La Russia protesta dopo l’intervista a “Repubblica” del premier armeno Nikol Pashinyan: “Non diventi strumento dell’Occidente” (La Repubblica 04.09.23)

Mosca ritiene “inaccettabili il tono e i contenuti delle dichiarazioni” rilasciate dal primo ministro armeno Nikol Pashinyan sulla Russia nel corso di un’intervista al quotidiano La Repubblica, così come la nota diffusa dal ministero degli Esteri armeno “con l’obiettivo di scaricare la responsabilità dei propri errori di calcolo sulla Russia“. Lo riferisce l’agenzia di stampa Tass citando una propria fonte diplomatica, secondo la quale Mosca è “estremamente insoddisfatta rispetto alle ultime dichiarazioni pubbliche della leadership armena”

A Repubblica Pashinyan aveva detto che la dipendenza di Erevan “dalla Russia per la sicurezza è stata un errore strategico” e che in Nagorno Karabakh, regione storicamente contesa con l’Azerbaijan, “è in corso una pulizia etnica”

Commentando le parole di Pashinyan sulla possibilità che la Russia si allontani dalla regione, la fonte diplomatica citata dalla Tass afferma che “in effetti stanno cercando di estromettere artificialmente la Russia dal Caucaso meridionale, utilizzando Erevan come mezzo per raggiungere questo obiettivo. La Russia, in quanto vicino e amico più stretto dell’Armenia, non intende lasciare la regione. Tuttavia, anche l’Armenia non dovrebbe diventare uno strumento dell’Occidente per eliminare la Russia”. Allo stesso modo, ha proseguito la fonte, la Russia considera le relazioni con l’Armenia nelle sfere della sicurezza e dell’economia “non come la dipendenza di un Paese da un altro, ma come una partnership paritaria, reciprocamente vantaggiosa e comprovata”.

Il diplomatico ha quindi parlato alla Tass della guerra del Nagorno Karabakh del 2020, sostenendo che è stata in gran parte causata dai passi avventati e provocatori della leadership armena, comprese le dichiarazioni secondo cui “il Karabakh è Armenia”. Questo, afferma la fonte, “ha ampiamente svalutato gli accordi raggiunti dalle parti attraverso il gruppo Osce a Minsk. Se non fosse stato per l’intervento della Russia e del presidente Vladimir Putin personalmente, i risultati delle ostilità sarebbero stati ancora più deplorevoli”.

 

La fonte diplomatica ha anche definito infondate le accuse di presunta totale indifferenza della Russia nei confronti “dell’aggressione dell’Azerbaijan contro il territorio sovrano della Repubblica di Armenia”. Al contrario, ha detto, si sono svolte consultazioni rilevanti tra i ministeri degli Esteri e della Difesa dei due Paesi.

 

“La via principale per risolvere il conflitto armeno-azerbaigiano è l’attuazione degli accordi trilaterali al massimo livello, che sono stati ritardati in modo inaccettabile e non per colpa della Russia”, ha sottolineato la fonte alla Tass. Allo stesso tempo, Erevan “non sfrutta appieno il potenziale della Csto” e “si è rifiutata di accettare la missione dell’organizzazione a favore di quella inefficace dell’Ue”.

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267° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Il Primo Ministro armeno: la dipendenza per la sicurezza dalla Russia un errore strategico (Korazym 04.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.09.2023 – Vik van Brantegem] – «Il Premier armeno Pashinyan: “La nostra dipendenza dalla Russia per la sicurezza è stato un errore strategico. In Nagorno-Karabakh è in corso una pulizia etnica”». L’intervista di Luca Steinmann con Nikol Pashinyan per la Repubblica, 3 settembre 2023 [QUI]: «Il Premier armeno parla a Repubblica mentre è impegnato in trattative con l’Azerbajgian per raggiungere un accordo: “Il Primo ministro armeno Nikol Pashinyan è impegnato in trattative con l’Azerbagjan per raggiungere un accordo di pace, ma lancia l’allarme: “Vogliamo fare il possibile per ottenere la pace, ma nel Nagorno-Karabakh l’Azerbajgian mette in atto una pulizia etnica”. La popolazione armena della contesa regione in questione sta vivendo una catastrofe umanitaria senza precedenti a causa del blocco da parte delle truppe azere del Corridoio di Lachin, unico collegamento con l’Armenia, la cui viabilità dovrebbe essere garantita dai soldati russi».

«Il 3 settembre è un giorno della vergogna nella storia recente dell’Armenia, non un giorno di calcolo razionale», ha scritto ieri il giornalista di Yerevan, Robert Ananyan, nel giorno in cui Pashinyan ha condiviso le sue importanti riflessioni con la Repubblica: «Considero il 3 settembre 2013 un giorno nero nel calendario armeno. Ha interrotto il processo di integrazione europea dell’Armenia, aumentato la malsana dipendenza dell’Armenia dalla Russia, privato l’economia armena del progresso tecnologico, piani concreti per introdurre standard elevati, grandi investimenti, un modo garantito per aumentare il benessere dei cittadini della Repubblica di Armenia e modernizzare lo Stato. Invece l’Armenia non ha ottenuto nulla: falsa sicurezza e false promesse russe riguardo al Nagorno-Karabakh. Il nuovo piano di Lavrov per sciogliere il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian infligge un duro colpo alle già deboli giustificazioni per l’adesione all’Unione Economica Eurasiatica».

Riportiamo le analisi di Robert Ananyan, dopo la cronaca quotidiana dall’Armenia e dall’Artsakh.

Foto di copertina: resistere al #ArtsakhBlockade con amore – Monastero di Hakobavank (Monastero di San Giacomo), 3 settembre 2023 (Foto di David Ghahramanyan, fotoreporter a Stepanakert – email).

Ti sposeresti sotto un assedio genocida? La risposta in Artsakh è sì. Ecco, la resilienza degli Armeni dell’Artsakh e la loro volontà di vivere liberi nella terra ancestrale nonostante l’assedio azero da quasi 9 mesi, le difficoltà quotidiane, il terrore e la fame imposta dal regime autocratico di Ilham Aliyev dell’Azerbajgian che li vuole morti.

Come prevede la Costituzione, l’Assemblea Nazionale eleggerà il nuovo Presidente della Repubblica di Artsakh l’8 settembre 2023.

Il sito Shamshyan.com riferisce che nella notte del 3 settembre 2023 alle ore 03.00, le forze armate dell’Azerbajgian nel territorio noto come Ahkyand da loro controllato, hanno colpito ancora una volta con armi leggere l’Aeroporto di Kapan nella regione di Syunik in Armenia, la cui pista corre parallela alla linea di contatto. Sono stati esplosi tre colpi, che hanno colpito i muri esterni della sala arrivi dell’aeroporto e la torre di controllo, e una finestra, danneggiando i mobili. Non ci sono state vittime a seguito della sparatoria. Il dipartimento investigativo regionale di Syunik ha avviato un procedimento penale con l’accusa di tentato omicidio. Minacce e provocazioni sono l’unica espressione dell’Azerbajgian e del suo Presidente, l’autocrate da padre in figlio, Ilham Aliyev.

L’esercito di difesa della Repubblica di Artsakh ha comunicato:
– Ieri, 3 settembre 2023 intorno alle ore 14.20, un cittadino dell’Artsakh è rimasto ferito vicino al villaggio Janyatagh nella regione di Martakert vicino alla miniera di Kashen, mentre le forze armate dell’Azerbajgian, violando il cessate il fuoco, prendevano di mira un veicolo civile per la fornitura d’acqua con armi leggere e proiettili di un lanciagranate HAN-17 da 30 mm.
– Oggi, 4 settembre 2023 intorno alle ore 10.10, le forze armate azere ha violato il cessate il fuoco a Sarushen prendendo di mira il trattore di un contadino che effettuava lavori agricoli.

Il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia e l’Esercito di Difesa della Repubblica di Artsakh hanno smentito 5 disinformazioni del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian alle 13.30 di oggi. L’Azerbajgian sta costruendo basi informative per lanciare nuove provocazioni e aggressioni.

Un aereo cargo pesante AN-124-100 è decollato questa mattina dall’aeroporto di Istanbul ed è atterrato all’aeroporto Heydar Aliyev di Baku alle ore 09.00. Non c’erano informazioni disponibili su questo volo, indicando la segretezza del carico. Nelle ultime tre settimane, l’aereo della Silk Way Airlines (Il-76TD, registrazione 4K-AZ40), noto per il trasporto di armi da Israele all’Azerbajgian, ha completato quattro voli, di cui due atterrando a Gandzak (Ganja).

La prospettiva prevalente sugli Armeni tra numerosi Azeri è stata notevolmente modellata da vari fattori, tra cui la propaganda e l’incitamento su base quotidiana, che hanno portato al problema pervasivo dell’armenofobia all’interno della società azera. Ciò si riflette spessissimo nelle pubblicazioni delle notizie nazionaliste azere, di cui segue un esempio.

«L’errore più grande è catturare questi figli di puttana. Guardate la foto, i volti di questi zingari senza casa, questa è spazzatura biologica da riciclare. 8 animali, questi sono più o meno 16 futuri Ashot e Siranush che respireranno ossigeno, berranno acqua, la inquineranno, occuperanno diversi metri quadrati di terreno. Perché cazzo dovremmo tenerli in vita? Per cosa?»

Le autorità della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh inizieranno a distribuire il pane con tagliandi poiché la farina diventa sempre più scarsa a causa del blocco e della crisi umanitaria. Per ricevere una mezza pagnotta a testa a partire da domani è necessario preregistrarsi e mostrare il passaporto.

«Da ieri, non c’è pane a Stepanakert. Da domani 5 settembre 2023, in Artsakh il pane sarà venduto con tagliandi; mezza pagnotta (circa 200 grammi) a persona» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).

«Sono il 257. Fin dal primo mattino la gente fa la fila nella speranza di ottenere tagliandi per il pane. Non c’è ancora pane a Stepanakert, nel Nagorno-Karabakh, ma la gente spera che con i tagliandi POTREBBERO essere in grado di acquistare il pane razionato dal governo: mezza pagnotta. Forse domani…» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).

L’ex Segretario generale della NATO e Primo ministro danese, Anders Fogh Rasmussen, ha pubblicato il post su Facebook sul Nagorno-Karabakh che riportiamo qui sopra.

Thomas van Linge, un giornalista freelance dei Paesi Bassi ha visitato l’ingresso dalla parte dell’Armenia del Corridoio di Lachin, bloccato dall’Azerbajgian da quasi 9 mesi. Ha pubblicato filmati recenti della zona: «Ho visitato il confine armeno-azerbajgiano questo fine settimana nel punto in cui il Corridoio di Lachin è bloccato: il ponte sul fiume Hakari. A questo checkpoint le forze armate azere bloccano tutto il traffico tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, lasciando 120.000 Armeni sotto assedio in Karabakh, da oltre 8 mesi».

Come era prevedibile, la Russia ha protestato dopo l’intervista a la Repubblica dil Pashinyan: «Non diventi strumento dell’Occidente». Per Mosca sono «inaccettabili il tono e i contenuti delle dichiarazioni» rilasciate da Pashinyan sulla Russia nel corso dell’intervista, così come la nota diffusa dal Ministero degli Esteri armeno «con l’obiettivo di scaricare la responsabilità dei propri errori di calcolo sulla Russia», di cui abbiamo riferito ieri.

La Repubblica informa oggi, che lo ha riferito l’agenzia TASS citando una propria fonte diplomatica, secondo la quale Mosca è “estremamente insoddisfatta rispetto alle ultime dichiarazioni pubbliche della leadership armena”.

Commentando le parole di Pashinyan sulla possibilità che la Russia si allontani dalla regione, la fonte diplomatica citata dalla TASS afferma che «in effetti stanno cercando di estromettere artificialmente la Russia dal Caucaso meridionale, utilizzando Erevan come mezzo per raggiungere questo obiettivo. La Russia, in quanto vicino e amico più stretto dell’Armenia, non intende lasciare la regione. Tuttavia, anche l’Armenia non dovrebbe diventare uno strumento dell’Occidente per eliminare la Russia». Allo stesso modo, ha proseguito la fonte, la Russia considera le relazioni con l’Armenia nelle sfere della sicurezza e dell’economia «non come la dipendenza di un Paese da un altro, ma come una partnership paritaria, reciprocamente vantaggiosa e comprovata”».

Il diplomatico ha quindi parlato alla TASS della guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, sostenendo che è stata in gran parte causata dai passi avventati e provocatori della leadership armena, comprese le dichiarazioni secondo cui “il Karabakh è Armenia”. Questo, afferma la fonte, «ha ampiamente svalutato gli accordi raggiunti dalle parti attraverso il Gruppo di Minsk dell’Organizzazione di Sicurezza e Cooperazione in Europa (OSCE). Se non fosse stato per l’intervento della Russia e del Presidente Vladimir Putin personalmente, i risultati delle ostilità sarebbero stati ancora più deplorevoli».

La fonte diplomatica ha anche definito infondate le accuse di presunta totale indifferenza della Russia nei confronti «dell’aggressione dell’Azerbajgian contro il territorio sovrano della Repubblica di Armenia». Al contrario, ha detto, si sono svolte consultazioni rilevanti tra i Ministeri degli Esteri e della Difesa dei due Paesi.

«La via principale per risolvere il conflitto armeno-azerbajgiano è l’attuazione degli accordi trilaterali al massimo livello, che sono stati ritardati in modo inaccettabile e non per colpa della Russia», ha sottolineato la fonte alla TASS. Allo stesso tempo, Yerevan «non sfrutta appieno il potenziale della CSTO» e «si è rifiutata di accettare la missione dell’organizzazione a favore di quella inefficace dell’Unione Europea».

Le analisi di Robert Ananyan

«La principale stampa occidentale sta discutendo attivamente le importanti riflessioni espresse dal Primo Ministro armeno in un’intervista a la Repubblica, riguardo al ritiro della Russia dal Caucaso meridionale.
In primo luogo, perché l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) non ha sostenuto l’Armenia durante gli attacchi militari dell’Azerbajgian? Pashinyan ha affermato che questo fatto parla dell’attuale crisi della CSTO e che il pubblico armeno ha sperimentato e continua a provare una profonda delusione riguardo alle pratiche dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva. Il giornalista ha citato dal messaggio di congratulazioni di Nikol Pashinyan in occasione dell’adozione della Dichiarazione di Indipendenza dell’Armenia il 23 agosto.
Il giornalista ha chiesto se si può dire che quando si cercherà di raggiungere la pace con l’Azerbajgian, questo è un modo per diventare più indipendente da Mosca. Pashinyan ha risposto che essere indipendenti significa avere meno dipendenza nel settore della sicurezza e diversificare le politiche del settore.
Il giornalista de la Repubblica, Luca Steinmann ha chiesto perché la Russia ha ceduto il controllo del Corridoio di Lachin all’Azerbajgian. Pashinyan ha collegato l’inattività dei Russi alla possibilità di un ritiro della Russia dal Caucaso meridionale.
Sono convinto che affinché l’Armenia possa superare questa situazione estremamente pericolosa, sia necessario lasciare l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva e l’Unione Economica Eurasiatica e avviare una profonda cooperazione con gli Stati Uniti e l’Unione Europea in ambito militare, economico, energetico e di politica estera. Nella fase iniziale, quando sarà necessario liberarsi dalle unità di integrazione neo-imperiali russe, penso che l’Armenia possa adottare lo status di Stato neutrale modificando la Costituzione. Ciò consentirà all’Armenia di spiegare facilmente alla Russia perché è necessario che Yerevan costruisca relazioni pacifiche e non conflittuali con l’Azerbajgian e la Turchia. Inoltre, lo status neutrale consentirà di sviluppare relazioni bilaterali con gli Stati Uniti, la Francia e altri stati dell’Unione Europea attraverso la cooperazione militare e di sicurezza. Lo status neutrale ridurrà anche l’aggressività del Cremlino e il rischio di possibili azioni minacciose dovute al ritiro dai progetti neo-imperiali russi.
Naturalmente, affinché tutto ciò avvenga senza intoppi, è necessario che la Russia si indebolisca gradualmente nella guerra contro l’Ucraina, a seguito della quale farà uscire le sue truppe dal Caucaso meridionale, e non sarà interessata su quale vettore politico straniero è salito l’Armenia.
La sconfitta della Russia è necessaria non solo per l’Ucraina e l’Europa, affinché diminuiscano le minacce alla loro sicurezza, ma anche per l’Armenia․ Ciò consentirà l’adesione all’Unione Europea e alla NATO nella fase successiva. Tutto ciò dovrebbe essere fatto con molta attenzione, in collaborazione con l’Occidente. Cerchiamo di essere ottimisti» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

