Ministro Crosetto, anche la vita degli armeni conta (Unavocenelsilenzio 16.01.23)

La recente visita in Azerbaigian del ministro della Difesa, Guido Crosetto, rappresenta bene l’incoerenza che avvolge la politica estera italiana e europea.

La visita ufficiale di Crosetto a Baku ha avuto luogo durante una crisi umanitaria in corso da più di un mese in Artsakh, complice il blocco del corridoio di Lachin (l’unica strada che collega l’autoproclamata repubblica all’Armenia e al mondo) da parte di presunti manifestanti ambientalisti azeri.

In Artsakh, in pieno inverno, ci sono da oltre un mese più di 120mila persone bloccate – compresi 30mila bambini – e ormai allo stremo a causa della mancanza sempre maggiore di beni di prima necessità. Ma non si è parlato di questo a Baku, nessuna dichiarazione a riguardo è arrivata da parte del ministro della Difesa italiano.

Crosetto, dopo aver incontrato il presidente azero Aliyev, il suo omologo Hasanov e il capo dei Servizi di sicurezza Naghiyev, ha confermato il contributo dell’Italia “per un ulteriore rafforzamento delle relazioni tra Azerbaigian e Nato e tra Azerbaigian e Unione europea”, aggiungendo che “tale obiettivo è condiviso anche dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni”.

Lo stesso Aliyev ha affermato che le relazioni bilaterali si stanno sviluppando con successo, sottolineando che la cooperazione con l’Italia è particolarmente proficua in vari campi, compreso quello energetico con l’efficace funzionamento del Corridoio meridionale del gas (Sgc) che rifornisce i mercati europei dal Mar Caspio.

Sullo sfondo della guerra russo-ucraina e le sanzioni a Mosca, ecco che il gas di Baku val bene il silenzio sugli armeni dell’Artsakh. Quella stessa Unione europea che da quasi un anno ha interrotto i rapporti con Mosca rifiutando il gas russo, non ha avuto problemi a siglare un accordo con Baku per incrementare l’acquisto di gas negli anni a venire. Dimenticando la guerra dell’Artsakh del 2020 in cui oltre 5mila armeni persero la vita contro l’esercito azero supportato dalla Turchia e da mercenari jihadisti e, nello scorso settembre, l’aggressione di Baku che ha invaso e occupato anche parte del territorio sovrano dell’Armenia (causando oltre 200 morti).

L’Italia, con la visita del suo ministro della Difesa in Azerbaigian, si schiera tacitamente con il presidente azero Aliyev e la sua politica che punta alla sparizione della presenza armena in Artsakh. Pur essendo quello di Baku un regime autoritario (al 141esimo posto a livello di democrazia su 167 paesi analizzati dall’Economist) e apertamente anti-armeno (l’avallo del governo di Baku alle presunte manifestazioni ambientaliste nel corridoio di Lachin è chiaro), il governo italiano, anziché condannarlo, ci stringe accordi. Non una parola da parte di Roma per decine di migliaia di armeni isolati da oltre un mese tra freddo, scarsità di cibo e cure mediche.

L’Italia tira fuori tutta la sua indignazione per l’Ucraina invasa da Mosca ma accetta di buon grado i crimini azeri sulle popolazioni armene. Compra volentieri il gas da Baku ma evita a ogni costo quello russo. Corre in aiuto degli ucraini inviandogli armi a più non posso ma non si cura minimamente di chi muore – in una guerra subdola e meschina – nel Caucaso meridionale.

In una visione distorta e bipolare, l’Italia si mostra più che mai supina ai suoi organi sovranazionali. Secondo l’Unione europea e la Nato, è chiaro, i cattivi sono certamente i russi, ma gli azeri no. Le vittime sicuramente gli ucraini, ma non gli armeni.

Buoni e cattivi, vittime e non vittime. L’Italia sbaglia tutto alimentando un dramma sempre più grande.

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