanimità: solo un deputato si è astenuto e un altro ha votato contro. Tra il 1915 e il 1916 il governo dell’allora Sublime Porta ordinò l’espulsione e il massacro di un milione e mezzo di armeni, sparsi nelle varie province dell’Impero ottomano. In tempi recenti, però, la Turchia si è sempre opposta con forza a chi ha qualificato quei fatti come “genocidio”, facendone una questione pregiudiziale della propria politica estera.

La sfida tedesca alla Mezzaluna, peraltro, giunge in un momento assai delicato. Ieri scadeva il termine per l’implementazione dell‘accordo fra Turchia e Ue sui migranti, in base al quale Ankara dovrebe frenare il flusso incontrollato degli arrivi in cambio della liberalizzazione dei visti necessari ai cittadini turchi per circolare liberamente nel territorio dell’Unione.

Se Erdogan ha sempre alzato la voce contro le presunte incoerenze dell’Europa, che si ostina a pretendere dalla Turchia il rispetto delle 72 clausole sul rispetto dei diritti umani, ora la questione dell’Armenia rischia di riaprire una ferita mai del tutto rimarginatasi.

Se il presidente turco alza la voce, Angela Merkel sembra però più conciliante: “La Germania ha ampie e forti relazioni con la Turchia nonostante le differenze su alcune questioni – spiega la cancelliera – Affrontare questioni controverse fa parte della democrazia: il voto sugli armeni non intaccherà le nostre relazioni amichevoli e strategiche”.

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Istanbul – Il Parlamento tedesco ha approvato una risoluzione con la quale definisce “genocidio” la strage degli armeni del 1915 e la reazione della Turchia non si è fatta attendere: richiamato l’ambasciatore ad Ankara, mentre il presidente Recep Tayyip Erdogan da Nairobi ha annunciato “serie ripercussioni” nei rapporti tra i due Paesi ma anche con l’Europa. Basta il termine “genocidio” ad aprire una crisi tra la Turchia e il suo principale partner commerciale, una crepa sulle cui conseguenze Erdogan aveva già messo in guardia la cancelliera Angela Merkel con una telefonata di venerdì, invitando la cancelliera a considerare i rapporti tra i due Paesi e i tre milioni e mezzo di cittadini turchi residenti in Germania.

Una decisione che “comprometterà seriamente i rapporti tra i due Paesi”, ha avvertito Erdogan. Di “errore storico”, ha parlato il governo turco che ha respinto la risoluzione del Bundestag come “nullo e mai avvenuto”, e richiamando l’ambasciatore.

L’approvazione della risoluzione da parte della Camera bassa tedesca giunge al culmine delle tensioni per l’accordo sulla crisi dei migranti che prevede, in cambio dell’aiuto di Ankara, l’abolizione del visto Ue per i cittadini turchi se la Turchia rispetterà le condizioni poste da Bruxelles. Un prezzo politicamente elevato per Berlino che in caso di apertura delle frontiere europee rischia di vedere intensificato l’arrivo di cittadini turchi. E la tensione tra i due governi è in continua crescita. Il voto di oggi era già stato programmato lo scorso anno, ma fu congelato dopo una serrata polemica internazionale proprio per non compromettere i rapporti tra Germania e Turchia.

E le conseguenze, al di là delle smentite di rito, potrebbero estendersi agli accordi che Ankara ha preso con Bruxelles, considerando che la Merkel è stata la principale controparte con la quale l’ex premier Ahmet Davutoglu ha condotto la trattativa che ha portato alla chiusura dell’accordo siglato lo scorso 18 marzo che prevedeva la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi e il respingimento degli immigrati irregolari dalla Grecia in Turchia. Per il neo premier Binali Yildirim si tratta invece del primo banco di prova in ambito di politica internazionale. Negli scorsi giorni Yildirim aveva definito “ridicola” la discussione della risoluzione da parte del Bundestag, per poi riferire i tragici fatti del 1915 a “dinamiche normali in tempo di guerra, avvenuti in qualsiasi territorio che abbia combattuto la prima guerra mondiale”. Oggi il premier si è limitato a esprimere il proprio disappunto, mentre il suo vice Numan Kurtulmus ha assicurato che la reazione della Turchia “non si fara’ attendere in nessun ambito”.

Angela Merkel, con Ankara relazioni solide

Il ministro degli Esteri tedesco, Wolfgang Steinmeier, da Buenos Aires ha cercato di gettare acqua sul fuoco: “Ci aspettavamo il malcontento da parte di Ankara, lavoreremo nelle prossime settimane per evitare che le reazioni diventino sproporzionate”.

