Da pochi minuti è disponibile sul canale YouTube ufficiale dell’Eurovision Song Contest “Future lover”, il brano che Brunette eseguirà sul palco di Liverpool il prossimo maggio in rappresentanza dell’Armenia. Una canzone che è un inno agli amori e ai sogni – ma anche alle incertezze – che ancora devono arrivare nelle nostre vite.
Tutta la ballad – con qualche venatura R&B e seconda strofa rappata – poggia sulla melodia di pianoforte ed archi, fino al climax finale dove entrano in scena prepotentemente anche i cori e i fiati.
Sia il testo che la musica di “Future lover” sono della stessa Brunette, con la produzione di Nare Manukyan e il mixaggio di Arthur Armeni. La giovane artista descrive così la canzone che porterà a Liverpool:
“Future Lover” è una tela poetica, una lettera senza destinatario. Ricordo che una volta scorrevo il mio telefono e vedevo questa bellissima citazione che era un pensiero così semplice ma bello che mi ha immediatamente ispirato. Le parole si sono trasformate in una melodia e un’intera gamma di emozioni è subito esplosa in me. Per tutta la vita tutti cerchiamo qualcosa di unico: il futuro amante, l’incarnazione dei nostri sogni, ideali, paure…
Va segnalato che dopo quattordici anni (Inga & Anush, “Jan jan“) l’Armenia torna a proporre un brano contenente del testo in madrelingua all’Eurovision Song Contest, infatti le strofe finali del brano sono interamente cantate in armeno da Brunette.
Chi è Brunette
Brunette, nome d’arte di Elen Yeremyan, è una cantautrice di ventun anni reduce da un buon successo in patria a seguito della pubblicazione dei suoi primi tre singoli nel 2022, ed era stata individuata come rappresentante dell’Armenia all’Eurovision 2023 il 1 febbraio.
La musica è la sua grande passione fin dall’infanzia, avendo iniziato ad esibirsi già a 4 anni. È originaria di Yerevan, ma per diversi anni si è spostata tra l’Armenia e gli Stati Uniti. Il suo stile ha preso a piene mani dalla storia musicale degli States, i suoi primi lavori infatti mescolano R&B (rhythm & blues) e folk così come armeno ed inglese, come ben testimoniato dal suo singolo di maggior successo “Smoke break“.
L’Armenia all’Eurovision Song Contest
La repubblica caucasica è la grande vincitrice dell’ultima edizione dell’Eurovision Song Contest. E no, non si tratta di una svista in fase di scrittura: Rosa Linn, pur classificatasi solo 20° con 61 punti a Torino, ha infatti trionfato a partire dall’immediato post-evento.
La sua “Snap”, diventata virale grazie a TikTok un mese dopo l’edizione 2022 dell’Eurovision, ha raggiunto risultati inavvicinabili per gli altri artisti in gara con lei – come il mezzo miliardo di stream su Spotify e le certificazioni in giro per l’Europa – oltre a stabilire record assoluti come il primo posto nella Eurotop 44, la classifica dei brani più suonati dalle radio europee – prima artista eurovisiva a riuscirci. Senza contare le certificazioni a pioggia in giro per l’Europa.
Con Rosa Linn l’Armenia ha raggiunto una popolarità e prestigio che nemmeno i 4° posti di Aram MP3, nel 2014, e Sirusho, nel 2008, le avevano conferito. Questi sono stati i migliori piazzamenti del paese in 15 partecipazioni fino al 2022. Diversa la musica nella competizione dei più piccoli: l’Armenia infatti è una “superpotenza” del Junior Eurovision Song Contest con 2 vittorie e 7 podi in 16 partecipazioni.
Dopo i record stabiliti da Rosa Linn rimane solo un traguardo più grande, ovvero la prima storica vittoria all’Eurovision. Quest’anno il compito spetta a Brunette, che si esibirà con la sua “Future lover” nella prima metà della seconda semifinale, giovedì 11 maggio. L’Italia non ha diritto di voto in quella serata – a differenza di Regno Unito, Ucraina e Spagna – e potrà quindi sostenerla solo in caso di qualificazione alla finalissima di sabato 13 maggio.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-15 13:36:372023-03-16 13:40:06Eurovision Song Contest 2023, Armenia: tolti i veli a “Future lover” di Brunette (Eurofestivalnews 15.03.23)
Le recenti manifestazioni di protesta di fronte a una base militare russa a Gyumri, in Armenia, sono un segnale che si sta avvicinando un’altra fase di conflitto aperto nel Nagorno-Karabakh, conteso da Erevan e Baku. Il rischio è una ‘terza guerra’ dopo quella degli anni 1992-1994 e quella dei 44 giorni del 2020, come sostengono molti osservatori, armeni e azeri, e quelli neutrali.
A Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica di Armenia ed autore del libro ‘I disobbedienti. Viaggio tra i giusti ottomani del genocidio armeno’, abbiamo chiesto di spiegarci la situazione del conflitto tra Armenia e Azerbaijan: “Dopo l’attacco dell’Azerbaigian contro l’autoproclamata Repubblica dell’Arzakh (o Nagorno Karabagh) del 2020 fu trovato un accordo che contempla la ridefinizione dei confini fra i due contendenti e fra l’Armenia e l’Azerbaigian. Le forze azere hanno dato il via al conflitto, supportate dalla Turchia e da elementi della Jihad islamica presenti sul campo. La resistenza armena è stata piegata.
Dal dicembre del 2022 l’enclave armena cristiana dell’Arzakh nel territorio dell’Azerbaigian islamico subisce il blocco dei rifornimenti. Le truppe di interposizione russe, i ‘peacekeeper’ presenti sui confini a garanzia degli accordi del cessate il fuoco, dovrebbero permettere il passaggio dei beni di prima necessità fra l’Arzakh e l’Armenia, attraverso il corridoio di Lachin. Alcuni cittadini azeri hanno bloccato l’entrata e l’uscita dalla ‘porta’ di Lachin, unica via di approvvigionamento e di comunicazione con il mondo per gli abitanti dell’Arzakh. I peacekeeper russi non hanno allontanato i manifestanti azeri che bloccano il passaggio e gli armeni dell’Arzakh si trovano in una situazione paragonabile a quella del ghetto di Varsavia: carenza di cibo e di medicinali, mancanza di comunicazioni Internet, ospedali non riforniti, mancanza di elettricità. Hanno tre possibilità: emigrare e svuotare il territorio abitato da armeni da circa 3000 anni e ciò equivarrebbe ad una vera e propria ‘ethnic cleansing’, una pulizia etnica; oppure imbracciare le armi e combattere fino ad essere completamente annientati; o, infine, divenire sudditi dell’Azerbaigian islamico con conseguenze facilmente immaginabili, vista l’armeno-fobia coltivata tra gli azeri”.
Perché Papa Francesco ha chiesto l’apertura del ‘corridoio’ di Lachin?
“Sono state prospettive tragiche per cui papa Francesco, così come il Parlamento Europeo, gli Stati Uniti e altre nazioni hanno chiesto la riapertura del corridoio di Lachin”.
Quanto è importante per la cultura armena san Nerses il Grazioso?
“La religione è parte integrante dell’identità culturale armena e San Nerses Shnorali, detto il Grazioso, in realtà ‘pieno di Grazia’, quarto Katholikos di tutti gli armeni, è l’antesignano dell’apertura ecumenica, della concordia nella carità, di una fede attiva, testimoniata. Per gli armeni apostolici è altrettanto importante san Gregorio di Narek ‘Il Naregazi’, proclamato dottore della Chiesa cattolica, monaco poeta; la sua opera più significativa fu ‘Il Libro delle Lamentazioni’ conservato sotto il cuscino di ogni armeno in fin di vita”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-14 14:21:562023-03-15 14:22:56L'appello dal Nagorno-Karabakh, riaprire il ‘corridoio’ di Lachin (ACI Stampa 14.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 14.03.2023 – Vik van Brantegem] – Ieri sera, il Ministero della Difesa dell’Armenia ha riferito che le forze armate dell’Azerbajgian tra le ore 19.00 e le 19.30 hanno aperto il fuoco sulle posizioni armene vicino al villaggio di Verin Shorzha. Su questo segmento del confine le forze armate dell’Azerbajgian hanno occupato oltre 82 km² di territorio all’interno dell’Armenia vera e propria dalle incursioni su larga scala del maggio 2021 e del settembre-ottobre 2022. L’Azerbajgian sostiene che le sue posizioni militari lungo la linea di contatto con il Karabakh sono state prese di mira vicino all’area di Ivanyan, notizia ufficialmente smentita dalle autorità dell’Artsakh come disinformazione. Il Bollettino informativo del Ministero della Difesa della Federazione Russa sulle attività del contingente di mantenimento della pace russo nella zona del conflitto del Nagorno-Karabakh comunica, che nella regione di Martuni è stata registrata una violazione del regime di cessate il fuoco. Si è svolta un’indagine trilaterale con la parte azera e quella dell’Arzakh. Non sono state forniteidettagli. La fornitura di gas naturale dall’Armenia all’Artsakh è stata ripristinata nella mattinata dopo quasi 3 giorni di interruzioni sul territorio sotto controllo delle forze armate dell’Azerbajgian.
Il Primo Ministro dell’Armenia avverte dell’alta probabilità di un nuovo attacco da parte dell’Azerbajgian
Parlando in una conferenza stampa, oggi 14 marzo 2023 a Yerevan, il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan ha avvertito dell’alta probabilità di un’escalation da parte dell’Azerbajgian lungo il confine con l’Armenia e nel Nagorno-Karabakh: «La mia conclusione viene dalla crescente retorica aggressiva dell’Azerbajgian, e ovviamente abbiamo anche altre informazioni». Pashinyan ha detto che non è l’Armenia che avvia azioni aggressive o escalation, quindi ha deciso di invitare osservatori dell’Unione Europea. Ha rivelato che l’accordo preliminare dell’ottobre 2022 a Praga prevedeva che gli osservatori dell’Unione Europea sarebbero stati schierati da entrambe le parti al confine o sulla linea di contatto, dell’Armenia e dell’Azerbajgian. Inoltre, il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, aveva dato il suo consenso alla presenza del Presidente francese e del Presidente del Consiglio Europeo, ma ha respinto l’idea in seguito. «Penso che la comunità internazionale debba registrare che in effetti esiste un alto pericolo di una nuova escalation, e credo che a questo proposito, tenendo conto della chiusura del Corridoio di Lachin e della crisi umanitaria in corso nel Nagorno Karabakh, nonché degli espliciti preparativi dell’Azerbajgian per la pulizia etnica, la nostra posizione rimane che sarebbe molto importante inviare una missione internazionale di accertamento dei fatti nel Corridoio di Lachin e nel Nagorno Karabakh», ha affermato Pasinyan.
Il Primo Ministro armeno esprime a Putin preoccupazione per il pericolo di escalation in Nagorno-Karabakh
Nikol Pashinyan, ha rivelato anche dettagli sulla sua telefonata del 13 marzo con il presidente russo Vladimir Putin, affermando che la chiamata ruotava principalmente attorno al pericolo di un’escalation nel Nagorno-Karabakh: «Ho trasmesso le mie informazioni, la mia impressione, ho anche sottolineato che penso che ci siano problemi nell’area di responsabilità delle forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno-Karabakh. La questione più importante per me in questo contesto è che una cosa molto sorprendente è accaduta, quando i residenti del Nagorno-Karabakh hanno protestato davanti al quartier generale del contingente di mantenimento della pace russo. E questo è successo dopo le uccisioni degli agenti di polizia. Ci tengo a sottolineare che ciò è avvenuto anche nell’area di responsabilità delle forze di pace russe nel Nagorno-Karabakh. Questa è una preoccupazione e ho ritenuto necessario trasmettere queste preoccupazioni al Presidente russo». Alla domanda se Putin abbia risposto o meno, Pashinyan ha detto: «Certo che ha detto qualcosa», ma che sarebbe inappropriato rivelare ciò che ha detto Putin: «Se i nostri partner russi lo riterranno necessario renderanno noto ciò che ha detto il Presidente della Russia».
«Sono sicuro che gli Armeni supereranno le avversità. Sono orgoglioso di essere Armena, sono orgoglioso di essere Artsakhtsi. Siamo determinati a difendere i nostri diritti. Siamo forti come le nostre montagne» (Mariam Safaryan, alunna di seconda media del villaggio di Nngi in Artsakh).
