Tensioni Armenia-Azerbaigian, incontro tra Aliyev e Pashinyan fissato a Bruxelles il 15 dicembre (Sputniknews 19.11.21)

Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, dopo colloqui telefonici con il capo del Consiglio europeo Charles Michel, hanno concordato di tenere un incontro a Bruxelles il 15 dicembre.

Il faccia a faccia avverrà nell’ambito del vertice del partenariato orientale-UE, ha affermato l’UE in un dichiarazione.
“Il capo del Consiglio europeo Charles Michel ha proposto di tenere un incontro tra il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan a Bruxelles a margine del vertice del partenariato orientale UE. I leader hanno concordato di tenere un incontro a Bruxelles per discutere la situazione regionale ed i modi per superare i punti di attrito”, si legge nel documento.
Martedì, Yerevan ha dichiarato che le forze armate azere hanno lanciato un attacco nella direzione orientale del confine armeno e hanno invaso il paese nella regione del monte Kilisali. Secondo il ministero della Difesa armeno, un militare armeno è stato ucciso, 13 sono stati fatti prigionieri, e 24 risultano dispersi.
Il ministero della Difesa azero ha riferito che sette soldati azeri sono stati uccisi e dieci feriti nelgli scontri al confine con l’Armenia e che ora la situazione è stabile. In una conversazione telefonica con i ministri della Difesa dell’Azerbaigian e dell’Armenia, il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha affermato che Mosca è pronta a contribuire a stabilizzare la situazione. Alla fine della giornata, il Ministero della Difesa della Federazione Russa ha riferito che, a seguito di conversazioni telefoniche tra Shoigu e le sue controparti armene e azere, le parti avevano smesso di combattere vicino al valico di confine del monte Kilisali.
Secondo gli esperti, gli scontri sono avvenuti per la volontà delle parti di migliorare le proprie posizioni: l’occupazione delle alture dà il controllo delle strade e delle infrastrutture sul lato opposto del confine. Inoltre, ciascuna parte crede di agire sul proprio territorio. Tutto ciò avviene attorno alla linea di confine dell’era sovietica e, per determinare dove si trovano i territori, è necessario un processo di demarcazione e delimitazione del confine. Mosca ha ripetutamente invitato Baku e Yerevan ad avviare questo processo.

La misteriosa origine del nome della città di Armenia in Colombia (Globalvoices 18.11.21)

Dappertutto nelle Americhe, è comune trovare città con nomi europei, ma una in particolare ha creato delle controversie: la città di Armenia, in Colombia. La Colombia ha 43 località geografiche chiamate Armenia. Tuttavia, è la capitale del Dipartimento di Quindío che ha scatenato un dibattito sulle origini del suo nome.

Nell’immaginario collettivo nazionale, c’è l’idea che il nome Armenia commemori le vittime Armene dell’impero Ottomano. Quando uno straniero viene a sapere di una città chiamata Armenia, in Colombia, può supporre che il suo nome sia dovuto alla presenza di una diaspora o all’origine dei suoi colonizzatori. Ma gli studiosi dicono che nessuna di queste teorie è vera.

La città di Armenia, al centro del fraintendimento, si trova vicino alla catena montuosa centrale delle Ande colombiane, a 290 km a ovest di Bogotá. Ha circa 300,000 abitanti e una piacevole temperatura di 20°C durante tutto l’anno. Prima della colonizzazione spagnola, era la principale città dell’estinta civiltà Quimbaya [es, come i link seguenti]. Dopo la colonizzazione spagnola, la città fu l’epicentro della bonanza colombiana del caffè,  che durò fino alla fine del XX secolo.

Trasporto via asino. Per gentile concessione di Carlos Alberto Castrillón.

Questa Armenia ha una storia diversa da quella del paese Armenia, nel sud del Caucaso. Questo paese si trova nella catena montuosa tra l’Europa e l’Asia. Per secoli, gli Armeni sono rimasti sotto il dominio di diversi imperi (Ottomano, Persiano, e Russo), ma sono riusciti a mantenere la loro identità grazie alla loro lingua millenaria, l’adozione precoce della religione cristiana, e, più recentemente, la lotta per il riconoscimento del genocidio di cui sono state vittime.

