Dopo 10 giorni di proiezioni di documentari e pellicole d’animazione, il Festival del film e forum internazionale sui diritti umani di Ginevra ha proclamato il vincitore del Gran Prix. Si tratta della pellicola armena “Aurora’s Sunrise” di Inna Sahakyan. A ritirare il premio un rappresentante della delegazione armena presso l’Onu in quanto la regista e produttrice non è riuscita ad essere presente in Svizzera.
Il film evoca il genocidio armeno del 1915 attraverso la storia di una giovane donna sopravvissuta Aurora Mardiganian. Una sceneggiatura che mescola la forza della testimonianza, le immagini di un film che si credeva perso e l’impiego di un’animazione acquerello.
Il regista ha usato le testimonianze dirette con immagini d’archivio del Belgio. “Uno dei motivi per cui ho realizzato questo film è che volevo anche riappropriarmi della narrazione. Questa storia non si tramanda solo nella mia famiglia. Gli afro-discendenti non conoscono la storia del paese di origine dei loro genitori. Chi custodisce questa memoria e come ci riappropriamo di questi archivi per raccontare una storia dal nostro punto di vista?”, ha sottolineato il regista.
Nella sezione “Documentary Focus, il Premio dell’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT) è andato al film “Etilaat Roz“, dal nome del più grande quotidiano di Kabul. La pellicola, di Abbas Rezaie, racconta il ritorno dei talebani al potere in Afghanistan e sulla vita d’inferno dei giornalisti che hanno perso ogni libertà di espressione. “L’ho fatto per raccontare la storia, vengo dalla guerra. Come attivista sociale, i miei amici e le reti che lavorano in tutto il mondo dovrebbero responsabilizzare i politici che stanno decidendo per quel Paese”.
Nella sezione “Documentari di creazione” i membri della giuria hanno premiato anche “Seven Winters in Tehran” (menzione speciale della Giuria) della regista Steffi Niederzoll. Nel vasto palmarès 2023, che premia un totale di 11 opere, figura anche il film iraniano “Beyond the Wall’, di Vahid Jallivand, che ha ottenuto il Gran Premio della Fiction.
Il Festival di Ginevra ha accolto oltre 29mila spettatori e ospitato dibattiti su temi di attualità incentrati sui diritti umani in presenza di 220 invitati.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-20 20:05:472023-03-21 20:07:26Grand Prix de Genève al film "Aurora’s Sunrise". Tanti i documentari sui temi di attualità (Euronews 20.03.23)
Gli Amici dell’Istituto Romano Bruni di Padova ci comunicano che gli studenti del Liceo hanno incontrato la scrittrice di origini armene Antonia Arslan per dialogare con lei sulla sua opera “Il destino di Aghavni“. Riportiamo per intero il Comunicato della scuola:
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A fine febbraio è stata ospite del nostro liceo Antonia Arslan per dialogare sul suo ultimo libro “Il destino di Aghavnì”, che narra la storia di una famiglia armena all’inizio del genocidio del loro popolo.
Gli studenti del liceo Bruni avevano letto il libro, dialogato con gli insegnanti, sviluppato osservazioni e domande. Il giorno 27 febbraio si è tenuto il momento conclusivo di un lavoro molto denso dove si sono incontrate le esigenze profonde dei ragazzi, risvegliate dalle vicende del libro, e le strade di risposta che la prof.ssa Arslan ha percorso nella sua vita e nel suo lavoro di scrittrice.
Arslan ha fatto subito presente che per lei l’incontro con i lettori, tanto più se giovani, è di fondamentale importanza perché nelle loro letture e interpretazioni scopre e capisce di più ciò che ha scritto. E “Il destino di Aghavnì” non era ancora stato oggetto di un incontro nelle scuole. Questo il piacevole primato.
Gli interventi degli studenti hanno preso spunto dalla storia della famiglia armena narrata nel libro (Aghavnì, suo marito Alfred e i loro due figli), ma presto e facilmente, grazie alle travolgenti vicende e ai profondi caratteri dei personaggi, sono arrivati a cogliere tratti di esperienza personale e domande essenziali per affrontare il proprio presente: meglio essere sognatori e magari finire uccisi o realisti e rimanere vivi? Bisogna vivere o sopravvivere? Dove possiamo oggi trovare la fiducia nel futuro e la speranza per andare avanti? Quale umanità scatta quando un uomo è di fronte ad un altro uomo e lo sente simile? Cosa significa avere fede e perché i suoi personaggi non la perdono anche di fronte a immani tragedie? Quando ci si può sentire a casa anche se si è in un luogo straniero? Che importanza ha avere delle radici? Altre domande hanno poi riguardato il genocidio armeno o le motivazioni e il processo inventivo della scrittura.
Le risposte della prof.ssa Arslan non hanno spento il fuoco ardente che stava sotto a queste domande, ma anzi lo hanno alimentato, prima spiegando nel merito le sue idee e poi chiedendo a sua volta ai ragazzi di ampliare il loro sguardo, di mettersi in profonda discussione guardando a sé e alla propria esperienza: le risposte, così, non hanno riguardato solo il libro, ma anche il flusso di vita in esso descritto, che può essere vissuto oggi da me e da te. In alcuni momenti si è alzata in piedi, per guardare meglio i ragazzi, in altri ha letto e raccontato altre storie per esemplificare il suo pensiero, sempre con viso franco e aperto ad un pacificante sorriso in cui traspariva l’accoglienza di quelle domande e il gusto nel proporre o nel cercarne assieme la risposta.
Queste alcune frasi, tratte dai appunti, che pensiamo importanti per dare un’idea dell’intensità della conversazione a chi non ha potuto partecipare.
Le circostanze vanno innanzitutto guardate e accettate perché il sogno può spingere a cambiare le cose, ma può anche renderti cieco e farti vivere completamente in un mondo che non c’è. C’è un adesso e c’è un dopo. Il problema è il cuore, è accettare la responsabilità che si porta verso di sé e verso le persone che ti stanno vicino. E si può accettare le circostanze fino a sorriderne profondamente.
Siamo qui! Non altrove. Di fronte a ciò che vivi, per capire e giudicare cosa sia bene o male, c’è bisogno di scendere dentro noi stessi. Nel profondo di noi c’è qualcosa di noi che dobbiamo ancora trovare, c’è un lago profondo dove la vita ha depositato ciò che conta. Tu lo sai, con questo devi fare i conti perché tu sarai sempre con te stesso. Brontolate pure, ma il lago profondo c’è ed è un’altra cosa da quel lamento. E fate una cosa bella: criticate voi stessi, prendetevi un po’ in giro, guardandovi con un po’ di ironia.
Oltre a guardare profondamente sé, è necessario poi aprirsi all’altro, guardare fuori in ricerca di un’amicizia autentica. Ed è possibile solo se tu sei generoso con chi ti sta vicino. Guardate che l’avidità fa tirare fuori il peggio dell’uomo, lo stimola al male. E’ questa terribile inclinazione che ha fatto sì che la gente seguisse il Nazismo e permettesse il genocidio degli Ebrei, come anche quello degli Armeni. Dovete invece pensare che siamo della stessa famiglia, in cui l’umano c’è dentro l’uomo.
La fede non si perde per mistero ed è un mistero conservarla, ma è una cosa così reale che permette di vivere e di vedere persino la morte in un altro modo: un passaggio.
Se scrivo, è perché non posso farne a meno, ho cercato una storia di famiglia e ho trovato le mie radici. C’è una forza che ti spinge a scrivere, che poi ha bisogno di tempo e di pazienza per far vedere ciò che è stato sprigionato in te. Correggersi, rileggere, riflettere. Fatelo! Serve non solo per scrivere, ma per vive
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-20 20:03:092023-03-21 20:04:23Scuole Romano Bruni – Padova: Il Destino di Aghavni e il nostro (Foe.it 20.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.03.2023 – Vik van Brantegem] – Gli Armeni dell’Artsakh non stanno solo combattendo per la loro sopravvivenza, stanno combattendo per le loro montagne e il loro Paese ancestrale. Per loro, vivere in Artsakh significa coraggio. Stanno lottando per dei valori, per la libertà contro il regime autocratico dell’Azerbajgian, che spara sui propri cittadini mentre protestano per la mancanza di acqua.
Nel 98° giorno del #ArtsakhBlockade, nessun cambiamento per la situazione in Arsakh/Nagorno-Karabakh. Continua il blocco stradale nel Corridoio di Berdzor (Lachin) sull’autostrada Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert che collega l’Artsakh con l’Armenia. Dal 12 dicembre 2022 tutto il transito e il traffico civile sono fermi. Solo i veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rosse e del contingente di mantenimento della pace russo transitano per scopi umanitari.
Il dittatore guerrafondaio e genocida dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, minaccia: lascia che pulisca etnicamente il Karabakh, o attaccherà l’Armenia [QUI] #StopArtsakhBlockade #StopAliyev.
Come abbiamo riferito ieri 18 marzo 2023, Aliyev ha lanciato nuove minacce all’Armenia e l’Artsakh, rivolgendosi al popolo azero in occasione dell’inizio delle vacanze di Nowruz, con un discorso nel villaggio di Talish, del distretto di Tartar dell’Azerbajgian (nella parte della provincia di Martakert della Repubbblica di Artsakh, occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian con la guerra dei 44 giorni di fine 2020) [QUI].
In occasione del suo viaggio per promuovere il programma di reinsediamento illegale nei territori occupati della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, durante la visita al villaggio di Talish, Aliyev ha affermato, in aggiunta a quanto abbiamo già riferito ieri: «Durante l’occupazione, ho ripetutamente affermato che se la questione non viene risolta pacificamente, libereremo le nostre terre natali dagli invasori attraverso la guerra. Notate quanto è diventata imprudente la leadership armena. Volevano privare il popolo azero dei suoi legittimi diritti dicendo “Il Karabakh è l’Armenia, punto e basta”. Sfortunatamente, le forze dietro l’Armenia, inclusi i Paesi che all’epoca co-presiedevano il Gruppo di Minsk dell’OSCE, non hanno reagito in alcun modo a questa dichiarazione, e ora, dopo che l’Azerbajgian ha liberato la sua terra natale, basta guardare quanti passi ingiusti vengono compiuti contro di noi e quanti loschi affari vengono commessi. I patroni dell’Armenia, i Paesi coinvolti nella politica di aggressione dell’Armenia ci hanno dichiarato una guerra dell’informazione. In qualche Paese organizzano alcune conferenze e simposio relativi agli affari interni dell’Azerbajgian, alcuni Paesi filo-armeni riconoscono l’”indipendenza del Nagorno Karabakh”, che non è sulla mappa del mondo e non esiste nel territorio dell’Azerbajgian. Che cosa significa? Significa che durante l’occupazione, l’unico scopo di tutte quelle forze era di perpetuare questa occupazione. Non volevano risolvere il conflitto, ma congelarlo».
Ilham Aliyev, Presidente della Repubblica di Azerbajgian, 19 marzo 2023 ore 05.55: «C’è una condizione affinché possano vivere comodamente su un’area di 29.000 km2: l’Armenia deve accettare le nostre condizioni».Tural Ganjali, Membro del Parlamento della Repubblica di Azerbaigian, in rappresentanza della città di Khankendi (cioè, la capitale della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, quindi, rappresenta solo se stesso), Responsabile della piattaforma di esperti “Baku Network”, 19 marzo 2023 ore 05,22: «Se la Repubblica di Armenia vuole vivere entro 29.000 km2 quadrati, deve ricambiare le proposte di pace dell’Azerbajgian».
Le condizioni di “pace” dell’Azerbajgian sono:
1. Lasciare alla sua misericordia genocida 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh che sta congelando/muore di fame dal 12 dicembre 2022 con il #ArtsakhBlockade.
2. Consegnare la metà dell’Armenia sovrana – tra cui il cosiddetto “Zangezur occidentale” [Syunik, la provincia più meridionale dell’Armenia, che confina con la provincia di Vayots Dzor a nord, l’exclave della Repubblica Autonoma di Nakhchivan dell’Azerbajgian a ovest, l’Azerbajgian a est e l’Iran a sud; la sua capitale e città più grande è la città di Kapan; è collegata con l’Artsakh attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin)] – all’Azerbajgian.
Questo per iniziare. Poi, seguirà il cosiddetto “Azerbajgian occidentale” (l’Armenia per intero).