Non e’ solo l’Akp, il partito di maggioranza cui appartengono presidente e premier, a fare la voce grossa. I rappresentanti di tre dei quattro partiti in parlamento hanno firmato una dichiarazione congiunta, con la quale invitano la Germania a rivedere il testo, approvato “a detrimento di tutte le parti”. I repubblicani del Chp, principale partito di opposizione, attraverso il portavoce Ozturk Yilmaz ha definito “inaccettabile” il voto tedesco, un voto che danneggia i cittadini di origine turca e pone un ulteriore ostacolo al processo di riavvicinamento di Turchia e Armenia, mentre i nazionalisti del Mhp hanno invitato Berlino “a riprendersi gli immigrati”. Solo i curdi del Hdp hanno rifiutato la firma, invitando il Parlamento turco a “guardare in faccia alla realta’”.

Un contenzioso che dura da oltre un secolo

Lo scorso anno, in occasione del centenario dello sterminio, fu Papa Francesco a utilizzare il termine “genocidio” scatenando la dura reazione di Erdogan, in seguito alla quale si sfiorò la crisi diplomatica con il Vaticano. In quell’occasione il presidente turco rinnovo’ la proposta di una commissione congiunta di storici turchi e armeni che lavorasse “al raggiungimento di una verita’ storica, per porre fine a strumentalizzazioni da parte della politica”. Quando ancora ricopriva la carica di premier infatti, Erdogan scrisse al presidente armeno Robert Kocharyan, offrendo la completa apertura degli archivi e la pubblicazione dei documenti relativi le operazioni militari del 1915. Secondo Erevan furono un milione e mezzo i morti, il triplo di quelli riconosciuti da Ankara , ma al di la’ dei numeri sono le modalita’ a costituire il nervo scoperto di una questione che appare non avere sintesi né soluzione. Per gli armeni rastrellamenti, campi di sterminio e pulizia etnica non laciano spazio a dubbi: fu genocidio. Per i turchi la carenza di cibo e il freddo glaciale che attanaglia sistematicamente una regione dove le temperature raggiungono anche i -50°C, furono tra i principali fattori alla base di una strage che vide morire, secondo Ankara, anche piu’ del 60% dei soldati turchi.

Finora 20 Paesi – tra i quali Francia e Russia – hanno già riconosciuto ufficialmente lo status di genocidio al massacro degli armeni. (AGI)



Genocidio Armeno, gli archivi vaticani dell’epoca inchiodano la Turchia (Il Messaggero)

Franca Ginasoldati

CITTA’ DEL VATICANO – Il copione si ripete. Stavolta la tensione alle stelle investe i rapporti tra Germania e Turchia, due Paesi storicamente alleati dai tempi dell’Impero Ottomano. Il Bundestang approvando la Risoluzione presentata da Cdu, Spd e Verdi per riconoscere il genocidio armeno, il primo genocidio del XX secolo, un capitolo buio e vergognoso per l’Europa intera, costato la vita a un  milione e mezzo di uomini, donne e bambini sterminati tra il 1915 e il 1919, ha indebolito le buone relazioni con Ankara.  Nonostante siano passati 100 anni da quei fatti, la Turchia moderna continua a respingere qualsiasi addebito storico, anzi minaccia apertamente quei Paesi che portano avanti mozioni parlamentari tese a ristabilire la verità storica. L’anno scorso a farne le spese era stato Papa Francesco che aveva osato pronunciare, durante una messa a San Pietro per le vittime dello sterminio, la parola «genocidio». Per tutta risposta il presidente Erdogan aveva richiamato immediatamente il suo ambasciatore, congelando le relazioni diplomatiche.

La Germania resta in attesa di conoscere la controffensive di Ankara anche se le intimidazioni non hanno fermato l’iter parlamentare. Contro il testo della risoluzione si è espresso il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, della Spd. Il presidente turco, nei giorni scorsi, ha fatto sapere a Berlino che scatteranno pesanti conseguenze. Erdogan, durante una conversazione telefonica con la Cancelliera, si è appellato al buon senso della Merkel. Sullo sfondo ci sono notevoli interessi commerciali, militari, strategici. Il presidente armeno, Serz Sargsyan, in una intervista alla Bild, tre giorni fa aveva incoraggiato i deputati del Bundestag a non lasciarsi intimidire. «Non è giusto che non si possa chiamare genocidio il genocidio contro gli armeni, solo perché il capo di Stato di un altro Paese ne è disturbato». Paesi come Russia e Francia in passato hanno riconosciuto il genocidio. Il Parlamento italiano lo ha fatto nel 2000, con una mozione trasversale presenta dal leghista Pagliarini. Di dubbi storici non ce ne sono su come si svilupparono i fatti non ce ne sono. Il piano di sterminio fu pianificato nel 1915 a tavolino dal triumvirato Talat, Enver e Pasha, tre ministri che, ancora oggi, sono considerati eroi nazionali, al pari di Garibaldi o Mazzini.