Il genocidio armeno si riferisce all’uccisione e all’espulsione di circa un milione di armeni da parte dell’impero Ottomano, durante la Prima Guerra Mondiale. Più di 30 paesi sono a conoscenza del genocidio, ma la Turchia, il paese attualmente situato nell’ex territorio dell’Impero ottomano, non ha mai ammesso l’annientamento sistematico del popolo armeno. Sostiene che il trasferimento degli armeni sia stata una legittima azione di Stato, in risposta al movimento rivoluzionario armeno che minacciava l’impero durante la guerra. Anche se la Colombia non riconosce il genocidio, la città di Armenia ha approvato un decreto, nel 2017, per commemorare il centenario del genocidio.

Gli storici e i media armeni non hanno perso l’opportunità di attribuire l’esistenza di questa città colombiana ai compatrioti armeni. Ad esempio, lo storico armeno Hovhannes Babesian aveva inizialmente scritto che “la città è stata fondata da un gruppo di immigrati armeni nel XIX secolo.”

Questa teoria è stata ulteriormente portata avanti da un altro storico, Zavén Sabundjián, che, nel 1983, ha commentato il monumento che era stato eretto “in memoria dei fondatori della città e dei suoi compatrioti martiri.” Più tardi, lo Yerevan Magazine ha affermato che “è un monumento simbolico che evoca le vittime armene del 1896.” Si tratta di un emblematico riferimento al Monumento dei Fondatori (situato nell’omonimo parco) che consiste in un’ascia, simbolo dell’opera degli Antiochiani che costruirono la città abbattendo la fitta giungla.

Monumento dei fondatori in Armenia, Colombia. Foto di pubblico dominio.

L’origine del nome

È comprensibile supporre che ci sia una diaspora armena in Colombia. La violenta espulsione o la morte di quasi tutti i cristiani armeni, dell’impero ottomano, ha creato la seconda diaspora più grande del mondo, dopo quella del popolo ebraico. Si stima che circa tre milioni di armeni vivano nell’attuale Repubblica di Armenia e nel territorio del Nagorno Karabakh, mentre altri dieci milioni sono sparsi in tutto il mondo.

Diverse ondate di migrazione Armena sono state registrate in America Latina dal XIX secolo, e la maggior parte scappavano dal presunto genocidio. La diaspora più grande è in Argentina, dove ci sono approssimativamente 150,000 Armeni, ma il rapporto più degno di nota è con l’Uruguay, che è stato il primo stato a riconoscere il genocidio armeno. Non ci sono diaspore armene in Colombia. Al contrario, con un decreto del 1937, questo paese ha vietato l’ingresso di diversi immigrati con passaporti egiziani, greci, bulgari, rumeni, russi, siriani e turchi. In seguito, nel 1954, il vescovo armeno, Cirilo Zohrabián, visitò la Colombia e osservò che “in tutta la Colombia non c’è nemmeno l’ombra di un armeno.”

L’origine del nome della città colombiana di Armenia non è dovuta alla provenienza dei suoi fondatori. Ciò che sappiamo essere vero è che la città di Armenia è stata fondata il 14 Ottobre del 1889, dai coloni del vecchio stato di Antioquia, che ha fondato borghi in questo punto intermedio tra Colombia orientale e occidentale, in cerca di terra fertile, opportunità per l’estrazione della gomma, e la necessità di allontanarsi dal campo di battaglia durante le guerre civili, dal 1876 al 1899.

Un omaggio al popolo armeno o un riferimento religioso?

Nel 1896, il massacro di più di 300,000 Armeni ha scioccato il mondo in un momento in cui la Federazione Rivoluzionaria Armena, comunemente conosciuta come Dashnaktsutyun, stava negoziando per un’Armenia più libera, indipendente e unificata, o almeno una maggiore autonomia e protezione dei loro diritti come minoranza nell’Impero ottomano. Tuttavia, la città di Armenia, in Colombia è stata fondata quasi un decennio prima di questi eventi, e venti anni prima del presunto genocidio.

A supporto di questa teoria, lo storico Miguel Ángel Rojas Arias, da Quindío, sostiene che “è molto probabile che i sacerdoti, dai loro pulpiti, abbiano menzionato l’ Armenia, la prima nazione ad adottare il cristianesimo come religione ufficiale, e un posto conosciuto come il Paradiso sulla Terra o come porto di approdo per l’Arca di Noè. Quindi questo nome sarebbe rimasto nella mente dei primi coloni.”

