Nagorno Karabakh. Cosa c’è alla base della vittoria dell’Azerbaigian (Notizie geopolitiche 01.01.21)

La violenza è esplosa in Karabakh il 27 settembre 2020 dopo un anno teso tra Armenia e Azerbaigian. Dopo i 44 giorni di combattimenti, con la conquista da parte degli azeri della città strategicamente importante di Shusha nel Karabakh in Azerbaigian, l’Armenia ha deciso di deporre le armi. Il conflitto ha causato la morte di 2.425 armeni e 2.783 azeri. Dopo che i combattimenti si sono conclusi con un cessate-il-fuoco mediato dalla Russia, le forze di pace russe sono state dispiegate nella regione per monitorare la tregua. L’accordo di pace, firmato il 9 novembre, ha garantito il trasferimento di tutti i sette distretti occupati dall’Armenia adiacenti al Karabakh all’Azerbaigian, la divisione del Karabakh in due parti controllate rispettivamente da Armenia e Azerbaijan, il diritto al ritorno degli sfollati interni e dei rifugiati negli anni ’90 alla regione di appartenenza, l’apertura di un corridoio dall’Azerbaigian alla sua repubblica autonoma di Nakhchivan, e al confine con la Turchia, il collegamento del Karabakh all’Armenia attraverso il corridoio Lachin. L’accordo non ha risolto la questione centrale dello status finale del Karabakh, che sarà deciso successivamente attraverso i negoziati tra Armenia e Azerbaigian.

Un fattore importante che ha contribuito alla vittoria dell’Azerbaigian sull’Armenia nella guerra lunga 44 giorni è stato l’intervento dela Russia. Tentando di espandere la sua influenza dopo che Vladimir Putin è salito al potere nel 2000, la Russia non ha voluto spingere l’Azerbaigian, un paese geostrategicamente importante ed esportatore di energia, tra le braccia dell’occidente. Per quanto riguarda l’Azerbaigian, anche se non ha aderito all’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (CSTO), guidato dalla Russia, e all’Eurasian Economic Union (EAEU), non ha trasformato la Russia in un nemico come nel caso della Georgia o dell’Ucraina. A differenza della Georgia, l’Azerbaigian non ha mai espresso a voce alta il suo desiderio di aderire alla NATO. Quindi, anche se l’Armenia era un alleato ufficiale della Russia, non c’era motivo per Mosca di punire Baku.

Consapevole del ruolo che la Russia potrebbe svolgere nella risoluzione del congelato conflitto del Karabakh, l’Azerbaigian ha collaborato con Mosca a scapito delle sue relazioni con l’occidente, fattore che ha determinato il plauso della Russia per l’Azerbaigian. Un evento spartiacque nella crescente cooperazione dell’Azerbaigian con la Russia è stata la guerra russo-georgiana dell’agosto 2008, la quale ha dimostrato che la Russia è l’attore dominante nella regione e che l’occidente non era disposto a contrastare la Russia. Ciò ha portato l’Azerbaigian ad aumentare la cooperazione economica con la regione di confine del Caucaso settentrionale nella Federazione Russa e ha portato all’espansione del soft power russo, compreso un aumento dell’istruzione fornita in lingua russa, la proliferazione di mezzi di comunicazione pro-Russia e iniziative politicamente impegnate in Azerbaigian.

L’Azerbaigian ha utilizzato massicciamente i proventi degli idrocarburi per l’espansione delle sue armi e delle sue attrezzature militari, creando una grande disparità tra le forze armate armene e azere nel corso degli anni. Il budget militare azero ha iniziato a crescere drasticamente nel 2006 quando l’oleodotto Baku-Tbilisi, il Ceyhan (BTC). è diventato operativo. Nel 2010 la sola spesa per la difesa dell’Azerbaigian ha superato l’intero bilancio dello Stato armeno. Dopo la fine del primo conflitto del Karabakh, la spesa militare dell’Azerbaigian ammontava a 70 milioni di dollari nel 1995. Nel corso degli anni c’è stato un drammatico balzo della sua spesa militare salendo ai 1,7 miliardi di dollari del 2018. La spesa militare dell’Armenia è stata invece di 50 milioni di dollari nel 1995, mentre ammontava a 610 milioni di dollari nel 2018. Cioè la spesa militare dell’Azerbaigian era tre volte superiore a quella dell’Armenia. Come risultato di questo ampio squilibrio nella spesa militare, se l’Armenia ha acquisito solo armi russe a prezzi sovvenzionati o armi di seconda mano, l’Azerbaigian ha acquistato armi ad alta tecnologia non solo dalla Russia ma anche da altri fornitori come Israele e Turchia. Apparentemente anche l’uso intensivo di droni senza pilota da parte dell’esercito azero ha giocato un ruolo decisivo nella sua vittoria.

