Turchia, quello sforzo ecumenico delle chiese cristiane che sono in minoranza (AciStampa 14.10.21)

Era stato eletto patriarca armeno di Costantinopoli nel 2019, ma solo quest’anno, dopo uno stop forzato dovuto alle restrizioni della pandemia, Sahak II Mashalyan è potuto venire a Roma e ha potuto incontrare Papa Francesco. Un incontro “di cortesia”, ha raccontato ad ACI Stampa lo stesso patriarca. Il quale ha portato con sé a Roma una ventata di impegno ecumenico, e soprattutto un piccolo libro in inglese, Christianity (Cristianesimo).

È un libro che ha la sua importanza nel cammino dell’ecumenismo, perché racconta anche di un lavoro costante fatto ad Istanbul da tutte le vecchie confessioni cristiane. “Costantinopoli – spiega Sahak II ad ACI Stampa – ha tutto il suo peso storico, con le divisioni tra cristiani, gli scismi. Eppure qui abbiamo una commissione congiunta delle Chiese Cattoliche, Ortodosse e Protestanti, e con questa commissione abbiamo pubblicato in turco e poi tradotto in inglese questo libro in cui si affrontano i temi fondamentali della nostra fede. È un libro che racconta di un programma comune”.

Nel piccolo libro vengono affrontati tutti i temi teologici in comune tra le confessioni cristiane, secondo la logica del guardare prima quello che unisce piuttosto che quello che si divide.

Si va, allora, dall’esistenza e unicità di un Dio al tema della seconda venuta di Gesù Cristo, passando per l’attività dello Spirito Santo, il posto e l’importanza della Chiesa nel mondo, la resurrezione dei morti e persino i fondamenti dell’etica cristiana, nonché il rapporto del cristianesimo con la cultura.

È un libro che ha un suo peso, in un posto come la Turchia, dove il cristianesimo, sommando tutte le confessioni cristiane, non raggiunge lo 0,2 percento della popolazione. E gli armeni, di questo gruppo, sono i più numerosi. “Siamo cinquantamila – racconta il patriarca Sahak II – mentre i cattolici, divisi in cattolici di rito latino, siriano e caldeo, sono 21.500, i greco ortodossi 2 mila, i siriaci 12 mila e i protestanti 5 mila”.

Gli armeni sono numerosi in Turchia. Il Patriarca Sahak II ricorda che gli armeni sono “una minoranza bilingue”, ma che in fondo non stanno malissimo, considerando che hanno anche un periodico nella loro lingua, e persino le relazioni tra armeni e turchi sono considerate un problema del passato.

I problemi veri – aggiunge – sono quelli che vive “ogni minoranza nel mondo”, a partire dal problema demografico, perché “siamo una comunità che muore, abbiamo un tasso di mortalità dell’1,2 per cento a fronte di un tasso di mortalità del 2,6 per cento”.

C’è poi il tema di trovare una ragione per rimanere in Turchia, nonostante ci sia “libertà di culto e la comunità goda di buona salute, anche se ci sono, non lo nego, alcuni problemi a livello locale. Le nostre istituzioni hanno una buona forma dal punto di vista finanziario, ma non abbiamo uno status legale, un riconoscimento giuridico”.

In tutto questo, quel piccolo libro ecumenico può rappresentare un passo avanti perché le Chiese cristiane siano più uniti. “A volte, si riescono ad avere migliori relazioni con chi sta fuori che nella tua stessa Chiesa. Le relazioni non sono tanto quanto prendi, ma quanto riesci a dare”.

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