«Formalmente, anche in epoca sovietica, il territorio dell’Armenia era di 29.800 km2. Dove sono gli altri 800 km2? Di che tipo di riconoscimento territoriale reciproco parla Ilham Aliyev?» (David Galstyan, giornalista armeno).
Il autocrate dell’Azerbajgian Aliyev ha chiarito una cosa cruciale: se l’Artsakh/Karabakh cade, non si fermerà qui. L’Azerbajgian non è interessato alla pace, vuole l’Artsakh e l’Armenia. Il messaggio del dittatore dell’Azerbajgian Aliyev è mostrato sotto la mappa qui sopra: «Torneremo nelle nostre terre storiche!» (l’Azerbajgian occidentale, cioè l’Armenia). Le parti colorate sono le province dell’Armenia.
Dr. Ali Demirdas: «Aliyev: “L’Armenia deve adempiere ai suoi obblighi, altrimenti parleremo la lingua che capiranno”».
«Perché dico che molti nella società turca sono ancora genocidi. Ecco un studioso di The Fulbright Program (il programma di scambio internazionale di punta del governo degli Stati Uniti: “Costruire la comprensione reciproca in un mondo complesso e in evoluzione da 75 anni”), con dottorato di ricerca dall’Università della South Carolina e anni di lavoro con il International Studies Program del College di Charleston, un programma interdisciplinare presso la School of Languages, Cultures & World Affairs, pubblica con orgoglio l’incitamento all’odio anti-armeno del despota dell’Azerbajgian e le minacce di una nuova guerra/aggressione, mentre il #ArtsakhBlockade continua» (Nara Matini).
Gli “eco-attivisti” azeri che intrappolano 120.000 persone nel Nagorno-Karabakh sono tornati a cantare “il più grande soldato è il nostro soldato!”, a ciò che il governo dell’Azerbajgian assurdamente ancora sostiene sia una “eco-protesta”. Nessuno ci crede, neanche loro stessi.
«Loro non sono Ucraine, non interessano al mondo. Fino a quando gli Armeni subiranno il piano di genocidio del regime del dittatore Aliyev? Quante linee rosse deve attraversare il sanguinario dittatore Aliyev prima di essere finalmente condannato?» (Nanou Likjan).
«La guerra è finita, ma l’Azerbajgian rifiuta di liberare i prigionieri di guerra; occupa altri villaggi e alture in Artsakh; invade l’Armenia in diverse occasioni e conquista territorio strategicamente importante per circa 150 km2, ha bombardato 36 città dell’Armenia; dal 12 dicembre ha imposto il genocida #ArtsakhBlockade» (Nara Matini).
«Oggi a Sotk, villaggio armeno al confine con l’Azerbajgian. È stato pesantemente bombardato durante un attacco dell’esercito dell’Azerbajgian che ora controlla diverse aree circostanti e altri territori dell’Armenia. Gli abitanti locali temono ulteriori imminenti offensive azere» (Luca Steinman, giornalista italiano).
Quotidiana violenza azera in Artsakh. I soldati dell’Azerbajgian hanno sparato contro un agricoltore 34enne che stava eseguendo lavori con un trattore nei campi del villaggio di Taghavard, nella regione di Martuni di Artsakh. Quasi tutti i giorni vengono registrate violazioni azere in Artsakh. Dal cessate il fuoco del 9 novembre 2020, la parte occidentale del villaggio di Taghavard è sotto il controllo militare dell’Azerbajgian e la parte orientale è rimasto sotto il controllo dell’Artsakh. Durante la prima metà di luglio 2021, circa 38 case sono state demolite nella metà occidentale, rimangono postazioni militari. Ci sono stati numerosi episodi di violazione del cessate il fuoco e tensioni proprio in quest’area, dal 18 maggio 2021 all’11 marzo 2023.
La pratica del terrore contro la popolazione civile dell’Artsakh dimostra che Aliyev sta portando avanti una politica di pulizia etnica.
L’unità delle forze speciali della base militare del distretto militare meridionale russo in Armenia ha condotto un addestramento pianificato presso la loro base militare a Gyumri, con azioni pratiche per contrastare i gruppi di sabotaggio nemici. Durante l’addestramento, è stato svolto uno scenario in cui un gruppo di sabotaggio e ricognizione di un finto nemico ha tentato di attaccare un posto di blocco del complesso. I militari dell’unità delle forze speciali hanno eliminato le forze “nemiche” utilizzando armi standard, mezzi per simulare esplosioni e munizioni a salve. Sempre durante l’addestramento, i militari hanno perlustrato il territorio per il rilevamento di esplosivi con l’ausilio di attrezzature e attrezzature speciali, nonché di squadre cinologiche di cani da guardia. Al termine dell’azione di addestramento, le forze speciali hanno eseguito esercizi sulla pratica di tecniche di combattimento corpo a corpo, guida di veicoli, nonché azioni quando il “nemico” utilizza sostanze velenose nel rispetto delle norme per l’uso dei dispositivi di protezione individuale.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-19 15:41:572023-03-20 15:42:46Novantottesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Aliyev continua a minacciare l’uso della forza contro l’Artsakh e l’Armenia (Korazym 19.03.23)
Il film «Aurora’s Sunrise» di Inna Sahakyan, che evoca il genocidio armeno del 1915 attraverso la storia di Aurora Mardiganian, si è aggiudicato il Grand Prix de Genève della 21esima edizione del Festival Internazionale del Film e Forum sui Diritti (FIFDH) che si conclude oggi a Ginevra.
In una nota la giuria ha elogiato «la ricostruzione della memoria attraverso una sceneggiatura che mescola la forza della testimonianza, le immagini di un film che si credeva perso e l’impiego di un’animazione acquerello che ha lo spessore di ricordi tragici. Un’opera cinematografica contro la dimenticanza del genocidio armeno».
I membri della giuria internazionale Documentari di creazione hanno inoltre premiato il film «Colette e Justin» di Alain Kassanda (Premio Gilda Vieira de Mello) e «Seven Winters in Tehran» (menzione speciale della Giuria) della regista Steffi Niederzoll. Nel vasto palmares 2023, che premia un totale di 11 opere, anche il film iraniano «Beyond the Wall», di Vahid Jallivand che ha ottenuto il Gran Premio della Fiction.
Per 10 giorni il Festival ha accolto oltre 29’000 spettatori ed ospitato dibattiti su temi di attualità incentrati sui diritti umani in presenza di 220 invitati di prestigio. Tra i film proposti, «We Will Not Fade Away» (Ucraina), di Alisa Kovalenko che segue i sogni e le paure di 5 adolescenti nel Donbass, prima dell’invasione russa, seguito da un dibattito su un possibile tribunale internazionale per punire i crimini di guerra.
La 21esima edizione si era aperta in presenza del Presidente della Confederazione Alain Berset, della madrina del FIFDH, la cantante Barbara Hendricks e dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Volker Türk. Come ogni anno, il Festival si è svolto parallelamente alla principale sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-19 15:39:402023-03-20 15:41:42CinemaGinevra: film su genocidio armeno premiato al FIFDH (Cdt 19.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.03.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi in Azerbaigian è iniziata una vacanza di Nowruz più lunga del solito. Secondo la relativa decisione del Consiglio dei Ministri, il 20, 21, 22, 23 e 24 marzo 2023 sono le 5 festività di Nowruz, a cui si aggiungono altri 4 giorni, poiché il 18 e 19 marzo sono sabato e 25 e 26 marzo domenica. Quindi, un totale di 9 giorni consecutivi (dal 18 al 26 marzo) sono giorni non lavorativi in Azerbajgian per le vacanze di Nowruz.
Gli analisti iraniani sono dell’opinione che Aliyev stia testando le acque per lanciare un’offensiva durante le vacanze di Nowruz. Baku sta spostando truppe e, soprattutto, attrezzature pesanti ai confini e le linee di contatto dal 14 marzo 2023. I campanelli d’allarme suonano forti e chiari. Senza deterrenza le cose si metteranno molto male nel Caucaso meridionale.
Foto di copertina, Stepanakert oggi: «Code interminabili con madri che tengono in braccio i bambini, scaffali vuoti nei negozi, rumore orribile dei generatori a causa del blackout continuo ovunque in città. È il 97° giorno del #ArtsakhBlockade» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).
Un comando delle forze speciali dell’Azerbajgian nelle zone occupate dell’Artsakh con un manifesto: «Karabakh è Azerbajgian».
L’Azerbaigian domenica 27 settembre 2020 ha lanciato una guerra di 44 giorni contro l’Armenia nel Nagorno-Karabakh con armi da Israele, consiglieri dalla Turchia e mercenari Siriani dalla Turchia e nessuna resistenza dall’Occidente.
Oggi 18 marzo 2023, il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha lanciato nuove minacce all’Armenia e l’Artsakh, rivolgendosi al popolo azero in occasione dell’inizio delle vacanze di festa di Nowruz, con un discorso nel villaggio di Talish [*], del distretto di Tartar dell’Azerbajgian (nella parte della provincia di Martakert della Repubbblica di Artsakh, occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian con la guerra dei 44 giorni di fine 2020):
«Durante la seconda guerra del Karabakh, ci è stata fatta tanta pressione e tanta assistenza è stata fornita all’Armenia. Gli alleati dell’Armenia hanno cercato di fermarci in diversi modi. Ma nessuno poteva ostacolarci. Non possono ostacolarci oggi e non potranno nemmeno domani».
«Così tanta aiuto è stata data all’Armenia, ma nessuno ha potuto ostacolarci né allora, né adesso».
«Sfortunatamente, l’Armenia non ha ancora imparato la lezione della seconda guerra del Karabakh. Perché stiamo vedendo che forze vendicative sono sorte in Armenia. Le rivendicazioni territoriali contro l’Azerbajgian e le terre azere sono ancora avanzate in Armenia».
«Stiamo avvertendo la leadership armena di astenersi da queste azioni sporche. Stiamo anche avvertendo alcuni paesi che sostengono l’Armenia da qui, dal villaggio liberato di Talish, di fermare queste azioni sporche. Nessuna forza esterna può infrangere la volontà dello Stato e del popolo dell’Azerbajgian».
«L’Armenia e i Paesi ipocriti dietro di essa dovrebbero sapere quale sarà il risultato. Dovrebbero sapere che nessun piano sporco contro di noi funzionerà. Abbiamo potere, abbiamo amici, abbiamo una posizione forte nel mondo e abbiamo una forte determinazione Lo abbiamo dimostrato durante la guerra e nel dopoguerra».
«Ogni piano sporco contro di noi sarà affrontato con la nostra forte volontà, la nostra politica forte e il nostro esercito vittorioso».
«Se l’Armenia non riconosce la nostra integrità territoriale, noi non riconosceremo la loro integrità territoriale».
[*] Talish è un villaggio rurale della regione di Martakert nella Repubblica di Artsakh, nell’angolo nord orientale del territorio dell’Artsakh a pochi chilometri dal confine con l’Azerbajgian. Per tale motivo l’area era stato spesso oggetto di monitoraggio da parte delle delegazioni del Gruppo di Minsk dell’OSCE per la verifica del rispetto dell’accordo di cessate il fuoco dopo la prima guerra del Nagorno-Karabakh. Nei pressi sorge il monastero di Horekavank. Nel corso della guerra dei quattro giorni del Nagorno Karabakh (2-5 aprile 2016), il villaggio viene occupato dalle forze azere e molte abitazioni subiscono gravi danni. Alcuni civili sono uccisi e si registrano casi di brutalità con mutilazioni come nel caso dell’anziana famiglia Khalapyan. Al termine del breve conflitto il villaggio ritorna sotto controllo armeno anche se per alcune settimane gli abitanti rifiutano di tornare temendo nuove azioni nemiche. Con la guerra dei 44 giorni di fine 2020 il villaggio è tornato sotto controllo dell’Azerbajgian.
Ilham Aliyev con il fuoco di Nowruz a Talish, oggi.
«È così che l’Azerbajgian celebra la pulizia etnica. Talish, uno dei villaggi armeni antichi del Nagorno-Karabakh, è la mia casa. Sono nato lì, ci sono andato a scuola. Talish è passato sotto il controllo dell’Azerbajgian nel 2020. Tutti i residenti, inclusa la mia famiglia, sono rimasti senza casa. Ora Azerbajgian fa insediamenti illegali» (Anush Ghavalyan, giornalista).
