Pessima figura diplomatica del Viceministro Cirielli in difesa dell’autocrate azero Aliyev. Intervista al Presidente dell’Artsakh (Korazym 05.04.24)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.04.2024 – Vik van Brantegem] – Il Consiglio per la comunità armena di Roma esprime ferma condanna per le ultime dichiarazioni rilasciate dal Viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, che ancora una volta fa da cassa di propaganda al regime dell’Azerbajgian [QUI]. L’esponente di governo è arrivato ad attaccare il Ministro francese Stephane Sejourne, perché in una conferenza stampa congiunta con il Segretario di Stato USA Blinken aveva invitato l’Azerbajgian a cessare la sua retorica di minaccia contro l’Armenia.

Il viceministro italiano si allinea così, ancora una volta, nella linea della lobby pro Azerbajgian, alla retorica minacciosa del regime autocratico di Ilham Aliyev che in queste ultime settimane sta attaccando pesantemente la Francia per il suo sostegno all’Armenia, contrasta la recente politica dell’Unione Europea nel Caucaso meridionale e, di fatto, scavalca il ministro Tajani.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma chiede al Ministro degli Esteri, Antonio Tajani se:

  • è al corrente di queste dichiarazioni fatte dal suo vice che vasta eco, negativa, stanno avendo non solo da parte armena e francese;
  • condivide questo attacco rivolto a un Paese membro dell’Unione Europea;
  • non ritiene opportuno rettificare le stesse ed esprimere solidarietà alla Francia per l’attacco rivolto al ministro di Parigi;
  • non ritiene che il Viceministro Cirielli debba essere rimosso dal suo incarico in quanto incompatibile a quel principio di imparzialità e correttezza che dovrebbe contraddistinguere la sua missione diplomatica.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma chiede al parlamento italiano di condannare questo ennesimo sostegno di Cirielli, eventualmente sollecitando un’audizione del viceministro al fine di chiarire le ragioni “personali” di tali ripetute esternazioni a favore del regime di Aliyev.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma ricorda, a questo riguardo, che qualsiasi rapporto economico e commerciale tra Italia e Azerbajgian non implica la sottomissione alla propaganda di quella che è la nona peggiore dittatura al mondo (fonte Freedom house).

Il Consiglio per la comunità armena di Roma chiede ai media di porre in giusta evidenza il comportamento di Cirielli che, oltretutto, rilascia dichiarazioni proprio in un momento di grave crisi su più fronti mondiali.

Intervista al Presidente della Repubblica di Artsakh

Lo Stato di Artsakh opera in esilio e il decreto di scioglimento fu annunciato per garantire una uscita sicura della popolazione

Il Presidente della Repubblica di Artsakh, Samvel Shahramanyan, in una recente intervista rilasciata al quotidiano francese Le Figaro [QUI], ha fatto riferimento al documento di “scioglimento” dell’Artsakh, al ritorno dei cittadini dell’Artsakh in patria e ad altre questioni.

In particolare, ha notato che nell’Artsakh ci sono ancora 10-11 persone malate o disabili, che non possono muoversi liberamente e non vogliono lasciare le tombe dei loro parenti. Dopo l’attacco terroristico dell’Azerbajgian del 19-20 settembre 2023, il numero dei rimasti è stato leggermente più alto (varie fonti parlavano di 50), ma la maggior parte di loro se n’è andata tramite la Croce Rossa.

Parlando dell’eventuale contatto con i prigionieri, il Presidente dell’Artsakh ha osservato che oltre agli 8 leader dell’Artsakh, ci sono anche 7 militari catturati a settembre. Ha detto che al momento non esiste una data chiara per il cosiddetto processo giudiziario. Ha anche fatto riferimento al tema della cosiddetta “intervista” dell’ex Presidente Harutyunyan, osservando che è stata fatta sotto coercizione. Allo stesso tempo, il Presidente della Repubblica di Artsakh ha chiesto alla Francia di esercitare pressioni sull’Azerbajgian, chiedendo il rilascio di tutti i prigionieri. «Chiedo il loro rilascio immediato e incondizionato, così come il rilascio di tutti i detenuti Armeni, arrestati arbitrariamente, ingiustamente imprigionati con accuse infondate. E chiedo alla Francia di fare pressione su Aliyev», ha detto Shahramanyan.

Rispondendo alla domanda se esiste un collegamento tra l’elezione della sua elezione a quinto Presidente della Repubblica di Artsakh e il successivo attacco terroristico azero, Shahramanyan ha negato, ricordando che gli Azeri avevano già accumulando truppe sulla linea di contatto: «Era chiaro che dopo un assedio di nove mesi per indebolirci, avrebbero attaccato».

Riferendosi al tema dello “scioglimento” dello Stato e al successivo decreto sulla cancellazione di quel “documento”, Shahramanyan ha dichiarato: «Il 19 settembre, fin dall’inizio dell’aggressione, abbiamo capito che saremmo stati soli a difenderci e che anche i Russi presenti sul posto non sarebbero intervenuti. A causa dello squilibrio delle forze non abbiamo avuto la possibilità di opporre resistenza, per questo motivo abbiamo stabilito rapidamente un contatto con gli Azeri, in modo che la popolazione civile fosse quanto più libera possibile dalle operazioni di combattimento. Dopo dodici ore di trattative abbiamo posto fine alle ostilità. Il giorno successivo, i cittadini dell’Artsakh hanno chiesto di evacuare in Armenia, temendo omicidi di massa da parte degli invasori. Quindi abbiamo avviato un secondo ciclo di trattative per rendere la loro evacuazione il più agevole possibile. Baku ci ha inviato un documento in cui l’Assemblea Nazionale doveva dichiarare che “il popolo dell’Artsakh rinuncia ai propri diritti, alla propria sovranità, ai propri simboli”. Ma perché quel documento fosse valido, il Parlamento doveva votare. Ho fatto una controproposta che il Presidente, cioè io, annunciassi lo scioglimento dell’Artsakh il 1° gennaio. Era una garanzia di un’evacuazione relativamente sicura. Sapevo benissimo che quel documento era illegale e incostituzionale, perché doveva essere ratificato dalle strutture giuridiche della Repubblica di Artsakh, ma era l’unico modo per salvare i miei connazionali».

Alla domanda di Le Figaro se esista uno Stato e un governo di Artsakh in esilio, Shahramanyan ha dato una risposta positiva, dicendo: «Sì, nell’edificio in cui vi ospito a Yerevan si trovano l’ufficio del Presidente dell’Artsakh e gli uffici delle strutture giudiziarie e legislative. I parlamentari possono riunirsi qui per votare. In ottobre ho firmato un decreto che prevede che tutti i ministri del governo rimangano al loro posto su base volontaria». Shahramanyan ha parlato anche del possibile ritorno dei cittadini dell’Artsakh. A questo proposito ha detto: «Nella situazione attuale, non è realistico pensare di tornare nel nostro territorio occupato dagli Azeri. È necessario tenere conto delle realtà dei popoli dell’Azerbajgian e dell’Artsakh che si considerano nemici. A Baku, ai giovani Azeri viene insegnato a scuola che gli Armeni sono nemici. Ci vorranno anni perché la mentalità del popolo azerbajgiano cambi e la convivenza pacifica tra i vicini diventi possibile. E qui penso tanto agli Armeni dell’Armenia quanto agli Armeni dell’Artsakh. Come possono le autorità di Yerevan considerare sicuro il loro Paese, quando alcune parti del suo territorio sono già occupate dagli Azeri, e i leader di Baku dichiarano pubblicamente i loro diritti sugli altri?».

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