«Il 3 settembre è un giorno della vergogna nella storia recente dell’Armenia, non un giorno di calcolo razionale. Esattamente 10 anni fa, il Presidente dell’Armenia, Serzh Sargsyan, annunciava l’adesione all’Unione doganale pianificata dalla Russia (attualmente, l’Unione Economica Eurasiatica). Questa decisione ha aggravato la malsana dipendenza dell’Armenia dalla Russia. Ricordo bene la situazione 10 anni fa.
Il Cremlino ha minacciato il Presidente dell’Armenia, Serzh Sargsyan, affinché abbandoni l’accordo di associazione con l’Unione Europea e si unisca al progetto neo-imperiale della Russia. Ora descriverò nei dettagli come è successo e quali sono state le conseguenze.
Il Cremlino considerava il progetto di “Partenariato orientale” dell’Unione Europea come una manifestazione dell’espansione dell’Occidente verso la Russia, con l’obiettivo di includere gli Stati sotto l’influenza russa nei programmi di integrazione occidentale. Pertanto, questa è diventata una questione di vita o di morte per il regime di Putin, che ha iniziato a sconfiggere le aspirazioni di Armenia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Azerbajgian e Georgia di associazione con l’Unione Europea. Mi concentrerò solo su Armenia e Ucraina.
Il motivo dell’attuale guerra criminale della Russia contro l’Ucraina è stato l’accordo di associazione. Nel novembre 2013, il Presidente Viktor Yanukovich ha rifiutato di firmare l’accordo di associazione con l’Unione Europea, che era in fase di sviluppo da anni. Nel frattempo, era stato lo stesso Yanukovich ad approvare in precedenza l’accordo di associazione. Yanukovich si è invece dichiarato favorevole al riavvicinamento con la Russia.
Nell’autunno del 2013, la Russia ha avvertito l’Ucraina che se avesse continuato a procedere verso la firma di un accordo di libero scambio con l’Unione Europea, il Paese si sarebbe trovato ad affrontare un disastro finanziario e forse il collasso.
Sergey Glazev, Consigliere del Presidente russo, Vladimir Putin, ha annunciato che se l’accordo Unione Europea-Ucraina venisse firmato, la Russia sosterrebbe l’emergere di un movimento separatista nell’est e nel sud dell’Ucraina di lingua russa. A seguito di Euromaidan, gli Ucraini hanno rovesciato Yanukovich, e il nuovo Presidente dell’Ucraina Poroshenko ha firmato la parte politica dell’accordo con il Presidente del Consiglio Europeo, Herman van Rompuy, a Brussel il 21 marzo 2014, e la parte economica è stata firmata il 27 giugno. La Russia ha occupato la Crimea, Donetsk e Luhansk, che appartengono all’Ucraina.
Le radici della guerra russo-ucraina di oggi sono nascoste negli eventi storici accaduti 10 anni fa. Sicuramente, questa rimarrà una delle manifestazioni più interessanti e brutali della lotta geopolitica nella storia dell’umanità.
Putin e il suo entourage non nascondono di voler ristabilire l’Impero russo. Considerano l’URSS l’impero russo, ma con un sistema politico leggermente diverso. Lo stesso Putin ha definito il crollo dell’URSS la più grande tragedia del XX secolo. In questo senso, l’Unione Economica Eurasiatica e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva sono strumenti degli obiettivi neo-imperiali russi. Una volta che le ex colonie sovietiche saranno completamente integrate nella Russia dal punto di vista militare ed economico, sarà più facile introdurle nello Stato dell’Unione Russia-Bielorussia.
L’inclusione dell’Ucraina nell’UEE e la sconfitta dell’adozione da parte di quel paese del corso politico occidentale erano un obiettivo estremamente importante per la Russia. Tuttavia, l’Armenia era più debole e vulnerabile dell’Ucraina, pertanto il governo di Serzh Sargsyan ha ceduto facilmente alle minacce di Putin aderendo all’Unione doganale (l’odierna Unione Economica Eurasiatica) il 3 settembre 2013, firmando un documento con Putin a Mosca.
Inoltre, la società armena non ha protestato in maniera massiccia contro la decisione di ritirarsi dall’Associazione, come invece ha fatto la società ucraina. Solo la società civile armena e alcuni politici hanno sottolineato i pericoli derivanti dall’ingresso nell’Unione Economica Eurasiatica (UEE).
E nel 2013-2014, le principali forze di opposizione politica in Armenia erano più filo-russe di Serzh Sargsyan. Sono convinto che l’alleanza politica chiamata “Quartetto” sia stata uno degli strumenti della Russia per portare l’Armenia nell’UEE.
A quel tempo, l’associazione dei partiti Prosperous Armenia-Dashnaktsutyun-Congresso nazionale armeno-Patrimonio sotto il nome di “Quartetto” sollevò questioni puramente interne armene, ma riuscì a cambiare il Primo Ministro.
Nel 2013-2014 in Armenia c’è stata la minaccia di un’esplosione politica interna, che poteva diventare un ulteriore strumento di pressione contro Serzh Sargsyan. Per quattro anni ha negoziato con l’Unione Europea sulla questione della firma di un accordo di associazione, ma ha ceduto alle pressioni esterne e interne.
All’inizio del 2013, Serzh Sargsyan è stato eletto presidente con una frode elettorale. Tuttavia, i funzionari europei dell’epoca ignorarono questo fatto, sperando che l’accordo di associazione venisse firmato. Oggi è già evidente che Putin, che ha scatenato la guerra contro l’Ucraina, ha anche minacciato Serzh Sargsyan che l’Armenia avrebbe avuto seri problemi in termini di conflitto e sicurezza del Nagorno-Karabakh.
Nel 2013, infatti, l’Armenia si è ritirata dall’Accordo di Associazione con l’Unione Europea perché la Russia ha trasformato il conflitto del Nagorno-Karabakh in uno strumento di pressione.
L’Armenia aveva un altro punto vulnerabile, ovvero il suo sistema di sicurezza. In quegli anni, l’Armenia acquistò la maggior parte delle sue armi e dell’equipaggiamento militare dalla Russia, il che fu un grave errore di Serzh Sargsyan. Uno Stato che riceve componenti di sicurezza da un’unica fonte non può condurre una politica estera indipendente. Se l’Armenia avesse firmato un accordo di associazione con l’Unione Europea, la Russia si sarebbe rifiutata di vendere armi all’Armenia.
Ciò sarebbe stato fatale per l’Armenia, che si stava preparando alla guerra con l’Azerbajgian. Tuttavia, la firma dell’adesione all’UEE non ha portato sicurezza o posizione pro-Karabakh della Russia in Armenia.
Fu durante quel periodo che la Russia aumentò le vendite di armi all’Azerbajgian.
L’errore strategico di Serzh Sargsyan è stato quello di non aver notato l’armamento dell’Azerbajgian da parte della Russia e di non considerarlo un problema. Sì, dopo la guerra di aprile si è rivolto a Medvedev a Yerevan, ma quella denuncia non ha avuto conseguenze politiche. Il mercato dell’acquisto di armi non era diversificato.
Serzh Sargsyan sembrava aver calcolato che se l’Armenia fosse entrata nell’UEE, la Russia avrebbe sostenuto la parte armena nel conflitto del Nagorno-Karabakh e non avrebbe permesso all’Azerbajgian di iniziare una guerra. Tuttavia, due o tre anni dopo, Sergej Lavrov presentò un piano russo per risolvere la questione del Nagorno-Karabakh, lasciando al futuro la soluzione della questione dello status.
Intanto l’aspirazione del governo di Serzh Sargsyan era che in cambio di 5 o 7 regioni il Nagorno-Karabakh ottenesse o l’indipendenza oppure la possibilità di un referendum che non escludesse l’indipendenza.
Due anni fa, nel 2011, la firma del documento armeno-azerbajgiano sulla questione del Nagorno-Karabakh fallì a Kazan. Ilham Aliyev ha rifiutato di firmare il documento che non escludeva l’indipendenza del Nagorno-Karabakh. Dopo il fallimento dell’accordo di Kazan, la Russia ha aumentato significativamente le vendite di armi all’Azerbajgian, privilegiando essenzialmente le idee di Aliyev di risolvere il conflitto, che il Nagorno-Karabakh non poteva immaginare al di fuori dell’Azerbajgian e si stava preparando alla guerra.
Il piano di Lavrov e la guerra dell’aprile 2016 miravano a costringere l’Armenia ad abbandonare le sue aspirazioni all’indipendenza dell’Artsakh. Serzh Sargsyan, che ha la reputazione di giocatore di scacchi e leader con forti capacità geopolitiche, è stato sconfitto.
L’adesione dell’Armenia all’UEE non ha assicurato il sostegno della Russia all’Armenia, ma ha accelerato il processo di attuazione della decisione russo-azerbajgiana di collocare il Nagorno-Karabakh sotto l’Azerbajgian.
L’Armenia era già nelle tasche della Russia. Era necessario soddisfare l’Azerbajgian. L’implementazione dello scenario del dispiegamento di un contingente militare russo nel Nagorno-Karabakh avrebbe dovuto aumentare l’influenza di Mosca nel Caucaso meridionale.
La Russia considera il Nagorno-Karabakh parte dell’Azerbajgian. E avere una presenza militare in Nagorno-Karabakh, secondo la logica del Cremlino, significherebbe che la Russia ha basi militari in tutti e tre i Paesi del Caucaso meridionale: Armenia, Azerbajgian e Georgia (Abkhazia, Ossezia del Sud).
Tuttavia, con l’accordo russo-azerbajgiano, lo scenario di guerra contro il Nagorno-Karabakh è stato ritardato. Le ragioni erano diverse: la rivolta di Sasna Tsrer, le promesse di Serzh Sargsyan di raggiungere una soluzione pacifica, la rivoluzione avvenuta in Armenia nel 2018 e l’istituzione di un nuovo governo. Mentre si preparava per una nuova guerra contro l’Ucraina, Vladimir Putin ha aspettato altri due anni.
Il governo di Pashinyan non ha accettato una soluzione pacifica al piano di Lavrov. Nel 2020, Russia, Turchia e Azerbajgian hanno condotto una “operazione di successo” congiunta contro il Nagorno Karabakh. Shoigu è ancora in salute e può confermarlo con maggiori dettagli. E coloro che non hanno un legame diretto con Shoigu possono porsi la domanda: di cosa è simbolo il centro di monitoraggio russo-turco situato ad Aghdam, se non del coordinamento russo-turco della guerra del 2020?
L’adesione dell’Armenia all’UEE è stato un errore strategico di Serzh Sargsyan. Non solo non ha risolto il conflitto del Nagorno-Karabakh, ma ha anche inibito la prospettiva di integrazione europea dell’Armenia e certamente non ha risolto il problema della sicurezza dell’Armenia. Dopo il 9 novembre 2020, gli attacchi militari dell’Azerbajgian contro l’Armenia sono avvenuti con il tacito consenso della Russia, per non dire che si trattava di operazioni congiunte russo-azerbajgiane contro l’Armenia al fine di occupare il corridoio [di Zangezur] nella regione di Meghri.
Penso che si calcolasse che uno dei risultati della guerra del 2020 sarebbe stata la perdita dell’indipendenza dell’Armenia, che sarebbe diventata un territorio vassallo a pieno titolo della Russia. Tuttavia, quel piano politico non è stato attuato a causa del comportamento pro-stato e del posizionamento del cittadino armeno.
Il 4 settembre 2013, il Presidente della Commissione per le relazioni estere del Parlamento Europeo, Elmar Brok, ha annunciato che la decisione di aderire all’unione doganale è stata presa dal Presidente dell’Armenia sotto la pressione della Russia.
I funzionari dell’Unione Europea si sono anche rifiutati di separare la componente economica da quella politica dell’accordo di associazione e di firmarlo con o senza una debole componente economica.
Un anno dopo il 3 settembre 2013, Serzh Sargsyan ha ammesso indirettamente che la decisione dell’Armenia di aderire all’UEE è stata presa durante la notte a Mosca. Nel numero del 23 settembre 2014 del quotidiano Aravot è stato pubblicato un articolo sulla visita di Serzh Sargsyan nella Repubblica Ceca nel gennaio di quell’anno, in cui Sargsyan rispondeva alle domande degli Armeni locali presso l’Ambasciata armena a Praga. La sessione di domande e risposte ha avuto luogo dopo che i dispositivi di registrazione video erano stati rimossi dalla stanza. Il giornalista residente a Praga, Shushan Ghazaryan, ha registrato o trascritto la sessione di domande e risposte.
Quando Bagrat Arakelyan gli ha chiesto perché non avesse chiesto l’opinione di tutti gli Armeni e non avesse indetto un referendum sull’adesione all’unione doganale, Serzh Sargsyan ha risposto: “Non potrei chiedere a tutti voi la vostra opinione da un giorno all’altro”.
Questa è una testimonianza del fatto che Serzh Sargsyan una notte è stato in grado di pensare all’adesione all’EEU. Ovviamente, tale decisione è stata presa da Vladimir Putin o da Serzh Sargsyan a seguito delle minacce russe. Oppure Putin ha descritto le conseguenze che attendono l’Armenia e ha spaventato Sargsyan.
Sebbene l’accordo di partenariato globale e rafforzato Armenia-Unione Europea firmato nel 2017 fosse basato sull’accordo di associazione negoziato prima del vertice di Vilnius, a differenza dell’accordo di associazione del 2013, la componente economica è significativamente più debole. L’Armenia ha ceduto molti diritti della sua politica economica all’UEE della Russia.
La decisione presa da Serzh Sargsyan il 3 settembre 2013 ha aggiunto un ostacolo significativo alla prospettiva dell’adesione dell’Armenia all’Unione Europea. Se il 2 settembre 2013 l’Armenia doveva solo firmare e attuare con successo l’accordo di associazione per una reale prospettiva di adesione all’Unione Europea, oggi ha creato un ulteriore rischio.
Per aderire all’Unione Europea, l’Armenia dovrà prima lasciare l’Unione Economica Eurasiatica (EEU), cosa che naturalmente sarà osteggiata dalla Russia. A seconda del successo o del fallimento dell’esercito russo nella guerra in Ucraina, ci sarà una reazione debole o forte da parte della Russia.
Sono sicuro che gli Europei possano fare del ritiro dell’Armenia dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) una condizione per l’adesione all’Unione Europea. Tuttavia non credo che qualcuno abbia cancellato l’arte dei piccoli passi.
Considero il 3 settembre 2013 un giorno nero nel calendario armeno. Ha interrotto il processo di integrazione europea dell’Armenia, aumentato la malsana dipendenza dell’Armenia dalla Russia, privato l’economia armena del progresso tecnologico, piani concreti per introdurre standard elevati, grandi investimenti, un modo garantito per aumentare il benessere dei cittadini della Repubblica di Armenia e modernizzare lo Stato. Invece l’Armenia non ha ottenuto nulla: falsa sicurezza e false promesse russe riguardo al Nagorno-Karabakh. Il nuovo piano di Lavrov per sciogliere il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian infligge un duro colpo alle già deboli giustificazioni per l’adesione all’Unione Economica Eurasiatica.
Ma sono ottimista. Rispetto al 2013 la società armena è cambiata. C’è stata solo una piccola manifestazione contro la decisione del 3 settembre 2013, alla quale anch’io ho avuto la fortuna di partecipare. Nel 2013, il rating dell’83% della Russia in Armenia è stato ridotto 3-4 volte a causa delle azioni anti-armene della Russia.
Anche i valori della società armena sono cambiati. L’eterno sentimento filo-russo, pieno di nostalgia sovietica, si è notevolmente ridotto e le idee di sovranità, indipendenza, sviluppo democratico e cooperazione profonda e senza restrizioni con l’Occidente sono diventate dominanti.
Sono sicuro che la liberazione definitiva dall’influenza nauseante della Russia e il ripristino della sovranità dell’Armenia saranno una questione di tempo. Credo nel potere dell’evoluzione» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

266° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. E Azerbajgian sarebbe “il Paese della buona volontà, delle buone intenzioni e della misericordia” (Korazym 03.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.09.2023 – Vik van Brantegem] – Parte della storia della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh può essere paragonata a quella del Bangladesh, di Timor Est e dell’Eritrea. Gli ultimi tre hanno ottenuto il pieno riconoscimento internazionale dopo anni di combattimenti. Tuttavia, nel Caucaso meridionale sono coinvolti attori geopolitici molto più grandi…

Il giornalista azerbajgiano Hikmet Hasanov ha pubblicato il 1° settembre 2023 una foto di bambini piccoli a Stepanakert, lamentandosi del fatto che non sembravano morire di fame: «1° settembre giornata della conoscenza dei nostri ragazzini a Khankendi. Tesoro, c’è qualcuno qui che somiglia a qualcuno che soffre la fame?».

Nei commenti, i bambini vengono chiamati “escrementi di roditori”, “bambini bastardi”. Si legge: “Guarda i nostri asinelli”, “È come se le mosche si posassero sullo sterco essiccato del bestiame… Come vedi sono come mosche sedute su merda di mucca”, “Dimenticate questi ragazzi, non passerà molto tempo prima che porteranno le nostre bandiere nelle loro mani e diranno ‘lunga vita all’Azerbajgian’”.

Come è possibile immaginare che gli Armeni potranno vivere sotto il dominio di questo Stato fascista terrorista? È come se si invitasse gli Ebrei a coesistere con i nazisti. La società azera è malata, molto malata. Il Paese intera ha bisogno di un TSO collettivo e cure.

«L’AZGAC è determinata nella sua posizione: “Siamo qui finché due CAMION carichi di cibo non saranno consegnati agli Armeni residenti a Khankandi”».

Mi chiedo chi diavolo imporrà i suoi “aiuti umanitari” alle persone. Mentre continua a bloccare da 9 mesi 120.000 Armeni nell’Artsakh, chiudendo il Corridoio di Lachin verso l’Armenia, gli Azeri sono diventati così umani.

Avere fiducia nell’Azerbajgian, che intende per sfamare una popolazione che sta affamando deliberatamente, aumentando la pressione gradualmente nei 9 mesi passati, è come confidare nella Germania durante la Seconda Guerra Mondiale che offre di sfamare gli Ebrei rinchiusi nel ghetto di Varsavia.

Leggere per credere, pensando che parla Novruz Aslanov, il Presidente della Società della Mezzaluna Rossa azera, la personificazione del regime autocratico fascista vestito da “umanitario-filantropo”, che sta affamando le stesse persone che vuole sfamare, salvandoli dal “regime separatista da Khankandi” che ha auto-bloccato l’Artsakh, con il “dialogo” e la “buona volontà”. Questo individuo in rosso parla di “umanesimo” con la faccia di bronzo.

«LA MISERICORDIA non conosce limiti!» (Novruz Aslanov, Presidente della Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian).

2 settembre 2023. È il quinto giorno della protesta per la farina della Mezzaluna Rossa azera, mentre l’Aazerbajgian continua a cercare di forzare i 120.000 che ha affamato per quasi 9 mesi ad accettare il suo “aiuto” per la crisi umanitaria che ha creato. Qui non stiamo parlando di un disastro naturale.

L’Azerbajgian ha fatto installare la sera del 1° settembre 2003 una linea elettrica per rendere più confortevoli i 42 manifestanti della Mezzaluna Rossa azera (una ripetizione degli “eco-attivisti” che il 12 dicembre 2022 hanno iniziato il blocco del Corridoio di Lachin) che stanno da 5 giorni sulla strada di Aghdam con le loro 10 tonnellate di farina che vogliono per forza portare a “Khankendi”, mentre l’Azerbajgian sta da quasi 9 mesi affamando i 120.000 Armeni dell’Artsakh, interrompendo anche la loro fornitura di gas ed energia elettrica. Semplicemente assurdo.

Per quanto riguarda le dichiarazioni del Presidente della Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian:
1. Visto che l’Azerbajgian nega che c’è una crisi umanitaria in Artsakh, a cosa serve mandare 2 camion con farina?
2. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa che è presente in Artsakh da 30 anni è ben “capace di condurre una valutazione delle esigenze degli Armeni in Karabakh”. Fatto è che l’Azerbajgian ha creato la crisi umanitaria in Artsakh, chiudendo il Corridoio di Berdzor (Lachin). Anche i bambini sanno che aprendo il corridoio la crisi umanitaria sparirà. Intanto, davanti all’ingresso del corridoio, presso il ponte Hakari a Kornidzor stanno fermi 32 camion con aiuti umanitari da più di un mese, perché l’Azerbajgian non permette l’ingresso. Sempre parlando di buona volontà, di buone intenzioni e di “Paese della misericordia”.

La Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian è capace di condurre una valutazione delle esigenze degli Armeni in Karabakh
News.az, 30 agosto 2023

La Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbaigian (AzRC) è capace di condurre la valutazione dei bisogni degli Armeni che vivono nella regione del Karabakh in Azerbajgian, ha detto mercoledì ai giornalisti il presidente dell’AzRC Novruz Aslanov, riporta News.Az.
“Questa valutazione può essere effettuata da specialisti della Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian se ci viene fornito l’accesso al territorio. Posso fare questa valutazione da solo. Possiamo coinvolgere i nostri partner ed esperti stranieri in questo lavoro. Non ne vedo problemi qui”, ha detto Novruz Aslanov.
Secondo lui la questione fondamentale è costruire la comunicazione attraverso il dialogo.
“La cosa più importante è dimostrare buona volontà. Le opinioni di due o tre persone non dovrebbero influenzare la popolazione di origine armena a Khankendi. Credo che la maggior parte della popolazione sia già stanca di questi processi e dovrebbero dimostrare i principi di umanesimo al mondo intero. Se la Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian è venuta con buone intenzioni, dovrebbe anche trattarla con rispetto e pazienza. Non aiuteremo nessuno con la forza. Questo è un passo avanti e tutti sono obbligati ad accoglierlo, indipendentemente dalla lingua, dalla religione, dalla razza o dall’appartenenza politica. Si pensa che se non abbiamo ricevuto un appello, perché inviare aiuti? Perché dovremmo aspettarci un appello? Se può essere necessario, allora stiamo facendo questo passo”, ha aggiunto.

Una voce dal “Paese della buona volontà, delle buone intenzioni e della misericordia”: «Quando ero in Azerbajgian hanno cercato di spaventarmi con la reclusione a lungo termine. Ho detto che avrei fatto uno sciopero della fame se fossi stato imprigionato. Hanno detto che mi avrebbero picchiato e sottoposto ad alimentazione forzata. Questo è simile al modo in cui il governo dell’Azerbajgian invia “aiuti alimentari” all’Artsakh» (Rahim Shaliyev).

Avi Scharf, giornalista di Haaretz ha segnalato su Twitter un volo raro di sabato per la base dell’aeronautica israeliano, dal campo azero sul fronte contro l’Armenia. Ieri è atterrato il 101° (in 7 anni) cargo pesante ad Ovda. Silkway Airlines è stato autorizzato dalle autorità israeliane dal trasporto di esplosivi attraverso una pista di atterraggio isolata nel deserto. Alcuni sono atterrati con il segnale di riconoscimento del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian.
I voli da Baku alla remota pista di atterraggio israeliana aumentano sempre durante gli attacchi delle forze armate azere all’Armenia e l’Artsakh, e rivelano esportazioni di armi verso l’Azerbajgian. Israele vende armi all’Azerbajgian per miliardi e riceve in cambio petrolio accesso all’Iran. Israele aiuta l’Azerbajgian nel genocidio degli Armeni, dimenticando la Shoah e il “mai più”. Genocidio dello Shabbat approvato dai rabbini. Disgustoso.