La valutazione del Ministero degli Esteri dell’Armenia è chiara: con i suoi discorsi e le sue azioni aggressive, l’Azerbajgian si prepara a sottoporre gli Armeni del Nagorno-Karabakh al genocidio e a una nuova aggressione contro l’Armenia.
Dichiarazione del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Armenia, 18 marzo 2023
“Non ci sarà nessun trattato di pace”; questa è una citazione dal discorso del Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, fatto il 18 marzo 2023.
Il Presidente Aliyev ha rilasciato questa dichiarazione nel villaggio di Talish del Nagorno-Karabakh, spopolato a causa della guerra dei 44 giorni.
In Talish, così come in altre regioni spopolate dalla guerra dei 44 giorni, l’Azerbajgian sta attuando apertamente programmi di reinsediamento nel tentativo di eliminare la traccia armena dai territori del Nagorno-Karabakh che sono passati sotto il suo controllo. All’inizio degli anni ’90, anche la regione di Shahumyan, la sottoregione di Getashen e altri insediamenti con una numerosa popolazione armena hanno subito un destino simile.
Le suddette azioni dell’Azerbajgian sono in diretta contraddizione con il punto 7 della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, secondo la quale gli sfollati interni e i rifugiati devono tornare nel territorio del Nagorno-Karabakh e nelle regioni adiacenti sotto il controllo dell’Alto Commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite.
Con la politica di reinsediamento illegale e la pratica di terrorizzare gli Armeni del Nagorno-Karabakh, Baku ufficiale sta facendo di tutto per rendere impossibile l’attuazione della suddetta disposizione della dichiarazione trilaterale.
L’Azerbajgian sta facendo di tutto per rendere impossibile la pace nella regione. Il 6 ottobre 2022 a Praga e il 31 ottobre 2022 a Sochi, i leader di Armenia e Azerbajgian hanno adottato dichiarazioni secondo le quali, sulla base della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione di Alma-Ata del 1991, l’Armenia e l’Azerbajgian si riconoscono reciprocamente integrità e sovranità, e il processo di delimitazione tra i due Paesi dovrebbe svolgersi esclusivamente su questa base. Nonostante ciò, il 18 marzo, il Presidente dell’Azerbajgian ha nuovamente annunciato che la delimitazione del confine dovrebbe avvenire alle condizioni stabilite dall’Azerbajgian e da tempo parla continuamente di alcune mappe storiche.
L’Azerbajgian non solo mantiene sotto occupazione i territori sovrani della Repubblica di Armenia che ha occupato illegalmente il 12 maggio e il 17 novembre 2021 e nel settembre 2022, ma ha anche introdotto il cosiddetto discorso “Azerbaigian occidentale” e dichiara praticamente l’intero territorio della Repubblica di Armenia come terra azera.
Ciò significa l’espressione di rivendicazioni aperte nei confronti praticamente dell’intero territorio sovrano della Repubblica di Armenia. L’Azerbajgian minaccia anche l’Armenia se quest’ultima non accetta tali affermazioni.
L’Azerbajgian continua le gravi violazioni delle dichiarazioni trilaterali e quadrilatere adottate in vari formati, e in pratica non c’è una sola clausola in quelle dichiarazioni che l’Azerbajgian non abbia violato: chiusura illegale del Corridoio di Lachin, detenzione di prigionieri di guerra armeni e altri prigionieri in detenzione illegale fino ad ora, ostacolando l’apertura delle comunicazioni regionali con discorsi infondati di “corridoio”.
Inoltre, il Presidente dell’Azerbajgian ha violato l’impegno assunto il 18 febbraio 2023 di discutere con gli Armeni del Nagorno-Karabakh la questione dei loro diritti e garanzie.
Solo poche settimane dopo il suddetto impegno l’Azerbajgian ha annunciato che avrebbe discusso la questione dell’”integrazione degli Armeni del Karabakh”, e le dichiarazioni rilasciate a Talish, il blocco illegale del Corridoio di Lachin, l’attacco terroristico del 5 marzo lo dimostrano che l’Azerbajgian intende risolvere almeno la questione dell’assimilazione degli Armeni del Nagorno Karabakh, e gli allarmi dell’Armenia sui preparativi ufficiali di Baku per sottoporre gli Armeni del Nagorno-Karabakh al genocidio non dovrebbero essere ignorati dalla comunità internazionale.
Nel discorso dell’ultimo periodo, l’Azerbajgian ha trovato una nuova accusa contro la Repubblica di Armenia, accusandola di essere un Paese monoetnico e cercando di creare l’impressione che, a differenza dell’Armenia, l’Azerbajgian sia un paese multietnico. Secondo la Costituzione della Repubblica di Armenia, quattro minoranze nazionali hanno un mandato nel più alto organo legislativo del paese, e non esiste una regolamentazione del genere in Azerbajgian che si considera multietnico.
La valutazione del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica di Armenia è chiara: con i suoi discorsi e le sue azioni aggressive l’Azerbajgian si sta preparando per sottoporre gli Armeni del Nagorno-Karabakh al genocidio e per una nuova aggressione contro l’Armenia.
Nella situazione attuale, è necessario avviare i meccanismi internazionali per la prevenzione dei genocidi, inviare una missione conoscitiva internazionale nel Corridoio di Lachin e nel Nagorno-Karabakh, nonché condannare direttamente le azioni e le politiche aggressive dell’Azerbajgian. Allo stesso tempo, la Repubblica di Armenia esprime la sua fiducia nell’agenda di pace sulla base delle dichiarazioni trilaterali del 9 novembre 2020, 11 gennaio 2021, 31 ottobre 2022 e il quadrilatero del 6 ottobre 2022.
Il Parlamento dell’Azerbajgian definisce «la diaspora armena, da tempo tumore cancerogeno dell’Europa»
Dopo che il Parlamento Europeo ha condannato la situazione dei diritti umani in Azerbajgian e l’ha accusato di bloccare gli Armeni del Nagorno-Karabakh, La Commissione per le relazioni internazionali e interparlamentari del Milli Majlis (Assemblea nazionale) dell’Azerbajgiani, partner affidabile dell’Unione Europea per il gas, l’accusa di essere influenzata dalla diaspora armena, che definisce “da tempo tumore cancerogeno dell’Europa”.
Questo è un modo molto azero per rispondere all’ordine del Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite di aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) e alla condanna della comunità internazionale. Invece di revocare il blocco, Baku si sta spingendo anche oltre definendo la diaspora armena “da tempo tumore cancerogeno dell’Europa”, che riflette l’essenza razzista e genocida del regime di Aliyev. Il tipo di espressione che usano solo i regimi razzisti e totalitari… E dire che Ursula von der Leyen con la sua banda (di cui uno viene pure citato nel comunicato del Milli majlis) considera l’Azerbajgian un “partner affidabile”. Vergogna. Vedremo quanto questa orribile narrativa di tipo nazista illuminata sarà tollerabile per la comunità internazionale.
Quando il bue da del cornuto all’asino Dichiarazione di protesta contro il Parlamento Europeo rilasciato dal Parlamento dell’Azerbajgian, 16 marzo 2023
La Commissione per le relazioni internazionali e interparlamentari del Milli Majlis della Repubblica dell’Azerbajgian protesta con forza contro la risoluzione ingiustamente prevenuta sulle relazioni tra l’Unione Europea e l’Azerbajgian che il Parlamento Europeo ha approvato il 15 marzo 2023 e la deplora nel modo più risoluto:
«Non solo le specifiche osservazioni fuorvianti del Parlamento Europeo sull’Azerbajgian in parte riguardanti i diritti umani, le libertà fondamentali, il buon governo e così via sono ripetute nel testo della risoluzione, ma anche, e in modo molto discutibile, sciocca per la quantità di retorica falsa e offensiva in esso contenuta e mirata deliberatamente a screditare gli sforzi dell’Azerbajgian per raggiungere la pace, provocando le forze revansciste in Armenia e destabilizzando la già complessa situazione nel Caucaso meridionale in generale e nella regione economica del Garabakh dell’Azerbaigian [la Repubblica dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh] in particolare. È profondamente deludente e sconcertante che il Parlamento Europeo non solo non sia riuscito a impedire l’adozione di questo documento che offusca la sua stessa reputazione, ma sia diventato esso stesso uno strumento nelle mani di coloro che cercano di realizzare i loro nefasti piani nella regione del Caucaso meridionale attraverso il caos e la guerra.
Mettendo in discussione l’integrità territoriale dell’Azerbajgian [il riferimento è al diritto all’auto-determinazione dell’Artsakh], il documento dimostra vividamente un completo disprezzo per le leggi internazionali universalmente accettate, la stessa Carta del Parlamento Europeo e, cosa più importante, con la presentazione alla discussione in tale forma rivela senza dubbio che proveniva dall’Armenia e dalla diaspora armena, da tempo tumore cancerogeno dell’Europa.
L’insopportabile puzza di corruzione emanata da questa risoluzione, il suo odio per il nostro Paese e il disprezzo per la sua storia e il dolore che continua a sentire per l’occupazione prebellica del 20% del suo territorio, riconosciuta come tale anche a livello internazionale, dalla pulizia etnica, il genocidio di Khojaly, gli oltre 1.000.000 di rifugiati e sfollati interni, la distruzione totale delle sue città e dei suoi villaggi, del suo patrimonio storico, culturale e religioso – un tale cattivo odore erompe da ogni pagina della risoluzione. Il fervore con cui racconta le storie armene del blocco della strada di Lachin [il Corridoio di Berdzor (Lachin)] e di una “catastrofe umanitaria” indica fin troppo chiaro quanto fossero irresponsabili e parziali gli Eurodeputati quando hanno approvato una simile risoluzione.
Tuttavia, la Commissione per gli affari internazionali e interparlamentari ritiene necessario sottolineare la posizione assunta dal Commissario per l’integrazione europea e la politica di vicinato dell’Unione Europea, Oliver Várhelyi, durante i dibattiti. Questa è stata una posizione che l’Onorevole Várhelyi ha potuto assumere in modo preminente; egli, inoltre, ha saputo mantenere un approccio equilibrato nel valutare gli sviluppi nella regione. Nonostante l’incredibile pressione dei parlamentari ingiustamente prevenuti, ha espresso grande apprezzamento per il ruolo dell’Azerbajgian come partner affidabile dell’Unione Europea.
Il Comitato per le relazioni internazionali e interparlamentari del Milli Majlis della Repubblica di Azerbajgian invita i parlamentari europei a rinsavire, non a mescolare la pentola per alimentare le forze revansciste, ma a impegnarsi in un dialogo costruttivo basato sul rispetto e sulla comprensione reciproci».
I cosiddetti “eco-attivisti” azeri, che da 97 giorni stanno bloccando l’Artsakh con false accuse di disastri ambientali si recano a Shushi utilizzando autobus sulla strada che Baku ha recentemente costruito attraverso foreste secolari. Questa strada non solo ha distrutto sezioni di un’antica foresta, ma consente anche a nuove tossine di fluire nel fiume Karkar che fornisce acqua potabile e agricola a Stepanakert e Askeran, città che ospitano quasi i 2/3 dell’attuale popolazione dell’Artsakh.
La Croce Rossa dell’Azerbajgian ha ricordato ieri in un post su Twitter, che nel 2022 ha aiutato 8,575 persone in 15 comunità “colpite dal conflitto in Azerbajgian a migliorare il loro accesso all’acqua attraverso vari progetti”.
Mentre con il #ArtsakhBlockade tengono sotto assedio 120.000 Armeni dell’Artsakh da 97 giorni per motivi fantasiosi, gli “eco-attivisti” azeri trasportati a turni da Baku a Sushi occupato dalle forze armate azeri, avrebbero validi motivi reali per combattere in Azerbajgian.
«”Ci hanno portato via un occhio, ma abbiamo ancora la nostra voce”, Leidy Cadena ha perso la vista da un occhio dopo essere stata colpita da un proiettile di gomma sparato da distanza ravvicinata. Chiedi con noi una riforma della polizia in Colombia» (Amnesty International Italia). Per quando Amnesty International Italia chiederà la stessa cosa per la polizia in Azerbajgian? Quando perdono anche gli un’occhio?
Tra le altre ragioni, la guerra lanciata contro il Nagorno-Karabakh riguardava anche il controllo dell’acqua. Proseguiamo oggi, dopo l’articolo di ieri [QUI]. sulla questione dell’acqua nel Nagorno-Karabakh.
