Arcivescovi armeni accusati di ordire un golpe (Osservatorio Balcani e Caucaso 11.07.25)

È scontro aperto tra il governo e la Chiesa armena. Il governo parla di golpe e arresta due arcivescovi e un noto imprenditore, l’opposizione grida alla repressione politica. Sullo sfondo gli equilibri geopolitici e i negoziati con l’Azerbaijan

11/07/2025 –  Onnik James Krikorian

A undici mesi dalle elezioni parlamentari, il clima politico in Armenia non è mai stato così teso in un periodo pre-elettorale. Lo scorso 25 giugno, il Servizio di sicurezza nazionale (NSS) ha arrestato una dozzina di persone accusate di aver pianificato un colpo di stato con l’intento togliere il potere al primo ministro Pashinyan.

Pochi giorni prima, l’imprenditore russo-armeno Samvel Karapetyan è stato arrestato con le stesse accuse. La nuova ondata di arresti ha colpito anche l’arcivescovo Bagrat Galstanyan, sacerdote revanscista che l’anno scorso aveva guidato le proteste contro Pashinyan.

Il NSS ha reso noto che sono state trovate armi e un programma di sette pagine per rovesciare il governo. Il documento è stato originariamente pubblicato su un sito pro-Pashinyan, poi però è apparso tra gli oggetti sequestrati dal NSS. Per il governo e i suoi sostenitori, il presunto colpo di stato era imminente. Tuttavia, in una fotografia pubblicata dal NSS appare una versione datata del documento così da suggerire che il piano di golpe sarebbe stato attuato tra fine giugno e fine settembre dello scorso anno. Il sito pro-Pashinyan ha nascosto maldestramente questo dato, coprendolo con una striscia di carta.

Sono state pubblicate anche registrazioni audio di Galstanyan che parlava del presunto tentativo di golpe. Secondo alcuni deputati eletti tra le fila del partito di Pashinyan, Galstanyan avrebbe confermato che la voce registrata era sua. Il sacerdote però ha respinto le accuse.

Ora tocca agli esperti di informatica forense analizzare la registrazione, che contiene anche minacce di violenza e omicidi.

Si sostiene inoltre che gli ex presidenti dell’Armenia Robert Kocharyan e Serzh Sargsyan, gli oligarchi Gagik Tsarukyan e Samvel Alexanyan, e alcuni armeni del Karabakh siano stati citati come persone pronte ad appoggiare il presunto golpe. Si parla di armi, munizioni ed esplosivi resi disponibili, di piani di disobbedienza civile e azioni violente incoraggiate da centinaia di ex militari, che sarebbero stati incaricati di creare una “situazione incontrollabile”.

Galstanyan è stato sottoposto a custodia cautelare della durata di due mesi. Subito dopo la stessa misura è stata disposta anche contro un altro arcivescovo rinnegato in quella che appare sempre più come un’azione orchestrata per mettere a tacere la Chiesa apostolica armena prima delle elezioni del prossimo anno.

Il clero, come anche l’opposizione parlamentare, si oppone fermamente a qualsiasi tentativo di normalizzare le relazioni con Azerbaijan e Turchia. Per Pashinyan invece, alle prese con un calo di consensi, la normalizzazione dei rapporti coi vicini, con il pieno sostegno dell’Unione europea, potrebbe rivelarsi l’unica strada percorribile per assicurarsi la rielezione.

Lo scorso 30 giugno, un altro dignitario ecclesiastico, l’arcivescovo Mikayel Ajapahyan, è stato arrestato con l’accusa di aver pianificato un colpo di stato. Anche Ajapahyan è stato posto in custodia cautelare per due mesi, con l’accusa di aver invocato un golpe militare in alcune dichiarazioni rilasciate in passato.

Il fatto che il NSS solo ora abbia preso misure contro Ajapahyan porta i critici a rilanciare l’ipotesi secondo cui ad essere prese di mira sono le personalità di spicco che in futuro potrebbero mobilitare gli oppositori di Pashinyan spingendoli a scendere in piazza. Ajapahyan, insieme a Galstanyan, è stato uno dei leader delle proteste contro Pashinyan dello scorso anno.

Alla fine di giugno, le forze dell’ordine sono entrate nella sede della Chiesa apostolica armena, a Etchmiadzin. Tuttavia, centinaia di fedeli hanno impedito che Ajapahyan venisse arrestato. Successivamente, l’arcivescovo si è recato a Yerevan per presentarsi alla polizia.

Intanto, Pashinyan, impegnato in una campagna tutta sua contro Ajapahyan, si è detto pronto ad attenuare i toni. Facebook ha già cancellato uno dei suoi post per violazione delle regole del social.

Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha espresso preoccupazione per gli sviluppi in Armenia. Il suo omologo armeno, Ararat Mirzoyan, ha risposto invitando Lavrov a non immischiarsi negli affari interni dell’Armenia. Mirzoyan insiste sulla necessità di prendere misure contro i due arcivescovi, ma anche contro il Catholicos armeno, Karekin II, che – secondo Pashinyan – sarebbe padre di almeno un bambino avendo violato il voto di celibato. Il primo ministro ha invitato Karekin II a lasciare la carica.

Ad oggi, l’UE non ha voluto commentare quella che molti considerano una campagna di repressione contro l’opposizione armena. Durante la sua visita in Armenia a fine giugno, Kaja Kallas, Alta rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, non ha rilasciato alcuna dichiarazione sulla vicenda.

Tuttavia, il presidente francese Emmanuel Macron ha pubblicamente offerto il suo sostegno a Pashinyan di fronte a quello che ha definito un tentativo di destabilizzare l’Armenia. L’opposizione armena insiste invece sull’idea che lo scopo della repressione interna sia quello di accontentare l’Azerbaijan e la Turchia.

Pashinyan spera ancora di firmare un accordo di pace con l’Azerbaijan entro la fine dell’anno. L’auspicio del premier armeno, espresso più volte negli ultimi mesi, è che Bruxelles e Washington facciano pressione per convincere la Turchia ad aprire il confine con l’Armenia, in modo da spingere Baku a rinunciare alle richieste rivolte a Yerevan. L’Azerbaijan insiste infatti sulla necessità di modificare la Costituzione armena [in cui si parla delle rivendicazioni territoriali sul Karabakh e sulla Turchia] prima della firma di qualsiasi accordo di pace.

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Il Corridoio di Zangezur e il confronto tra Turchia e Russia nel Caucaso (Asianews 11.07.25)

Nella recente visita a Istanbul il premier armeno Pašinyan avrebbe di fatto concesso il via libera alla “via turanica” che era uno dei principali obiettivi dell’Azerbaigian nella guerra. Un incontro diretto con Aliev per finalizzare l’accordo di pace tra Erevan e Baku dovrebbe tenersi a Baku a metà luglio. Una svolta che vedrebbe Erdogan come il vero vincitore nella regione, a fronte dell’indebolimento di Mosca e Teheran nei conflitti globali.

Erevan (AsiaNews) – Il turcologo armeno Varoužan Gegamyan ha commentato su Novosti. Armenia i processi di ridefinizione delle influenze nella regione del Caucaso, dove la Turchia sta occupando con sempre maggiore convinzione lo spazio della Russia e dell’Iran, impegnati in conflitti di dimensioni globali. Riferendosi agli avvenimenti in corso nell’Armenia, egli osserva che “mentre noi siamo concentrati sul conflitto del governo contro la Chiesa, con i timori di finire in un sistema autoritario e anti-popolare, sul versante esterno sono in atto processi molto dinamici, che si sono accelerati dopo la visita a Istanbul del premier Nikol Pašinyan”.

In quell’incontro con il presidente Recep Tayyip Erdogan, il primo ministro di Erevan ha di fatto concesso il via libera alla “Via turanica” nota come “Corridoio di Zangezur”, una delle finalità principali dell’Azerbaigian nel conflitto con gli armeni, dichiarando a nome del popolo che questa prospettiva “non costituisce un problema”. Negli ultimi giorni molte piattaforme informative turche e azere parlano del raggiungimento di un accordo tra Turchia, Armenia e Azerbaigian per la realizzazione del “corridoio”, sulla base di fonti anonime, e nello stesso tempo di parla di smobilitazione delle basi militari russe in Armenia. Si preannuncia anche un incontro tra Pašinyan e il presidente azero Ilham Aliev, che si dovrebbe tenere a Dubai a metà luglio grazie alla mediazione degli Emirati Arabi Uniti, per giungere a una valutazione definitiva dell’accordo di pace tra Erevan e Baku, che ancora non è stato firmato.

