Sessantaquattresimo giorno del #ArtsakhBlockade. «Il mondo è minacciato più da coloro che tollerano o incoraggiano il male, che dagli stessi malfattori» – Parte 1 (Korazym 13.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.02.2023 – Vik van Brantegem] – La dittatura Aliyev dell’Azerbajgian continua la sua guerra silenziosa contro la popolazione armena della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh (nella foto di copertina la chiesa apostolica armena di Stepanakert, la capitale). Gli ultimi 63 giorni del #ArtsakhBlockade sono una chiara indicazione delle intenzioni dell’Azerbajgian, peraltro apertamente dichiarate da Aliyev. Il popolo dell’Artsakh ha determinato il suo destino da tempo. Per gli Armeni dell’Artsakh è chiaro che il diritto all’autodeterminazione conta molto di più, quando l’alternativa è l’annientamento. Possiamo solo chiedere agli Azeri di spazzare via la gabbia dell’indottrinamento e di pensare a come chiedere al loro regime di smettere di commettere un lento genocidio. Questo #ArtsakhBlockade sarà una pagina vergognosa per l’Azerbajgian nei libri di storia.

L’appello mancato per l’Artsakh

Ieri, dopo la preghiera dell’Angelus Domini con i fedeli in piazza San Pietro, il Papa ha chiesto giustizia in Nicaragua con parole dedicate alla repressione del governo di Managua contro le opposizioni: «Le notizie che giungono dal Nicaragua mi hanno addolorato non poco. E non posso qui non ricordare con preoccupazione il vescovo di Matagalpa, Rolando Alvarez, a cui voglio tanto bene, condannato a 26 anni di carcere e anche le persone che sono stato deportate negli Stati Uniti. Prego per loro e per tutti coloro che soffrono in quella cara nazione. Chiedo a voi la vostra preghiera. Domandiamo inoltre al Signore, per l’intercessione dell’Immacolata Vergine Maria, di aprire i cuori dei responsabili politici e di tutti i cittadini alla sincera ricerca della pace che nasce dalla verità, dalla giustizia, dalla libertà e dall’amore. E si raggiunge attraverso l’esercizio paziente del dialogo. Preghiamo insieme la Madonna». Non poteva ovviamente mancare anche un accorato accenno alla tragedia della Turchia e della Siria, travolte da due scosse di terremoto devastanti e alla “martoriata Ucraina”: «Continuiamo a stare vicini, con la preghiera e con il sostegno concreto, alle popolazioni terremotate in Siria e Turchia. Stavo vedendo le immagini di questa catastrofe, il dolore di questi popoli che soffrono per il terremoto. Preghiamo per loro, non dimentichiamolo, preghiamo e pensiamo cosa possiamo fare per loro. E non dimentichiamo la martoriata Ucraina: che il Signore apra vie di pace e dia ai responsabili il coraggio di percorrerle».

Dolore, preoccupazione, preghiera per coloro che soffrono nella cara nazione dell’Artsakh? Richiesta al Signore, per l’intercessione dell’Immacolata Vergine Maria, di aprire i cuori dei responsabili politici dell’Azerbajgian e della Turchia, e di tutti i cittadini Azeri e Turchi alla sincera ricerca della pace che nasce dalla verità, dalla giustizia, della libertà e dall’amore. E che si raggiunge attraverso l’esercizio paziente del dialogo? Il doloro per il popolo dell’Artsakh che soffro per il blocco del Corridoio di Lachin? Una preghiera per questo popolo, di non dimenticarlo e pensare cosa possiamo fare per esso? E di non dimenticare il martoriato Artsakh, che il Signore apra via di pace e dia ai responsabili dell’Azerbajgian e della Turchia di percorrerle? Per i fratelli cristiani armeni del martoriato Artsakh non è pervenuto un tale appello. Proviamo tristezza e un profondo dolore.