Il Caucaso meridionale, e l’Azerbajgian in particolare, sta affrontando la carenza d’acqua poiché i livelli delle precipitazioni stanno diminuendo e i livelli dei fiumi della regione stanno diminuendo. Le tensioni idriche sono anche legate al conflitto del Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbajgian. Poiché l’Azerbaigian ha affrontato una grave carenza idrica nei mesi precedenti la guerra del 2020, il Nagorno-Karabakh è diventato ancora più importante per l’Azerbajgian in termini di acqua potabile, irrigazione ed energia idroelettrica.
Circa tre quarti dell’approvvigionamento idrico dell’Azerbajgian hanno origine al di fuori del Paese, con i fiumi Kura e Aras come fonti principali. Sebbene l’Azerbajgian sia riuscito a catturare dighe lungo l’Aras e bacini idrici nel Nagorno-Karabakh nella guerra del 2020, i suoi problemi idrici rimangono prevalenti a causa della cattiva gestione dell’acqua domestica, dei cambiamenti climatici e delle dighe a monte. Sia il Kura che l’Aras hanno origine in Turchia, che negli ultimi anni ha aumentato la costruzione di infrastrutture idriche su entrambi i fiumi.
Controversia sul Nagorno-Karabakh
L’Armenia e l’Azerbajgian hanno una disputa di lunga data sulla regione del Nagorno-Karabakh. L’Unione Sovietica mise il Nagorno-Karabakh sotto il controllo della Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian, anche se all’epoca gran parte della popolazione era armena. Il conflitto si è intensificato nel febbraio 1988, quando gli Armeni del Karabakh hanno prima tentato di unirsi alla Repubblica Socialista Sovietica di Armenia e successivamente hanno spinto per il proprio Stato. La cosiddetta prima guerra del Nagorno-Karabakh si è conclusa nel maggio 1994, quando la Russia ha mediato un cessate il fuoco, lasciando il Nagorno-Karabakh sotto il controllo armeno.
Nell’autunno del 2020, la guerra tra Azerbajgian e Armenia si è nuovamente intensificata. Nel decennio precedente la guerra, l’Azerbajgian ha speso per le sue forze armate cinque volte di più dell’Armenia (24 miliardi di dollari contro 4,7 miliardi), finanziato principalmente attraverso le sue esportazioni di petrolio e gas. Ciò ha spostato l’equilibrio militare del potere nel conflitto a favore dell’Azerbajgian. Questo processo è stato ulteriormente sostenuto dalla Turchia, che ha cooperato militarmente con l’Azerbajgian sin dall’indipendenza e gli ha fornito droni militari prima della guerra. La guerra del 2020 si è conclusa con un accordo trilaterale per porre fine alla seconda guerra che è stato nuovamente mediato dalla Russia. Questo accordo ha avvantaggiato l’Azerbajgian consentendo a Baku di mantenere il controllo sulle aree conquistate durante la guerra più diverse aree adiacenti, dalle quali l’Armenia ha accettato di ritirarsi.
Il ruolo dell’acqua nella guerra del 2020
Il Nagorno-Karabakh ospita tre affluenti del Basso Kura e cinque affluenti del Basso Aras, che l’Azerbajgian utilizza per irrigare importanti aree agricole al confine con il Nagorno-Karabakh dove non scorrono altri fiumi. In epoca sovietica, su questi fiumi furono costruite varie dighe che rimanevano sotto il controllo armeno dopo l’accordo di cessate il fuoco del 1994. La gestione congiunta dell’acqua è stata limitata a causa delle ricorrenti ostilità tra i due Stati.
L’Osservatorio sui conflitti e l’ambiente (CEOBS) ha documentato le dimensioni ambientali della guerra del 2020, quando entrambe le parti hanno accusato l’altra di aver causato danni ambientali sia in dichiarazioni ufficiali che in campagne di (dis)informazione online. Per quanto riguarda l’acqua, ciò includeva affermazioni sull’interruzione deliberata o sull’inquinamento dei flussi d’acqua.
L’Azerbajgian cita spesso un rapporto del 2016 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE), che ha rilevato che le regioni di frontiera azere sono state deliberatamente private dell’acqua dall’Armenia che controllava le dighe a monte nel Nagorno-Karabakh. Molte delle accuse azere relative all’acqua contro l’Armenia si sono concentrate sulla diga di Sarsang. Situata sul fiume Tartar, che scorre attraverso regioni agricole vulnerabili dal punto di vista climatico in Azerbajgian, la diga di Sarsang rappresenta circa la metà della produzione di energia idroelettrica del Nagorno-Karabakh. Mentre l’Armenia normalmente rilascia l’acqua dal bacino idrico di Sarsang durante l’inverno per generare energia idroelettrica, l’Azerbajgian ne ha bisogno in estate per irrigare i suoi terreni agricoli. Azerbajgian accusato Armenia di quello che chiamavano “ecoterrorismo”, sostenendo che la diga di Sarsang era “la più grande minaccia alla sicurezza ecologica e nazionale regionale”, in quanto poteva violare in qualsiasi momento a causa di un guasto tecnico o di un’azione deliberata.
Gli Armeni, a loro volta, sostengono che prima del 1994 la diga di Sarsang era stata utilizzata dall’Azerbajgian per deviare l’acqua dalla regione del Karabakh verso le zone più basse dell’Azerbajgian. Il Ministero della Difesa armeno ha inoltre accusato l’Azerbajgian di aver preso di mira le infrastrutture idriche durante la guerra, che potrebbe portare a un disastro ambientale.
Condivisione dell’acqua sull’Aras
L’offensiva principale dell’Azerbajgian si è svolta lungo il fiume Aras e aveva lo scopo di dare all’Azerbajgian l’accesso alla città di Shushi e al Corridoio di Lachin, strategicamente importante, in cui si trova l’unica strada che collega l’Armenia e il Nagorno-Karabakh. Ma ha anche portato all’occupazione delle infrastrutture idriche quando l’Azerbajgian ha occupato le dighe di Khudafarin e Qiz Qalasi. Ciò ha consentito la costruzione delle nuove centrali elettriche, insieme all’Iran – su cui l’Azerbajgian e l’Iran si erano già accordati nel 2016. Le dighe hanno dato all’Azerbajgian un certo controllo sul flusso della parte inferiore dell’Aras. Tuttavia, non alleviano le sue preoccupazioni per la scarsità d’acqua.
L’occupazione di Khudafarin e Qiz Qalasi non dà all’Azerbajgian l’accesso a nuove risorse idriche poiché il flusso dell’Aras verso il bacino di Khudafarin dipende dall’afflusso di acqua dalle aree a monte in Turchia, Armenia e Iran. Non esiste un accordo generale sulla gestione dell’acqua sia per il Kura che per l’Aras, e la cooperazione rimane spesso basata su accordi obsoleti dell’era sovietica. Lo stesso Azerbajgian attinge anche l’acqua dal fiume Aras attraverso la diga di Aras, situata al confine tra l’enclave di Nakhchivan dell’Azerbaigian e l’Iran. Le dighe a monte della Turchia determinano ulteriormente il flusso verso Khudafarin e Qiz Qalasi.
Gli ambientalisti azeri hanno già sottolineato i rischi che la costruzione della diga turca di Beşikkaya sul Kura comporta per il flusso d’acqua verso la Georgia e l’Azerbajgian. La diga turca di Soylemez minaccia allo stesso modo il flusso dell’Aras, secondo il Ministro degli Esteri iraniano. La Turchia sostiene di avere il diritto di utilizzare i fiumi transfrontalieri che scorrono attraverso il suo territorio, se ciò non causa danni significativi e l’acqua è ripartita equamente.
Infrastrutture idriche occupate nel Nagorno-Karabakh
Sebbene l’Azerbajgian abbia occupato 30 dighe su 36 nel Nagorno-Karabakh durante la guerra, ciò ha contribuito minimamente ad alleviare i suoi problemi idrici. L’Azerbajgian non ha occupato la diga di Sarsang, lasciando l’Armenia in gran parte sotto il controllo della fonte d’acqua più significativa della regione. Il Centro di Informazione del’Artsakh ha riferito che i funzionari del Nagorno-Karabakh sono in contatto con le autorità azere in merito alla gestione della diga di Sarsang dal 2021. Ma l’Azerbajgian e le autorità de facto del Nagorno-Karabakh hanno raggiunto solo un accordo informale nel giugno 2022, in cui 18.000 metri cubi di acqua saranno rilasciati in Azerbaigian al giorno durante l’estate, consentendo all’Azerbajgian di utilizzare l’acqua per l’irrigazione.
Inoltre, l’acqua dai bacini idrici del Nagorno-Karabakh alle fattorie dell’Azerbajgian scorre attraverso canali di terra, facendo penetrare l’acqua nel terreno prima di raggiungere la sua destinazione. Il problema è esacerbato da un aumento della coltivazione del cotone ad alta intensità idrica, che diminuisce la quantità di acqua disponibile per la produzione alimentare e potabile. Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha riconosciuto pubblicamente i problemi con la perdita d’acqua e si è impegnato a investire nelle loro infrastrutture idriche.
L’Azerbajgian sta intraprendendo un programma di modernizzazione su larga scala dei suoi territori appena riconquistati. Compagnie turche e israeliane si sono aggiudicate contratti per modernizzare le infrastrutture idriche nella regione. L’Azerbajgian ha inoltre firmato un contratto con la compagnia idrica nazionale israeliana Mekorot nell’aprile 2022, che includeva la progettazione di un cosiddetto “piano generale” per il settore idrico azero. Le opere idrauliche statali turche Devlet Su İşleri (DSI), l’agenzia statale turca responsabile della gestione dell’acqua, è attivamente coinvolta nella costruzione di nuove infrastrutture idriche nelle aree conquistate del Nagorno-Karabakh e in altre aree dell’Azerbajgian.
Il cambiamento climatico e la via da seguire
Il cambiamento climatico aggrava i problemi idrici in tutti i distretti del Kura e dell’Aras. La regione ha dovuto affrontare un calo delle precipitazioni e negli ultimi anni i livelli dell’acqua sia del Kura che dell’Aras sono diminuiti. Ciò rende ancora più importante la gestione condivisa dei due fiumi. L’Azerbajgian potrebbe occupare più infrastrutture idriche a seguito della recente escalation del conflitto, ma è improbabile che ciò lo aiuti a risolvere i suoi problemi idrici in modo strutturale.
Il DSI della Turchia aiuta l’Azerbajgian ad affrontare i suoi problemi di gestione idrica interna, ma la politica idrica della Turchia sul Kura e sull’Aras riduce le portate di entrambi i fiumi. Mentre era politicamente conveniente per la leadership dell’Azerbajgian incolpare in una certa misura l’Armenia per i suoi problemi idrici, la politica idrica della Turchia finora non ha portato a tensioni tra l’Azerbajgian e il suo principale alleato. Per il futuro, l’Azerbajgian dovrà in qualche modo cooperare con la Turchia sul Kura e sull’Aras per aumentare strutturalmente i suoi rifornimenti idrici.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-18 09:20:242023-03-19 09:26:23Novantasettesimo giorno del #ArtsakhBlockade. I campanelli d’allarme suonano forti e chiari. È iniziata la vacanza di Nowruz in Azerbajgian e nei territori occupati dell’Artsakh (Korazym 18.03.23)
Uno dei possibili rinforzi del Milan in vista del prossimo calciomercato potrebbe parlare armeno: i rossoneri starebbero infatti pensando ad Eduard Spertsyan, trequartista in forza ai russi del Krasnodar.
I numeri di Spertsyan
Classe 2000, è calcisticamente cresciuto in Russia, Paese in cui è nato e di cui possiede il passaporto. Ciononostante, ha scelto di rappresentare la nazionale armena, della quale costituisce un perno assoluto, in particolar modo dopo l’addio di Henrikh Mkhitaryan.
Gioca titolare in pianta stabile nel Krasnodar dalla stagione 2021-22 ed è soprattutto quest’anno che stanno emergendo tutte le sue qualità in zona offensiva. Nella corrente Premier League russa, ha infatti messo a referto 9 reti e 8 assist in 18 presenze complessive; numeri ulteriormente migliorabili se si considera che il campionato russo è ancora in fase di svolgimento.
Le caratteristiche del giocatore
Venendo alla caratteristiche tecniche dell’armeno, parliamo di un calciatore molto abile nel servire assist ai compagni e nel cercare la conclusione da fuori area. Idealmente, l’attuale numero 10 del Krasnodar sarebbe perfetto nel ruolo di trequartista in un 4-2-3-1. Un profilo, per intenderci, molto simile a quello di Brahim Diaz.
