La Chiesa Apostolica Armena ha un suo rappresentante a Roma (Acistampa 16.11.18)

CITTÀ DEL VATICANO , 16 novembre, 2018 / 2:00 PM (ACI Stampa).-

La nomina dell’arcivescovo Khajag Barsamian a rappresentante della Chiesa Apostolica Armena presso la Santa Sede e legato della Chiesa armena nell’Europa Occidentale ha il compito di rafforzare i rapporti di amicizia tra Santa Sede e Catholicossato.

L’arcivescovo Barsamian, 67 anni, è stato dal 1990 al 2018 Primate della Diocesi della Chiesa Armena negli Stati Uniti, ed è una personalità conosciuta come abile a intessere rapporti di amicizia con le altre confessioni cristiane. È arrivato a Roma da qualche settimana, ha accompagnato il Catholicos Karekin II nella sua seconda visita a Papa Francesco in questo anno dopo quella che ha avuto luogo durante la “giornata armena” del 5 aprile 2018, e ha cominciato una serie di relazioni allo scopo di migliorare i ponti di dialogo.

Come la Comunione Anglicana, anche la Chiesa Apostolica Armena si dota così di un rappresentante stabile presso la Santa Sede. Si tratta di un segnale molto forte per un legame che è diventato sempre più stretto.

Un percorso di dialogo che era cominciato con San Giovanni Paolo II, che già nel 1996 aveva firmato con il Catholicos Karekin II una dichiarazione comune in cui venivano affermate le comuni origini della Chiesa Apostolica Armena e della Chiesa Cattolica.

Impossibilitata a partecipare al Concilio di Calcedonia del 451, infatti, la Chiesa Apostolica Armena non ne accettò le conclusioni, e poi rimase isolata dal resto del mondo per anni, oggetto di varie dominazioni, ma anche chiusa in se stessa. Ha mantenuto una identità forte, basata sul culto del libro e sull’alfabeto inventato da Mashtoz, e ha subito anche l’accusa di monofisitismo, cioè di non credere nella doppia natura di Gesù Cristo vero uomo e vero Dio.

Attribuzione che la Chiesa Apostolica Armena non ha mai accettato, mentre ha sempre sottolineato di aderire alla posizione di San Cirillo di Alessandria (370-444) su “l’unica natura incarnata di Dio verbo”.

Dalla dichiarazione di San Giovanni Paolo II e Karekin II nel 1996 ci sono state altre dichiarazioni comuni e di fede cristologica, che hanno superato le incomprensioni teologiche, le difficoltà linguistiche, le diversità culturali e le reciproche differenze.

San Giovanni Paolo II viaggiò in Armenia nel 2001, e così ha fatto Papa Francesco nel 2016, dopo aver superato una crisi diplomatica che aveva avuto luogo con la Turchia per aver menzionato la parola genocidio nella Santa Messa per i fedeli di Rito Armeno del 12 aprile 2015.

Da lì, il dialogo è stato in discesa, e il sempre più stretto legame tra Chiesa Apostolica Armna e Chiesa Cattolica è stato reso simbolicamente visibile dalla “mattinata ecumenica” dedicata all’Armenia lo scorso 5 aprile, avvenuti prima che il Papa si recasse nel giardino tra il governatorato e la caserma della Gendarmeria a inaugurare la Statua di San Gregorio di Narek donata dalla presidenza della Repubblica di Armenia. Un segno che, come fu detto nella dichiarazione congiunta di Papa Francesco e il Catholicos Karekin II durante il viaggio di Papa Francesco in Armenia, “sono più le cose che uniscono che quelle che dividono”.

Quindi, il secondo incontro tra Papa Francesco e Karekin II, del 24 ottobre 2018, ha contribuito a continuare il dialogo, che verte soprattutto sul sostegno ai cristiani del Medio Oriente e sull’educazione comune.