Pašinyan ha dichiarato più volte di avere intenzione di raggiungere la regolazione del processo di pace, approvando le concessioni che gli azeri ancora si attendono; se la modifica della costituzione armena rimane in sospeso per le procedure interne ai vari organi di potere politico e legislativo, anche se il premier ha già chiarito che non è da interpretare come una minaccia nelle definizioni territoriali, è evidente secondo Gegamyan che il fattore decisivo riguarderà proprio la questione del Corridoio.

Altre fonti diplomatiche affermano che le parti sono disponibili a discutere la variante americana nell’apertura del Corridoio, lasciando che il controllo delle strade sia affidato a rappresentanti delle compagnie americane, sottraendolo alle autorità armene. Tutto questo si inserisce nel contesto delle tensioni sempre più acute da parte dell’Azerbaigian nei confronti della Russia e dell’Iran, mentre gli azeri parlano dell’apertura di una base militare turca nel loro Paese. Il turcologo mette in guardia da questi sviluppi, che “porterebbero l’Armenia sotto il controllo della Turchia con la benedizione dell’Occidente, che approva l’emarginazione della Russia e dell’Iran… Che cosa ne sarebbe a questo punto dell’Armenia? Sembra che questa domanda non interessi a nessuno, neanche agli armeni stessi”.

I giochi sono del resto ancora tutti da definire: la Russia considera da sempre la regione del Caucaso meridionale come una delle più a rischio di sommovimenti pericolosi, avendo un ampio confine con essa, ed essendo una zona di presenza di vari gruppi etnici legati storicamente e culturalmente alla Russia, a cominciare da armeni e georgiani. Armeni e azeri costituiscono due grandi diaspore all’interno della Federazione russa, e in Georgia si trovano oggi molti russi espatriati per la guerra in Ucraina, e non è facile mantenere l’equilibrio tra queste diverse componenti.

L’Azerbaigian è un partner sempre più importante nelle vie del commercio energetico, passando dalla Turchia verso tanti Paesi dell’Europa e del Mediterraneo, oltre a essere un importante mercato per le produzioni turche, a cominciare dagli armamenti, e molti lo chiamano ormai “la vetrina turca nel Caucaso”. Il Corridoio di Zangezur darebbe una definizione decisiva a questi movimenti geopolitici, e l’Armenia sta cercando di non esserne tagliata fuori, mettendo a rischio la propria sovranità e il proprio futuro.

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Non puoi costruire un trono sul sangue dei martiri (The European Times 10.07.25)

Del metropolita †SERAFINO (Motovilov)

«Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» (Matteo 5:10).

Le ceneri dell’antica terra bussano al mio cuore. Il dolore insopportabile della sofferenza di un popolo fiero riempie la mia anima di tristezza. La mia mente non riesce ad accettare la persecuzione senza precedenti di una delle chiese più antiche del nostro mondo. E non devo, non posso tacere, perché sono sempre rimasto e rimango dalla parte di coloro che soffrono persecuzioni per il nome di Cristo.

Una cosa terribile sta accadendo davanti ai nostri occhi. In Armenia, il primo paese cristiano al mondo, dove ogni pietra è battezzata con il sangue dei martiri, dove ogni collina conserva la memoria di santi e guerrieri, oggi viene versato nuovo sangue – spirituale, incruento per ora, ma non per questo meno terribile. Una nazione sopravvissuta a mille anni di persecuzioni e massacri da parte di nemici esterni vede oggi il proprio cuore colpito, la propria mano alzata contro un luogo sacro. E sembra che tutto questo sia già accaduto: tradimento, calunnia, crocifissione. Ma questo non rende le cose più facili. Nikol Pashinyan e il suo governo hanno scatenato una guerra non solo con gli oppositori politici – questa potrebbe ancora essere interpretata come una lotta per il potere. Ma sono andati oltre: hanno dichiarato guerra alla Chiesa. A ciò che tiene a galla l’Armenia anche quando tutto sta crollando. A ciò per cui questa nazione è rimasta nella storia. Intendevano piegarla a sé, costringerla al silenzio, trasfigurare le preghiere in slogan. Ma è possibile riscrivere Cristo? È possibile mettere a tacere il Vangelo? È possibile costruire un trono sul sangue dei martiri? Non sentono già le pietre gridare? La Chiesa Apostolica Armena è diventata oggi l’unica forza che, da un antico santuario, difendendo il suo popolo, dice la verità ad alta voce. Parla del tradimento del Karabakh, del crollo dell’esercito, del fatto che il potere non può essere costruito su menzogne ​​e paura. I nomi di coloro che non hanno avuto paura di dirlo sono già stati iscritti nella cronaca della sofferenza: l’arcivescovo Mikael Ajapakhyan, che ha denunciato apertamente il tradimento dei santuari e del popolo, è oggi umiliato, calunniato, sottoposto a pressioni e vessazioni; il vescovo Pargev Martirosyan, lo stesso che stava con i soldati in prima linea durante i terribili giorni della guerra e pregava per loro, è ora accusato di “attività antistatali”; il vescovo Nshan Movsesyan è stato arrestato per aver osato uscire con il popolo in processione religiosa; Il vescovo Mkrtich Khachatryan è stato arrestato per aver predicato che la rinuncia ai santuari è la morte dell’anima. Nella stessa linea di martiri, hanno messo anche Samvel Karapetyan, un benefattore e costruttore di chiese, un uomo che con il suo denaro e il suo lavoro ha ricostruito chiese in rovina – e che ora si trova in prigione con accuse inventate.

I loro nomi sono pietre che vengono già lanciate contro il governo attuale. Queste pietre gridano: “Beati i perseguitati per amore della verità!” Perché hanno già vinto, anche se ammanettati. Perché Cristo è dietro di loro.

Guardando tutto questo, non si può fare a meno di chiedersi: perché? Perché il governo, che ha già tutto nelle sue mani – l’esercito, la polizia, i tribunali, i giornali – ha così paura di pochi vescovi e delle loro preghiere? La risposta è semplice: perché la preghiera è più forte di un bastone. Perché la Chiesa è più forte del trono. Perché la Chiesa è la coscienza del popolo e non può essere comprata né messa a tacere. E se tace, il popolo perisce, e se parla, la menzogna crolla. E quindi oggi i paladini della menzogna sono condannati a combatterla. Ma la cosa più terribile è un’altra: cosa succederà se il Catholicos Garegin II deciderà di usare tutto il suo potere primaziale e andrà fino in fondo? Cosa succederà se chiuderà le chiese per battesimi, matrimoni, funerali? Se i sacerdoti smetteranno di pregare per i governanti e smetteranno di benedirli? Se la Chiesa abbandonerà scuole, ospedali, l’esercito e lascerà ognuno solo con se stesso? Allora la gente capirà cosa significa vivere senza grazia, allora sentirà che senza preghiera e senza altari c’è solo oscurità. Allora il cielo sopra l’Armenia diventerà di rame e le pietre grideranno al sacrilegio. Poi verrà il dolore, ma dopo di esso verrà il pentimento. Il potere che sogna di distruggere la Chiesa dimentica quale sia stata la fine di tutti i persecutori. Pensavano che il trono fosse più affidabile della croce, ma la croce è rimasta, e i loro troni sono crollati in polvere. Il potere costruito sulla menzogna crolla sempre, come una casa sulla sabbia. E se uno degli scenari dell’Apocalisse si sta realizzando oggi in Armenia, allora questo è solo l’adempimento della promessa: “Dove abbonda l’iniquità, sovrabbonda la grazia”. Vediamo già i primi germogli di questa grazia: la gente esce nelle chiese, processioni religiose percorrono le strade di Vagharshapat e Yerevan, le madri si inginocchiano davanti alla polizia antisommossa, i giovani tengono icone in mano e cantano salmi, gridando: “Non toccate la Chiesa!” Sono pochi, ma la forza non viene dai numeri. San Giovanni Crisostomo scrisse: “La Chiesa è forte non perché sia ​​numerosa, ma perché Cristo è con lei. E dove c’è Cristo, c’è vittoria”. E la gente va, va alle mura della Santa Madre Sede di Etchmiadzin, e tra il rumore della folla si ode sempre più spesso un rombo minaccioso, che si fonde non in una supplica, ma in una richiesta. E si ode la voce disperata del popolo, rivolta al Supremo Patriarca di tutti gli Armeni: “Maledicili! Maledicili, Catholicos! Non permettere che distruggano la Santa Chiesa!”. Parole terribili. E terribile è l’ira del popolo! Non permettere che la coppa della Tua ira si riempia.