Dopo un paio di stagioni giocate ad alti livelli in Russia, Spertsyan attende ora la chiamata da un campionato maggiormente competitivo. Secondo quanto riportato dal giornalista russo Ivan Karpov, il Milan sarebbe pronto a sborsare circa 8 milioni di euro per acquistarne il cartellino. Una cifra decisamente abbordabile ma che potrebbe non bastare; il Krasnodar valuta infatti il proprio tesserato non meno di 12 milioni. Maldini e Massara continueranno a tenere viva la pista anche nei prossimi mesi: in attesa di chiarimenti sul futuro di Brahim Diaz, il nome dell’armeno è indubbiamente tra i più interessanti, specie se rapportato al costo del cartellino.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-18 08:34:272023-03-19 09:36:15Chi è Eduard Spertsyan: carriera e caratteristiche tecniche (Dailymilan 18.03.23)
Le recenti manifestazioni di protesta di fronte a una base militare russa a Gyumri, in Armenia, sono un segnale che si sta avvicinando un’altra fase di conflitto aperto nel Nagorno-Karabakh, conteso da Erevan e Baku. Il rischio è una ‘terza guerra’ dopo quella degli anni 1992-1994 e quella dei 44 giorni del 2020, come sostengono molti osservatori, armeni e azeri, e quelli neutrali. Come scrive Guseinbala Salimov su Zerkalo.az, ‘è ormai evidente che il contingente di pace dei russi non è in grado di svolgere la sua missione’.
Le parti in realtà non sono pronte all’escalation militare mentre è in corso il conflitto in Ucraina, e la Russia considera il Karabakh ‘come l’11° dito della mano’. Il premier armeno Pašinyan è un personaggio poco gradito al Cremlino, che lo considera ‘un estraneo’, e lo sopporta soltanto ‘per scaricare su di lui tutti gli effetti negativi delle tensioni caucasiche’.
Al dott. Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica di Armenia ed autore del libro ‘I disobbedienti. Viaggio tra i giusti ottomani del genocidio armeno’, abbiamo chiesto di spiegarci la situazione del conflitto tra Armenia e Azerbaijan: “Dopo l’attacco dell’Azerbaigian contro l’autoproclamata Repubblica dell’Arzakh (o Nagorno Karabagh) del 2020 fu trovato un accordo che contempla la ridefinizione dei confini fra i due contendenti e fra l’Armenia e l’Azerbaigian. Le forze azere hanno dato il via al conflitto, supportate dalla Turchia e da elementi della Jihad islamica presenti sul campo. La resistenza armena è stata piegata”.
Da chi è alimentato il conflitto?
“Dal dicembre del 2022 l’enclave armena cristiana dell’Arzakh nel territorio dell’Azerbaigian islamico subisce il blocco dei rifornimenti. Le truppe di interposizione russe, i ‘peacekeeper’ presenti sui confini a garanzia degli accordi del cessate il fuoco, dovrebbero permettere il passaggio dei beni di prima necessità fra l’Arzakh e l’Armenia, attraverso il corridoio di Lachin. Alcuni cittadini azeri hanno bloccato l’entrata e l’uscita dalla ‘porta’ di Lachin, unica via di approvvigionamento e di comunicazione con il mondo per gli abitanti dell’Arzakh.
I peacekeeper russi non hanno allontanato i manifestanti azeri che bloccano il passaggio e gli armeni dell’Arzakh si trovano in una situazione paragonabile a quella del ghetto di Varsavia: carenza di cibo e di medicinali, mancanza di comunicazioni Internet, ospedali non riforniti, mancanza di elettricità.
Hanno tre possibilità: emigrare e svuotare il territorio abitato da armeni da circa 3000 anni e ciò equivarrebbe ad una vera e propria ‘ethnic cleansing’, una pulizia etnica; oppure imbracciare le armi e combattere fino ad essere completamente annientati; o, infine, divenire sudditi dell’Azerbaigian islamico con conseguenze facilmente immaginabili, vista l’armeno-fobia coltivata tra gli azeri”.
Perché papa Francesco ha chiesto l’apertura del ‘corridoio’ di Lachin?
“Sono state prospettive tragiche per cui papa Francesco, così come il Parlamento Europeo, gli Stati Uniti e altre nazioni hanno chiesto la riapertura del corridoio di Lachin”.
Cosa si può fare per vincere il negazionismo sul Metz Yeghern?
“Nel corso della guerra, chiaramente favorevole all’alleato azero, il presidente della Turchia Recep Tayyp Erdogan ebbe a dichiarare: ‘Porteremo a termine ciò che è stato iniziato circa 100 anni fa da Enver Pascià’, il genocidio degli armeni.
Il negazionismo del genocidio degli armeni, il Metz Yeghern (Grande Male) è ormai sostenuto quasi solamente dalla Turchia e in modo alquanto contradditorio. Una riscrittura della storia costruita negli anni a partire da Kemal Ataturk. Ma non si possono annullare le testimonianze di chi ha visto con i propri occhi come si annienta un popolo inerme. Va in ogni caso sempre operata la distinzione tra popoli e governi”.
Cosa significa onorare i ‘Giusti’?
“Durante il genocidio del 1915,messo in atto dal governo dei “Giovani Turchi”, ci sono stati stranieri presenti sul territorio e anche sudditi ottomani che si sono opposti agli ordini di sterminio emanati dal governo. ‘Barbarie legale’ che ha fatto nascere i disobbedienti, i giusti che cercano di fermare il male. La memoria del bene è la strada del dialogo e della riconciliazione. Onorare i salvatori e i testimoni di verità significa far vivere una giustizia riparativa verso gli armeni annientati nel nulla del deserto e dare loro sepoltura senza nutrire risentimento”.
Quanto è importante per la cultura armena san Nerses il Grazioso?
“La religione è parte integrante dell’identità culturale armena e San Nerses Shnorali, detto il Grazioso, in realtà ‘pieno di Grazia’, quarto Katholikos di tutti gli armeni, è l’antesignano dell’apertura ecumenica, della concordia nella carità, di una fede attiva, testimoniata. Per gli armeni apostolici è altrettanto importante san Gregorio di Narek ‘Il Naregazi’, proclamato dottore della Chiesa cattolica, monaco poeta; la sua opera più significativa fu ‘Il Libro delle Lamentazioni’ conservato sotto il cuscino di ogni armeno in fin di vita”.
(Tratto da Aci Stampa)
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-18 08:27:142023-03-19 09:27:58L’appello dal Nagorno-Karabakh, riaprire il ‘corridoio’ di Lachin (Korazym 18.03.23)
Brunette: la carriera, la vita privata e tutte le curiosità sulla cantante armena protagonista all’Eurovision 2023.
L’Armenia è stata probabilmente la vincitrice morale dell’Eurovision 2022. L’edizione italiana della kermesse ha visto trionfare la Kalush Orchestra per l’Ucraina, ma a raggiungere il maggior successo internazionale è stata proprio la rappresentante dell’Armenia, Rosa Linn. Anche per questo c’è grandissima curiosità attorno alla nuova cantante scelta dal paese dell’Europa dell’Est che salirà sul palco della kermesse a Liverpool. Ancora una volta l’Armenia ha infatti deciso di puntare su una cantante tanto giovane quanto talentuosa: Brunette. Scopriamo insieme alcune curiosità sulla sua carriera e la sua vita privata.
Chi è Brunette: biografia e carriera
Elen Yeremyan, questo il vero nome di Brunette, è nata ad Erevan il 4 maggio 2001 sotto il segno del Toro. Cresciuta nella capitale armena, ha dimostrato fin da subito di avere una grande passione per la musica. Già da bambina ha infatti iniziato a esibirsi in vari concorsi canori dedicati ai bambini, ottenendo discreti risultati.
Salita alla ribalta nazionale nel 2019, grazie al successo del singolo Love the Way You Feel, si è fermata durante il periodo della pandemia da Covid per trasferirsi negli Stati Uniti e concentrarsi sui suoi studi. Ha quindi ripreso la carriera nel mondo della musica solo nel 2022, pubblicando nuovi singoli in Armenia e tornando a raggiungere i vertici delle classifiche, seppur con un pop stavolta venato di influenze R&B e soul.
Annunciata ad inizio 2023 come prossima rappresentante del suo paese d’origine all’Eurovision Song Contest che si terrà a Liverpool, ha presentato solo il 15 marzo il suo singolo per il contest musicale internazionale: Future Lover.
La vita privata di Brunette
Sulla sua vita sentimentale non conosciamo molti dettagli e non sappiamo se abbia un fidanzato o meno.
Sai che…
– Su Instagram Brunette ha un account non ufficiale ma seguito già da centinaia di migliaia di follower. Anche su TikTok la cantante ha un profilo seguito da decine di migliaia di fan innamorati di lei e della sua musica.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-17 09:30:142023-03-19 09:34:01Chi è Brunette, la cantante armena protagonista all’Eurovision 2023 (Notizie musica 17.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.03.2023 – Vik van Brantegem] – La situazione ha contorni sempre più minacciosi nel Caucaso meridionale (Artsakh/Nagorno-Karabakh, Armenia, Azerbajgian). Il Corridoio di Berdzor (Lachin) è ancora chiuso, da 96 giorni. La dura retorica massimalista di Baku rifiuta qualsiasi opzione che non sia l’integrazione forzata degli Armeni dell’Artsakh senza alcuna autonomia o garanzia di sicurezza internazionale. Aliyev parla agli Armeni dell’Artsakh nello stesso modo in cui parla ai suoi prigionieri politici. Attraverso la forza e la coercizione. Non è possibile non riconoscere quanto è irragionevole il regime autocratico dell’Azerbajgian. In realtà, questa è stata la loro posizione da sempre. Loro stessi stanno dimostrando perché il riconoscimento internazionale dell’indipendenza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh è l’unica vera soluzione per raggiungere la pace nel Caucaso meridionale. Sotto assedio, l’Artsakh è ora in massima allerta, poiché gli osservatori locali segnalano una mobilitazione militare azera su larga scala intorno all’Artsakh, che potrebbe segnalare un attacco imminente.
«Il rischio di un nuovo attacco azero in Nagorno-Karabakh è altissimo. Baku sta attivamente preparando il terreno per la nuova escalation da settimane. Ci sono rapporti su concentrazioni di truppe azere in prima linea. Devono essere prese tutte le misure per prevenire questo attacco» (Tigran Grigoryan, Capo del Centro Regionale per la Democrazia e la Sicurezza a Yerevan).
Nel contesto della tensione crescente tra l’Iran e l’Azerbajgian, il Bey del Beylik di Azerbajgian, Ilham Aliyev, durante l’incontro dell’Organizzazione degli Stati Turchi il 16 marzo ad Ankara, ha sottolineato «la forza del mondo turco», evidenziando che «oltre 50 milioni di Azeri vivono in tutto il mondo e che i confini del mondo turco non sono limitato ad una certa geografia». Inoltre, ha affermato che «la decisione del governo sovietico nel novembre 1920 di separare il Zangezur occidentale [la provincia Syunik di Armenia, al confine con l’Iran], la nostra terra storica, dall’Azerbajgian e consegnarla all’Armenia, ha portato alla separazione geografica del mondo turco».
Nei giorni scorsi abbiamo riferito, che affiliati del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica dell’Iran hanno pubblicato sui social media un video in cui si afferma che “la Repubblica Islamica di Iran si opporrà fermamente a qualsiasi piano progettato per cambiare i confini internazionali” diretto a Turchia e Azerbajgian, evidenziando i confini dell’Armenia. Ciò segue la dichiarazione del Primo Ministro dell’Armenia che ha riferito, come abbiamo riportato, che l’Azerbajgian cerca di riprendere le operazioni militari su larga scala contro lo stesso Armenia e il Nagorno-Karabakh nel prossimo futuro, inclusa la creazione di un corridoio attraverso l’Armenia fino all’exclave del Nakhichevan, che taglierebbe il confine dell’Iran con l’Armenia: il fantomatico “Corridoio di Zangegur”, pretesa avvallata soltanto dalla Turchia, che collegherebbe l’Azerbajgian direttamente con la Turchia, che l’Azerbajgian pretende per poter riaprire il Corridoio di Berdzor (Lachin), internazionalmente riconosciuto.