Ieri, 2 settembre 2023, in molti Paesi del mondo si sono svolti manifestazioni nel 32° anniversario della dichiarazione della Repubblica di Artsakh. A Parigi una manifestazione si è svolta davanti all’Ambasciata dell’Azerbajgian. Migliaia di persone si sono riunite a Yerevan, in un mare di colori vibranti e canti appassionati, dimostrando l’inequivocabile sostegno all’indipendenza dell’Artsakh. La manifestazione ha dimostrata la resilienza della nazione armena e la sua determinazione a difendere la Repubblica di Artsakh, che è sottoposta attualmente ad un blocco genocida da parte dell’autocrazia dell’Azerbajgian. I manifestanti, tra cui anche gli ex Presidenti armeni Serzh Sargsyan e Robert Kocharyan, hanno anche criticato apertamente l’attuale governo armeno per la sua inazione nel risolvere il disastro umanitario nell’Artsakh.

Montevideo, Uruguay.

Rally SOS Artsakh a Montreal organizzato dal Consiglio Unito Armeno del Quebec.

Politici, studiosi e gente comune si sono uniti agli Armeni dei Paesi Bassi nella protesta ad Amsterdam per chiedere un’azione immediata da parte degli attori in grado di fermare il blocco illegale dell’Artsakh da parte del regime di Aliyev volto all’annientamento della popolazione armena indigena del Nagorno-Karabakh.

Tornando sul campo, se qualcuno ha avuto notizia dalla Missione di Osservazione dell’Unione Europea in Armenia, schierata (nei ristoranti) lungo il confine dell’Armenia con l’Azerbajgian, per monitorare le violazioni del cessate il fuoco, in seguito all’aggressione dell’Azerbajgian sul territorio sovrano dell’Armenia, batte un colpo.

La “Comunità dell’Azerbajgian occidentale” (cioè, dell’Armenia) ha rilasciato una dichiarazione in cui condanna quella che definisce “la provocazione armena” a Sotk. In realtà, l’Azerbajgian, come nei mesi precedenti, ha attaccato Sotk (bloccando anche l’attività della miniera d’oro), che l’Azerbajgian e, per estensione, la “Comunità dell’Azerbajgian occidentale” chiamano “Zod”, poiché Sotk e dintorni fanno parte del prossimo tentativo di accaparramento di terre da parte dell’Azerbajgian.

Ieri intorno alle ore 16.00, le posizioni di difesa armene intorno al villaggio di Norabak sono ste prese di mira dalle forze armate dell’Azerbajgian.

Le autorità azere riferiscono di aver contrastato ieri mattina i droni di sorveglianza provenienti dall’Armenia sulle posizioni militari nell’area di Shahbuz e nell’area di Kelbajar di Azerbajgian, dove secondo il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian sarebbe stato abbattuto un drone di sorveglianza proveniente dall’Armenia vicino alle sue posizioni. Il drone mostrato nelle foto mostra sessun danno apparente da arma da fuoco (se vero, probabilmente abbattuto da misure a radiofrequenza). Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian segnala che posizioni militari ella regione di Julfa di Nakhichevan (la prima volta qui segnalata in oltre 6 anni) e vicino alla città di Kapan in Armenia sono state colpite dal fuoco di armi leggere. Funzionari del Ministero della Difesa dell’Armenia confutano il rapporto dell’Azerbajgian definendolo disinformazione.

L’Azerbajgian ha riferito che il 1° settembre le sue posizioni lungo il confine con l’Armenia sono state colpite da mortai da 60 mm e 82 mm. Il Ministero della Difesa dell’Armenia confuta il seguente rapporto dell’Azerbaigian definendolo disinformazione, non corrispondente alla realtà sul campo.

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha pubblicato un video ripreso dai suoi militari che prendono di mira un centro di controllo di droni mobile, probabilmente durante l’attacca delle forze armate dell’Azerbajgian all’Armenia del 1° settembre 2023. A seguito nella zona le immagini satellitari della NASA mostrano un grande incendio e rapporti separati segnalano un’esplosione udita prima dell’incendio.

Così, ieri, un giorno dopo il massiccio attacco delle forze armate dell’Azerbajgian al territorio sovrano dell’Armenia, i funzionari azeri hanno pubblicato diverse dichiarazioni in cui accusavano Yerevan di aver nuovamente violato il cessate il fuoco, ma quest’ultimo le ha tutte negate. La situazione di tensione continua e non si possono escludere ulteriori conflitti armati.

L’Azerbajgian ha accusato l’Artsakh di aver colpito il 1° settembre 2023 con “misure di radiofrequenza” un Boeing 777 americano e un C-650 israeliano.

Nasimi Aghayev, nel suo tempo libero anche Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania, quotidianamente impegnato sui social a diffondere le menzogne e la disinformazione del suo padrone Aliyev, ha scritto in un post su Twitter: «Un altro motivo per cui l’Armenia dovrebbe finalmente ritirare le sue formazioni armate illegali dall’Azerbajgian. Hanno appena messo in pericolo molti passeggeri che volavano sul volo Parigi-Pechino di American Air e sul volo Tel Aviv-Baku».

Aghayev immagina di provare a evocare fiducia e credibilità nel suo quotidiano palleggio fascista terrorista, facendo riferimento a una delle sue fonti di notizie sostenute dallo Stato azero e altrettanto screditati.

Il Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha smentito le segnalazioni dell’Azerbajgian sull’uso di misure di radiofrequenza contro gli aerei.

Il Nagorno Karabakh Observer ha esaminato l’accusa e non è riuscito a trovare nessun aereo di questi tipi nelle vicinanze a meno di 100 km di distanza negli orari indicati dalle autorità azere, che hanno aumentato rapporti simili, sostenendo che le autorità della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh stanno utilizzando misure di radiofrequenza per prendere di mira gli aerei nel loro spazio aereo. Finora nessuna compagnia aerea o altro organismo indipendente ha segnalato eventuali incidenti in quella zona.

«L’Azerbajgian ha effettuato un attacco militare ai confini internazionalmente riconosciuti dell’Armenia. È una rivendicazione territoriale, un’invasione della sovranità dell’Armenia. Capiamo qual è l’obiettivo dell’Azerbajgian? Nelle ultime settimane, l’Azerbajgian è stato sottoposto a forti pressioni e minacce internazionali, come ha ammesso l’altro giorno Ilham Aliyev. La comunità internazionale, soprattutto quella occidentale, non è d’accordo con il modo di Aliyev di condannare alla fame gli Armeni del Nagorno-Karabakh.
La politica di Aliyev di condannare gli Armeni del Nagorno-Karabakh alla pulizia etnica e alla fame è sostenuta solo da Russia e Turchia. La comunità internazionale però non è d’accordo con un nuovo genocidio degli Armeni. L’Azerbajgian è stato lasciato isolato.
L’altro giorno, la Francia ha portato 10 camion di aiuti umanitari all’inizio del Corridoio di Lachin. Anne Hidalgo, Sindaco di Parigi, a capo della delegazione, ha inviato un messaggio dal Corridoio di Lachin chiuso, al Presidente Emmanuel Macron per avviare il processo di adozione di una risoluzione nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Non è escluso che la Francia avvii il processo sulla questione per ottenere una risoluzione.
Settimane fa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha discusso la questione dell’apertura del Corridoio di Lachin. Sì, sebbene non sia stata adottata alcuna risoluzione, quasi tutti i 15 stati membri hanno notato la grave situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh e hanno invitato l’Azerbajgian ad aprire il Corridoio di Lachin. Il semplice fatto che la questione Artsakh sia stata nuovamente internazionalizzata e sia in discussione alle Nazioni Unite è già la sconfitta dell’Azerbajgian. Non è una sconfitta su larga scala, ma è ormai evidente che la questione del Nagorno-Karabakh non è un suo problema interno.
Dopo la guerra dei 44 giorni, il racconto principale di Ilham Aliyev ed esperti azerbajgiani era che il conflitto del Nagorno-Karabakh fosse stato risolto come risultato della guerra, e che all’ordine del giorno dovessero figurare solo la risoluzione delle relazioni armeno-azerbajgiani e la firma del trattato.
L’Armenia e le superpotenze globali non sono d’accordo con questa narrazione, che insistevano sulla necessità di risolvere la questione dei diritti e della sicurezza degli Armeni del Nagorno.Karabakh. Negli ultimi giorni si è registrato un numero senza precedenti di dure dichiarazioni contro Baku.
Queste pressioni rallentano o bloccano temporaneamente i piani dell’Azerbajgian di sottomettere il Nagorno-Karabakh con la forza. L’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Germania e la Francia hanno chiesto unilateralmente all’Azerbajgian di aprire il Corridoio di Lachin.
Notizie inedite e inaspettate dalla Germania. Il Ministro degli Esteri tedesco, Annalena Berbock, ha recentemente informato: “Sono in corso discussioni con gli Stati Uniti per fornire aiuti al Nagorno-Karabakh”. Ha anche descritto la situazione nel Nagorno-Karabakh come catastrofica e ha sottolineato la necessità di aprire il corridoio.
A giudicare dalle parole del Ministro degli Esteri tedesco, la Germania e gli Stati Uniti potrebbero seguire l’esempio della Francia e inviare carichi umanitari per gli Armeni del Nagorno-Karabakh all’inizio del Corridoio di Lachin.
Una dichiarazione importante è stata fatta dal capo della politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell, dopo l’incontro dei Ministri degli Esteri dell’Unione Europea a Toledo, in Spagna: “Chiediamo alle autorità dell’Azerbajgian di garantire un movimento sicuro e senza ostacoli attraverso il Corridoio di Lachin”. Durante l’incontro, al quale hanno partecipato rappresentanti degli Stati membri dell’Unione Europea, è stata discussa anche la questione della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh. Questo è un altro fatto del fallimento della strategia di Aliyev di non internazionalizzare la questione del Karabakh e di trasformarla in una questione interna dell’Azerbajgian.
E ieri, il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha presentato un piano per risolvere la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh. Il Rappresentante speciale dell’Unione Europea,ToivoKlaar, e la squadra di Michel sono stati in frequente contatto con Baku, Yerevan e Karabakh per trovare una soluzione alla questione del blocco. L’Unione Europea ha valutato che la situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh si sta rapidamente deteriorando ed è imperativo adottare misure per rispondere ai bisogni della popolazione locale. Brussel ha inoltre sottolineato che Baku dovrebbe chiarire le procedure per il ritorno degli Armeni del Nagorno-Karabakh dall’Armenia attraverso il Corridoio di Lachin. Qualsiasi chiarezza è un fallimento e uno sviluppo indesiderabile per l’Azerbajgian, poiché limita il suo arsenale di guerra ibrida contro il Nagorno-Karabakh e l’Armenia. E sono sicuro che l’appello dell’Unione Europea a chiarire le procedure nel Corridoio di Lachin o verrà respinto o si farà riferimento alla legislazione dell’Azerbajgian, anch’essa fonte di incertezza. Parallelamente, secondo Michel, le discussioni si sono concentrate anche sul rapido ripristino delle forniture di elettricità e gas agli Armeni del Karabakh. L’Unione Europea ha invitato Baku e Stepanakert al dialogo. “I diritti e la sicurezza degli armeni del Karabakh devono essere garantiti e le discussioni sui metodi specifici devono essere avviate al più presto possibile” ha affermato Charles Michel.
Ciò ripete l’appello degli Stati Uniti. Ma l’Azerbajgian ha un problema anche qui. Per ora, con Mosca, è fallito il processo di organizzazione di un incontro internazionale in un Paese terzo. Quando l’Occidente chiede nuovamente un incontro, ciò implica uno stato neutrale, e Mosca e Baku tendono ad organizzare l’incontro in Azerbajgian.
L’Azerbajgian deve accettare l’idea che la questione del Nagorno-Karabakh è diventata internazionale e sarà costretto a negoziare con Stepanakert in un paese neutrale, attraverso un meccanismo internazionale.
Ho portato fatti che dimostrano che le pressioni internazionali possono potenzialmente diventare pericolose per l’Azerbajgian. Con l’attacco militare del 1° settembre l’Azerbajgian esercita pressioni sull’Armenia affinché l’Armenia blocchi il processo di consolidamento della comunità internazionale contro l’Azerbajgian.
Con questo attacco, l’Azerbajgian invia un messaggio all’Armenia: non è al sicuro dagli attacchi militari e dalla guerra, è necessario fermare l’attività. Gli Azeri definiscono la diplomazia attiva dell’Armenia una “karabakhizzazione” del processo di risoluzione armeno-azerbaigiana.

Attaccando Sotk, Azerbajgian cerca di destabilizzare il processo. La richiesta dell’Armenia di garantire i diritti e la sicurezza degli Armeni del Nagorno Karabakh è considerata da loro una rivendicazione territoriale contro l’Azerbajgian. L’attacco a Sotk è una tattica speculare: è una rivendicazione territoriale contro l’Armenia.
L’obiettivo, come ho già detto, è eliminare l’attività dell’Armenia attraverso la pressione militare. Ciò darà all’Azerbajgian la possibilità di risolvere il conflitto del Karabakh nella logica della sua questione interna. E questo significa prendere il Nagorno-Karabakh sotto il controllo diretto. I metodi sono noti: infiltrazione morbida da Aghdam sotto il nome di consegna di beni umanitari o invasione militare dura.
Se il metodo soft fallisce, verrà utilizzata la formula hard. È una questione di tempo, che dipende anche dall’intensità o dall’indebolimento della pressione degli attori internazionali.
Non importa quanto gli appelli e le esortazioni degli attori internazionali siano sottovalutati, sono solo la punta dell’iceberg e dicono molto poco sui processi dietro le quinte. E nel profondo, Aliyev riceve minacce e pressioni. Poiché l’Azerbajgian non può affrontare un duro confronto con l’Occidente, minaccia l’Armenia con queste azioni militari, mandando il messaggio che è necessario smettere di difendere i diritti degli Armeni del Nagorno-Karabakh nei tribunali internazionali.
L’Azerbajgian sta cercando di creare un sentimento di insicurezza in Armenia, affinché Yerevan non insista più sulla necessità di garantire i diritti degli Armeni del Nagorno Karabakh. Tuttavia, come avete già notato, su questo insiste non solo l’Armenia, ma anche importanti attori della comunità internazionale.
L’Armenia afferma chiaramente che firmerà un accordo con l’Azerbajgian solo se si terranno i negoziati in formato internazionale Stepanakert-Baku sulle questioni relative ai diritti e alla sicurezza. È vero, l’Azerbajgian e la Russia sono riusciti a bloccare un incontro Karabakh-Azerbaigiano in un Paese neutrale, ma il conflitto del Karabakh non è scomparso da ciò.
Gli USA e l’Unione Europea chiedono che Baku incontri subito Stepanakert. Penso che l’Azerbajgian non sarà in grado di costringere l’Armenia con attacchi militari ad abbandonare l’agenda di protezione dei diritti e della sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh. Permettetemi di ricordarvi che questo non è accaduto dopo la guerra del 2020, quando le forze armate armene erano in uno stato debole.
Gli Stati Uniti, l’Unione Europea, la Francia e i Paesi occidentali hanno ripetutamente dichiarato di sostenere la sovranità e l’integrità territoriale dell’Armenia. Ciò significa che l’Azerbajgian non sarà perdonato per un nuovo attacco militare della portata di quello del 13 settembre 2022 contro l’Armenia.
Ecco perché l’attacco è stato su piccola scala. Ma ovviamente non escludo che si tenterà di ripetere il 13 settembre. Dipende dal grado di resistenza delle forze armate armene e dal grado di coinvolgimento della comunità internazionale.
Non è escluso che vengano imposte sanzioni contro il regime di Aliyev se manca di rispetto agli attori internazionali apertamente. Nei Paesi occidentali si discute seriamente sulla questione delle sanzioni contro l’Azerbajgian.
L’Azerbajgian dovrebbe fare la cosa giusta: fermare gli attacchi militari all’Armenia e ritornare a negoziati costruttivi. Questo è ciò che impone la logica del processo di pace. Invece, penso che l’Azerbajgian andrà avanti con metodi duri e militari. Ecco come vedo la situazione adesso. Monitoreremo il processo» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Segnaliamo

– Un’altra pulizia etnica potrebbe essere in corso – e noi non prestiamo attenzione di Nicola Kristof – The New York Times, 2 settembre 2023 [QUI]: «Con le sue camere di tortura russe e il massacro di civili, la guerra in Ucraina è già abbastanza orribile. Ma cosa succederebbe se un altro Paese approfittasse di questa distrazione per commettere i propri crimini contro l’umanità? Incontra l’Azerbajgian. Probabilmente non hai sentito parlare della brutalità dell’Azerbajgian nei confronti di un’enclave di etnia armena chiamata Nagorno-Karabakh, ma merita un esame approfondito. L’ex Procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, che ho conosciuto anni fa quando cercava le responsabilità per il genocidio nella regione del Darfur in Sudan, ora descrive ciò che sta accadendo in Nagorno-Karabakh in modo simile. “È in corso un genocidio contro 120.000 Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh”, ha scritto in un recente rapporto».

– Nel Nagorno-Karabakh, l’arma della fame di Faustine Vincent – Le Monde International, 3-4 settembre 2023: «Il blocco dell’enclave da parte dell’Azerbaigian è peggiorato quest’estate, minacciando gli armeni di gravi carenze. “C’è la paura costante che la guerra ricominci, o qualcosa di peggio”».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Intervista al premier Pashinyan (Repubblica 03.09.23)

EREVAN – Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan è impegnato in trattative con l’Azerbaijan per raggiungere un accordo di pace, ma lancia l’allarme: “Vogliamo fare il possibile per ottenere la pace, ma nel Nagorno Karbakh l’Azerbaijan mette in atto una pulizia etnica”. La popolazione armena della contesa regione in questione sta vivendo una catastrofe umanitaria senza precedenti a causa del blocco da parte delle truppe azere del corridoio di Lachin, unico collegamento con l’Armenia, la cui viabilità dovrebbe essere garantita dai soldati russi.

Vai al sito

 


>> Armenia, il premier Pashinyan a La Repubblica: “Errore dipendere solo dalla Russia per la nostra sicurezza” (AgenziaNova 03.09.23)

 

265° giorno del #ArtsakhBlockade – Parte 1 e 2. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Aliyev non era e non sarà in grado di garantire sicurezza e diritti degli Armeni dell’Artsakh (Korazym 02.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.09.2023 – Vik van Brantegem] – 32 anni fa, il 2 settembre 1991, nasce la Repubblica di Artsakh con il nome di Nagorno-Karabakh allorché il soviet locale, utilizzando la legislazione dell’Unione Sovietica dell’epoca, dichiarò la nascita della nuova repubblica dopo che l’Azerbajgian aveva deciso di fuoriuscire dall’Unione Sovietica. Come previsto dal referendum costituzionale del 20 febbraio 2017 il Paese mantiene ufficiali entrambi i toponimi. La Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh è una democrazia emergente assediata dall’Azerbajgian, noto per il suo “rispetto” dei diritti umani, classificandosi 167 su 180 Paesi nell’indice della libertà di stampa. L’unico crimine dell’Artsakh è il desiderio del suo popolo di esistere. Ora, l’Artsakh ha bisogno ancora una volta di noi per lottare per il suo diritto all’autodeterminazione e per la sua indipendenza. Non tacere. Sostieni l’Artsakh.

Josep Borrell, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e Vice Presidente della Commissione Europea, ancora una volta ha invitato le autorità azere a garantire la libera e sicura circolazione lungo il Corridoio di Lachin. Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, con questo “invito” ha fatto come con quelli ricevuti in precedenza: gettato nel cesso. Dopo 264 giorni dall’inizio del #ArtsakhBlockade, Aliyev continua ad intensificare la sua aggressività di fronte all’inazione degli Stati Uniti, dell’Unione Europea, del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e della comunità internazionale intera.

Ieri, tre soldati armeni sono stati uccisi e due feriti durante l’ennisima aggressione azera sul territorio sovrano della Repubblica di Armenia. Sempre ieri, il Generale Yaşar Güler, Ministro della Difesa turco, in precedenza dal 2018 al 2023 Capo di stato maggiore delle forze armate turche, ha dichiarato che la Turchia – membro della NATO – continua a sostenere la “lotta legittima” dell’Azerbajgian.