Il cambiamento di posizione dell’Armenia è stato un altro fattore determinante nel destino della guerra del Karabakh. Il rapporto asimmetrico dell’Armenia con la sua alleata Russia si è deteriorato a spese di Erevan in quanto è la capitale è diventata fortemente dipendente dalla Russia in termini di economia, sicurezza e approvvigionamento energetico. I suoi confini chiusi, un settore manifatturiero debole, la sua incapacità di attrarre investimenti diretti esteri e il suo convogliamento di risorse economiche limitate alla spesa militare hanno frenato la crescita economica dell’Armenia, che così si è ritrovata un arsenale militare non alla pari con quello dell’Azerbaigian.
Il passaggio di mano alla guida dello stato armeno dopo la rivoluzione nel 2018 è stato un altro sviluppo che ha cambiato gli equilibri di potere a scapito dell’Armenia. Considerando il nuovo leader armeno Pashinyan, che ha rovesciato la vecchia guardia vicina al Cremlino, come “l’uomo di Soros”, la Russia ha voluto sostituirlo con un politico più leale. Inoltre, rendendosi conto che l’equilibrio nel conflitto si è spostato a favore dell’Azerbaigian in 26 anni, la Russia si aspettava che l’Armenia fosse più flessibile nei negoziati di pace prima dello scoppio del conflitto nel settembre 2020. Poiché l’Armenia non ha accettato una posizione più morbida, la Russia non ha voluto assumersi il costo geopolitico dell’intransigenza dell’Armenia.

L’avvicinamento turco-russo è stato un altro fattore che ha inclinato gli equilibri di potere nella regione a favore dell’Azerbaigian. Le relazioni tese con l’occidente hanno spinto Mosca e Ankara a stringere una stretta collaborazione tra loro. Dopo aver gareggiato con la Russia nella prima metà degli anni ’90 in Eurasia, la Turchia ha deciso di collaborare con essa dopo la seconda metà degli anni ’90, sviluppando un rapporto multidimensionale, basti pensare che il volume degli scambi bilaterali ha raggiunto i 26,3 miliardi di dollari nel 2019. Sebbene vi siano alcune differenze sulle questioni geostrategiche come in Siria, Libia e nel Mediterraneo orientale, entrambi beneficiano di questa partnership che comprende commercio, energia, investimenti, politiche relative ai gasdotti, turismo, fornitura di armi e questioni regionali. Quando è scoppiato il conflitto a settembre, la Turchia era un partner della Russia più che un rivale. Questo è il motivo per cui la Russia è rimasta in silenzio davanti al forte sostegno della Turchia all’Azerbaigian nel conflitto, a differenza della prima guerra del Karabakh all’inizio degli anni ’90.

Inoltre il sostegno incondizionato della Turchia all’Azerbaigian, soprattutto il suo sostegno militare compresa la fornitura di droni, è stato determinante nel conflitto. Hanno concluso un accordo di partenariato strategico e assistenza reciproca nel 2010 che prevedeva un aiuto reciproco in caso di attacco da parte di terzi. Il crescente sostegno della Turchia all’Azerbaigian deriva soprattutto non solo dalla sua crescente integrazione con l’Azerbaigian, in particolare nel campo dell’energia compreso il lancio del Trans Anatolian Pipeline (TANAP) nel 2019, la spedizione di più gas azero in Turchia e il massiccio investimento del gigante energetico statale azero SOCAR in Turchia, ma anche dalla sua crescente assertività nel suo vicinato: il suo sostegno infatti a Baku nel conflitto è allo stesso tempo un corollario della sua politica estera impiegata in Siria, Libia e nel Mediterraneo orientale. Grazie a una crescita costante della sua economia dopo il 2000, come risultato delle politiche economiche che la trasformano in uno “stato commerciale” e un concomitante aumento delle sue capacità militari, la Turchia si è trasformata in un attore importante nella regione.

Per quanto riguarda il ruolo occidentale nel conflitto, sebbene gli armeni si associno alla civiltà occidentale, l’Armenia non ha molta importanza strategica per l’occidente. È la più piccola repubblica post-sovietica, non ha risorse energetiche né ha rotte di transito energetico. Dato il regime autoritario che dominava nel paese nel periodo successivo alla Guerra Fredda, l’occidente ha perso il suo interesse per l’Armenia. Nel complesso l’Ue è stata tradizionalmente relativamente distaccata dal conflitto del Karabakh, principalmente a causa del ruolo dominante della Russia.
La Francia è rimasta imparziale nel conflitto, giustificando questo atteggiamento con il suo ruolo di copresidente nel Gruppo OSCE di Minsk. Un altro motivo per l’atteggiamento neutrale della Francia nella questione è che il Caucaso meridionale non è un’area di influenza tradizionale per la Francia, a differenza dell’Africa.

Allo stesso modo gli Stati Uniti sono rimasti lontani dal conflitto, ad eccezione di alcune dichiarazioni del segretario di Stato Mike Pompeo che chiedevano una risoluzione pacifica del conflitto. La mancanza di interesse degli Stati Uniti nel conflitto deriva in gran parte dal parziale disimpegno degli Stati Uniti dalla politica internazionale come risultato dell’approccio “America First” dell’amministrazione Donald Trump. La preoccupazione di Washington per le elezioni presidenziali e la lotta contro la pandemia di COVID-19 hanno anche distolto l’attenzione di Washington dalla regione.
Come l’Ue e gli Stati Uniti, un altro attore che ha svolto un ruolo marginale nel conflitto è l’Iran. L’Iran è diviso da un lato tra gli interessi geopolitici nel Caucaso meridionale e le realtà sociali all’interno del Paese, e da un lato si sforza di controbilanciare il dominio dell’alleanza Azerbaigian-Turchia nella regione, sostenendo l’asse Armenia-Russia. Lo stretto rapporto dell’Azerbaigian con Israele disturba l’Iran. D’altra parte ospita circa diciassette milioni di cittadini di etnia azera, che hanno chiesto allo stato iraniano di sostenere l’Azerbaigian contro l’Armenia nel conflitto. Di conseguenza l’Iran è rimasto in gran parte imparziale nel conflitto, oltre a proporre un piano di pace non certo efficace.

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