Questi giorni sono i giorni della confessione e del giudizio. Giorni in cui si decide cosa sia più importante: la paura o la fede, il pane o la croce, il trono o l’altare. Perché è detto: “E i nemici dell’uomo saranno quelli della sua stessa casa”. Perché è detto: “Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima”. Perché è detto: “Fate questo in memoria di me”.

Ma è anche detto: “Le porte dell’inferno non prevarranno contro la Chiesa”. E questo significa che il sangue dei martiri non è vano, ed è impossibile costruirvi un trono. Chi ci prova diventerà cenere.

Perché quando i templi tacciono, il cielo piange. Quando il popolo tace, le pietre piangono. Quando il sacerdote tace, il sangue stesso di Cristo piange. Perché la Chiesa non è un’organizzazione, ma il Corpo di Cristo. E il Corpo di Cristo non si spezza né si compra.

E perciò dico ora: è meglio essere tra coloro che sono scacciati per la verità, che tra coloro che sono incoronati per la menzogna. È meglio essere con i perseguitati, che con i persecutori. È meglio essere in prigione per Cristo, che sul trono contro di Lui.

Non puoi costruire un trono sul sangue dei martiri.

Nota bene: La Vera Chiesa Ortodossa è l’erede della Chiesa Ortodossa Russa Cattolica e Apostolica di Rito Orientale, divisa dalla rivoluzione del 1917 in diverse parti canonicamente uguali, ciascuna delle quali esprimeva il proprio atteggiamento nei confronti del potere empio dei bolscevichi (la Vera Chiesa Ortodossa – non riconoscimento, aperta resistenza). Secondo l’esperienza storica del 1937-1941, la Vera Chiesa Ortodossa è una chiesa martire, lavata nel sangue di combattenti intransigenti per la purezza dell’Ortodossia. Il ricordo di ciò impone una speciale responsabilità morale ed etica al suo clero e al suo gregge.

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Danze armene, Valzer viennesi e capolavori europei in Piazza della Signoria (Firenze Today 10.07.25)

QuandoDal 11/07/2025 al 11/07/2025 solo domani21:00
PrezzoGratis
Altre informazioniSito web florenceyouthfestival.com
Venerdì 11 luglio 2025, alle ore 21.00, la Loggia dei Lanzi sarà il palcoscenico della performance della grandiosa formazione austriaca Jugendsinfonieorchester Dornbirn, guidata da Matthias Seewald.
Oltre 80 giovani musicisti, di età compresa tra i 15 e i 18 anni, eseguiranno un programma variegato che dall’Armenia toccherà la Russia e l’Italia per poi tornare all’Austria.Il concerto si apre con l’esecuzione delle Armenian Dances di Alfred Reed. L’Orchestra Sinfonica giovanile di Dornbirn eseguirà la prima delle quattro parti del capolavoro di Reed, nato nel 1872 ed eseguito per la prima volta nel 1873, dalla Illinois Symphonic Band, dedicato al suo direttore Dr. Harry Begian, consistente in danze folfkloristiche armene, tratte dalla collezione dell’etnomusicologo Komitas Vardapet.
Dall’Armenia alla Russia con Sergej Rachmaninov e il suo Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 Op. 18, interpretato, nel primo movimento Moderato, dal giovane solista Tobias Jacob. Si tratta della composizione più nota delle quattro dell’autore russo dedicate al pianoforte, il cui primo tempo è caratterizzato da due temi tra di loro contrastanti, il primo maestoso e marziale, dal carattere drammatico, in tonalità minore; il secondo più cantabile, lirico, tanto dolce quanto intenso.
Dalla Russia all’Italia, con l’esecuzione dell’Intermezzo da Suor Angelica, atto unico del compositore lucchese Giacomo Puccini, per il libretto di Giovacchino Forzano, facente parte del suo celebre Trittico insieme a Il tabarro e Gianni Schicchi.
Due capolavori di Johann Strauss Jr, il valzer Sul bel Danubio Blu Op. 314 e la polka Sotto tuoni e fulmini Op. 324, incastonano la nota pagina del compositore norvegese Edvard Grieg, Nell’antro del Re della montagna, quarto movimento della Suite Peer Gynt n. 1.

Ingresso libero e gratuito.

Ricordiamo che questa 26esima edizione del Festival è realizzata con il contributo e il patrocinio di Coesione Italia 21-27, dell’Unione Europea, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Comune di Firenze – Estate Fiorentina 2025, in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, il Ministero della Cultura, l’Accademia San Felice London Ltd.

Per info: www.florenceyouthfestival.com, email info@florenceyouthfestival.it,
Pagina IG https://www.instagram.com/festivalorchestregiovanili/
Pagina FB https://www.facebook.com/festivalorchestregiovanili/?locale=it_IT


Danze armene, Valzer viennesi e capolavori europei in Piazza della Signoria
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© FirenzeToday

Armenia e Azerbaigian si avvicinano alla pace, allontanando la Russia dal Caucaso meridionale (Euronews 10.07.25)

I leader di Armenia e Azerbaigian si incontrano ad Abu Dhabi per finalizzare l’accordo di pace e forgiare un futuro fianco a fianco dopo quasi quattro decenni di conflitto. Quella che prima era considerata una pace impossibile è diventata realtà dopo la guerra della Russia contro l’Ucraina

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev si incontreranno giovedì ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, per discutere i prossimi passi da compiere per finalizzare l’accordo di pace. Lo hanno confermato i rispettivi uffici.

Si tratta del primo incontro bilaterale formale tra i leader di Armenia e Azerbaigian da quando hanno concordato la bozza di testo dell’accordo di pace, dopo quasi quattro decenni di conflitto.

I risultati di questo incontro determineranno il futuro del Caucaso meridionale non solo per l’accordo tra i due leader, ma anche perché la Russia è per la prima volta assente dall’equazione Armenia-Azerbaigian.

Richard Giragosian, direttore fondatore del Centro Studi Regionali (Rsc), un think tank indipendente di Yerevan, ha dichiarato a Euronews: “Con la Russia sopraffatta dalla sua fallita invasione dell’Ucraina, questo è un evento che esclude la Russia”.

E questa esclusione non viene dall’iniziativa di Mosca. Sia Baku che Erevan hanno preso le distanze dal Cremlino, dato che le loro relazioni con la Russia si sono notevolmente deteriorate negli ultimi anni.

L’incontro ad Abu Dhabi segue anche un analogo incontro bilaterale tra il premier armeno e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, in quello che Giragosian ha definito “un grado di progresso sorprendente su entrambi i binari diplomatici in questo difficile panorama postbellico”.

Gli ex alleati di Mosca

Mentre è impantanata in Ucraina, Mosca ha gradualmente perso la sua influenza nello spazio ex-sovietico. Il cambiamento più eclatante in questo senso è la perdita della decennale roccaforte russa nella regione del Caucaso meridionale.

Nel settembre 2023, l’Azerbaigian ha recuperato il controllo completo della regione del Karabakh dopo una campagna militare fulminea, a seguito di un conflitto decennale con l’Armenia in cui il Cremlino è stato un attore centrale.

“Ha messo in luce la vacuità di una sicurezza che si affida alla Russia, ma direi anche che l’Armenia e l’Azerbaigian condividono ironicamente lo stesso obiettivo, una politica per sfidare Mosca, respingendo e allontanando la Russia dal Caucaso meridionale”, ha detto Giragosian.

Quasi due anni dopo, Erevan e Baku stanno facendo la storia lontano dalla Russia, concordando il testo di un accordo di pace e normalizzando le loro relazioni dopo un sanguinoso conflitto che fino a poco tempo fa non lasciava intravedere una fine.

La campagna militare dell’Azerbaigian in Karabakh ha dimostrato all’Armenia ciò che i regimi siriano e iraniano hanno scoperto in seguito: la Russia non interviene per sostenere i suoi alleati quando ne hanno bisogno.

Giragosian ha dichiarato a Euronews che l’Armenia se ne è resa conto anche prima, nel 2020, durante le sei settimane di escalation in Karabakh, “dove la Russia era più realisticamente vista come pericolosamente inaffidabile”.

Ora che la regione “non è più uno strumento di pressione per la Russia”, ha detto, Mosca cercherà inevitabilmente un altro modo per mantenere la sua influenza sul Caucaso meridionale.

Destabilizzare l’Armenia

Mosca ha cercato di riparare la cooperazione con il suo ex alleato. Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha visitato Yerevan il 20 maggio, segnalando l’intenzione del Cremlino di stabilizzare e rafforzare i legami con l’Armenia.