Nuovi bombardamenti azeri con droni e mortai, morti e feriti soldati armeniIl comportamento aggressivo dell’Azerbajgian può ostacolare gli sforzi volti a stabilire una pace duratura e stabile nella regione, ha dichiarato il Ministero degli Esteri armeno

A seguito dell’ennesima violazione del cessate in fuoco da parte delle forze armate azere nella zona di Sotk nella regione Gegharkunik dell’Armenia, tre soldati armeni (Andranik Antonyan, Arsen Mkrtchyan e Vachagan Vardanyan) sono stati uccisi e due feriti. Le forze armate azere ieri hanno attaccato le postazioni armene dalle ore 07.50 con mortai e uso di droni. Il Nagorno Karabakh Observer ritiene che possa essere stato un altro tentativo di incursione da parte delle truppe azere per raggiungere le ultime alture di confine rimaste.

Il Ministero degli Esteri dell’Armenia ha condannato l’aggressione dell’Azerbajgian alle posizioni armene a Sotk e Norabak nella regione di Gegharkunik, sottolineando che il comportamento aggressivo dell’Azerbajgian può ostacolare gli sforzi per stabilire una pace duratura e stabile nella regione.

Nella dichiarazione rilasciata dal Ministero degli Esteri della Repubblica di Armeni si legge: «Il 1° settembre, le forze armate dell’Azerbajgian hanno aperto il fuoco in direzione delle posizioni armene a Sotk e Norabak nella regione di Gegharkunik della Repubblica di Armenia, a seguito del quale la parte armena ha subito 4 vittime e 1 ferito [successivamente corretto in 3 vittime e 2 feriti]. Le forze armate azere hanno utilizzato mortai e droni.
In questi tempi, la Repubblica di Armenia ha ripetutamente avvertito che l’Azerbajgian, con l’obiettivo di effettuare operazioni militari pre-pianificate, sta diffondendo intenzionalmente e sistematicamente disinformazione.
Le violazioni contro l’integrità territoriale dell’Armenia, che si uniscono alle dichiarazioni e alla retorica bellicosa fatte regolarmente dalla parte azera a vari livelli e in vari media statali sulle ambizioni per i territori sovrani della Repubblica di Armenia, fanno parte dell’azione aggressiva di Baku e della politica di risoluzione delle questioni esistenti attraverso l’uso della forza e la minaccia della forza, imponendo la propria volontà.
Di fronte agli appelli e alle crescenti pressioni per revocare il blocco illegale del Corridoio di Lachin, questa provocazione dell’Azerbajgian mira anche a distrarre l’attenzione della comunità internazionale e ad impedire l’adempimento dei suoi obblighi.
Condanniamo fermamente il comportamento aggressivo dell’Azerbajgian, che è accompagnato dall’assedio di fatto del popolo del Nagorno-Karabakh attraverso il blocco illegale del Corridoio di Lachin che dura da più di 8 mesi, e può seriamente ostacolare gli sforzi volti a stabilire stabilità e pace duratura nella regione. La Repubblica di Armenia riafferma la sua posizione di principio secondo cui tutte le unità delle forze armate dell’Azerbajgian devono essere ritirate dal territorio sovrano dell’Armenia.
Chiediamo alla comunità internazionale e agli attori interessati ad una reale stabilità nella regione di utilizzare i meccanismi esistenti e di frenare, attraverso passi chiari ed efficaci, il comportamento sempre più fanatico dell’Azerbajgian, al fine di prevenire un ulteriore inasprimento della situazione e riportare l’Azerbajgian da una situazione di stallo in campo costruttivo».

Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha pubblicato un video che dimostra inequivocabilmente la concentrazione di risorse aggiuntive da parte delle forze armate azere prima del nuovo attacco nell’area di Sotk. Precedentemente il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian come al solito aveva smentito le informazioni riportate dal Ministero della Difesa dell’Armenia.

Nel contempo i media statali dell’Azerbajgian pubblicano filmati di droni da ricognizione militare per monitorare i manifestanti civili che bloccano la strada Akna (Aghdam)-Stepanakert sul lato dell’Artsakh, quindi, violando l’accordo trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, invadendo lo spazio aereo dell’Artsakh.

Dichiarazione del Consiglio Spirituale Supremo della Chiesa Apostolica Armena, 1° settembre 2023
L’Azerbajgian mira a distruggere lo Stato armeno
Respinta la posizione delle autorità armene riguardo al riconoscimento dell’Artsakh come parte dell’Azerbajgian

Dal 28 al 31 agosto 2023, presso la Santa Sede di  Etchmiadsin, sotto la presidenza di Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni, si è tenuta la riunione del Consiglio Spirituale Supremo.

È stato notato con grande preoccupazione che, approfittando della tesa situazione internazionale, le autorità dell’Azerbajgian, nell’ambito della politica statale adottata, stanno cercando non solo di occupare l’Artsakh, ma anche i territori sovrani della Repubblica di Armenia. In questo contesto si è fatto riferimento al blocco totale dell’Artsakh a seguito del blocco del Corridoio di Berdzor e all’oppressione disumana e agli atti genocidi contro gli Armeni dell’Artsakh, a seguito dei quali tutte le sfere della vita del Paese sono state sconvolte. Sono stati inoltre presentati i passi e le azioni avviate dalle autorità azerbajgiane volte alla distruzione e all’appropriazione delle tracce etniche armene.

A seguito delle discussioni sui rapporti presentati, il Consiglio Spirituale Supremo della Chiesa Apostolica Armena ha rilasciato una dichiarazione sulle sfide che l’Armenia e l’Artsakh devono affrontare, rilevando che la situazione attuale è estremamente preoccupante:

«Il Consiglio Spirituale Supremo, riferendosi alle sfide ontologiche che la Patria deve affrontare e alla situazione creatasi di conseguenza nelle Repubbliche di Armenia e Artsakh, rileva che l’attuale situazione della vita domestica è estremamente preoccupante.
La retorica utilizzata dalle autorità azerbajgiane, così come le iniziative intraprese, rendono evidente che queste ultime hanno prese di mira non solo la Repubblica di Artsakh, ma anche addottato la politica di occupazione dei territori sovrani della Repubblica di Armenia, distruggendo le tracce di identità etniche e patrimonio armeno, con l’obiettivo di distruggere lo Stato armeno.
L’Azerbajgian non solo non ferma il blocco dell’Artsakh, ma continua anche ad attuare la sua politica genocida con nuove manifestazioni di ostilità e violenza.
L’intera macchina statale e di propaganda pubblica dell’Azerbajgian è impegnata nella diffusione di informazioni false e inventate contro lo Stato armeno e l’intero popolo armeno su ampie piattaforme pubbliche attraverso tesi antistoriche.
Le reazioni e i comportamenti sproporzionati delle autorità armene sono più che preoccupanti per gli sviluppi complessi e pericolosi. Viene respinta la posizione delle autorità armene riguardo al riconoscimento dell’Artsakh come parte dell’Azerbajgian, che non ha alcuna giustificazione morale, legale e di sicurezza e non corrisponde assolutamente alle aspettative collettive e agli interessi nazionali del nostro popolo. La sovranità e l’integrità territoriale dell’Armenia non sono negoziabili, il diritto all’autodeterminazione realizzato dal referendum del popolo dell’Artsakh è indiscutibile.
Il Consiglio Spirituale Supremo apprezza molto gli sforzi compiuti dalle istituzioni internazionali per una soluzione del problema dell’Artsakh. Tuttavia, nel contesto delle minacce immediate che affliggono gli armeni dell’Artsakh, i passi e le iniziative attuate dalle strutture internazionali, purtroppo, continuano ad essere inadeguati.
Per superare le sfide ontologiche che la madrepatria deve affrontare, le autorità della Repubblica di Armenia sono obbligate ad adottare misure che consolideranno tutto il potenziale e le capacità delle strutture nazionali, politiche e pubbliche in Armenia, in Artsakh e nella diaspora. La Patria è tutta nostra, lo Stato armeno è la sacra reliquia di ogni armeno.
In vista della Festa della Repubblica di Artsakh, il 2 settembre, il Consiglio Spirituale Supremo sostiene il coraggioso popolo dell’Artsakh nella sua eroica lotta per una vita libera, indipendente e dignitosa nella loro patria.
L’appello del Consiglio Spirituale Supremo è rivolto al nostro popolo a valutare con sobrietà la situazione nel Paese, scrollarsi di dosso l’indifferenza, assumersi la responsabilità della madrepatria e diventare ovunque partecipante e sostenitore dei programmi e delle misure volte a proteggere l’indipendenza dell’Artsakh.
Abbiamo forte fiducia che con piena responsabilità davanti a Dio e alle generazioni e con lo spirito coraggioso e la resistenza dei nostri antenati, saremo in grado di superare le sfide più difficili che ci sono state assegnate.
Che Dio benedica la terra natia e il popolo armeno».

Il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian fa parte di una più ampia campagna genocida contro gli Armeni etnici dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh

Per comprendere questo concetto, la Rete Universitaria per i Diritti Umani degli USA ha pubblicato La punta dell’iceberg. Documento informativo sul Nagorno-Karabakh [QUI].

Mentre il mondo condanna il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian, non dobbiamo perdere di vista la minaccia più profonda che alimenta la catastrofe umanitaria: la pulizia etnica su vasta scala e il potenziale genocidio degli Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh e in alcune parti dell’Armenia.

La Rete Universitaria per i Diritti Umani, in collaborazione con studenti, avvocati e accademici della Harvard Law School Advocates for Human Rights, del Promise Institute for Human Rights dell’UCLA, della Wesleyan University e del Lowenstein Project di Yale, hanno condotto due viaggi conoscitivi nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh e quattro in Armenia tra marzo 2022 e luglio 2023.
Sono state documentate le atrocità perpetrate dalle forze armate azere contro gli Armeni durante la guerra dei 44 giorni nel Nagorno-Karabakh nel 2020, dopo il cessate il fuoco, durante gli attacchi del 2022 nella sovrana Armenia, nonché in tempi di relativa pace. Tra questi figurano le uccisioni extragiudiziali di civili, compresi anziani e disabili; sparizione forzata delle truppe armene; tortura e trattamento crudele, inumano o degradante dei prigionieri di guerra; minacce di morte, intimidazioni e molestie nei confronti dei residenti delle comunità di confine; e restrizioni potenzialmente letali alla libertà di movimento e all’accesso alle infrastrutture vitali.
I risultati si basano su dozzine di testimonianze di prima mano di sfollati forzati, famiglie di soldati dispersi o scomparsi con la forza, famiglie di vittime di esecuzioni extragiudiziali, prigionieri di guerra rimpatriati e attuali residenti del Nagorno-Karabakh e delle comunità di confine in Armenia. La maggior parte dei nomi sono stati modificati per proteggere la privacy delle vittime e delle famiglie.

La Santa Sede di Etchmiadzin della Chiesa Apostolica Armena.

È triste costatare che la canzone Sono caduti di Charles Aznavour, scritta per rendere omaggio alle vittime del genocidio armeno, sia più che attuale oggi… 108 anni dopo, nella Repubblica di Artsakh assediata da quasi nove mesi dal regime autocratico di Ilham Aliyev dell’Azerbajgian. Ecco la traduzione italiana:

«Sono caduti senza sapere davvero il perché,
Uomini, donne e bambini che volevano solo vivere,
Con movimenti pesanti come fossero ubriachi.
Mutilati, massacrati, con gli occhi aperti per lo spavento,
Sono caduti invocando il loro Dio,
Sulla soglia della loro chiesa o sull’uscio di casa.
Come greggi del deserto, barcollando insieme,
Atterrati da sete, fame, ferro, fuoco.
Nessuno ha alzato la sua voce in un mondo euforico.
Mentre un popolo si dissolveva nel suo stesso sangue
L’Europa scopriva il jazz e la sua musica.
I lamenti delle trombe coprivano le grida dei bambini.
Sono caduti con pudore, senza far rumore,
A migliaia, a milioni, senza che il mondo muovesse un dito,
Diventando in un attimo minuscoli fiori rossi
Coperti da un vento di sabbia e poi dall’oblio.
Sono caduti con gli occhi pieni di sole,
Come un uccello in volo che una pallottola abbatte
E muore chissà dove senza lasciare traccia,
Ignorati, dimenticati nel loro sonno finale.
Sono caduti credendo ingenuamente
Che la fanciullezza dei loro figli sarebbe continuata,
Che un giorno avrebbero calpestato terre di speranza
In Paesi aperti, dagli uomini dalle mani tese.
Io sono di questa gente che dorme senza sepoltura,
Che ha scelto di morire senza abdicare alla propria fede,
Che non ha mai abbassato la testa sotto le ingiurie,
Che nonostante tutto sopravvive e non si lamenta.
Sono caduti per entrare nella notte
Eterna dei tempi, alla fine del loro coraggio.
La morte li ha colpiti senza chiedere loro l’età
Perché erano colpevoli di essere figli dell’Armenia!
»

Cibo, gas ed elettricità limitati non impediranno agli studenti dell’Artsakh di arrivare a scuola il primo giorno di scuola, 1° settembre 2023. 264 giorni di blocco da parte dell’Azerbajgian non spingeranno la nuova generazione di rinunciare ai propri diritti fondamentali all’istruzione (Foto di Arthur Karapetyan).

«Buon #GiornoDellaConoscenza da #ArtsakhBlockade! Contro ogni previsione, i bambini e i giovani dell’Artsakh non saranno privati del diritto a ricevere un’istruzione di qualità e a realizzare i propri sogni. Da ieri migliaia di studenti percorrono chilometri a piedi per raggiungere le loro scuole/università poiché non c’è né gas né benzina nell’Artsakh» (Irina Safaryan).

«Nozze. Nel frattempo a Stepanakert» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Artsakh email). Nonostante tutto, la vita continua in Artsakh.

Come annunciato ieri [QUI] Il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, si è dimesso oggi. Sopra la comunicazione ufficiale in lingua armena delle sue dimissioni.

Mentre Josep Borrell, da parte della Commissione Europea, assume ancora una posizione corretta anche se inefficace, il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha ribadito la sua linea di portavoce della politica dell’Azerbajgian che mira all’integrazione dell’Artsakh in Azerbajgian – con “gli stessi diritti degli Azeri”, quindi nullo – e la negazione del diritto all’autodeterminazione del popolo armeno dell’Artsakh. Michel ha riproposto “un approccio graduale che garantirebbe la piena operatività del Corridoio di Lachin, seguita dall’apertura della strada di Aghdam”. A parte del fatto che questa posizione è in aperta sfida alla decisione vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia della Nazioni Unite che ha ordinato all’Azerbajgian di aprire immediatamente il Corridoio di Lachin, garantendo il traffico di persone, merce e veicoli in ambedue le direzioni senza ostacoli, l’apertura della strada di Aghdam significa l’inizio dell’integrazione degli Armeni dell’Artsakh in Azerbajgian.

Il gabinetto del Presidente del Consiglio Europeo ha rilasciato una dichiarazione sulla posizione di Charles Michel in riferimento alle relazioni armeno-azerbajgian, alla situazione nel Nagorno-Karabakh e al blocco del Corridoio di Lachin. Preoccupante il riferimento a Toivo Klaar, che ogni volta che esce dallo stato di ibernazione, combina guai se non si limita a prendere il caffè a Stepanakert o il the a Baku. Inoltre, che questa coppia malefica si è »concentrati in via prioritaria sulla situazione umanitaria degli Armeni del Karabakh» è un segno di allarme per il popolo dell’Artsakh, come se può dedurre dal comunicato emesso, che riportiamo nella nostra traduzione italiana dall’inglese:

«Il Presidente Michel ha continuato a impegnarsi attivamente nel promuovere il processo di normalizzazione delle relazioni armeno-azerbajgiani. Nelle ultime settimane i suoi sforzi, con il sostegno del Rappresentante Speciale per il Caucaso meridionale dell’Unione Europea, Toivo Klaar, si sono concentrati in via prioritaria sulla situazione umanitaria degli Armeni del Karabakh.
Il Rappresentante Speciale per il Caucaso meridionale dell’Unione Europea, Klaar, e la squadra del Presidente Michel sono stati in stretto contatto con i rappresentanti di Baku, Yerevan e Karabakh per elaborare una soluzione per sbloccare l’ingresso.
Attualmente la situazione umanitaria sul campo si sta rapidamente deteriorando. sono indispensabili misure per rispondere ai bisogni della popolazione locale.
Il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha proposto un approccio graduale che garantirebbe il pieno sfruttamento del Corridoio Lachin, e quindi l’apertura della strada di Aghdam.
Questa sequenza di passaggi e il tipo di carico che verrà consegnato attraverso ciascuna di queste rotte, nonché le procedure che seguono, sono stati al centro di recenti discussioni.
L’Unione Europea è fermamente convinta che il Corridoio di Lachin debba essere sbloccato conformemente agli accordi precedenti e alla sentenza della Corte internazionale di Giustizia, e rileva che l’utilizzo della strada di Aghdam per gli approvvigionamenti può essere parte di una soluzione chiara e sostenibile per far fronte alle emergenze urgenti e quotidiane bisogni di oggi. Le discussioni su questi elementi sono iniziate dopo l’ultimo incontro dei leader tenutosi a Brussel il 15 luglio 2023.
L’Unione Europea ha inoltre sottolineato che Baku dovrebbe chiarire le procedure per il movimento degli Armeni del Karabakh attraverso il Corridoio di Lachin verso l’Armenia e ritorno.
Allo stesso tempo, le discussioni si sono concentrate anche sul ripristino tempestivo delle forniture di elettricità e gas per gli Armeni del Karabakh.
Al di là della situazione attuale, l’Unione Europea ha sottolineato la necessità di affrontare l’eredità di questo conflitto per facilitare una soluzione sostenibile a lungo termine.
Fondamentale sarà in questo senso il dialogo tra Baku e i rappresentanti degli armeni che vivono nell’ex Regione Autonoma di Nagorno-Karabakh. I diritti e la sicurezza degli Armeni del Karabakh devono essere garantiti e le discussioni sui metodi concreti devono essere avviate quanto prima possibile.
Il dialogo tra Baku e gli Armeni del Karabakh dovrebbe rafforzare la fiducia e la buona fede. A tal fine, l’Unione Europea ha presentato diverse proposte di sostegno internazionale a questo processo, nonché di coinvolgimento sul campo per sostenere l’attuazione degli accordi raggiunti.
Tutti gli sforzi sopra menzionati hanno un solo obiettivo: garantire la soluzione irreversibile delle relazioni tra Baku e Yerevan a beneficio di tutte le popolazioni locali. Ora è il momento di soluzioni di compromesso coraggiose, vista anche l’escalation odierna.
In relazione a questi sforzi, l’Unione Europea ha mantenuto regolari contatti personali e scambi di opinioni con altri attori internazionali per affrontare al meglio l’attuale situazione instabile».

Questa è una dichiarazione, con cui Michel e Klaar si sono superati nell’indecenza e che può essere definita con una parola sola: oscena.

È osceno che nella stessa dichiarazione viene fatto riferimento all’ordine univoco della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e «che Baku dovrebbe chiarire le procedure per il movimento degli Armeni del Karabakh attraverso il Corridoio di Lachin verso l’Armenia e ritorno». A parte del fatto che Michel e Klaar sposano la fraseologia di Aliyev sul “Karabakh”, Baku non ha da chiarire nessuna procedura: deve senza alcuna condizione uscire immediatamente dal Corridoio di Lachin che è territorio dell’Artsakh sotto controllo delle forze di mantenimento della pace russe, secondo la Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, firmata dal Presidente dell’Azerbajgian.

È osceno promuovere l’insistenza di Baku dell’uso la strada di Aghdam dall’Azerbajgian per rifornire la popolazione dell’Artsakh che è tenuto sotto blocco da 265 giorno dallo stesso Azerbajgian, condannandola alla fame. Michel e Klaar sostengono il carnefice nella falsa mossa “umanitaria-filantropica” di voler aiutare la vittima.