Ma non c’è alcuna prova che l’origine di questo nome sia da attribuire alla chiesa. Nel suo articolo, “Notes for a toponymy of Quindío”, il Professore Carlos Alberto Castrillón, del Programma di Spagnolo e Letteratura dell’Università di Quindío, spiega che l’uso di nomi stranieri per queste città è dovuto al mistero e al fascino che circondano le terre straniere, così come le opportunità per una nuova vita dei coloni di queste terre.

Veduta della catena montuosa vicino all’Armenia, Colombia. Foto di McKay Savage/Flickr(CC BY 2.0).

In un’intervista con Global Voices, Castrillón ha spiegato: “Nessuno dei testi noti di quel tempo menziona nulla relativo alle tradizioni religiose. Quando si analizza la toponomastica principale della regione, non si trovano nomi religiosi, a differenza di altri posti in Colombia. I coloni fondatori si definivano liberi pensatori e uomini istruiti, il che spiega l’abbondanza di nomi presi dalla storia o dalla letteratura universale.”

C’è anche una città nel Dipartimento denominata in riferimento ad un’altra nazione caucasica. Uno dei suoi fondatori, un noto massone, propose di cambiare il nome ordinario della terra, “La Plancha”, in uno più esotico: Circassia.

Ma ancora più importante, quando la città è stata fondata, il nome era già utilizzato nella regione. Il contratto di vendita per le proprietà dei coloni menziona la proprietà come situata nel villaggio di Armenia. Di conseguenza, Carlos Alberto conclude: “Collegare, come alcuni fanno, questo nome alla storia di Noè sembra pura immaginazione o spiegazione post-toponimica; se c’era una motivazione religiosa, era per dare un nome al villaggio.”

Poco si è detto sull’origine del nome del borgo dove la città è stata successivamente fondata, che, ad un certo punto è stato attribuito ai coloni della città di Armenia, in Antioquia.

Senza consenso, le motivazioni per il nome della città rimangono un mistero.

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Khash: il piatto tipico armeno cura hangover (Agrodolce.it 18.11.21)

Ogni tradizione ha il suo piatto tipico delle feste, o che, per qualche motivo – di solito per particolari proprietà di diversa natura – aiuta a rigenerare il corpo dopo un hangover. Diciamoci la verità: quando hai 20, 25 anni niente è meglio di un hamburger, pre e post party, che può trasformarsi in kebab, o nei sofficini, o in qualsiasi forma di schifezza commestibile che porti il giusto numero di grassi e di energia. Dopo, la faccenda inizia a farsi più complessa, e digerire un panino del paninaro non è più cosa facile. Insomma, tutta questo per raccontarvi di quello che in Armenia è considerato per eccellenza il piatto della festa, alla stregua delle nostre pizzette, ma anche il perfetto piatto che cura l’hangover: il khash.

Cos’è il khash?

Nello specifico, il khash è un piatto invernale tipico delle zone caucasiche, in particolare di ArmeniaIran e Azerbaigian. Una zuppa ricca, corposa, in cui gli ingredienti principali sono varie parti della mucca o della pecora bollite, tra cui la testa, i piedi e la trippa. Per questo, è un piatto generalmente consumato dalla popolazione benestante, perché richiede molta carne di diverso tipo, oltre aceto, sale, aglio e succo di limone, ed è accompagnato di solito da sottacetipeperoncini piccanti, verdure fresche e formaggio.

Ma perché il khash è considerato il piatto delle feste?

Semplice, l’abbinamento perfetto è con la vodka: tradizione vuole che gli ospiti debbano portare una bottiglia a casa di chi prepara il khash per poterla accompagnare alla zuppa. Per questo, generalmente il khash viene preparato per i giorni festivi, o per il fine settimana e le occasioni più speciali, specialmente in inverno – vi sfidiamo a mangiarlo in estate, del resto.

La storia del khash

In realtà, nelle zone del Caucaso e in particolare in Armenia, il khash ha una tradizione antica, che lo vede menzionato nei testi del XII secolo come pietanza tipica dei matrimoni; mentre l’abbinamento festaiolo con la vodka sembra avere radici più recenti, da quando l’Armenia era sotto l’Unione Sovietica. Se per caso quindi doveste trovarvi in Armenia, vi consigliamo di assaggiarne un piatto, che ha un costo di circa 3/4 euro, ma un sapore assolutamente unico.

