Yerevan, violenze fra polizia e opposizioni in piazza per la liberazione dell’eroe nazionale (Asianews 22.07.16)

Yerevan (AsiaNews) – Le autorità armene hanno arrestato in queste ore decine di persone, scese in piazza (clicca qui per il filmato) per chiedere la liberazione di un eroe nazionale. I manifestanti denunciavano l’arresto “ingiusto” di Jirair Sefilian, ex militare e leader del movimento di opposizione Founding Parliament, chiedendo al contempo le dimissioni del presidente della Repubblica Serž Azati Sargsyan per “cattiva gestione” degli affari dello Stato.

Al lancio di gas lacrimogeni sono seguiti scontri fra poliziotti e manifestanti. Secondo i dati forniti dal ministero della Sanità i feriti finora confermati sono circa 80, di cui 29 poliziotti e 51 civili. Tuttavia, il bilancio è destinato ad aumentare in modo vertiginoso nelle prossime ore, in base ai filmati che testimoniano le violenze della polizia diffusi sui social media.

Secondo Nigol Pashinian, deputato vicino all’opposizione, sono almeno 15 gli attivisti del movimento guidato da Sefilian arrestati oggi. Questa mattina all’alba 200 manifestanti hanno bloccato le strade e si sono barricati dietro postazioni simili alle trincee da guerra civile.

Fonti non confermate parlano di almeno 15mila persone fermate da quando è iniziato lo scontro fra governo e opposizione, in conseguenza dell’arresto di Jirair Sefilian. Un abitante di Yerevan, dietro anonimato, racconta ad AsiaNews che “chiunque scende in piazza per una camminata viene arrestato e portato in carcere come manifestante”. Il “metodo Erdogan” della vicina Turchia “nell’epurare gli oppositori”, aggiunge la fonte che da giorni evita di uscire di casa, “ha fatto scuola anche qui”.

Il presidente armeno Sargsyan non appare in pubblico dal 17 luglio scorso, da quando al mattino un uomo armato ha occupato una caserma della polizia della capitale, dopo aver ucciso un poliziotto e preso in ostaggio i colleghi presenti. Nelle ore successive il ministero degli Interni ha dato ordine di circondare la stazione di polizia, senza autorizzare l’irruzione.

Da cinque giorni sono in corso trattative che sono sfociate nella liberazione di cinque poliziotti tenuti in ostaggio; gli assalitori, tuttora accerchiati, chiedono le dimissioni del presidente della Repubblica e la liberazione del loro leader Sefilian. Restano ancora adesso in mano agli assalitori quattro poliziotti, fra i quali vi è anche Vardan Eguizarian, capo aggiunto della polizia nazionale, e Valeri Ossipian, capo aggiunto della polizia di Yerevan.

Gli assalitori si sono impossessati di un enorme arsenale di armi e hanno invitato gli abitanti a scendere in piazza; fin dai primi giorni della protesta almeno 1500 persone hanno aderito alla manifestazione, repressa in un secondo momento con la forza dalla polizia.

A complicare il quadro la richiesta, filtrata nelle ultime ore, avanzata dal presidente armeno Sargsyan alla Russia di aiuto per sedare la rivolta. Secondo alcune fonti nella capitale è arrivata la squadra anti-sommossa “Alfa”, nota per le “soluzioni radicali” adottate in caso di problemi. Le voci di una imminente irruzione per liberare i poliziotti in ostaggio è confermata dal fatto che da due giorni agli assalitori viene negato il cibo e i medicinali.

Il portavoce del movimento Founding Parliament Varujan Avedissian ha dichiarato che questa è una “Sardarabat interna”. Il riferimento è alla omonima guerra del 1918, quando uomini, donne, anziani armati solo di coltelli e bastoni hanno affrontato l’esercito turco e fermato l’invasione di Yerevan, dando inizio al processo di indipendenza dell’Armenia e alla nascita della repubblica. “Questa volta – ha affermato Varujan Avedissian – il nemico ce l’abbiamo dentro casa”.

I fatti sono precipitati all’improvviso, in seguito all’arresto di Jirair Sefilian, esponente dell’opposizione ed eroe nazionale nella guerra di liberazione del Nagorno-Karabakh, che lotta contro le cessioni territoriali all’Azerbaijan, trovando un’ampio sostegno popolare. Negli ultimi giorni le voci di un possibile via libera del presidente armeno a una parziale cessione di territorio del Karabakh all’Azerbaijan ha agitato lo scontento popolare e animato la protesta. Jirair Sefilian, uno dei pochi eroi di guerra a non essere morto in circostante misteriose dopo il conflitto, si oppone con forza a qualsiasi progetto di cessione.

Da anni Sefilian contrasta il presidente e il governo, accusati di corruzione e di tradimento della patria, con l’obiettivo di svuotarla dei suoi abitanti. Del resto l’Armenia, visitata di recente da papa Francesco, perde ogni anno il 5% della popolazione a causa della corruzione e del potere concentrato nelle mani di pochi oligarchi. In pochi anni essi hanno eliminato la classe media, riducendo la popolazione in una minoranza di ultra-miliardari e una maggioranza di ultra poveri disperati, senza alcuna speranza di sbocco sociale o professionale.

Lo spirito degli armeni, pronto a sopportare ogni sacrificio pur di mantenere unita e inviolata la patria, è rimasto colpito nel leggere sulla stampa di trattative segrete in corso “per risolvere la questione del Karabakh” che prevedono la cessione di territorio. Una zona che gli armeni considerano parte integrante, se non il cuore stesso della nazione. Da qui le contestazioni di piazza che nemmeno una povertà imposta aveva saputo sollevare.

In vista di un accordo segreto favorevole all’Azerbaijan, che si terrà forse in Turchia e che prevede la cessione di parte del territorio, le autorità hanno provveduto in via preventiva ad arrestare l’eroe Sefilian con l’accusa di “detenzione illegale di una pistola”. Una accusa pretestuosa visto che egli non possiede un’arma da fuoco da quando è rientrato dal fronte, che mira a bloccare sul nascere una possibile rivoluzione di piazza in grado di rovesciare il governo.

Jirair Sefilian è lo stesso eroe che, due anni fa, aveva costituito un gruppo di volontari per andare in Siria e liberare il distretto armeno di Kessab, occupato dallo Stato islamico (SI) con l’aiuto della Turchia. Un progetto che ha incontrato l’opposizione del presidente Sargsyan, che gli ha impedito di lasciare il Paese e continuare a organizzare il movimento di lotta.

Voce critica nei confronti del governo, egli era già stato arrestato nel 2006 e detenuto per 18 mesi con l’accusa di aver progettato un “tentativo di golpe”. La stessa accusa con la quale è stato fermato lo scorso anno, a giugno; infine il terzo arresto, nei giorni scorsi, per “detenzione di arma” e “tentativo di voler occupare gli uffici del governo e i centri di telecomunicazione”.

Il presidente Sargsyan – ex militare del Karabakh – è stato eletto nel 2008, in seguito a una tornata elettorale contestata dalle opposizioni; negli scontri sono morte 10 persone.(PB)

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ARMENIA: Dalla crisi degli ostaggi alle proteste in strada. Come sta evolvendo la situazione a Yerevan (Eastjournal 22.07.16)