“Il tribunale delle Nazioni Unite ordina all’Azerbaigian di porre fine alla barriera del Nagorno-Karabakh” (Varie 22.02.23)

La Corte internazionale di giustizia, massima giurisdizione dell’ONU, ha ordinato mercoledì all’Azerbaigian di mettere fine al blocco del corridoio di Lachin, l’unico asse stradale che collega l’Armenia al Nagorno-Karabakh, regione azera ma abitata da una maggioranza armena. Baku “deve adottare tutte le misure necessarie per assicurare la circolazione di persone e merci nelle due direzioni”, ha affermato la giudice presidente Joan Donaghue nel corso di un’udienza all’Aia.

Da metà dicembre la strada è bloccata da azeri che si presentano come difensori dell’ambiente. La regione montagnosa di 120’000 abitanti manca così di rifornimenti di cibo, medicamenti e carburante.

La Corte ha invece respinto una richiesta azera perché imponesse a Erevan di non posare più mine terrestri nelle zone contese. La disputa fra i due Paesi per il Nagorno-Karabakh dura da oltre 30 anni. Un primo conflitto negli anni ’90 si era concluso con la vittoria armena e aveva provocato 30’000 morti. L’Azerbaigian ha avuto la sua rivincita nel 2020, in una nuova guerra con 6’500 vittime.

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Il tribunale delle Nazioni Unite ordina all’Azerbaigian di porre fine alla barriera del Nagorno-Karabakh 


Azerbaigian: Tribunale ONU ordina di rimuovere ostacolo verso l’Armenia

 

Unesco celebra Santa Teresa di Lisieux a 150 anni dalla nascita (e anche Shnorhali) – (Voceetempo.it 23.02.23)

Ci sono anche due santi, accanto a due illustri scienziati, tra i personaggi che l’Unesco celebra nel 2022-2023: l’850° della morte di Nerses il Grazioso, monaco armeno; 550° della nascita di Copernico in Polonia; il 200° della nascita di Gregor Mendel nella Repubblica Ceca; il 150° della nascita di Santa Teresina di Lisieux in Francia

Santa Teresa di Lisieux

Ci sono anche due santi, accanto a due illustri scienziati, tra i personaggi che l’Unesco celebra nel 2022-2023: l’850° della morte di Nerses il Grazioso, monaco armeno; 550° della nascita di Copernico in Polonia; il 200° della nascita di Gregor Mendel nella Repubblica Ceca; il 150° della nascita di Santa Teresina di Lisieux in Francia. L’Unesco ha incluso questi quattro nell’elenco delle 60 personalità i cui anniversari vanno commemorati perché «hanno contribuito in modo universale al bene dell’umanità». I due scienziati «hanno svolto ricerche che hanno cambiato il corso della scienze»: Copernico ha spiegato che la Terra gira intorno al Sole e non viceversa; Mendel ha messo le basi della moderna genetica. Mons. Francesco Follo, già osservatore vaticano presso l’Unesco, spiega: «Nel dibattito alcuni Paesi hanno cominciato a chiedersi perché parliamo della cultura e dell’educazione e non di educazione spirituale e religiosa?».

San Narsete IV «Shnorhali, grazioso» (1102-1173), è chiamato «grazioso» per i suoi modi nel trattare la gente e il clima che permea i suoi scritti. Teologo e quarto Catholicos della Chiesa apostolica armena, noto per il suo modo di appianare i conflitti nonostante fosse di carattere impulsivo e i ponti gettati con la Chiesa di Roma e con i Greci. Poeta prolifico, versatissimo nella dottrina della Chiesa, con dedizione totale a Cristo. Qualche studioso non esita a paragonarlo al contemporaneo Bernardo di Chiaravalle, «dottore mellifluo» e afferma che nella Chiesa del XII secolo splendevano due luci, una in Oriente (Narsete) e l’altra in Occidente (Bernardo).

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Settantaquattresimo giorno del #ArtsakhBlockade. Dopo la condanna dell’Azerbajgian alla Corte Mondiale siamo daccapo alle solite (Korazym 23.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.02.2023 – Vik van Brantegem] – L’Armenia ha accolto con favore la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia su richiesta dell’Armenia di ordinare l’Azerbajgian a sbloccare il Corridoio di Lachin [QUI]. Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Ararat Mirzoyan, ha scritto in un post su Twitter: «Accogliamo con favore la sentenza odierna della Corta Internazionale di Giustizia secondo cui l’Azerbajgian deve adottare tutte le misure per porre fine al suo blocco e garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin. Siamo inoltre lieti di vedere prevalere la verità mentre la Corte ha respinto in toto la contro-richiesta dell’Azerbajgian».

Ieri, il 22 febbraio 2023 a Mosca, Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, durante il suo briefing settimanale con la stampa sull’attualità degli affari esteri, ha annunciato che il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, il 27 e 28 febbraio prossimi effettuerà una visita ufficiale in Azerbaigian. «È previsto un incontro con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, così come dei negoziati con il Ministro degli Esteri, Jeyhun Bayramov», ha aggiunto. Zakharova ha osservato che durante gli incontri sarà prestata particolare attenzione all’attuazione degli accordi tripartiti firmati tra i leader della Federazione Russa, dell’Azerbajgian e dell’Armenia il 9 novembre 2020, l’11 gennaio e il 26 novembre 2021, nonché il 31 ottobre 2022.

Il Presidente dell’Artsakh ha destituito Ruben Vardanyan dalla carica di Ministro di Stato

Oggi 23 febbraio 2023, durante una riunione del governo della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, il Presidente Arayik Harutyunyan ha pronunciato un discorso, in cui ha presentato la situazione politico-militare e socio-economica creatasi nella Repubblica a seguito del blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian e le misure adottate dalle autorità per risolvere i problemi che si presentano.

Il Presidente Harutyunyan ha presentato anche il decreto della destituzione di Ruben Vardanyan dalla carica di Ministro di Stato e ha comunicato che ha offerto al Procuratore Generale della Repubblica, Gurgen Nersisyan, di assumere le funzioni di Ministro di Stato, tenendo conto delle sue qualità professionali e umane, della professionalità, correttezza, principi e patriottismo dimostrati nel suo operato.

Il Presidente Harutyunyan ha espresso il suo apprezzamento degli sforzi di Vardanyan sia per aumentare la consapevolezza internazionale sull’Artsakh sia per risolvere molti problemi interni durante l’assedio in corso. “Ruben Vardanyan ed io siamo stati insieme durante tutto questo tempo, seguendo quotidianamente gli eventi e gli sviluppi che accadono sia in Artsakh che nel mondo esterno, ci siamo costantemente scambiati idee sulle soluzioni alla situazione esistente. Sono grato al Signor Vardanyan per il fatto che ha sempre cercato di condividere la responsabilità con me nella massima misura sia nelle relazioni amichevoli che in quelle di partenariato e non ha cercato di addossarmela facendo riferimento alle norme costituzionali. Ma d’altra parte, era consapevole e comprensivo della portata e dell’entità della mia responsabilità personale per la situazione creatasi in Artsakh e per tutti i problemi futuri”, ha sottolineato il capo dello Stato.

In un video sulla suo pagina Facebook, Ruben Vardanyan ha dichiarato di essere consapevole delle pressioni legate alla sua permanenza in Artsakh, ma nonostante ciò non solo non se ne andrà, ma non può nemmeno immaginarsi senza l’Artsakh.
«Prima di tutto, mi sono rivolto al popolo dell’Artsakh e a tutti gli Armeni, ho sottolineato i miei piani e le mie azioni future, che tutti noi, rimanendo e vivendo insieme nell’Artsakh, dovremmo attuare. Continuerò volentieri a fare quello che facevo prima», ha sottolineato Vardanyan.
Ha osservato che la fondazione e l’agenzia “Noi siamo le nostre montagne” [QUI] da lui fondate hanno realizzato diversi progetti ed sono diventate un esempio di cooperazione tra settore pubblico e privato, Armenia, diaspora, organizzazioni pubbliche armene e non armene. Ha sottolineato che continueranno a investire i loro sforzi e faranno un ottimo lavoro affinché il maggior numero possibile di Armeni venga in Artsakh, in modo che non solo gli Armeni dell’Artsakh non si sentano soli, ma anche coloro che hanno lasciato l’Artsakh in momenti diversi tornino durante questa crisi, rafforzando la patria.
Vardanyan ha sottolineato che l’Azerbajgian, che sperava di mettere in ginocchio il popolo dell’Artsakh, ha commesso un terribile errore. «L’Azerbajgian ha visto che siamo diventati più uniti e anche le manifestazioni di indifferenza sono scomparse. È stato davvero incoraggiante sentire come le persone in diverse comunità hanno detto: “Siamo pronti a resistere senza gas ed elettricità, solo non tradirci e continuiamo la lotta”», ha detto.
Rivolgendosi al Presidente dell’Artsakh, Vardanyan ha sottolineato che è felici in Artsakh perché c’è un popolo fantastico, che le persone hanno dimostrato di poter sopportare qualsiasi cosa, sono pronte a combattere e questo è davvero un grande onore. Ha capito quanto sia forte la gente dell’Artsakh dal contatto con quelle persone.
«Siamo tutti esseri umani con i nostri difetti. Spero che se ho offeso qualcuno senza rendermene conto, mi perdonerai se non ho detto o fatto qualcosa, sono pronto ad ascoltare sia le critiche che i consigli, perché ho sempre imparato dagli altri. Lavorerò qui, starò al tuo fianco. Grazie, Signor Presidente, per tutto, anche se, in effetti, abbiamo differenze nei diversi approcci, ma l’idea generale è che abbiamo linee rosse che nessuno può oltrepassare. Quelle linee rosse sono molto importanti per la nostra dignità, per mantenere l’Artsakh armeno, indipendente e dignitoso», ha concluso Vardanyan.

Comunicato del Consiglio per la Comunità Armena di Roma
La condanna dell’Azerbajgian sia foriera di pace nel Nagorno-Karabakh

La Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha accolto ieri la richiesta dell’Armenia e ha ordinato all’Azerbajgian di non ostacolare la libera circolazione di merci, persone e trasporti attraverso il Corridoio di Lachin (Berdzor) in entrambe le direzioni. Con un’altra decisione, la Corte ha respinto la richiesta infondata dell’Azerbajgian sulla questione delle mine.
Dal 12 dicembre l’Azerbajgian, per mezzo di presunti “attivisti per l’ambiente” ha bloccato l’unico collegamento tra l’Artsakh (Nagorno Karabakh) e l’Armenia, isolando di fatto 120.000 persone.
Solo alcuni convogli della Croce Rossa Internazionale e delle forze di mantenimento della pace russe riescono a superare il blocco per trasportare malati, qualche aiuto umanitario e favorire il ricongiungimento delle famiglie rimaste separate.
Il Consiglio per la Comunità Armena di Roma saluta con soddisfazione le due pronunce del Tribunale dell’Aja e si augura che finalmente la comunità internazionale AGISCA per spingere l’Azerbajgian a ripristinare il diritto degli Armeni della regione.
Anche la sostituzione odierna del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Ruben Vardanyan, particolarmente inviso ad Aliyev, è un segnale della volontà di pace della parte armena.
Purtroppo, le prime risposte del regime azero sono state di scherno alle sentenze della Corte dell’ONU.
“Ci auguriamo – riferisce un portavoce del Consiglio – che anche l’Italia riesca politicamente a sensibilizzare il partner azero e farsi protagonista di un tavolo di pace che garantisca agli armeni del Nagorno-Karabakh il diritto a vivere liberi nella loro terra natale”.