«Il mondo è minacciato più da coloro che tollerano o incoraggiano il male, che dagli stessi malfattori» (Albert Einstein)

Nel 1955 Josep Maria Corredor pubblicò un libro in francese sull’importante violoncellista catalano Pau Casals intitolato Conversations avec Pablo Casals: souvenirs et opinion d’un musicien. Il libro utilizzava un formato di intervista per presentare il commento di Casals su una varietà di argomenti. Inoltre, Corredor ha raccolto e stampato opinioni su Casals da diversi personaggi noti, tra cui Albert Einstein: «L’apprezzamento di Pau Casals come grande artista non ha bisogno di aspettare me, perché c’è unanimità tra gli auguri. Ma quello che ammiro particolarmente di lui è il suo atteggiamento caratteristico non solo contro gli oppressori del suo popolo, ma anche contro tutti quegli opportunisti sempre pronti a patteggiare con il diavolo. Ha chiaramente riconosciuto che il mondo è minacciato più da coloro che tollerano o incoraggiano il male, che dagli stessi malfattori» (nostra traduzione italiana dal testo originale in tedesco della lettera di Albert Einstein del 30 marzo 1953 da Princeton NJ, che si trova negli Einstein Archive, The Hebrew University of Jerusalem).

Il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan ha pubblicato sulla sua pagina Facebook in armeno, russo, inglese e francese [QUI] un appello alla comunità internazionale di “agire, come ha fatto in altre regioni quando ci sono segnali premonitori di genocidio” e ad imporre sanzioni contro l’Azerbajgian. Riportiamo di seguito la nostra traduzione italiana dall’inglese:

«Blocco di due mesi dell’Artsakh: la comunità internazionale deve passare dal colloquio all’azione

Da due mesi l’Azerbajgian, ricorrendo ad azioni criminali e terroristiche, tiene sotto blocco circa 120.000 persone della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, con l’obiettivo di attuare la pulizia etnica nell’Artsakh. Questo blocco illegale contraddice tutte le norme del diritto internazionale e gli obblighi assunti dall’Azerbajgian, compresi quelli nell’ambito della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020.

Il blocco, basato sulla politica statale azera di odio razziale contro gli Armeni, è onnicomprensivo: priva 120.000 cittadini dell’Artsakh dell’accesso naturale a cibo, energia, assistenza sanitaria e altri beni e servizi vitali, ed è, quindi, un grave, attacco deliberato e massiccio al diritto alla vita e ad altri diritti dei nostri compatrioti.

Dal 20 gennaio, per risolvere la grave carenza di cibo causata dal blocco, il governo dell’Artsakh è stato costretto a limitare l’accesso al cibo introducendo buoni: un chilogrammo di riso, grano saraceno, pasta, zucchero e olio vegetale a persona al mese, la cui portata sarà ampliata nel prossimo futuro.

L’Azerbajgian ha esacerbato la crisi umanitaria nell’Artsakh interrompendo le forniture di elettricità e gas in condizioni invernali rigide. A causa di problemi con il riscaldamento e l’alimentazione, tutte le scuole materne, primarie e secondarie del Paese sono stati chiusi, privando circa 20.000 bambini e adolescenti del Paese dell’opportunità di ricevere un’istruzione. Anche il lavoro di molte imprese economiche è stato sospeso, lasciando disoccupati migliaia di cittadini. La costruzione di circa 3.700 appartamenti e case destinati a persone sfollate con la forza dai territori occupati dall’Azerbajgian, così come altri lavori di costruzione, è stata interrotta. Gli interventi chirurgici programmati nelle istituzioni mediche sono stati annullati, mettendo a repentaglio la salute e la vita di circa 600 cittadini.

Siamo grati al Comitato Internazionale della Croce Rossa e alla missione di mantenimento della pace della Federazione Russa per i loro sforzi per garantire il trasferimento di circa 90 persone in condizioni di salute critiche in Armenia, per riunire decine di famiglie separate e per trasportare la quantità minima di cibo in Artsakh che ci permette di prevenire la carestia nel Paese. Tuttavia, la situazione rimane insopportabile tra la grave carenza di cibo, medicine e altri beni di prima necessità, la continua interruzione delle forniture di gas ed elettricità, la separazione di migliaia di famiglie, il collasso dell’economia e altre condizioni di crisi.