Erdogan aveva anche proposto agli armeni di istituire una commissione storica per stabilire la verità ma nulla si è mosso. Secondo gli armeni i morti di quelle terribili marce forzate nel deserto, superano il milione e mezzo, secondo i turchi si attestano a 200-300 mila: le stragi sono attribuite al durissimo inverno e alla carenza di cibo. L’anno scorso la Santa Sede ha terminato di raccogliere, catalogare, pubblicare e rendere fruibili gli sterminati archivi dell’epoca (1914-1920), mettendoli a totale disposizione di tutti gli studiosi del mondo. Contengono cablogrammi, dossier, resoconti diplomatici, lettere di sacerdoti, missionari, vescovi, appunti arrivati a Roma da diversi ambasciatori e testimoni vari, dai quali è facile ricostruire nel dettaglio ogni singola fase genocidaria. Il fatto è che gli armeni sotto l’Impero Ottomano erano una minoranza ricchissima, influente, di religione cristiana da sterminare per poter incamerare (mediante una legge parlamentare) le immense ricchezze. Tra due settimane Papa Francesco andrà a Yerevan, a pregare sul memoriale del genocidio. Libererà due colombe pensando alla pace, guardando l’Ararat, e sperando che la scintilla della misericordia possa fare mutare la direzione del vento politico.


Berlino e il «genocidio» armeno – Un duro colpo per Erdogan Corriere della Sera

Il parlamento tedesco ha votato nella mattinata di giovedì, quasi all’unanimità, una mozione che definisce «genocidio» il massacro degli armeni avvenuto a opera dell’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1916: un milione e mezzo di morti.

Ha così affermato due cose. Primo che non si fa intimorire dalle molte reazioni turche, innanzitutto quelle del presidente Recep Tayyp Erdogan, il quale nei giorni scorsi ha minacciato ripercussioni nelle relazioni bilaterali tra Ankara e Berlino, a causa della mozione. Anche durante una telefonata con Angela Merkel.

Da parte del Bundestag, è un atto di affermazione di autonomia, anche se molti deputati si rendevano conto, mentre votavano, che la reazione turca avrebbe potuto creare problemi all’accordo sui rifugiati che la Ue ha firmato con Ankara e che la cancelliera tedesca ha voluto a tutti i costi (Frau Merkel non era in aula per altri impegni). In realtà, il tenere ferma la posizione da parte del parlamento di Berlino ribalta su Erdogan il problema: ora dovrà decidere se vale la pena prendere iniziative drastiche per una questione rilevante dal punto di vista politico ma senza conseguenze pratiche. Non probabile, dicono gli osservatori, al di là delle dichiarazioni e magari del coinvolgere gli ambasciatori dei due Paesi come forma di protesta.

La seconda affermazione del Bundestag riguarda l’idea di portare in parlamento una questione che solitamente si lasciava agli storici (altri Paesi lo hanno già fatto) e decidere su basi politiche che quello di allora fu un genocidio (alcuni storici non sono d’accordo, ritengono che l’obiettivo ottomano non fosse lo sterminio definitivo degli armeni). In Germania, la mozione non avrà forza di legge, quindi nessuno andrà in prigione o verrò multato se negherà il genocidio armeno. Ciò nonostante, alcuni storici e intellettuali hanno sollevato dubbi sull’opportunità di un’azione del genere.

Occorre aggiungere che la mozione votata è anche molto autocritica sul ruolo della Germania, alleata dell’Impero Ottomano durante la prima guerra mondiale, nelle vicende di quegli anni. Sapeva e non disse niente.



