Turchia-Armenia, un’insolita collaborazione (Osservatorio Balcani e Caucaso 05.10.22)

Con la seconda guerra del Nagorno Karabakh e il più recente conflitto tra Armenia e Azerbaijan dello scorso settembre, si sono affievolite le possibilità di un disgelo tra Armenia e Turchia. Tuttavia i due stati pare abbiano trovato un accordo segreto a danno dei curdi

05/10/2022 –  Marilisa Lorusso

Sono passate quasi 3 settimane dalla battaglia azerbaijana-armena del 12-14 settembre. La battaglia, apertamente definita aggressione azerbaijana dall’Armenia, dagli Stati Uniti e dalla Francia, ha interessato non il Nagorno Karabakh, conteso da più di 30 anni, ma il territorio armeno. Dal 2020, quando il conflitto per il Nagorno Karabakh è sfociato in una nuova sanguinosa guerra, Armenia e Azerbaijan condividono un ben più esteso confine per effetto del rinnovato controllo dell’Azerbaijan su territori precedentemente in mano ai secessionisti armeni. Questo confine è diventato sempre di più un problema a sé, come dimostra l’escalation di settembre.

Dal conflitto del 2020 ad oggi non è la prima voltache gli azerbaijani entrano in territorio armeno, ma questa volta lo scontro è stato molto più grave. Il bilancio per l’Armenia è ad oggi di più di 200 morti, inclusi 4 civili. Stando ai dati forniti  dal governo armeno rimangono dispersi due civili, mentre 293 militari e 7 civili sono rimasti feriti. Una ventina di militari sono stati fatti prigionieri. Ci sono crescenti testimonianze di torture, smembramenti e uccisioni sommarie da parte di azeri di soldati armeni catturati. Dramma che sta causando oltraggio nella società armena  e i primi segni di allarme in quella internazionale  . L’Azerbaijan ha avviato una indagine in merito.

Secondo gli armeni le forze armate azere hanno sparato contro 36 insediamenti, non solo aree immediatamente a ridosso del confine, comprese le comunità di Goris, Sisian, Kapan, Jermuk, Vardenis, Tegh, Geghamasar. Per effetto di questi attacchi 192 case residenziali, 3 hotel, 2 scuole e un istituto medico sono stati parzialmente o completamente distrutte, insieme a 4 stalle. Danneggiati anche 7 impianti di fornitura elettrica, 5 impianti di approvvigionamento idrico e 3 gasdotti. Gli armeni hanno perso alcune posizioni militari nell’avanzamento territoriale azero, che non sarebbe consistente ma riguarderebbe aree di importanza strategica per il controllo di insediamenti e strade. Nonostante il cessate il fuoco concordato inoltre anche nei giorni successivi si sono registrati scambi di fuoco e il 28 settembre sono risultati uccisi 3 soldati armeni.

L’impatto sui rapporti con la Turchia

Durante e dopo i combattimenti di settembre l’Azerbaijan ha come in precedenza incassato il pieno supporto turco. Questo non può che rendere più complicato l’avvicinamento armeno-turco che pure è un altro tassello di questo complesso mosaico regionale. Armenia e Turchia hanno i confini chiusi dalla prima guerra del Nagorno Karabakh e un’animosità che è precedente alla questione del Karabakh e si annida prevalentemente nel genocidio armeno, una delle ultime drammatiche pagine della storia dell’Impero Ottomano. La posizione turca in merito, le complicate relazioni regionali e alleanze ha reso il riavvicinamento una chimera per decenni. Ora pareva ci si stesse avviando a una svolta, fino a questo nuovo episodio bellico, che ha rigettato benzina sul fuoco.

Ciononostante, per tentare di sbloccare la situazione, perché almeno le parti si incontrino al massimo vertice, vi è una nuova iniziativa. A Praga il 6 ottobre è nato un nuovo formato pan-europeo fortemente voluto dalla Presidenza Ceca dell’Unione. Si dovrebbero incontrare nel cosiddetto Summit della Comunità Politica Europea  i capi di stato dei 27 Stati membri dell’UE e 17 paesi del resto del continente: Regno Unito, Turchia, Ucraina, Azerbaijan, Armenia, Serbia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Kosovo, Albania, Macedonia del Nord, Norvegia, Svizzera, Islanda, Liechtenstein, Moldavia, Georgia. Recep Tayyip Erdoğan ha dichiarato che ha valutato di parteciparvi ed ha discusso con Ilham Aliyev dell’eventualità di approfittare dell’evento per parlare di persona e bilateralmente con Nikol Pashinyan.

Il portavoce del ministro degli Affari Esteri armeno non ha escluso questa eventualità. L’inviato speciale armeno per le relazioni con la Turchia ha confermato che l’incontro si dovrebbe tenere e che si dovrebbe parlare solo delle questioni armeno-turche, lasciano fuori il nodo Azerbaijan. Gli incontri bilaterali armeno-turchi sono infatti sospesi da metà settembre: i rappresentanti dei due paesi si sarebbero dovuti incontrare sul confine armeno-turco il 14 settembre, ma infuriava la battaglia e la Turchia ha ritenuto opportuno sospendere l’incontro.