Il disumano assedio azero non impedisce ai bambini dell’Artsakh di esprimere la loro creatività attraverso l’arte. Per tutto questo mese alla Galleria Stepanakert c’è una mostra intitolata “Il cielo dell’Artsakh attraverso gli occhi dei bambini” (foto di copertina). #StopArtsakhBlockade
Grazie alla solidarietà pan-armena, per alleviare la crisi umanitaria causata dal blocco del Corridoio Lachin da parte dell’Azerbaijan, nella prima fase, il Hayastan All-Armenian Fund la Fondazione Hayastan ha donato 100 tonnellate di cibo alla Rappresentanza permanente della Repubblica dell’Artsakh in Armenia. Continua a fornire sostegno umanitario, adesso ha donato 211.000 kg di semi di patate e 21.600 litri di olio di girasole.
Ieri, 13 marzo, i media azeri hanno diffuso un’altra disinformazione secondo cui militari e armi sarebbero stati trasportati dall’Armenia all’Artsakh con l’accompagnamento delle truppe di mantenimento della pace russe, allegando un video di un piccolo convoglio di veicoli. Nel video pubblicato dalla parte azera, non ci sono veicoli militari, ma veicoli appartenenti al Servizio di Emergenza Statale, ha informato il Ministero degli Interni della Repubblica di Artsakh. I soccorritori, accompagnati dalle forze di mantenimento della pace russe, hanno, hanno accompagnato i civili con cittadinanza della Repubblica dell’Armenia, che sono rimasti in Artsakh a seguito del blocco, all’Armenia lungo la strada di montagna che aggira il blocco di Shushi. Considerando la natura montuosa ed estremamente difficile della strada, i soccorritori dell’Artsakh hanno dovuto organizzare il trasporto dei cittadini con loro auto. Le forze di mantenimento della pace russe hanno svolto le loro funzioni per garantire la sicurezza dei civili, specialmente di fronte a ulteriori minacce poste dopo l’attacco del 5 marzo.
Durante la conferenza stampa tenutasi oggi 14 marzo 2023 a Yerevan, il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha detto che nel testo della bozza di trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian, l’Azerbajgian pone le mine per continuare la sua politica aggressiva nei confronti dell’Armenia anche dopo la sua firma: «Cosa dice l’Azerbajgian? Dice: ho vinto la guerra, cosa stai negoziando, stai facendo proposte, ho vinto, sto inviando un documento, ho inviato i miei 5 principi, firmali e se non firmi nel 2023, lancerò un attacco su larga scala. Ora i nostri giornalisti, comprendendo questa situazione, chiedono: puoi andare a firmare documenti che sono la capitolazione per l’Armenia? Dico di no».
Pashinyan ha detto che l’Azerbajgian usa il linguaggio delle minacce nel processo negoziale, come faceva prima della guerra dei 44 giorni: «Prima della guerra, la posizione negoziale dell’Azerbajgian era la seguente: dammi quello che voglio ottenere con la pace, altrimenti lo otterrò con la guerra. Ed è stata una scelta molto difficile».
Pashinyan ha aggiunto, che ora si sta formando una posizione importante nella comunità internazionale, che è in uno stato molto embrionale, e su cui devono lavorare per rafforzarsi: «Presentiamo proposte all’Azerbajgian, ma l’Azerbajgian rimanda indietro la maggior parte delle nostre proposte cancellate. Quando presentiamo questo problema ai nostri partner internazionali, dicono che non è la pace, perché ciò che viene proposto non porterà una pace duratura, anzi, porterà a nuove crisi. Siamo pronti ad andare verso soluzioni che, anche se non sono le soluzioni che abbiamo sognato, porteranno una pace duratura e stabile».
Pashinyan ha osservato che la pace va guadagnata, poiché l’esperienza precedente ha dimostrato che anche la forzatura non funziona. In passato, ha detto, molte persone pensavano che la pace potesse essere imposta, ma se fosse stato possibile imporre, sarebbe stato firmato un accordo alle condizioni dell’Armenia. Ha ha sottolineato che anche ora l’Azerbajgian pensa di poter imporre la pace, mentre il governo armeno afferma di non essere favorevole alla politica di imposizione da entrambe le parti.
Il garante della sicurezza del Nagorno-Karabakh è la Federazione Russa sotto la propria responsabilità e c’è anche un esercito di difesa nel Nagorno-Karabakh. Se non vi è alcuna minaccia di genocidio degli Armeni nel Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian, il Nagorno-Karabakh non avrebbe bisogno di avere forze armate di quella portata. Rispondendo alla domanda se la Repubblica Armenia garantirebbe la sicurezza dell’Artsakh in caso di una possibile escalation da parte dell’Azerbajgian, Pashinyan ha detto: «Perché ho firmato la dichiarazione tripartito del 9 novembre 2020? Per una ragione molto semplice, rendendomi conto che in quella situazione, la Repubblica di Armenia non può, a causa delle circostanze a voi note, essere una piena garante della sicurezza del Nagorno-Karabakh. E quindi era necessario creare un sistema che garantisse la sicurezza del Nagorno-Karabakh. Con la dichiarazione tripartita e la successiva decisione del Consiglio Federale della Federazione Russa, con la quale è stato consentito al Presidente della Federazione Russa di inviare truppe nel Nagorno-Karabakh, è stato registrato che il garante della sicurezza del Nagorno Karabakh è la Federazione Russa, non che l’Armenia lo rifiuti, ma poiché l’Armenia, purtroppo, a causa della sconfitta nella guerra dei 44 giorni, non può adempiere pienamente a questa funzione. E, quindi, portando alla mia attenzione tutti questi argomenti, dobbiamo registrare che il garante della sicurezza del Nagorno-Karabakh è la Federazione Russa, secondo il proprio impegno».
Ha aggiunto che, d’altra parte, esiste un esercito di difesa nel Nagorno-Karabakh, che l’Azerbajgian sta cercando di presentare come l’esercito dell’Armenia. Pashinyan ha ribadito che la Repubblica di Armenia non ha un esercito nel Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian sta anche cercando di insistere affinché l’esercito di difesa del Nagorno-Karabakh venga sciolto, che non dovrebbe esistere: «Se non c’è alcuna minaccia di genocidio degli Armeni in Nagorno-Karabakh (in Nagorno-Karabakh si spendono miliardi per mantenere l’esercito), almeno non ci sarà bisogno di avere un esercito di tale portata. L’esistenza dell’esercito di difesa in Nagorno-Karabakh è la più grande prova dei preparativi per il genocidio e la pulizia etnica».
Un incontro dei leader di Armenia e di Azerbajgian in qualsiasi formato non è previsto nel prossimo futuro, ha annunciato Pashinyan: «Al momento non è previsto alcun incontro. Non ho mai evitato un incontro, ma d’altra parte l’esperienza dei nostri incontri dimostra che ci dovrebbero essere garanzie sul rispetto degli accordi e degli impegni». Ha osservato che nei precedenti incontri con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, e il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, a Brussel, le parti hanno raggiunto vari accordi, ma la loro attuazione è diventata impossibile a causa delle azioni della parte azera: «L’Armenia è pronta a continuare il lavoro nel formato di Brussel, ma dice: iniziamo ad attuare ciò che abbiamo concordato punto per punto. Se ci sono più di dieci accordi che non vengono attuati, che senso ha lavorare per concordare qualcosa di nuovo? E quegli accordi relativi al Nagorno-Karabakh, alla sicurezza delle frontiere, all’apertura delle comunicazioni regionali, al rilascio di prigionieri, ecc.», ha affermato, osservando di vedere un problema fondamentale nel formato di Brussel. Secondo la valutazione di Pashinyan, i negoziati più efficaci, coronati da un chiaro risultato, si sono svolti a Praga in formato quadrilatero con la partecipazione della Francia. Inoltre, ha notato che l’Azerbajgian si oppone a questo formato.
Pashinyan ha assicurato che non firmerà un documento, se dopodiché non potrà guardare negli occhi i cittadini dell’Armenia: «La dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020 che ho firmato, in quel momento naturalmente non ero felice neanche io. Quelli che erano nel mio gabinetto, i membri della mia squadra politica, i membri del Consiglio di Sicurezza, sanno a quali condizioni e in quali condizioni ho firmato. La condizione era molto pesante, amara. Ma ho visto che con l’attuazione di quel documento, Armenia e Nagorno-Karabakh sono in grado di perseguire i propri interessi. Allora si chiamava capitolazione, vedete oggi che i rappresentanti dell’opposizione, del governo e dei difensori dei diritti umani fanno riferimento ogni giorno alla dichiarazione tripartita».
Anche la Corte Internazionale di Giustizia ha motivato la sua decisione sul Corridoio di Lachin con la dichiarazione tripartita del 9 novembre. Pashinyan ha sottolineato che il problema da parte armena oggi non è la dichiarazione tripartita, anzi, se fosse stata rispettata integralmente tutto questo non sarebbe accaduto, il problema è la mancata attuazione di quella dichiarazione e l’assenza o inerzia dell’ente garante. Ha ricordato di aver rilasciato una dichiarazione all’Assemblea Nazionale, dicendo cosa avrebbe firmato e cosa non avrebbe firmato, a cui è seguita una manifestazione molto ampia. «Devo firmare una cosa in modo da non poterti guardare negli occhi più tardi? No, non firmerò una cosa del genere».
Pashinyan è convinto di conoscere il problema nella sua interezza e di conoscere anche le soluzioni: «Queste soluzioni funzioneranno? Non lo so, per un semplice motivo, perché nel mondo di oggi non c’è un leader che sappia cosa accadrà tra un mese».
L’Armenia è pronta per un incontro tripartito tra i Ministri degli Esteri di Armenia, Russia e Azerbajgian a Mosca e nel prossimo futuro, il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, dovrebbe visitare Mosca, dove verrà discussa la questione, ha detto Pashinyan: «L’Armenia è pronta, ieri ne ho parlato anche con il Presidente della Russia. Prossimamente è prevista una visita del ministro degli Esteri a Mosca, dove si discuterà». Pashinyan ha aggiunto che il fallimento dell’ultima riunione dei Ministri degli Esteri di Armenia, Russia e Azerbajgian era legato a una crisi acuta, non a una tendenza a boicottare la riunione: «In quella situazione, era necessario che il Ministro fosse a Yerevan. Non abbiamo rifiutato l’incontro. Abbiamo detto che la riunione non è stata annullata. e siamo pronti per un incontro».
Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha confermato secondo quanto riferisce RIA Novosti, che la visita del Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, a Mosca «è in fase di preparazione».
«Oggi sono stato al Corridoio di Lachin che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia. Attualmente è bloccato dagli Azeri, lasciando 120.000 residenti senza accesso ai beni di prima necessità. L’Unione Europea deve spingere l’Azerbajgian a revocare il blocco. In caso contrario, rischiamo una catastrofe umanitaria» (Anders Fogh Rasmussen, Segretario Generale della NATO dal 2009 al 2014, Primo Ministro di Danimarca dal 2001 al 2009, Presidente Fondatore dell’organizzazione di consulenza politica internazionale Rasmussen Global).
Il dittatore dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, se la ride con queste belle dichiarazioni. Ma non si tratta di uno scatto sorridente per i social, non è uno scherzo. Non si tratta solo di “un rischio di catastrofe umanitaria” ma di un pericolo di pulizia etnica degli Armeni dalla loro terra ancestrale di Artsakh. E ancora di più, l’aggressione dell’Azerbajgian nei confronti dell’Armenia e dell’Artsakh è un pericolo per il mondo intero. Per questo va punito il regime autocratiche azero della dinastia Aliyev le cui azioni fanno soffrire anche la nazione azera.
Comunque, a parte di queste osservazioni, grazie a Rasmussen per questo post e per aver parlato, perché qualunque sia la propria opinione sul Caucaso meridionale, questo blocco dell’Artsakh è vergognoso e deve finire. Certamente non segnale da parte dell’Azerbajgian di muoversi verso la pace. Quindi, bene che sia andato lì e evidenzia questo. A proposito, i troll dell’Azerbajgian sponsorizzati dallo Stato gli stanno dando già la caccia.