Armenia e sport: il virus detta le regole (Osservatorio Balcani e Caucaso 18.11.21)

l Covid-19 – che ha mutato negli ultimi due anni la quotidianità del mondo intero – detta le sue condizioni anche al mondo dello sport. Il primo caso di coronavirus in Armenia è stato registrato all’inizio della primavera 2020, il primo marzo. Dai giorni successivi vi sono stati dei cambiamenti: fin dal 10 marzo in Armenia tutti i campionati giovanili tenuti sotto l’egida della Federazione calcio armena sono stati interrotti. Diverse squadre di calcio hanno annullato anche i loro allenamenti. Le restrizioni si sono successivamente estese, andando a coprire tutte le altre discipline sportive.

Dal 16 marzo al 14 aprile dello stesso anno, per decisione del governo, è stato dichiarato un primo stato di emergenza – poi rinnovato più volte -, che ha comportato una serie di ulteriori restrizioni. Tra queste la sospensione di tutti gli eventi sportivi e le attività delle società sportive.

Ora, al posto dello stato di emergenza, è in vigore la cosiddetta “quarantena”, che prevede restrizioni più blande. Le palestre sono aperte, gli allenamenti sono stati ripristinati, ma il mondo dello sport non è ancora rientrato in una fase normale. “Gli atleti si allenavano in casa a causa del coronavirus. Hanno provato a fare esercizi fisici, ma non possono essere considerati come un vero e proprio allenamento. In particolare, ci sono tipi di sport che devono essere praticati con determinata attrezzatura. Se l’atleta non ha l’attrezzatura necessaria, l’allenamento non è efficace”, afferma Artyom Arakelyan, che lavora nella Federazione calcio dell’Armenia come coordinatore della diffusione del calcio.

Secondo Arakelyan, la pandemia ha cambiato il ritmo della vita degli atleti. A causa del virus, le persone si trovano ora costrette a scegliere tra “benessere e sicurezza”. “Andavo in palestra regolarmente, ma non appena si è diffuso il covid-19 ci sono andato meno. È una tradizione comune nella nostra cultura che quando si vede un conoscente, ci si avvicina, lo si abbraccia e lo si bacia, che di per sé è il più grande fattore di diffusione del virus. In altre parole, se seguiamo tutte le norme per prevenire il virus, comunque, arriva un momento in cui in ogni caso entri in contatto diretto con il tuo amico, non mantieni la distanza sociale. Ho dovuto smettere di andare in palestra”, racconta Arakelyan.

Sebbene sottolinei che si tratti solo di un piccolo esempio personale, ciò è a suo avviso rappresentativo di come la pandemia stia influenzando non solo gli sport professionistici ma anche amatoriali. “Come ho già detto, non vado più in palestra ma mi reco solo presso la sede della Federazione poiché lavoro con la squadra nazionale femminile. Recentemente una delle nostre ragazze non ha potuto partecipare a un torneo all’estero perché è risultata positiva ad un tampone”.

“Ogni giorno senza allenamento porta l’atleta a fare passi indietro. Ogni torneo a cui un atleta non può partecipare rappresenta uno stress serio”,  sottolinea Vahagn Davtyan, membro della nazionale di ginnastica armena, plurimedagliato a livello internazionale.

Come lui, sono molti gli atleti che ritengono che questa pandemia lascerà una grande impronta sullo sport. Non è raro che gli atleti armeni si siano allenati per diversi mesi, trovando la forma giusta e poi, dopo essere partiti per competizioni internazionali, venisse loro comunicato che tutto era stato rinviato. Da una prospettiva psicologica, questi ostacoli costituiscono un grande stress per ogni atleta e influiscono sulle modalità di allenamento. Davtyan è tra quelli ad aver sentito il duro colpo della pandemia sulla propria pelle. Recentemente, dopo aver effettuato regolarmente un tampone che aveva avuto esito negativo, era potuto partire per i Campionati Mondiali di Ginnastica che si tenevano in Giappone. Purtroppo, una volta arrivato all’aeroporto di Haneda e sottoposto nuovamente ad un tampone, è risultato positivo. “L’esito del tampone è stata una sorpresa. Mi ero già ammalato di covid-19 e so quali dolori e problemi di salute la malattia comporti. Questa volta non ho avuto sintomi. Tuttavia, poiché l’esito è stato positivo, ho dovuto isolarmi e aspettare il tampone seguente”, racconta Davtyan, aggiungendo che ogni giorno di attesa ha rappresentato un notevole peso psicologico, senza contare il fatto che non poteva allenarsi o prepararsi per le competizioni.