«È inaccettabile equiparare il Corridoio di Lachin a qualsiasi altra strada» (Sergey Khazaryan, Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh).

Europeans for Artsakh organizza una mobilitazione domenica 1° ottobre 2023 a Brussel per il blocco dell’Artsakh

Europeans for Artsakh [QUI] è un movimento europeo di sostegno all’Artsakh composto da 500 organizzazioni provenienti da 17 Paesi, con la partecipazione delle rappresentanze dell’Artsakh in Europa, che si sono unite per denunciare insieme le attuali condizioni in cui si trova condannato l’Artsakh.

Il Movimento Europeans for Artsakh organizza il 1° ottobre 2023 a Brussel un grande raduno che dovrebbe riunire i rappresentanti di tutte le comunità armene in Europa. L’obiettivo di questo incontro è mostrare al popolo dell’Artsakh che non è solo e chiedere ai leader europei misure concrete per revocare il blocco dell’Artsakh e porre fine al genocidio che si sta verificando lì da parte dell’Azerbajgian.
Durante questo incontro, gli studenti delle scuole armene di Ile de France, Belgio, Germania e Paesi Bassi eseguiranno gli inni nazionali dell’Armenia e dell’Artsakh e un’altra canzone armena.

Il conflitto del Nagorno-Karabakh non è una disputa territoriale e la complicità russa-azerbajgiana

«Il Goebbels russo, Dmitry Kiselyov, il famigerato propagandista della guerra fascista contro l’Ucraina, ha fatto una dichiarazione assurda. Ha detto che la sospensione delle trasmissioni della Sputnik Radio nel Nagorno-Karabakh è collegata alla dichiarazione del Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, il quale ha affermato che Erevan è pronta a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian e a fissare il territorio dell’Armenia entro i confini del 1991.
Il Direttore generale del gruppo mediatico Россия сегодня (La Russia oggi) ha scritto questa risposta in una lettera a Konstantin Zatulin, Primo Vicepresidente del Comitato per gli affari della CSI e l’integrazione eurasiatica della Duma di Stato russa. Zatulin ha invitato il gruppo mediatico Россия Сегодня a riconsiderare “la decisione di interrompere le trasmissioni” in Nagorno-Karabakh.
Kiselyov in una lettera a Zatulin scrive: “Qualche tempo fa, il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan ha annunciato che per raggiungere la pace, Yerevan è pronta a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian e a fissare il territorio dell’Armenia secondo i confini del 1991. Partiamo da questa affermazione e crediamo che, senza l’approvazione degli organi regolatori dell’Azerbajgian, continuare a ritrasmettere la nostra programmazione nel territorio del Karabakh metta in dubbio la sincerità delle relazioni da parte di Mosca e sia irto di complicazione delle relazioni interstatali dei nostri Paesi”.
Penso che la Russia abbia smesso di trasmettere la radio Sputnik in Artsakh sotto la coercizione dell’Azerbajgian. E poiché il Cremlino non osa dichiarare di aver assecondato le richieste e aver ceduto alle pressioni di Baku, e di aver avuto paura degli azerbajgiani, attribuisce la colpa all’Armenia. Conosciamo tutti l’inganno russo e non vedo la necessità di ulteriori giustificazioni.
Se prima gli Americani e gli Ucraini venivano accusati dai Russi di tutti i problemi, ora è l’Armenia. Mosca incolpa anche l’Armenia per l’inazione criminale delle forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno Karabakh.
Ma considera il livello di assurdità e infantilismo russo. È stata la Russia a riconoscere il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian. Immediatamente dopo la guerra dei 44 giorni nel 2020, Vladimir Putin ha rilasciato due dichiarazioni pubbliche riconoscendo il Nagorno-Karabakh come territorio azerbajgiano secondo le norme del diritto internazionale.
Inoltre, il 22 febbraio 2022, appena due giorni prima dell’attacco all’Ucraina, la Russia ha firmato un’alleanza strategica e militare con l’Azerbajgian. In questa dichiarazione firmata da Putin e dall’Azerbajgian si afferma il riconoscimento da parte della Russia dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian.
Inoltre, sia la Russia che l’Azerbajgian si sono reciprocamente riconosciuti l’integrità territoriale con l’accordo di Alma-Ata del 1991 che istituisce la CSI. Gli ex confini amministrativi dell’URSS sono diventati confini statali, il che significa che la Russia ha accettato il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian già nel 1991.
Durante i 35 anni del conflitto del Nagorno-Karabakh, la Russia non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Nagorno-Karabakh. In altre parole, la Russia non ha mai affermato che il Nagorno-Karabakh non è territorio azerbajgiano.
La Russia può riconoscere l’indipendenza del Nagorno-Karabakh o come parte dell’Armenia e chiedere all’Armenia il permesso di trasmettere la Radio Sputnik. Chi sta interferendo?
Dato che la Russia riconosce il Nagorno-Karabakh come territorio azerbajgiano, come può giustificare la sospensione delle trasmissioni radiofoniche Sputnik nel Nagorno-Karabakh come conseguenza del riconoscimento da parte dell’Armenia dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian?
Se Dmitry Kiselyov vuole essere onesto, dato che la Russia considera il Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian, dovrebbe chiedere a Baku il permesso di riprendere le trasmissioni.
Penso che probabilmente l’Azerbajgian abbia già proibito a Kiselyov di trasmettere quel contenuto radiofonico nel Nagorno-Karabakh.
In pratica, gli Armeni del Nagorno-Karabakh sono stati risparmiati dai contenuti radiofonici russi e non saranno più vittime del sabotaggio informativo russo.
È giunto il momento che le autorità armene interrompano le trasmissioni di tutte le stazioni televisive e radiofoniche russe nel territorio dell’Armenia. Trasmettere propaganda fascista e malata russa nel territorio sovrano armeno è un crimine e un disonore nei confronti dei cittadini armeni.
Il criminale accusa le vittime.
Questa è una storia sulla politica mafiosa della Russia contro l’Armenia. La Russia, artefice del genocidio in Ucraina, sostiene la politica dell’Azerbajgian di sottoporre il Nagorno-Karabakh alla pulizia etnica e al genocidio. Ora presenterò i fatti che dimostrano la complicità del Cremlino. Ho deciso di dichiarare questi fatti dopo aver letto le accuse false e immorali del Ministero degli Esteri russo contro l’Armenia.
Zakharova, Portavoce di Lavrov, accusa l’Armenia di aver condannato alla fame 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh.
La Russia afferma che “la situazione creata nel Corridoio di Lachin è una conseguenza del riconoscimento da parte dell’Armenia dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian. Riteniamo inappropriato, sbagliato e ingiusto attribuire la responsabilità alle forze di mantenimento della pace della Federazione Russa”, ha detto Zakharova.
Ho letto anche che Ani Badalyan, Portavoce del Ministero degli Esteri armeno, ha accusato Zakharova di distorcere e complicare la situazione. In effetti, il conflitto del Nagorno-Karabakh non è una disputa territoriale. L’Armenia non ha mai chiesto all’Azerbajgian di cedergli parte del suo territorio. Negli anni ’90, l’Azerbaigian iniziò una brutale guerra contro gli Armeni del Nagorno-Karabakh che difendevano il diritto all’autodeterminazione.
Gli Armeni furono costretti a difendersi entrando in guerra. L’Azerbajgian non è stato e non sarà in grado di garantire la sicurezza e i diritti degli Armeni del Nagorno-Karabakh; al contrario, ora sta commettendo un genocidio. Ecco perché gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh devono avere un esercito di difesa per non essere massacrati dall’Azerbajgian.
Mi chiedo se in Azerbajgian siano consapevoli che la Russia, il loro alleato strategico, accusa l’Armenia di non avanzare rivendicazioni territoriali all’Azerbajgian; al contrario, l’Armenia ha riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian. La Russia accusa l’Armenia di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbaigian, ma Vladimir Putin ha firmato una dichiarazione di alleanza strategica con l’Azerbaigian il 22 febbraio 2022, riconoscendo l’integrità territoriale dell’Azerbajgian.
Dopo la guerra dei 44 giorni del 2020, Vladimir Putin ha annunciato due volte che il Nagorno-Karabakh è territorio dell’Azerbajgian secondo le norme del diritto internazionale.
Com’è possibile che il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian da parte dell’Armenia ostacoli la Russia, ma il riconoscimento di Putin no? In altre parole, per Vladimir Putin la parola di Nikol Pashinyan è più importante della sua? Il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian non ha impedito alla Russia di inviare forze di mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh e di dichiarare che ciò era stato fatto per garantire la sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh.
Semplicemente, la Russia rifiuta i suoi obblighi di sicurezza nei confronti degli Armeni del Nagorno-Karabakh e attribuisce prematuramente all’Armenia la colpa del genocidio da parte dell’Azerbajgian. Questo è un totale inganno russo. Il riconoscimento da parte dell’Armenia dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian non può cambiare lo status delle forze di mantenimento della pace russe, poiché esiste una Dichiarazione del 9 novembre 2020 in cui si afferma che il Corridoio di Lachin dovrebbe essere sotto il controllo russo.
Potrei terminare qui, ma desidero presentare l’intera portata del crimine russo contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh.
Il 13 settembre 2022, l’Azerbajgian ha attaccato e occupato i territori sovrani dell’Armenia, dichiarando di non riconoscere l’integrità territoriale dell’Armenia, perché neanche l’Armenia riconosce l’integrità territoriale dell’Azerbajgian.
L’Armenia, sottoposta al sabotaggio militare da parte dell’Azerbajgian, non ha ricevuto il sostegno militare della Russia e dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) per affrontare il nemico. In Armenia sono stati schierati osservatori dell’Unione Europea. Successivamente gli attacchi su larga scala dell’Azerbajgian furono fermati. Se la Russia non avesse voluto che l’Armenia riconoscesse l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, avrebbe dovuto sostenere l’Armenia con la forza militare per resistere all’aggressione dell’Azerbajgian. L’Armenia non poteva contare su uno scontro militare con l’Azerbajgian ed è stata costretta a riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian.
Nel dicembre 2020, quando l’Armenia non ha riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, in condizioni di inazione criminale da parte delle forze di mantenimento della pace russe, l’Azerbajgian ha occupato i villaggi di Hin Tagher, Khtsaberd e Pharukh del Nagorno-Karabakh e le alture di Martakert. Poi, in collaborazione con la Russia, l’Azerbajgian ha occupato le alture armene dell’autostrada Stepanakert-Goris, mettendo in pericolo il Corridoio di Lachin.
Con il consenso della Russia, l’Azerbajgian ha chiuso il Corridoio di Lachin attraverso false azioni ambientali. Le forze di mantenimento della pace russe, invece di aprire il Corridoio di Lachin, lo hanno chiuso insieme agli Azeri e hanno assistito alle partite della Coppa del mondo di calcio. Le forze di pace russe si sono rifiutate di aprire il Corridoio di Lachin, non adempiendo ai loro compiti di sicurezza. Quindi, l’Azerbajgian, in collaborazione con la Russia, ha istituito un posto di blocco illegale nel Corridoio di Lachin.
I militari russi e azeri hanno posizionato una bandiera azera sul ponte di Hakari, che è il territorio dell’Armenia» (Robert Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Per il giorno della festa della Repubblica di Artsakh
2 settembre 1991-2 settembre 2023

«(…) E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov’è il suono
Di que’ popoli antichi? or dov’è il grido
De’ nostri avi famosi, e il grande impero (…)
Un canto che s’udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core
»

(Giacomo Leopardi, Canto XIII, La seta del dì di festa).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]


[Korazym.org/Blog dell’Editore, 02.09.2023 – Vik van Brantegem] – L’Unione Europea ostinatamente incorreggibile. Peter Stano, Portavoce dell’Ufficio per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea, ha osservato che l’Unione Europea si rammarica degli “scontri avvenuti al confine tra Armenia e Azerbajgian”, che hanno provocato vittime e feriti. Al riguardo ha scritto in un post sul suo account Twitter: «Invitiamo le parti a evitare ulteriori scontri e a riprendere il dialogo». Gli “scontri” erano bombardamenti con mortai e droni dell’Azerbajgian, non “al confine” ma oltre il confino in territorio sovrano dell’Armenia. L’invito a “le parti” è osceno, perché non indica l’aggressore (l’Azerbajgian) mettendolo allo stesso piano della vittima (l’Armenia).

Domanda: ma cosa sta a fare la Missione di Monitoraggio dell’Unione Europea in Armenia, a parte di soggiornare in albergo a nostra spesa e fare prima colazione/spuntino/pranzo/spuntino/cena nei ristoranti scelti durante il giorno, secondo il programma di cui è stato informato l’Azerbajgian una settimana prima?

Il Ministero della Difesa dell’Armenia dichiara che l’Azerbajgian sta preparando una base informativa per continuare la provocazione

Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha rilasciato una dichiarazione affermando che il messaggio diffuso dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian secondo cui le unità delle forze armate il 2 settembre intorno alle ore 11.00 avrebbero aperto il fuoco con un mortaio in direzione delle posizioni azere situate nella zona orientale di confine, è un’altra disinformazione. Secondo il Ministero della Difesa armeno l’Azerbaigian sta preparando una base informativa per continuare la provocazione.

La Russia sta cercando di attribuire all’Armeniai la colpa della sua inerzia e incompetenza

Alen Simonyan, il Presidente dell’Assemblea nazionale dell’Armenia, in onda sulla televisione pubblica armena ha detto: «La Russia sta cercando di incolpare la parte armena della propria inerzia e incapacità di portare avanti le azioni».

Simonyan ha osservato che il Presidente della Russia ha affermato che il Nagorno-Karabakh era ed è una parte inseparabile dell’Azerbajgian. C’è anche la dichiarazione del 9 novembre 2020, in cui si firma che il Corridoio di Lachin è sotto il controllo della Russia, ora la domanda è: dov’è il Corridoio di Lachin?, ha chiesto Simonyan

Secondo Simonyan, il problema con il comportamento della Russia è che ora si trova in una guerra complicata e ha molti interessi economici che provengono dalla Turchia: «Gli interessi della Turchia e della Russia sono oggi ai massimi livelli. Oggi Turchia e Azerbajgian aiutano la Russia ad aggirare le sanzioni. E quello che abbiamo detto è questo: se hai degli obblighi, adempili. Invece di dire, hai annunciato qualcosa. Non accusate il governo [armeno] di schierarsi da nessuna parte, stiamo solo promuovendo gli interessi armeni. Oggi abbiamo una situazione in cui l’Armenia è sola con i suoi problemi. Anche l’Occidente aiuta nella misura in cui fa valere i propri interessi».

«Ci sarà una competizione geopolitica per condurre i negoziati Stepanakert-Baku»

Riportiamo di seguito l’intervista a Shahan Gantaharyan, studioso internazionale, con Radar Armenia, nella nostra traduzione italiana:

Radar Armenia: Il Presidente dell’Artsakh, Arayik Harutyunyan, e il Ministro di Stato si sono dimessi. Sergey Shahramanian è stato nominato nuovo Ministro di stato. Che effetto possono avere questi cambiamenti sulla situazione nell’Artsakh?
Shahan Gantahryan: Delle dimissioni del Presidente dell’Artsakh si parla da tempo, anche in ambienti semi-ufficiali. Penso che il fenomeno sia causato dal cambiamento generale dei capi delle istituzioni statali e non solo dalle dimissioni del Presidente. Cambiano infatti il Presidente dell’Assemblea Nazionale, il Ministro di Stato e il Presidente della Repubblica. È interessante notare che il cambiamento dei capi delle istituzioni statali non è dovuto al cambiamento del panorama parlamentare. La cosa positiva è che i processi procedono per consenso. Anche gli ex Presidenti sono coinvolti nelle consultazioni e nei processi decisionali. La parte più importante della dichiarazione di dimissioni del Presidente è che si dimette per mantenere la presenza e la solidarietà dell’Artsakh. In effetti, esiste una coscienza pan-Artsakh, che la divisione interno non farà altro che aiutare i piani dell’Azerbajgian. C’è anche uno sforzo particolare per non creare una crisi costituzionale e per preservare la legittimità delle istituzioni statali.

Si aspetta cambiamenti in termini di posizione dell’Artsakh?
Non credo che si registreranno grandi cambiamenti. Si sta preparando l’inizio dei negoziati Stepanakert-Baku e qui l’interesse geopolitico è già visibile. Da un lato Mosca cercherà di mantenere nelle sue mani il timone di un formato puramente tripartito, dall’altro la comunità internazionale vorrebbe discutere in modo coerente il coinvolgimento degli strumenti internazionali in questi negoziati.

La parte americana insiste affinché i rappresentanti di Baku e Stepanakert si incontrino. Baku risponde che ne tengono conto, poi aggiunge che la questione ha sfumature politiche. La situazione creatasi nell’Artsakh è un problema umanitario o politico?
Baku accetterà di negoziare con Stepanakert solo secondo la sua agenda. L’approccio pre-condizionale di Baku è chiaro. Non ha fretta di rispondere alla proposta degli Stati Uniti, perché è contrario al coinvolgimento di qualsiasi formato internazionale, d’altro canto, tiene conto della politica di non fare alcun passo contro Mosca. I partiti sono davvero su una linea molto sottile. Ci sarà una competizione geopolitica per condurre i negoziati Stepanakert-Baku. E in questo senso non credo che il gioco si svolgerà secondo le sole regole azerbajgiane.

Vede un collegamento tra le dimissioni del Presidente dell’Artsakh, il cambio del Capo delle forze di mantenimento della pace russe e l’incontro Putin-Erdoğan del 4 settembre?
Chi è alla guida di Stepanakert non può ignorare in queste condizioni il fattore russo. E il Capo delle forze di mantenimento della pace russe deve attuare le decisioni prese dalla leadership politico-militare di Mosca. La dichiarazione di Erdoğan secondo cui la missione di mantenimento della pace scade tra due anni e mezzo, e Ankara spera che Mosca rispetti la sua promessa e lasci l’Artsakh, spingerà Mosca a rafforzare ulteriormente la sua posizione nell’Artsakh. Gli Stati Uniti faranno pressioni su Ankara affinché si allontani da Mosca. Per portare avanti i suoi accordi con la Russia, Ankara dovrà cercare di fare affari politici in diverse direzioni. Il promemoria della missione di mantenimento della pace russa fa parte da questi affari. In cambio, Mosca ricorda sulla strada per Damasco che le truppe turche devono lasciare i territori siriani. Tali ritardi continueranno.

L’Azerbajgian ha inviato carichi umanitari nell’Artsakh, dimostrando essenzialmente che esiste una crisi umanitaria nell’Artsakh. Come può essere utilizzato questo fatto per rendere il problema risolvibile?
Sapete, nonostante il fatto che l’Azerbajgian abbia vinto e abbia fretta di firmare accordi diplomatici, gli obiettivi desiderati non sono ancora stati raggiunti. La discussione sul Corridoio di Zangezur è andata oltre la retorica. La strada Aghdam-Stepanakert non funziona. Neanche la strada Nakhichevan-Azerbajgian. Non c’è accordo sull’agenda di demarcazione. L’accordo di pace non è stato ancora firmato. Tutti parlano del coinvolgimento delle superpotenze nella regione, dei punti di conflitto di interessi e, a causa di tutte queste circostanze, della mancanza di soluzioni. L’agenda dell’integrazione può essere ritardata come in altre direzioni.

Come interpreta l’attivazione della parte francese e soprattutto tedesca rispetto alla situazione nell’Artsakh?
L’attivazione di Francia, Germania e, in generale, di Brussel nella regione, in questo caso anche nell’Artsakh, tende a neutralizzare l’unicità del fattore russo. L’attivazione di tutti nella regione caucasica dovrebbe essere percepita con l’urgenza di progettare processi di controbilanciamento, di essere presenti e di formare sfere di influenza.