In una conversazione con i giornalisti, Rasmussen ha detto che nella situazione creatasi, quando l’Azerbajgian, nonostante l’ordine del Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, continua il blocco del Nagorno-Karabakh, l’Unione Europea dovrebbe rafforzare la pressione sull’Azerbajgian. «L’Unione Europea ha raggiunto un accordo con l’Azerbajgian nel campo dell’energia, e questo può essere utilizzato come piattaforma critica per discutere la questione. Forse il Presidente Ilham Aliyev è un autocrate tanto quanto Vladimir Putin, ma non credo che vorrebbe finire nella stessa situazione del Presidente Putin e diventare un aggressore internazionale. Ed è per questo che chiedo ancora una volta ad Aliyev di fermare immediatamente il blocco del Nagorno-Karabakh», ha detto Rasmussen.
Dovrebbero essere creati meccanismi internazionali per garantire i diritti e la sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh, ha aggiunto Rasmussen: «Dobbiamo fare di tutto per raggiungere un accordo di pace duraturo e giusto. Un elemento molto importante in tale accordo dovrebbe essere la garanzia dei diritti e della sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh. E per garantire questi diritti e sicurezza, dobbiamo disporre di meccanismi internazionali che li monitorino, controllino e garantiscano», ha osservato.
Riferendosi alle relazioni Armenia-Unione Europea, Rasmussen ha affermato che vorrebbe cooperare a stretto contatto con il governo della Repubblica di Armenia: «Sarà un’ampia collaborazione che toccherà argomenti ampi. Naturalmente, stiamo parlando del sostegno politico dell’Unione Europea. Penso che sia molto necessario ora che aumentiamo la consapevolezza che c’è una crisi umanitaria in Nagorno-Karabakh. E la comunità internazionale dovrebbe esercitare la massima pressione sull’Azerbajgian per risolvere questo problema», ha affermato.
Ha sottolineato che vuole sostenere il governo della Repubblica di Armenia per portare il dialogo con l’Unione Europea a un livello ancora più alto, che includerà anche un dialogo sulla politica di sicurezza: “L’Unione Europea dispone di un’ampia gamma di strumenti che possono essere utili all’Armenia. Penso che l’Armenia abbia bisogno di ancora più partner internazionali di quanti ne abbia oggi», ha affermato, osservando che i limiti della cooperazione militare con l’Armenia non sono stati discussi in dettaglio. In conclusione, Rasmussen ha osservato che l’Unione Europea ha un sistema di pace europeo, che può anche essere un quadro per la cooperazione tra l’Armenia e l’Unione Europea.
Ecco la nota ufficiale della NATO circa la visita ufficiale di una delegazione della NATO, guidata dal Capo di Stato Maggiore delle Forze di Terra della NATO, il Tenente Generale turco Mustafa Oğuz, di cui abbiamo riferito nei giorni scorsi [QUI, QUI e QUI].
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-14 14:20:592023-03-15 14:21:42Novantatreesimo giorno del #ArtsakhBlockade. C’è un’altissima probabilità di escalation sia lungo il confine dell’Armenia che nel Nagorno-Karabakh (Korazym 14.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.03.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il giorno 94 dell’assedio azero all’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Il dittatore dell’Azerbajgian Aliyev ha chiarito una cosa cruciale: se l’Artsakh/Karabakh cade, non si fermerà qui. L’Azerbajgian non è interessato alla pace, vuole l’Artsakh e l’Armenia. Il messaggio del dittatore dell’Azerbajgian Aliyev è mostrato sotto l mappa: «Torneremo nelle nostre terre storiche!» (l’Azerbajgian occidentale, cioè l’Armenia). Le parti colorate sono le province dell’Armenia.
L’assedio di 120.000 Armeni in Artsakh già da oltre 3 mesi non basta al Bey di Baku. Il Ministero degli Interni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh informa che oggi 15 marzo intorno alle ore 11.00, le forze armate dell’Azerbajgian hanno sparato a 3 residenti dell’Artsakh che stavano lavorando alla potatura in un vigneto vicino al monastero nella Valle di Amaras, nella regione di Martuni. A seguito della sparatoria, le attività agricole sono state interrotte. Le informazioni sull’incidente sono state trasmesse alle forze di mantenimento della pace russe. Non ci sono vittime. I soldati del Beylik di Azerbajgian, che amano mutilare gli Armeni, aprono periodicamente anche il fuoco sui civili che lavorano nei campi.
La situazione della sicurezza dentro e intorno all’Artsakh/Nagorno-Karabakh continua a peggiorare. Finora quest’anno, queste prime due settimane di marzo hanno visto più segnalazioni di violazione del cessate il fuoco da parte di Azeri, Karabakhi o forze di mantenimento della pace russe rispetto a gennaio e febbraio messi insieme.
Oggi 15 marzo 2023, ancora una volta il Parlamento Europeo ha condanna l’Azerbajgian per il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) in Artsakh, l’aggressione all’Armenia, i prigionieri di guerra e la mancanza di democrazia. Sempre un “partner affidabile”, Signora Ursula von der Leyen? Il Parlamento Europeo ha votato con 534 voti favorevoli, 10 contrari e 66 astensioni per l’adozione di una relazione sulle relazioni Unione Europea-Armenia. Il trattato di pace con l’Azerbajgian deve garantire la sovranità dell’Armenia, i diritti e la sicurezza degli Armeni nel Nagorno Karabakh [QUI].
François-Xavier Bellamy, Membro francese del Parlamento Europeo, ha postato su Twitter il video [QUI] del suo discorso di oggi, durante il quale ha detto: «Non siamo noi che difendiamo l’Armenia, è l’Armenia che difende tutto ciò che ci sta a cuore: la giustizia, il diritto, il patrimonio comune che ci lega. E gli dobbiamosostegno per questo, perché se questi principi vengono minati, allora siamo tutti in pericolo».
Poi, in un post successivo Bellamy ha scritto: «Passaggio essenziale: con il sostegno di molti eletti, ho presentato un emendamento per imporre sanzioni europee immediate contro i leader dell’Azerbajgian se il Corridoio di Lachin non verrà riaperto. Il Parlamento lo ha adottato oggi. È ora di agire finalmente».
Ieri 14 marzo 2023, Sarah Tanzilli, Membro dell’Assemblea nazionale francese, in una domanda al Ministro degli Esteri, in riferimento a quello che sta succedendo nel Caucaso meridionale denuncia: «Il momento è serio. Non si tratta di un conflitto territoriale. Quello che sta accadendo da 93 giorni, in relativa indifferenza, è un dramma umanitario». In un post su Twitter ha scritto: «L’Artsakh sta morendo! Quando trarremo le conseguenze della decisione del Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, sanzionando i responsabili del blocco e ponendo fine agli accordi sul gas stipulati da Ursula von der Leyen chi alimenta la complicità tra Putin e Aliyev? La mia domanda al governo sull’Armenia a Catherine Colonna [QUI]».
L’Azerbajgian sta sequestrando civili Armeni. Dozzine di prigionieri di guerra e civili Armeni sono ancora tenuti in ostaggio dal regime dittatoriale dell’Azerbajgian dal novembre 2020. Uno dei civili è Gevorg Sujyan, che è stato rapito DOPO l’accordo di cessate il fuoco fu firmato, mentre consegnava insieme ad altri civili armeni aiuti umanitari ai locali in Artsakh.
Apparentemente, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz è inconsapevole delle qualificazioni del suo Ospite Speciale in Germania e che ha dato il caloroso benvenuto ad un dittatore guerrafondaio e genocida, annoverato tra i peggiori autocrati del mondo. Bravo Signor Cancelliere della gloriosa Germania, complice della dittatura genocida dell’Azerbajgian. Dirà come i suoi antenati recenti: “Wir haben es nicht gewußt” (Non lo sapevamo).
Durante la visita del Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, a Berlino, si sono svolte proteste contro le violazioni dei diritti umani da parte dell’Azerbajgian. La legittima protesta è stata fermata dalle autorità tedesche.
«Ho scoperto che il dittatore Aliyev è a Berlino, ha incontri con politici tedeschi. Ho deciso di andare a protestare contro l’ipocrisia dei politici europei. Sono venuto lì dopo un’intervista con una giornalista e le ho chiesto di venire con me e fare delle foto. La polizia mi ha circondato immediatamente (ho delle foto, ma non posso condividerle perché non sono sicuro di poterlo fare) e ha iniziato a minacciare di multarmi e fermarmi. Ho chiesto se potevo registrarlo con audio e uno di loro ha accettato. Ha detto che siccome non ero solo (c’era una giornalista), abbiamo bisogno del permesso per una protesta. Ho risposto che la giornalista non partecipava alla protesta; ha detto che non gli importava. Hanno preso i miei documenti e hanno iniziato a chiamare i loro supervisori. Hanno proposto un “compromesso” che avrei potuto protestare altrove, ma non ho accettato. Poi hanno chiamato di nuovo i supervisori e più tardi sono arrivati altri attivisti e siamo andati a protestare sul lato sinistro dell’edificio. Ma prima mi hanno fatto cancellare l’audio, nonostante avessi il loro permesso. Tutto stava accadendo davanti a una giornalista. Ho detto che avrei inviato un reclamo, e questo è il mio reclamo. Non mi piace essere minacciato; era intimidatorio e mi hanno mentito. Sono solo un migrante, ma non è così che dovrebbe funzionare la democrazia. I Tedeschi danno per scontata la democrazia, mentre sta svanendo, come è successo in Russia. Aliyev è un assassino e un criminale di guerra. Deve stare in carcere» (Arshak Makichyan).
Come abbiamo riferito ieri [QUI], l’ex Segretario Generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen [nelle foto in visita all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin) che l’Azerbajgian ha chiuso da 94 giorni], durante la sua visita in Armenia ha esortato l’Unione Europea a fare pressioni sull’Azerbajgian per porre fine al suo disumano blocco dell’Artsakh: «Ecco perché invio oggi un messaggio molto chiaro al Presidente Aliyev: sciogliere immediatamente il blocco oggi», ha aggiunto Rasmussen ieri, mentre la NATO ha diffuso una nota circa la visita ufficiale di una delegazione della NATO, guidata dal Capo di Stato Maggiore delle Forze di Terra della NATO, il Tenente Generale turco Mustafa Oğuz, di cui abbiamo riferito nei giorni scorsi.
Affiliati del Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica dell’Iran hanno pubblicato sui social media un video [QUI] in cui si afferma che “la Repubblica Islamica dell’Iran si opporrà fermamente a qualsiasi piano progettato per cambiare i confini internazionali” diretto a Turchia e Azerbajgian, evidenziando i confini dell’Armenia. Ciò segue una dichiarazione di ieri del Primo Ministro dell’Armenia che ha riferito, come abbiamo riportato [QUI] che l’Azerbajgian cerca di riprendere le operazioni militari su larga scala contro lo stesso Armenia e il Nagorno-Karabkh nel prossimo futuro, inclusa la creazione di un corridoio attraverso l’Armenia fino all’exclave del Nakhichevan, che taglierebbe il confine dell’Iran con l’Armenia (il fantomatico “Corridoio di Zangegur”, pretesa avvallata soltanto dalla Turchia, che l’Azerbajgian pretende per poter riaprire il Corridoio di Berdzor (Lachin), internazionalmente riconosciuto).
Il Corpo della Guardia Rivoluzionaria Islamica dell’Iran ha riferito che il Paese ha messo in massima allerta le sue forze militari. Questo messaggio è degno di nota sullo sfondo delle cattive relazioni con il Beylik azero e la dichiarazione del Primo Ministro della Repubblica di Armenia sull’alto rischio di iniziare una guerra.
Il Ministro della Difesa dell’Armenia ha riferito: «L’esercito armeno viene rifornito con vari tipi di UAV [droni], missili anticarro, difesa aerea e sistemi modernizzati e altri tipi di equipaggiamento militare. Non ci sono accumuli al nostro confine, ma siamo pronti a proteggere la madrepatria ad ogni costo».
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-14 13:34:432023-03-16 13:35:28Novantaquattresimo giorno del #ArtsakhBlockade. Quando il cinismo in politica raggiunge il suo apice, diventa omicida. Urge sanzionare Aliyev e riconoscere l’Artsakh (Korazym 15.03.23)
Mersin (Agenzia Fides) – Dopo il grave sisma che lo scorso 6 febbraio aveva distrutto interi quartieri tra Siria e Turchia (vedi Agenzia Fides 7/2/2023) una nuova scossa registrata oggi 14 marzo ha fatto tremare la terra nel sud-est della Turchia. Il terremoto, di magnitudo 4,7, si è verificato a Kahramanmaras, con epicentro nel distretto di Goksun. Stando a quanto riporta l’Autorità per la gestione dei disastri e delle emergenze (Afad) della Turchia, al momento non si registrano vittime.