Comunicato del Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia sulla decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

La Corte ha emesso una decisione giuridicamente vincolante nell’ambito del procedimento avviato dall’Armenia contro l’Azerbajgian, respingendo allo stesso tempo categoricamente le rivendicazioni dell’Azerbajgian nel procedimento parallelo avviato dall’Azerbajgian contro l’Armenia. Con la suddetta decisione, la Corte ha affermato che esiste una minaccia immediata di danno irreparabile ai diritti degli armeni nell’ambito della Convenzione e ha costretto l’Azerbaigian a prendere tutte le misure necessarie per garantire la circolazione ininterrotta di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni attraverso il Corridoio di Lachin.
Al contrario, la Corte, con voto unanime, ha respinto in toto la richiesta di azione urgente dell’Azerbajgian, negando le false accuse dell’Armenia di aver piantato mine nel Nagorno-Karabakh e nelle aree circostanti.
Pertanto, secondo le decisioni della Corte, il blocco del Nagorno-Karabakh e altre azioni dell’Azerbajgian dovrebbero essere immediatamente cessate. L’Armenia monitorerà da vicino la situazione e informerà la Corte di eventuali violazioni da parte dell’Azerbajgian mentre la causa dell’Armenia contro l’Azerbajgian prosegue.
Chiediamo ai partner internazionali di adottare misure attive per garantire l’immediata attuazione della decisione della Corte da parte dell’Azerbajgian.

Dichiarazione del Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan

La Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite poco fa ha soddisfatto la richiesta dell’Armenia e ha costretto l’Azerbajgian a non ostacolare la libera circolazione di persone, trasporti e merci lungo il “Corridoio di Lachin” in entrambe le direzioni.
A nome delle autorità e del popolo dell’Artsakh, vorrei esprimere una particolare gratitudine a Yeghishe Kirakosyan, rappresentante per le questioni giuridiche internazionali della Repubblica di Armenia, a tutti coloro che sono coinvolti in questo procedimento per la loro missione così importante.
Questa decisione è un’altra base giuridica internazionale ineccepibile, che implica che il popolo di Artsakh, sottoposto a discriminazione razziale e odio, non può vivere all’interno dell’Azerbajgian.
Ritengo che questo sia un punto di svolta nella nostra lotta internazionale e, insieme alla Repubblica di Armenia, continueremo a utilizzare tutti i meccanismi giuridici internazionali per la tutela dei diritti del popolo dell’Artsakh. Gli organi statali dell’Artsakh hanno la mia chiara istruzione di sostenere al massimo questi sforzi (Post sulla pagina Facebook in armeno, russo e inglese [QUI] – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

«Il 22 febbraio, la Corte Internazionale di Giustizia ha deciso che l’Azerbajgian deve “intraprendere tutte le azioni per garantire il movimento di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”. La Repubblica di Azerbajgian deve ora garantire il trasporto di persone e merci in ambedue le direzioni lungo il Corridoio di Lachin. Per quanto riguarda la fornitura di gas ed elettricità, la Corte ha affermato che l’Armenia non ha fornito prove sufficienti per dimostrare che era l’Azerbajgian a interrompere il gas e l’elettricità, quindi non ha ritenuto applicabile questa misura. Il Difensore civico per i diritti umani dell’Artsakh, Gegham Stepanyan, ha espresso la sua insoddisfazione per questa affermazione.
Questa sembra essere una grande notizia a favore dell’Armenia. Spero che questo porrà fine al blocco una volta per tutte. Tuttavia, non si può mai essere sicuri perché sento di aver sperato che questo o quello avrebbe potuto porre fine al blocco. Eppure, non una sola cosa ha posto fine al blocco. La continua pressione porterà l’Azerbajgian al suo punto di rottura, ma chissà dove sarà quel punto. Si spera che il punto di rottura dell’Azerbajgian arrivi prima di quello dell’Artsakh. Ciò accadrà solo se continuiamo a fare pressioni sull’Azerbajgian» (Varak Ghazarian – Medium.com, 22 febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Facendo il punto della situazione in modo realistico, in primo luogo, la Corte Internazionale di Giustizia ha obbligato l’Azerbajgian, in conformità con i suoi obblighi, ad adottare tutte le misure in suo potere per assicurare la libera circolazione di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in ambedue le direzione. E questo è un punto a favore dell’Armenia, però, che rimarrà tale sulla carta, perché il Corridoio di Lachin rimarrà bloccato.

In secondo luogo, la Corte ha affermato inoltre, che la richiesta dell’Armenia di ordinare all’Azerbajgian di “cessare la sua orchestrazione e il suo sostegno” alle proteste sul Corridoio di Lachin era “non giustificata”. La Corte ha anche respinto la richiesta dell’Armenia di ordinare all’Azerbajgian di non bloccare le forniture di elettricità e di gas all’Artsakh, affermando che l’Armenia non ha fornito prove sufficienti per dimostrare che era l’Azerbajgian a interrompere le forniture. Il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan ha detto l’Armenia ricorrerà nuovamente alla Corte internazionale con una causa contro l’Azerbajgian, con prove adeguati in merito all’interruzione della fornitura di gas ed elettricità all’Artsakh.

Detto questo, è più che certo che l’Azerbaigian non rispetterà il nuovo ordine, come non ha rispettato gli ordini precedenti e non rispetterà ordini futuri, perché senza mezzi coercitivi, non ci sono possibilità che questo tipo di ordini avranno un seguito positivo.

L’Azerbajgian fin dall’inizio ha sostenuto che la strada è aperta e non cambierà questa narrazione. Il Presidente azero Ilham Aliyev, durante la Conferenza sulla Sicurezza a München ha detto che le persone possono transitare nel Corridoio di Lachin e nessuno impedirà loro di viaggiare. Il fatto è, che la “manifestazione” non si fermerà, ed era questo che l’Armenia aveva chiesto. Quindi, tecnicamente Armenia non ha ottenuto quello che voleva. Perché sono i “manifestanti” a bloccare la strada. Se Azerbajgian non sarà obbligata a togliere la protesta, la strada resterà chiusa. La Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che “manifestanti” possono rimanere sul posto, ma che non possono bloccare la strada. Ad esempio, per la Corte i “manifestanti” possono rimanere a bordo della strada purché non inibiscano il flusso del traffico. Riassumendo: tutto continuerà come prima e il Corridoio di Lachin rimarrà “aperto” ma bloccato. Se l’Azerbajgian non viene costretto concretamente, non solo ordinato, a porre fine alle proteste, il traffico non potrà essere ripristinato senza ostacoli.

Subito dopo la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia, che ordina all’Azerbajgian di garantire la libertà di movimento lungo il Corridoio di Lachin, l’organizzazione “nongovernativa” Volontari ASAN-Organizzazione Giovanile Unione Sociale (AKT o AKGT), che opera sotto il governo dell’Azerbajgian, ha postato su Twitter una citazione del Presidente Aliyev alla Conferenza sulla Sicurezza di München: «L’espressione “Nagorno-Karabakh” non ha più alcun significato. La sovranità dell’Azerbajgian e la costituzione dovrebbero essere rispettate. Ora, c’è una regione di Qarabag in Azerbajgian con una popolazione armena». Si noti che “armeno” in azero è in minuscolo, mentre in azero dovrebbe essere con iniziale maiuscolo.

In un altro post su Twitter hanno condiviso immagini che celebrano il giorno 73 degli “eco- attivisti” che bloccano il corridoio. «Volontari dell’Azerbaigian nel 73° giorno dell’azione pacifica sulla strada Lachin [Berdzor]-Khankendi [Stepanakert]. Azerbajgian insieme siamo forti!».

«Giorno 74 di azione ecologica. Ispirati dalla decisione della Corte Internazionale Giustizia, gli attivisti e le ONG dell’Azerbajgian continuano la loro azione pacifica. Azerbajgian continua ad adottare tutte le misure a SUA DISPOSIZIONE per garantire il libero movimento di persone, veicoli e merci lungo la strada di Lachin in entrambe le direzioni».

La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che ordina all’Azerbajgian di aprire immediatamente il Corridoio di Lachin apparentemente “ispira” il regime dittatoriale di Aliyev a continuare il genocida #ArtsakhBlockade. Qui sopra un post su Twitter di Rahman Mustafayev, Ambasciatore della Repubblica di Azerbaijan presso il Regno dei Paesi Bassi, già Ambasciatore in Grecia, Albania, Francia e presso la Santa Sede.

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha trasportato 24 persone dall’Artsakh all’Armenia e 19 indietro. L’obiettivo è quello di riunire le persone con le loro famiglie. L’Azerbajgian continua a bloccare la strada ai civili nonostante la decisione della Corte Internazionale di Giustizia.

Ieri, il Corriere della Sera ha riportato nella rubrica delle lettere, sia in formato cartaceo che online, la lettera di Gayané Khodaveerdi, Presidente di Agbu (Armenian general benevolent union), pubblicata il 18 febbraio scorso su La Verità (Presidente Meloni, rischiamo un nuovo sterminio), che abbiamo ripreso lo stesso giorno [QUI].

Gli “eco-attivisti” azeri bloccano il Corridoio di Lachin dal 12 dicembre 2022 (Foto di Tofik Babayev/AFP).

Come l’Azerbajgian usa l’ambientalismo come arma per giustificare la pulizia etnica
di Simon Maghakyan
Time, 23 febbraio 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Bloccando l’unica autostrada che collega le 120.000 persone del Nagorno-Karabakh con il mondo esterno, una donna con indosso una pelliccia teneva una colomba in una mano e un megafono nell’altra mentre urlava che la regione assediata “appartiene all’Azerbajgian”. Ma invece di volare una volta liberata, la colomba strangolata cadde morta. Questo doveva assomigliare a una dimostrazione ambientale.

Mascherati da attivisti che protestano contro l’impatto ambientale delle operazioni di estrazione di minerali, posizionati a rotazione dal regime autoritario dell’Azerbajgian hanno bloccato dal 12 dicembre la regione montuosa del Nagorno-Karabakh popolata da armeni. Ciò ha lasciato la regione contesa, che si sta ancora riprendendo dalla guerra del 2020 lanciata dall’Azerbajgian, al freddo e sull’orlo della fame.

Le operazioni minerarie, insieme a gran parte dell’economia del Nagorno-Karabakh, da allora si sono interrotte, ma il blocco illegale che viola il cessate il fuoco del 2020 no. Il 22 febbraio la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato all’Azerbajgian di porre fine al blocco. Ma senza un meccanismo di imposizione immediata, l’Azerbajgian potrebbe tentare di guadagnare un po’ di tempo in più. Cibo e carburante sono così scarsi nel Nagorno-Karabakh che le autorità locali ora distribuiscono tagliandi per razionare i generi alimentari principali. Solo i veicoli appartenenti alle forze di mantenimento della pace russe e alla Croce Rossa sono stati autorizzati a passare, portando piccole quantità di rifornimenti vitali per i più vulnerabili. Ma, secondo Amnesty International, non basta. Il 9 febbraio l’osservatorio per i diritti umani ha riferito che “l’accesso all’assistenza sanitaria è diventato il problema più urgente nella regione bloccata”: un cardiologo visita solo cinque o sei pazienti al mese, in calo rispetto ai tipici 30-40, a causa dell’insufficiente fornitura di stent.