Il caso

In questo contesto complicato è comparsa il 24 settembre una dichiarazione del PKK, il partito dei lavoratori curdo, che ha accusato l’Armenia di aver consegnato due dei propri combattenti alla Turchia. Secondo la ricostruzione dei fatti due combattenti curdi, Atilla Çiçek e Hüseyin Yıldırım effettivi delle Forze di Difesa Popolare (HPG, Hêzên Parastina Gel, il nuovo braccio armato del partito che sostituisce l’Esercito di Liberazione del Kurdistan), sarebbero stati fermati ad agosto 2021 sul confine armeno avendo sconfinato mentre erano impegnati in atti di guerriglia nella Turchia orientale.

In Armenia i due hanno contestato per vie legali l’arresto e nel febbraio 2022 hanno vinto la causa, per cui sarebbero dovuti essere liberati. Stando alla dichiarazione curda invece sono stati fermati e tenuti in custodia illegalmente dalle forze di sicurezza armene. E da qui le varie versioni di cosa sia successo si contraddicono. Quello che è certo è che verso la fine dell’estate Çiçek e Yıldırım erano in mano alle forze di sicurezza turche. Secondo i media turchi i 2 sono stati catturati grazie a un lavoro di intelligence turca. Secondo i curdi i due sono stati consegnati con un accordo segreto fra le forze di sicurezza armene e quelle turche. Il governo armeno smentisce  che ci sia stato questa estradizione illegale.

In realtà si tratterebbe di una collaborazione molto inedita. In Armenia c’è una comunità curda, gli Yezidi, di poche decine di migliaia di persone, nel 2019 è stato anche inaugurato un tempio Yezidi a Aknalich. Gli yezidi hanno combattuto a fianco degli armeni sia nella prima che nella seconda guerra del Karabakh, contro i “turchi”, termine che viene applicato in Armenia indistintamente per indicare tanto i turchi che gli azeri. Nel 2020 la Turchia aveva ripetutamente accusato l’Armenia di stare usando la carta curda contro l’Azerbaijan, e di aver mobilitato e avviato al fronte circa 2000 combattenti del PKK  . La questione del coinvolgimento militare curdo era stata anche sollevata dal presidente Recep Tayyip Erdoğan all’omologo russo.

Ora una delle braccia armate dei curdi denuncia di essere stata tradita dall’Armenia. Difficilmente di questo episodio – che segnerebbe un inedito fra “stato profondo” armeno e turco – si arriverà mai a una versione condivisa ed ufficiale.

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Colloquio tra i ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian sul trattato di pace (InTerris 05.10.22)

I ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian, Ararat Mirzoyan e Jeyhun Bayramov, hanno discusso del trattato di pace tra i due Paesi nel corso di una conversazione telefonica alla quale ha partecipato anche il Segretario di Stato americano Antony Blinken: lo ha reso noto il ministero degli Esteri armeno, secondo quanto riporta la Tass.

“Nel corso della conversazione, gli interlocutori hanno scambiato opinioni sullo sviluppo del trattato di pace tra Armenia e Azerbaigian e sulla creazione di un meccanismo di discussione tra Stepanakert e Baku”, ha dichiarato il ministero in un comunicato. “Le parti hanno concordato di continuare le discussioni volte a creare stabilità e sicurezza nel Caucaso meridionale”, ha aggiunto.

Durante il colloquio Blinken “ha espresso il nostro apprezzamento per i passi positivi che l’Armenia e l’Azerbaigian stanno compiendo verso il raggiungimento di un accordo di pace sostenibile”, ha reso noto in un comunicato il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price.

Blinken ha inoltre “accolto con favore l’incontro tra i ministri del due ottobre come un importante passo avanti nel processo di pace”, riporta la Tass. Il Segretario di Stato Usa ha poi “elogiato il rilascio dei prigionieri di guerra e ha ribadito il nostro impegno ad aiutare l’Armenia e l’Azerbaigian a risolvere le questioni in modo pacifico, sottolineando che la diplomazia è l’unica via da seguire”, si legge nella nota.

La seconda guerra del Nagorno-Karabakh

La guerra del Nagorno Karabakh ha visto una prima ripresa nel 2020 sempre per il controllo della regione caucasica del Nagorno Karabakh. Le prime attività belliche ebbero inizio la mattina del 27 settembre 2020 lungo la linea di contatto dell’Artsakh.

In risposta agli attacchi, l’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh e l’Armenia introdussero la legge marziale e la mobilitazione generale, mentre l’Azerbaigian solamente la legge marziale e il coprifuoco.

Dopo quarantaquattro giorni di aspri combattimenti, la sera del 9 novembre i rappresentanti dell’Armenia e dell’Azerbaigian, tramite la mediazione del presidente russo Vladimir Putin, firmarono un cessate il fuoco per consentire lo scambio di prigionieri e quello dei caduti, valido dalle 00:00 ora di Mosca (le 01:00 ore locali) del 10 novembre 2020, quarantacinquesimo giorno di guerra.

Con il cessate il fuoco, l’Azerbaigian consolida la propria posizione nei territori riconquistati e ottiene alcune zone dell’Artsakh. La Russia si pone quale paese mediatore e manda 1960 militari, 90 mezzi corazzati da trasporto, 380 veicoli e materiali speciali della 15ª Brigata di fanteria motorizzata in qualità di forza per il mantenimento della pace agli ordini del tenente generale Rustam Muradov (di etnia azera).