Lo scorso 6 febbraio, Kahramanmaras è stata una delle province turche devastata da due scosse di magnitudo 7,7 e 7,6. Il sisma che aveva interessato anche le aree di Gaziantep, Sanliurfa, Diyarbakir, Adana, Adiyaman, Osmaniye, Hatay, Kilis, Malatya ed Elazig ha provocato ad oggi la morte di otre 50 mila persone.
Mentre continuano gli interventi di emergenza, tra le task force, enti, organismi caritativi, intervenuti a soccorrere la popolazione in serie difficoltà dal 6 febbraio, anche i Camilliani tramite il Camillian Disaster Service International che si sono affiancati ai Frati Cappuccini, presenti nei luoghi colpiti, in particolare alle stazioni missionarie di Antiochia e Mersin.
Secondo le informazioni ricevute dal Cadis, gli aggiornamenti dai luoghi di intervento raccontano una realtà ancora fragile e in fase di organizzazione. I Cappuccini sono presenti a Mersin e Antiochia, due zone duramente colpite dal terremoto e dove, recentemente, si è recato per un sopralluogo fr. Lorenzo Motti, superiore provinciale dei Cappuccini dell’Emilia-Romagna. Fortunatamente il convento di Mersin non è andato totalmente distrutto e attualmente nella fraternità sono ospitate circa 80 persone, tra cui una decina di bambini e ragazzi e un bambino di appena 2 mesi che ha perso il padre. Due suore turche del Verbo Incarnato hanno aiutato con l’organizzazione degli ambienti messi a completa disposizione degli ospiti e con la gestione dell’emergenza. A Mersin, oltre a Fr, Roshan, guardiano e parroco, e Fr. Mariusz, che fanno parte della fraternità, adesso risiedono anche altri due Cappuccini che erano ad Antiochia. L’aiuto che viene dato ai sopravvissuti comprende vestiario e pasti completi. Tutti i pasti sono consumati in comune nel salone del convento. All’inizio, la comunità cattolica di Mersin ha aiutato con la preparazione dei pasti. Successivamente sono stati organizzati dei turni tra le persone ospitate, in modo che si sentano utili e possano fare qualcosa che li distragga. “Il supporto che i sopravvissuti stanno ricevendo non è solo materiale, ma anche spirituale – proseguono fonti del Cadis – è stato organizzato un incontro in cui hanno raccontato ciò che hanno vissuto e stanno vivendo. I frati della comunità vivono insieme ai terremotati e sono sempre a disposizione per ogni tipo di esigenza.”
Ad Antiochia invece, la situazione appare più drammatica e il convento è crollato quasi completamente. Alcune zone del centro sono state ripulite e, superata la fase di emergenza, ancora in corso, si valuterà un progetto a lungo termine per garantire sicurezza e stabilità ai terremotati. Ad alcune famiglie è stata proposta ospitalità a Selcuk (Efeso), dove si riunisce la locale comunità cattolica e a Izmir. Una famiglia con un bambino piccolo è già ospitata nel convento dei Cappuccini di Istanbul.
Insieme alla Caritas, Cadis avvierà un confronto per attivare un progetto di resilienza per salvare e riorganizzare le piccole comunità cristiane presenti sul territorio, per evitare che si possano disperdere.
(AP) (Agenzia Fides 14/3/2023)
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RECANATI -La Società Operaia di Mutuo Soccorso di Recanati è fiera di collaborare con il Circolo Acli “Don Lorenzo Milani” promotore della raccolta fondi a favori degli orfani armeni rimasti soli a causa del terribile sisma che ha colpito Turchia e Siria.
Sabato pomeriggio nella Sala degli Stemmi del Comune di Recanati il prof. Marco Moroni e il presidente SOMS Piergiorgio Moretti, dopo il saluto del sindaco Antonio Bravi ne hanno parlato durante l’incontro dedicato a questa realtà storica ricordando che tra il 1894 e il 1896 vennero uccisi dai due ai trecentomila armeni giudicati “non sufficientemente patriottici”
. E’ l’inizio di una serie di massacri che durerà, in maniera più o meno forte, per trent’anni sotto i regimi turchi fino al primo genocidio del XX secolo nel 1915. Molti armeni saranno deportati e pochi sopravvivranno lungo i deserti della Siria.
Recanati, città sempre pronta ad aiutare ed essere solidale con le minoranze, istituisce un’Opera Pia per gli Orfani Armeni grazie al vescovo Pietro Podaliri e don Mariano Bravi Pennesi, zio del maestro Luigi Bravi che fu presidente della SOMS. I circa 25 orfani, tra i 6 e gli 8 anni, furono accolti nel rispetto della loro cultura mantenendo la loro lingua. Si insegnava loro il mestiere di falegname, calzolaio, sarti e sarte.
Per quanto attiene la SOMS: la Scuola di Disegno istituita presso l’allora Società Operaia dove Benedetto Cinelli, Alessandro Boccie, Giovanni Cingolani insegnavano falegnameria, annota che nel 1904-5 tra gli artieri (coloro che erano considerati artigiani- artisti) del 1°corso, anche due allievi armeni tra quelli iscritti, particolarmente meritevoli, che vinsero il 2° premio: Emanuele Echechian e Kacciadur Hamparzum (notizie tratte da archivio storico SOMS e pubblicate in rivista Marca Marche n. 16/2021 in articolo di Antonella Maggini “La scuola di Disegno e calligrafia ” A. Calcagni” di Recanati, un innovativo esempio di scuola professionale).
Ai più meritevoli si apriva un libretto di risparmio da utilizzare dopo i 18 anni per aprire una loro attività. Si trattava di un “prestito d’onore” per costruire il loro futuro. Oggi come allora Recanati, con questa iniziativa, dimostra di essere solidale con chi è scampato da catastrofi naturali e ha perso tutto; solidale con chi ha fame e solidale con chi fugge dalla guerra.
I punti di raccolta delle offerte destinate agli orfani armeni di Malatya e Diyarbakir sono tre e si trovano presso i Messi Comunali, Biblioteca Comunale e Croce Gialla. Le offerte verranno consegnate alla CARITAS Macerata.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-13 17:59:212023-03-14 18:01:07Una raccolta fondi per gli orfani armeni di Malatya e Diyarbakir (Ilcittadino recanati 13.03.23)
Il conflitto globale è cominciato da poco più di un anno, tuttavia dobbiamo toglierci i paraocchi e ricordare che altre aree sono già – o “ancora” – roventi. Esaminiamo per esempio il Caucaso meridionale…
Poco meno di tre anni addietro è stato lì che la guerra in corso in Ucraina ha visto rivoluzionare molti schemi tradizionali con un ampio utilizzo di droni nel campo di battaglia.
La guerra in Artsakh (Nagorno Karabakh), di fatto tra Armenia e Azerbaigian, del 2020 è stata adeguatamente seguita, compresa e risolta?
Cosa accade nel corridoio di Lachin?
Quali sono oggi i rapporti dell’Italia e dell’UE con l’Armenia?
L’eterna negazione del GENOCIDIO ARMENO prosegue ininterrotta ad Ankara?
Russia ed Iran hanno modificato la propria postura diplomatica nell’area nell’ultimo anno?
Oggi alle 18.00 cercheremo delle risposte con l’ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, Tsovinar Hambardzumyan ed il generale Giuseppe Morabito.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-13 17:57:182023-03-14 17:58:32OGGI ALLE 18.00 "(WW3) NEL FRATTEMPO NEL CAUCASO MERIDIONALE..." (DIfesa On Line 13.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 13.03.2023 – Vik van Brantegem] – Il portavoce officioso degli “eco-attivisti” azeri del #ArtsakhBlockade, dopo aver spostato la sua attenzione dai “problemi ambientali” in Artsakh, alle accuse dell’uso di una strada sterrata (proibito, perché è permesso solo l’uso dell’autostrada interstatale Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert che ha bloccato con i suoi compari), adesso fa da megafono per la Presidenza della Repubblica di Azerbajgian: «L’Ufficio di Presidenza dell’Azerbajgian invita i rappresentanti della comunità armena del Karabakh a proseguire i contatti di reintegrazione, nonché per discutere l’attuazione di progetti infrastrutturali in Karabakh. Si propone un secondo incontro a Baku nei prossimi giorni» (Adnan Huseyn). Intanto, c’è una strada e una strada sola, per cui Aliyev impone il blocco da 92 giorni, lasciando che gli Armeni del Artsakh/Nagorno-Karabakh sopravvivano a una crisi umanitaria in modo che possano essere sottoposti successivamente alla pulizia etnica.
In una dichiarazione esilarante all’agenzia stampa azera APA, il membro del Milli Majlis, Mushfig Jafarov, ha detto che «invitare i rappresentanti della comunità armena in Karabakh a Baku per il secondo incontro dell’amministrazione presidenziale della Repubblica di Azerbajgian indica ancora una volta i valori umanistici del nostro Stato». Certamente, allo stesso modo in cui vengono indicati dal blocco in atto da 92 giorni e 30 anni di ostilità, con due guerre contro i “cittadini di origine armena del Karabakh”.
Il deputato ha aggiunto che «l’Azerbajgian è sempre stato interessato al reinserimento nella società dei cittadini di origine armena. Oggi, in linea di principio, le relazioni tra Armeni del Karabakh e Azeri possono migliorare. Certo, questo è un compito molto difficile, ma è possibile». E ha concluso: «Sebbene i leader terroristi dell’Armenia in questo momento abbiano distrutto tutte le relazioni, queste due nazioni si conoscono ancora. Pertanto, se è possibile per la comunità prendere una decisione che non pregiudichi le relazioni con l’Azerbajgian, possiamo passo dopo passo porre fine a questo conflitto, che è la piaga della regione, e ristabilire le relazioni».
I negoziati tra Stepanakert e Baku sono possibili solo in condizioni di parità di diritti delle parti, ha detto David Babayan, Consigliere del Presidente dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, ex Ministro degli Esteri, commentando l’invito – pubblicato sui media azeri – al secondo incontro dell’Ufficio della Presidenza dell’Azerbajgian «ai rappresentanti della comunità armena del Karabakh a proseguire i contatti di reintegrazione, nonché per discutere l’attuazione di progetti infrastrutturali in Karabakh», proponendo di tenere questo incontro nel prossimo futuro a Baku, la capitale dell’Azerbajgian.
«Con la “proposta” trasmessa attraverso i media, Baku dimostra ancora una volta che non intende nemmeno tenere negoziati. In primo luogo, per quanto riguarda il processo negoziale, l’Artsakh è sempre stato a favore di negoziati e accordi pacifici. Ma i negoziati possono svolgersi solo tra parti uguali, con la partecipazione di mediatori internazionali, i co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, nel formato Artsakh-Azerbajgian-Armenia che è stato specificato nel 1994.
In secondo luogo, esiste una forma accettata a livello internazionale. L’invito ai negoziati non viene dato attraverso i mass media, se, ovviamente, sono disposti a condurre negoziati invece di creare l’apparenza di negoziati. La [rispettiva] lettera dovrebbe essere consegnata tramite intermediari o direttamente, ma non attraverso i mass media.
In terzo luogo, ricordiamo a Baku che non esiste una “comunità armena del Karabakh”. La Repubblica di Artsakh è uno Stato, anche se non riconosciuto. E non essere riconosciuto per l’Azerbajgian non è affatto un ostacolo, come dimostrano i suoi legami con la cosiddetta “Repubblica turca di Cipro del Nord” e Taiwan.
Sulla base di quanto osservato, si può dimostrare che Baku chiaramente non vuole che il processo di negoziazione venga ripristinato», ha sottolineato Babayan.
Inoltre, Babayan ha ricordato che i mediatori internazionali sono necessari per le garanzie minime di sicurezza, tenendo presente che l’Azerbajgian non sempre rispetta gli accordi. «Uno degli ultimi [tali] esempi è la mancata attuazione dell’ordine della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite. L’opzione, nel qual caso la delegazione di Stepanakert sarà semplicemente arrestata a Baku, non è tagliata fuori dalla realtà. E cosa? Lo farà le chiamate, ricominciano? Anche se le persone potrebbero non essere più vive», ha concluso Babayan.