Ilham Aliyev, il Presidente dinastico dell’Azerbajgian – la cui ricetta ventennale per rimanere al potere è consistita nel coltivare l’odio anti-armeno e nell’armare il trauma dell’Azerbajgian per la perdita della prima guerra del Nagorno-Karabakh negli anni ’90 – non fa mistero dell’obiettivo finale del blocco. Gli Armeni del Nagorno-Karabakh sono liberi di andarsene: “La strada [verso l’Armenia] è aperta”, dice, suggerendo la pulizia etnica come risoluzione. Non è la prima volta che il suo regime fonde la pulizia etnica con l’ambientalismo: l’Azerbajgian ha celebrato la vittoria della guerra del 2020 contro gli Armeni con il timbro di un rimedio contro il rischio biologico che fumiga il Nagorno-Karabakh.

All’Udienza della Corte Internazionale di Giustizia del 30 gennaio gli avvocati dell’Azerbajgian hanno sostenuto che non c’è blocco e che i manifestanti sono impegnati in manifestazioni ambientali di base. Non importa che l’Azerbajgian ricco di petrolio, uno dei regimi più repressivi secondo Freedom House, e sede dell’”area ecologicamente più devastata del mondo”, inclusa una città soprannominata “un Armageddon ecologico”, non tolleri la protesta pubblica. Per lavare scientificamente il blocco, come ha esposto un eminente accademico il mese scorso, l’Azerbajgian ha cercato professori all’estero per convalidare nei media la “eco-protesta” in corso.

Questa arma dell’ambientalismo costituisce un pericoloso precedente per altre dittature per dirottare cause vitali.

Gli studiosi hanno diagnosticato tale benevolenza in malafede come “potere tagliente”, un termine proposto nel 2017 dal National Endowment for Democracy per descrivere gli sforzi degli stati autoritari per influenzare la percezione del mondo delle loro azioni attraverso la manipolazione e la distrazione. Mentre il termine è nuovo, il fenomeno non lo è. Sfruttare le fragili istituzioni occidentali e usare cause popolari è una pratica autoritaria in corso. Nell’ambientalismo, l’Azerbajgian ha trovato una causa conveniente e universale. Da quando ha perso la prima guerra del Nagorno-Karabakh contro gli Armeni negli anni ’90, ha a lungo rivendicato l’”ecocidio” nei territori controllati dagli Armeni fino alla seconda guerra nel 2020.

Ma né le critiche private né quelle pubbliche hanno impedito all’Azerbajgian di armare i movimenti ambientalisti. Anche ora, mentre organismi internazionali e governi occidentali condannano il blocco, l’Azerbajgian raddoppia i suoi messaggi. Recentemente ha annunciato un’azione legale ambientale “storica” contro l’Armenia ai sensi della convenzione di Berna sulla perdita di foreste e altri reati nelle aree controllate dagli Armeni fino al 2020. L’annuncio giustificava esplicitamente il blocco, affermando che “queste proteste non sono state orchestrate dal governo dell’Azerbajgian”. Commentando questa mossa, un organismo di osservazione delle foreste ha rilevato che i satelliti raccontano una storia diversa: “Tra il 2000 e il 2020 circa, la regione ha guadagnato più copertura arborea di quanta ne avesse persa”.

La più recente perdita di foreste è collegata alle attività dell’Azerbajgian, come l’uso del fosforo bianco contro le forze armene nel 2020, come analizzato dal Digital Forensic Research Lab del Consiglio Atlantico, insieme alla costruzione della “strada della vittoria” in corso. L’autostrada di 100 km segue il percorso dell’attacco militare della cattura da parte dell’Azerbaijan di una città chiave alla fine del 2020, durante la quale l’intero sud del Nagorno-Karabakh è stato ripulito etnicamente dagli Armeni. Come osserva un rapporto di valutazione ambientale delle Nazioni Unite richiesto dall’Azerbajgian, questa costruzione “sta anche avendo un impatto significativo sulla copertura forestale”. I satelliti mostrano distese di vegetazione sovradimensionate scomparse per sempre.

E come mostrano i rapporti satellitari di Caucasus Heritage Watch, la “strada della vittoria” e la costruzione di un’altra autostrada sono spesso accompagnate dall’abbattimento di villaggi e luoghi sacri armeni, nonostante l’ordine provvisorio contrario della Corte Internazionale di Giustizia del dicembre 2021. La cosa più ironica è che c’è anche la deforestazione in corso causata dal blocco: il Nagorno-Karabakh, la cui fornitura di gas, elettricità e carburante importato sono sotto l’assedio dell’Azerbajgian, utilizza legna da ardere per sopravvivere all’inverno.

Prima della decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio, il Presidente Aliyev si vantava che nulla avrebbe fermato i suoi sforzi nel Corridoio di Lachin, e aveva motivo di crederlo. L’Unione Europea lo sta ripetutamente corteggiando come un “partner affidabile” nella sostituzione delle forniture di gas russe, e gli Stati Uniti hanno continuato a rinunciare alle sanzioni della Sezione 907, una legge statunitense intesa a fermare l’aggressione dell’Azerbajgian contro gli Armeni. “Nessuno può influenzarci. Potrebbero esserci alcune telefonate e alcune dichiarazioni, ma non è necessario prestare attenzione. Accettiamo quelle telefonate semplicemente per cortesia politica”, afferma, “ma questo non cambierà la nostra posizione”.

Le osservazioni riguardano principalmente gli Stati Uniti e la Francia. Durante la seduta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a dicembre e in successive dichiarazioni, entrambi i Paesi, tra gli altri, hanno invitato l’Azerbajgian a porre fine al blocco. La Russia, il terzo mediatore del conflitto armeno-azerbaigiano insieme a Stati Uniti e Francia, è rimasta in gran parte in silenzio sulla situazione.

C’è qualcosa di sfacciatamente cinico in un petro-aggressore repressivo che arma l’ambientalismo nel 2023. Non solo si fa beffe della crisi esistenziale che affrontiamo come specie, ma serve a corrodere ulteriormente la società civile dell’Azerbajgian. Minando la credibilità di quella che è probabilmente la causa più importante al mondo, Aliyev sta dando l’esempio agli altri dittatori per perseguire il “potere forte”. Invia un messaggio che non esiste causa troppo sacra da sfruttare e nessuna bugia troppo assurda da pronunciare se consente al leader di rimanere al potere.

Quando gli attivisti di Aliyev hanno trasportato le colombe al blocco, la mossa era in linea con una nuova tradizione in Azerbajgian che reinventa gli uccelli come simboli di vittoria della guerra. Ma invece, la colomba strangolata simboleggiava la metodologia del blocco: soffocare il popolo assediato del Nagorno-Karabakh finché non ha altra scelta che fuggire: una strategia di pulizia etnica di strangolamento-e-rilascio, ricoperta di zucchero come l’ambientalismo.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

LA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA INTIMA ALL’AZERBAIGIAN A GARANTIRE IL MOVIMENTO ININTERROTTO ATTRAVERSO IL CORRIDOIO DI LACHIN

L’Azerbaigian “deve adottare tutte le misure a sua disposizione per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il corridoio Lachin in entrambe le direzioni”, ha dichiarato il giudice presidente Joan Donoghue durante un’udienza davanti alla Corte internazionale di giustizia, che si trova all’Aia.
Le ex repubbliche sovietiche rivali nel Caucaso, che hanno combattuto una breve guerra nel 2020, hanno entrambe fatto appello al CIG affinché intervenisse nel conflitto.
L’Armenia ha accusato l’Azerbaigian di “pulizia etnica” attraverso il blocco della contesa e separatista regione del Nagorno-Karabakh, davanti alla più alta corte delle Nazioni Unite.
Da metà dicembre, gli azeri che si spacciano per attivisti ambientalisti che manifestano contro le mine illegali hanno bloccato il Corridoio di Lachin, una via cruciale che collega l’Armenia all’enclave.
A causa del blocco, la regione montuosa di circa 120.000 persone è priva di cibo, medicine e carburante.
C’è “urgenza” di porre fine al blocco che potrebbe causare “danni irreparabili”, ha aggiunto il giudice.
L’Unione europea ha iniziato lunedì a dispiegare una missione di osservazione al confine tra Armenia e Azerbaigian.
Il rischio di un’escalation rimane alto in questa enclave azera popolata prevalentemente da armeni, nonostante i recenti progressi
colloqui di pace tra Baku e Yerevan e maggiori sforzi occidentali per trovare una soluzione pacifica in questa regione che la Russia considera parte della sua tradizionale zona di influenza.
L’Aia, 22 febbraio 2023
Nota del redattore: si tratta di misure provvisorie, nell’ambito del procedimento nel merito tra Armenia e Azerbaigian dinanzi alla Corte internazionale di giustizia, che sono esecutive ma per le quali non vi sono poteri di coercizione.
Misure adottate ai sensi della Convenzione sull’eliminazione della discriminazione razziale, vincolante per entrambi gli Stati.

La delegazione guidata dal Ministro della Cultura italiano visita il Memoriale del Genocidio Armeno (Armenpress 22.02.23)

YEREVAN, 22 FEBBRAIO, ARMENPRESS. Il 22 febbraio la delegazione guidata dal Ministro della Cultura italiano, Gennaro Sangiuliano, ha visitato il Memoriale del Genocidio Armeno accompagnata dal Vice Ministro dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica d’Armenia Alfred Kocharyan, il Capo del Dipartimento di Relazioni Estere e Diaspora Arkadi Papoyan, l’Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia Tsovinar Hambardzumyan e l’Ambasciatore d’Italia in Armenia Alfonso di Riso.
Come ARMENPRESS è stato informato dall’Istituto-Museo del Genocidio Armeno, Harutyun Marutyan, direttore dell’AGMI, ha dato il benvenuto agli ospiti e ha presentato la storia della creazione del complesso commemorativo. Ha anche fatto riferimento ai tre khachkar (pietre incrociate) collocati nella zona di Tsitsernakaberd in memoria degli armeni vittime dei massacri organizzati dal governo azero nelle città di Sumgait, Kirovabad (Gandzak), Baku alla fine del secolo scorso, e le storie dei cinque combattenti per la libertà sepolti nell’area del complesso commemorativo durante la guerra dell’Artsakh, sottolineando il legame tra quanto accaduto e il genocidio armeno.
Gennaro Sangiuliano ha deposto una corona di fiori al memoriale delle vittime del Genocidio degli Armeni, poi gli invitati hanno deposto dei fiori vicino al fuoco eterno e hanno osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime innocenti del Genocidio degli Armeni.
Gli ospiti hanno anche visitato l’Istituto Museo del Genocidio Armeno, dove hanno conosciuto le mostre permanenti e temporanee accompagnati dalla guida turistica senior dell’AGMI, Angel Tevekelyan.
Al termine della visita, Shushan Khachatryan, ricercatore senior presso l’Istituto Museo del Genocidio Armeno, ha presentato agli ospiti dall’Italia i documenti esclusivi su padre Salvatore Lilli (1853-1895), in cui Salvatore Lilli, in qualità di testimone oculare, descrive anche le repressioni dell’Impero ottomano contro la popolazione armena.
Fonte Armenpress

NAGORNO KARABAKH. Gli attivisti azeri e il nuovo modo di assediare l’Artsakh (AGC Comunication 22.02.23)

Dopo la sua vittoria nella seconda guerra del Karabakh del 2020, in cui ha riconquistato i tre quarti del territorio detenuto dalla non riconosciuta Repubblica dell’Artsakh (nota anche come Nagorno-Karabakh), l’Azerbaigian ha continuato a cercare il controllo sul resto del Karabakh.