Secondo Giragosian, l’Armenia è ora soggetta a due distinte campagne di disinformazione russa. La prima si concentra sulle notizie di un rafforzamento militare russo nella loro base nella seconda città dell’Armenia, Gumri.

Giragosian ha detto che parte della ragione di questa campagna è il tentativo della Russia sia di spaventare l’Unione europea, che ha dispiegato degli osservatori in Armenia, sia di fare pressione sul governo di Yerevan che si sta avvicinando all’Europa.

L’intelligence militare ucraina (Hur) ha pubblicato quello che sostiene essere un ordine dell’esercito russo di aumentare la propria presenza militare in una base in Armenia. Erevan ha smentito categoricamente le affermazioni secondo cui la Russia starebbe rafforzando la sua presenza in Armenia.

La seconda campagna di disinformazione, ha detto Giragosian, definendola “altrettanto assurda”, comprende un’affermazione russa di “un impianto di armi biologiche in Armenia orchestrato dagli americani“.

Prima dell’invasione su larga scala, Mosca aveva ripetutamente fatto affermazioni simili sulle strutture statunitensi per le armi biologiche in Ucraina. In passato, la Russia ha fatto affermazioni false simili anche sulla Georgia.

Secondo Giragosian, queste campagne evidenziano la debolezza della Russia. “Mosca ha perso molto potere e influenza nel Caucaso meridionale e in Asia centrale. Questo, tuttavia, è temporaneo. È un’aberrazione. Vediamo una tempesta all’orizzonte”, ha spiegato.

Il quinto tentativo di colpo di Stato

Quindici persone, tra cui due arcivescovi della Chiesa apostolica, sono state arrestate in Armenia alla fine di giugno con l’accusa di complottare un colpo di Stato.

Il primo ministro Pashinyan ha dichiarato che le forze dell’ordine hanno sventato un piano sinistro e su larga scala da parte di un “clero oligarchico criminale” per destabilizzare la Repubblica di Armenia e prendere il potere.

Pochi giorni prima di questi arresti, le autorità armene hanno arrestato Samvel Karapetyan, un miliardario russo di origine armena che controlla il gestore della rete elettrica nazionale dell’Armenia e che ha anche ambizioni politiche.

Prima del suo arresto, Karapetyan aveva espresso il suo sostegno e il suo appoggio alla Chiesa, affermando che “un piccolo gruppo di persone che ha dimenticato la storia millenaria dell’Armenia e della Chiesa” stava attaccando l’istituzione religiosa.

“Sono sempre stato al fianco della Chiesa armena e del popolo armeno”, ha detto il miliardario, aggiungendo quello che sembrava essere un indicatore diretto delle sue intenzioni: “Se i politici non avranno successo, interverremo a modo nostro in questa campagna contro la Chiesa”.

Interrogato sul tentativo di colpo di Stato, Giragosian ha dichiarato a Euronews che la situazione è “più di quanto sembri, ma anche meno di quanto sembri”.

“In un contesto più ampio, questo è stato in realtà il quinto tentativo di colpo di Stato contro il governo armeno democraticamente eletto (dalle elezioni del 2018, quando Pashinyan è salito al potere, ndr)”, ha detto.

“Nessuno di questi cinque tentativi è stato molto serio. E molte delle mosse contro il governo armeno sono state concepite per ottenere il sostegno della Russia, piuttosto che essere guidate dall’attività russa”.

Anche se Mosca volesse intervenire di più in Armenia, ha detto Giragosian, non potrebbe farlo visto che “la Russia rimane sopraffatta da tutto ciò che riguarda l’Ucraina” e da come viene percepita in Armenia.

Il fattore Ucraina nel Caucaso meridionale

L’Armenia, così come altri vicini russi, hanno già tratto le loro conclusioni dalla “fallita invasione dell’Ucraina da parte della Russia”, ha dichiarato Giragosian a Euronews.

“Una lezione significativa appresa dal campo di battaglia ucraino è la sorprendente debolezza e incompetenza delle forze armate russe. Si tratta di una lezione importante per tutti i Paesi vicini e non, vicini alla Russia”.

La seconda lezione è che “il futuro dell’Armenia è molto più in Occidente, e non c’è più la nostalgia di una leadership autoritaria sul modello di Vladimir Putin”.

“La Russia è in gran parte responsabile della sua arroganza e del fatto che dà l’Armenia per scontata. In altre parole, quello che vediamo è un’Armenia che riafferma l’indipendenza, rafforzando la sovranità a spese di anni di eccessiva dipendenza dalla Russia”.

All’inizio del 2025, il parlamento armeno ha adottato un disegno di legge volto ad avviare il processo di adesione all’Unione europea, un passo in definitiva ostile per Mosca.

Erevan si è anche resa conto del rischio di trovarsi dalla parte sbagliata della storia “se guardiamo agli enormi crimini della Russia contro l’Ucraina”, ha aggiunto Giragosian.

Vuoto di potere nel Caucaso meridionale

La perdita di influenza di Mosca nella regione, con l’Azerbaigian e l’Armenia che prendono le distanze dall’ex alleato, lascerà un pericoloso vuoto di potere, ha detto Giragosian. “L’Azerbaigian ha ragione, così come l’Armenia, nel rifiutare qualsiasi ruolo di mediazione della Russia”.

Ci sono preoccupazioni e aspettative che “una Russia arrabbiata e vendicativa si scagli contro tutti i suoi vicini cercando di riconquistare l’influenza perduta”.

E anche se ora la Russia rimane sopraffatta dalla sua guerra totale contro l’Ucraina, c’è la chiara consapevolezza che “questa distrazione non durerà per sempre”, soprattutto perché il prossimo giugno in Armenia si terranno le elezioni.

Yerevan osserva da vicino la Moldova, dove le prossime elezioni parlamentari sono già state prese di mira dalle campagne di disinformazione della Russia e dai tentativi di manipolazione dell’opinione degli elettori su una scala senza precedenti.

A questo proposito, l’Armenia sta aumentando la sua cooperazione con l’Ue.

“L’approccio transazionale armeno è prudente perché è incrementale. Non punta all’adesione alla Nato o a qualcosa di eccessivamente provocatorio”, ha detto Giragosian e ha aggiunto: “Ma ritengo che le credenziali democratiche, la legittimità e la prospettiva di stabilità dell’Armenia la rafforzino nel rifiutare qualsiasi tipo di sottomissione alla Russia di Putin”.

Allo stesso tempo, Erevan sta anche normalizzando le sue relazioni con la Turchia.

La Turchia cerca di riconquistare il ruolo di leadership regionale perduto“, afferma Giragosian, sottolineando l’aspetto economico di questa situazione, in quanto Ankara sta cercando di riaprire il confine con l’Armenia per stabilizzare l’est della Turchia.

“Ci aspettiamo una situazione vantaggiosa per tutti in termini di ripristino del commercio e dei trasporti. Questo è il motore di gran parte di questi progressi diplomatici”, ha detto, aggiungendo che la Russia cercherà ancora di ripristinare la sua influenza.

“La Russia, se sarà intelligente, cercherà di svolgere un ruolo di gestione nel ripristino del commercio e dei trasporti, soprattutto tra Armenia e Azerbaigian”, strategia che l’Armenia ha già contrastato, secondo Giragosian, poiché “la Russia è così profondamente impopolare e sfiduciata in Armenia“.

Tuttavia, la vera sfida è prepararsi a ciò che verrà: non i cambiamenti in Armenia, come ha avvertito Giragosian, ma quelli provenienti dalla Russia.

“Dobbiamo prepararci a un altro scenario. Per il dopo Putin, una Russia debole con una lotta di potere a Mosca è una sfida altrettanto seria nella regione”, ha concluso.

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Il Ritorno in Libreria de “I Baroni di Aleppo”. Edizione Riveduta e Aggiornata. Marlin Editore. (Stilum Curiae 10.07.25)

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ci permettiamo di usare il nostro sito per una pubblicità personale. Dopo molti anni è stato ripubblicato- aggiornato ai tempi che viviamo –  da Marlin Editore un libro, “I Baroni di Aleppo” frutto del lavoro di Flavia Amabile e di chi scrive queste righe. Qui sotto trovate il comunicato che ne annuncia il ritorno al pubblico. Buona lettura e diffusione.

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IL 4 LUGLIO IN LIBRERIA LA NUOVA EDIZIONE DE I BARONI DI ALEPPO

DI FLAVIA AMABILE E MARCO TOSATTI

Dal genocidio armeno alla Siria di Assad, le vicende di tre generazioni di una famiglia di albergatori e un secolo di storia, visti dalle finestre del più noto albergo del Medioriente, il Baron’s di Aleppo.