Hikmat Hajiyev, l’Assistente del Presidente dell’Azerbajgian, Capo del Dipartimento di Politica Estera dell’Amministrazione Presidenziale, ha detto a Report il 13 marzo 2023: «La questione riguardante i diritti personali e la sicurezza della popolazione armena che vive in Karabakh è esclusivamente un affare interno dell’Azerbajgian, e l’Azerbajgian non discuterà questioni relative alla sua sovranità con terze parti, inclusa la Repubblica di Armenia. Il conflitto del Karabakh è risolto; Il Karabakh è il territorio dell’Azerbajgian. Per l’Azerbaigjan, la questione del Karabakh è uscita dall’agenda internazionale. La questione dei diritti e della sicurezza degli Armeni che vivono in Karabakh sarà risolta secondo la Costituzione e le leggi dell’Azerbajgian. Non ci sono privilegi speciali per loro. Come ho detto, questo problema non ha nulla a che fare con l’Armenia e altri Paesi. La questione di garantire i diritti e la sicurezza della popolazione armena che vive in Karabakh è stata discussa nel quadro della Costituzione dell’Azerbaigian sia nei negoziati di Brussel che nell’incontro tenutosi a Washington nel settembre dello scorso anno. Non si può parlare di creare alcun meccanismo internazionale per discutere i diritti e la sicurezza degli Armeni che vivono in Karabakh, e non abbiamo mai accettato questo. Non c’è logica nelle dichiarazioni dell’Armenia su questo argomento; hanno lo scopo di creare una tensione artificiale. (…)
Le dichiarazioni dei funzionari armeni sulla “creazione di una zona smilitarizzata intorno al Karabakh” e “l’invio di una missione conoscitiva delle Nazioni Unite in Karabakh, sulla strada di Lachin” sono inaccettabili. Su quali basi l’Armenia chiede l’invio di una missione ONU o OSCE nel territorio di un altro Paese? Nessuna organizzazione può e non intraprenderà tali passi senza il consenso dell’Azerbajgian. Le risoluzioni delle Nazioni Unite affermano chiaramente che nessuna missione può essere inviata nel territorio di uno Stato sovrano senza il suo consenso. Le dichiarazioni dell’Armenia sull’invio di una missione in Karabakh e sulla strada di Lachin, e sul dispiegamento di forze esterne qui, non sono altro che un’utopia, un’avventura geopolitica e la creazione di una tensione artificiale. (…)
il “Nagorno-Karabakh” non è un’entità separata e non può vivere come un’isola. Questo territorio fa parte dell’Azerbajgian. La reintegrazione dei residenti armeni nella società azera è l’unica via d’uscita. (…)
Associare la firma dell’accordo di pace da parte dell’Armenia con l’Azerbajgian ai diritti e alla sicurezza dei residenti armeni che vivono nel Karabakh e all’istituzione di un meccanismo internazionale è un approccio del tutto inaccettabile e pericoloso. Ciò significa che le storie di “autodeterminazione” e “indipendenza” raccontate prima della seconda guerra del Karabakh ora continuano sotto un nome diverso. Il presidente Ilham Aliyev ha sottolineato alla conferenza sulla sicurezza di Monaco che la questione del Karabakh non sarà inclusa nell’accordo di pace con l’Armenia».
Ricordando che in un incontro con i rappresentanti della Comunità dell’Azerbajgian occidentale (cioè l’Armenia), il 24 dicembre 2022 il Presidente Ilham Aliyev ha definito la questione dell’Azerbaigian occidentale come un nuovo obiettivo strategico dell’Azerbajgian, Hikmat Hajiyev chiede tutto quanto nega per gli Armeni dell’Artsakh: «Vogliono un ritorno pacifico alle terre dei loro antenati e la convivenza. Ma il ritorno deve avvenire a condizione di una garanzia internazionale di sicurezza. La comunità ritiene inoltre che la questione del ritorno nell’Azerbajgian occidentale dovrebbe essere sancita in un trattato di pace tra l’Azerbaigian e l’Armenia come obbligo nei confronti dell’Armenia».
Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev: «Garantiamo ai residenti armeni del Karabakh gli stessi diritti del resto della popolazione”. Cioè, così?
Invece, gli abitanti dei villaggi azeri nel distretto di Saatli, oggi hanno cercato di bloccare una strada – probabilmente “ispirato” dal blocco degli “eco-attivisti” di Aliyev nel Nagorno-Karabakh – per protestare contro la mancanza di acqua [QUI].
Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev: «Garantiamo ai residenti armeni del Karabakh gli stessi diritti del resto della popolazione”. Cioè, così?
Oggi 13 marzo 2023, la polizia di Aliyev ha sparato proiettili di gomma e usato gas lacrimogeni per fermare i cittadini azeri che protestavano contro la mancanza di acqua a Saatli. Un residente ha dichiarato: «Due persone, tra cui un ragazzo di 15 anni, sono rimaste gravemente ferite. Hanno sparato 4 proiettili di gomma nel petto sinistro del ragazzo. Due persone sono state portate via in ambulanza». Ecco i veri manifestanti non pagati da Aliyev in Azerbajgian. Guarda come vengono trattati dalla polizia di Aliyev. Questo è tutto ciò che dovresti sapere su coloro che bloccano il Corridoio di Berdzor (Lachin) e tengono gli Armeni dell’Artsakh sotto assedio da 92 giorni.
Il fiume Kur (noto come Mtkvari in Georgia) non scorre più verso il Caspio grazie all’intenso prelievo di acqua da parte delle grandi imprese lungo le rive. Invece di investire in nuove tecnologie, continuano con i vecchi metodi, con danni ambientali disastrosi.
Nel frattempo gli “eco-attivisti” sono schierati nel Corridoio di (Berdzor) Lachin, dichiarando di protestare contro le miniere nel Nagorno-Karabakh e Aliyev non si preoccupa di usare “tutti i mezzi a sua disposizione” per disperderli come ordinato dalla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite. Il #ArtsakhBlockade è un lampante esempio di ipocrisia azera e terrorismo sponsorizzato dal regime autocratico.
La tensione tra Iran e Azerbajgian continua a salire. L’agenzia di stampa statale azera APA informa, che in Azerbajgian sono state arrestate 32 persone «che hanno compiuto atti di sabotaggio e violazione della legge sotto il “velo della religione”». APA scrive che uno dei detenuti, che si è descritto come “religioso” sui social network, «svolgeva propaganda a favore dell’Iran nei luoghi di culto e in altre occasioni in cui le persone si riuniscono, che hanno abusato della libertà di religione nel nostro Paese e hanno adempiuto ai compiti ricevuti dall’estero per minare le tradizioni di tolleranza formatesi in Azerbajgian. Hanno affermato che istituiranno uno stato “Karim” e hanno lanciato appelli aperti per il cambiamento forzato dell’attuale struttura costituzionale della Repubblica di Azerbajgian. Queste persone, eseguendo gli ordini dei servizi speciali stranieri, progettavano di creare confusione nella società promuovendo il radicalismo religioso al fine di creare discriminazione settaria e conflitto. L’indagine ha stabilito che hanno organizzato la vendita di stupefacenti inviati intenzionalmente dalla Repubblica Islamica dell’Iran e hanno utilizzato l’enorme quantità di denaro ottenuto per promuovere il radicalismo religioso in Azerbajgian e finanziare altre attività dirompenti. Le attività di ricerca e indagine proseguono in questa direzione».
Come abbiamo riferito, l’11 marzo il Ministero della Difesa e il Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian hanno accusato l’Iran di aver fatto volare intenzionalmente aerei militari lungo il suo confine vicino ai “territori liberate” (territori della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh occupati dalle forze armate azere). Il Portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani, ha risposto alla protesta dell’Azerbajgian affermando che il volo era un normale volo interno periodico per pattugliare l’area di confine e che non considerano l’azione dell’Azerbajgian come “segno di buona volontà”: «Questo problema è legato al volo di un aereo nell’area di confine dei due Paesi. Il volo effettuato è stato un volo normale e convenzionale che viene effettuato periodicamente nell’ambito del monitoraggio delle aree di confine dell’Iran e all’interno dell’Iran; tale voli sono stati effettuati in passato. Il volo è stato effettuato parallelamente al confine comune nello spazio interno dell’Iran e ad una distanza adeguata dal confine dell’Azerbajgian. Se qualcosa va storto, di solito i radar e le reti di difesa danno gli avvertimenti tramite comunicazioni radio. Durante questo volo non è stato dato alcun avviso radar o radio. Il processo usuale nei voli internazionali è che se si verifica uno sviluppo insolito, viene comunicato e scambiato nello stesso quadro tecnico; questo non è successo. Abbiamo rapporti con l’Azerbajgian nel campo della difesa, la nostra Ambasciata è attiva e il nostro Addetto militare è presente. Se fosse stato basato su buone intenzioni, la questione avrebbe potuto essere sollevata con l’Ambasciata iraniana e il nostro Addetto militare, e lo scambio di opinioni e le incomprensioni avrebbero potuto essere risolte. Non possiamo considerare questa azione del governo azero nel convocare l’Ambasciatore e mediare la questione come avente buone intenzioni e sotto forma di relazioni tra Paesi vicini. Siamo vicini dell’Azerbaigian e nella regione ci si aspetta un’interazione costruttiva. Ci aspettiamo che questioni così particolari vengano sollevate e risolte attraverso procedure istituzionali. Per questioni controverse, sollevarle sui media non aiuta a risolverle e non è segno di buona volontà».
Il contingente di mantenimento della pace della Russia in Artsakh/Nagorno-Karabakh riferisce di aver fornito aiuti umanitari a 55 famiglie nei villaggi di Yegtsahog, Metshen e Hinshen. Sono gli ultimi villaggi di etnia armena rimasti lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin), in alcune delle zone più scarsamente popolate dell’Artsakh, su lunghe catene montuose. I villaggi sono rimasti isolati dall’Armenia e dalla capitale Stepanakert con il #ArtsakhBlockade.
Ruben Vardanyan, ex Ministro di Stato dell’Arsakh ha scritto in un post su Twitter, che la sua Agenzia per lo sviluppo territoriale, ”Noi siamo le nostre montagne” «sarà attivamente impegnata con le strutture statali dell’Artsakh/NagornoKarabakh per aiutare a superare le sfide create dall’essere sotto blocco, che dura ormai da 3 mesi. Faremo tutto ciò che è in nostro potere per aiutare Artsakh a trovare soluzioni in questi tempi difficili».
“Noi siamo le nostre montagne” ha firmato protocolli di cooperazione con il Ministero dello sviluppo sociale e della migrazione e il Servizio statale per le situazioni di emergenza del Ministero degli Interni della Repubblica di Artsakh. Secondo i protocolli, l’Agenzia fornirà gratuitamente al Ministero dello sviluppo sociale e della migrazione della Repubblica di Artsakh circa 80 tonnellate di cibo da distribuire ai gruppi sociali bisognose della popolazione. Inoltre, più di 180 tonnellate di cibo saranno fornite al Servizio statale per le situazioni di emergenza del Ministero degli Interni per essere incluse nella riserva statale della Repubblica di Artsakh.
Durante il blocco, l’Agenzia con i fondi e il sostegno dei suoi donatori ha avviato il programma “Rifornimento della riserva alimentare dell’Artsakh”, il cui obiettivo è l’acquisizione di prodotti nutrienti, ma allo stesso tempo più appropriati dal punto di vista del trasporto e dello stoccaggio.
«Abbiamo organizzato l’acquisizione e il trasporto dei prodotti di primaria importanza, e ora una parte del carico è già stata consegnata ad Artsakh. Lo scopo di questi protocolli è trasferire le merci ai dipartimenti competenti in modo che possano effettuare la distribuzione e l’ulteriore gestione”, ha affermato Grigory Martirosyan, Capo dei progetti per l’Artsakh dell’Agenzia.
Non permettere che la storia si ripeta. «Siamo condannati al perenne ritorno dell’uguale? Io credo che la storia non sia la ruota del criceto. Esiste un margine di libertà, esiste l’imprevisto: Dio non se ne sta sopra le nubi liceo come un re fannullone» (Renato Farina).
«Lachin si trova nel territorio sovrano della Repubblica di Azerbajgian come riconosciuto dal governo degli Stati Uniti e appare nelle mappe dell’Azerbajgian pubblicate dal Dipartimento di Stato. Perché allora l’Ambasciatore degli Stati Uniti in un altro paese commenta lo stato di una strada a Lachin?» (Brenda Shaffer).
«Il Corridoio di Lachin è chiuso al traffico normale da quasi tre mesi. Il Governatore di Syunik, Ghukasyan, ha riferito degli effetti del blocco in corso, compreso l’impatto su centinaia di famiglie separate. Il Corridoio di Lachin dovrebbe essere aperto immediatamente» (Kristina A. Kvien).