Fortunatamente, passati sei giorni di isolamento, Davtyan è risultato nuovamente negativo. “Ero sicuro di non essere malato. Tuttavia, questo disguido non mi ha permesso di partecipare ai campionati e non mi è restato che tornare in Armenia”. Nonostante tutto Davtyan continua ad allenarsi e si augura che i vaccini possano contribuire al ritorno ad una vita normale.

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L’Azerbaigian invade l’Armenia. «Come può l’Occidente restare a guardare?» (Rassegna Stampa 18.11.21)

L’aggressione di martedì ha portato Baku a conquistare 41 km quadrati di territorio armeno. Oltre 40 i morti. «La Turchia, attraverso gli azeri, porta avanti il suo progetto neo ottomano, vogliono cacciarci dalla nostra terra»: intervista al ministro degli Esteri dell’Artsakh, Davit Babayan

L’invasione azera dell’Armenia

Martedì 16 novembre, secondo quanto dichiarato dal premier dell’Armenia Nikol Pashinian, l’esercito azero ha consolidato l’occupazione di 41 chilometri quadrati di territorio armeno, invaso a partire dal 12 maggio nei pressi del corridoio di Lachin consolidando le proprie posizioni 41 chilometri quadrati di territorio. Almeno 17 soldati dell’esercito azero sono morti nell’aggressione, mentre Erevan ha dichiarato che 13 soldati armeni sono stati rapiti e altri 24 sono scomparsi. Eduard Aghajanyan, a capo della commissione parlamentare per le relazioni internazionali, ha parlato invece di 15 morti. Grazie alla mediazione della Russia, nella serata di martedì si è arrivati a un cessate il fuoco.

A un anno dalla fine della guerra del Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian, la terza della sua storia, Baku lancia dunque una nuova offensiva. A differenza dei 44 giorni di guerra che nel 2020 hanno permesso al regime di Ilham Aliyev, grazie al fondamentale sostegno della Turchia di Recep Tayyip Erdogan, di conquistare i tre quarti del Nagorno-Karabakh, strappandoli alla Repubblica dell’Artsakh, non riconosciuta a livello internazionale, questa volta è l’Armenia stessa a finire nel mirino.

«La comunità internazionale deve intervenire»

«Non staremo a guardare mentre viene messa in discussione la nostra integrità territoriale e la nostra indipendenza», ha detto Pashinian. «Questo è un altro atto di aggressione di Baku e Ankara contro gli armeni», gli fa eco parlando con Tempi il ministro Babayan. «Si tratta inoltre di una enorme e palese violazione dell’armistizio raggiunto l’anno scorso».

L’Azerbaigian sembra volersi espandere per realizzare un passaggio verso la propria enclave di Nakhichevan, al confine con la Turchia, ma per il ministro degli Esteri c’è molto di più: «La strada che collega i territori occupati l’anno scorso dall’Azerbaigian con Nakhichevan c’è già e possono utilizzarla. Il punto è che vogliono annettersi tutti i territori circostanti, strappandoli a uno Stato sovrano come l’Armenia. Come può la comunità internazionale restare a guardare? A parte la Francia, nessun altro membro della Nato si è espresso».

«La Turchia ha intenzioni genocidarie»

A preoccupare profondamente gli armeni è l’attivismo della Turchia, che offre sostegno politico, economico e militare a Baku e che, afferma Babayan, «attraverso continue aggressioni vuole portare avanti il suo progetto panturco per costituire un nuovo impero ottomano». Il problema, aggiunge, «è che la Turchia è un membro della Nato. Dobbiamo pensare che l’Alleanza atlantica incoraggia l’invasione di uno Stato sovrano come l’Armenia? Dobbiamo pensare che l’Unione Europea sostiene questo progetto? Io non penso che sia così, ma la situazione è pericolosa e serve un intervento deciso da parte dell’Occidente».

L’aggressione nel Nagorno-Karabakh l’anno scorso e quella all’Armenia di martedì risveglia vecchi fantasmi. «Il fatto che l’Artsakh non sia riconosciuto a livello internazionale non significa che l’Azerbaigian e la Turchia abbiano diritto a portare a termine il genocidio del 1915», dichiara il ministro senza giri di parole. «La comunità internazionale non doveva restare indifferente l’anno scorso davanti ad azioni genocidarie solo perché l’Artsakh non gode del riconoscimento internazionale. La passività dell’Occidente ha dato il via libera all’Azerbaigian per osare ancora di più. Ora è uno Stato riconosciuto a essere sotto attacco e questo non può essere permesso».