L’accordo prevede la presenza militare russa nella regione per cinque anni, più ulteriori cinque se nessuna delle parti comunicherà sei mesi prima della scadenza la propria contrarietà. L’Armenia è obbligata a ritirare le truppe da alcune regioni del Nagorno Karabakh.

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Armenia: esecuzioni compiute dai soldati azeri. Mons. Gollnisch (Œuvre d’Orient), “è un crimine di guerra, dobbiamo reagire” (SIR)

“È un crimine di guerra. Dobbiamo reagire”. A chiederlo in un video-appello è mons. Pascal Gollnisch, direttore dell’associazione Œuvre d’Orient. “Mentre il mondo intero è legittimamente preoccupato della guerra in Ucraina – dice mons. Gollnisch – gli azeri approfittano per aggredire gli armeni in uno spirito di genocidio che si perpetua. Recentemente dei soldati armeni prigionieri sono stati brutalmente massacrati. È un crimine di guerra. Dobbiamo reagire”. Nata in Francia nel 1856, l’associazione Œuvre d’Orient è impegnata al servizio dei cristiani d’Oriente, opera in 23 Paesi, principalmente in Medio Oriente sostenendo vescovi, sacerdoti e comunità religiose, perché possano compiere le loro missioni di educazione, cura e assistenza sociale, soccorso ai profughi, cultura e patrimonio. A denunciare la brutale aggressione contro i soldati armeni era stata ieri anche l’ambasciatrice armena in Italia, Tsovinar Hambardzumyan, in una nota. “Sui canali Telegram si sta diffondendo un orrendo video di un crimine di guerra in cui militari azeri sparano a soldati armeni disarmati, giovani ragazzi tra i 18 e 20 anni”. Toivo Klaar, rappresentante speciale dell’Ue per il Caucaso meridionale, ha commentato il video su Twitter: “Se si dimostra che questo video è autentico, allora questo è un crimine di guerra che deve essere indagato e i colpevoli vanno puniti”. “È stata già confermata l’autenticità del video – commenta ancora l’ambasciatrice armena nella nota –. I giornali e tutti i mezzi di comunicazione devono svolgere la loro funzione di diffusione di informazioni, affinché si conosca la verità e vengano condannati e puniti i colpevoli. Nei casi come questo il silenzio non è altro che complicità con gli assassini”, conclude Hambardzumyan. Secca invece la risposta dell’Azerbaigian. L’accusa di crimini di guerra da parte dell’Armenia “è un esempio dell’ipocrisia di un Paese che da decenni persegue una politica aggressiva”.

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L’Armenia accusa gli azeri di «crimini di guerra» (Avvenire 04.10.22)

Erevan accusa: nostri soldati disarmanti uccisi dai militari di Baku
L'Armenia accusa gli azeri di «crimini di guerra»
Un «crimine di guerra» che «deve essere indagato» perché «i colpevoli vanno puniti». Lo denuncia dell’ambasciatrice della Repubblica di Armenia in Italia, Tsovinar Hambardzumyan, è perentoria. Sui canali di Telegram, afferma in una nota la diplomatica, «si sta diffondendo un orrendo video di un crimine di guerra in cui militari azeri sparano a soldati armeni disarmati, giovani ragazzi tra i 18 e 20 anni».

Immagini che hanno subito suscitato l’indignazione e la ferma condanna di Toivo Klaar, rappresentante speciale dell’Ue per il Caucaso meridionale, ha commentato il video su Twitter: «Se si dimostra che questo video è autentico, allora questo è un crimine di guerra che deve essere indagato e i colpevoli vanno puniti». Una autenticità, prosegue la nota dell’ambasciata armena in Italia, che «e stata già confermata». Per questa la rappresentante di Erevan in Italia chiede la massima diffusione sui media «affinché si conosca la verità e vengano condannati e puniti i colpevoli. Nei casi come questo il silenzio non è altro che complicità con gli assassini».

Non meno perentoria la replica dell’Azerbaigian, consegnata a un secco comunicato del ministero degli Affari Esteri. L’accusa di crimini di guerra da parte dell’Armenia «è un esempio dell’ipocrisia di un Paese che da decenni persegue una politica aggressiva» che calpesta i «fondamentali diritti di quasi un milione di persone» e che – ribatte il governo azero – ha commesso «numerosi crimini di guerra contro il personale militare, oltre che contro i civili». L’Azerbaigian annuncia pure che la sua Procura militare ha annunciato l’inizio di un’indagine «per determinare se i video pubblicati sui social network sono reali, l’ora e il luogo in cui sono stati girati i video, nonché l’identità del personale militare che compare nelle immagini». Il governo di Baku conclude ricordando «massacri senza precedenti» delle forze armene, mentre dal novembre 2020 ad oggi «fino a 250 persone sono state vittime di mine» in gran parte civili.

Per due giorni, a partire dalla notte tra il 12 e il 13 settembre e fino alla sera del 14 settembre scorsi si è combattuto aspramente lungo il confine azero-armeno: 77 i morti azeri e 135 fra gli armeni. La guerra del 1992 – 1994 per il controllo del Nagorno Karabakh, mai risolta, è riesplosa in violente crisi nel 2014 e nel 2020. L’armistizio del novembre 2020 sembrava tenere fino a tre settimane fa. Una crisi che gli analisti mettono in relazione con i muovi equilibri provocati nel Caucaso dal conflitto in Ucraina.