Il 4 luglio arriva in libreria la riedizione de “I baroni di Aleppo” di Flavia Amabile e Marco Tosatti (Marlin editore, collana Vulcano). Una storia di straordinaria attualità, alla luce dei conflitti che stanno tormentanto il mondo, a partire da quell’area geografica attraversata, amata, conosciuta e analizzata con precisione e lucidità dagli autori.

Il libro

I baroni di Aleppo è il racconto della storia del Medio Oriente dall’inizio del Novecento a oggi attraverso le vicende di una famiglia armena e del suo albergo fondato ad Aleppo nel 1911. Il libro ha inizio in Anatolia nella seconda metà dell’Ottocento quando l’impero ottomano stava preparando il genocidio armeno. E armeni sono i Mazloumian che, per sfuggire alla strage che stava per abbattersi sul loro popolo, lasciano la casa e la terra che dava loro da vivere e arrivano ad Aleppo. Hanno soltanto un carretto, alcuni bauli e tanta voglia di lavorare. È qui che Krikor, il patriarca, ha l’intuizione che cambierà la vita della famiglia: fonderà il primo albergo della regione. Non poteva scegliere momento e luogo migliore: l’anno seguente il treno Orient-Express arriva in città, Aleppo diventa un crocevia ancora più strategico e il Baron’s è il quartier generale di ogni trama, di ogni intrigo, di ogni incontro di rilievo. Durante la prima guerra mondiale i Mazloumian riescono a nascondere nelle stanze del loro albergo il giornalista Aram Andonian e le prove del genocidio armeno, negli anni Trenta sulla terrazza Agatha Christie scrive Assassinio sull’Orient Express. Il declino ha inizio dopo la seconda guerra mondiale quando, terminato il controllo francese, la Siria si incammina lungo un tormentato percorso che nel 1966 viene interrotto da un colpo di stato. Il Baron’s viene nazionalizzato e la famiglia conduce una lunga battaglia contro lo Stato per riprenderne il controllo. Armen, l’ultimo Mazloumian, fa quello che può per tenere aperto l’albergo ma nel 2012 scoppia la guerra civile e Aleppo finisce sotto le bombe…

Il giudizio di Gian Antonio Stella

Di padre in figlio, la storia avventurosa e struggente dei Mazloumian e del loro leggendario Hotel Baron, storia di trionfi e cadute, esilii e ritorni nel cuore di Aleppo, la città di Hadad il dio della tempesta, racchiude non solo i destini d’una famiglia armena ma di un mondo millenario a cavallo tra l’Occidente e l’Oriente, tra Agatha Christie, Lawrence d’Arabia e l’Isis”.

Dichiarazione di Flavia Amabile

Sembra difficile immaginarlo adesso ma la Siria è stata per secoli un luogo di incontro tra culture e religioni diverse. La storia dell’hotel Baron’s di Aleppo e della famiglia Mazloumian che raccontiamo in questo libro permette di ripercorrere questa epoca e questa Siria che oggi sono scomparse. Quattro generazioni che hanno vissuto amori e subito persecuzioni, dittature, regimi corrotti partendo dal genocidio armeno di fine Ottocento alla guerra civile che ha devastato la Siria dopo il 2012. Attraverso la storia dei Mazloumian si entra nella grande storia del Medio Oriente del secolo scorso”.

Dichiarazione di Marco Tosatti

L’idea di questo libro nacque per puro caso, una sera, sullaterrazza dell’Hotel Baron. Eravamo gli unici due clienti stranieri. Il proprietario, Armen Mazloumian, ci narrò la storia della sua famiglia e dell’hotel. Poi se ne andò. Flavia ed io restammo incantati dalla magia del suo racconto. Sembrava una fiction, ma era tutto vero;una catena di fatti personaggi, drammi e avventure che si dipanavano all’ombra della Cittadella di Aleppo, una delle città più antiche del mondo. Decidemmo, lì per lì, che non avremmo permesso che quel tesoro restasse nascosto, o perso per sempre. Così come siamo rimasti colpiti dalla magia di quella storia, speriamo che anche voi, che leggete queste righe, o vedete il video, vi facciate rapire dalla curiosità di scoprire il Baron Hotel e i suoi ospiti leggendari. Buon viaggio”.

Flavia Amabile

Nata a Salerno, vive e lavora a Roma. Giornalista del quotidiano “La Stampa”, ha pubblicato i seguenti volumi: Ultimi, viaggio nell’Italia che scompare (Gamberetti 1999), La vera storia del Mussa Dagh (con Marco Tosatti, Guerini, 2005), Mussa Dagh. Gli eroi traditi (con Marco Tosatti, Guerini, 2007), I baroni di Aleppo (con Marco Tosatti, La Lepre, 2009), Fiordamalfi (La Lepre, 2009), Elvira (Einaudi 2022), I contadini volanti (All Around, 2023).

Marco Tosatti

Nato a Genova nel 1947, è giornalista dal 1972, e ha coperto molti settori: sport, cronaca, politica, sindacale, e istruzione. Dal 1981 si occupa di informazione su temi religiosi. È stato il vaticanista de “La Stampa” dal 1981 al 2008. Ha scritto numerosi libri, su temi di religione e storia, in particolare del Medio Oriente, e sulla questione armena: I Baroni di AleppoLa vera storia del Mussa DaghGli eroi traditi; e inoltre: Inchiesta sul demonio, Padre Pio e il diavoloSanti posseduti dal demonioInchiesta sulla Sindone. Con don Gabriele Amorth ha scritto Memorie di un esorcista. Attualmente è titolare di un suo blog, “Stilum Curiae” su religione, politica, costume ed economia.

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Armenia e Azerbaigian si avvicinano alla pace, allontanando la Russia dal Caucaso meridionale (Euronews 10.07.25)

I leader di Armenia e Azerbaigian si incontrano ad Abu Dhabi per finalizzare l’accordo di pace e forgiare un futuro fianco a fianco dopo quasi quattro decenni di conflitto. Quella che prima era considerata una pace impossibile è diventata realtà dopo la guerra della Russia contro l’Ucraina

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev si incontreranno giovedì ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, per discutere i prossimi passi da compiere per finalizzare l’accordo di pace. Lo hanno confermato i rispettivi uffici.

Si tratta del primo incontro bilaterale formale tra i leader di Armenia e Azerbaigian da quando hanno concordato la bozza di testo dell’accordo di pace, dopo quasi quattro decenni di conflitto.

I risultati di questo incontro determineranno il futuro del Caucaso meridionale non solo per l’accordo tra i due leader, ma anche perché la Russia è per la prima volta assente dall’equazione Armenia-Azerbaigian.

Richard Giragosian, direttore fondatore del Centro Studi Regionali (Rsc), un think tank indipendente di Yerevan, ha dichiarato a Euronews: “Con la Russia sopraffatta dalla sua fallita invasione dell’Ucraina, questo è un evento che esclude la Russia”.

E questa esclusione non viene dall’iniziativa di Mosca. Sia Baku che Erevan hanno preso le distanze dal Cremlino, dato che le loro relazioni con la Russia si sono notevolmente deteriorate negli ultimi anni.

L’incontro ad Abu Dhabi segue anche un analogo incontro bilaterale tra il premier armeno e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, in quello che Giragosian ha definito “un grado di progresso sorprendente su entrambi i binari diplomatici in questo difficile panorama postbellico”.

Gli ex alleati di Mosca

Mentre è impantanata in Ucraina, Mosca ha gradualmente perso la sua influenza nello spazio ex-sovietico. Il cambiamento più eclatante in questo senso è la perdita della decennale roccaforte russa nella regione del Caucaso meridionale.

Nel settembre 2023, l’Azerbaigian ha recuperato il controllo completo della regione del Karabakh dopo una campagna militare fulminea, a seguito di un conflitto decennale con l’Armenia in cui il Cremlino è stato un attore centrale.

“Ha messo in luce la vacuità di una sicurezza che si affida alla Russia, ma direi anche che l’Armenia e l’Azerbaigian condividono ironicamente lo stesso obiettivo, una politica per sfidare Mosca, respingendo e allontanando la Russia dal Caucaso meridionale”, ha detto Giragosian.

Quasi due anni dopo, Erevan e Baku stanno facendo la storia lontano dalla Russia, concordando il testo di un accordo di pace e normalizzando le loro relazioni dopo un sanguinoso conflitto che fino a poco tempo fa non lasciava intravedere una fine.

La campagna militare dell’Azerbaigian in Karabakh ha dimostrato all’Armenia ciò che i regimi siriano e iraniano hanno scoperto in seguito: la Russia non interviene per sostenere i suoi alleati quando ne hanno bisogno.