Il Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica dell’Iran ha riferito che il Paese ha messo in massima allerta le sue forze militare. Questo messaggio è degno di nota sullo sfondo delle pessime relazioni della Repubblica Islamica di Iran con il Beylik di Azerbajgian e la dichiarazione del Primo Ministro della Repubblica di Armenia sull’alto rischio di iniziare una guerra.
Il Ministro della Difesa azero, il Colonello Generale Zakir Hasanov [foto sopra], colui da cui il Ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, si è recato in visita ufficiale in Azerbajgian il 12 gennaio scorso, «per una serie di colloqui istituzionali incentrati su temi di comune interesse» [foto sotto, ambedue che firmano gli accordi Italia-Azerbajgian, sotto la foto del prima dittatore dell’Azerbajgian, il padre del dittatore al potere] [QUI, QUI e QUI].
L’Azerbajgian manda segnali di una possibile azione militare mentre i colloqui sul Karabakh faliscono Mentre i colloqui tra l’Azerbajgian e gli Armeni del Karabakh mostrano poche promesse, Baku sta lanciando segnali che potrebbe essere in vista un’escalation militare
di Lilit Shahverdyan [*] Eurasianet.org. 16 marzo 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
I leader dell’Azerbajgian e degli Armeni del Nagorno-Karabakh hanno chiaramente visioni e obiettivi radicalmente diversi per i colloqui che sembravano iniziare sul serio due settimane fa.
Il 13 marzo l’amministrazione presidenziale azera ha invitato i rappresentanti del Karabakh a colloqui a Baku, «per continuare i contatti per il reinserimento». La proposta è stata immediatamente respinta dal Ministero degli Esteri de facto del Karabakh, che ha insistito sul fatto che «tali riunioni dovrebbero svolgersi all’interno di un formato concordato e riconosciuto a livello internazionale» e non politicizzato.
In effetti, l’Azerbajgian vede i colloqui come una componente per stabilire la sovranità sulla regione, mentre i funzionari Armeni del Karabakh si rifiutano di impegnarsi in un dialogo politico senza mediatori internazionali.
I precedenti incontri, che si sono svolti in Karabakh e sono stati mediati dalle forze di mantenimento della pace russe dispiegate lì, avevano lo scopo di affrontare questioni umanitarie, infrastrutturali e tecniche.
Poco prima del primo incontro di alto profilo del 1° marzo, sia l’Azerbajgian che il Karabakh hanno formato gruppi di lavoro per i colloqui. Il deputato Ramin Mammadov è stato nominato in Azerbajgian come il responsabile dei contatti con gli Armeni, mentre la delegazione del Karabakh era guidata dal Capo del Consiglio di sicurezza, Karen Shahramanyan.
L’invito a Baku ha fatto seguito a uno scontro del 5 marzo che ha provocato la morte di tre poliziotti Armeni del Karabakh e di due soldati Azeri.
Il Karabakh e l’Armenia hanno affermato che si è trattato di un attacco azero non provocato contro una pattuglia della polizia all’interno dell’area di controllo delle autorità de facto. Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha affermato che i veicoli armeni stavano trasportando «equipaggiamento militare, munizioni e personale» dall’Armenia al Karabakh. Quella dichiarazione suggeriva che questi veicoli avevano cercato di aggirare il blocco del Corridoio di Lachin, l’unica ancora di salvezza del Karabakh verso l’Armenia e il mondo esterno. Il blocco – che l’Azerbajgian nega sia un blocco – è stato mantenuto dai manifestanti sponsorizzati dal governo azero dal 12 dicembre.
Quindi, il 13 marzo, i media azeri hanno pubblicato riprese aeree di quelli che si diceva fossero veicoli armeni che trasportavano armi in Karabakh. Il Ministero degli Interni del Karabakh, nel frattempo, ha affermato che quei veicoli trasportavano civili accompagnati da forze di mantenimento della pace russe.
Due giorni dopo, la polizia del Karabakh ha riferito che tre civili sono stati presi di mira da postazioni di combattimento azere adiacenti mentre si prendevano cura dei loro vigneti.
Lo schema degli incidenti ha portato sia gli osservatori armeni che quelli azeri a chiedersi se l’Azerbajgian si intensificherà presto militarmente in quella che chiamerà una risposta alla provocazione armena.
Tigran Grigoryan, un analista politico originario del Karabakh, ha twittato che l’invito ai colloqui a Baku era un tentativo «di creare un pretesto per iniziare una nuova escalation e dare la colpa a Nagorno-Karabakh, sapendo perfettamente che l’”invito” sarebbe stato rifiutato».
Allo stesso modo Farid Shafiyev, Presidente del Centro di analisi delle relazioni internazionali affiliato al Governo dell’Azerbajgian, ha scritto che il rifiuto degli Armeni del Karabakh di continuare il dialogo a Baku «indica l’alta livello di tensioni, e l’Azerbajgian non tollererà insediamenti illegali e gruppi armati sul suo territorio».
Nel frattempo, l’11 marzo il Ministro della Difesa azero, Zakir Hasanov, ha affermato che l’Armenia «sta cercando di creare artificialmente tensione nella regione» e che «l’esercito azero prenderà tutte le misure decisive necessarie per fermare qualsiasi provocazione». Ha ordinato specificamente un alto livello di preparazione dell’esercito durante le vacanze di Nowruz (20-24 marzo) [QUI].
E le stazioni televisive azere, che sostengono uniformemente il governo, sono state piene di retorica su possibili «provocazioni armene» e «operazioni antiterroristiche» nei prossimi giorni, ha osservato l’emittente indipendente con sede all’estero, Mikroskop Media.
La crescente tensione arriva tra gli intensi sforzi per raggiungere un accordo di pace globale tra l’Azerbajgian e l’Armenia. Il principale punto critico è che l’Armenia insiste su un processo di pace separato mediato a livello internazionale tra l’Azerbajgian e il Karabakh, mentre Baku afferma che il Karabakh e il destino della sua popolazione etnico-armena è un affare strettamente interno.
Hikmet Hajiyev, il Consigliere per la politica estera del Presidente Ilham Aliyev, ha recentemente ribadito quel messaggio e ha assicurato che i diritti e la sicurezza degli Armeni del Karabakh sarebbero garantiti in conformità con la Costituzione e le leggi dell’Azerbaigian, senza privilegi speciali loro concessi.
Il Ministero degli Esteri del Karabakh ha prontamente risposto , osservando che un certo numero di organizzazioni internazionali, tra cui il Gruppo di Minsk dell’OSCE e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, hanno ancora la questione del Karabakh all’ordine del giorno e ricordando che la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha recentemente ordinato all’Azerbajgian di «garantire il movimento senza ostacoli» attraverso l’autostrada di Lachin.
Il Ministero ha inoltre ribadito la disponibilità del Karabakh a proseguire i negoziati per una soluzione globale del conflitto, «sulla base delle norme e dei principi del diritto internazionale».
In un discorso a una riunione del governo il 16 marzo [QUI], il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan ha ribadito l’obiezione di Yerevan alla retorica di Baku sulla «reintegrazione» degli Armeni del Karabakh, che secondo lui equivale all’intenzione di commettere «pulizia etnica». Ha aggiunto di aver incaricato il Ministero degli Esteri di perseguire i meccanismi di prevenzione del genocidio delle Nazioni Unite. Affrontando le tensioni più recenti, ha affermato: «La propaganda di Stato dell’Azerbajgian ha creato da tempo un background informativo per un attacco su larga scala al Nagorno Karabakh, e le tendenze all’escalation sono visibili anche sul campo».
[*] Lilit Shahverdyan è una giornalista di Stepanakert.
I presunti “eco-attivisti” azeri stanno arrecando un disastro ambientale
Fanno finta di protestare per l’ambiente, ma in realtà da oltre tre mesi hanno isolato 120.000 Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Un’azione politica ovviamente, che nulla ha a che fare con la protezione ambientale. Ma che, ironia della sorte, sta avendo gravi ripercussioni negative proprio su tale tema.
Infatti, l’interruzione operato dagli Azeri della linea ad alta tensione che porta elettricità dall’Armenia all’Artsakh, sta costringendo le autorità di Stepanakert ad attingere risorse dal bacino idrico di Sarsang, dove opera la maggiore centrale idroelettrica della regione.
Il livello dell’acqua scende al ritmo di 50 cm al giorno, anche perché quando il livello dell’acqua è basso, come sta accadendo in questo periodo, è necessario un maggior consumo in conseguenza della diminuita pressione sulle turbine.
Questa significativa e inarrestabile diminuzione del bacino di Sarsang avrà disastrose conseguenze in primavera, perché mancherà l’acqua per irrigare i campi. Non solo quelli Armeni dell’Artsakh ma anche e soprattutto quelli in Azerbajgian. I 96.000 ettari di terreno agricolo nelle regioni azerbajgiane di Tartar, Aghdam, Bardi, Goranboy, Yevlakh e Akhjabad rischiano fortemente di rimanere a secco. Con buona pace dei finti “attivisti per l’ambiente” mandati da Aliyev a lasciare senza cibo, medicine, gas e corrente elettrica un intero popolo.
Il bacino idrico di Sarsang è un grande lago artificiale nel distretto di Martakert nel nord della Repubblica di Artsakh. Il bacino si è formato per lo sbarramento di una diga idroelettrica di 125 metri di altezza costruita sul fiume Tartar nel 1976. La superficie complessiva è pari a 14,2 km² per un volume di 575 milioni di metri cubi. L’impianto idroelettrico, che sviluppa una capacità energetica di 50 megawatt è gestito dalla società Artsakh HEK OJSK.
La riserva di Sarsang è circondata da fitti boschi, in un paesaggio molto suggestivo, con pochi insediamenti urbani, meta turistica prima della guerra dei 44 gionri di fine 2020.
L’invaso era stato progettato non solo per la costruzione della centrale idroelettrica ma anche per assicurare adeguata irrigazione ad un’area molto vasta di territorio compresa le regioni azeri menzionati.
Prima della guerra dei 44 giorni del 2020, l’energia idroelettrica rappresentava una delle colonne portanti dell’economia della Repubblica di Artsakh. Nel corso dei trent’anni di lotte per il mantenimento dell’indipendenza, le autorità dell’Artsakh erano riuscite a sviluppare una rete di centrali idroelettriche, che non avevano soltanto garantito l’autosufficienza energetica all’Artsakh, ma gli avevano anche permesso di iniziare ad esportare parte dell’elettricità prodotta alla vicina Armenia.
In seguito alla guerra dei 44 giorni del 2020, l’Artsakh ha perso sia i distretti che la circondavano e che erano stati occupati dopo la prima guerra del Nagorno-Karabakh, sia alcune parti della regione stessa. Dei 4400 chilometri quadrati controllati prima della guerra, agli Armeni dell’Artsakh ne sono rimasti meno di 3000. Tra le diverse perdite territoriali rientrano anche alcuni luoghi strategici per la presenza di centrali idroelettriche e corsi d’acqua. Anche se la diga di Sarsang e altri cinque impianti sono ancora sotto il suo controllo, l’Artsakh ha perso la sua autonomia nella produzione di energia elettrica al cospetto dell’Azerbajgian. Tocca ora all’Armenia, che prima importava piccole quantità di elettricità, fornirla agli Armeni dell’Artsakh.
Tuttavia, le forniture di energia elettrica dall’Armenia verso l’Artsakh s’imbattono in diversi ostacoli. Il decisivo ostacolo è che il distretto di Kelbajar, per cui passano le linee di trasmissione di elettricità tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, ora è sotto controllo dell’Azerbajgian come parte dell’accordo tripartita di cessate il fuoco del 9 novembre 2020. L’unica altra linea corre lungo il Corridoio di Lachin, che attraverso la montagna porta in Armenia. La limitazione a quest’unica zona della fornitura elettrica, comportava diversi disagi agli Armeni dell’Artsakh, poi aggravato con l’interruzione totale.