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L’Armenia denuncia l’esecuzione di prigionieri per mano dell’Azerbaigian (Nanopress)

Liberi da Mosca ma schiavi di Baku? L’Ue sbanda alla ricerca di gas (Tempi 04.10.22)

Inaugurando l’Igb, il gasdotto che trasporterà gas dall’Azerbaigian alla Bulgaria, Ursula von der Leyen sorvola sul fatto che i soldi europei potrebbero finanziare l’invasione dell’Armenia da parte del regime azero

Ogni cosa ha un prezzo e «liberarsi della dipendenza dalla Russia» non fa eccezione. Ursula von der Leyen ha salutato sabato con parole enfatiche l’avvio commerciale dell’interconnettore Grecia-Bulgaria (Igb). Il gasdotto trasporterà un miliardo di metri cubi di gas dell’Azerbaigian in Bulgaria. Sofia è in crisi da quando ad aprile si rifiutò di pagare alla Russia il gas in rubli, perdendo così le forniture con le quali soddisfaceva il 100 per cento del proprio fabbisogno.

Il prezzo della libertà

Il gasdotto (controllato anche dall’italiana Edison) nel tempo potrebbe arrivare a trasportare fino a 5 miliardi di metri cubi di gas, rifornendo anche Serbia, Macedonia del Nord, Romania, Moldova e Ucraina. L’avvio dell’Igb fa parte di un più ampio accordo tra Unione Europea e Azerbaigian per aumentare le forniture dagli 8,1 miliardi di metri cubi del 2021 a 20 miliardi entro il 2027.

«Dipendere dal regime azero è pericoloso»

Secondo l’esponente del Partito pirata ceco, affiliata ai Verdi in Europa, nel memorandum firmato tra Bruxelles e Baku non esistono clausole o meccanismi di controllo per assicurarsi che i fondi europei non finanzino la guerra d’invasione dell’Armenia da parte dell’Azerbaigian.

«L’Unione Europea dovrebbe imparare dal passato e non aumentare la propria dipendenza dalle dittature», ha dichiarato Gregorová a Euractiv. La preoccupazione dell’europarlamentare è legittima: non solo perché anche il regime di Ilham Aziyev sta commettendo crimini di guerra e contro l’umanità in Armenia, ma anche perché l’estrazione di gas in Azerbaigian è fortemente dipendente dalla partnership con il gigante russo Lukoil.

L’Ue abbandona l’Armenia

Se l’Unione Europea prenderà le difese dell’Armenia, continua Gregorová, «chi ci assicura che l’Azerbaigian non bloccherà le forniture di gas? Non si può mai essere certi quando si tratta con un dittatore».

Il ragionamento non è campato per aria se si considera che Bruxelles si è dimostrata molto tiepida nel condannare il tentativo d’invasione dell’Azerbaigian, che a metà settembre ha causato in Armenia oltre 200 vittime e quasi 8.000 sfollati.

L’Unione Europea ama ergersi a difensore dei diritti umani e del diritto internazionale. Ma di fronte al gas azero sembra essere disposta a fare una grossa eccezione.

@LeoneGrotti

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Le forze armate azere hanno bombardato le posizioni armene con i mortai (Avo 04.10.22)

Il territorio dell’Armenia è stato sottoposto a nuovi colpi dall’Azerbaigian.

Secondo il ministero della Difesa armeno, la notte prima l’esercito azero ha lanciato molteplici attacchi sul territorio delle regioni di confine. È stato riferito che inizialmente il territorio dell’Armenia fu bombardato con l’uso di armi leggere di grosso calibro, dopodiché furono effettuati anche colpi di mortaio.

“Il 3 ottobre, verso le 21:30, unità delle forze armate azere, utilizzando mortai e armi leggere di grosso calibro, hanno aperto il fuoco sulle postazioni militari armene situate nella parte orientale del confine armeno-azero. Il fuoco del nemico è stato represso dalle azioni di risposta dei reparti delle Forze Armate della Repubblica di Armenia”, – ha affermato nel messaggio ufficiale del Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia.

L’Azerbaigian non ha ufficialmente commentato le accuse di bombardamento, tuttavia questa è ben lungi dall’essere la prima accusa di un attacco contro l’Armenia dopo il recente conflitto armato, il che potrebbe indicare che una nuova escalation potrebbe scoppiare al confine tra Azerbaigian e Armenia, altamente indesiderabile a causa della grave destabilizzazione della situazione in tutta la regione.
Подробнее на: https://avia-pro.it/news/vs-azerbaydzhana-obstrelyali-armyanskie-pozicii-iz-minometo

L’attrice Laura Efrikian scrive a Mattarella per l’Armenia (Assadakah 04.10.22)