Giragosian ha dichiarato a Euronews che l’Armenia se ne è resa conto anche prima, nel 2020, durante le sei settimane di escalation in Karabakh, “dove la Russia era più realisticamente vista come pericolosamente inaffidabile”.

Ora che la regione “non è più uno strumento di pressione per la Russia”, ha detto, Mosca cercherà inevitabilmente un altro modo per mantenere la sua influenza sul Caucaso meridionale.

Destabilizzare l’Armenia

Mosca ha cercato di riparare la cooperazione con il suo ex alleato. Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha visitato Yerevan il 20 maggio, segnalando l’intenzione del Cremlino di stabilizzare e rafforzare i legami con l’Armenia.

Secondo Giragosian, l’Armenia è ora soggetta a due distinte campagne di disinformazione russa. La prima si concentra sulle notizie di un rafforzamento militare russo nella loro base nella seconda città dell’Armenia, Gumri.

Giragosian ha detto che parte della ragione di questa campagna è il tentativo della Russia sia di spaventare l’Unione europea, che ha dispiegato degli osservatori in Armenia, sia di fare pressione sul governo di Yerevan che si sta avvicinando all’Europa.

L’intelligence militare ucraina (Hur) ha pubblicato quello che sostiene essere un ordine dell’esercito russo di aumentare la propria presenza militare in una base in Armenia. Erevan ha smentito categoricamente le affermazioni secondo cui la Russia starebbe rafforzando la sua presenza in Armenia.

La seconda campagna di disinformazione, ha detto Giragosian, definendola “altrettanto assurda”, comprende un’affermazione russa di “un impianto di armi biologiche in Armenia orchestrato dagli americani“.

Prima dell’invasione su larga scala, Mosca aveva ripetutamente fatto affermazioni simili sulle strutture statunitensi per le armi biologiche in Ucraina. In passato, la Russia ha fatto affermazioni false simili anche sulla Georgia.

Secondo Giragosian, queste campagne evidenziano la debolezza della Russia. “Mosca ha perso molto potere e influenza nel Caucaso meridionale e in Asia centrale. Questo, tuttavia, è temporaneo. È un’aberrazione. Vediamo una tempesta all’orizzonte”, ha spiegato.

Il quinto tentativo di colpo di Stato

Quindici persone, tra cui due arcivescovi della Chiesa apostolica, sono state arrestate in Armenia alla fine di giugno con l’accusa di complottare un colpo di Stato.

Il primo ministro Pashinyan ha dichiarato che le forze dell’ordine hanno sventato un piano sinistro e su larga scala da parte di un “clero oligarchico criminale” per destabilizzare la Repubblica di Armenia e prendere il potere.

Pochi giorni prima di questi arresti, le autorità armene hanno arrestato Samvel Karapetyan, un miliardario russo di origine armena che controlla il gestore della rete elettrica nazionale dell’Armenia e che ha anche ambizioni politiche.

Prima del suo arresto, Karapetyan aveva espresso il suo sostegno e il suo appoggio alla Chiesa, affermando che “un piccolo gruppo di persone che ha dimenticato la storia millenaria dell’Armenia e della Chiesa” stava attaccando l’istituzione religiosa.

“Sono sempre stato al fianco della Chiesa armena e del popolo armeno”, ha detto il miliardario, aggiungendo quello che sembrava essere un indicatore diretto delle sue intenzioni: “Se i politici non avranno successo, interverremo a modo nostro in questa campagna contro la Chiesa”.

Interrogato sul tentativo di colpo di Stato, Giragosian ha dichiarato a Euronews che la situazione è “più di quanto sembri, ma anche meno di quanto sembri”.

“In un contesto più ampio, questo è stato in realtà il quinto tentativo di colpo di Stato contro il governo armeno democraticamente eletto (dalle elezioni del 2018, quando Pashinyan è salito al potere, ndr)”, ha detto.

“Nessuno di questi cinque tentativi è stato molto serio. E molte delle mosse contro il governo armeno sono state concepite per ottenere il sostegno della Russia, piuttosto che essere guidate dall’attività russa”.

Anche se Mosca volesse intervenire di più in Armenia, ha detto Giragosian, non potrebbe farlo visto che “la Russia rimane sopraffatta da tutto ciò che riguarda l’Ucraina” e da come viene percepita in Armenia.

Il fattore Ucraina nel Caucaso meridionale

L’Armenia, così come altri vicini russi, hanno già tratto le loro conclusioni dalla “fallita invasione dell’Ucraina da parte della Russia”, ha dichiarato Giragosian a Euronews.

“Una lezione significativa appresa dal campo di battaglia ucraino è la sorprendente debolezza e incompetenza delle forze armate russe. Si tratta di una lezione importante per tutti i Paesi vicini e non, vicini alla Russia”.

La seconda lezione è che “il futuro dell’Armenia è molto più in Occidente, e non c’è più la nostalgia di una leadership autoritaria sul modello di Vladimir Putin”.

“La Russia è in gran parte responsabile della sua arroganza e del fatto che dà l’Armenia per scontata. In altre parole, quello che vediamo è un’Armenia che riafferma l’indipendenza, rafforzando la sovranità a spese di anni di eccessiva dipendenza dalla Russia”.

All’inizio del 2025, il parlamento armeno ha adottato un disegno di legge volto ad avviare il processo di adesione all’Unione europea, un passo in definitiva ostile per Mosca.

Erevan si è anche resa conto del rischio di trovarsi dalla parte sbagliata della storia “se guardiamo agli enormi crimini della Russia contro l’Ucraina”, ha aggiunto Giragosian.

Vuoto di potere nel Caucaso meridionale

La perdita di influenza di Mosca nella regione, con l’Azerbaigian e l’Armenia che prendono le distanze dall’ex alleato, lascerà un pericoloso vuoto di potere, ha detto Giragosian. “L’Azerbaigian ha ragione, così come l’Armenia, nel rifiutare qualsiasi ruolo di mediazione della Russia”.

Ci sono preoccupazioni e aspettative che “una Russia arrabbiata e vendicativa si scagli contro tutti i suoi vicini cercando di riconquistare l’influenza perduta”.

E anche se ora la Russia rimane sopraffatta dalla sua guerra totale contro l’Ucraina, c’è la chiara consapevolezza che “questa distrazione non durerà per sempre”, soprattutto perché il prossimo giugno in Armenia si terranno le elezioni.

Yerevan osserva da vicino la Moldova, dove le prossime elezioni parlamentari sono già state prese di mira dalle campagne di disinformazione della Russia e dai tentativi di manipolazione dell’opinione degli elettori su una scala senza precedenti.

A questo proposito, l’Armenia sta aumentando la sua cooperazione con l’Ue.

“L’approccio transazionale armeno è prudente perché è incrementale. Non punta all’adesione alla Nato o a qualcosa di eccessivamente provocatorio”, ha detto Giragosian e ha aggiunto: “Ma ritengo che le credenziali democratiche, la legittimità e la prospettiva di stabilità dell’Armenia la rafforzino nel rifiutare qualsiasi tipo di sottomissione alla Russia di Putin”.

Allo stesso tempo, Erevan sta anche normalizzando le sue relazioni con la Turchia.

La Turchia cerca di riconquistare il ruolo di leadership regionale perduto“, afferma Giragosian, sottolineando l’aspetto economico di questa situazione, in quanto Ankara sta cercando di riaprire il confine con l’Armenia per stabilizzare l’est della Turchia.

“Ci aspettiamo una situazione vantaggiosa per tutti in termini di ripristino del commercio e dei trasporti. Questo è il motore di gran parte di questi progressi diplomatici”, ha detto, aggiungendo che la Russia cercherà ancora di ripristinare la sua influenza.

“La Russia, se sarà intelligente, cercherà di svolgere un ruolo di gestione nel ripristino del commercio e dei trasporti, soprattutto tra Armenia e Azerbaigian”, strategia che l’Armenia ha già contrastato, secondo Giragosian, poiché “la Russia è così profondamente impopolare e sfiduciata in Armenia“.

Tuttavia, la vera sfida è prepararsi a ciò che verrà: non i cambiamenti in Armenia, come ha avvertito Giragosian, ma quelli provenienti dalla Russia.

“Dobbiamo prepararci a un altro scenario. Per il dopo Putin, una Russia debole con una lotta di potere a Mosca è una sfida altrettanto seria nella regione”, ha concluso.