«Non ci cacceranno mai dalla nostra terra»

Il territorio del Nagorno-Karabakh appartiene formalmente all’Azerbaigian dal secolo scorso dopo che l’Unione Sovietica decise di assegnarlo a Baku, nonostante la popolazione fosse al 90% armena. Anche sotto il pugno di ferro di Stalin, gli abitanti del territorio rivendicarono sempre la propria appartenenza all’Armenia e nel 1991 il referendum con cui gli abitanti dell’ex oblast autonomo si dichiararono indipendenti fu approvato con il 99,98% dei voti e un’affluenza dell’82% (i voti contrari furono solo 24). Nonostante questo, le aspirazioni della popolazione e le ragioni dell’Armenia non sono mai state riconosciute.

L’invasione lanciata il 16 novembre non è certo la prima provocazione azera dopo la firma dell’armistizio un anno fa. Oltre all’invasione del 12 maggio, l’8 novembre i soldati dell’Azerbaigian hanno aperto il fuoco contro quattro operai armeni che stavano riparando alcune tubature dell’acqua vicino alla città di Shushi. «Con queste continue aggressioni Baku vuole indebolire il nostro sistema immunitario, gettare il panico tra la popolazione e spingerla ad andarsene dalla loro terra», conclude il ministro Babayan. «Grazie alla presenza dei russi, ora, non possono lanciare un’offensiva militare su larga scala come l’anno scorso e allora cercano di cacciarci con attentati terroristici. Ma noi resteremo qui, non andremo mai via».

Tempi.it


Armenia-Azerbaigian: nuove violazioni della tregua, Mosca media sulla demarcazione dei confini (Novanews )


Çavuşoğlu: ”Azerbaigian non è solo e non lo sara’ ” (Trt)


L’Armenia vuole la pace ma l’Azerbaijan vuole l’Armenia (Assadakah)

Presentazione del libro di Emanuele Aliprandi “Pallottole e petrolio” alla Sala Carmeli (Padovaoggi.it 18.11.21)

Venerdì 26 novembre, ore 17, in programma alla Sala Carmeli la presentazione del libro di Emanuele Aliprandi “Pallottole e petrolio”; la cronaca drammatica del conflitto in Nagorno Karabakh – Artsakh, intrecci geopolitici, questioni energetiche che toccano da vicino anche l’Italia.

Simone Zoppellaro, giornalista, ricercatore e il geografo Pierpaolo Faggi dialogano con l’autore.

Ingresso

Accesso in Sala Carmeli, Via G. Galilei 36 – Padova solo con Green Pass.

Recensione del libro a cura di Sandra Fabbro Canzian per l’Associazione Italiarmenia.

Info web

https://www.italiarmenia.it/sito/

Nagorno-Karabakh: soldati armeni morti in nuovi scontri con l’Azerbaigian (Rassegna Stampa 17.11.21)

“Sono in corso intense ricerche per trovare i militari dispersi. Due postazioni militari sono passate sotto il controllo dell’avversario. Ora sono in corso negoziati mediati dalla Russia per risolvere la situazione e garantire la restituzione dei militari armeni catturati”. Diversa la versione del ministero della Difesa azerbaigiano, secondo cui le vittime degli scontri avvenuti ieri sarebbero solo sette, mentre dieci sono quelli feriti. “La provocazione militare commesse dall’Armenia al confine è completamente fallita. Le condizioni operative sono sotto il nostro controllo”, ha riferito il dicastero sul suo canale Telegram, specificando che le Forze armate dell’Azerbaigian continuano a svolgere le loro attività. “La leadership politico-militare dell’Armenia è pienamente responsabile della tensione e del confronto causati dall’occupazione armena”, ha riferito il dicastero.
L’ambasciatore armeno in Russia Vardan Toghanyan ha dichiarato oggi all’agenzia di stampa “Sputnik” che la situazione è stabile dopo gli scontri di ieri al confine, anche se non si può escludere nulla. “È difficile fornire informazioni certe: dipende da come si svilupperà la situazione”, ha detto il diplomatico quando gli è stato chiesto se Erevan ha intenzione di appellarsi all’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva (Csto) per chiedere aiuto sulla situazione del confine. Toghanyan ha aggiunto che sono tutt’ora incorso i contatti tra Erevan e Mosca. “Questo problema è ancora un dato di fatto e ne stiamo parlando”, ha detto il diplomatico, quando gli è stato chiesto se Erevan sta sollevando la questione dei militari armeni catturati dall’Azerbaigian dopo gli scontri di ieri. Intanto oggi i segretari dei Consigli di sicurezza armeno e azerbaigiano, Armen Grigoryan e Ramil Usubov, partecipano alla riunione annuale con gli omologhi della Comunità degli Stati indipendenti (Csi) a Mosca.