Letizia Leonardi (Assadakah Roma News) – Dopo la barbara esecuzione, diffusa attraverso raccapriccianti video, di sette soldati armeni catturati dagli azeri nel corso del loro attacco di metà settembre nel territorio sovrano della Repubblica armena abbiamo avuto l’ennesima prova che l’Azerbaijan è un Paese di criminali di guerra, alimentato da un odio contro gli armeni che sfocia in atti vergognosi, inumani e contrari al diritto internazionale, tanto da essere condannati dal rappresentante della UE per il Caucaso Toivo Klaar, che ha già parlato di crimine di guerra. Giacciono ancora a terra, nella zona di Verin Shorzha, in Armenia, i corpi di molti soldati armeni caduti per difendere la loro patria dagli invasori azeri. Nessuno ha la possibilità di recuperare quei poveri corpi perchè gli azeri, che si sono posizionati sulle alture circostanti, sparano a tutti coloro che si avvicinano. Un altro evidente esempio della crudeltà di quello che vergognosamente le istituzioni europee hanno definito un “partner affidabile”. E non ci dimentichiamo quel terribile video sulle violenze e le mutilazioni di una soldatessa armena catturata, torturata e uccisa. Il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan sottolinea l’importanza di inviare una missione di osservatore internazionale nelle regioni colpite dall’occupazione azera e nella zona di confine, in modo che che la comunità internazionale abbia la possibilità di ottenere informazioni dirette su tali crimini di guerra.

E l‘ex presidente dell’Armenia ‘ex presidente dell’Armenia ‘ex presidente dell’Armenia ‘ex presidente dell’Armenia ‘ex presidente dell’Armenia Armen Sarkissian invita la comunità internazionale e le istituzioni a fornire una risposta adeguata e mirata ai crimini di guerra azeri. Occorre sanzionare il governo di Baku, come lo è stato quello di Mosca. L’Ambasciata britannica a Yerevan si è dichiarata inorridita dai video che mostrano soldati armeni catturati e uccisi dalle forze militari azere. Il Dipartimento di Stato Usa chiede un’indagine sull’esecuzione di prigionieri armeni da parte dell’Azerbaijan. E le altre istituzioni cosa fanno? Il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, che tanto si è esposto contro l’invasione dell’Ucraina, tace sull’invasione dell’Armenia, membro del Consiglio d’Europa, da parte dall’Azerbaijan. Il capo di Stato italiano ha ignorato anche la lettera che l’attrice di origine armena Laura Efrikian gli ha inviato per sensibilizzarlo su quello che sta succedendo nella piccola Repubblica Caucasuca.

Riportiamo integralmente la sua lettera aperta, sperando che una voce si faccia sentire dal Colle. Al signor Presidente della Repubblica SERGIO MATTARELLA c/o Quirinale 00124 Roma

Sig. Presidente della Repubblica Italiana,

per la stima, l’enorme considerazione morale, finanche in nome dell’affetto che io per prima, e con me tutta la comunità della diaspora armena in Italia nutriamo nei Suoi confronti e verso la Nazione italiana, faccio appello a Lei, in quanto garante dei valori intangibili della Costituzione e del diritto internazionale, affinché voglia impegnare il nostro Paese, il Governo e il Parlamento della Repubblica in difesa del diritto dell’Armenia a vivere in pace nei propri confini. Così come Le chiedo di voler fare altrettanto a tutela del diritto degli Armeni residenti al di fuori dei confini della Repubblica di Armenia a non essere discriminati ed a vivere liberi di professare la nostra fede cristiana, di parlare la nostra lingua e di esercitare le nostre attività lavorative pur nel rispetto delle leggi vigenti nei singoli Paesi nei quali risiediamo. Ciò con riferimento specifico alla regione caucasica, al Nagorno-Karabach in particolare.

Non starò certo a ricordare a Lei il genocidio operato dagli Ottomani nei nostri confronti nel 1915, il massacro di Susa del 1920, più recentemente i ripetuti assassini, le aggressioni militari, i tentativi di invasione di cui sono protagonisti gli Azeri sotto la per noi nefasta Presidenza di Ilham Aliyev in Azeirbagian.

Non è passato neanche un anno dall’accordo per il cessate il fuoco del 10 novembre 2020, con il quale l’Armenia cedeva ancora una volta parte rilevante del proprio territorio all’Azerbaigian pur di vivere in pace, che di nuovo nei giorni scorsi le milizie azere hanno valicato i confini armeni, determinando cruenti scontri in cui hanno perso la vita centinaia di giovani militari e di civili. Quell’accordo era garantito dalla Russia e dalla Turchia. Ora, profittando delle difficoltà della Russia in Ucraina, della crisi energetica che rende preziose le forniture di gas azero all’Europa e dell’accresciuto peso internazionale della Turchia di Erdogan, l’Azerbaigian lo sta impunemente violando e sta provocando nuove morti nella nostra terra.

Io per prima, a fronte dell’invasione russa dell’Ucraina, mi sono indignata. Sostengo con piena convinzione la posizione della nostra Repubblica italiana, di sostegno senza riserve alla resistenza ucraina. Ma Aliyev non è da meno di Putin, la ferocia dei militi azeri, la violazione del diritto internazionale e degli accordi pur sottoscritti appena pochi mesi fa, allineano le sue azioni a quelle dell’autocrate della Russia. È moralmente legittimo – Le chiedo con umiltà – è moralmente legittimo aiutare gli Ucraini ed abbandonare alla propria sorte gli Armeni?

Sig. Presidente, non sono una politica, eppure mi rendo conto che le necessità energetiche e l’ostilità attuale dell’Italia e dellUE verso la Russia consigliano cautela ed impongono rapporti amichevoli con l’Azerbaigian. Ma queste esigenze non possono essere soddisfatte rinunciando ai valori fondanti della nostra civiltà occidentale. Certo, all’Italia serve il gas azero, ma è giusto comprarlo col sangue degli Armeni?