Questi sforzi si sono solo intensificati da quando la Russia, le cui forze di pace in Karabakh garantiscono l’accordo di cessate il fuoco del 2020, è impegnata militarmente in Ucraina un anno fa, una mossa che ha indebolito la forza e l’influenza di Mosca, riporta BneIntelliNews.

Mentre la maggior parte delle mosse dell’Azerbaigian sono arrivate sotto forma di offensive militari, a dicembre Baku ha trovato una nuova tattica. L’11 dicembre, un gruppo di “eco-attivisti” azeri ha allestito un campo di protesta fuori dalla capitale del Nagorno-Karabakh, Stepanakert, bloccando l’unica strada che collega l’enclave con l’Armenia e il mondo esterno.

I manifestanti, che sono stati collegati al governo azero, hanno bloccato tutto il traffico in entrata e in uscita dal Karabakh, ad eccezione di una manciata di veicoli russi di mantenimento della pace e della Croce Rossa. Il risultato è stato scarsità di cibo, interruzioni di corrente e disoccupazione di massa in Karabakh, mentre la vita si ferma per i centomila residenti del territorio. Nonostante la crescente pressione internazionale per riaprire la strada, l’Azerbaigian e il suo leader, Ilham Aliyev, hanno mostrato pochi segnali che porranno presto fine al blocco.

Goris, ultima grande città in Armenia prima del confine e della strada per il Karabakh, è diventato il principale testimone di questa situazione. Numerosi hotel della città sono pieni di armeni del Karabakh che si trovavano in Armenia al momento della chiusura della strada e da allora non sono più riusciti a tornare a casa. Il governo locale, sostenuto da Yerevan, li sta sostenendo come meglio può.

Il governo ha pagato affinché questi “esuli” bloccati rimangano negli hotel locali per tutto il tempo di cui hanno bisogno. Le foto e i video dei “manifestanti” lo fanno sembrare più una festa che altro. I “manifestanti” sono in condizioni confortevoli, con cibi caldi e rifornimenti portati dalla vicina Shusha, sotto il controllo dell’Azerbaigian; durante i recenti Mondiali di calcio, sono stati eretti enormi schermi per consentire agli attivisti azeri di godersi le partite. Nel frattempo, gli armeni del Karabakh sono al buio a Stepanakert, a pochi chilometri di distanza.

Mentre i manifestanti azeri si sono accampati lungo la strada, i 2.000 caschi blu della Russia non hanno fatto alcun tentativo per rimuoverli. Nonostante fossero obbligati dall’accordo di cessate il fuoco del 2020 a garantire il libero passaggio di persone e merci lungo la strada, i militari di Mosca hanno invece agito come taciti esecutori del blocco, stabilendo barriere che separano gli azeri da ogni possibile contatto con gli abitanti assediati del Karabakh dall’altro lato.

Il terrore psicologico della situazione è il più difficile. Nessuno sa quando la strada riaprirà e quanto tempo ci vorrà prima che l’Azerbaigian la chiuda di nuovo.

Lucia Giannini

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Sangiuliano: la cultura rafforzerà i rapporti tra Italia e Armenia (Aise 22.02.23)

ROMA\ aise\ – “L’Italia ha consolidati rapporti con l’Armenia che affondano le radici in una storia ricca di contatti secolari e tradizioni comuni. La cultura può rafforzare tutto ciò attraverso un’efficace collaborazione in campo archeologico, museale, artistico e musicale. Gli incontri col primo ministro Nikol Pashinyan e il ministro Zhanna Andreasyan hanno aperto collaborazioni fattive in tal senso”. Lo ha detto oggi il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, in missione in Armenia, dove ha incontrato il primo ministro Nikol Pashinyan e il collega alla Cultura, educazione, scienza e sport, Zhanna Andreasyan, con cui sono stati discussi progetti di collaborazione in campo culturale.
La missione non solo ha consolidato i legami storici tra Italia e Armenia, ma è stata anche l’occasione per porre le basi per ulteriori sinergie bilaterali e future collaborazioni sul fronte della tutela e della valorizzazione dei beni culturali, su quello della formazione del personale culturale e della realizzazione di programmi di restauro. Anche a tal fine, il ministro Sangiuliano ha visitato alcuni luoghi simbolo per la cultura e il popolo armeno come il tempio di Garni, il monastero di Geghard e la galleria nazionale d’Armenia. (aise)


Italia-Armenia: Sangiuliano (min. Cultura), “progetti comuni e future collaborazioni rafforzeranno rapporti (Sir)

Settantatreesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Bloccare l’Artsakh – patria degli Armeni – accompagnato dalla minaccia della forza è inaccettabile (Korazym 22.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.02.2023 – Vik van Brantegem] – Nessun cambiamento significativo nella guerra silenziosa dell’Azerbajgian contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’autostrada interstatale Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin), la strada della vita che collega il territorio con l’Armenia e il resto del mondo rimane bloccata dalle autorità dell’Azerbajgian. In contemporanea continua l’interruzione sul territorio occupato dall’Azerbajgian nella regione di Sushi della fornitura dall’Armenia di elettricità e di interruzione ad alternanza di gas naturale, la scarsità di generi alimentari e farmaci, chiusura di molte attività economiche e l’aumento della disoccupazione. La dittatura azera continua la sua guerra silenziosa contro la popolazione civile armena dell’Artsakh che rimane sotto assedio. Se chiede la riapertura senza indugio o condizione del Corridoio di Berdzor (Lachin), l’interposizione di una forza di pace del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sanzioni per il dittatore Aliyev e il suo regime.

Il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e la Fondazione “Tatoyan” del Centro per il Diritto e la Giustizia hanno pubblicato un rapporto congiunto di 289 pagine Gli agenti “eco-attivisti” del governo del governo azerbajgiano che hanno bloccato l’unica strada della vita che collega l’Artsakh all’Armenia e al mondo esterno. Chi sono questa gente? Prove di controllo statale e odio [QUI].

Simon Magakyan, studioso della Tufts University di Maryland, ieri ha scritto in un post su Twitter: «Domani due eventi previsti: la decisione della Corte Internazionale di Giustizia sul blocco del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian (probabilmente a favore degli Armeni) e la rimozione/dimissioni di Ruben Vardanyan. Ad ogni modo, questo probabilmente significa la fine del blocco, ma – come sempre – con più richieste e minacce dall’Azerbajgian».

Il Giudice Joan E. Donoghue, Presidente della Corte Internazionale di Giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, emetterà mercoledì 22 febbraio 2023 alle ore 16.00 in una seduta pubblica presso il Palazzo della Pace a Den Haag, l’Ordinanza della Corte sulla richiesta dell’Armenia di indicazione di provvedimenti provvisori contro l’Azerbajgian in riferimento al blocco del Corridoio di Lachin, nell’ambito dell’Applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. Poi, seguirà l’emissione dell’Ordinanza sulla richiesta della Repubblica dell’Azerbajgian di indicazione di provvedimenti provvisori contro l’Armenia.

Sui media di regime dell’Azerbajgian, dopo la Conferenza sulla Sicurezza di München sono state ventilate delle voci su possibili dimissioni del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Ruben Vardanyan.
Silkway News ha scritto il 19 febbraio scorso, che «i separatisti discutono delle “dimissioni” di Vardanyan»: «”Al momento, non posso dire nulla sulle dimissioni del “Ministro di Stato del Karabakh” Ruben Vardanyan, ma, ovviamente, ci sono alcune discussioni, i cui risultati diventeranno chiari nei prossimi giorni”, ha detto “il capo della fazione parlamentare al potere” dei separatisti Artur Harutyunyan».

Azernews ha scritto il 20 febbraio scorso: «Artur Harutyunyan, capo della fazione al potere “Madre Patria Libera-CDU” nel “parlamento” illegale di Khankendi [Stepanakert], ha detto alla stampa locale, che presto saranno noti i risultati delle discussioni sulle dimissioni di Ruben Vardanyan, il cosiddetto “Ministro di Stato” del regime separatista-terrorista nel territorio della Repubblica di Azerbajgian sotto il controllo del contingente militare russo di “mantenimento della pace”. Il punto interessante è che fino a ieri Vardanyan, bloccato tra Armenia e Russia, ha deciso di mettersi in fuorigioco. Secondo il Capo del Centro per le relazioni internazionali e gli studi sulla diplomazia, l’analista politico Samir Humbatov, il motivo delle dimissioni di Vardanyan può anche essere collegato alla marcia indietro dell’Armenia dopo la Conferenza sulla Sicurezza di München. “Penso che il fatto che il Presidente Ilham Aliyev abbia toccato la questione durante il suo discorso alla tavola rotonda e, in particolare, usando la frase “Vardanyan inviato dalla Russia” mostri dov’è il problema. Secondo l’esperto, l’Armenia, che non ha scelta dopo Vardanyan, avrà una possibilità: ritirarsi. “Ovviamente, insieme alla Russia, anche l’Armenia ha avuto un ruolo nell’arrivo di Vardanyan in Karabakh. Dopo l’incontro di München, sembra che l’Armenia si ritiri da lui e stia dietro solo ad Arayik Harutyunyan [Presidente della Repubblica Artsakh/Nagorno-Karabakh]. Penso che questo sia temporaneo, perché l’Azerbajgian negozierà nemmeno con lui, a causa dei crimini da lui commessi nella seconda guerra del Karabakh. Allo stesso tempo, si sa anche in quale forma l’Azerbajgian negozierà con gli Armeni del Karabakh e in quali condizioni condurrà i negoziati».

Oggi, il Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Mesrop Arakelyan, ha dichiarato che Ruben Vardanyan «non si dimetterà» e «se fosse licenziato non lascerà l’Artsakh». «Queste voci sono non notizie. Sia a gennaio, sia ora dichiaro che Ruben Vardanyan non si dimetterà e non lascerà l’Artsakh, poiché la posizione di Ruben Vardanyan e della nostra squadra non è determinata dalla posizione», ha detto Arakelyan, aggiungendo che in ogni caso è il Presidente Araik Harutyunyan che decide della nomina e delle dimissioni da questo incarico.

Nel frattempo, Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa ha annunciato in un briefing che il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, il 27 e 28 febbraio prossimi effettuerà una visita ufficiale in Azerbaigian, per “negoziati con il Presidente Ilham Aliyev e il Ministro degli Esteri Jaykhun Bayramov.