«Evidentemente non capisci gli Stati Uniti d’America. È un faro di libertà, quindi non obbliga i suoi dipendenti pubblici a promuovere un governo specifico, incoraggia piuttosto gli accademici delle università sponsorizzate dal governo a esprimere opinioni oneste. Questo rende gli USA ancora più forti» (Brenda Shaffer).
«È preoccupante che qualcuno affiliato alla Naval Postgraduate School di Monterey, in California, travisa palesemente e mina la politica statunitense nel Caucaso meridionale. Gli Stati Uniti, in linea con una sentenza vincolante della Corte Internazionale di Giustizia, insieme al mondo civilizzato, chiedono all’Azerbajgian di revocare il blocco illegale del Nagorno-Karabakh» (The Caucasus Desk).
«It’s amazing how a US government official, US Ambassador’s view overlaps with Moscow’s both want Russia’s ally Armenia and Russian forces to control Lachin with is a critical region for control of the South Caucasus» (Brenda Shaffer).
«Il Corridoio di Lachin è chiuso al traffico normale da quasi tre mesi. Il Governatore di Syunik, Ghukasyan, ha riferito degli effetti del blocco in corso, compreso l’impatto su centinaia di famiglie separate. Il Corridoio di Lachin dovrebbe essere aperto immediatamente» (Kristina A. Kvien).
«Inoltre, la dichiarazione dell’Ambasciatore USA contraddice la posizione ufficiale del Dipartimento di Stato e del governo USA che riconosce Lachin e Karabakh come parte del territorio dell’Azerbajgian» (Brenda Shaffer).
Le “opinioni oneste” di Prof. Brenda Shaffer evidentemente non sono quelle di un’accademica, ma sono direttamente correlate a qualcuno che lavora per l’Azerbajgian e si vede come a “dimenticare” di rivelarlo in modo da poter parlare in grande della libertà senza dichiarare alcun problema con uno dei regimi più oppressivi del mondo. Lei capisce molto meglio di chiunque altro Aliyev e il valore dei soldi del petrolio. Lei lavora per un Paese dove tutto è in vendita e ha un valore in dollari, anche il lavoro accademico che può essere distorto parzialmente o completamente a seconda di chi offre il prezzo più alto. Nessuno la sta prendendo sul serio con l’eccezione di troll azeri.
Brenda Shaffer sa certamente che l’Indice di percezione della corruzione 2022 di Transparency International classifica l’Azerbajgian al 157° posto su 180 Paesi con un punteggio di 23 [Il CPI utilizza un punteggio da 0 (altamente corrotto) a 100 (molto pulito)]; che Freedom House classifica Azerbaijan 9 su 100 e lo contrassegna come “Non libera”; che Reporters sans frontières classifica l’Azerbajgian 154 su 180 Paesi. Questo per dare solo qualche indicazione di cui stiamo parlando.
Poi, questa nota lobbista della SOCAR, la compagnia petrolifera statale di uno dei governi più autocratici del mondo ha qualcosa da dire sulla libertà, nel frattempo, giustificando l’assedio dell’Azerbajgian alla popolazione armena del Nagorno-Karabakh, criticando gli appelli del mondo civilizzato. La sua strenua difesa della libertà è rinomata. Ama così tanta la libertà in America che ha scelto di lavorare per una dittatura. Ha venduto la sua anima per un secchio di petrolio e una scatola di caviale a uno dei regimi più corrotti del mondo, la dinastia autocratica degli Aliyev. È stata un portavoce diretto della dittatura dell’Azerbajgian per almeno due decenni e un lobbista non dichiarato con un contratto con la SOCAR. Ha costantemente minato le politiche del Caucaso degli Stati Uniti e ultimamente ha incoraggiato il separatismo e i disordini per fomentare la violenza in Iran.
Travisa palesemente e mina la politica degli Stati Uniti nel Caucaso meridionale. Gli Stati Uniti, con le dichiarazioni del Segretario di Stato, in linea con la sentenza legalmente vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e in unione con il mondo civilizzato, chiedono all’Azerbajgian di revocare il blocco illegale dell’Artsakh. È “sorprendente” come il punto di vista di Brenda Shaffer si sovrapponga totalmente sempre al punto di vista di Baku. Finge di essere lei a decidere quale dovrebbe essere la politica e la strategia estera degli Stati Uniti. È lei che si considera dalla parte della ragione. Ma Brenda Shaffer sa meglio di chiunque, che la Russia è un alleato dell’Azerbajgian, che possiede il 30% delle sue compagnie di carburante, ha un patto di difesa con l’Azerbajgian e sta riciclando il gas russo attraverso di esso in Europa.
L’ascesa di Brenda Shaffer come studiosa ed esperta spesso citata nel campo della politica energetica illustra quanto sia vulnerabile l’establishment della politica estera americana alla manipolazione da parte di agenti stranieri.
Sostenuta da un regime d’oltremare e da una rete assortita di lobbisti palesi e sotto copertura, ha usato i soldi del petrolio per costruire le sue credenziali accademiche, poi a sua volta ha usato quelle credenziali per promuovere i programmi dell’Azerbajgian attraverso audizioni al Congresso, dozzine di editoriali sui giornali e apparizioni sui media, innumerevoli eventi di think tank e persino pubblicazioni accademiche. Lo sta ancora facendo.
Shaffer è entrato per la prima volta al Congresso nel 2001 per testimoniare davanti alla Commissione per le relazioni internazionali della Camera dei rappresentanti. È stata presentata come “il Direttore del Caspian Studies Program e borsista post-dottorato nel programma di sicurezza internazionale presso il Belfort [Belfer] Center for Science and International Affairs presso la Kennedy School of Government di Harvard”.
Rivolgendosi ai legislatori, ha chiesto loro di abrogare una sezione del Freedom Support Act che vietava l’aiuto diretto degli Stati Uniti al governo azero. “Hanno teso la mano agli Stati Uniti. Hanno grandi aspettative che la politica di questo Paese sia basata su una sorta di moralità e alti ideali”, ha detto, e lo ha rafforzato nella testimonianza scritta che ha depositato.
Sfidata in riferimento al livello di democrazia in Azerbajgian, ha risposto: “C’è molto spazio per miglioramenti in termini di democratizzazione. Tuttavia, ogni sei mesi, ogni anno, le cose vanno sempre meglio”.
Ciò che i legislatori che ascoltavano Shaffer non sapevano era che il Caspian Studies Program che lei dirigeva ad Harvard era stato istituito nel 1999 grazie a una sovvenzione di 1 milione di dollari dalla Camera di Commercio USA-Azerbajgian e da un consorzio di compagnie petrolifere e del gas guidate da Exxon, Mobil e Chevron, che avevano tutti interessi commerciali nella regione. La Camera di Commercio è un gruppo di pressione pro-Azerbajgian il cui Consiglio di amministrazione comprende un Vicepresidente della SOCAR, la compagnia energetica statale dell’Azerbajgian, e i principali lobbisti di BP e Chevron.
Un comunicato stampa del 1999 della Camera di Commercio in occasione del lancio del Caspian Studies Program sottolineava la sua enfasi sulla sensibilizzazione per “aiutare a plasmare una politica informata”. Il comunicato stampa parallelo della Kennedy School of Government ha annunciato che il programma si sarebbe aperto con una tavola rotonda e una discussione presieduta da Graham T. Allison e con Ilham Aliyev, allora Primo Vicepresidente di SOCAR. Allison era e rimane il Direttore del Belfer Center for Science and International Affairs, un importante think tank di politica estera con sede ad Harvard. Aliyev nel 2003 è succeduto a suo padre come Presidente dell’Azerbajgian. Allison ha nominato Shaffer Direttore del nuovo programma nel 1999 sulla base del merito, secondo un portavoce del Belfer Center, sebbene la posizione non sia stata pubblicizzata. L’allora principale elenco di posti di lavoro accademici e relativi alla politica dell’Eurasia, che era ospitato su Harvard.edu, non elencava alcun posto vacante relativo al Caspian Studies Program.
In un evento ospitato dalla Camera di Commercio USA-Azerbajgian nel 2000, Allison ha presentato l’allora Presidente dell’Azerbajgian, Heydar Aliyev, che ha detto ai suoi ascoltatori che “sono lieto dell’apertura di una nuova cattedra presso l’Università di Harvard relativa all’Azerbajgian e all’area del Caspio. Sono grato per l’assistenza prestata dalla Camera di Commercio USA-Azerbajgian”.
Fino a dicembre 2014, Allison, l’ex Preside della Kennedy School, era elencato online come membro del Consiglio di amministrazione della Camera di Commercio USA-Azerbaigian. Interrogato sulla relazione della studiosa con il gruppo di pressione, il Portavoce del Belfer Center ha risposto: “Per quanto ne sappiamo, non eravamo al corrente che Allison fosse elencato come membro del Consiglio di amministrazione della Camera di Commercio USA-Azerbajgian. Dopo che è arrivata la vostra nota, abbiamo contattato la Camera e chiesto loro di rimuovere il nome di Allison. Hanno accettato di farlo. Graham non è mai stato ricompensato per questo ruolo apparentemente solo di nome e non ha mai, per quanto ne sappiamo, lavorato per conto di questa organizzazione”. Lo stesso giorno, la Camera ha rimosso il nome di Allison dal suo sito web.
Ulteriori ricerche hanno rivelato che il presunto “Presidente emerito” della Camera, il Dottor Don Stacy, è morto diversi mesi fa. Non è chiaro se Henry Kissinger, Zbigniew Brzezinski, James A. Baker III, Brent Scowcroft e John Sununu siano consapevoli di essere anche membri del “Consiglio onorario dei consulenti” della Camera, come afferma il sito web dell’organizzazione. In tal caso, renderebbe la Camera uno dei gruppi di lobbying stranieri meglio collegati a Washington.
In quanto Camera di Commercio, l’organizzazione dell’Azerbajgian negli USA è costituita come organizzazione senza scopo di lucro 501(c)(6), che le consente di nascondere i suoi donatori al pubblico. Nella sua dichiarazione dei redditi del 2011, ha riferito di aver pagato più di 100.000 dollari in “altri stipendi e compensi”, ma senza fornire una ripartizione di chi ha ricevuto questi soldi e per cosa. Né la sua dichiarazione del 2011 né quello del 2012 riportano alcuna spesa diretta per attività di lobbying da parte di attori esterni. La Camera afferma nei suoi documenti fiscali che “mette a disposizione del pubblico su richiesta i suoi documenti governativi e rendiconti finanziari”. Le ripetute richieste di questi documenti inviate via e-mail al suo Direttore esecutivo, Susan Sadigova, sono rimaste senza risposta.
La struttura e il monitoraggio dei gruppi di pressione azeri
Anche altri gruppi di pressione azeri apprezzano la riservatezza.
L’Assemblea degli Amici dell’Azerbajgian, un gruppo di pesi massimi con forti legami e connessioni con il Congresso, è registrata come 501(c)(6), una categoria dell’IRS destinata a coprire i campionati di affari. Nel frattempo, l’Azerbaijan America Alliance, un gruppo presieduto dall’ex Rappresentante dell’Indiana, Dan Burton, è registrato come “organizzazione di assistenza sociale” 501(c)(4). Questa forma di incorporazione consente all’Alleanza di proteggere i suoi donatori dalla vista del pubblico, mentre tenta di influenzare la legislazione e persino di partecipare a campagne politiche ed elezioni, anche sostenendo singoli candidati.
Non è chiaro se questi gruppi debbano registrarsi come “agenti stranieri” ai sensi della legge statunitense. L’Azerbaijan America Alliance si è formalmente registrata. L’Assemblea degli amici no, ma dice che lo farà. La Camera di Commercio USA-Azerbajgian non si è registrata e non ci sono indicazioni che intenda farlo. “Molte organizzazioni non profit sono sorprese nell’apprendere che non esiste esenzione per le entità senza scopo di lucro esentasse”, hanno osservato due esperti legali a seguito di uno scandalo del 2010. “Le sanzioni per il mancato rispetto di registrazioni (requisiti per la registrazione dei lobbisti) possono portare ad una multa di 10.000 dollari o la reclusione fino a cinque anni”. Tuttavia, nascondono che è una sfida capire esattamente quali attività fanno scattare la necessità di registrarsi e che il Dipartimento di Giustizia fornisce poche indicazioni al riguardo. Alla richiesta di commentare il caso specifico della Camera di Commercio USA-Azerbajgian, un esperto, Ed Wilson, ha concluso che l’organizzazione molto probabilmente non è obbligata a registrarsi secondo le norme vigenti.