Accogliamo con favore i chiari appelli delle autorità esecutive e legislative di molti Paesi, nonché delle organizzazioni internazionali, all’Azerbajgian affinché revochi immediatamente e incondizionatamente il blocco. Tali richieste e posizioni, tuttavia, sono inefficaci nelle condizioni di fanatica e odiosa intransigenza dell’Azerbajgian. Questo è il motivo per cui la comunità internazionale deve agire, come ha fatto in altre regioni quando ci sono segnali premonitori di genocidio.

Facciamo appello principalmente alla Russia, agli Stati Uniti e alla Francia, che co-presiedono il Gruppo di Minsk dell’OSCE, nonché a tutti i membri della comunità internazionale, affinché adottino congiuntamente o individualmente misure efficaci per aprire la strada della vita dell’Artsakh e prevenire nuovi crimini. In tale contesto, li esortiamo a imporre sanzioni contro tutti gli autori e sostenitori di crimini contro il popolo dell’Artsakh e lo stato dell’Azerbajgian, tra le altre sanzioni, vietando loro di entrare nei loro territori e congelando i loro beni mobili e immobili nelle loro Paesi.

Il tentativo di pulizia etnica da parte dell’Azerbajgian del popolo dell’Artsakh è conforme al concetto legale di crimini contro l’umanità (erga omnes). La sua prevenzione è un obbligo morale, legale e politico vincolante per tutti i firmatari della Carta delle Nazioni Unite. Pertanto, è dovere di ogni membro della comunità internazionale fare del proprio meglio per proteggere il popolo dell’Artsakh e la sua vita dignitosa nella propria patria».

Intervista a Ruben Vardanyan, Ministro di Stato dell’Artsakh, per il quotidiano Shargh di Teheran

Il Prof. Ehsan Movahedian del Tehran International Studies and Research Institute il 10 novembre 2020 – un mese dopo l’accordo trilaterale di cessate il fuoco dopo la guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian in Artsakh, dopo aver preso il 27 settembre 2020 il controllo della frontiera dell’Artsakh con l’Iran – ha posto la domanda che ancora oggi, anzi, più di allora è attuale: «Qualcuno nota il disastro della sicurezza del controllo della Turchia sui confini settentrionali dell’Iran dopo l’accordo di pace tra Azerbajgian e Armenia? Con questo sviluppo, abbiamo perso il controllo delle linee di trasmissione dell’energia e la politica dell’ottomanismo e dell’ISIS in Turchia ha compiuto un pericoloso passo avanti. Erdoğan è una minaccia per la nostra sicurezza nazionale».

Oggi, Movahedian segnala «la prima intervista dal cuore dell’Artsakh sotto assedio con un media iraniano con Ruben Vardanian, il Ministro di Stato dell’Artsakh». L’intervista è stata condotta una settimana fa e pubblicata oggi sul quotidiano di Teheran, Shargh.

L’Iran dovrebbe avere una politica più attiva per stabilire la pace nel Caucaso
Azerbajgian e la Turchia stanno cercando di occupare entrambe le regioni dell’Artsakh e del Syunik
di Ihsan Mohdian
Shargh, 13 febbraio 2023

(Traduzione italiana di lavoro dal persiano)

Da quasi due mesi le milizie affiliate al governo di Aliyev hanno bloccato l’unica via di comunicazione tra l’Armenia e l’Artsakh (Nagorno-Karabakh) e impedito agli Armeni che vivono in quest’area di provvedere ai loro più evidenti bisogni vitali. Ai problemi della popolazione dell’Artsakh si sono aggiunte anche le ripetute interruzioni di elettricità e gas da parte del governo di Baku. Il destino di questo assedio ha un collegamento diretto e vitale con gli interessi nazionali della Repubblica Islamica dell’Iran nel Caucaso. Durante questa azione, Aliyev gode dell’appoggio diretto del regime sionista [1], dell’Inghilterra e della Turchia, e se riuscirà a imporre queste condizioni disumane a 120.000 cittadini dell’Artsakh e sgombererà questa zona dagli Armeni, altra zona vicina alla fascia di confine dell’Iran e Azerbajgian è diventata l’area di influenza delle forze takfiri, wahhabite e delle forze di sicurezza e intelligence affiliate al regime sionista [1], e diventa più facile per Aliyev minacciare e occupare la provincia di Suynik nel sud dell’Armenia, che confina con l’Iran.