La rinegoziazione delle disposizioni del Corridoio di Lachin sotto la minaccia della forza da parte dell’Azerbajgian è inaccettabile

Le disposizioni del Corridoio di Lachin sono state negoziate e firmate nell’accordo trilaterale del 9 novembre 2020 e la rinegoziazione delle disposizioni, inoltre, a seguito di un rinnovato uso della forza, la minaccia di usare nuovamente la forza non può essere una soluzione accettabile per la parte armena. Lo ha detto il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan. in una conferenza stampa congiunta a Yerevan con il Ministro degli Esteri lussemburghese, Jean Asselborn.

Mirzoyan ha fatto le osservazioni in risposta al discorso a München del Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, che aveva detto di aver offerto all’Armenia di installare posti di blocco tra Lachin e l’Armenia e nel cosiddetto “Corridoio di Zangezur”.

“In effetti, è stata espressa un’idea del genere, per installare posti di blocco al confine con l’Armenia e nel tratto in cui inizia il corridoio Lachin. Ma la nostra risposta è inequivocabile e molta chiara. Questa posizione è stata espressa subito dopo l’inizio del blocco del Corridoio di Lachin, e rimane la stessa: le disposizioni del corridoio di Lachin sono state negoziate e firmate, anche dal Presidente dell’Azerbajgian. Sto parlando del documento del 9 novembre 2020. Una rinegoziazione delle disposizioni del Corridoio di Lachin, per di più come risultato di un rinnovato uso della forza e sotto la minaccia di un uso rinnovato della forza, è ovviamente inaccettabile per noi e non può essere una soluzione accettabile”, ha affermato Mirzoyan.

Alla richiesta di commentare se l’Azerbajgian richieda il cosiddetto “Corridoio di Zangezur” dall’Armenia in cambio dell’apertura del Corridoio di Lachin, il Ministro degli Esteri dell’Armenia ha affermato che analizzando la situazione si può vedere l’aspettativa azera sull’apertura del Corridoio di Lachin per ottenere un altro corridoio simile. Questa non è una nuova narrazione e la posizione della parte armena è stata espressa di nuovo in precedenza.

“Abbiamo il Corridoio di Lachin, che, tra l’altro, anche prima dell’ultima guerra è stato separato come corridoio umanitario nell’intero processo negoziale, dato che gli Armeni del Nagorno-Karabakh sono interamente circondati dall’Azerbajgian, e l’unica strada che li collega al mondo e l’Armenia è lo stesso Corridoio di Lachin. Significa che l’esistenza del Corridoio di Lachin è stata evidenziata fin dall’inizio. E tutti, compreso l’Azerbajgian, lo hanno accettato, e si riflette anche nel documento del 9 novembre 2020, il Corridoio di Lachin è chiaramente stabilito in esso”, ha detto Mirzoyan.

Per quanto riguarda lo sblocco di altre infrastrutture regionali, attorno al quale vi sono accordi nel documento del 9 novembre 2020 e nel documento dell’11 gennaio 2021, la posizione dell’Armenia è di nuovo la stessa e molto costruttiva. “Possiamo iniziare immediatamente lo sblocco di quelle strade nel momento in cui accettiamo che tutte quelle strade da sbloccare, inclusa le ferrovie, funzioneranno sotto la sovranità e la legislazione dei Paesi attraverso i quali passano. Penso che questo sia un approccio, una proposta e una prontezza molto comprovati, costruttivi e molto trasparenti “, ha affermato il Ministro degli Esteri armeno.

Mirzoyan ha detto che la parte armena esclude, non accetta cambiamenti negli accordi esistenti sotto la minaccia di usare la forza o la politica aggressiva di estorcere concessioni a scapito degli interessi di una parte, che si riflette nelle dichiarazioni dell’Azerbajgian.

È la patria degli Armeni e nessuno ha il diritto di bloccare il Corridoio di Lachin

Nessuno ha il diritto di bloccare il Corridoio di Lachin, ha detto il Ministro degli Esteri lussemburghese Jean Asselborn, nella conferenza stampa congiunta con il suo omologo armeno Ararat Mirzoyan a Yerevan.
“Ad essere sincero, penso che ci sia un grande potere nel mondo che deve dimostrare che non solo le forze di pace sono presenti nel Corridoio di Lachin, ma che devono agire se c’è un blocco”, ha detto Asselborn, riferendosi alla Russia. “Cerchiamo come Unione Europea di intervenire al livello che siamo in grado di fare. Possiamo solo, se posso dirlo, incoraggiare la Russia, se vuole, a essere consapevole di ciò che sta accadendo che più di 100mila persone sono isolate nel Nagorno-Karabakh. Che gli anziani, i bambini non possano tornare a casa loro e questo è inaccettabile in questo secolo”. “È la patria degli Armeni e nessuno ha il diritto di bloccare questo Corridoio di Lachin e spero che coloro che hanno i mezzi per interferire lo facciano nel modo più efficace possibile”, ha detto il Ministro degli Esteri lussemburghese.

È necessario ripristinare lo schema della mediazione internazionale come ulteriore garanzia di irreversibilità del processo di pace

Riportiamo di seguito il testo nella nostra traduzione dall’inglese di un comunicato di oggi del Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh:

«Durante la Conferenza sulla Sicurezza di München, tenutasi il 18 febbraio 2023, il Presidente dell’Azerbajgian ha rilasciato una serie di dichiarazioni volte a mascherare la politica criminale dell’Azerbajgian nei confronti del popolo dell’Artsakh e a distorcere l’essenza del conflitto dell’Azerbajgian-Karabakh violando le relazioni causali.
In particolare, il Presidente dell’Azerbajgian ha cercato ancora una volta di confutare il fatto ovvio del blocco dell’Artsakh, riconosciuto dalla comunità internazionale, ad eccezione dello stesso Azerbajgian. Per dimostrare le loro affermazioni, il Presidente dell’Azerbajgian ha citato i dati sul passaggio per l’intero periodo del blocco di 2.500 veicoli del Contingente di mantenimento della pace russo e del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) e sull’evacuazione di 100 pazienti negli ospedali in Armenia attraverso il CICR. Tuttavia, questi dati dimostrano esattamente il contrario di quanto sostiene Baku. Durante i 73 giorni del blocco, attraverso il Corridoio di Lachin sono passate meno auto rispetto ai tre giorni abituali del periodo precedente al blocco. Tutti i veicoli che attraversavano il Corridoio di Lachin appartenevano al contingente russo di mantenimento della pace o al CICR. Altri veicoli appartenenti a cittadini della Repubblica dell’Artsakh, strutture statali o che effettuano trasporti commerciali non possono attraversare il Corridoio di Lachin. I pazienti gravemente malati possono essere evacuati a Yerevan solo attraverso il CICR, il che indica ancora una volta la mancanza di libero passaggio attraverso il Corridoio di Lachin. Inoltre, dall’inizio del blocco, almeno un paziente gravemente malato è morto a causa dell’impossibilità del suo trasporto urgente a Yerevan per ulteriori cure. Il fatto che molti cittadini della Repubblica non possano tornare in Artsakh, e che centinaia di famiglie separate siano private della possibilità di ricongiungersi, è un’altra conferma del blocco imposto dall’Azerbajgian.
Va inoltre osservato che durante una conversazione con i giornalisti azeri a seguito di un incontro trilaterale con il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, e il Segretario di Stato americano, Anthony Blinken, il Presidente azero ha parlato della proposta di Baku di istituire un posto di blocco nel Corridoio di Lachin. Diventa ovvio dalle sue parole che Baku aveva escogitato questi piani molto prima che fosse imposto il blocco. Tutti questi fatti dimostrano chiaramente che oltre a creare condizioni di vita insopportabili per il popolo dell’Artsakh, il blocco mira anche a rivedere le disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. Pertanto, l’Azerbajgian sta chiaramente cercando di legittimare la sua intenzione di rivedere le disposizioni della Dichiarazione Trilaterale. Questi tentativi devono essere fermamente respinti da tutti gli attori coinvolti nella normalizzazione delle relazioni nella regione. Il pieno funzionamento del Corridoio di Lachin dovrebbe essere ripristinato in conformità con la Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e senza precondizioni.

Anche i tentativi dell’Azerbajgian di interferire nella vita politica interna dell’Artsakh, così come la sua visione di un dialogo tra Stepanakert e Baku, sono assolutamente inaccettabili per Stepanakert. A questo proposito, ribadiamo che una soluzione globale del conflitto Azerbajgian-Karabakh deve essere raggiunta attraverso negoziati che assicurino parità di condizioni per le parti e non contengano condizioni che pregiudichino l’esito dei negoziati. In questo contesto, riteniamo necessario ripristinare lo schema della mediazione internazionale come ulteriore garanzia dell’irreversibilità del processo di pace. Sottolineiamo ancora una volta che i risultati dell’uso della forza o della minaccia dell’uso della forza da parte dell’Azerbajgian non possono servire come punto di partenza sulla via della pace, della stabilità e della sicurezza».

“Eco-attivisti” azeri protestano sulla strada di Lachin, di fronte alle forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno-Karabakh, portando alla chiusura della strada dal 12 dicembre 2022 (Foto di Resul Rehimov/Anadolu Agency).

Difficoltà in Nagorno-Karabakh mentre la strada della linea di vita rimane bloccata
Le autorità dovrebbero ripristinare la libera circolazione delle persone e dei beni essenziali
di Giorgio Gogia, Direttore Associato, Divisione Europa e Asia Centrale
Human Rights Watch, 21 febbraio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Le difficoltà si sono accumulate per i residenti del Nagorno-Karabakh da quando il Corridoio di Lachin , la strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia e al mondo esterno, è stato chiuso al traffico regolare il 12 dicembre 2022.

Armine, 40 anni, che vive in Nagorno-Karabakh con la sua famiglia, ha detto a Human Rights Watch di essere l’unica fonte di sostentamento dopo che suo marito ha perso il lavoro alla guida di un taxi perché il carburante non è disponibile. I suoi figli di 12 e 14 anni sono recentemente tornati nella loro scuola dopo l’installazione di stufe a legna, ma alcune altre scuole rimangono chiuse per mancanza di riscaldamento. Il cibo è sempre più scarso, razionato o inaccessibile poiché i prezzi sono aumentati. Armine ha ricordato di essere rimasta in piedi per due ore a temperature sotto lo zero per comprare le uova.

Armine ora pianifica le sue giornate attorno a più interruzioni di corrente quotidiane. Nelle poche ore in cui c’è l’elettricità, deve occuparsi di tutti i pasti e delle faccende domestiche, riscaldare la stanza dei suoi figli e aiutare a fare i compiti.

La storia di Armine non fa eccezione. La chiusura del Corridoio di Lachin ha interrotto l’accesso a beni e servizi essenziali per migliaia di Armeni etnici che vivono nel Nagorno-Karabakh e ha impedito loro di lasciare la regione e di ritornare a casa. In un’occasione, diverse dozzine di studenti, tra cui la figlia di Armine, sono rimasti bloccati in Armenia per quasi due mesi dopo una gita scolastica.

Dal dicembre 2022, diverse dozzine di Azeri manifestano sulla strada di Lachin, chiedendo l’accesso ai siti minerari nelle aree controllate dalle autorità de facto del Nagorno-Karabakh. Le forze di mantenimento della pace russe hanno sorvegliato la strada dalla fine della guerra del 2020 tra Armenia e Azerbajgian. Dopo l’inizio delle proteste, hanno barricato la strada per impedire un’ulteriore escalation. Le autorità azere negano la responsabilità per la chiusura della strada ma hanno appoggiato le proteste.