Su questi temi di dialogo sta lavorando ora l’arcivescovo Barsamian, che punta anche ad avere un programma di scambio tra giovani seminaristi cattolici e seminaristi della Chiesa Apostolica Armena, per favorire l’incontro tra le due Chiese.

Nato ad Arpkir, in Turchia, nel 1951, ha cominciato a 13 anni gli studi al seminario armeno della Santa Croce di Istanbul, e quindi ha studiato a Gerusalemme dal 1967 al 1971. Ha poi completato gli studi a New York e Minneapolis, alla Università Gregoriana a Roma e all’Istituto Orientale di Oxford.

Ha servito come pastore della comunità apostolica armena ad Istanbul, a Jaffa, Haifa, Bamieh e quindi negli Stati Uniti, dove per 28 anni è stato primate della diocesi della Chiesa Armena di America.

Tra le sue attività, quella di presidente del Fondo per l’Aiuto agli Armeni, che ha il compito di aiutare lo sviluppo di Armenia e portare assistenza umanitaria ai suoi cittadini. Il fondo ha donato ad oggi 315 milioni di dollari per progetti di sviluppo, in campo medico, agricolo, educativo e in varie altre aree.

Ora, con questo nuovo incarico, è chiamato a fare da liason tra la Santa Sede ed Etchmiadzin, ma anche a lavorare per le comunità armene dell’Europa occidentale. In Italia, c’è una sola parrocchia apostolica armena, ed è stata costruita a Milano nel 1958. I fedeli della Chiesa apostolica armena in Italia sono 7 mila. In tutto il mondo, ci sono 815 sacerdoti della Chiesa apostolica armena.

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Una chiesa protestante olandese sta tenendo una funzione da tre settimane (Ilpost 16.11.18)

Una legge locale impedisce alla polizia di interrompere le celebrazioni: la chiesa sta usando questo espediente per impedire la deportazione di una famiglia di armeni

Una chiesa protestante nei Paesi Bassi sta tenendo una funzione da circa tre settimane per proteggere una famiglia di immigrati armeni che rischia di essere espulsa. La famiglia – composta da una coppia e da tre figli di 21, 19 e 15 anni – si trova nei Paesi Bassi dal 2010 ma la sua richiesta di protezione internazionale è stata rifiutata, e secondo i giornali olandesi ha esaurito i ricorsi previsti dalla legge. Per impedire che vengano espulsi, la chiesa protestante di Bethel, all’Aia, sta sfruttando un’antica legge olandese che impedisce alla polizia di interrompere una funzione religiosa.

La tv locale Omroep West ha ricostruito che per tenere in piedi la funzione ci vogliono centinaia di pastori, e diversi fedeli che prestino la voce per il coro o dirigano le preghiere. Theo Hettema, presidente delle chiese protestanti all’Aia, ha spiegato di non volere problemi con le autorità, e che la funzione senza limiti di tempo «è solo un espediente temporaneo per attirare l’attenzione sul problema».

Sui giornali olandesi non vengono diffuse molte informazioni sulla famiglia, che di cognome fa Tamrazyan, né su cosa rischiano nel caso siano costretti a tornare in Armenia (un paese che fino a pochi mesi fa era guidato da un leader autoritario e in cui Amnesty International ha registrato diverse violazioni dei diritti umani). Si sa solo che vivevano a Katwijk, una cittadina costiera nei pressi dell’Aia, e che da tempo frequentavano la chiesa protestante locale, prima che del loro caso iniziasse ad occuparsi la comunità protestante della città. Durante un’intervista televisiva Mark Habers, il ministro olandese per l’Integrazione, ha spiegato semplicemente che la famiglia «non ha alcun diritto a ricevere protezione internazionale» e che «non potrà rimanere nei Paesi Bassi».

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Bartolomeo I a Venezia: «In un tempo di fondamentalismi religiosi, la famiglia cristiana torni a parlare in una sola voce» (Genteveneta 15.11.18)

In questo mondo segnato dalla crescita del fondamentalismo religioso, è necessario che la famiglia cristiana torni a parlare in una sola voce, in un percorso di annuncio della Parola di Dio».