Per la Germania la strage ottomana degli Armeni fu “genocidio” (Radio Vaticana)

Quasi all’unanimità il Bundestag, il parlamento tedesco, ha approvato oggi la risoluzione che definisce come genocidio il massacro degli armeni da parte dell’Impero Ottomano, avvenuto tra il 1915 e il 1916. La risoluzione, che è stata adottata con un solo voto contrario e un astenuto, rischia di raffreddare i rapporti tra Berlino e la Turchia, che ha già richiamato ad Ankara il proprio ambasciatore in Germania. Sentiamo Giancarlo La Vella:

Non vogliamo mettere la Turchia sotto accusa, ma riconoscere che la riconciliazione è possibile solo se i fatti accaduti vengono riconosciuti. Questo il commento del capogruppo dei Cristiano democratici sulle sofferenze subite da 1 milione e mezzo di armeni, espulsi e uccisi. Parole chiare e nette di fronte alla posizione negazionista dei governi turchi dopo la fine dell’Impero Ottomano. Non fa eccezione la Turchia di oggi. Dopo aver richiamato per consultazioni l’ambasciatore a Berlino, il presidente Erdogan ha parlato di serie conseguenze nei rapporti economici e militari tra Ankara e Berlino. I tedeschi pensino all’olocausto e non agli armeni – ha aggiunto il ministro della Giustizia, Bozdag. La cancelliera Merkel minimizza: “Con Ankara rapporti solidi, ma idee diverse”. Il timore è che ad andarci di mezzo sia proprio il recente accordo tra Turchia e Unione Europea sulla crisi dei migranti. Dalla sua, l’Armenia ha accolto con soddisfazione il voto del Bundestag, ma rimane in attesa della dichiarazione più importante: quella della Turchia. Venti Paesi, tra i quali Italia, Francia e Russia hanno già riconosciuto il genocidio degli armeni.



La tragedia armena: ferita ancora aperta (Avvenire.it)

Quello armeno fu il primo genocidio del XX secolo, ma il massacro avvenuto tra il 1915 e il 1918 è stato riconosciuto ufficialmente soltanto da 29 Paesi (compresa la Germania con il voto di oggi). L’Onu lo riconobbe già nel 1985 e due anni dopo fu la volta del Parlamento europeo. A cento anni dall’inizio delle deportazioni, la Turchia continua a negare ciò che è invece considerato un fatto dalla maggior parte degli storici contemporanei e che lo studioso Michael Hesemann ha certificato una volta di più attraverso un attento studio degli archivi segreti Vaticani nel 2012 (leggi l’intervista).

Giovanni Paolo II usò la parola “genocidio” in un documento firmato nel 2001 dal patriarca armeno Karekin II, mentre Jorge Bergoglio lo aveva già impiegato prima di diventare Pontefice nel 2013 e almeno una volta in privato. Ad aprile dello scorso anno lo stesso Francesco ha pronunciato il termine il termine in pubblico, in occasione del centenario dell’inizio dei massacri.

I FATTI. L’incubo armeno comincio nell’ottobre nel 1914 quando gli ottomani entrarono in guerra al fianco dell’Impero Austro-ungarico e della Germania. Poche settimane dopo i primi arresti di massa dei leader armeni, nel maggio 1915, una legge speciale autorizzò le deportazioni per motivi di sicurezza interna di tutti i gruppi sospetti. La popolazione armena di Anatolia e di Cilicia, additata come “il nemico interno”, fu deportata verso i deserti della Mesopotamia. Durante l’esodo forzato molti morirono di stenti e malattie o furono uccisi da guerrieri curdi al servizio degli ottomani. Altri morirono nei campi dove furono confinati mentre alcuni riuscirono a fuggire in Occidente. L’operazione di pulizia etnica mirava ad occupare le terre appartenenti agli armeni e ad annichilire le speranze di una minoranza cristiana. Nel maggio 1918 fu infine istituito uno Stato armeno, inglobato nell’ex Urss. Dopo decenni di ostilità, nel dicembre del 1991, la Turchia riconobbe l’indipendenza dell’Armenia dall’Unione Sovietica, senza però stabilire alcun contatto diplomatico. Nel 2005 Ankara si mostrò per la prima volta disponibile all’avvio di relazioni politiche.

PAROLE E NUMERI. La Turchia non riconosce il termine “genocidio”, ma ammette i massacri e la morte di molti armeni durante le deportazioni. Secondo Ankara si trattò di repressione contro una popolazione che collaborava con la Russia zarista. Ma la questione rimasta da sempre in sospeso è quella sui numeri dei morti: circa 1,3 milini di vittime per gran parte della comunità internazionale, tra i 250 e i 500mila per Ankara.

Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento proponiamo qui un brano tratto da Libro per Pietro. Memorie per un figlio di Herman Vahramian, una delle voci più interessanti della diaspora armena in Italia e in Europa e per lungo tempo nostro collaboratore fino alla sua morte nel 2009 a Milano.