Lo scorso primo settembre Lei ha ricevuto con tutti gli onori al Quirinale il Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian Ilham Aliyev, dichiarandosi onorato di poterlo accogliere al Palazzo della Rpubblica Italiana e confermando l’intesa ‘strategica’ con il suo Paese. Capisco la ‘ragion di Stato’, eppure Le chiedo: nell’occasione Lei ha chiesto al Suo collega azero di far tacere le sue armi e di rispettare il diritto inetrnazionale e la vita degli Armeni?

Voglio sperare che Lei abbia trovato il modo di far sentire il peso dell’Italia a difesa della più antica e pacifica nazione cristiana del mondo. Confido che così sia stato, sta però di fatto che ancora oggi le provocazioni e le violenze perpetrate dagli Azeri nelle nostre terre continuano.

La prego, Sig. Presidente, faccia sentire la Sua voce e quella dell’Italia in difesa della pace nel Caucaso. E ci dica – mi dica anche in privato se ritiene – che sì, nei Suoi colloqui del primo settembre non ha mancato di spedere la Sua parola a favore del mio popolo e che l’Italia vigila in difesa del popolo armeno.

La saluto rispettosamente.

In fede

Laura Ephrikian

Incontro Bayramov e Mirzoyan a Ginevra (TRT 03.10.22)

I ministri degli Esteri di Azerbaigian e Armenia, Ceyhun Bayramov e Ararat Mirzoyan si sono incontrati a Ginevra per discutere le condizioni di pace tra due paesi. Lo ha annunciato su Twitter il ministero degli esteri dell’Azerbaigian.

Il 30 settembre il primo ministro armeno Nikol Pashinyan aveva giù annunciato in un’intervista alla televisione di stato armena che i colloqui a livello di ministri degli esteri tra i due paesi si sarebbero svolti il ​​2 ottobre.

Pashinyan aveva ribadito che l’incontro sarebbe concentrato sulla bozza dell’accordo di pace.

La posizione chiaro del Consiglio di Sicurezza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh sul futuro del Paese (Korazym 03.10.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.10.2022 – Vik van Brantegem] – Oggi, 3 ottobre 2022, il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Araiyk Harutyunyan rispondendo alla proposta delle forze politiche dell’Assemblea nazionale, ha convocato una seduta estesa del Consiglio di Sicurezza della Repubblica di Artsakh, al quale hanno partecipato alti funzionari dello Stato, rappresentanti di tutte le forze presenti in parlamento nonché il Primate della Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena, l’Arcivescovo Pargev Martirosyan. All’ordine del giorno erano i recenti sviluppi politico-militari intorno alla Repubblica di Artsakh.

Dopo approfondite discussioni, il Consiglio di Sicurezza della Repubblica di Artsakh al termine della riunione ha adottato una dichiarazione sul futuro del Paese. Viene ribadito che Stepanakert è pronto per negoziati diretti con Baku solo come parte a pieno titolo nel processo negoziale per risolvere il conflitto del Karabakh sulla base del pieno e non negoziabile riconoscimento del diritto del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione. La posizione ufficiale di Stepanakert rimane invariata: l’Artsakh non farà mai parte dell’Azerbajgian.

Riportiamo la dichiarazione nella traduzione italiana a cura dell’Iniziativa italiana per l’Artsakh:

«Preoccupata per le gravi sfide causate dagli attuali sviluppi nel mondo e nella nostra regione, Riaffermando le posizioni dei rami del potere esecutivo e legislativo della Repubblica di Artsakh riguardo al futuro dell’Artsakh.

Facendo riferimento al discorso del 19 settembre del Presidente della Repubblica di Artsakh.

Considerando i nuovi sviluppi che ne sono seguiti, in particolare le nostre preoccupazioni riguardo ad alcuni pensieri e punti di vista espressi nell’intervista del Premier della Repubblica di Armenia rilasciata alla televisione pubblica armena il 30 settembre.

Noi, tutti i partecipanti alla seduta estesa del Consiglio di Sicurezza della Repubblica di Artsakh, dichiariamo:

Registriamo che, a seguito dell’aggressione turco-azerbajgiana del 2020 e dei successivi sviluppi politico-militari della durata di due anni, abbiamo effettivamente una situazione in cui l’Azerbajgian, con il sostegno incondizionato della Turchia, ha acquisito un’autorevole influenza e la sta utilizzando in modo aggressivo per realizzare sue aspirazioni più ambiziose.

Le azioni dell’Azerbajgian sono accompagnate da un costante uso della forza e dalla minaccia della forza, da irritanti manifestazioni della politica dello Stato armenofobo e da altre gravi violazioni delle norme fondamentali del diritto internazionale.

Utilizzando tutte le leve, l’Azerbajgian si sforza di garantire la sua posizione oppressiva e dittatoriale non solo nei rapporti con la Repubblica di Armenia, ma anche per interrompere qualsiasi forma e sforzo per la risoluzione del conflitto del Karabakh, dichiarando di aver risolto il problema con la guerra. Contrariamente a ciò, i Paesi co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE e altri attori internazionali hanno riaffermato con diverse formulazioni l’esistenza del conflitto e la necessità di una sua soluzione globale.