È l’auspicio autorevolissimo del Patriarca ecumenico Bartolomeo I, in visita nella tarda mattinata di giovedì 15 novembre, nell’isola di San Lazzaro degli Armeni.

Accolto in isola da mons. Lévon Boghos Zekiyan, arcieparca di Costantinopoli e delegato pontificio per la Congregazione mechitarista, Bartolomeo ha ringraziato per il caloroso benvenuto e ha visitato il monastero dei padri Armeni Mechitaristi, ricordando l’importanza eccezionale della raccolta dei manoscritti qui conservati. In particolare, ha parlato di di San Lazzaro come del luogo «della custodia del più grande patrimonio culturale della Nazione Armena».

«Quest’isola – ha detto ancora il Patriarca di Costantinopoli – è un centro importantissimo di spiritualità e cultura armena ed è veramente un’oasi di pace e di preghiera».

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Italia-Armenia: presidente Sarkissian, adattamento a cambiamenti globali determinerà nuovi leader (Agenzianova 14.11.18)

Roma, 14 nov 16:50 – (Agenzia Nova) – Il mondo di oggi è caratterizzato da un continuo e rapidissimo processo di cambiamento, e coloro che lo hanno compreso e sono riusciti ad adattarcisi saranno i leader di questo secolo, e quelli che avranno più da guadagnare. Lo ha dichiarato Armen Sarkissian, presidente dell’Armenia, intervenuto oggi alla conferenza “Geopolitica del digitale: nuovi confini, crescita e sicurezza del paese”, organizzata dal gruppo Elettronica presso la Sala della Scherma del Foro Italico, a Roma, con la collaborazione dello Studio Ambrosetti. Il capo dello Stato armeno, dopo aver ringraziato tutti i presenti, ha sottolineato quanto il processo di globalizzazione stia cambiando dal punto di vista politico, economico e tecnologico. “Si può parlare di una nuova globalizzazione quantistica, nel senso che siamo arrivati ad una realtà in cui le persone e le imprese sono strettamente interconnesse”, ha affermato Sarkissian, sottolineando l’importanza della connettività per la diffusione di nuove ideologie, modelli economici e best practices. (segue) (Res) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Il dramma della Siria nel pellegrinaggio Roaco in Libano (Vaticannews.va 14.11.18)

Continua il pellegrinaggio della delegazione della Roaco in Libano guidata dal card. Sandri che ieri ha raggiunto la Valle della Bekaa al confine con la Siria. Il racconto drammatico dei vescovi alla presenza del nunzio apostolico a Damasco il card. Zenari. Le speranze di pace per tutto il Medio Oriente

La Delegazione della Roaco  (Riunione Opere Aiuto Chiese Orientali) sempre guidata dal card. Leonardo Sandri e dal nunzio apostolico mons. Joseph Spiteri, ha raggiunto la valle libanese della Bekaa, giungendo a pochissimi chilometri dal confine con la Siria, a Tanayel, nella grande casa dei Padri Gesuiti, dove ad aspettarli c’erano il Superiore della Casa, e il card. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, e i vescovi cattolici di Siria che hanno potuto raccogliere l’invito della Roaco.

La presenza dei gesuiti a Tanayel

Dopo la Santa Messa in rito latino concelebrata con i nunzi apostolici, i vescovi e i sacerdoti presenti, ha avuto inizio l’incontro con le parole di accoglienza da parte del Superiore locale dei Gesuiti, che ha spiegato che dopo l’uccisione di tre padri gesuiti durante l’impero Ottomano, la Sublime Porta decise di donare questo terreno tramite la Francia, spazio che attualmente ospita un grande terreno agricolo – coltivato in collaborazione con l’Università Saint Joseph secondo i principi ecologici della Laudato Si – un orfanatrofio, e tre scuole per un totale di 1500 alunni per lo più musulmani, oltre ad un centro di spiritualità per ritiri ed esercizi spirituali.