In queste condizioni, è di innegabile importanza ottenere informazioni sulle condizioni critiche dell’Artsakh e l’analisi del più alto funzionario presente in questa regione, Ruben Vardanyan, Ministro di Stato del governo dell’Artsakh. Questa è la sua prima intervista con un media iraniano, che contiene molte sfumature e suggerimenti per analisti della regione del Caucaso e attivisti dell’apparato di politica estera della Repubblica Islamica dell’Iran.

La preghiamo di descrivere la situazione attuale nell’Artsakh. Come sopravvivono le persone sotto l’assedio di Baku e qual è il suo piano per aiutare le persone a resistere di più?
La situazione è molto vicina a una crisi umanitaria. Stiamo affrontando una grave carenza di cibo, medicine e altre necessità. Il corridoio di comunicazione dell’Artsakh con il mondo esterno, che chiamiamo anche la strada della vita, è chiuso da 55 giorni. Oltre al problema del blocco, la Repubblica dell’Azerbaigian continua a creare seri ostacoli alla fornitura di gas ed elettricità inviati dall’Armenia all’Artsakh. Pertanto, la leadership di Baku prende tutte le misure possibili e persino impossibili per costringere gli armeni dell’Artsakh a lasciare la loro patria. Lo stesso Aliyev ha detto: “La strada è aperta per coloro che vogliono andare…”.
In qualità di Ministro di Stato, ho avuto molte discussioni e consultazioni con molte persone che cercavano di mitigare l’impatto del blocco. Abbiamo proposto diversi programmi per raggiungere questi obiettivi. Abbiamo anche fatto appello alla comunità internazionale affinché istituisca un meccanismo di risposta umanitaria per collegare l’Artsakh al mondo esterno per scopi umanitari. Ma purtroppo la situazione è molto difficile. Tuttavia, sono stupito dalla forte volontà e dalla resilienza della nostra gente. Sono pronti a sopportare tutti i problemi e non vogliono lasciare la loro patria dove vivono da migliaia di anni. Sono sicuro che il governo di Baku non si aspettava una simile resilienza dall’Artsakh. Pensavano di aver spezzato la volontà del popolo durante la guerra del 2020, ma non è successo. Le persone qui sono molto più forti di quanto pensano gli altri.
Lo scopo di chiudere la via di comunicazione dell’Artsakh è solo uno: spopolare l’Artsakh. Il mondo deve capire che questa non è solo una tragedia umana, ma azioni che a loro volta portano al genocidio in modo che l’Artsakh sia senza Armeni.

Come valuta le prestazioni delle forze di mantenimento della pace russe nella difesa dell’Artsakh? Svolgono i loro doveri?
Le forze di mantenimento della pace russe hanno qui una missione molto limitata. Certo, vogliamo che costringano formalmente Baku ad aprire il corridoio, ma sembra che la situazione geopolitica regionale non permetta alla Russia di farlo. Penso che ci stiamo concentrando troppo sulle forze di mantenimento della pace russe e abbiamo bisogno di una soluzione politica qui. La Russia è il principale mediatore e anche il garante della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, ma sfortunatamente i Russi attualmente non hanno la leva adeguata per fare pressione sull’Azerbajgian, il che, ovviamente, complica la situazione.
È anche importante per noi che la comunità internazionale dichiari chiaramente che attualmente è impossibile garantire la sicurezza dell’Artsakh senza la presenza di forze di mantenimento della pace, e solo garantendo la sicurezza internazionale di chi vive in Artsakh, possiamo parlare delle questioni dell’Artsakh e della Repubblica di Azerbajgian.