La posizione della Repubblica di Artsakh è sempre stata chiara: il conflitto del Karabakh dovrebbe essere risolto sulla base del pieno e non negoziabile riconoscimento del diritto del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione e ai risultati della sua realizzazione.

È innegabile che nel 1991 il popolo dell’Artsakh ha dichiarato l’indipendenza in conformità con le norme del diritto internazionale e della legislazione dell’URSS, e l’Artsakh non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian indipendente.

Inoltre, il fatto che la Repubblica di Artsakh non sia riconosciuta a livello internazionale non significa che il popolo dell’Artsakh non abbia diritti naturali e che la Repubblica di Artsakh non esista. Nonostante tutte le difficoltà e le sfide, d’ora in poi continueremo il nostro percorso scelto per determinare e gestire il destino nella nostra patria.

La sicurezza stabile e a lungo termine dell’Artsakh dovrebbe essere assicurata attraverso le nostre capacità di difesa, la missione senza termine delle forze di pace russe e tutti i possibili strumenti della Repubblica di Armenia.

Migliorare le nostre capacità di difesa è uno sforzo continuo ed è al centro della nostra attenzione. La missione russa di mantenimento della pace, nonostante le ulteriori sfide degli ultimi mesi, continua a essere la principale garanzia internazionale per la sicurezza del popolo dell’Artsakh. In questo contesto, consideriamo estremamente pericolosi i tentativi di peggiorare le relazioni tradizionali con gli alleati naturali.

La Repubblica di Artsakh e gli Armeni dell’Artsakh sostengono lo stato e il popolo di Madre Armenia nel superare tutte le sfide vitali, perché è stato sancito dai nostri valori e interessi nazionali.

Riteniamo che la possibile firma di un accordo interstatale che regoli le relazioni Armenia-Azerbajgian possa diventare una base importante per garantire il futuro sovrano e sicuro della Repubblica di Armenia, la stabilità regionale e la pace.

Tuttavia, tenendo conto dell’importanza degli interessi degli Armeni dell’Artsakh, in quanto parte inseparabile del popolo armeno, in queste relazioni, sottolineiamo che qualsiasi documento che possa ignorare l’esistenza del conflitto del Karabakh, minare la prospettiva di una sua equa risoluzione, e limitare le possibilità di riconoscimento internazionale del diritto del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione e i risultati della sua attuazione è per noi inaccettabile, compresa la falsa agenda della sua subordinazione al principio dell’integrità territoriale.

In questo contesto, si evidenziano le consultazioni periodiche tra le autorità della Repubblica di Artsakh e della Repubblica di Armenia sull’argomento, nell’ambito delle quali il Primo Ministro della Repubblica di Armenia presenta i dettagli dei negoziati internazionali al Presidente della Repubblica di Artsakh, e il Presidente, a sua volta, presenta le posizioni delle autorità della Repubblica di Artsakh, compresi i loro disaccordi.

Durante gli ultimi tre decenni, sia la logica che i passi pratici della lotta di liberazione nazionale del popolo armeno e del processo di costruzione dello Stato si sono basati sul consolidamento del potenziale pan-armeno e sull’orientamento del sostegno politico dei nostri amici e alleati nella giusta direzione. Tenendo conto dell’esperienza positiva del passato, la migliore garanzia per superare queste difficili sfide affrontate dal popolo armeno è la manifestazione dell’unità nazionale.

Abbiamo sempre apprezzato il costante sostegno dell’intero popolo armeno e della Repubblica di Armenia alla Repubblica di Artsakh, senza il quale non avremmo potuto registrare numerosi e importanti successi nella nostra lotta.

In questo senso, semplicemente non c’è alternativa al mantenimento e al consolidamento della trinità Armenia-Artsakh-Diaspora.

I nostri valori e interessi nazionali implicano che, indipendentemente da qualsiasi cosa, Madre Armenia dovrebbe essere sempre accanto all’Artsakh in tutte le sfere, soprattutto in termini di garanzia della sicurezza del popolo dell’Artsakh e del riconoscimento internazionale del diritto all’autodeterminazione.

È innegabile che il beneficiario del futuro dell’Artsakh sia l’intero popolo armeno e gli interessi dell’Armenia e dell’Artsakh dovrebbero essere visti come un tutto unico.

Considerando in particolare il contesto e le sfide del dopoguerra, sottolineiamo che finché la Repubblica di Artsakh non è inclusa nel processo di risoluzione dei conflitti come membro a pieno titolo e nel quadro di un formato internazionale elevato, la Repubblica di Armenia è obbligata e autorizzato a rappresentare e proteggere i diritti e gli interessi del popolo dell’Artsakh su piattaforme internazionali. Tali obblighi e poteri sono fissati da una serie di documenti interni e internazionali, inclusi i documenti OSCE e la dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020.

Pertanto, siamo pronti a condurre negoziati con l’Azerbajgian sulla risoluzione del conflitto, in caso di ripristino del formato dei negoziati a tutti gli effetti, in cui la Repubblica di Artsakh sia riconosciuta come parte a pieno titolo.

Le autorità della Repubblica di Artsakh continueranno a seguire gli sviluppi geopolitici e regionali, adottando misure adeguate per gestire i rischi derivanti dalla situazione».