Se da un lato gli Armeni dell’Artsakh affrontano le catastrofiche conseguenze della recente sconfitta, dall’altra parte gli Azeri sfruttano i vantaggi derivanti dalle nuove conquiste militari. Gli impianti sotto il controllo dell’Azerbajgian sono ora di proprietà di Baku e vengono ricostruiti dall’azienda Azerenergy. Tre mesi dopo la fine dei combattimenti, il Presidente azero Ilham Aliyev ha inaugurato una centrale idroelettrica di 8 megawatt a Gulabird, nel distretto di Lachin. A giugno di quest’anno gli Azeri hanno poi riaperto altri due impianti di 7,8 megawatt di capacità complessiva nel distretto di Martakert (Mataghis-1 e Mataghis-2). Oltre a questi, contano sugli impianti da 120 megawatt di Khudaferin e Maiden Tower, che attraversano il fiume Araz al confine tra il Karabakh sotto controllo azero e l’Iran. I lavori per le due centrali erano iniziati in epoca sovietica, ma si erano interrotti dopo la conquista armena di quell’area nel 1993. Come pattuito, l’Iran ha continuato a costruire la sua metà del progetto ed è ora l’Azerbajgian, preso possesso della regione, a portare a compimento l’opera.
Dopo il blocca del Corridoio di Berdzor (Lachin), con l’inverno e l’abbassamento delle temperature, le carenze di elettricità hanno rafforzato ancora di più le tensioni.
Il 24 agosto 2022 il governo della Repubblica di Artsakh ha confermato le notizie secondo cui i rappresentanti del governo azero, con le loro controparti dell’Artsakh, hanno visitato il giorno precedente il bacino idrico di Sarsang nel tentativo di risolvere i problemi di distribuzione dell’acqua. Il Governo dell’Artsakh, in una dichiarazione, ha affermato che le due parti, con la mediazione delle forze di mantenimento della pace russe, erano in contatto per questioni di gestione dell’acqua dalla fine della guerra dei 44 giorni del 2020. Mentre bacino si trova nel territorio controllato dall’Artsakh, gran parte dei sistemi di irrigazione e di distribuzione dell’acqua potabile si trovano in aree ora controllate dall’Azerbajgian.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-17 09:28:142023-03-19 09:28:55Novantaseiesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Mobilitazione militare azera su larga scala intorno all’Artsak. Le vacanze di Nowruz (20-24 marzo) si avvicinano… (Korazym 17.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.03.2023 – Vik van Brantegem] – Le dichiarazioni dell’Azerbajgian secondo cui il conflitto tra l’Azerbaigian e il Karabakh è stato risolto e non è più nell’agenda internazionale non corrispondono alla realtà, ha affermato il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh in una dichiarazione del 15 marzo. L’Azerbajgian tenta di creare le condizioni per una pulizia etnica senza ostacoli. Di seguito riportiamo la dichiarazione rilasciata dal Ministero degli Esteri dell’Artsakh nella nostra traduzione italiana.
«In risposta alle dichiarazioni rilasciate dall’Assistente del Presidente dell’Azerbajgian, Capo del Dipartimento di Politica Estera dell’Amministrazione Presidenziale, Hikmat Hajiyev, in merito al conflitto Azerbaigian-Karabakh, al processo negoziale e a una serie di altre questioni [QUI], riteniamo necessario dichiarare il seguente:
Le dichiarazioni della parte azera, secondo cui il conflitto tra l’Azerbajgian e il Karabakh è stato risolto e non è più nell’agenda internazionale non corrispondono alla realtà. Il fatto che il conflitto tra l’Azerbajgian e il Karabakh non sia stato risolto e necessiti di una soluzione globale è stato ripetutamente affermato dai rappresentanti dei singoli Stati, compresi i paesi co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, e da una serie di organizzazioni internazionali.
Il fatto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha la responsabilità primaria del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, nel dicembre 2022 abbia discusso la situazione relativa al blocco del Corridoio di Lachin, confuta le affermazioni della parte azera secondo cui il conflitto non è più ordine del giorno a livello internazionale. Il desiderio della Baku ufficiale di legittimare i risultati dell’uso illegale della forza contro la Repubblica di Artsakh e il suo popolo, e presentarlo come una soluzione al conflitto Azerbajgian-Karabakh è un tentativo di tornare ai tempi in cui la forza militare prevaleva sul diritto internazionale.
Siamo convinti che una soluzione globale del conflitto possa essere raggiunta solo attraverso negoziati, sulla base delle norme e dei principi del diritto internazionale. Rifiutando il meccanismo internazionale di dialogo con Stepanakert ufficiale, l’Azerbajgian sta cercando di evitare l’attuazione di possibili accordi. L’impegno della comunità internazionale nel dialogo tra l’Artsakh e l’Azerbajgian è l’unico modo per garantire una soluzione globale del conflitto.
Respingiamo fermamente i tentativi dell’Azerbajgian di distorcere l’essenza del conflitto e di presentarlo come una questione interna. Sullo sfondo del blocco di più di 90 giorni dell’Artsakh, è ovvio che in questo modo l’Azerbajgian tenta di creare le condizioni per una pulizia etnica senza ostacoli nell’Artsakh, escludendo l’intervento della comunità internazionale. Questo è il motivo per cui l’Azerbajgian si oppone al coinvolgimento della comunità internazionale, compreso l’invio di missioni internazionali nell’Artsakh, in modo che niente e nessuno possa impedire l’attuazione dei loro piani criminali per la pulizia etnica dell’Artsakh.
Allo stesso tempo, l’Azerbajgian continua a muovere false accuse, affermando che l’Armenia non ha ritirato del tutto le sue forze armate e continua a fornire armi e munizioni all’Artsakh. Tali dichiarazioni non corrispondono alla realtà e intendono giustificare il blocco dell’Artsakh, che dura da più di 90 giorni.
Sottolineiamo che la Repubblica di Artsakh dispone di un esercito di difesa composto da residenti locali, la cui presenza non contraddice alcuna disposizione della Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020, e rimane la principale garanzia della sicurezza del popolo dell’Artsakh. La campagna dell’Azerbajgian contro l’esercito di difesa dell’Artsakh è dovuta al fatto che Baku cerca di privare gli Armeni dell’Artsakh della possibilità di autodifesa e resistenza ai piani criminali di pulizia etnica dell’Azerbajgian.
Le affermazioni dell’Azerbajgian secondo cui il Corridoio di Lachin è aperto sono false. Va notato che durante le udienze della Corte Internazionale di Giustizia, l’Azerbajgian ha avuto l’opportunità di presentare tutte le sue argomentazioni in merito alla situazione relativa al blocco del Corridoio di Lachin. Tuttavia, dopo un esame approfondito delle argomentazioni presentate dalle parti, la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato all’Azerbajgian di garantire il movimento senza ostacoli lungo il Corridoio di Lachin. Ricordiamo ancora una volta che le decisioni della Corte internazionale di Giustizia sono giuridicamente vincolanti».
Negli eventi che si stanno svolgendo intorno al Nagorno-Karabakh, è inquietante che l’Azerbajgian stia facendo di tutto per interrompere il dialogo Baku-Stepanakert, ha affermato il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, durante la riunione del governo di oggi, 16 marzo 2023: «Contrariamente agli accordi raggiunti a livello internazionale, dopo solo due incontri, l’Azerbajgian annuncia che discuterà il tema della reintegrazione degli Armeni del Nagorno-Karabakh in Azerbajgian, mentre l’accordo internazionale è che la discussione dovrebbe riguardare i diritti e la sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh. In questo contesto, il lancio del meccanismo internazionale del dialogo Stepanakert-Baku diventa più importante, perché ora è già ovvio che senza tale meccanismo l’agenda fallirà, sarà dimenticata da Baku», ha affermato Pashinyan.
Durante l’incontro ad Ankara, i Presidenti di Azerbajgian e Turchia, Ilham Aliyev e Recep Tayyip Erdoğan, si sono scambiati opinioni sul processo negoziale relativo a un trattato di pace e alla normalizzazione delle relazioni tra Baku e Yerevan.
Foto di Tatev Duryan/Armenpress.
Il Segretario Generale dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), Imangali Tasmagambetov, è in visita ufficiale in Armenia. Nell’ambito della visita di due giorni incontrerà il Ministro degli Esteri, Ararat Mirzoyan. Ha effettuato una visita di lavoro alla comunità di Jermuk, che ha sofferto a causa delle operazioni militari scatenate dall’Azerbajgian nel settembre 2022. Ha avuto una serie di incontri con autorità locali e rappresentanti delle Forze Armate per prendere conoscenza della situazione sul posto, con le forze armate azere a pochi chilometri di distanza all’interno dell’Armenia vera e propria.
Oggi 16 marzo, Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri russo, in risposta alla domanda di un giornalista sulla possibilità che l’Armenia esca dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), ha osservato che il 13 settembre e il 28 ottobre 2022 si sono tenute sessioni straordinarie del Consiglio di sicurezza collettiva della OTSC e che il Segretario Generale, Stanislav Zas, e il Capo dello staff congiunto, Anatoly Sidorov hanno visitato l’Armenia. Zakharova ha ricordato che è stato preparato un piano per dispiegare una missione di osservazione della OTSC in Armenia e che lo sviluppo della relativa decisione è stato praticamente completato durante la riunione degli organi statutari dell’organizzazione tenutasi a Yerevan. “Allo stesso tempo, a causa di alcune richieste dei partner armeni, che erano problematiche per altri membri della OTSC, alla fine non è stato possibile prendere questa decisione”, ha detto Zakharova.
All’inizio di gennaio, il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha annunciato che l’Armenia ha rifiutato di ospitare nel suo territorio le esercitazioni militari “Fratellanza Indistruttibile-2023” delle forze collettive di reazione rapida della OTSC. E il 10 marzo si è saputo che l’Armenia, secondo la relativa procedura, ha informato la OTSC di rinunciare al suo turno di Vice Segretario Generale.
Oggi 16 marzo 2023, nel Palazzo della Cultura e della Gioventù di Stepanakert, lo staff del Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica di Artsakh ha organizzato una mostra-concorso di artigianato tra i Centri creativi per bambini e giovani di Stepanakert e le regioni. Lo scopo del concorso era contribuire all’educazione estetica degli studenti e allo sviluppo delle capacità creative, sostenere l’acquisizione di abilità pratiche, nonché rafforzare il legame tra Stepanakert e i Centri creativi per bambini e giovani delle regioni. Durante la mostra è stato presentato un gran numero di oggetti di artigianato, che simboleggiano il mistero della maternità e della bellezza. Dopo aver preso conoscenza delle opere, i membri della commissione del concorso hanno scelto i vincitori. Il Centro creativo per bambini e giovani di Askeran ha vinto il primo premio, il Centro di Stepanakert si è classificato secondo e il Centro di Martakert ha ottenuto il terzo posto. Melania Balayan, Presidente della commissione, Consigliere del Ministro dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica di Artsakh si è detta convinta, che tali eventi saranno organizzati più spesso.
Quando il potere è sbagliato: affrontare il rifiuto dell’Azerbajgian di conformarsi all’Ordine della Corte Internazionale di Giustizia di sbloccare il Corridoio di Lachin
di Sheila Paylan [*] Opiniojuris.org, 16 marzo 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese. I link di riferimento si trovano nel testo originale)
Il 22 febbraio 2023, la Corte Internazionale di Giustizia (“CIG” o “Corte”), con voto quasi unanime, ha ordinato all’Azerbajgian di “prendere urgentemente tutte le misure a sua disposizione per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni” (“Ordine”). La Corte ha inoltre respinto all’unanimità, per mancanza di prove, una contro-richiesta dell’Azerbajgian di ordinare all’Armenia di consentire lo sminamento e di cessare la posa di mine antiuomo. Entrambe le sentenze sono state emesse il 73° giorno da quando un gruppo di autoproclamati eco-attivisti azeri ha istituito un posto di blocco lungo il Corridoio di Lachin, chiudendo l’unica strada che collega la regione separatista del Nagorno-Karabakh e la sua popolazione indigena di etnia armena al mondo esterno. La crisi umanitaria che da allora si è manifestata ha provocato ripetuti appelli in tutto il mondo (anche da parte di Stati Uniti, Unione Europea e Russia, così come Human Rights Watch e Amnesty International, tra molti altri) affinché l’Azerbajgian riaprisse immediatamente il Corridoio di Lachin.
L’Ordine è venuto a seguito di una richiesta per l’indicazione di ulteriori misure provvisorie presentate dall’Armenia nel suo caso contro l’Azerbajgian ai sensi della Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. Misure preventive sono state ordinate sia nei casi concorrenti dell’Armenia che dell’Azerbajgian. Nella sua ultima richiesta, l’Armenia ha espressamente chiesto la Corte di ordinare all’Azerbajgian di:
(1) “cessare di orchestrare e sostenere le presunte ‘proteste’ che bloccano la libera circolazione ininterrotta lungo il Corridoio Lachin in entrambe le direzioni”;
(2) “garantire la libera circolazione ininterrotta di tutte le persone, veicoli e merci lungo il Corridoio Lachin in entrambe le direzioni”;
e (3) “ripristinare immediatamente completamente e astenersi dall’interrompere o impedire la fornitura di gas naturale e altri servizi pubblici al Nagorno-Karabakh”.