Secondo lei, quali sono i punti di forza e di debolezza della politica della Russia nel Caucaso, soprattutto in relazione all’Armenia e al Caucaso?
Sebbene la Russia sia l’alleato naturale dell’Armenia, la stretta cooperazione della Russia con la Turchia e l’Azerbajgian – sullo sfondo politico dell’odio di questi due Paesi per gli Armeni – cambia significativamente gli equilibri di potere nella regione. È ovvio che la Turchia è la protettrice esclusivamente degli interessi dell’Azerbaigian, che minaccia l’instaurazione della pace nella regione. In questo contesto, considero importante la chiara posizione della Repubblica Islamica dell’Iran per stabilire la pace nella regione e, allo stesso tempo, mi aspetto una politica più attiva nella regione dall’Iran in quanto Paese amico della nazione iraniana.
È un dato di fatto che l’Artsakh sta diventando una questione importante nella regione e anche come Stato non riconosciuto continua a influenzare gli eventi nella regione. Pertanto, siamo pronti a discutere misure congiunte con l’obiettivo di una coesistenza pacifica in primo luogo con i Paesi della regione.

Il governo di Baku prevede di opporsi alla continuazione della missione di mantenimento della pace russa e di sostituire i Russi con forze militari turche e della NATO entro il 2025. Quali saranno le conseguenze di questo evento per l’Armenia e il Caucaso?
Naturalmente, non so se la NATO voglia essere qui – intendo specificamente in Artsakh – perché posso parlare solo per il mio governo. È ovvio che l’azione dell’Azerbajgian contro le forze di mantenimento della pace russe è anche associata all’attiva propaganda anti-russa nella Repubblica dell’Azerbajgian. Credo che Baku intenda impedire ufficialmente la continuazione della missione di mantenimento della pace russa nella regione dal 2025 in poi.
Come ho detto prima, è importante per noi creare garanzie di sicurezza della comunità internazionale in modo che Baku non sia autorizzato a continuare la politica di pulizia etnica. I conflitti esistenti tra l’Occidente e la Russia, così come tra l’Occidente e l’Iran, non dovrebbero essere un ostacolo per garantire la sicurezza dell’Artsakh. Pertanto, spero che i Paesi che sono preoccupati per una vera pace nella regione, compreso il nostro amico Iran, facciano del loro meglio per garantire a lungo questa nell’Artsakh e nell’intera regione.

Come si può fare pressione sul governo di Aliyev per fermare il suo comportamento e la sua politica aggressivi nei confronti dell’Artsakh e porre fine all’assedio di questa regione?
Aliyev pensa che rimarrà sempre impunito, il che è ovviamente inaccettabile. Ma questa è una seria minaccia non solo per l’Artsakh, ma per l’intera regione. Di tanto in tanto minaccia persino l’Iran con rivendicazioni territoriali e altre rivendicazioni ingiustificate e completamente prive di fondamento. Lui e il suo regime devono capire che questo tipo di comportamento avrà gravi conseguenze per loro e forse anche per il loro Paese.
La comunità internazionale ha anche la responsabilità politica e morale di prevenire l’escalation della crisi e garantire la sicurezza e la protezione del popolo dell’Artsakh e l’instaurazione di una pace duratura nella regione.

Lei è d’accordo con l’idea che il regime di Aliyev accetterà di porre fine all’assedio di Artsakh solo se il governo armeno accetterà la creazione e l’apertura del cosiddetto Corridoio di Zangezur? Quali pensa siano le conseguenze di un simile evento?
Non credo sia una coincidenza che il regime di Baku abbia bloccato il Corridoio di Lachin subito dopo l’esercitazione militare congiunta turco-azera lungo il confine con l’Iran. Stavano indagando sulla reazione dell’Iran agli eventi imminenti. L’Azerbajgian e la Turchia hanno crescenti ambizioni militari nella regione, il che è pericoloso per tutti i Paesi della regione.
Per il regime di Baku, le dimensioni di questa storia non si limitano all’Artsakh e alla regione di Syunik dell’Armenia dal punto di vista economico, vogliono entrambi. E se ci ritiriamo dall’Artsakh, il governo armeno potrebbe essere molto vulnerabile nel territorio di Syunik. Pertanto, la resistenza dell’Artsakh oggi è molto necessaria per rendere irraggiungibili i confini millenari di Iran e Armenia. Questa importante questione dovrebbe essere riconosciuta e prestata attenzione sia a Yerevan che a Teheran.