I media hanno aiutato gli sforzi di Shaffer per l’Azerbajgian
Shaffer ha guidato il Caspian Studies Program fino al 2005. Durante il suo mandato, ha scritto 14 editoriali per i principali giornali statunitensi e israeliani, tra cui l’International Herald Tribune e il Jerusalem Post. La maggior parte ha invitato i responsabili politici americani a prestare maggiore attenzione alla regione. Uno ha esortato gli Stati Uniti a interrompere i finanziamenti per il conteso Nagorno-Karabakh.
Nel maggio 2006, un giornalista ed esperto di lobbying, Ken Silverstein, ha lanciato una notizia bomba sotto forma di un breve pezzo intitolato “Accademici a commissione” su Harper’s Magazine. Ha accusato eminenti accademici di compiere “acrobazie intellettuali per conto dei governanti della regione [del Caspio]”. Shaffer è stato scelto per critiche particolarmente aspre. Silverstein ha evidenziato il collegamento tra Harvard e la Camera di Commercio USA-Azerbajgian, ha affermato che la borsa di studio del Caspian Studies Program mancava di integrità intellettuale e ha portato alla luce l’appello di Shaffer del 2001 al Congresso per l’abrogazione delle sanzioni contro l’Azerbajgian. Ha ammonito alla fine del suo articolo: “Osservatori del Caspio attenti: la prossima volta che vedete o sentite un esperto americano ‘indipendente’ che parla di come i governanti della regione stanno attuando audaci riforme, controllate le credenziali dell’esperto per vedere quanto indipendente sia veramente”.
Il mese successivo, l’International Herald Tribune pubblicò il suo terzo editoriale di Shaffer, sull’etnia azera e altre minoranze in Iran. Negli anni trascorsi da quando Silverstein l’ha denunciata come “accademica su commissione: la cui carriera è stata alimentata dalle lobby azere e dalle compagnie petrolifere occidentali che investono in Azerbajgian”, Shaffer ha pubblicato altri 13 editoriali, 10 dei quali in media americani. I redattori delle pagine di opinione americane non sapevano della reputazione di Shaffer o non se ne curavano?
Ho inviato per e-mail al New York Times, al Washington Post, alla Reuters e al Wall Street Journal un link all’articolo che ha svelato la storia, ho chiesto loro di spiegare come hanno selezionato i contributi di editoriali e li ho incoraggiati a pubblicare un chiarimento sotto gli editoriali di Shaffer che erano ancora online.
Il New York Times ha rapidamente pubblicato un chiarimento che diceva: “Questo editoriale, sulle tensioni tra Armenia e Azerbajgian, non ha rivelato che l’autore è stato un consigliere della compagnia petrolifera statale dell’Azerbajgian. Come altri collaboratori di editoriali, la scrittrice, Brenda Shaffer, ha firmato un contratto che la obbliga a rivelare conflitti di interesse, effettivi o potenziali. Se gli editori fossero stati a conoscenza dei suoi legami con la società, avrebbero insistito per rivelarlo”.
Michael Larabee, il redattore editoriale del Washington Post, ha risposto che “facciamo domande su possibili conflitti di interesse con tutti gli autori prima della pubblicazione”. Il Washington Post ha anche pubblicato un chiarimento.
Reuters ha pubblicato tre editoriali di Shaffer nel 2013. Due l’hanno identificata come una ricercatrice in visita a Georgetown e una professoressa dell’Università di Haifa. Il terzo ha affermato semplicemente che: “l’autore è un editorialista di Reuters. Le opinioni espresse sono le sue”. Uno di questi editoriali consigliava i responsabili politici statunitensi su come gestire la Siria. Anche se la Siria e Israele sono tecnicamente in uno stato di guerra, i lettori non sono stati informati che l’autore era membro di un comitato direttivo del governo israeliano. Reuters ha anche pubblicato un pezzo di Shaffer sulla situazione dei diritti umani in Azerbajgian. Il regime di Baku perseguita senza pietà i suoi critici; gli attivisti per la democrazia vengono regolarmente picchiati o gettati in prigione con accuse palesemente assurde. Solo nel 2013, ha riferito il Dipartimento di Stato, l’elenco delle violazioni dei diritti umani in Azerbajgian includeva pestaggi a morte di militari di leva, torture (comprese minacce di stupro) per estorcere confessioni e condizioni di detenzione che a volte erano “pericolose per la vita”. “La protezione dei diritti umani non è necessariamente migliore sotto regimi eletti illiberali… Molti nuovi governi populisti non supportano i diritti delle donne e delle minoranze…”. Shaffer ha offerto una prospettiva alternativa. Reuters ha rifiutato di aggiungere un chiarimento sugli interessi esterni di Shaffer.
Il suo pezzo di opinione sul Wall Street Journal contemporaneamente ha colpito la Palestina e ha scoraggiato il sostegno degli Stati Uniti alla rivale dell’Azerbajgian, l’Armenia, nella disputa del Nagorno-Karabakh. Judi Walsh, il news editor di Newsroom Standards del Wall Street Journal, mi ha informato che la mia e-mail di richiesta di reazione era stata trasmessa al dipartimento editoriale del giornale, che – ha scritto – era stato “responsabile” della diffusione dell’editoriale di Shaffer. Nessuna correzione è stata pubblicata. Invece, lo scorso 30 novembre, il Wall Street Journal ha pubblicato online un altro editoriale di Shaffer, identificandola come “una ricercatrice in visita e professore presso il Centro per gli studi eurasiatici, russi e dell’Europa orientale della Georgetown University”.
Altri media continuano a citare Shaffer come esperto indipendente. Businessweek di Bloomberg ha pubblicato un articolo citandola, senza menzionare il suo legame con la SOCAR, lodando l’affidabilità dell’Azerbajgian come fornitore di petrolio. “L’Azerbajgian prende molto sul serio i contratti”, ha detto a Businessweek. “Non ha mai revocato i suoi contratti internazionali nel settore energetico”. L’editore responsabile, Hellmuth Tromm, non ha risposto a un’e-mail che richiedeva spiegazioni e l’articolo rimane online nella sua versione originale.
Anche i giornalisti veterani Jackie Northam della National Public Radio e Roger Boyes del Times di Londra hanno recentemente citato Shaffer.
Think tank
Oltre a scrivere editoriali e consigliare SOCAR, Shaffer nel corso degli anni ha fatto molti giri intorno al circuito dei think tank di Washington. La sua partecipazione a una tavola rotonda del 2013 presso il Carnegie Endowment for International Peace sulle prospettive dell’Azerbajgian è un esempio calzante. Il panel ha avuto luogo due giorni dopo le elezioni del 2013 in Azerbajgian, che erano state comiche. La Commissione elettorale ha rilasciato accidentalmente i risultati finali un giorno prima dell’inizio delle votazioni. Per il resto, non ci sono state sorprese: Ilham Aliyev ha vinto con un ampio margine. La Commissione elettorale centrale dell’Azerbaigian ha inviato questi totali dei voti alla sua app ufficiale per smartphone prima dell’inizio delle votazioni (Meydan.tv). Secondo un rapporto ufficiale del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, “I difetti nello svolgimento delle elezioni presidenziali includevano un ambiente politico repressivo che ha preceduto il giorno delle elezioni, la mancanza di condizioni di parità tra i candidati, [e] carenze significative in tutte le fasi delle elezioni”. Shaffer ha detto al suo pubblico alla Carnegie, secondo una registrazione audio dell’evento, che il fatto stesso che si sapesse così tanto sugli abusi elettorali e di altro tipo in Azerbajgian ha dimostrato quanto fosse aperta una società. Ha elogiato la “vivace stampa” dell’Azerbajgian, i suoi feroci dibattiti politici e i suoi elettori “realistici”. Ha espresso la speranza che con le elezioni finite, l’Azerbajjan possa compiere “passi ancora più audaci verso la democrazia. Farà un lavoro migliore… se ha gli Stati Uniti dalla sua parte… Se ci tieni davvero alla democrazia in Azerbajgian… sii un partner lì, sii un amico lì”.
Il Prof. Donald Abelson dell’Università dell’Ontario occidentale, esperto di think tank, afferma che possono avere motivi per ospitare esperti la cui neutralità è discutibile: “In primo luogo”, ha affermato, “la loro presenza potrebbe aiutare a evidenziare la posizione indipendente dell’ospitante rispetto agli ospiti più prevenuti. In alternativa, il think tank che invita queste persone potrebbe semplicemente volerle lì per creare polemiche o attirare l’attenzione dei media. Oppure è possibile che siano lì per qualsiasi competenza posseggano”.
Tuttavia, contrariamente a gran parte dei media statunitensi, alcuni think tank hanno preso le distanze da Shaffer una volta che la sua connessione con la SOCAR è diventata nota. Il Wilson Center, che la elenca come esperta sul suo sito web, ha spiegato in una e-mail: “Il modo in cui il nostro sito web elenca le persone può essere fuorviante. La signora Shaffer non ha alcuna affiliazione al Wilson Center”. Tuttavia, riesce ancora a far sentire la sua voce. Almeno due think tank hanno recentemente pubblicato i suoi contributi online, identificandola solo come esperta accademica.
Il ruolo del mondo accademico nella formulazione degli affari esteri
Le istituzioni accademiche che hanno dato credibilità a Shaffer nel corso degli anni continuano a sostenerla. La rivista Foreign Affairs, nota per la sua forte influenza tra i responsabili politici, ha pubblicato un contributo di Shaffer che discuteva una proposta di gasdotto per trasportare il gas dall’Azerbajgian all’Europa come segue: “Gli sforzi dell’Europa per aumentare il gas del gasdotto orientale sono un buon inizio per affrontare i problemi energetici del continente. E si spera che gli Stati Uniti manterranno le esportazioni rapide fino a quando i vantaggi di queste forniture extra per l’Europa non diventeranno più chiari”. L’editore della rivista non ha risposto alle e-mail sottolineando l’apparente conflitto di interessi di Shaffer e chiedendo una reazione.
Quando il lavoro secondario di Shaffer a Baku è diventato pubblico per la prima volta, la giornalista che ha rivelato la storia ha sfidato pubblicamente il Centro per gli studi eurasiatici, russi e dell’Europa orientale della Georgetown University tramite una campagna su Twitter per rivelare la sua affiliazione SOCAR. Georgetown non ha mai reagito e la pagina del profilo di Shaffer continua a non fare alcun riferimento ai suoi interessi commerciali. La scuola ha anche recentemente aggiunto una sezione “Nelle notizie” al suo profilo che mostra il suo ultimo commento pubblico. Solo nel dicembre 2014, Shaffer è apparso sugli schermi televisivi tramite Fox Business e Al Jazeera America e ha commentato le questioni energetiche sulla stampa tramite il Jerusalem Post, il Times di Londra, The Australian, NPR e la rivista Foreign Policy. (Solo poche settimane prima, la stessa Foreign Policy aveva pubblicato un pezzo sugli sforzi di lobbying dell’Azerbajgian di un altro autore che menzionava la connessione SOCAR di Shaffer).
Alcuni accademici avvertono che i finanziamenti esterni non devono necessariamente compromettere la borsa di studio indipendente. Il Prof. Timothy Edmunds, residente nel Regno Unito, Caporedattore dell’European Journal of International Security, ha dichiarato: “Molti accademici hanno finanziamenti ‘esterni’. La domanda è quando quella linea viene superata per avere interessi esterni. Penso che queste siano questioni di responsabilità e integrità professionale, sebbene anche la trasparenza nella dichiarazione degli interessi (e sanzioni adeguate contro coloro che non lo fanno) sia fondamentale”.
Shaffer nega di oltrepassare il confine tra finanziamenti esterni e interessi esterni. Durante una discussione pubblica dell’ottobre 2014 alla Columbia University durante la quale ha condiviso il podio con un rappresentante ufficiale della SOCAR, un partecipante ha chiesto a Shaffer dei suoi legami con la compagnia energetica statale azera e se il Congresso fosse a conoscenza di quella relazione quando ha testimoniato. In uno scambio irritato, Shaffer ha insistito sul fatto che la sua indipendenza accademica non era stata compromessa e che “i miei studenti traggono vantaggio dal fatto che sono stato su ogni lato del tavolo”.