La speranza del card. Sandri di tornare in Siria

Il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ha introdotto la discussione ricordando il suo ultimo viaggio in Siria, per la consacrazione della cattedrale latina di Aleppo, prima dello scoppio della primavera araba, auspicando che la progressiva normalizzazione possa far giungere il giorno per potervi ritornare, ma dicendosi certo che la presenza costante del nunzio creato cardinale da Papa Francesco anche per onorare il martirio del popolo siriano sia un segno grande di incoraggiamento su cui poter contare costantemente.

Il card. Sandri chiede ai vescovi siriani di invitare a visitare il proprio Paese

Il porporatoha anche chiesto che si avvii quasi una “fase-due” delle testimonianze che molti vescovi offrono sul contesto della Siria recandosi in molti Paesi occidentali: è il tempo che vista la maggiore stabilità possano invitare alcuni a visitare la Siria da un lato, garantendo la vicinanza al popolo santo di Dio che ora più che mai ha bisogno di sentire anche fisicamente vicini i propri pastori. Il Prefetto, ricordando che egli stesso domenica 18 compirà 75 anni e sarà quindi chiamato a presentare la rinuncia dall’incarico al Santo Padre come previsto dal diritto, ha preso spunto dal Motu Proprio ‘Imparare a congedarsi’ per ricordare come il tempo del passaggio per un vescovo sia una esigenza interiore e spirituale vivendo il presente servendo il futuro.

La gestione di beni e aiuti per la Siria

Altro tema toccato nell’introduzione del card. Sandri è stata l’importanza della trasparenza nella gestione degli aiuti e dei beni della Chiesa: citando uno dei punti condiviso al termine della Plenaria del Dicastero nell’ottobre 2017, si è ricordato come ci sia da attuare una doverosa distinzione tra beni personali e beni della Chiesa, l’esigenza della corretta intestazione dei conti correnti, e il servirsi di tutti gli strumenti previsti dal diritto, quali il Consiglio per gli Affari economici e il Collegio dei Consultori di ciascuna Eparchia. Il Prefetto ha ricordato i diversi contributi destinati ai sacerdoti della Siria in questi anni di guerra dal Dicastero, certo che ogni vescovo abbia collaborato nel farli pervenire ai suoi collaboratori nell’esercizio del ministero.

Il card. Zenari per la Siria ha evocato la “bomba” povertà

Il card. Zenari è poi intervenuto riprendendo alcuni contenuti rispetto all’elaborazione di una nuova Costituzione, e dinanzi ai Rappresentanti delle agenzie della Roaco ha ricordato che secondo le statistiche dell’Onu dell’anno scorso – che ora potrebbero essere ben peggiori – esiste una “bomba” pericolosissima per il popolo siriano, cioè quella della povertà. Più del 70% della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà, e molti sono in una condizione di indigenza quasi totale.

Ad Aleppo la comunità cattolica contava 20mila fedeli, oggi solo 7mila

Di seguito ciascun vescovo ha potuto presentare brevemente la situazione della propria Eparchia. Mons. Marayati, armeno di Aleppo, ha ricordato che prima della guerra la sua comunità contava 20.000 fedeli, ora appena 7.000: la proporzione dei due terzi partiti è quella trasversale per tutte le diocesi. Su sette chiese, tre sono state distrutte, funzionano quattro scuole, mentre nell’Eparchia di Kamichlie – di cui egli è amministratore apostolico – sotto il potere curdo, funzionano due chiese e due scuole. Prima della guerra la comunità armena di Aleppo era autosufficiente, aiuntando altre eparchie armene, ora invece si è in grande difficoltà.