Come valuta la politica della Repubblica Islamica dell’Iran nel Caucaso? In che modo l’Iran può aiutare a porre fine all’assedio dell’Artsakh?
Capisco che l’Iran stia ufficialmente cercando di rimanere neutrale nella regione. Tuttavia, l’Iran è una potenza seria qui. È così da secoli e l’Iran si pone sempre nella posizione di un attore importante che svolge un ruolo di equilibrio. Dobbiamo sottolineare che l’amicizia tra Armeni e Iraniani ha una storia di migliaia di anni e non è mai stata contro Paesi terzi. Non dobbiamo ignorare l’importante ruolo dell’Iran nella creazione del Khamseh di Karabagh dal XVI al XVIII secolo (Melik o re armeni erano leader armeni che si precipitarono ad aiutare Shah Abbas nelle sue guerre con gli ottomani e giocarono un ruolo importante nella sua vittoria. Fu grazie a questi sacrifici che Shah Abbas diede loro il titolo di Melik. Il dominio dei Malik sul Caucaso Continuò fino alla conquista della Russia zarista) [2]. Voglio sottolineare che l’Artsakh è sempre stato importante per la sicurezza dell’Iran, ed è stato solo dopo che l’Azerbajgian ha invaso l’Armenia nel 2020 che Israele è apparso vicino ai confini dell’Iran. Ciò è stato fatto con l’aiuto dell’Azerbajgian e della Turchia. Di conseguenza, dopo l’occupazione di queste terre da parte dell’Azerbajgian, l’Iran ha dovuto affrontare problemi di sicurezza. Pertanto, l’Iran dovrebbe avere una partecipazione politica e un ruolo di stabilizzazione per prevenire l’escalation dei problemi di sicurezza che potrebbero essere disastrosi per l’intera regione.
Voglio anche ricordare le parole del leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, durante la guerra, che ha affermato che la sicurezza degli Armeni che vivono in Karabakh dovrebbe essere preservata. Pertanto, sono fiducioso che l’Iran svolgerà attivamente il proprio ruolo per stabilire una vera pace nella regione, tenendo conto della salvaguardia degli interessi equi per tutte le parti.

Lei è d’accordo con lo svolgimento di un’esercitazione militare congiunta tra Iran e Armenia per prevenire l’aggressione di Aliyev contro l’Armenia? Secondo lei, quando e dove si dovrebbe tenere questa manovra?
Posso solo parlare a nome dell’Artsakh e assicurarvi che la conservazione dell’Artsakh svolge un ruolo importante per la continua sicurezza dell’Iran, e anche che l’Iran svolge un grande ruolo di bilanciatore nel Caucaso meridionale.

Cosa pensa la gente comune in Artsakh della politica di Iran, Russia, Turchia e Gran Bretagna?
Gli Armeni hanno sempre avuto un atteggiamento positivo nei confronti dell’Iran e del popolo iraniano. Armeni e Iraniani hanno qualcosa in comune in termini di beneficio dalla storia antica, dalla cultura e dalla civiltà. Anche il popolo dell’Artsakh considera il popolo dell’Iran come suo amico. L’amicizia secolare è arrivata ai nostri giorni e ci sono molti esempi di ciò. Alcuni anni fa, io stesso ho iniziato a ricostruire la moschea iraniana Ashaghi Govhar Agha a Shushi, che era anche un simbolo della secolare amicizia culturale e di civiltà tra le due nazioni [3]. Circa 130 anni fa, nell’antica città armena di Shushi, oggi occupata dall’Azerbajgian, fu pubblicata la traduzione armena dell’immortale Shahnameh di Firdusi, uno dei pilastri della cultura e dell’identità iraniana [4], che mostra quanto profonde e incrollabili siano le radici culturali e rispetto dell’Artsakh e fino a che punto il popolo iraniano è rispettato nell’Artsakh.
La gente qui capisce che il cambiamento dello status quo dopo i 44 giorni della guerra dell’Artsakh ha creato molti problemi per la sicurezza dell’Iran.
Naturalmente, il ruolo della Russia nella regione è molto importante. Le forze di mantenimento della pace russe sono attualmente in Artsakh, cercando di prevenire un’escalation. Naturalmente, le aspettative della gente dalla Russia sono molto più alte di ciò che la Russia sta facendo nella fase attuale.
La Turchia sostiene indubbiamente la politica aggressiva ed espansionistica dell’Azerbajgian, che, ovviamente, deve affrontare una reazione negativa da parte del popolo. La Gran Bretagna si è anche posta accanto a Israele, l’alleato della Repubblica di Azerbajgian, il che, ovviamente, influisce sull’atteggiamento del nostro popolo.

