Siria, strage di civili. Un sacerdote armeno: è genocidio (Radiovaticana.va 06.05.16)

Violenti scontri sono ancora in corso nel nord della Siria tra forze governative e ribelli anti-Assad nei pressi di Khan Touman, a sud di Aleppo, vicino l’autostrada per Damasco. Il villaggio nelle ultime ore sarebbe stato conquistato dai ribelli, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che parla di oltre 70 vittime nella battaglia. Ad Aleppo città sono ore di attesa, dopo l’entrata in vigore della tregua decisa da Stati Uniti e Russia. Intanto cresce lo sdegno per gli oltre trenta profughi, tra cui donne e bambini, rimasti uccisi in un raid aereo – attribuito ai governativi o a velivoli russi – che ha colpito il campo di accoglienza di Kammuna, nel nord-ovest del Paese, poco lontano dal confine turco. Per una testimonianza da Aleppo, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente il sacerdote armeno cattolico, padre Elias Janji:

R. – Hanno buttato tante bombe su di noi. Si può parlare di “genocidi”, soprattutto per quanto riguarda gli ospedali colpiti, tanta gente è morta, tanta gente non ha più una casa. Una situazione veramente terribile. Soprattutto negli ultimi 5-6 giorni che abbiamo vissuto qui.

D. – Ma in queste ore in città la tregua regge?

R. – Adesso si può dire di sì. La scorsa notte abbiamo sentito delle voci, non so da dove venissero, ma adesso c’è calma.

D. – Invece i combattimenti si sono registrati a sud di Aleppo, nel villaggio di Khan Touman, riconquisto – pare – dai ribelli. Che rischi ci sono per la zona?

R. – La zona di Aleppo è stata sempre un centro in cui dialogare, soprattutto anche per noi cristiani. Prima i cristiani era presenti in gran numero ad Aleppo, adesso c’è soltanto il 20 per cento di loro. E questo è un grande rischio.

D. – Nelle scorse ore ancora un raid ha colpito un campo profughi. E’ successo al confine con la Turchia e ha ucciso anche dei bambini. C’è dietro una strategia?

R. – Il problema è che adesso noi viviamo una situazione che non è molto chiara per il resto del mondo: non c’è qualcuno che parla per noi, che dice a nome nostro quale sia realmente la nostra situazione. La realtà è che noi abbiamo il petrolio, il gas e questo è ciò che intessa alle maggiori forze del mondo.

D. – Più volte il Papa si è pronunciato su questo conflitto che miete vittime anche tra i più piccoli, tra i malati, tra i soccorritori. Allora qual è l’appello che parte da Aleppo?

R. – La prossima domenica faremo una preghiera internazionale, per la città ferita di Aleppo. Quello che hanno detto tutti i vescovi è: “Per favore, pregate per noi, pregate perché Aleppo è una città ferita”. Non abbiamo né l’elettricità né l’acqua, abbiamo veramente bisogno di vivere una situazione di pace e di fermare questi bombardamenti, perché tanti di noi – davvero tanti – sono già stati uccisi: tanti bambini e tanti giovani. Ripetiamo ciò che hanno detto i vescovi: “Basta guerra”! Dovremmo avere la nostra pace: quella pace che è la cosa più importante per noi adesso.

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