I corridoi umanitari favoriscono la fuga dalla Siria

Mons. Abou Khazen, vicario latino di Aleppo, ha ricordato la presenza nella zona di Idlib di due frati rimasti a tenere aperte le due chiese in un contesto di assoluto pericolo e precarietà, fedeli però alla decisione presa dai frati della Custodia già da qualche anno, che “finchè resterà un solo dei nostri fedeli, resteremo anche noi con loro”. In generale tutti i vescovi hanno espresso la loro preoccupazione per lo svuotamento della presenza cristiana in Siria, e qualcuno di loro ha espresso le proprie riserve su certe forme di aiuto, quali i cosiddetti corridoi umanitari, che però di fatto favoriscono la fuga dei fedeli dalla loro patria.

Il problema dei bambini e dei giovani

Mons. Arbach, arcivescovo Melkita di Homs e presidente di Caritas Siria, ha parlato della preoccupazione della costruzione dell’uomo e in particolare dei bambini e della gioventù. C’è il problema della droga tra i giovani, si sta lavorando molto per la promozione umana e spirituale nei centri di catechesi e nella formazione dei formatori, a partire anzitutto dai sacerdoti. E’ stato sollevato anche il problema, per continuare ad operare, della registrazione presso il Governo di Caritas Siria, di cui deve farsi carico con urgenza l’Assemblea dei Gerarchi cattolici del Paese, presieduta dal Patriarca melkita Yousef Absi.

A febbraio 2019 Sinodo inter-eparchiale

I rappresentanti delle Agenzie si sono presentati e hanno interloquito con i Presuli, rinnovando la richiesta di una presentazione corretta dei progetti di aiuto – soprattutto nell’ambito della pastorale – e la corretta rendicontazione richiesta dalle prassi internazionali. Mons. Marayati infine ha parlato di una bella esperienza in atto tra le sei diocesi cattoliche di Aleppo, e cioè la celebrazione di un Sinodo inter-eparchiale che si terrà a febbraio 2019: sarà una occasione per cercare delle strade comuni, per combattere anche il crescere del fanatismo e la sfida dell’educazione dei giovani, speranza e rischio della Siria di domani.

Visita ai Campi dei rifugiati siriani

Dopo il pranzo condiviso con la comunità dei Gesuiti, raggiunti dal Superiore Provinciale (il cui territorio di competenza raggiunge il Marocco, la Tunisia, l’Egitto, la Turchia, la Terra Santa, la Giordania e la Terra Santa), i Delegati si sono recati a pochi chilometri, nel centro di Bar Elias, dove in mezzo ad accampamenti di rifugiati siriani, in prevalenza musulmani provenienti da Raqqa, lavorano le scuole condotte dal JRS, Jesuit Refugee Service: servono 1600 studenti, attraverso il sistema dei doppi turni mattutini e pomeridiani, in scuole realizzate in container di legno, che consentono però di offrire un percorso scolastico in mezzo agli accampamenti, evitando che essi debbano spostarsi per chilometri o rinuncino del tutto a percorsi di scolarizzazione. Ogni scuola – la cui certificazione è riconosciuta sia in Libano che in Siria – ha anche il supporto di un equipe di assistenza psicologica e psichiatrica per coloro che soffrono di disturbi da stress post traumatico. Alcuni bambini sono orfani, sono nelle tende insieme ai nonni o agli zii. Il gruppo è poi entrato nella tendopoli, incontrando diverse famiglie e ascoltando alcuni loro racconti: ogni tenda deve essere “pagata” 100 dollari al mese ai proprietari del terreno, ed è sempre difficile arrivare a raccogliere in modo onesto i soldi necessari.

Preoccupazione delle religiose per la legge sulle scuole cattoliche in Libano

Nel tardo pomeriggio infine, la Delegazione si è spostata all’Università USEK gestita dall’Ordine Libanese Maronita, dove si è svolto l’incontro i Superiori Generali e Provinciali degli Ordini e delle Congregazioni presenti in Libano, maschili e femminili. Dopo il saluto di Madre Judith Haroun e dell’Abate dell’Ordine Libanese Maronita, il Cardinale Sandri ha raccolto le preoccupazioni dei Religiosi circa la possibilità di continuare alcune opere, specie quelle educative dopo l’approvazione della legge sulle scuole anche cattoliche in Libano, ma ha rilanciato sul tesoro prezioso e sul “santuario” rappresentato dalla vita religiosa nel Paese dei Cedri. Se non si spegnerà e si rinnoverà la carica profetica insita nella loro stessa esistenza, siamo certi che anche ogni opera potrà continuare o venire ridimensionata, ma non verrà meno il dono della vita dei religiosi e religiose al Libano.