[1] Il takfirismo è l’”accusa di miscredenza” e fa riferimento al neologismo derivato dall’ideologia deviata dell’Islamismo, strettamente connessa al Jihādismo, sorta tra la fine del XX e l’inizio del XXI secolo. Il termine si basa sulla pretesa di bollare un musulmano sunnita o sciita di “empietà massima” e “apostasia”.
Il wahhabismo è un movimento revivalista e fondamentalista islamico sunnita originario di Najd, in Arabia. È associato alle dottrine riformiste dello studioso, teologo, predicatore e attivista islamico arabo del XVIII secolo Muhammad ibn Abd al-Wahhab.
Il sionismo è un’ideologia politica il cui fine è l’affermazione del diritto alla autodeterminazione del popolo ebraico e il supporto ad uno Stato ebraico in quella che è definita “Terra di Israele” (lo Stato di Israele). È emerse alla fine del XIX secolo nell’Europa centrale e orientale come effetto della Haskalah (detto anche illuminismo ebraico) e in reazione all’antisemitismo, inserendosi nel più vasto fenomeno del nazionalismo moderno.

[2] I Cinque Principati del Karabakh, noti anche come Khamsa Melikdoms, erano entità feudali armene sul territorio del moderno Nagorno-Karabakh e terre limitrofe, dalla dissoluzione del Principato di Khachen nel XV secolo fino all’abolizione delle entità feudali etniche da parte dell’Impero russo nel 1822. I cinque principati erano governati dai Melik (dall’arabo “malik”, re), termine che designa un titolo nobiliare armeno in varie terre dell’Armenia orientale. Khamsa significa cinque in arabo. I Principati governati dai Melik divennero noti nella letteratura accademica inglese come Melikdoms o Melikates.

[3] Le bugie e la disinformazione del regime di Aliyev che accusa gli Armeni di distruggere le moschee in Artsakh – 16 novembre 2022 (L’inaugurazione dopo i lavori di restauro della moschea Ashaghi Govhar Agha di Sushi, 14 ottobre 2019) [QUI]http://www.korazym.org/81628/le-bugie-e-la-disinformazione-del-regime-di-aliyev-che-accusa-gli-armeni-di-distruggere-le-moschee-in-artsakh/#more-81628.

[4] Lo Shāh-Nāmeh (in persiano significa “Il libro dei re”), è una vasta opera poetica scritta dal poeta persiano Firdusi attorno all’anno 1000, che racconta il passato mitico e storico del suo paese, l’Iran, dalla creazione del mondo fino alla conquista islamica del VII secolo. L’opera epica – che costituisce epopea nazionale dell’Iran moderno e della Grande Persia (regione comprendente Georgia, Armenia, Azerbajgian, Turkmenistan, Uzbekistan, Turchia e Daghestan) – venne la prima volta nominata da Movses Khorenatsi, uno storico armeno del V secolo. Composto da circa 50.000 distici, lo Shāh-Nāmeh è uno dei poemi epici più lunghi del mondo. L’opera è di fondamentale importanza nella cultura e nella lingua persiana, considerata un capolavoro letterario e definitivo dell’identità culturale etno-nazionale dell’Iran. È anche importante per gli aderenti contemporanei allo zoroastrismo, in quanto traccia i legami storici tra l’inizio della religione e la morte dell’ultimo sovrano sassanide durante la conquista musulmana che ha posto fine all’influenza zoroastriana in Persia.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]