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Incontro tra Armenia e Azerbaigian ad Abu Dhabi (Faro di Roma)

Russia, l’ordine top secret di Mosca: aumentare soldati e armamenti nella base militare in Armenia (Il Messaggero

Il governo armeno avrebbe negato, ma Kiev ha pubblicato quello che sostiene essere un ordine dell’esercito russo di aumentare la propria presenza militare nella più grande base russa in Armenia, vicino al confine con la Turchia. Secondo l’intelligence militare ucraina (Hur) infatti la Russia sta aumentando e rafforzando la propria presenza militare in Armenia. La notizia  è stata diffusa online da Euronews: i servizi segreti di Kiev hanno pubblicato quello che sostengono essere un ordine dell’esercito russo di aumentare gli effettivi in una base in Armenia. La notizia giunge anche a due giorni di distanza dalla prima indicazione di questo tipo arrivata dall’Ucraina, che però il governo di Erevan ha negato con fermezza.

Il 5 luglio, infatti, la stessa Hur aveva affermato che Mosca vorrebbe incrementare la propria presenza nella base di Gyumri per esercitare una maggiore influenza nel Caucaso meridionale e «destabilizzare il quadro della sicurezza globale». Ora arriva il documento attribuito a Mosca, che nello specifico sarebbe un «ordine del comandante delle truppe del Distretto militare meridionale delle Forze armate russe sul rifornimento della base militare russa in Armenia».

«Il messaggio elenca una lista di misure, compreso la necessità di selezionare personale tra i militari dell’8°, 18°, 49° e 58° armata», ha precisato l’Hur. Il documento istruisce i comandanti al fine di facilitare il processo di selezione, delineando criteri specifici per l’idoneità professionale, la resistenza psicologica e la prontezza al combattimento. L’ordine vieta esplicitamente il reclutamento di individui coinvolti nel traffico di droga o nella distribuzione di sostanze psicotrope. «Oltre a fomentare il conflitto interetnico, Mosca sta rafforzando la sua presenza militare nel Caucaso. È probabile che il deterioramento delle relazioni tra Azerbaigian e Russia sia stato preparato in anticipo», sostengono i servizi ucraini.

LA STORIA

Gyumri è la seconda città più grande dell’Armenia, con una popolazione di oltre 100mila abitanti. Situata a circa 100 km a nord-ovest della capitale Erevan, si trova in posizione strategica a soli 3,5 km dal confine con la Turchia, il più stretto alleato dell’Azerbaigian. L’Armenia e la Russia vi stabilirono la 102a base militare negli anni Novanta con l’idea che i soldati russi sarebbero stati in grado di proteggere il confine, ma anche di dispiegarsi rapidamente nella regione del Karabakh in caso di movimenti militari azeri. Non è andata così nel 2023, quando Baku ha recuperato il pieno controllo della regione dopo una campagna militare improvvisa. Nel 2024, l’Armenia ha quindi congelato la sua partecipazione all’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (Csto), guidata dal Cremlino: la risposta di Mosca alla Nato.

L’IMPORTANZA DELLA BASE

Il sito può ospitare cinquemila soldati e mezzi aerei .Il primo ministro Nikol Pashinyan ha dichiarato l’anno scorso di non vedere «alcun vantaggio» nella presenza di truppe russe in Armenia, ma la base di Gyumri è rimasta intatta poiché nel 2010 i due Paesi hanno concordato di estendere il contratto di locazione fino al 2044. Si tratta della più grande struttura militare russa nel Caucaso meridionale. Ospita fino a cinquemila persone, jet da combattimento MiG-29 e sistemi di difesa aerea S-300. Poiché l’Armenia sta spingendo per normalizzare le relazioni con l’Azerbaigian e la Turchia, si ritiene che la base russa non serva più gli interessi del governo di Erevan. Quest’ultimo sta addirittura cercando di riaprire il confine comune con la Turchia, che migliorerebbe le relazioni e contribuirebbe ad alleviare l’isolamento del Paese. La Turchia, stretta alleata dell’Azerbaigian, ha chiuso il valico di frontiera nel 1993 in segno di solidarietà con Baku per il conflitto in corso nella regione del Karabakh. Con un’escalation senza precedenti tra Azerbaigian e Russia, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che sosterrà gli sforzi di pace dell’Armenia con l’Azerbaigian. La recente morte di due persone di etnia azera arrestate dalla polizia per omicidi in Russia e l’incidente a un aereo passeggeri della Azerbaijan Airlines a dicembre, di cui Baku incolpa Mosca, hanno fortemente teso le relazioni.

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‘Come Hagia Sophia e Chora, anche la cattedrale di Ani diventa moschea’ (Asianews 09.07.25)

È l’allarme lanciato dal deputato cristiano del movimento curdo Dem George Aslan. In una interrogazione parlamentare si rivolge al ministro della Cultura sul futuro del secolare luogo di culto, in attesa di restauro. Costruita nel X secolo, è considerata uno degli esempi più significativi dell’architettura armena medievale.

Istanbul (AsiaNews) – Dopo Hagia Sophia e Chora, le due celebri ex basiliche cristiane di Istanbul trasformate prima in musei e ora in moschee dalla politica nazionalismo e islam impressa dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, un altro celebre luogo di culto cristiano rischia di subire la stessa sorte. Il deputato George Aslan, del movimento filo-curdo Peoples’ Equality and Democracy (Dem) Party, ha presentato un’interrogazione parlamentare in riferimento a resoconti secondo cui la storica cattedrale armena di Ani, secolare chiesa di Kars, riaprirà come luogo di culto musulmano. A dare per primi la notizia i media di Stato, i quali hanno parlato della prossima apertura della “moschea” senza fare riferimento alle sue origini.

Nel suo intervento, Aslan, anch’egli cristiano, ha riferito che la cattedrale di Ani, nota anche come Surp Asdvadzadzin, o Santa Madre di Dio, è una delle centinaia di chiese e monasteri storici della Turchia che si trovano in stato di abbandono. Sottolineando il valore storico, culturale e religioso della cattedrale, il parlamentare ha fatto riferimento a notizie circolate di recente su diversi organi di informazione in base ai quali emergerebbe l’intenzione di cambiare la destinazione di utilizzo dell’edificio stesso.

Rivolgendosi al ministro turco della Cultura e del turismo Nuri Ersoy, egli chiede se “è vero che dopo il restauro della cattedrale di Ani, questa sarà aperta come moschea? Se sì, qual è la motivazione di questa decisione?”. “La decisione di cambiare l’identità religiosa di questa struttura storica e di trasformarla in moschea – aggiunge – non sarebbe in contraddizione con il carattere multi-religioso e multiculturale della Turchia?”. “La decisione di trasformare la cattedrale di Ani in una moschea – prosegue nell’interrogazione – sarà riconsiderata rispetto alla sua identità religiosa e culturale originaria?”. Infine, George Aslan chiede anche “quali chiese o monasteri sono stati trasformati in moschee durante il suo mandato? Quante chiese e monasteri sono stati convertiti in moschee negli ultimi 20 anni?” oltre ai casi emblematici di Chora e Santa Sofia.

Il 3 luglio scorso l’agenzia statale Anadolu ha pubblicato un articolo intitolato “La ‘moschea della conquista’ di Ani, dove si tenne la prima preghiera del venerdì in Anatolia, viene restaurata”. Nel raccontare il luogo di culto e la sua storia, l’articolo lo chiama solo come “Moschea di Fethiye (della Conquista)”, omettendo la sua identità cristiana originaria e il nome storico di cattedrale di Surp Asdvadzadzin. Viene inoltre presentata la conversione della cattedrale nel contesto della “tradizione della conquista turca”, senza riconoscere la sua funzione religiosa originaria. E ancora, non si alcuna menzione specifica sul significato culturale della cattedrale per il popolo armeno o la sua importanza per le relazioni armeno-turche.

La cattedrale di Ani sorge all’interno delle rovine dell’omonima città antica, nella provincia nord-orientale turca di Kars, vicino al confine con l’Armenia. Costruita nel X secolo, è considerata uno degli esempi più significativi dell’architettura armena medievale. La sua costruzione ha preso il via nel 987 sotto il re armeno Smbat II ed è stata completata nel 1001 o nel 1010 dalla regina Katramide, moglie di Gagik I del regno Bagratide. L’architetto era Trdat, noto anche per aver restaurato nello stesso periodo la celebre cupola di Santa Sofia nell’antica Costantinopoli (l’odierna Istanbul). Il luogo di culto fungeva da centro religioso di Ani, che era la capitale del regno Bagratide Armeno. Oggi è parte del sito archeologico di Ani, classificato come patrimonio mondiale Unesco. Secondo l’App mobile di Ani sviluppata da Anadolu Kültür, dopo la conquista dei Selgiuchidi nel 1064, la cattedrale è stata utilizzata per breve tempo come moschea col nome di “Fethiye”. Nel 1199, la dinastia georgiano-armena degli Zakaridi ha ripreso il controllo della città e restituito l’edificio all’uso cristiano. La struttura ha subito gravi danni durante il terremoto del 1319, che ne ha distrutto la cupola, mentre un altro terremoto nel 1988 ha provocato il crollo dell’angolo nord-ovest, lasciando in eredità profonde crepe nei muri.