Negli scambi di e-mail, diversi esperti regionali hanno riferito di aver rilevato pregiudizi nell’output di Shaffer in passato. “Gli studiosi del mondo accademico non considerano il suo lavoro veramente accademico”, ha scritto Manouchehr Shiva, che ha svolto ricerche in Azerbajgian con una borsa di studio Fulbright nel 2005-2006 e continua a seguire gli sviluppi lì.
Georgetown avrebbe dovuto essere più cauta nell’invitare a bordo la consulente della SOCAR? “L’istituzione promotrice ha la responsabilità di prevenire casi come quello di Shaffer”, ha affermato Gerald Robbins del Foreign Policy Research Institute. Allo stesso tempo, ha ammonito: “La due diligence è un’impresa impegnativa quando si affrontano questioni come il mandato accademico e la libertà intellettuale. Inevitabilmente è una questione etica in cui i controlli e gli equilibri avrebbero un impatto discutibile. Inoltre, Shaffer ha marcatori di credibilità accademica autentici e forti nel suo nome: libri pubblicati presso editori universitari, articoli in riviste rispettate sottoposte a revisione paritaria e appartenenza attiva a un’associazione accademica. Sebbene alcuni dei suoi libri siano stati accolti molto criticamente, questo di per sé non dovrebbe sollevare alcun campanello d’allarme. Ironia della sorte, proprio come i suoi titoli accademici le hanno facilitato l’ottenimento di editoriali sui principali giornali, quei pezzi sui media, a loro volta, hanno rafforzato le credenziali accademiche di Shaffer. Lo stesso ciclo di feedback sembra applicarsi alle apparizioni al Congresso. La prima volta che è apparsa davanti al Congresso nel 2001, ai legislatori è stato detto che “gli editoriali di Shaffer sono apparsi anche sull’International Herald Tribune e sul Boston Globe”.
Per riassumere: la SOCAR ha finanziato un programma ad Harvard che ha fornito a Shaffer un titolo accademico impressionante, che a sua volta ha aperto le porte ai media, che a loro volta – forse con un piccolo aiuto da parte degli amici dell’Azerbajgian all’interno – hanno aperto le porte al Congresso. Chiudendo il cerchio, la homepage del suo dipartimento a Georgetown contiene un collegamento importante all’ultima testimonianza al Congresso del “Visiting Researcher Shaffer”, e la sua pagina del profilo elenca tutti i suoi editoriali e le recenti apparizioni sui media, mentre la pagina della Georgetown University intitolata ” Media: trova un esperto in materia” incoraggia i giornalisti che digitano “Azerbajgian” o “energia” a contattare Brenda Shaffer per un commento. Sembra che a Washington, ogni giro attorno al circolo dei media, think tanks, mondo accademico e politica rafforzano ulteriormente la credibilità, ma nessuno controlla le credenziali lungo la strada.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-13 17:55:212023-03-14 17:56:17Novantaduesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Prosegue l’assedio azero degli Armeni in Artsakh mentre a Saatli la polizia azera spara sulla protesta dell’acqua (Korazym 13.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.03.2023 – Vik van Brantegem] – Sono passati 3 mesi dall’inizio del blocco dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh , iniziato alle ore 10.10 del 12 dicembre 2022. Il posto di blocco di Sushi sull’autostrada interstatale Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin) rimane attivo e continua ad essere presidiato dalle autorità dell’Azerbajgian. Tutto il transito e il commercio civile continua ad essere interrotto.
3 mesi di blocco dal resto del mondo. 3 mesi di mancanza di fornitura continua di gas ed elettricità: la fornitura di gas naturale all’Artsakh dall’Armenia continua ad essere interrotta dall’Azerbajgian, giunta ormai al suo secondo giorno; continuano anche i blackout in molte zone del territorio con residenti senza energia elettrica per la maggior parte del 12 marzo; oggi il servizio Internet è stato interrotto per diverse ore, come già accaduto nei 3 mesi passati. 3 mesi di medicina limitata e capacità mediche. 3 mesi di migliaia di persone rimaste senza lavoro. 3 mesi di decine di migliaia di rifornimenti vitali che non hanno raggiunto l’Artsakh. Da 18 giorni l’Azerbajgian non esegue l’ordine legalmente vincolante della Corte Internazionale di Giustizia di aprire il Corridoio di Lachin in ambedue le direzioni senza alcuna condizione. Il problema chiave si trova nei colloqui tra la comunità internazionale e l’Azerbajgian secondo cui non verrà usata alcuna pressione su Baku o imposte delle sanzioni, garantendo l’impunità ad Aliyev. 3 mesi di chiacchiere e nessuna azione da parte della comunità internazionale perché a 120.000 persone (tra cui 30.000 bambini) è stato impedito di vivere una vita normale.
Stiamo raggiungendo
nel mondo e nelle relazioni personali
livelli di disumanità spaventosi.
Ecco perché
è ancora più urgente
lottare per la giustizia e l’amore.
Non permettere che la storia si ripeta. «Siamo condannati al perenne ritorno dell’uguale? Io credo che la storia non sia la ruota del criceto. Esiste un margine di libertà, esiste l’imprevisto: Dio non se ne sta sopra le nubi liceo come un re fannullone» (Renato Farina).
Durante la sua visita in Azerbaigian per il X Global Baku Forum, il Ministro dell’Intelligence dello Stato di Israele ha dichiarato apertamente che “Iran è una minaccia per l’intero Medio Oriente e per altri Paesi”.
Le autorità di Baku hanno riferito di aver arrestato diverse persone in quella che chiamano un’operazione contro una rete di spionaggio iraniana nel paese. Le foto delle presunte spie sono state pubblicate su diversi canali di social media azeri noti per essere affiliati al governo azero. Aggiunge ulteriore tensione alle già difficili relazioni bilaterali tra Azerbajgian e Iran.
Un veicolo della Croce Rossa in viaggio da Stepanakert, capitale del Nagorno-Karabakh, al Corridoio di Lachin (Foto di Marut Vanyan).
Reporters sans frontières: “Lasciate entrare i giornalisti in Nagorno-Karabakh”
In un comunicato stampa dell’organizzazione per la libertà di stampa Reporters sans frontières, si chiede all’Azerbajgian e alla Russia di consentire ai giornalisti di passare liberamente per il Nagorno-Karabakh.
di Rasmus Canback Blankspot.se, 12 marzo 2023
(Nostra traduzione italiana dallo svedese)
Reporters sans frontières scrive in una dichiarazione che da quando è iniziato il blocco del Corridoio di Lachin il 12 dicembre, il Nagorno-Karabakh è stato isolato dal mondo esterno e solo pochi giornalisti locali sono in grado di fornire informazioni.
Il Corridoio di Lachin è l’unica strada che collega l’Armenia con il Nagorno-Karabakh ed è formalmente sorvegliato dalle truppe di mantenimento della pace russe dopo la guerra del 2020.
A dicembre, autoproclamatisi ambientalisti azeri hanno attraversato il passaggio del corridoio situato presso la Città di Shushi. Dopo tre mesi, pochi credono che gli attivisti non siano altro che approvati e coordinati dal governo. Tra le altre cose, ci sono segnalazioni secondo cui gli studenti vengono reclutati da insegnanti nelle università.
Inoltre, Reporters sans frontières scrive che sono quasi esclusivamente giornalisti dei media statali azeri ad avere accesso all’area. Ai pochi media azeri liberi esistenti nel Paese è stato negato il passaggio attraverso i posti di blocco.
I giornalisti stranieri che hanno avuto accesso al blocco sono lì sotto il controllo delle guide governative, scrive l’organizzazione.
Un giornalista con cui hanno parlato, lo spagnolo David López Frías, per El Periódico de España, si è recato in Azerbajgian alla fine di febbraio. Ha trascorso una serata al Corridoio di Lachin dove è stato intervistato dai media azeri. Dichiara a Reporters sans frontières che è stato citato erroneamente. Invece di essere citato per aver detto che la strada è bloccata, i media azeri riferiscono che dice che la strada è aperta. La sua visita ha avuto luogo poco dopo che il 22 febbraio la Corte Internazionale di Giustizia di Den Haag ha ordinato l’Azerbaigian con “tutti i mezzi disponibili” di garantire il passaggio senza ostacoli in inglese.
Jeanne Cavelier, Direttore di Reporter senza frontiere per l’Europa orientale e l’Asia centrale, afferma che l’Azerbajgian sta cercando di influenzare l’opinione internazionale sul conflitto: Questa menzogna esposta da un media controllato dal governo è un’ulteriore prova del desiderio da parte delle autorità azere di manipolare l’opinione pubblica nazionale e internazionale. Non solo stanno violando l’accordo di cessate il fuoco del 2020 sostenendo questi “eco-attivisti”, ma stanno anche impedendo un’adeguata copertura del blocco del Corridoio di Lachin e delle sue terribili ripercussioni umanitarie.
A nessun giornalista straniero è stato dato il permesso di entrare nella parte armena del Nagorno-Karabakh dal marzo 2021.
Formalmente, sono le truppe di mantenimento della pace russe a negare l’accesso. Solo le persone con cittadinanza armena o russa potevano attraversare il Corridoio di Lachin, fino all’inizio del blocco. Da allora, le autorità locali del Nagorno-Karabakh affermano che i civili possono viaggiare solo con veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa e che il permesso viene concesso dall’Azerbajgian.
Un giornalista straniero, il canadese Liam Hunt, che ha visitato il Corridoio di Lachin, ha dichiarato per primo sul suo account Twitter che c’è libera circolazione al blocco. Tuttavia, le sue foto mostrano solo camion della Croce Rossa e delle truppe russe.
Dopo un paio di giorni, ha modificato i suoi rapporti e ha sottolineato che l’Azerbajgian deve fare di più per consentire la libera circolazione. Inoltre, ha pubblicato diverse interviste con “eco-attivisti”, in cui è stata messa in discussione la loro agenda ambientale.
Inoltre, il Ministero degli Esteri azero afferma nella sua relazione annuale per il 2022 di aver organizzato durante l’anno viaggi in Nagorno-Karabakh per poco più di 200 giornalisti stranieri.
Le precedenti indagini di Blankspot dimostrano che molti dei “viaggi stampa” sono interamente o parzialmente pagati dallo Stato azero.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-12 14:59:232023-03-13 15:00:05Novantunesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Reporters sans frontières: “Lasciate entrare i giornalisti in Nagorno-Karabakh”. Cresce la tensione tra Iran e Azerbajgian (Korazym 12.03.23)
Per la prima volta in Europa qualcuno si muove a sostegno della questione armena. A raccontarlo nella sua newsletter è l’analista e giornalista Giulio Meotti riportando la pubblicazione di un appello uscito sul settimanale francese ‘L’Express’ e sottoscritto da nomi autorevoli della cultura francese come il filosofo Daniel Salvatore Schiffer, la femminista Elisabeth Badinter, il sociologo Jean-Marie Brohm, il filosofo ed ex ministro Luc Ferry, la politologa Renée Fregosi, il filosofo Christian Godin, il saggista Jacques Julliard, l’avvocato Arno Klarsfeld, il filosofo Edgar Morin, il romanziere Boualem Sansal, lo storico delle idee Pierre-André Taguieff e altri ancora.
Qualcosa si muove quindi sul fronte della difesa del popolo armeno, ma sotto traccia. Troppo poco però visto che questo appello coinvolge solo la Francia, che l’Italia risulta non pervenuta e che l’incontro tra il premier armeno Nikos Pashinyan e il cancelliere tedesco Olaf Scholz non ha portato ad alcun intervento significativo a tutela del popolo armeno, essendo l’Occidente concentrato solo a creare un rapporto in funzione antiucraina ma non a fermare le mire espansionistiche dell’Azerbaigian che porterebbero a scontarsi contro Ankara e a dover pagare un nuovo terremoto energetico.
Come sottolineato da Meotti “Cosa aspetta il Parlamento italiano a chiamare il premier armeno a parlare? E cosa aspettano i nostri “intellettuali” (non ce ne sono più, l’ultimo fu Augusto del Noce) a far sentire la propria voce? Si profila l’“Armenierrein” come il Jüdenrein? L’Armenia, persa sui monti dell’Asia al confine dell’Europa, con il suo minuscolo gioiello dell’Artsakh incastonato tra le sue montagne, ci saluta nella sua bella lingua che era anche quella di Osip Mandelstam e richiede la nostra assistenza e il nostro rifiuto a giocare al lupo e all’agnello in nome del gas“.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-12 14:58:112023-03-13 14:59:12Appello sulla questione armena pubblicato dalla rivista Express (Strumenti Politici 12.03.23)
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