Mentre i mezzi del contingente di mantenimento della pace russo e del Comitato Internazionale della Croce Rossa possono percorrere la strada per consegnare beni essenziali e trasportare pazienti in condizioni critiche in Armenia, l’interruzione del Corridoio di Lachin sta causando una crisi umanitaria poiché molti bisogni rimangono insoddisfatti. Il padre di Armine ha il cancro e necessita di viaggi regolari a Stepanakert dal suo villaggio, ma ha perso i recenti appuntamenti medici a causa della mancanza di carburante e mezzi di trasporto.

Le autorità azere e la forza di mantenimento della pace russa dovrebbero garantire che le proteste non neghino ad Armine e agli altri residenti del Nagorno-Karabakh i loro diritti, compreso il diritto all’accesso alla salute, ai servizi e ai beni essenziali e alla libertà di movimento.

All’atto dello spiegamento l’organico delle forze di mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh era di 1.960 militari. Il personale impiegato faceva parte della 15ª Brigata di fanteria motorizzata, ed era equipaggiato per tale compito con: materiali speciali, 380 veicoli, 90 mezzi corazzati da trasporto. Il personale veniva posto alle dipendenze del Tenente Generale Rustam Muradov, di etnia azera. Le forze di mantenimento della pace russe furono dotate sulle uniformi di un segno distintivo, la sigla MC ovvero l’abbreviazione della dicitura cirillica Миротворческие силы – Forze di mantenimento della pace.

Il 21 febbraio 2023, le unità delle forze armate dell’Azerbajgian hanno violato il cessate il fuoco nelle direzioni settentrionale e orientale della linea di contatto utilizzando armi da fuoco. Non ci sono vittime da parte armena. La violazione del cessate il fuoco è stata segnalata al comando delle truppe russe di mantenimento della pace. Il Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh ha comunicato che attualmente la situazione sulla linea di contatto è relativamente stabile. “Allo stesso tempo, il comunicato emesso dal Ministero della Difesa dell’Azerbaigian secondo cui le unità di difesa avrebbero aperto il fuoco nei territori occupati delle regioni di Shushi, Martuni e Karvachar della Repubblica di Artsakh [occupati dalle forze armate dell’Azerbajgian] tra le ore 20.45 del 21 febbraio e le ore 01.20 del 22 febbraio in direzione delle posizioni azere, è un’altra disinformazione”, dice il comunicato del Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh.

Bollettino informativo del Ministero della Difesa della Federazione Russa sulle attività del contingente di mantenimento della pace russo nella zona del conflitto del Nagorno-Karabakh del 21 febbraio 2023, ore 19.00

Il contingente di mantenimento della pace russo continua a svolgere compiti nel territorio del Nagorno-Karabakh.
In trenta posti di osservazione, le forze di mantenimento della pace russe monitorano la situazione 24 ore su 24 e monitorano il rispetto del regime di cessate il fuoco.
Nella regione di Martakert è stata registrata una violazione del regime di cessate il fuoco. Non ci sono state vittime. Su questo fatto, il comando del contingente di mantenimento della pace russo, insieme alle parti azera e armena, sta conducendo un’indagine.
Le forze di mantenimento della pace russe continuano il processo negoziale sulla ripresa del traffico senza ostacoli sulla strada Stepanakert-Goris.
Le pattuglie sono state effettuate lungo quattro rotte nelle regioni di Martakert, Martuni, Shushi e nel Corridoio di Lachin.
È stata fornita la scorta al convoglio del Comitato della Croce Rosse Internazionale con carico umanitario lungo la rotta Goris-Stepanakert.
Si è svolta una campagna umanitaria nella regione di Askeran per distribuire pacchi alimentari a famiglie con molti bambini, famiglie con bambini disabili e partecipanti alla Grande Guerra Patriottica.
In totale, dal 23 novembre 2020, 2.510,8 ettari di territorio, 689,5 km di strade, 1.940 edifici sono stati bonificati da mine e proiettili inesplosi, 26.765 oggetti esplosivi sono stati trovati e disinnescati.
Per garantire la sicurezza delle forze di mantenimento della pace russe e prevenire possibili incidenti, viene mantenuta un’interazione continua con lo stato maggiore delle forze armate dell’Azerbajgian e dell’Armenia.

«Il 20 febbraio, l’Unione Europea ha lanciato la sua missione civile in Armenia nell’ambito della Politica di Sicurezza e Difesa Comune. Ha stabilito il quartier generale a Yeghegnadzor e si sta preparando per iniziare la missione. Mi chiedo cosa porterà effettivamente questa missione per l’Armenia. L’ingresso dell’Unione European nella regione fornirà all’Armenia più pace e sicurezza? Si può solo sperare che questo renda almeno Aliyev più timoroso delle sue prossime mosse. Si spera che aumenterà la pressione sull’Azerbajgian per fermare tutte le sciocchezze che ha commesso.
Come prenderà la Russia questa mossa? Il Portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha già commentato affermando che la Russia vede questa mossa dell’Unione Europea come un tentativo di spingere la Russia fuori dalla regione. Penso che abbia ragione, ma cosa ha fatto la Russia per mantenere la pace nella regione? Penso che abbia creato una situazione molto precaria nel Caucaso meridionale: uno che sembra avere un grande pericolo che lo attende nel prossimo futuro. Come sceglierà la Russia di rispondere alla missione dell’Unione Europea? Intensificherà e manterrà effettivamente le promesse dopo l’accordo trilaterale del 2020? Non ha compiuto alcun passo per stabilizzare la situazione nel Caucaso meridionale e sembra solo provocarla» (Varak Ghazarian – Medium.com, 21 febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Non possiamo vendere la nostra anima per avere gas o petrolio

Il Ministro degli Esteri del Lussemburgo, Jean Asselborn, ha fatto riferimento alla cooperazione nel settore del gas dell’Unione europea con l’Azerbajgian, nella conferenza stampa dopo l’incontro a Yerevan con il Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan. “Dal 24 febbraio dello scorso anno l’Europa ha bisogno di nuove fonti energetiche. Sono d’accordo, non possiamo vendere la nostra anima per avere gas o petrolio. Dobbiamo prestare molta attenzione, se non abbiamo altri modi, opportunità, in modo da non finire dipendenti in quelle parti del mondo dove i diritti umani non sono una priorità”, ha affermato il Ministro degli Esteri lussemburghese.

«Verifica la politica sul bluff del gas di Baku. Come l’Azerbajgian può promettere di fornire gas all’Europa per 100 anni, quando Aliyev dovrà acquistare gas dalla Russia, dal Turkmenistan e dall’Iran. L’Unione Europea sta comprando gas azero?» (Tatevik Hayrapetyan).

«Gli articolo del sito azero Caliber sono molto divertenti, riesce sempre a farmi ridere; chi non sarebbe geloso di una cultura così antica e meravigliosa che ha contribuito così tanto al mondo, eppure la finta nazione di 100 anni non ha causato altro che caos e bagni di sangue. Genocidio!» (Cit.).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Il direttore armeno Karen Durgaryan con OPV per la Quinta di Mendelssohn e l’Orfeo di Stravinsky (Padova Oggi 21.02.23)

Prosegue la 57ª Stagione concertistica dell’Orchestra di Padova e del Veneto giovedì 23 febbraio all’Auditorium Pollini con il gradito ritorno del direttore armeno Karen Durgaryan. Per la prova generale mattutina sono attesi oltre 400 studenti degli Istituti scolastici di Padova e delle provincie limitrofe nell’ambito del Progetto scuola OPV

Giovedì 23 febbraio alle ore 20.45 presso l’Auditorium Pollini di Padova la 57ª Stagione concertistica dell’Orchestra di Padova e del Veneto, denominata Voci d’Orfeo, proseguirà sotto la bacchetta di Karen Durgaryan, che registra a Padova un gradito ritorno. Per l’occasione il direttore georgiano interpreterà la Sinfonia n. 5 di Mendelssohn denominata “La Riforma”, nel segno dell’integrale sinfonica che OPV ha avviato nella Stagione concertistica 2022/23, e la musica tratta dal balletto Orpheus di Stravinsky, in accordo con il titolo dell’intera rassegna.

Per la prova generale che si terrà nello stesso giorno alle ore 10.30 all’Auditorium Pollini, sono attesi oltre 400 studenti provenienti da diversi istituti scolastici di Padova e delle provincie limitrofe. Il Progetto OPV dedicato alle scuole continua così con crescente partecipazione nella Stagione concertistica in corso dopo gli anni caratterizzati dall’emergenza pandemica.

Già Direttore principale dell’Armenian National Opera and Ballet Theatre tra il 2000 e il 2015, con all’attivo numerose tournée al Teatro Bolshoi di Mosca e al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, in Europa Karen Durgaryan è regolarmente invitato dall’Opera di Monaco di Baviera, dall’Opera di Lipsia, all’Opéra National di Lione e di Anversa.

Oltre che in ambito operistico, Durgaryan ha maturato un’ampia esperienza anche nel campo sinfonico: ha diretto tra le altre la Filarmonica di Bruxelles, la Malaysian Philharmonic Orchestra e la Filarmonica di Israele. In Italia è stato ospite delle stagioni sinfoniche del Teatro Lirico di Cagliari, del Teatro Regio Torino, del Teatro Carlo Felice di Genova, del Teatro Verdi di Trieste, della Fenice di Venezia oltre ad aver collaborato con l’Orchestra di Padova e del Veneto, con l’Orchestra “Luigi Cherubini” al Ravenna Festival e con i Pomeriggi Musicali di Milano. A Palermo è stato ospite frequente dell’Orchestra Sinfonica Siciliana.

Musicista ecclettico e curioso, tra il 2000 e il 2008 ha collaborato con la cantante araba Fairuz: la registrazione discografica “Fairuz Live” dal festival di Beiteddine distribuita dalla EMI ha avuto un enorme successo commerciale a livello internazionale. Per i suoi meriti nella diffusione della cultura armena nel mondo, Karen Durgaryan ha ricevuto le maggiori onorificenze della Repubblica di Armenia.

Programma

Orchestra di Padova e del Veneto
Karen Durgaryan, direttore

Mendelssohn
Sinfonia n. 5 “La Riforma”

Stravinsky
Orpheus

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Biglietti

Tutte le info su https://www.opvorchestra.it/biglietti-e-abbonamenti/

Auditorium Pollini

Intero 18 euro / 16 euro OPV Card – Amici OPV
Ridotto Under 35 10 euro
I biglietti per i concerti all’Auditorium Pollini saranno acquistabili online su opvorchestra.it, presso Gabbia Dischi (+ 1 euro prevendita) e al botteghino dell’Auditorium la sera del concerto a partire dalle 19.45

Prove generali Teatro Verdi / Auditorium Pollini

Intero 8 euro
Ridotto 5 euro
OPV Card, Amici OPV, Under 35, Studenti Conservatorio “Pollini” e UNIPD

Ridotto scuole 3 euro
Riservato a classi di istituti scolastici primari e secondari

Informazioni

Gli appuntamenti della nuova Stagione si terranno tra il Teatro Verdi e l’Auditorium Pollini di Padova.