Nova News


Nagorno-Karabakh, la tregua dopo la pericolosa scintilla (Vaticannews)


NAGORNO-KARABAKH: Nuovi scontri fanno temere un’altra guerra (Eastjournal)


Dopo aver occupato 2/3 dell’Artsakh, esercitazioni di invasione azera in Armenia. L’alleato del turco Erdogan, l’azero Aliyev sogna nuove conquiste. Solo la Russia difende l’Armenia cristiana (Korazym)


Azerbaigian e Armenia hanno adottato misure per stabilizzare la situazione ai loro confini (Trt)


Armenia: 15 militari uccisi negli scontri con le forze azere nel conflitto per il Nagorno Karabakh. Collegamento con Mariano Giustino da Ankara

Aladura, la memoria del genocidio degli Armeni (Il Friuli 17.11.21)

Giovedì 18 novembre, all’Auditorium Vendramini, ‘viaggio’ attraverso il diario di una donna armena vissuta nei primi decenni del 1900 e testimone della tragedia di un popolo

Dopo la preziosa testimonianza di Lidia Maksymowicz, Aladura, giovedì 18 novembre alle 20.30 all’Auditorium Vendramini, propone la memoria del genocidio degli Armeni attraverso il diario di una donna armena vissuta nei primi decenni del 1900 e testimone del genocidio armeno. Un prezioso documento che in Francia è stato accostato al diario di Anna Frank …
L’incontro vedrà protagoniste due donne, Antonia Arslan e Anny Romand, la prima scrittrice e saggista italiana di origine armena, autrice di numerosi saggi, è  particolarmente conosciuta per il romanzo “La masseria delle allodole” (2004); la seconda scrittrice e traduttrice e autrice del libro “Mia nonna d’Armenia” (La Lepre Edizioni, 2020).

Nel 2014, riordinando le cose di famiglia, Anny Romand scopre un  quaderno di settanta pagine di cui non sapeva nulla. Scritto da sua nonna nel 1915 in armeno, francese e greco,  racconta il viaggio di un gruppo di donne e bambini armeni sulle strade dell’Anatolia, verso il deserto e la morte. Nel libro vengono pubblicati alcuni estratti di quel quaderno, in parallelo con le conversazioni che l’autrice aveva con la nonna che l’ha cresciuta. Confrontando il ricordo di quelle conversazioni con le terribili descrizioni del quaderno, Anny Romand rivive l’infinito dolore degli Armeni, filtrato attraverso gli occhi di una bambina. L’innocenza di fronte all’orrore. “Quando avevo otto anni mia nonna mi raccontava la sua storia, la storia tragica del massacro degli armeni, avvenuto cinquant’anni prima. Ero la sola ad ascoltarla, affascinata e sconvolta. Mia madre era molto contrariata quando ci trovava in lacrime, una nelle braccia dell’altra: la farai impazzire, questa bambina! …Ma dal racconto di mia nonna emergeva una giovane donna colta, bella, raffinata e libera. Vorrei condividere con voi quel  racconto”.

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Armenia-Azerbaijan: Yerevan annuncia il cessate il fuoco (Rassegna stampa 16.11.21)

“Tra il silenzio dei nostri partner della comunità internazionale, l’Azerbaijan e i suoi sostenitori continuano le loro azioni aggressive”, ha detto Nikol Pashinyan, Primo ministro armeno. “La mia Mvalutazione è inequivocabile: l’Azerbaigian e i suoi sostenitori stanno prendendo di mira la nostra sovranità, la nostra statualità, la nostra indipendenza”.