In occasione della festa della Repubblica di Artsakh, oggi a Stepanakert in cerimonie nella Cattedrale e presso il Memoriale dei Caduti è stato espresso un augurio repubblicano

Oggi, 2 settembre 2023, in occasione del giorno della dichiarazione della Repubblica di Nagorno-Karabakh, che poi ha assunto il nome di Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh), nella cattedrale Surb Astvatsamor Hovanu (della Santa Madre di Dio) della Chiesa Apostolica Armena a Stepanakert è stata celebrata una cerimonia di augurio della Repubblica, presieduta da Padre Andreas Tavadyan. È stata elevata una preghiera unitaria a Dio affinché mantenga incrollabile lo Stato della Repubblica di Artsakh, per la pace e il benessere del suo popolo.

“Nella nostra preghiera, abbiamo chiesto a Dio di mantenere incrollabile il nostro Stato. Questo è il nostro più grande desiderio e la nostra richiesta a Dio. Possa Dio ascoltare tutte le nostre preghiere e portare benedizioni al nostro popolo per superare queste difficili condizioni”, ha osservato Padre Andreas Tavadyan.

Alla cerimonia erano presenti il Presidente dell’Assemblea nazionale della Repubblica di Artsakh e Presidente ad interim, Davit Ishkhanyan; i tre ex Presidenti, Arayik Harutyunyan, Arkadi Ghukasyan e Bako Sahakyan; il Ministro di Stato, Samvel Shahramanyan; e altri Ministri e funzionari statali.

Quindi, il Presidente dell’Assemblea nazionale dell’Artsakh, Davit Ishkhanyan, i tre ex Presidenti Arayik Harutyunyan, Arkady Ghukasyan e Bako Sahakyan, altri ministri, funzionari statali e cittadini hanno fatto una marcia verso il Memoriale dei Caduti e hanno partecipato alla cerimonia commemorativa per rendere omaggio agli eroi morti per la difesa della madrepatria, mentre veniva eseguito l’inno nazionale, simbolo della Repubblica di Artsakh:

Artsakh libero ed indipendente
come una fortezza ti abbiamo costruito.
La storia del nostro Paese
abbiamo scritto con il sangue degli eroi.
Tu sei una fortezza inespugnabile,
una sacra vetta, un nobile nome.
Una benedizione divina ci rende eterni grazie a te.
Tu, la nostra patria che ci dà la luce,
terra, porta d’amore verso la Patria.
Vivi sempre in pace,
nostro vecchio e nuovo Karabakh.
Noi siamo coraggiosi discendenti di Haik
Come Mrav e Kirs e l’eterno Terter
con i nostri templi in alta montagna
manteniamo il nostro paese invincibile.

Il complesso fu edificato nel 1945 in onore dei 22.000 cittadini del Nagorno-Karabakh che avevano perso la vita nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Si caratterizza per un obelisco, situato al centro, alto 21 metri. Coloro che morirono furono sepolti in una fossa comune formata sulla collina opposta. Un’altra parte del complesso è una piscina a cascata con una fontana e sette sorgenti “piangenti” costruite nello stile dei monumenti armeni tradizionali e dell’arte ornamentale classica. Sui piedistalli di granito sono ritratti di soldati armeni-sovietici dell’Armata Rossa che sono stati onorati come Eroi dell’Unione Sovietica. La parte più recente del complesso è un cimitero in cui sono sepolti i veterani della Guerra del Nagorno Karabakh. Tutte le cerimonie civili di commemorazione si tengono al complesso di Stepanakert.

Qui, il 20 febbraio 1988, si svolse una grande manifestazione del Movimento dell’Artsakh. Quel giorno – alla luce delle riforme dell’Unione Sovietica di perestrojka (riforma economica) e glasnost (o apertura, una libertà concessa ai cittadini sovietici per manifestare dissenso circa il sistema comunista e il suo stesso leader) attuate da Michail Gorbaciov, salito al potere nel 1985 – il Soviet regionale del Oblast Autonomo di Nagorno-Karabakh decise di votare un testo al fine di unificare la regione autonoma con l’Armenia. Il Soviet del Nagorno-Karabakh lamentava il fatto che le scuole della regione non avevano libri di lingua armena e che il Segretario generale del Partito Communista azerbajgiano, Heydar Aliyev (futuro Presidente dell’Azerbajgian e padre dell’attuale) stava adottando delle misure politiche al fine di aumentare numericamente l’etnia azera nella regione del Nagorno-Karabakh. Nel 1988, infatti, la popolazione armena del Nagorno-Karabakh si era ridotta a quasi i tre quarti della popolazione totale.

La cerimonia commemorativa è stata presieduta da Padre Andreas Tavadyan.

Durante la cerimonia commemorativa è stato letto un messaggio del Vescovo Ter Vrtanes Abrahamyan, Primate della Chiesa Apostolica Armenia di Artsakh.

«C’è tra la gente la convinzione che non abbiamo ottenuto nulla in questi 30 anni, ma devo dire che non è così. Il 2 settembre 1991 simboleggia un risveglio nazionale. Anche oggi i tempi sono molto duri. Per noi è molto importante garantire la stabilità interna e pan-armena, e la stabilità pan-armena è l’unità pan-armena. Voglio innanzitutto congratularmi con il nostro popolo e poi augurare a tutti noi di renderci conto che la stabilità interna è molto importante per poter raggiungere i nostri obiettivi», ha affermato Davit Ishkhanyan, Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh.

Il Ministero degli Esteri dell’Artsakh esorta gli attori internazionali ad adottare misure urgenti per prevenire la privazione della popolazione
Il riconoscimento internazionale della Repubblica dell’Artsakh può diventare una delle garanzie importanti per prevenire la politica genocida contro il popolo dell’Artsakh

In occasione della giornata di commemorazione della dichiarazione di indipendenza della Repubblica di Artsakh, il Ministero degli Esteri dell’Artsakh ha rilasciato una dichiarazione che riportiamo nella nostra traduzione italiana:

«32 anni fa, il 2 settembre 1991, la sessione congiunta dei Consigli dei deputati del popolo della regione del Nagorno-Karabakh e della regione di Shahumyan proclamò la Repubblica di Nagorno-Karabakh.
Dal 5 luglio 1921, dal momento dell’annessione illegale all’Azerbajgian e durante tutta la sua permanenza nella Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian, la politica di apartheid e discriminazione condotta dall’Azerbajgian nel Nagorno-Karabakh divenne sempre più severa, si creò un’atmosfera di odio e intolleranza. nei confronti del popolo indigeno armeno, che ha portato a scontri armati e vittime umane e alla deportazione di massa di civili dai villaggi armeni.
Per impedire il corso distruttivo degli sviluppi, il popolo del Nagorno-Karabakh ha approfittato del diritto stabilito dall’allora Costituzione e dalle leggi dell’URSS, cioè delle disposizioni della legge del 3 aprile 1990 del Consiglio Supremo dell’URSS “Sul ritiro delle repubbliche federate dall’URSS”, secondo il quale “le repubbliche autonome e le entità autonome hanno il diritto di decidere autonomamente la questione della permanenza nell’URSS o della repubblica federata che ne esce, nonché di sollevare la questione del proprio status giuridico statale”.
L’indipendenza del Nagorno-Karabakh fu riaffermata dai risultati del referendum nazionale tenutosi il 10 dicembre dello stesso anno e il 6 gennaio 1992, con la dichiarazione di indipendenza adottata nella prima sessione del Consiglio Supremo dell’Oblast Autonomo di Nagorno-Karabakh.
Tre decenni dopo, l’Azerbajgian ha occupato una parte significativa del territorio della Repubblica di Artsakh a seguito di una guerra su vasta scala da degli stesso scatenata.
Puntando ad arrivare allo spopolamento definitivo dell’Artsakh, da dicembre 2022 ad oggi, da circa 9 mesi, l’Azerbajgian, ignorando le disposizioni della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, le decisioni giuridicamente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché i numerosi appelli della comunità internazionale, tengono sotto assedio totale le 120mila persone dell’Artsakh, privandole di tutti i diritti e di tutte le libertà fondamentali, creando delle condizioni di vita intollerabili e portandole alla fame.
Tenendo conto delle circostanze di cui sopra, nonché delle continue minacce e ritorsioni da parte delle autorità azerbajgiane nei confronti del popolo dell’Artsakh, il riconoscimento internazionale della Repubblica dell’Artsakh può diventare una delle garanzie importanti per prevenire la politica genocida contro il popolo dell’Artsakh.
Esprimendo gratitudine a tutti gli Armeni che hanno combattuto per il diritto all’autodeterminazione e alla libertà del popolo dell’Artsakh e inchinandoci alla memoria dei nostri eroi martirizzati nelle tre guerre dell’Artsakh, riaffermiamo che l’Artsakh era e rimane il nucleo dell’Armenia unità, proseguendo il cammino intrapreso e lottando per la nostra dignità.
Esortiamo tutti gli attori internazionali coinvolti nel processo di risoluzione del conflitto azerbajgiano-karabakh ad adottare misure urgenti ed efficaci per prevenire la pulizia etnica dell’Artsakh e l’espropriazione della sua popolazione indigena».

Il Ministro degli Interni dell’Artsakh afferma che la dura prova di oggi non ha lasciato altra scelta se non quella di continuare la lotta per il bene della Repubblica dell’Artsakh

Il Ministro degli Interni della Repubblica di Artsakh, Karen Sargsyan, ha rilasciato un messaggio in occasione del giorno della dichiarazione della Repubblica di Artsakh, che riportiamo nella nostra traduzione italiana:

«Nella storia recente dell’Artsakh, il 2 settembre è il giorno della dichiarazione della Repubblica di Artsakh.
Indipendentemente dalla complessa situazione geopolitica intorno alla nostra patria e dalla difficile situazione creata a seguito dell’assedio, questo giorno è il giorno dei sogni degli Armeni dell’Artsakh, fissato nel 1991 nella sessione congiunta dei consigli distrettuali di Nagorno-Karabakh e Shahumyan tenutasi a Stepanakert. Sono quindi trascorsi 32 anni da quando il sogno secolare del nostro popolo si è avverato.
La Repubblica di Artsakh è stata proclamata in un periodo difficile e apparentemente senza speranza per il nostro Paese. Il desiderio di avere una patria era grande, il prezzo per mantenere la propria indipendenza era alto.
Ancora oggi questo periodo difficile, che sembra infinito, è testimonianza eloquente del nostro sogno irrealizzabile.
Gloria e onore alla memoria degli eroi morti nelle battaglie per la difesa dell’Artsakh, gloria e onore ai devoti che proteggono la sicurezza della Patria e i diritti del nostro popolo.
32 anni fa credevamo nell’idea dell’indipendenza, il cui percorso era pieno di molti ostacoli. Ancora oggi, questa prova che ci ha afflitto, le privazioni e la situazione catastrofica, non ci ha lasciato altra scelta se non quella di continuare la lotta per il bene della Repubblica di Artsakh, per la sua indipendenza e autodeterminazione.
Forza, resistenza e forte volontà per il nostro popolo».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Dichiarazione di Stepanakert in occasione del 32° anniversario della proclamazione della Repubblica dell’Artsakh (Notiziedaest 02.09.23)

Dichiarazione di Stepanakert in occasione del 32° anniversario della proclamazione della Repubblica dell’Artsakh. Di seguito è riportato il comunicato completo. “32 anni fa, il 2 settembre 1991,

Dichiarazione di Stepanakert in occasione del 32° anniversario della proclamazione della Repubblica dell’Artsakh. Il Ministero degli Esteri del Nagorno-Karabakh (Artsakh) ha rilasciato una dichiarazione il 2 settembre in occasione del 32° anniversario della proclamazione della Repubblica dell’Artsakh. Di seguito è riportato il comunicato completo. “32 anni fa, il 2 settembre 1991, una sessione congiunta dei Consigli dei deputati del popolo dell’Oblast autonomo del Nagorno Karabakh e della regione di Shahumyan proclamò la Repubblica del Nagorno Karabakh.

Dichiarazione di Stepanakert in occasione del 32° anniversario. A partire dal giorno della sottomissione illegale del Nagorno Karabakh all’Azerbaigian il 5 luglio 2021 e durante tutta la sua permanenza all’interno della SSR dell’Azerbaigian, la politica di apartheid e discriminazione si è intensificata nel Nagorno Karabakh, si è creata un’atmosfera di odio e intolleranza nei confronti del popolo indigeno armeno , che hanno provocato scontri armati, perdite umane e deportazioni di massa della popolazione civile dei villaggi armeni.

Per evitare il corso disastroso degli eventi, il popolo del Nagorno Karabakh ha esercitato i propri diritti sanciti dalla Costituzione dell’URSS e dalle leggi in vigore, in particolare, la disposizione della Legge del Soviet Supremo dell’URSS “Sulla secessione delle Repubbliche federate dall’URSS” del 3 aprile 1990, secondo il quale “i popoli delle repubbliche autonome e delle formazioni autonome conservano il diritto di risolvere autonomamente la questione della permanenza nell’URSS o nella repubblica federata secessionista, nonché di sollevare la questione del proprio Stato- status giuridico”. L’indipendenza del Nagorno Karabakh è stata riaffermata dai risultati del referendum nazionale tenutosi il 10 dicembre 1991 e dalla Dichiarazione di Indipendenza adottata il 6 gennaio 1992 durante la prima sessione del Consiglio Supremo dell’NKR.

Trent’anni dopo, l’Azerbaigian occupò una parte significativa del territorio della Repubblica dell’Artsakh a seguito di una guerra su larga scala che aveva scatenato. Con l’obiettivo di raggiungere la disarmenizzazione definitiva dell’Artsakh, ignorando le disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, le decisioni giuridicamente vincolanti della Corte internazionale di giustizia e della CEDU, nonché numerosi appelli della comunità internazionale, l’Azerbaigian ha dal dicembre 2022, per circa 9 mesi, ha tenuto sotto assedio totale la popolazione di 120mila abitanti dell’Artsakh, privandola di tutti i diritti e le libertà fondamentali, creando condizioni di vita insopportabili e sottoponendola alla fame. Considerando i fatti sopra menzionati, così come le continue minacce contro il popolo dell’Artsakh e le richieste di ritorsioni da parte delle autorità dell’Azerbaigian, il riconoscimento internazionale della Repubblica dell’Artsakh può diventare una delle garanzie fondamentali e importanti per prevenire il genocidio politica contro il popolo dell’Artsakh.

Esprimendo la nostra gratitudine a tutti i figli armeni, che hanno combattuto per il diritto all’autodeterminazione e alla libertà del popolo dell’Artsakh, e inchinandoci alla memoria dei nostri eroi martirizzati nelle tre guerre dell’Artsakh, ribadiamo che l’Artsakh era e rimane il nucleo centrale dell’unità pan-armena, proseguendo il cammino che ha scelto e lottando per la nostra dignità. Chiediamo a tutti gli attori internazionali coinvolti nel processo di risoluzione del conflitto tra l’Azerbaigian e il Karabakh di adottare misure immediate ed efficaci per prevenire la pulizia etnica dell’Artsakh e la deportazione dei suoi indigeni dalla patria”.

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NAGORNO KARABAKH. Sale la tensione armeno-azerbaigiana (Agcnews 02.09.23)

Alle 14.00 del 1° settembre la social sfera di interesse azero-armena parlava di 4 armeni morti e un ferito. Fin dal primo mattino del primo settembre sono in corso sparatorie nell’area della miniera di Sotsky. Le guardie di frontiera azerbaigiane, secondo fonti russe, hanno iniziato a sparare contro le posizioni delle forze armate armene, che hanno risposto al fuoco. Dopo che la situazione si è intensificata, entrambe le parti hanno iniziato a usare armi pesanti.

Di conseguenza, il ministero della Difesa armeno ha già confermato le informazioni sui morti, e il ministero della Difesa azerbaigiano ha riferito che tre guardie di frontiera sono rimaste ferite. L’intensità del fuoco si indebolisce o aumenta. Al confine sono stati registrati attacchi di droni Kamikaze.

Con il pretesto di un conflitto crescente, le parti stanno portando ulteriori unità al confine. L’attività dell’esercito azerbaigiano viene osservata in direzione di Vardenis e Jermuk e gli UAV da ricognizione stanno lavorando attivamente in aria.

Bombardamenti e scaramucce vicino al confine sono una cosa del tutto comune per la zona del conflitto armeno-azerbaigiano: gli armeni accusano gli azeri di provocazioni, e loro viceversa. Tuttavia, nel mese di agosto la loro intensità è aumentata notevolmente, come dimostrano le statistiche: 17 incidenti nell’ultima settimana e più di 60 in un mese.

A giudicare dalle dichiarazioni sempre più bellicose a Baku e dall’intensificarsi degli scontri in diverse zone del confine, il conflitto sta entrando in una fase critica nella quale potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Ciò conferma l’ipotesi di un possibile inizio della data significativa della seconda guerra del Karabakh alla fine di settembre.

E le notizie del 31 agosto sulle dimissioni del ministro di Stato dell’Artsakh Gurgen Nersisyan e quelle di oggi sulle dimissioni del presidente della repubblica non riconosciuta, Arayik Harutyunyan, indicano indirettamente un’alta probabilità di ripresa del ostilità, inserendosi nella sequenza di ciò che sta accadendo.

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264° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Malgrado protesti e appelli, in assenza di azioni, niente indica che possa esserci un cambio di rotta (Korazym 01.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.09.2023 – Vik van Brantegem] – I 32 camion carichi di aiuti umanitari per l’Artsakh/Nagorno Karabakh dall’Armenia e dalla Francia che sono bloccati a Kornidzor, al confine dell’Armenia con l’Artsakh, dove Ilham Aliyev vuole far morire di fame 120.000 Armeni, è la dimostrazione eclatante che la questione dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh non è mai stata una disputa territoriale tra Armenia e Azerbajgian.

È sempre stata e continua ad essere una questione di diritti e sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh, in primo luogo il diritto all’autodeterminazione. Quindi, il riconoscimento della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, sia da parte dell’Armenia che da parte dell’Azerbajgian, è lo strumento di negoziato di pace duratura nel Caucaso meridionale. Finché non si arriva a questa conclusione, le forze armate dell’Azerbajgian non si ritirano.

I 32 camion con aiuti umanitari dall’Armenia e dalla Francia sono bloccati prima del posto di blocco che l’Azerbajgian ha instaurato illegalmente sul territorio dell’Artsakh presso il ponto Hakari all’inizio del Corridoio di Berdzor (Lachin). Per fare dimenticare questo crimine contro l’umanità al mondo – che Aliyev sa che è distratto e fissato sul suo gas azero (russo) – nel contempo prosegue lo show mediatico con 10 tonnellate di farina “umanitaria-filantropica” al confine dell’Azerbajgian con l’Artsakh. Lo show è diretto dalla società del Crescente Rosso azero su commissione di Ilham Aliyev.

Per capire cosa bolla in pentola, basta leggere questa reazione alla notizie sugli “aiuti umanitari” inviati da Baku per la popolazione del Karabakh, organizzati dalla Mezzaluna Rossa, da parte di un troll azero sui social: «Almeno se ci mettessero dentro del veleno per i topi e lo inviassero, troverebbero una parziale soluzione…».

Tiziano Vecellio, Allegoria della Prudenza, 1565 70 ca., olio su tela, 76,2×68,6 cm. National Gallery, Londra. “Chi, pur avendo una sola voce, si trasforma in quadrupede, bipede e tripede?” (Pseudo Apollodoro, Biblioteca, III, 5, 8).

Il suo persecutore non aveva preteso da San Giovanni Battista di rinnegare Cristo, ma soltanto di tacere la verità. Ecco, cosa significa per noi non tacere. «Ho dovuto morire un paio di volte per imparare a dare valore alla vita, e quando parlo di morire non parlo di cessare di esistere. Ci sono situazioni che uccidono il tuo spirito e muori anche se respiri» (Mario Benedetti).
«La prudenza è sapienza che contempla alla luce di Dio gli eventi umani; che distingue tra ciò che porta a Dio e ciò che da Dio allontana; senso di responsabilità che si fa carico degli effetti delle proprie azioni; capacità di decidere ragionevolmente» (Cardinale Carlo Maria Martini).