La Corte ha rigettato la misura 3 relativa all’interruzione dell’erogazione di gas e servizi per insufficienza di elementi probatori (Ordinanza, punto 64). La Corte ha respinto anche la Misura 1 relativa alle presunte proteste di blocco della circolazione lungo il Corridoio di Lachin (Ordinanza, punto 63), ma solo dopo aver concesso la Misura 2 relativa alla libera circolazione di persone, veicoli e merci in forma leggermente modificata (Ordinanza, punto 62). Dalla lettura dell’Ordinanza emerge che, accolto il Provvedimento 2, il Tribunale ha ritenuto non necessario concedere poi “questo ulteriore provvedimento relativo alla movimentazione lungo il Corridoio di Lachin”. La Corte sembra quindi aver considerato la Misura 1 da includere nella Misura 2 modificata come tra “tutte le misure” a disposizione dell’Azerbajgian per ripristinare il movimento senza ostacoli lungo il Corridoio di Lachin in conformità con il suo Ordine.
Mentre il blocco ora è entrato nel suo quarto mese con i manifestanti ancora al loro posto, l’Azerbajgian evidentemente non è d’accordo. Immediatamente dopo l’emissione dell’Ordine, l’Agente dell’Azerbajgian davanti all’CIG ha dichiarato su Twitter che l’Azerbajgian “accoglie con favore il rifiuto da parte della Corte delle misure richieste dall’Armenia [1 e 3]”, e ha sottolineato che “il CIG ha preso atto della nostra dichiarazione che l’Azerbajgian ha e si impegna a continuare a compiere tutti i passi in suo potere e a sua disposizione per garantire la circolazione sicura lungo la strada de Lachin”. Ha omesso, tuttavia, di menzionare del tutto la parte operativa dell’Ordine.
Cinque giorni dopo, in una lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite, il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian ha espresso la sua opinione secondo cui l’Ordine conferma le posizioni dell’Azerbajgian rispetto al Corridoio di Lachin, incluso il fatto che “non è responsabile delle proteste di un gruppo di civili organizzazioni sociali, e […] non è tenuto ad impedire loro di esercitare il loro legittimo diritto di protestare” (Lettera, pagina 3). Il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian afferma quindi che la Corte ha emesso la sua ordinanza “alla luce delle prove presentate dall’Azerbajgian, compreso il suo impegno” (Lettera, pagina 3), in altre parole, a sostegno piuttosto che a dispetto della rappresentanza dell’Azerbajgian. Tale lettura distorce gravemente la formulazione dell’Ordine: “La Corte prende atto della dichiarazione [dell’Agente dell’Azerbajgian] [che il suo governo ha e si impegna a continuare a prendere tutte le misure in suo potere per garantire la sicurezza del movimento di persone, veicoli e merci lungo la strada di Lachin, compreso il costante e regolare impegno con il CICR]. Tuttavia, non rimuove del tutto l’imminente e irreparabile pregiudizio creato dall’interruzione della circolazione lungo il Corridoio di Lachin” (Ordinanza, punto 56, corsivo mio).
Tale interpretazione risulta anche nel non dare effetto all’ordinanza, in ulteriore violazione delle regole fondamentali dell’interpretazione giuridica (verba cum effectu sunt accipienda) nonché della giurisprudenza della Corte (si veda ad esempio LaGrand Case, Sentenza (2001), punti 115, 128 (5)). In effetti, che l’Azerbajgian intenda mantenere lo status quo al Corridoio di Lachin è dimostrato non solo dalla sua continua inerzia per sbloccarlo, ma anche dalla sua continua insistenza sul fatto che “né la Repubblica dell’Azerbajgian né i manifestanti hanno posto alcuna restrizione al movimento lungo la strada” e “la strada resta aperta per il passaggio a scopo umanitario” (Lettera, pagina 4). Tuttavia, questo ignora che la Corte non è stata persuasa dalle argomentazioni dell’Azerbajgian a questo proposito, dichiarando chiaramente che il Corridoio di Lachin non è in fatto aperto, ma piuttosto così “sconvolto” da “poter avere un grave impatto dannoso sulla salute e sulla vita delle persone” e che “c’è [quindi] urgenza, nel senso che c’è il rischio reale e imminente che un pregiudizio irreparabile sarà causato” (Ordinanza, punti 54-57).
Il modo più significativo per l’Azerbajgian di conformarsi all’Ordine sarebbe ovviamente quello di spostare i manifestanti in un nuovo luogo dove non potrebbero più interrompere il Corridoio di Lachin. Anche supponendo che l’Azerbajgian non sia responsabile delle proteste, dato il loro impatto gravemente dannoso sui diritti di 120.000 Armeni etnici nel Nagorno-Karabakh, ci sono innegabilmente motivi legittimi consentiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo per limitare il diritto dei manifestanti alla libertà di riunione, senza dover impedire loro del tutto di esercitare tale diritto.
Ciononostante, l’Azerbajgian è noto da decenni per reprimere sistematicamente e violentemente le proteste pacifiche contro il governo azero, anche durante il blocco del Corridoio di Lachin. Freedom House ha costantemente classificato l’Azerbajgian come “non libero” e uno dei paesi “peggiori” (cioè più repressivi) del mondo, segnando zero su quasi tutti i diritti politici e le libertà civili inclusa la libertà di riunione. L’improvviso cambiamento di opinione dell’Azerbajgian nei confronti di queste particolari proteste è quindi di per sé discriminatorio in quanto prendono di mira esclusivamente gli Armeni. E con la prospettiva di rinnovarsi attacchi che si profilano scomodamente vicini in un contesto di incitamento all’odio contro gli Armeni da lungo tempo sponsorizzato dallo stato dell’Azerbajgian (vedi ad esempio Rapporti ECRI 2002, 2006, 2011, 2016; Comitato CERD 2022, paragrafo 4(d)), più a lungo si trascina il blocco, prima gli Armeni del Nagorno-Karabakh saranno costretti a lasciare definitivamente la loro patria ancestrale. Casi simili dinanzi ai tribunali penali internazionali ad hoc sono stati giudicati equivalenti a persecuzione e deportazione o trasferimento/spostamento forzato come crimini contro l’umanità (si veda ad esempio Procuratore c. Šešelj, Sentenza d’appello (2018), paragrafi 138-166, 181).
Alla luce di tali implicazioni gravemente imminenti, il rifiuto dell’Azerbajgian di conformarsi all’Ordine richiede un intervento immediato, in quanto l’attesa che la Corte ponga rimedio a tale inadempimento nella sua sentenza definitiva nel merito potrebbe richiedere anni. A questo proposito, l’articolo 94, paragrafo 2, della Carta delle Nazioni Unite prevede che, “se una parte di una causa non adempie agli obblighi che le incombono in base a una sentenza pronunciata dalla Corte, l’altra parte può ricorrere alla Consiglio di Sicurezza, che può, se lo ritiene necessario, formulare raccomandazioni o decidere le misure da adottare per dare esecuzione alla sentenza. Non è chiaro, tuttavia, se tale ricorso si applichi anche alle ordinanze di provvedimenti provvisori.
In ogni caso, nulla impedisce al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di agire, di propria iniziativa, per imporre l’esecuzione degli ordini provvisori della CIG, poiché ha precedentemente fatto riferimento a tali misure provvisorie in alcune occasioni deplorando i comportamenti di alcuni Stati (cfr. /RES/461 (1979), paragrafo 2 e S/RES/819 (1993), preambolo; vedi anche S/1996/301). In effetti, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha probabilmente il dovere in questa fase di formulare raccomandazioni o adottare misure vincolanti, se necessario, ai sensi dei capitoli VI e VII, dato che il blocco minaccia il processo di pace in corso tra Armenia e Azerbajgian, nonché la sicurezza nella regione.
La Corte è inoltre investita dell’autorità e della responsabilità di monitorare l’osservanza delle sue ordinanze dall’adozione, nel dicembre 2020, dell’articolo 11 della sua prassi giudiziaria interna, che prevede: “(i) Laddove la Corte indichi misure provvisorie, elegge tre giudici a formare un comitato ad hoc che assisterà la Corte nel monitorare l’attuazione delle misure provvisorie. […] (ii) Il comitato ad hoc esamina le informazioni fornite dalle parti in relazione all’attuazione delle misure provvisorie. Riferisce periodicamente alla Corte, raccomandando potenziali opzioni per la Corte. (iii) Qualsiasi decisione al riguardo sarà presa dalla Corte. L’art. 11 tace, invece, quanto alla pubblicità delle informazioni fornite o delle raccomandazioni formulate in merito, e rimane un mistero se o in che misura la Corte stia attualmente monitorando l’attuazione delle misure provvisorie disposte nei casi di Armenia e Azerbajgian.
Quello che è certo è, che c’è un’enorme differenza tra la comprensione dell’Armenia e dell’Azerbajgian di ciò che comporta l’Ordine. L’ultimo punto controverso è sorto sulla frase “movimento senza impedimenti”, che ora i funzionari azeri sostengono non significhi “libera circolazione” o “senza alcun controllo” (vedi anche Lettera, pagina 3). Questo, nonostante “libero” sia sinonimo di “senza impedimenti”, che comunemente viene definito come precludente qualsiasi impedimento o interruzione di sorta. L’accordo di cessate il fuoco del novembre 2020 tra Armenia e Azerbajgian stabilisce anche chiaramente che il controllo del Corridoio del Lachin spetta al contingente di mantenimento della pace russo. L’Azerbajgian ha tuttavia fatto ricorso alla richiesta dell’istituzione di posti di blocco azeri lungo il Corridoio di Lachin e all’uso della forza letale per “provarne [] la necessità”.
Inquadrando l’Ordine in modo così ampio – plausibilmente in un cauto esercizio di autolimitazione giudiziaria – la Corte ha inconsapevolmente scatenato una guerra di interpretazione. Mentre gli Stati sono innegabilmente obbligati ad aderire agli Ordini dell’CIG, la Corte deve comunque assicurare che le misure che indica siano idonee per un’effettiva attuazione. Per raggiungere questo obiettivo, una misura provvisoria dovrebbe essere inquadrata in termini di auto-esecuzione, prescrivendo clausole e parametri di riferimento chiari in base ai quali la conformità può essere facilmente determinata, rendendo così più facile e veloce l’attuazione per le parti.
L’Ordine potrebbe quindi beneficiare di chiarimenti o modifiche in modo da scongiurare ogni ulteriore equivoco o abuso. Mentre l’Ordine può essere chiaro a coloro che apprezzano veramente i diritti umani e i principi democratici, la Corte deve tener conto del contesto politico in cui emette le sue istruzioni. Il Presidente dittatoriale dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, che ha governato con il pugno di ferro negli ultimi 20 anni dopo aver ereditato il posto da suo padre, non ha nascosto di ritenere che il principio “potere è giusto” prevalga sullo stato di diritto internazionale. Mentre l’Armenia ha invertito il suo slittamento verso l’autocrazia, l’Azerbajgian continua a cadere sempre più in profondità nel suo abisso, anche a causa dell’invasione militare aggressiva e dell’occupazione del territorio sovrano armeno (vedi ad es. pag. 35 e pag. 31) – e quindi vede manifestamente il diritto internazionale attraverso una lente autoritaria. La Corte deve riconoscere tali realtà quando formula le sue ordinanze per misure provvisorie, in particolare laddove il mancato rispetto potrebbe comportare conseguenze così atroci e mortali per 120.000 vite innocenti.
[*] Sheila Paylan è un avvocato internazionale per i diritti umani ed ex consulente legale delle Nazioni Unite per più di 15 anni. Attualmente è Senior Fellow in diritto internazionale presso l’Applied Policy Research Institute of Armenia, un think tank indipendente con sede a Yerevan. Precedentemente ha prestato servizio come consigliere pro bono della Repubblica di Armenia all’indomani della guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh del 2020, come anche durante la presentazione della prima richiesta dell’Armenia di misure provvisorie contro l’Azerbajgian dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia nel 2021. Le opinioni e le opinioni espresse in questo articolo sono interamente sue, ha specificato il sito.
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