Sos internazionale per il rischio di una crisi umanitaria nel Caucaso, «120 mila armeni in pericolo» (Il Messaggero 19.12.22)

La situazione dopo dieci giorni di blocco dei rifornimenti è al limite del sopportabile per circa 120 mila armeni – di cui 30 mila bambini – che vivono nella autoproclamata repubblica dell’Artsakh, nella regione del Nagorno Karabakh. Ormai scarseggiano persino i medicinali e le agenzie internazionali hanno lanciato l’allarme per il rischio (piuttosto alto) di assistere ad una crisi umanitaria. Papa Francesco all’Angelus ha espresso preoccupazione per «la situazione creatasi nel corridoio nel Caucaso meridionale» e «per le precarie condizioni umanitarie delle popolazioni che rischiano vivamente di deteriorarsi nel corso della stagione invernale». Quindi ha lanciato un appello «a tutti coloro che sono coinvolti di impegnarsi a trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone», in primis l’Azerbaigian, la Turchia e la Russia. Inoltre ha chiesto di imboccare la via del dialogo per superare la crisi.

Da più di dieci giorni sedicenti ambientalisti azeri hanno inscenato una protesta contro l’attività estrattiva di una miniera d’oro bloccando di conseguenza l’unica strada che collega l’Armenia all’Artsakh. In questo modo viene impedito ai convogli di utilizzare il corridoio di Lachin, l’unico modo di collegamento (e di rifornimento) tra l’Armenia e Artsakh. Si tratta dell’ennesimo episodio di una strategia della tensione che fa temere agli armeni il pericolo di una pulizia etnica nel Caucaso meridionale (a maggioranza armena ma all’interno dei confini azeri). Una regione da tempo contesa tra Erevan, sostenuta dalla Russia, e Baku, appoggiata invece dalla Turchia. L’ultima guerra, scoppiata nel 2020 dopo un’aggressione da parte dell’Azerbaijan, si era conclusa dopo 44 giorni con una tregua mediata dal presidente russo Vladimir Putin.

Circa 120mila armeni, di cui 30mila bambini, si trovano isolati, impossibilitati a ricongiungersi con i parenti o a ricevere cure mediche. Il Patriarca armeno Karekin II ha denunciato il tentativo di «spingere il popolo dell’Artsakh verso una catastrofe umanitaria».

Il Corridoio di Lachin collega le città di Stepanakert e Goris viene utilizzato per consegnare tutta la merce alla popolazione armena del Nagorno Karabakh, dal cibo alle medicine. L’Azerbaijan nei giorni scorsi ha anche interrotto la fornitura di gas per oltre 50 ore.

«Oggi l’Azerbaigian sta cercando di svuotare l’Artsakh della sua popolazione seminando il terrore. È inaccettabile che nel mondo di oggi che riconosce come valori supremi il diritto di ogni persona alla dignità e alla libertà possano esistere ed essere tollerate manifestazioni così disumane nei confronti di un intero popolo», ha affermato il Catholicos di tutti gli armeni alla agenzia Asianews. «Le semplici parole di condanna non saranno sufficienti a frenare le ambizioni espansionistiche dell’Azerbaigian e a fermare la sua ostilità. La Santa Chiesa apostolica armena manterrà i suoi sforzi affinché la comunità internazionale, gli Stati amici, le Chiese sorelle cristiane, le organizzazioni internazionali e religiose sostestengano l’Artsakh e il suo popolo armeno».

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Anche il patriarcato cattolico armeno ha condannato «il blocco stradale”, un’azione che costituisce “una chiara violazione dei diritti umani, e una contraddizione con la dichiarazione tripartita emessa il 9 novembre 2020”.

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