Oggi in Artsakh inizia l’anno scolastico. «Uno dei temi più discussi nell’Artsakh, sull’orlo del disastro umanitario e della carestia, è l’avvio dell’anno scolastico in condizioni di malnutrizione, mancanza di cancelleria, vestiario e trasporti #ArtsakhBlockade, giorno 264. La #GiornatadellaConoscenza, sotto assedio» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

Inizio della scuola in pericolo mentre continua il blocco del Nagorno Karabakh. Gli istituti scolastici dovrebbero riaprire il 1° settembre, ma i genitori sono preoccupati per il benessere dei bambini di Siranush Sargsyan – IWPR-Istituto per l’informazione su guerra e pace, 29 agosto 2023 [QUI]: «Elina Hambardzumyan, madre di sei figli, ha trascorso due settimane a cercare nei negozi di Stepanakert, la città principale del Nagorno Karabakh, per trovare un quaderno e due penne con inchiostro rosso prima dell’inizio dell’anno scolastico. Il 32enne era alla disperata ricerca di cancelleria e altro materiale scolastico: mentre il blocco azero della regione popolata dagli Armeni si trascina nel suo nono mese, gli scaffali rimangono vuoti. “Questo è tutto quello che ho trovato, ora devo scegliere a chi regalarli. Il mio figlio maggiore deve iniziare la seconda media, le mie due figlie la terza e la seconda, mentre le mie gemelle la prima”, ha detto a IWPR, tenendo in braccio il suo bambino di due mesi. “Ho paura di non poter mandare i miei figli a scuola”. L’inizio della scuola per i circa 20.000 alunni della regione è avvolto nell’incertezza».

«Vika, 8 anni, è felice che le lezioni siano riprese. È ansiosa di tornare a scuola, riconnettersi con i suoi compagni di classe, immergersi nella conoscenza e cercare di fuggire da una realtà bloccata. #ArtsakhBlockade, giorno 264» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

«“Dopo l’inizio delle lezioni verrà effettuato il monitoraggio. A seguito di un’analisi globale, verranno adottate soluzioni adeguate alla situazione, fino alla conclusione del processo educativo” Ministero dell’Istruzione» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

Ieri abbiamo riferito [QUI] dei grandi cambiamenti nella leadership della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh: il Presidente Arayik Harutyinyan si dimesso oggi, dopo aver nominato ieri il nuovo Ministro di Stato, Samvel Shahramanyan; ieri il Consigliere del Ministro di Stato e ex Ministro di Stato, Artak Beglaryan, è stato sollevato dall’incarico; la Federazione Russa ha nominato il nuovo Comandante del Contingente di mantenimento della pace, Maggiore Generale Kirill Kulakov.

Entro tre giorni dalle dimissioni del Presidente, il Parlamento deve approvare le dimissioni ed entro sette giorni deve eleggere un nuovo Presidente. Durante questo periodo, David Ishkhanyan, Presidente dell’Assemblea nazionale della Repubblica dell’Artsakh, assumerà i poteri del Presidente ad interim fino al voto parlamentare. Secondo il giornalista armeno Robert Ananyan dovrebbe essere eletto Presidente, Samvel Shahramanyan.

Arayik Harutyunyan, il Presidente dell’Artsakh, ha annunciato ieri le sue dimissioni dopo 263 giorni di blocco imposto dall’Azerbaigian. Contemporaneamente ha nominato Samvel Shahramanyan, Segretario del Consiglio di Sicurezza, nuovo Ministro di Stato in sostituzione di Gurgen Nersisyan. Dunque, cambiamento alla guida dell’Artsakh, a differenza dell’Azerbajgian, dove regno un’autocrazia da padre in figlio con elezioni, di cui i risultati vengono annunciati ancor prima che è terminato il voto.

Eletto nel pieno della pandemia di COVID nel maggio 2020, il mandato di Harutyunyan è proseguito durante la guerra di 44 giorni in Artsakh, che ha portato l’Azerbajgian ad occupare il 70% del territorio dell’Artsakh. La resa di Aghavno, Sus e Berdzor, insieme alla chiusura del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian, definirono ulteriormente le sfide che dovette affrontare durante la sua presidenza.

Le scelte politiche e strategiche di Harutyunyan sono sotto esame. Servendo come Capo del partito Patria Libera, ha nominato diversi Ministri di Stato durante il suo mandato. L’influenza di questo partito è scemata quando Artur Tovmasyan, un membro dello stesso partito, si è dimesso dalla carica di Presidente dell’Assemblea Nazionale nel luglio 2023. Con una svolta inaspettata, la nomina parlamentare di Davit Ishkhanyan, un rappresentante del partito minoritaria dell’ARF che detiene solo tre seggi, segnava un cambiamento notevole nel panorama politico.

Luglio 2023 ha visto un altro momento cruciale quando Tovmasyan, membro del partito Patria Libera, si è dimesso dal suo ruolo di Presidente del Parlamento. Contrariamente alle aspettative di selezionare un nuovo presidente del partito al potere, il Parlamento ha eletto Ishkhanyan.

Le proteste che chiedevano le dimissioni di Harutyunyan hanno iniziato a prendere slancio nel novembre 2020, con i cittadini dell’Artsakh e dell’Armenia che lo hanno ritenuto responsabile dell’occupazione dell’Artsakh. Le tensioni si sono intensificate ulteriormente quando è stato fotografato nella sede del partito del Contratto Civile durante l’annuncio dei risultati delle elezioni parlamentari del 2021, alimentando la frustrazione dell’opinione pubblica.

L’obiettivo principale dell’Azerbajgian è liberare il territorio del Nagorno-Karabakh dagli Armeni, ha detto il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, osservando che l’Azerbajgian non consente al convoglio umanitario in attesa a Kornidzor vicino al Corridoio di Lachin di entrare nel Nagorno-Karabakh

Il Primo Ministro della Repubblica i Armenia ne ha parlato durante la sessione del Governo. Pashinyan ha ricordato che il 31 agosto altri 10 camion – accompagnati dalla delegazione francese da diverse regioni della Francia, guidata dal Sindaco di Parigi – si sono aggiunti ai 22 camion con carichi umanitari in attesa che l’Azerbajgian non li ostacola più di entrare nel Nagorno-Karabakh, nella frazione di Kornidzor della regione di Syunik, vicino al Corridoio di Lachin.

«Tuttavia, né a questo né al convoglio umanitario parcheggiato nella stessa zona dal 26 luglio è stata data l’opportunità di entrare nel Nagorno-Karabakh. Ciò significa che l’Azerbajgian, in presenza delle truppe di mantenimento della pace della Federazione Russa, continua la politica di sottoporre gli Armeni del Nagorno-Karabakh al genocidio per fame. L’obiettivo principale di questa politica è liberare il territorio del Nagorno-Karabakh dagli Armeni. Come ho detto già in precedenza, uno degli scenari di sviluppo per questo mostruoso programma è, che l’Azerbajgian prevede di aprire unilateralmente il Corridoio di Lachin nella fase più acuta della crisi umanitaria, cioè per consentire l’uscita delle persone dal Nagorno-Karabakh e non consentirne il ritorno. Questa politica di genocidio si svolge nel XXI secolo, davanti agli occhi della comunità internazionale», ha sottolineato Pashinyan.

Il Primo Ministro dell’Armenia vede una via d’uscita dalla situazione venutasi a creare attraverso il dialogo Baku-Stepanakert nel quadro del meccanismo internazionale: «Ritengo necessario sottolineare che il meccanismo internazionale è assolutamente necessario nella situazione attuale, altrimenti, come siamo convinti, Baku interromperà la possibilità del dialogo con tutti i mezzi possibili».

Il Portavoce del Ministero degli Esteri armeno ha risposto alla dichiarazione del Portavoce del Ministero degli Esteri russo che incolpava l’Armenia per la situazione nel Corridoio di Berdzor (Lachin)

Ani Badalyan, Portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia ha reagito duramente alle false accuse mosse contro l’Armenia da Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, che ha dichiarato che la situazione creatasi nel Corridoio di Berdzor (Lachin) è una conseguenza del riconoscimento da parte dell’Armenia del Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbajgian.

Badalyan ha definito le dichiarazioni di Zakharova speculazione sconcertante e deludente e ha presentato circostanze significative sull’argomento:

«Un altro commento da parte del Portavoce del Ministero degli Esteri russo – secondo cui la situazione creata nel Corridoio di Lachin è una conseguenza del riconoscimento da parte dell’Armenia del Nagorno-Karabakh come parte dell’Azerbaigian in riferimento alla Dichiarazione di Alma-Ata di Praga in ottobre 2022 – dopo la quale il problema delle forze di mantenimento della pace russe è diventato una possibile interferenza nei diritti e nella sicurezza degli Armeni del Karabakh, provoca confusione e delusione.
Siamo costretti a ricordare pubblicamente la seguente cronologia e circostanze essenziali già ben note.
La questione del Nagorno-Karabakh non è mai stata una disputa territoriale tra Armenia e Azerbajgian. è sempre stato e continua ad essere una questione di diritti e sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh.
In agosto del 2022 la parte armena ha approvato il progetto russo per la regolamentazione dei rapporti tra Armenia e Azerbajgian, secondo il quale la discussione sullo status del Nagorno-Karabakh doveva essere rinviata a tempo indeterminato. L’Azerbajgian ha respinto questo progetto, annunciando contemporaneamente (come il 31 agosto 2022 a Brussel) che non avrebbe discusso con l’Armenia di nulla relativo al Nagorno-Karabakh, e giorni dopo, il 13 settembre, è ricorso all’aggressione militare contro il territorio sovrano dell’Armenia.
La parte russa non solo non ha dato seguito alla sua offerta dopo il rifiuto dell’Azerbajgian, ma ha anche mostrato assoluta indifferenza riguardo all’aggressione nei confronti del territorio sovrano della Repubblica di Armenia, lasciando senza risposta la richiesta ufficiale della parte armena di fornire assistenza alla Repubblica di Armenia sulla base degli accordi legali bilaterali. Inoltre, la Federazione Russa ha condizionato la mancata registrazione dell’attacco all’Armenia e la conseguente inerzia, con il falso pretesto che il confine interstatale tra Armenia e Azerbajgian non era delimitato, sostenendo così, volontariamente o inconsapevolmente, la tesi ovviamente falsa e altamente pericolosa secondo cui il confine tra Armenia e Azerbajgian non c’è, quindi anche l’attacco ai confini e l’invasione del territorio armeno sono difficilmente verificabili. Con più o meno la stessa mentalità, anche l’analoga richiesta dell’Armenia non ha ricevuto una risposta adeguata nell’ambito dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva.
A queste condizioni, il 6 ottobre 2022, a Praga, Armenia e Azerbajgian hanno riaffermato la loro fedeltà alla Dichiarazione di Alma-Ata, firmata nel 1991 dalle ex repubbliche sovietiche, tra cui Armenia, Azerbajgian e Russia, riconoscendo l’integrità territoriale reciproca lungo gli ex confini amministrativi degli stati sovietici. Quindi a Praga non è stato deciso nulla di nuovo. Ad ottobre 2022 la Dichiarazione di Alma-Ata era in vigore da circa 31 anni. Anche gli accordi di Praga non hanno cambiato nulla nel testo della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. L’unica novità è che, sulla base dei risultati di Praga, l’Unione Europea ha deciso di inviare una missione di monitoraggio sul lato armeno del confine interstatale tra Armenia e Azerbajgian per contribuire alla stabilità del confine.
Dopo la firma della Dichiarazione tripartita il 9 novembre 2020, il Nagorno-Karabakh è stato riconosciuto come parte dell’Azerbajgian.
E il più recente e forse il più significativo, nel documento che stabilisce le relazioni strategiche con l’Azerbajgian, l’Armenia ha affermato di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian.
Il Corridoio di Lachin è stato bloccato il 12 dicembre 2022, a seguito di false azioni di protesta organizzate dalle autorità azere nella zona di controllo delle truppe di mantenimento della pace russe. Ad aprile 2023, la parte azera, alla presenza delle forze di mantenimento della pace russe, ha istituito un posto di blocco illegale nel Corridoio di Lachin. Sebbene queste azioni costituissero una chiara e grave violazione della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, non hanno subito ritorsioni da parte della Federazione Russa. Invece, le forze di mantenimento della pace russe il 15 giugno 2023 hanno sostenuto attivamente il tentativo di piantare la bandiera dell’Azerbajgian al di fuori del territorio della loro missione e area geografica di responsabilità, sul territorio sovrano della Repubblica di Armenia, a cui ha fatto seguito immediatamente il blocco completo del Corridoio di Lachin, portando la situazione nel Nagorno-Karabakh a un vero disastro umanitario.
In condizioni di tale permissività, alla presenza delle forze di mantenimento della pace russe, la parte azera ha fatto ricorso a misure quali il rapimento dei residenti del Nagorno.Karabakh al posto di controllo illegale nel Corridoio di Lachin, come esempioi Vagif Khachatryan il 29 luglio e tre studenti il 28 agosto.
Sfortunatamente, pratiche simili da parte delle truppe di mantenimento della pace russe nel Nagorno-Karabakh non sono nuove. L’11 dicembre 2020, la violazione della linea di contatto nel Nagorno-Karabakh, l’occupazione illegale dei villaggi di Khtsaberd e Hin Tagher, la cattura e il trasferimento di 60 militari armeni a Baku hanno avuto luogo nel Nagorno-Karabakh con la presenza e il permesso dei rappresentanti delle forze di mantenimento della pace russe. Poi gli accordi del 6 ottobre 2022 non sono stati raggiunti. Lo stesso vale per Parukh il 24 marzo 2022 e gli eventi di Saribab del 1° agosto 2022, quando l’Azerbajgian ha nuovamente violato la linea di contatto nel Nagorno-Karabakh. Spari da parte delle forze armate azere contro lavoratori agricoli in presenza delle forze di mantenimento della pace russe, uno dei quali si è concluso con l’uccisione di un trattorista di Marakert.
Consigliamo al Portavoce del Ministero degli Esteri russo di astenersi dal rievocare le circostanze della situazione, complicando ulteriormente la situazione in assenza di azioni da parte delle forze di mantenimento della pace russe, volte a impedire il blocco del Corridoio di Lachin o ad aprirlo dopo il blocco.
Riteniamo inoltre necessario confermare che la Repubblica di Armenia si impegna a stabilire la stabilità nella regione sulla base dell’integrità territoriale e del riconoscimento reciproco dei confini. Allo stesso tempo, consideriamo la riapertura del Corridoio di Lachin assolutamente necessaria per la pace a lungo termine, secondo la Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020 e le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia, la prevenzione di un disastro umanitario nel Nagorno-Karabakh e la risoluzione di tutti i problemi esistenti con il dialogo Baku-Stepanakert sotto gli auspici internazionali».

Ieri, le forze di mantenimento della pace russe hanno partecipato alla provocazione azera al confine tra Azerbaigian e Nagorno-Karabakh ad Askeran. Le forze di mantenimento della pace russe hanno cercato di andare dalla parte azera, prendere il cibo inviato dall’Azerbajgian e trasferirlo in Artsakh. Tuttavia, gli Armeni dell’Artsakh che hanno bloccato la strada Akna (Aghdam)-Stepanakert non hanno permesso ai Russi di farlo, bloccando il camion delle forze di mantenimento della pace russe, impedendogli di raggiungere Akna.

Domanda: perché le forze di mantenimento della pace russe hanno tentato di entrare in Azerbajgian, per portare le merci dall’Azerbajgian all’Artsakh, mentre non attraversano il ponte Hakari in Armenia (dove l’esercito Russo è di stanza) per scortare i 32 camion bloccato dall’Azerbajgian, dall’Armenia all’Artsakh? Perché?

C’è chi teme che tali provocazioni da parte delle forze di mantenimento della pace russe diventeranno più frequenti. C’è chi osserva che i piani di conquistare l’Artsakh e il “Zangezur” (provincia di Syunik dell’Armenia) falliscono, così Baku e Mosca diventano disperate.

La sera, un’enorme bandiera dell’Artsakh è stata portata per le strade di Yerevan, mentre gli Armeni dell’Artsakh sfollati in Armenia marciavano in segno di protesta per il blocco illegale da parte dell’Azerbajgian. Stanno protestando da diversi giorni a Yerevani. Fanno appello alle autorità armene e russe per una rapida risoluzione.

«Questo [il video sopra] è il modo in cui il giornalista azerbaigiano ad Akna (Aghdam) prende in giro gli Armeni dell’Arsakh sotto assedio: “La situazione è a favore dell’Azerbajgian. Se i separatisti non abbastanza bastonati non vogliono ricevere questi camion con il cibo, vuol dire che non sono morti di fame. Se riceveranno li camion, noi li integreremo”» (Aspram Avanesyan giornalista di Artsakh),

Il Ministero della Salute dell’Artsakh ha informato ieri che era previsto il rientro in Artsakh, accompagnato dalla Croce Rossa, di un paziente, dopo aver ricevuto in Armenia le cure nell’ambito dell’ordine statale. Al momento, 34 bambini sono ricoverati nel Centro medico Arevik di Stepanakert, di cui 8 nel reparto neonatale e di rianimazione. 94 pazienti sono ricoverati presso il Centro Medico Repubblicano di Stepanakert, di cui 7 nel reparto di terapia intensiva, con 3 in condizioni critiche.

I troll azeri continuano con la loro narrazione: «Il 31 agosto un altro gruppo di auto del CICR è passato da Lachin a Khankendi (Karabakh), dopo l’ispezione e il controllo doganale da parte dell’Azerbajgian. Un’altra prova che la narrativa armena “#ArtsakhBlockade” è sfacciata #Armenianlies e falsa propaganda».

Ecco, qualche sporadica macchina del Comitato Internazionale della Croce Rossa che ritorno dall’Armenia a Stepanakert, dopo aver consegnato pazienti, portando qualche busta e scatola (mentre per l’Artsakh servono camion di cibo e medicinali) per l’Azerbajgian è la “prova” che il Corridoio di Lachin non è chiusa. Un disco rotto dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022.

Politico scrive che la decisione del Sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, di visitare il confine armeno con l’Artsakh all’ingresso del Corridoio di Lachin chiuso dall’Azerbajgian, fa seguito alle cres6centi critiche sul ruolo dell’Unione Europea nella regione, poiché la popolazione armena del Nagorno-Karabakh affronta un crescente rischio di carestia.

Il sindaco di Parigi Anne Hidalgo in visita in Armenia con un gruppo di leader regionali francesi (Foto di Karen Minasyan/AFP).