Con la nuova Stagione tornano anche le prove generali aperte al pubblico, alle ore 17 nella sede del Teatro Verdi,

alle ore 10.30 per quelle all’Auditorium Pollini.

info@opvorchestra.it | tel. 049 656848 / 656626 | www.opvorchestra.it

Info web

https://www.opvorchestra.it/calendario/2023/02/23/64/

https://www.opvorchestra.it/calendario/2023/02/23/40/

https://www.opvorchestra.it/musicisti/karen-durgaryan/

Settantaduesimo giorno del #ArtsakhBlockade. L’Artsakh/Nagorno-Karabakh non c’entra con l’integrità territoriale dell’Azerbajgian (Korazym 21.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.02.2023 – Vik van Brantegem] – Una risposta su Twitter – dimostrando la totale ignoranza, odio, menzogna e mancanza di integrità che sono i tratti distintivi dei troll azeri di troll azeri – a chi chiede sanzioni contro l’Azerbajgian: «Tu ignorante, se fossi un po’ intelligente, sapresti che ci sono già molti che giudicano l’occupazione dei territori azeri da parte dell’Armenia. Ma a causa di persone marce come te, nessuno ha mai sanzionato l’Armenia per questa occupazione!».

Invece, la verità storica è, che nessuno ha mai sanzionato Stalin per aver annesso all’Azerbajgian i territori storici degli Armeni nel Caucaso orientale. La popolazione armena del Nagorno-Karabakh è stata sotto l’oppressione criminale del governo dell’Azerbajgian, da quando Stalin ha portato questa regione armena sotto il dominio azero. Dal 1921 l’oppressione degli Armeni nei territori sotto controllo dell’Azerbajgian non si è mai fermata. Stalin e Aliyev, due dittatori assetati di sangue.

Come abbiamo ricordato ieri, il 20 febbraio 1988 la Regione Autonoma di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha votato a favore dell’unione alla Repubblica di Armenia. Quel voto fu seguito da un voto nel 1991 con il 99,9% a favore dell’indipendenza dell’Artsakh. Abbiamo seguito la guerra dei 44 giorni del 2020 dal primo giorno, il 27 settembre 2020 [QUI], stiamo seguendo giorno per giorno il blocco che da 72 giorni sta asfissiando i 120.000 abitanti dell’Artsakh [QUI]. Ma perché esiste questa situazione?

Alla fine della Prima Guerra Mondiale, Stalin assegnò questa regione all’Azerbajgian – una repubblica socialista sovietica di nuova creazione – come oblast autonoma. Pertanto, l’Artsakh non è una regione separatista poiché ha sempre avuto uno status autonomo. Durante il periodo dell’URSS, l’Artsakh rimase autonomo. Quando l’URSS crollò, l’Artsakh proclamò la sua indipendenza prima dell’Azerbajgian, che ha lanciato poi una guerra, vinta da Artsakh e Armenia, seguita da uno status quo sullo status di questa regione la cui popolazione è armena al 99% e che ha le proprie istituzioni statali. Nel 2020, la nuova guerra veloce e mortale, con tecnologie sproporzionate e proibite, ha lasciato l’Armenia e l’Artsakh schiacciati. Quasi 10.000 persero la vita. Dal 12 dicembre 2022 l’Azerbajgian tiene sotto blocco la popolazione dell’Artsakh, che fa sempre la stessa richiesta: il diritto inalienabile all’autodeterminazione, il diritto di vivere liberi nelle proprie terre.

È opinione comune che la questione del Nagorno-Karabakh sia un conflitto irrisolvibile, in quanto due principi del diritto internazionale si contraddicono: il diritto all’autodeterminazione e il diritto all’integrità territoriale. Ma qui il quadro è diverso, in quanto l’Artsakh – lo storico nome armeno del Nagorno-Karabakh – non ha niente a che fare con l’integrità territoriale dell’Azerbajgian.

In un articolo che riportiamo in chiusura, Anzhela Mnatsakanyan dimostra il perché. L’autrice rileva quanto abbiamo riassunto in breve, che l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian indipendente, né nel 1918-1920 né dopo il 1991. Sottolinea che prima il Nagorno-Karabakh e poi l’Azerbajgian sono diventati indipendenti dall’URSS secondo la stessa legge sovietica interna, quindi le basi legali dell’indipendenza di queste due repubbliche sono equivalenti.

Per domani, giorno 73 dell’inumano #ArtsakhBlockade da parte del regime dittatoriale guerrafondaio e genocida di Aliyev, volto a espellere gli Armeni dalla loro patria, è attesa la decisione della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite sulle misure provvisorie, chieste dall’Armenia per obbligare l’Azerbajgian ad aprire immediatamente Corridoio di Lachin.

È iniziata ieri, 20 febbraio 2023, una nuova missione di osservazione dell’Unione Europea nella Repubblica di Armenia (EUMA) lungo la linea di contatto con la Repubblica di Azerbajgian. Oltre agli osservatori dell’Unione Europea, l’Armenia ha anche guardie di frontiera della Federazione Russa lungo diversi segmenti delle sue aree di confine, compreso il confine con Iran e Turchia. Nelle parti della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh non occupati dalle forze armate dell’Azerbajgian, è presente una forza di mantenimento della pace russa.

Mosca ha avuto la reazione più forte fino ad oggi alla missione dell’Unione Europea in Armenia, con il Ministero degli Esteri russo che ha accusato l’Unione Europea di tentare di “espellere la Russia dalla regione”, ha riferito l’agenzia di stampa TASS.

“Purtroppo, questa non è la prima volta che vediamo che l’Unione Europea non risparmia sforzi per conquistare un punto d’appoggio nella nostra alleata Armenia”, ha detto lunedì il Portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, in una risposta scritta alla domanda di un giornalista. “Vediamo motivi esclusivamente politici, che sono lontani dagli interessi di una reale normalizzazione delle relazioni nel Caucaso meridionale”.

Zakharova ha affermato che l’Unione Europea “non sta risparmiando sforzi per spingere la Russia fuori dalla regione e indebolire il suo ruolo storico di garante chiave della sicurezza. Le opinioni apertamente negative di Baku su questa iniziativa vengono ignorate”.

Secondo Zakharova, “i risultati dell’Unione Europea nella risoluzione dei conflitti regionali sono piuttosto dubbio”. “Non credo che Brussel possa vantare risultati in questo campo. Basti ricordare gli sforzi di mediazione dell’Unione Europea e la sua missione in Kosovo”, ha aggiunto.

Zakharova ha sottolineato che un fattore chiave per la stabilità e la sicurezza nella regione nel prossimo futuro è il pacchetto di accordi tra i leader russo, azero e armeno. “La via più breve per migliorare la situazione nella regione passa attraverso l’attuazione globale di questi accordi, compreso lo sblocco delle comunicazioni di trasporto, la delimitazione del confine armeno-azerbajgiano, l’instaurazione di legami tra popoli, esperti, circoli religiosi, parlamentari del due Paesi, e attraverso colloqui sul trattato di pace. La Russia è pronta a continuare a promuoverlo”, ha affermato Zakharova.

Il 17 febbraio scorso, la Russia ha accusato l’Occidente di aver fatto deragliare il processo per normalizzare le relazioni tra Armenia e Azerbajgian, quando Zakharova ha reagito a una recente dichiarazione del Dipartimento di Stato statunitense, che accusava la Russia di interrompere gli sforzi del Gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) nella mediazione di un accordo per il Conflitto Armenia-Azerbajgian. “Se qualcuno ha fatto deragliare gli sforzi di soluzione armeno-azerbaigiano, allora sono loro stessi, i Paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti”, ha detto Zakharova nella conferenza stampa del 17 febbraio scorso. “Il formato del gruppo di Minsk dell’OSCE è stato mandato nel mucchio di cenere della storia dopo che i copresidenti americano e francese hanno smesso di collaborare con la loro controparte russa nel febbraio del 2022 con un pretesto inventato”, ha detto Zakharova, aggiungendo che non è stata fornita alcuna spiegazione.

A causa del blocco da parte dell’Azerbajgian dell’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia, 8 pazienti del Centro Medico Repubblicano della Repubblica di Artsakh a Stepanakert, con gravi malattie oncologiche e patologie che richiedono interventi chirurgici d’urgenza sono stati trasportati oggi, 21 febbraio 2023, presso un centro medico specializzato della Repubblica di Armenia con la mediazione e la scorta del Comitato Internazionale della Croce Rossa, ha affermato il Ministero della Salute dell’Artsakh in un comunicato stampa. 5 pazienti, che erano stati trasferiti in Armenia per cure mediche, sono tornati in Artsakh insieme ad un accompagnatore. Gli interventi chirurgici programmati continuano ad essere sospesi nei centri medici della Repubblica dell’Artsakh. 5 bambini rimangono nelle unità di terapia intensiva e neonatale del Centro Medico di Arevik. 7 pazienti rimangono nel reparto di terapia intensiva del Centro Medico Repubblicano, 3 dei quali in condizioni critiche. Un totale di 113 pazienti sono stati finora trasportati dall’Artsakh all’Armenia con la mediazione e il sostegno del Comitato Internazionale della Croce Rossa.

Video del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh.

I militari del contingente di mantenimento della pace russo insieme ai volontari del progetto multinazionale “We are United” hanno organizzato a Stepanakert un’azione umanitaria per le famiglie in una situazione sociale difficile, nonché per i bambini che vivono nell’orfanotrofio di Stepanakert.

Per il dittatore dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, i movimenti del Comitato Internazionale della Croce Rossa e del Contingente di mantenimento della pace russo significano che l’autostrada interstatale Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert è libera per il transito e che il Corridoio di Berdzor (Lachin) non è bloccato. Questo come non esiste neanche una questione Karabakh, perché per Baku l’Artsakh è semplicemente una regione economica della Repubblica di Azerbajgian, con il nome di Karabakh.

«Gli “eco-attivisti” sorridono nei selfie che celebrano il governo azero che intrappola, affama e tormenta 120.000 persone. Oggi è il 72° giorno del blocco azero del Nagorno-Karabakh, e questi ragazzi sono “ghouls” [*]» (Lindsey Snell, giornalista e operatore video, vincitrice del premio Murrow, ex detenuta in Turchia).

[*] Demoni, spiriti malvagi, specialmente quelli che sono visti come creature che derubano le tombe e si nutrono di cadaveri.

I partecipanti a queste azioni provocatorie sotto una copertura “ambientalista”, vengono inviati nei territori occupati dell’Artsakh in modo organizzato, con autobus, fanno i turni e sono sistemati in albergo, dopo aver ricevuto l’autorizzazione appropriata dal Ministero degli Interni dell’Azerbajgian. Tutti i partecipanti sono accuratamente selezionati. Tutte le persone, e i mass media, che non sono controllati dal governo, categoricamente non sono ammessi lì. Anche tutte le azioni degli “attivisti” sono accuratamente coordinate dal Consiglio per il Sostegno Statale alle Organizzazioni Non Governative sottoposto al controllo del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian.

