Zabel Yesayan: la voce che non si è piegata durante il genocidio armeno (Torino Cronaca 24.04.25)
Esisteva una lista di persone, più di 200, che il 24 aprile 1915 avrebbero visto la loro libertà svanire, ma ci sono storie che oggi possono essere ancora raccontate, non solo per sensibilizzare la società mondiale sul genocidio armeno, che oggi, 24 aprile 2025, si commemora. La storia di Zabel Yesayan è un esempio lampante di ciò.
Una breve biografia
Zabel Yesayan, née Hovhannessian è nata il 4 febbraio 1878 a Uskudar (Scutari), in prossimità di Costantinopoli, oggi conosciuta come Istanbul. Nel 1895, all’età di 17 anni, si trasferisce a Parigi per studiare letteratura e filosofia alla Sorbona, un raro caso di accessibilità per una donna all’istruzione universitaria del tempo e alla costruzione di una prolifica carriera da scrittrice e giornalista, ispirata anche al Romanticismo francese. Sempre durante gli studi, conosce e sposa Dikran Yesayan con il quale avrà due figli, Sophie e Hrant. Ritorna poi nell’odierna Turchia nel 1908 per continuare il suo lavoro e aiutare la comunità armena e in particolare le donne.
Nel 1909 viene inviata a Cilicia dal Patriarcato di Costantinopoli per assistere e aiutare gli sfollati sopravvissuti al massacro di Adana. Racconterà poi la sua testimonianza nel libro “Tra le rovine”, ed è proprio questo che la pone nella lista di quei intellettuali, artisti, scrittori e musicisti che il 24 aprile 1915 verranno assassinati dall’Impero Ottomano per il fatto di essere armeni e cristiani. Ma quel destino non si sarebbe avverato per Zabel: lei, l’unica donna di quella lista, riuscì a fuggire dall’Impero Ottomano e andare prima in Bulgaria, poi in Georgia e infine in Azerbaijan dove inizierà un altro lavoro, quello di attivista, per aiutare coloro che, come lei, sono riusciti a scappare lo sterminio premeditato dei Giovani Turchi.
Raccoglierà intere testimonianze e pubblicherà in seguito una di queste, quella di Sepastatsi Murad (Khrimian), politico e soldato che andrà contro i Turchi con la forza e le armi. Nel 1918 viaggia nel Medio Oriente per aiutare i sopravvissuti a trovare una nuova casa e anni dopo, nel 1934 si trasferisce a Yerevan, la capitale armena, con la famiglia dove insegnerà letteratura francese e armena all’Università Statale e continuerà a scrivere e sarà una sostenitrice del partito comunista sovietico.
Ma nonostante il suo supporto dichiarato sia su carta che a voce, verrà condannata di “nazionalismo” durante le Grandi Purghe e verrà arrestata nel 1937. La sua morte è ancora avvolta nel mistero: c’è chi dice che è morta a Yerevan nel ’37 secondo l’Enciclopedia letteraria concisa sovietica che la Grande enciclopedia sovietica (1972), mentre altri ipotizzano che sia morta in esilio in Siberia nel 1943 e ad oggi, quest’ultima ipotesi è la più accettata.
Un esempio per le donne di oggi
Perché oggi, nella 110° commemorazione del genocidio armeno conoscere storie come quella di Zabel è importante? Perché Zabel Yesayan sfidò tutte le regole del suo tempo: viaggiava da sola, scriveva di politica, denunciava l’oppressione sia etnica che di genere. In un impero che imponeva silenzi, lei sceglieva la parola. In un mondo che voleva la sua sottomissione, lei si affermava con la forza della mente.
Combatté su due fronti: come armena e come donna. In un’epoca dominata da uomini, fu ascoltata e letta; in un’epoca di guerra, offrì rifugio e racconti; in un’epoca di negazioni, portò verità. Ma pagò caro quel coraggio e nonostante questo non smise mai di affermare quella verità che la Turchia ad oggi cerca invano di negare.