In Turchia vi è libertà di culto, tuttavia negli ultimi 20 anni si sono registrate violazioni alla pratica religiosa, cambi d’uso di ex basiliche cristiane e fatti di sangue a sfondo confessionale come l’assassinio di don Andrea Santoro nel 2006 e mons. Luigi Padovese nel 2010. In particolare, la conversione in moschee delle antiche basiliche cristiane – poi musei a inizio ‘900 sotto Ataturk – di Santa Sofia e Chora rientra nella politica nazionalista e islamica impressa da Erdogan per nascondere la crisi economica e mantenere il potere. A seguito del decreto che ne ha sancito la trasformazione, le autorità musulmane hanno coperto con una tenda bianca le immagini di Gesù, affreschi e icone che testimoniano la radice cristiana di Hagia Sophia, millenaria struttura dedicata alla sapienza di Dio e risalente al sesto secolo.

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Il Festival Federico Cesi 2025 apre con “Il Canto degli Armeni” (Umbirajournal 09.07.25)

In scena ad Acquasparta la XVIII edizione del festival

Il Festival Federico Cesi 2025 – XVIII edizione: musica e patrimonio si fondono nei borghi umbri

Ha preso il via l’11 luglio 2025 ad Acquasparta la XVIII edizione del Festival Federico Cesi – Musica Urbis, appuntamento consolidato della stagione musicale estiva umbra, organizzato dall’Associazione Fabrica Harmonica ETS. La manifestazione proseguirà fino al 21 settembre 2025, coinvolgendo anche il comune di Avigliano Umbro, con un programma articolato e concerti ospitati in basiliche, palazzi storici, cortili e spazi all’aperto di pregio architettonico.

L’inaugurazione ha visto la prima assoluta del concerto “Il Canto degli Armeni”, nuova composizione per flauto, soprano, coro e organo firmata dalla musicista e compositrice armena Elena Mardian. Il brano, fortemente ispirato alla spiritualità e alle melodie popolari armene, è stato eseguito dal RomEnsemble, gruppo vocale misto della Civica Scuola delle Arti diretto da Annalisa Pellegrini, con l’accompagnamento dell’organista Angelo Bruzzese e la flautista georgiana Veronika Khizanishvili, anche curatrice artistica del progetto.

Il concerto, patrocinato dal Pontificio Istituto di Musica Sacra, dal Pontificio Collegio Armeno e dal Consiglio della Comunità Armena, ha valorizzato il dialogo interculturale attraverso un repertorio sacro eseguito da interpreti italiani. L’interesse per la riscoperta delle radici musicali armene si intreccia così con la vocazione internazionale del Festival, che si è imposto negli anni come un crocevia di esperienze artistiche e formative.

Il Festival Federico Cesi

Fondata nel 2008, la rassegna è cresciuta grazie all’azione culturale di Fabrica Harmonica ETS, organizzazione impegnata nella promozione della musica come bene collettivo. Il Festival è sostenuto dalla Fondazione CARIT e patrocinato dalla Regione Umbria, dalla Diocesi di Orvieto-Todi e dai comuni ospitanti, in collaborazione con numerose realtà locali.

Umbria regional tourism

Il programma 2025 si contraddistingue per la presenza di interpreti di fama internazionale e giovani talenti, in una combinazione tra concerti, conferenze e iniziative dedicate alla didattica. Tra gli eventi in calendario figurano appuntamenti con la musica sacra rinascimentale, il repertorio pianistico romantico, la chitarra classica e la contaminazione tra tradizione lirica occidentale e cultura musicale orientale.

Due date sono dedicate a Giovanni Pierluigi da Palestrina nel cinquecentenario della nascita, con un incontro musicologico curato da Silvia Perucchetti e l’esecuzione della Missa Papae Marcelli con il Coro della Cappella Musicale di San Francesco da Paola.

La rassegna include anche il progetto K-Opera, ponte tra lirica italiana e tradizione coreana, e un omaggio pianistico a Franz Liszt con la concertista Eunhye Anna Hong. La giovane chitarrista Carlotta Dalia guiderà il pubblico in un viaggio da Scarlatti a Segovia, mentre la Orchestra Città di Firenze, diretta da Concetta Anastasi, proporrà la Sinfonia n. 40 di Mozart.

Grande attenzione è riservata alle nuove generazioni con la sezione FH Giovani, che ospita concerti gratuiti tenuti da musicisti emergenti. Completano il calendario momenti dedicati al jazz, al tramonto, nella suggestiva cornice della Foresta Fossile.

L’iniziativa si inserisce in una visione culturale che vede l’Umbria come luogo di convergenza tra musica, architettura e paesaggio. La scelta di location d’eccezione, tra cui la Basilica di Santa Cecilia e il Palazzo Cesi, risponde all’obiettivo di valorizzare il patrimonio artistico dei borghi, rendendo la musica uno strumento di rigenerazione culturale e identitaria.

Umbria regional tourism

Il Festival Federico Cesi si è distinto nel tempo anche per i suoi progetti formativi, tra cui Musicampus e Summer College, rivolti sia a studenti diplomati sia a principianti, secondo un modello educativo europeo. La sua attività si estende inoltre alla produzione di contenuti digitali, con il portale FH Virtual Music, e alla promozione degli artisti attraverso l’agenzia FH Management, che coordina oltre 80 musicisti di livello internazionale.

L’Associazione ha attivato progetti riconosciuti a livello nazionale, come “Musica per Ricostruire” e “Music 4 Haiti”, e si è aggiudicata più volte bandi del Ministero della Cultura e della SIAE, confermandosi tra i principali operatori del settore musicale indipendente in Italia.

Fabrica Harmonica gestisce oggi un articolato sistema di formazione musicale attraverso la Civica Scuola delle Arti di Roma, accademia riconosciuta dalla Regione Lazio, convenzionata con il Conservatorio Respighi di Latina e gemellata con il Conservatoire Maurice Ravel di Parigi. Da questo centro formativo proviene il RomEnsemble, protagonista del concerto inaugurale, che ha all’attivo produzioni di valore come l’oratorio “Il Martirio di San Terenziano” di Antonio Caldara, riscoperto e portato in prima moderna dopo il ritrovamento del manoscritto a Vienna.

Nel corso delle edizioni, il Festival ha saputo attrarre un pubblico sempre più ampio, con oltre 100.000 presenze e 1.200 eventi musicali organizzati, coinvolgendo circa 4.500 musicisti da tutto il mondo. Attraverso una fitta rete di collaborazione con enti locali e istituzioni scolastiche, ha creato anche il Civica Music Network, che promuove iniziative dedicate alla formazione giovanile e alla diffusione della musica in ambito territoriale.

Grazie al sostegno pubblico e privato e all’impegno costante nella divulgazione musicale, il Festival Federico Cesi rappresenta oggi una delle più articolate piattaforme culturali del centro Italia, capace di coniugare ricerca musicale, valorizzazione del territorio e coinvolgimento delle nuove generazioni.

CALENDARIO EVENTI FESTIVAL FEDERICO CESI 2025

DATA ORA LUOGO EVENTO
11 Luglio 21:15 Acquasparta, Basilica Santa Cecilia Inaugurazione – Il Canto degli Armeni
19 Luglio 11:30 Acquasparta, Palazzo Cesi FH Giovani – Concerto di giovani talenti
23 Luglio 21:15 Acquasparta, Palazzo Cesi Hommage à Franz Liszt – Recital pianoforte
26 Luglio 21:15 Acquasparta, Palazzo Cesi K-Opera & Art Song Concert
23 Agosto 21:15 Acquasparta, Palazzo Cesi Andres Segovia – Chitarra: Carlotta Dalia
28 Agosto 21:15 Acquasparta, Palazzo Cesi Mozart Symphony – Orchestra Città di Firenze
06 Settembre 19:00 Foresta Fossile Concerto al Tramonto – Jazz Español
21 Settembre 15:00 Acquasparta, Basilica Santa Cecilia Workshop – Musica Sacra e Palestrina
21 Settembre 17:00 Acquasparta, Basilica Santa Cecilia Missa Papae Marcelli – Coro e organo

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