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“Soldati inermi uccisi a sangue freddo”, l’Armenia accusa l’Azerbaigian di crimini di guerra (Today 03.10.22)

Un gruppo di soldati azeri che sparano a dei prigionieri disarmati, uccidendoli. È quanto mostra un video che sta circolando sui social media e che secondo l’Armenia è la prova dei crimini di guerra che l’Azerbaigian starebbe commettendo da quando il suo esercito ha lanciato la nuova offensiva contro Erevan. Un’accusa che arriva a poche ore dall’inaugurazione di un nuovo gasdotto tra Grecia e Bulgaria che dovrebbe aumentare il gas che da Baku arriva in Europa. Un aumento salutato con favore dall’Ue, ma contestato da attivisti per i diritti umani.

Scambio di accuse

Il video del presunto crimine commesso dalle truppe azere non farà che alimentare queste polemiche. Secondo quanto denunciato anche dall’ambasciatrice armena in Italia, Tsovinar Hambardzumyan, le immagine mostrano dei “militari azeri” che “sparano a soldati armeni disarmati, giovani ragazzi tra i 18 e 20 anni”. Toivo Klaar, rappresentante speciale dell’Ue per il Caucaso meridionale, ha commentato il video su Twitter: “Se si dimostra che questo video è autentico, allora questo è un crimine di guerra che deve essere indagato e i colpevoli vanno puniti”. Ma per Hambardzumyan non ci sono dubbi sulla sua autenticità: “I giornali e tutti i mezzi di comunicazione devono svolgere la loro funzione di diffusione di informazioni, affinché si conosca la verità e vengano condannati e puniti i colpevoli. Nei casi come questo il silenzio non è altro che complicità con gli assassini”, ha detto l’ambasciatrice.

Anche il ministero degli Esteri di Yerevan sostiene che il video sia autentico. L’Azerbaigian, dal canto suo, non ha smentito la ricostruzione delle autorità armene, ma in una nota ha tacciato le accuse come “un esempio dell’ipocrisia di un Paese che da decenni persegue una politica aggressiva, calpestando i fondamentali diritti di quasi un milione di persone e che ha commesso numerosi crimini di guerra contro il personale militare, oltre che contro i civili”, scrive il ministero degli Esteri di Baku, facendo riferimento alle azioni di Yerevan nel Nagorno Karabakh, la regione contesa tra i due Paesi.

Il Nagorno Karabakh

Non è la prima volta che l’esercito dell’Azerbaigian viene accusato di crimini di guerra dall’Armenia dopo lo scoppio delle nuove tensioni. In un video diffuso il 16 settembre, si vede una donna armena morta venire spogliata e mutilata. Baku ha sempre respinto l’autenticità di queste immagini, ma ha promessso che verrà effettuata una “indagine approfondita” sul video delle esecuzioni e che “verranno adottate misure legali”. Una promessa fatta anche nel 2020, quando una serie di video mostrarono presunte torture inflitte dai soldati azeri su militari armeni nel Nagorno Karabakh. Ma le indagini si conclusero con un nulla di fatto e uno dei soldati indiziati è stato persino insignito di un’onorificenza.

Di contro, Baku ha risposto alle ultime accuse ricordano i presunti crimini di guerra che sarebbero stati commessi dagli Armeni nel 1992, nel corso della prima guerra del Karabakh: “In una sola notte, il 26 febbraio 1992, 613 civili sono stati brutalmente uccisi nella città di Khojaly, e finora non sono state fornite informazioni sulla sorte di 4.000 azerbaigiani”, si legge in una nota del ministero degli Esteri azero diramata in queste ore.

Il gas azero

Il nuovo scontro armato tra Azerbaigian e Armenia è cominciato quest’estate e avrebbe provocato già oltre 100 vittime tra soldati e civili. Secondo gli analisti, Baku ha deciso di sferrare l’attacco contando sul fatto che la Russia, impegnata sul fronte ucraino, non avrebbe né le forze, né la volontà di aiutare Yerevan come fatto in passato. L’Azerbaigian, da sempre sostenuto dalla Turchia, gode in questo momento anche del rinnovato supporto dell’Unione europea. Domenica, inaugurando il nuovo collegamento tra Grecia e Bulgaria, che sarà connesso al Tap e porterà un aumento delle consegne di gas dell’Azerbaigian verso l’Europa, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha affermato che l’opera rappresenta un “punto di svolta” che porta “la libertà dalla Russia” alla regione baltica.

Lo scorso luglio, la stessa von der Leyen ha firmato un accordo con il governo di Baku, considerato a tutti gli effetti un regime autoritario da diversi istituti internazionali per la democrazia e dall’Economist, per raddoppiare le scorte di gas dal Paese. Il memorandum di intesa è stato criticato da attiviti e esponenti politici, come l’eurodeputata dei Verdi Marketa Gergorova. “All’inizio di quest’estate – scrive Euractiv – alla domanda se l’Ue disporrà di un meccanismo specifico per garantire che l’aumento del flusso di denaro dell’Ue verso l’Azerbaigian non venga utilizzato per conflitti o violazioni dei diritti umani, un funzionario europeo ha affermato che ‘l’Ue non esercita il controllo sulle entrate commerciali del Paese terzo derivanti da operazioni commerciali legittime di petrolio e gas con gli Stati membri” del blocco.

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