Nagorno Karabakh: tensioni con Baku e Ankara, l’Armenia si appella all’Onu (Asianews 18.08.23)

Erevan respinge le accuse azere di un concentramento di truppe alla frontiera. La richiesta di una convocazione straordinaria del Consiglio di sicurezza. A fine agosto attesa la visita di Putin in Turchia, priorità all’accordo sul grano. Il futuro del territorio conteso non sarà l’indipendenza, ma una ragionevole autonomia in territorio azero in sintonia con i fratelli armeni.

Mosca (AsiaNews) – Il ministero della difesa dell’Armenia ha respinto le accuse dell’Azerbaigian sul concentramento di truppe alla frontiera insieme a nuovi carichi di armamenti, negando per l’ennesima volta di avere dislocato forze armate sulla frontiera del Nagorno Karabakh. Baku ha ammonito che “si mantiene il diritto di difendere la propria sovranità e integrità territoriale con tutti i mezzi legali a disposizione”. Secondo gli azeri, gli armeni avrebbero attivato lavori di ingegneria bellica e altre azioni che violano il diritto internazionale e gli impegni assunti da Erevan negli accordi del 9 novembre 2020, riferendosi in particolare i “mezzi di lotta radio-elettronica”.

Le zone dove gli armeni starebbero concentrando le armi sarebbero quelle del territorio azero dove sono temporaneamente dislocate le forze di pace russe: una “zona demilitarizzata” dove gli armeni si fanno avanti per “riproporre le proprie pretese territoriali”, secondo il ministero degli Esteri di Baku. Accuse rinfacciate a propria volta dagli armeni nei loro confronti, che riguardano anche scontri a fuoco da una parte e dall’altra tra Kelbadžar e Nakhičevan.

Erevan, in seguito a questi ennesimi scontri verbali e sul campo, ha deciso di rivolgersi all’Onu con la richiesta di una convocazione straordinaria del Consiglio di sicurezza per “affrontare la questione del blocco del corridoio di Lačin e il pericolo di una crisi umanitari totale nel Nagorno Karabakh”. Superando tutte le altre forme di mediazione, per gli armeni “soltanto l’Onu è in grado di far rispettare le condizioni di pace e sicurezza internazionale, prevenendo le azioni distruttive di massa come i crimini di guerra, le pulizie etniche, i crimini contro l’umanità e i genocidi”.

L’Armenia si è rivolta anche al presidente Usa Joe Biden, affinché usi “tutti gli strumenti di pressione sull’Azerbaigian, compresa la sospensione degli aiuti militari”, come ha comunicato il membro della Camera dei rappresentanti del Congresso Usa Jim Mc Govern. Il Washington Post ha commentato la relazione dell’ex-procuratore capo del tribunale internazionale Luis Moreno Ocampo, che parlava del “genocidio degli armeni del Nagorno Karabakh” da parte dell’Azerbaigian usando “la fame, l’arma invisibile del genocidio”, incitando a sua volta le Nazioni Unite a farsi carico del problema.

Secondo l’osservatore politico armeno Akop Badalyan, l’appello di Erevan all’Onu costringe Baku a una reazione “in grado di non influire negativamente sulla propria reputazione internazionale”, anche se ritiene poco probabile che l’Onu approvi un documento di condanna dell’Azerbaigian. Il “linguaggio delle minacce e dei ricatti” viene quindi usato dagli azeri non soltanto contro gli armeni, ma nei confronti dell’intera comunità internazionale.

Alle dichiarazioni aggressive dell’Azerbaigian contro gli armeni si sono unite in questi giorni anche alcune posizioni ufficiali della Turchia, che ammonisce a sua volta l’Armenia a “non cercare le provocazioni” e a rispettare l’integrità territoriale dell’Azerbaigian. Secondo Ankara “non c’è ragione di criticare l’Azerbaigian nella questione del territorio di Lačin”. Badalyan ritiene che queste posizioni dei turchi vadano considerate “in un contesto geopolitico più ampio”, nella prospettiva della visita di Vladimir Putin in Turchia attesa per fine agosto, in cui la priorità sarà il ripristino dell’accordo sul grano, arma diplomatica principale di Recep Tayyip Erdogan.

Il politologo ritiene che “le azioni dell’Azerbaigian e il sostegno della Turchia siano diretti ad alzare il prezzo della Turchia per la Russia, che è molto sensibile rispetto alla necessità di evitare un secondo fronte nel Caucaso”. Ankara si intromette anche in questo gioco per gettare le sue carte nel mercato più vasto, e l’Onu potrebbe almeno far capire agli azeri che le minacce e le azioni di forza non valgono nulla nelle trattative globali. Il futuro del Nagorno Karabakh non sarà probabilmente l’indipendenza, ma una ragionevole autonomia in territorio azero, e in sintonia con i fratelli armeni.

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