Gli “eco-attivisti” ritratti nelle foto sopra appartengono alla RIIB-“Regional İnkişaf” İctimai Birliyi (Unione pubblica “Sviluppo regionale”), sempre presenti ben riconoscibili sul posto di blocco. Si tratta di un’organizzazione (formalmente non) governativa azerbajgiana, che comunque non ha niente a che fare con la protezione dell’ambiente. Fu fondata su iniziativa e opera nell’ambito della Fondazione Heydar Aliyev, presieduta dalla moglie del Presidente dell’Azerbajgian e Primo Vice Presidente, Mehriban Aliyeva. Quindi, gli “eco-attivisti” della RIIB lavorano per il governo dell’Azerbajgian. Lo scopo principale dichiarato della RIIB è «partecipare attivamente alla vita socio-economica, pubblica e culturale del Paese, alla costruzione della società civile, sostenere le misure attuate dallo Stato per lo sviluppo delle regioni, è implementare il controllo pubblico, esaminare i ricorsi e le proposte dei cittadini e dialogare con le istituzioni competenti e lavorare nella direzione della risoluzione di progetti in vari campi in cooperazione».

«Villaggio di Khnatsakh in Artsakh. I bambini sono capaci di creare gioia con qualsiasi cosa, anche con la carta da lettere durante le lezioni» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

«Oggi [20 febbraio 2023] segna uno dei momenti più importanti della storia armena poiché fu l’inizio del movimento di liberazione nazionale dell’Artsakh. 25 anni fa oggi, il 20 febbraio 1988, il popolo armeno si è riunito a Yerevan in solidarietà con i suoi compatrioti in Artsakh che avevano protestato per riunirsi con l’Armenia. Il Consiglio dei deputati del popolo del Karabakh ha approvato una risoluzione per diventare autonomi e separarsi dalla Repubblica Socialista Sovietica di Azerbaigian, in conformità con l’articolo sul diritto alla secessione della Costituzione dell’URSS. In onore di un giorno così storico, Stepanakert oggi è stato pieno di danze e musiche popolari tradizionali armene. La maggior parte dei ballerini erano i giovani dell’Artsakh ed è stata una bellissima dimostrazione della resilienza della gente date le circostanze dell’Artsakh di oggi [QUI].
Credo che la principale preoccupazione dell’Armenia dovrebbe essere quella di provvedere al popolo dell’Artsakh in questo momento attuale e in futuro. Credo che l’Azerbajgian alla fine aprirà la strada, ma solo dall’Artsakh all’Armenia e non viceversa. Spero di sbagliarmi, ma quando arriverà questo giorno, molte persone fuggiranno dalle difficili circostanze dell’Artsakh in cerca di una vita normale in Armenia o altrove. Con quella mossa l’Azerbajgian sarà un passo più vicino alla pulizia etnica della regione dagli Armeni. Quindi la domanda che ho è come mantenere la gente dell’Artsakh nell’Artsakh e sostenerla in ogni modo possibile? Dobbiamo iniziare le nostre azioni per aiutare l’Artsakh in questo momento e guardare al futuro per mantenere la gente dell’Artsakh nell’Artsakh con i mezzi e le capacità per avere una vita normale nell’Artsakh. Ciò significa che dobbiamo garantire l’autosostenibilità in tutti i settori, che si tratti di energia o agricoltura. Se in futuro l’Artsakh non sarà disturbato dall’attuale blocco dell’Azerbajgian e avrà i mezzi per sostenersi, l’Artsakh potrebbe rimanere armeno. In caso contrario, l’Azerbajgian riuscirà nella sua pulizia etnica degli Armeni in Artsakh» (Varak Ghazarian – Medium.com, 20 febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Mappa della Repubblica Socialista Sovietica di Armenia e della Regione Autonoma di Nagorno-Karabakh, nella Grande Enciclopedia Sovietica del 1926.

L’integrità territoriale dell’Azerbajgian non ha niente a che fare con il Nagorno-Karabakh
di Anzhela Mnatsakanyan
Greek City Times, 26 novembre 2020

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

È opinione comune che il Nagorno-Karabakh sia un conflitto irrisolvibile in quanto i due principi del diritto internazionale si contraddicono: il diritto all’autodeterminazione e il diritto all’integrità territoriale.

Ma il quadro è diverso in quanto l’Artsakh – lo storico nome armeno del Nagorno-Karabakh – non ha niente a che fare con l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, e vi mostrerò perché.

Periodo pre-sovietico

L’Artsakh è parte integrante dell’Armenia storica, è menzionato nelle opere di Strabone, Plinio il Vecchio, Claudio Tolomeo, Plutarco, Dione Cassio e altri autori antichi. Fonti greche antiche chiamavano l’area Orkhistene.

Al contrario, l’Azerbajgian è un paese relativamente giovane, apparso per la prima volta sulla mappa politica nel 1918 con il nome di Repubblica Democratica di Azerbaigian (1918-1920). Non è mai stato formalmente riconosciuto dalla comunità internazionale o dalla Società delle Nazioni. Durante il 1918-1920, il 95% della popolazione del Nagorno-Karabakh era armeno. Convocarono il loro primo congresso, che proclamò il Nagorno-Karabakh come unità politica indipendente. Il potere legislativo in Nagorno-Karabakh era esercitato dalle Assemblee degli Armeni del Karabakh.

Tra il maggio 1918 e l’aprile 1920, l’Azerbajgian, sostenuto dalle unità militari turche, commise atti di violenza e uccisioni di massa contro la popolazione armena del Nagorno-Karabakh.

Gli sforzi del governo dell’Azerbajgian per risolvere il problema del Karabakh con mezzi militari hanno provocato l’organizzazione dell’autodifesa del Karabakh. Subito dopo, unità militari della Repubblica di Armenia arrivarono per salvare la popolazione oppressa del Karabakh e liberare completamente il Karabakh. Il 23 aprile 1920, la Nona Assemblea degli Armeni del Karabakh dichiarò il Nagorno-Karabakh parte inalienabile della Repubblica di Armenia.

Periodo Sovietico

Il 30 novembre 1920, l’allora governo sovietico dell’Azerbajgian adottò una dichiarazione sul riconoscimento del Nagorno-Karabakh, dello Zangezur e del Nakhichevan come parte dell’Armenia sovietica. Il 4 luglio 1921, l’Ufficio caucasico del Partito comunista russo convocò una riunione plenaria nella capitale della Georgia, Tbilisi, durante la quale confermò nuovamente il fatto che il Nagorno-Karabakh apparteneva alla Repubblica Socialista Sovietica Armena.

Tuttavia, nella notte tra il 4 e il 5 luglio 1921, una nuova decisione fu dettata dal leader sovietico Joseph Stalin, che affermava: “Procedendo dalla necessità di stabilire la pace tra Musulmani e Armeni (…) includere il Nagorno-Karabakh nella RSS di Azerbajgian, concedendole un’ampia autonomia regionale con un centro amministrativo di Shushi, compreso nella regione autonoma.

Questi fatti dimostrano che il Nagorno-Karabakh non apparteneva alla RSS di Azerbajgian, né durante la sovietizzazione dell’Azerbajgian né dopo l’istituzione del potere sovietico in Armenia, quando Baku riconobbe tutti i territori contesi come armeni.

D’altra parte, con o senza violazioni procedurali, la legittimità di questo forum è seriamente messa in discussione.

La decisione dell’Ufficio caucasico del Comitato centrale del Partito comunista russo-bolscevico è un atto giuridico senza precedenti nella storia del diritto internazionale: il partito politico di un Paese terzo, privo di potere legale o giurisdizione, ha deciso lo status del territorio del Nagorno-Karabakh.

Nel 1988, in risposta alle rivendicazioni di autodeterminazione della popolazione armena del Nagorno-Karabakh, le autorità azere organizzarono massacri e la pulizia etnica degli Armeni sull’intero territorio dell’Azerbaigian, in particolare a Sumgait, Baku e Kirovabad.

Processo di indipendenza

Il 2 settembre 1991, sulla base della legge dell’URSS sulle “Procedure di risoluzione dei problemi sulla secessione di una Repubblica dell’Unione dall’URSS”, una sessione congiunta di deputati di tutti i livelli del Nagorno-Karabakh e della regione di Shahumyan ha proclamato il indipendenza della Repubblica del Nagorno Karabakh (RNK), che è stata rafforzata dal referendum sull’indipendenza del Nagorno-Karabakh, dove il 99,89% dei partecipanti ha votato “a favore” dell’indipendenza.

Il 18 ottobre 1991, la Repubblica di Azerbajgian ha proclamata la sua indipendenza con l’adozione di un “Atto costituzionale sull’indipendenza dello Stato”. La stessa legge costituzionale considerava l’instaurazione del potere sovietico in Azerbajgian come “annessione da parte della Russia sovietica” che “rovesciava il governo legale dell’Azerbajgian”. Pertanto, la Repubblica di Azerbajgian ha dichiarato illegale l’istituzione del potere sovietico a Baku e ha rifiutato l’intera eredità politica e legale sovietica. Quando la Repubblica di Azerbajgian rifiutò l’eredità legale sovietica nel 1991, il soggetto internazionale al quale i territori erano passati nel 1920 cessò di esistere. Rifiutando l’eredità legale della RSS di Azerbajgian del 1920-1991, la Repubblica di Azerbaigian ha perso tutte le rivendicazioni sui territori passati all’Azerbajgian sovietico nel luglio 1921, vale a dire il Nagorno-Karabakh.

È importante sottolineare che il Nagorno-Karabakh e l’Azerbajgian sono diventati indipendenti secondo la stessa legge sovietica interna, quindi le basi legali dell’indipendenza di queste due repubbliche sono equivalenti.

Fase attuale

Nel 1991, l’Azerbajgian ha lanciato una guerra contro il Nagorno-Karabakh, che è durata fino al maggio 1994, quando l’Azerbajgian, il Nagorno-Karabakh e l’Armenia, attraverso la mediazione della Russia, hanno firmato un accordo di cessate il fuoco. Il fatto che l’Azerbajgian abbia firmato un accordo di cessate il fuoco con il Nagorno-Karabakh è la prova che il Karabakh era considerato un’entità giuridica distinta.

Durante tutti questi anni, le autorità azere, disponendo di tutte le risorse necessarie e di un partner militare permanente (la Turchia), hanno continuato a violare l’accordo di cessate il fuoco. Gli scontri al confine si sono trasformati in guerre nell’estate 2014 e nell’aprile 2016, entrambe le volte le attività militari sono state interrotte dalla mediazione della Russia.

Il 27 settembre 2020 l’Azerbajgian, sostenuto dalla Turchia e con il coinvolgimento di combattenti terroristi stranieri, ha lanciato una nuova guerra contro l’Artsakh. Migliaia di soldati di entrambe le parti sono stati uccisi prima del cessate il fuoco.

Tuttavia, ora la Repubblica di Artsakh non ha uno status e non vi è alcuna garanzia reale che gli Armeni dell’Artsakh non affronteranno la nuova pulizia etnica.

Quindi, possiamo concludere che l’integrità territoriale della Repubblica di Azerbaigian non ha nulla a che fare con la Repubblica di Artsakh, in quanto l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian indipendente, né nel 1918-1920 né dopo il 1991.

Articolo collegato: Le vicende statali nella Transcaucasia dall’inizio del XX secolo – 2 novembre 2022

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]