Di tutt’altra opinione Baku: “Per prevenire un attacco da parte delle forze armate armene, le nostre unità nel sud ovest hanno immediatamente preso delle misure”, ha dichiarato Anar Aivazov, portavoce del Ministero della Difesa azero. “Inizialmente, è stato limitato il movimento degli armeni, danneggiando anche i loro mezzi. Il dispositivo anticarro armeno e il mortaio sono stati distrutti”.

L’anno scorso migliaia di persone sono morte durante il conflitto tra Armenia e Azerbaijan, per il territorio conteso del Nagorno-Karabakh. Conflitto conclusosi grazie a un accordo di pace mediato dalla Russia, ma che non ha spento del tutto le tensioni.

Euronews 


Armenia: 15 militari uccisi negli scontri a fuoco con le forze azere (TGCOM24 )


Nagorno: Ue a Azerbaigian e Armenia, subito de-escalation (Ansa)


La mediazione della Russia ferma gli scontri tra Armenia e Azerbaigian (Antidiplomatico)


In atto un’operazione turco-azera per annientare l’Armenia e l’Artsakh. Oggi nuova aggressione sul territorio armeno. Assordante silenzio dell’Unione Europea disinteressata (Korazym)


Armenia-Azerbaigian: Erevan chiede intervento russo per proteggere sua integrità territoriale (Novanews)


Armenia e Azerbaigian. Scontri e morti al confine: Erevan chiede intervento Russia (Antidiplomatico)


Armeni-Azerbaigian: Farnesina, Italia accoglie con favore accordo per cessate il fuoco (Lapresse)


Quindici armeni furono uccisi e scoppiò di nuovo il conflitto con l’Azerbaigian (Tgcomnews24)


La narrazione agit-prop della diplomazia azera, alla luce delle parole di odio contro gli Armeni dell’arrogante dittatore guerrafondaio, ad un anno dalla fine della sua guerra contro l’Artsakh (Korazym)


Armenia: cessate il fuoco con Azerbaigian grazie a mediazione russia (LaPresse)


Armenia, ministero Difesa denuncia: 12 soldati catturati al confine con l’Azerbaigian (Sputnik)


Nagorno-Karabakh: Farnesina, bene cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaigian

Roma, 16 nov 22:11 – (Agenzia Nova) – L’Italia ha accolto con favore la notizia del raggiungimento di un accordo per il cessate il fuoco mediato dalla Russia dopo i nuovi violenti scontri tra forze armate azerbaigiane e armene in prossimità del confine internazionale tra i due Paesi. Lo riferisce la Farnesina. “Invitiamo le parti a garantire la tutela della popolazione civile e ad attuare ogni misura di ricostruzione della fiducia reciproca al fine di favorire il percorso verso una soluzione sostenibile, in particolare sotto gli auspici dell’Osce”, si legge nella relativa nota ufficiale.

Nagorno-Karabakh: Putin e Raisi ritengono inaccettabile cambiamento situazione geopolitica Caucaso (Antidiplomatico 16.11.21)

Russia e Iran si avvicinano sempre più. La parte iraniana è pronta a concludere un accordo a lungo termine sulla cooperazione globale con la Russia, ha dichiarato il presidente iraniano Ebrahim Raisi durante una conversazione telefonica con il suo omologo russo Vladimir Putin.

“Siamo pronti a concludere il documento sulla cooperazione globale a lungo termine tra i due paesi al fine di accelerare il processo di ulteriore espansione dell’interazione bilaterale”, ha affermato il servizio stampa presidenziale citando il leader iraniano.

Secondo Raisi, “le posizioni di Teheran e Mosca sono vicine su molte questioni internazionali”. “L’opposizione all’approccio unilaterale e l’aumento del multipolarismo sono le caratteristiche comuni dei due Stati”, ha osservato il leader iraniano.

Una vicinanza che si conferma anche su temi molto caldi come il riaccendersi del conflitto tra Armenia e Azerbaigian. I due leader ritengono inaccettabile qualsiasi cambiamento di confine in Caucaso. Putin e Raisi hanno fatto sapere di ritenere qualsiasi cambiamento della situazione geopolitica e dei confini dei Paesi della regione caucasica come inaccettabile.

A tal proposito Putin ha espresso la propria preoccupazione per l’attuale situazione nel Nagorno-Karabakh, affermando che sia necessario aumentare il livello di fiducia e cooperazione nel Caucaso, attraverso l’implementazione del meccanismo di consultazione nel formato 3+3, in merito al quale il presidente russo ha espresso speranza circa il sostegno dell’Iran.

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