I sindaci francesi entrano in una zona di crisi al confine con l’Armenia
Tra gli avvertimenti di pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh, un’improbabile missione municipale è stata inviata al confine
di Gabriel Gavin
Politico.eu, 30 agosto 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Mercoledì [30 agosto 2023], la colonna di camion del Sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, ha attraversato la campagna armena, scortato da una dozzina di auto scassate che squillavano i clacson e sventolavano il tricolore francese in segno di apprezzamento, lasciando nella polvere i cani di strada perplessi e qualche avamposto militare.
La sua visita, insieme a un gruppo di leader regionali francesi, faceva parte di un’improbabile mossa volta ad attirare l’attenzione su una crescente crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh, riunendo politici più abituati a occuparsi di permessi di costruzione e pensioni dei raccoglitori di rifiuti che di tesa politica estera ai margini più lontani dell’Europa.
Dietro i SUV diplomatici neri e i minibus pieni di stampa straniera e locale c’erano 10 camion bianchi pieni di aiuti umanitari donati dalla Francia, ciascuno decorato con i nomi delle regioni partecipanti, tra cui Città de Parigi, Île-de-France, Occitania, Paesi della Loira e Strasburgo.
L’insolita decisione dei sindaci di tuffarsi in un pantano internazionale arriva in un contesto di crescenti critiche al ruolo dell’Unione Europra nella regione. Sebbene Brussel abbia dispiegato una missione di monitoraggio civile nel tentativo di scoraggiare le incursioni attraverso il confine dell’Armenia vera e propria, ha fatto poco per placare le preoccupazioni che una catastrofe imminente potrebbe verificarsi nel Nagorno-Karabakh.
È anche un segno del rafforzamento dei legami della Francia con l’Armenia. Nel Paese vivono circa 750.000 membri della diaspora armena, con comunità considerevoli sia a Parigi che a Marsiglia. Negli ultimi mesi l’Eliseo è emerso come uno dei principali sostenitori degli Armeni del Karabakh, sostenendo le richieste di garanzie internazionali per la loro sicurezza. Ora, Hidalgo chiede al Presidente Emmanuel Macron di portare avanti una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione.
Per più di sette settimane, secondo le organizzazioni umanitarie, la popolazione di etnia armena del Nagorno-Karabakh – uno Stato non riconosciuto all’interno dei confini dell’Azerbajgian – è stata tagliata fuori dalle consegne di cibo e carburante, e il rischio di carestia è in aumento.
Nel villaggio di Kornidzor, a due passi dalla tesa frontiera tra Armenia e Azerbaigian, una piccola folla di gente del posto è uscita per salutare la delegazione.
“No, non so cosa sia, ma ho sentito che Parigi è una città molto carina”, ha detto Ararat, 66 anni, un rifugiato del Nagorno-Karabakh che ha alzato il bastone e si è trasferito nel villaggio all’interno dei confini dell’Armenia dopo un guerra brutale contro la regione separatista tre anni fa. Con l’aumento della tensione, coloro che vivono vicino alla linea di demarcazione riferiscono di aver assistito quasi quotidianamente a scontri a fuoco che hanno causato la morte di soldati di entrambe le parti negli ultimi mesi.
Mentre i giornalisti soffocavano in un centro di aiuti umanitari convertito in tenda stampa, il contingente francese, che comprendeva anche il Sindaco di Strasburgo, Jeanne Barseghian, il Vicesindaco di Marsiglia, Michèle Rubirola e Xavier Bertrand, Presidente del Consiglio regionale dell’Hauts-de-France, era stato invitato sulla collina nella vicina città di Goris ad un pasto tradizionale a base di foglie di vite, insalate e pilaf di frutta in un ristorante barbecue mentre i delegati hanno incontrato i funzionari armeni.
Una volta raggiunti i camion, Hidalgo – che ha sfruttato il viaggio per mettere in guardia dal rischio di “genocidio e pulizia etnica per mano di uno Stato autoritario” nella regione – ha camminato accanto al convoglio fermo, circondato da dozzine di flash di fotografo e telecamere.

Le forze armate azere hanno installato un posto di blocco illegale sull’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia e il resto del mondo (Foto di Karen Minasyan/AFP).

Sul fianco della collina, si sono fermati per osservare il checkpoint azerbaigiano installato su quella che una volta era l’unica strada di collegamento con il Nagorno-Karabakh, il territorio controllato dagli Armeni a decine di miglia all’interno del Paese montuoso. Ma i camion non hanno tentato di attraversare il ponte Hakari. Invece, si sono uniti alla coda di camion umanitari armeni che aspettano da settimane il permesso di andare avanti.
Secondo un membro della delegazione, Bruno Retailleau, leader del gruppo Les Républicains al Senato, ciò è dovuto al fatto che il Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, si è rivolta all’Azerbajgian per il gas naturale nel tentativo di sostituire le forniture perdute dalla Russia a seguito della guerra in Ucraina. Tale decisione, sostiene, ha incoraggiato il Presidente azerbajgiano, Ilham Aliyev, “il persecutore degli Armeni del Nagorno-Karabakh”.
L’intervento ha lasciato incandescente l’Azerbajgian. In una lettera aperta, l’Ambasciatrice del Paese a Parigi, Leyla Abdullayeva, ha accusato Hidalgo e altri di “demonizzare” il suo governo “sotto la pressione della comunità armena in Francia”.
Non è la prima guerra di parole nella politica a volte surreale del conflitto. A ottobre, la televisione statale azera ha impiegato un gruppo di bambini per cantare una canzone che prendeva in giro Macron, mentre Aliyev ha sostenuto personalmente i territori francesi d’oltremare nella loro apparente lotta contro il “neocolonialismo” di Parigi.
L’Azerbajgian nega che sia in corso una crisi umanitaria e la Mezzaluna Rossa del Paese ha inviato un convoglio di aiuti rivale dall’altra direzione. Tuttavia, gli Armeni del Karabakh affermano che accettarlo equivarrebbe a rinunciare alla loro auto-dichiarata indipendenza – un punto che, secondo l’Azerbajgian, dimostra che il blocco è autoimposto. Per il momento, questo li lascia in un vicolo cieco.

La giovane armena di 21 anni è morta in un incidente stradale in Armenia e il regime di Baku impedisce alla famiglia di portare il suo corpo in Artsakh per seppellirla
di Leone Grotti
Tempi.it, 31 agosto 2023

Helen Dadayan è morta lo scorso 14 agosto in un tragico incidente sull’autostrada che collega la capitale dell’Armenia, Erevan, a Gyumri. La giovane studentessa universitaria di 21 anni è deceduta nello scontro tra un minibus e un tir insieme ad altre undici persone. Ma alla tragedia della sua perdita, per la famiglia della giovane donna, se ne aggiunge un’altra: l’Azerbaigian impedisce che il suo corpo sia trasferito nella città di Chartar, in Artsakh, dove la ragazza è nata e dove vivono i suoi parenti.

L’Azerbaigian affama gli armeni

Da 263 giorni il regime di Baku ha chiuso l’unica strada [QUI] che collega i 120 mila Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh all’Armenia e al mondo esterno. Violando il diritto internazionale e calpestando i più elementari diritti umani, dal 15 giugno l’Azerbaigian impedisce anche ai camion della Croce Rossa Internazionale di attraversare il Corridoio di Lachin, cercando così volutamente di far morire di fame gli Armeni e di convincerli ad abbandonare la loro terra.

Secondo testimonianze dirette raccolte dalla BBC [QUI], cibo e medicinali in Artsakh sono sempre più scarsi. Gli Armeni si alzano nel cuore della notte e percorrono chilometri a piedi per mettersi in coda davanti ai negozi e comprare il poco pane rimasto, molti «svengono mentre sono in fila». Il trasporto pubblico e privato è fermo, perché manca la benzina, al pari del gas e della corrente elettrica, tagliati da Baku.

Un decesso su tre, secondo le autorità locali, è causato ormai direttamente dalla malnutrizione o accelerato da essa. «Conosco una donna incinta che ha perso il suo bambino perché non poteva raggiungere l’ospedale», racconta una donna. Altre non hanno abbastanza latte per sfamare i bambini appena nati e il latte in polvere non è più disponibile.

Il «progetto genocidario» degli azeri

La situazione è drammatica e il caso di Helen Dadayan dimostra alla perfezione la cruda realtà di quello che gli armeni ed esperti internazionali come Luis Moreno Ocampo, già Procuratore della Corte Penale Internazionale, chiamano «progetto genocidario» dell’Azerbaigian a danno degli Armeni [QUI].

Il regime di Ilham Aliyev, infatti, non sta solo tentando di far morire di stenti 120 mila Armeni, non ha soltanto diviso intere famiglie, bambini compresi, che hanno avuto la sfortuna di trovarsi separati sui due lati del Corridoio di Lachin al momento della chiusura arbitraria, ma dimostra di non avere neanche un briciolo di pietà umana impedendo a una famiglia di seppellire una giovane donna morta in un tragico incidente.

Baku usa come arma il corpo di Helen

Da oltre due settimane i parenti di Helen chiedono invano alla Croce Rossa Internazionale di ottenere dall’Azerbaigian il permesso di far passare il cadavere della ragazza. Anche le forze di mantenimento della pace russe hanno cercato di trattare, finora senza risultati.

Se il corpo della giovane non può essere trasportato in Artsakh, ai parenti non è concesso di recarsi in Armenia per i funerali. A tanto arriva l’odio e il cinismo degli Azeri, che fanno perfino dei resti di una giovane di 21 anni un’arma politica per portare gli Armeni alla disperazione. Nell’indifferenza della comunità internazionale e dell’Unione Europea, che nella persona della Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha avuto il coraggio [QUI] di definire il dittatore Aliyev «partner affidabile» dopo la firma di un ricco contratto per la fornitura di gas [QUI] all’UE.

Segnaliamo

– I Cristiani Armeni intrappolati meritano attenzione globale di Michael Warsaw – National Catholic Register, 30 agosto 2023 [QUI]: «Non sono molte le crisi umanitarie al mondo che possono essere risolte in cinque minuti, ma la situazione disperata che si sta verificando nel Nagorno-Karabakh, una delle enclavi cristiane più antiche del mondo, potrebbe essere una di queste – NOTA DELL’EDITORE: Oltre all’immediata preoccupazione umanitaria causata da un blocco disumano, sono in gioco importanti questioni storiche, culturali e legate alla libertà religiosa».

– Lettera di Simon Abkarian agli amici dell’Azerbajgian che affama gli Armeni del Nagorno-Karabakh – Le Figaro, 30 agosto 2023 [QUI]: «Mentre un convoglio umanitario francese ha raggiunto mercoledì l’ingresso del Corridoio di Lachin, oltre il quale 120.000 Armeni sono sull’orlo della fame, l’attore e regista ricorda la tragica situazione del Nagorno-Karabakh/Artsakh armeno e fa appello ai sostenitori francesi dell’Azerbajgian».

– Minacce e fango azero contro il Principe Michael del Liechtenstein (che vuol salvare l’Artsakh!) – Centro Studi Hrand Nazariantz, 30 agosto 2023 [QUI]: «In un articolo della stampa azera, come sempre monotematica e al servizio del dittatore Aliyev, il Principe Michael del Liechtenstein è stato minacciato ed infangato».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Nagorno-Karabakh: una pace lontana e una crisi umanitaria sempre più vicina (Caffe Geopoltico 01.09.23)

Caffè Lungo – Dopo gli ultimi incontri a Bruxelles del 15 luglio tra il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, il Presidente azero Ilham Aliyev e il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel tenutisi a seguito di una lunga serie di colloqui precedenti, la situazione al confine tra Armenia e Azerbaigian non è affatto migliorata e in Nagorno-Karabakh ora si parla di vera e propria crisi umanitaria internazionale.

UN ACCORDO CHE NON RIESCE AD ARRIVARE

Il tema centrale è sempre quello del blocco del corridoio di Lachin, che proprio nei giorni intorno all’incontro diplomatico di Bruxelles ha visto episodi di alta tensione che hanno condotto a un’escalation del conflitto. “Ho notato anche la disponibilità dell’Azerbaigian a fornire aiuti umanitari dalla città di Aghdam. Considero importanti entrambe le opzioni e incoraggio le spedizioni umanitarie di tutte e due le parti. Inoltre, ho accolto con favore la ripresa delle evacuazioni mediche da parte dell’ICRC”. Queste le parole di Charles Michel al termine dell’incontro trilaterale di metà luglio. Nonostante filtrasse positività da queste dichiarazioni, proprio nei giorni successivi si è assistito a un blocco da parte dell’Azerbaigian di 19 tir carichi di 360 tonnellate di aiuti umanitari provenienti da Yerevan e diretti in Artsakh e questo episodio ha suscitato forti critiche verso Michel sia in Armenia che in Nagorno Karabakh.

In aggiunta, c’è chi sostiene, da una parte e dall’altra, che l’incontro di Bruxelles sia stato infruttuoso, poiché Baku accetterebbe la proposta ideata da Michel solo se non dovesse lasciare comunque definitivamente il checkpoint e conseguentemente far cessare il blocco a Lachin, poiché teme infiltrazioni militari armene irregolari. Il Governo armeno, invece, con tale soluzione ritiene di essere sostanzialmente abbandonato da parte dell’Unione Europea e teme il peggio per i connazionali dell’Artsakh nel caso di aiuti umanitari di gestione azera, sostenendo che con l’opzione di Aghdam si arriverebbe senz’altro all’avvento di un’operazione di totale isolamento della popolazione del Karabakh da parte del Governo azero.

Inoltre, nelle settimane successive agli incontri di Bruxelles, l’acuirsi della tensione nel Caucaso meridionale ha coinvolto anche gli osservatori dell’EUMA (la missione UE in Armenia) ai confini tra i due Paesi, i quali sono stati bersaglio di colpi di fucile da parte di soldati non ancora identificati.

Fig. 1 – Ilham Aliyev, Charles Michel e Nikol Pashinyan durante il summit trilaterale di Bruxelles del maggio scorso

VERSO UN DISASTRO UMANITARIO

L’Azerbaigian ha definitivamente bloccato il corridoio di Lachin istituendo un checkpoint gestito da militari da aprile e ora ha addirittura chiuso tale checkpoint dopo che l’11 luglio dei controlli hanno dimostrato che alcuni veicoli, parte dei convogli umanitari del Comitato internazionale della Croce rossa (ICRC) partiti dall’Armenia e diretti verso il Karabakh, trasportavano anche merci commerciali, quindi diverse da quelle umanitarie.

In una dichiarazione l’ICRC ha confermato che si è trattato di merci contrabbandate, precisando però che queste merci non sono state ritrovate nei veicoli ufficiali dell’ICRC, bensì in alcuni mezzi pesanti commerciali che, pur avendo temporaneamente esibito l’emblema dell’ICRC, venivano guidati da dipendenti di un’azienda commerciale, ingaggiata dall’ICRC per portare aiuti in Karabakh.

Adesso la popolazione dell’oblast caucasico si vede completamente bloccata da ogni tipo di rifornimento e questo sta creando un grave disastro umanitario. Nelle scorse settimane una donna incinta ha avuto un aborto spontaneo perché l’ambulanza non era disponibile a causa della mancanza di carburante e un uomo di 40 anni è anche morto di fame, come riportato dallo Human Rights Defender’s Office.

“È in corso un genocidio contro 120mila armeni che vivono nel Nagorno Karabakh”, denuncia Luis Moreno Ocampo, fondatore della Procura della Corte Penale Internazionale e che insieme a un gruppo di giuristi internazionali ora chiede di aprire gli occhi sul tentativo di eliminare definitivamente la popolazione della regione che l’Azerbaigian vorrebbe riprendersi. A queste dichiarazioni Baku ha risposto asserendo che queste accuse sono del tutto infondateriportando con delle immagini episodi di vita quotidiana della popolazione dell’Artsakh, come la celebrazione di un matrimonio tra due armeni, le quali dimostrerebbero la non presenza delle condizioni per un disastro umanitario.

Fig. 2 – Manifestazione di protesta a Stepanakert contro il blocco del corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian, 18 luglio 2023

MANCANZA DI SOLUZIONI CONCRETE

Il punto cruciale è che, nonostante l’accordo trilaterale del 2020 negoziato da Mosca, i peacekeeper russi non hanno monitorato il corridoio come stabilito. La Russia al momento è impegnata in una guerra in Ucraina che si prospetta molto lunga e le forze di Mosca nella regione sono quindi poche e sempre più disinteressate. Se d’altra parte la missione EUMA è stata anche in parte rafforzata (forse con poco successo, visto l’episodio menzionato prima), si può notare però che non c’è una volontà da parte dell’Unione Europea e della comunità internazionale di condannare apertamente la condotta dell’Azerbaigian e sorvegliare sistematicamente il corridoio.

La soluzione proposta da Charles Michel con la condivisione anche da parte di Josep Borrell sulla gestione degli aiuti umanitari da parte dell’Azerbaigian via Aghdam potrebbe essere molto rischiosa, perché guardando a come sta gestendo ora l’imminente crisi umanitaria l’Azerbaigian, operazioni di rifornimento dirette da parte azera per la popolazione del Karabakh potrebbero poi diventare operazioni di controllo della popolazione locale e rivelarsi anche delle strategie per avere un collegamento diretto da Aghdam a Lachin che attraversi tutto il Nagorno-Karabakh armeno.

La comunità internazionale e l’Unione Europea dovranno perseguire senz’altro la via diplomatica e cercare una soluzione condivisa, ma se non condanneranno fermamente il blocco del corridoio e se non inizieranno a affrontare il tema parlando di rischio di “pulizia etnica”, un riconoscimento da parte armena e della popolazione dell’Artsakh del Nagorno-Karabakh come azero non avverrà mai e la catastrofe umanitaria sarà sempre più vicina.

Intanto in questi giorni tre ragazzi armeni di vent’anni sono stati arrestati da parte delle forze di Baku, accusati di aver oltraggiato la bandiera dell’Azerbaigian. In risposta, a Yerevan, gruppi paramilitari formati da cittadini si stanno organizzando in previsione di una nuova guerra. Inoltre, nelle scorse ore, il Presidente del Nagorno-Karabakh Arayik Harutyunyan ha annunciato le proprie dimissioni.

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Nagorno-Karabakh, 2 soldati armeni uccisi e 2 azeri feriti in scontro a fuoco, PM Pashinyan: “Nuova guerra possibile” (Giornale d’Italia 01.09.23)

Due soldati armeni sarebbero rimasti uccisi in uno scontro a fuoco al confine con l’Azerbaijan nella mattinata di oggi, venerdì 1 settembre. A comunicarlo, il Ministro della Difesa armeno Seyran Ohanyan, che ha anche sottolineato la crescita della spirale delle tensioni tra i due Paesi del Caucaso Meridionale ed il rischio dello scoppio di un nuovo conflitto.

Aumenta la tensione in Nagorno Karabakh: scontro a fuoco tra forze azere e armene

Due soldati armeni sono stati uccisi in azione ed uno ferito a causa del fuoco delle forze armate azere nei pressi del villaggio di Sotk“, riporta un comunicato dell’esercito armeno. Poche ore dopo, comunque, il Ministro Ohanyan avrebbe affermato che lo scontro sembrerebbe per il momento essere cessato.

A fare da controcanto alla versione di Erevan, tuttavia, è l’intervento del Ministro della Difesa azero, Zakir Hasanov: “Le forze armate azere hanno preso decise misure di contrasto dopo aver subito un attacco da parte di alcuni droni armeni nel quale due soldati sono rimasti feriti“. Secondo fonti di Baku, i velivoli senza pilota sarebbero decollati dal villaggio di Sotk.

Lo scontro a fuoco segue di alcuni giorni l’avvertimento lanciato dal primo ministro armeno Nikol Pashinyan, secondo il quale sarebbe molto probabile” lo scoppio di una nuova guerra con Erevan nel prossimo futuro. Dal crollo dell’Unione Sovietica (a cui entrambi i Paesi erano sottoposti), l’area di confine del Nagorno-Karabakh è sempre stata interessata da scontri per accapararsene il controllo.

L’ultimo, in ordine di tempo, era stato quello del 2020, che per la cui violenza e dispiegamento di forze da parte dei due soggetti aveva perso il carattere della semplice faida, sfociando in una vera e propria guerra. Al termine del conflitto, l’Azerbaijan vittorioso aveva installato numerosi check point militari nell’area, con l’Armenia comunque non incline a riconoscere l’occupazione. Da alcuni mesi, infatti, si starebbero moltiplicando le occasioni di frizione, in una spirale di violenza che rischia di far naufragare definitivamente i colloqui di normalizzazione dell’area dei quali Russia, Ue e Usa si sarebbero fatte garanti.

L’Italia sostiene l’Azerbaijan in funzione anti-iraniana

Una situazione, quella in Nagorno-karabakh, che non manca di interessare il sistema Italia, con Roma impegnata nella costruzione dell’amicizia strategica con Baku (come del resto starebbero facendo molte delle principali cancellerie occidentali), considerata un importante fattore di contenimento dell’espansionismo dell’Iran (Teheran è probabilmente il principale alleato armeno, chiaramente in un rapporto sbilanciato a proprio favore) nell’area.

Numerosi negli ultimi mesi gli accordi tra Roma ed il governo azero, in particolare nel settore energetico. A partire dal giugno di quest’anno, poi, alla lista dei molti rapporti commerciali intrattenuti tra i due Paesi, si è aggiunto quello del settore della Difesa, con Leonardo che ha ufficializzato la vendita a Baku di un aereo da trasporto tattico C-27J Sparta, velivolo descritto dall’azienda come “ideale per missioni di trasporto militare, aviolancio di paracadutisti e materiali, supporto tattico alle truppe nell’ultimo miglio, operazioni dei corpi speciali“.

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Azerbaijan, confini chiusi per “contenimento” Covid, popolazione: “Governo mente per controllarci”