Segni di speranza per il Libano e il Medio oriente

Il dialogo che è seguito si è mosso su due binari: da un lato il racconto di alcune esperienze, di piccole scuole che garantiscono l’insegnamento nei villaggi e consentono la formazione equilibrata delle giovani generazioni, lontane da ogni fanatismo e fondamentalismo, di esperienze al servizio dei disabili e dei rifugiati. Se in alcune voci prevaleva la preoccupazione umana e comprensibile per il futuro – forse a motivo anche della solidità che la storia ha consentito di raggiungere – in altre sembrava di vedere come quelle “scintille nelle stoppie” di cui parla il libro della Sapienza: cuori accesi dalla speranza, ben fondati nella promessa di fedeltà del Signore, capacità di intraprendere percorsi di incontro e di collaborazione nel servizio dei bisogni che il tempo presente sta offrendo. Un segno bello e giovane di speranza per il Libano e per il Medio Oriente.

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Italia-Armenia: ministro Giustizia Zeynalyan incontra presidente Autorità anticorruzione Cantone (Agenzianova 14.11.18)

Roma, 14 nov 09:50 – (Agenzia Nova) – Il ministro della Giustizia incaricato armeno, Artak Zeynalyan, ha incontrato ieri il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione italiana, Raffaele Cantone, a margine della sua visita ufficiale a Roma. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”, alla quale il dicastero di Erevan ha rilasciato alcune dichiarazioni. Al colloquio hanno partecipato anche l’ambasciatore armeno in Italia, Victoria Baghdasaryan, e il viceministro della Giustizia, Suren Krmoyan. L’incontro, riferisce “Armenpress”, si è incentrato su una serie di questioni relative alla politica anti-corruzione dei due paesi e la prevenzione di attività illecite di questo tipo, e il presidente Cantone si è dichiarato pronto ad assistere l’Armenia nella sua battaglia contro la corruzione nel paese. (Res)

Il Salento International Film Festival a Yerevan (Aise.it 13.11.18)

YEREVAN\ aise\ – Quarta edizione del SIFF Salento International Film Festival a Yerevan, in Armenia, dove la rassegna si terrà il 28 e il 29 novembre prossimi presso la sede del Naregatsi Art Institute. Sono in proiezione due pellicole italiane e due straniere, queste ultime premiate al SIFF 2018 che si è svolto nel mese di settembre a Tricase (Le).Un altro film italiano, “Hotel Gagarin”, opera prima del regista Simone Spada e girato quasi interamente in Armenia, viene proiettato in prima visione nel Paese il 30 novembre presso l’hotel Best Western Congress di Yerevan.
Fondato nel 2004 e organizzato in Salento – “la porta verso l’Oriente”, che ha sempre rappresentato un crogiolo di culture e tradizioni – il Salento International Film Festival è interamente dedicato alle produzioni indipendenti: una formula innovativa caratterizzata dall’alta qualità dei suoi contenuti e una dettagliata ricerca tra le forme di espressioni culturali contemporanee.
Il Salento International Film Festival è diventato un evento internazionale per il suo concetto di “Festival Itinerante”, che è cominciato nel 2010 a Londra presso il Prince Charles Cinema (l’unico cinema indipendente nel centro di Londra). Da allora il SIFF World Tour ha presentato molti film indipendenti di tutto il mondo in varie città tra cui Zurigo, Mosca, San Pietroburgo, Hong Kong, Santiago del Chile, Yerevan e in altre città. (aise)

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Ascoli, Letizia Leonardi parla del genocidio armeno al Green Park (Resto del Carlino 13.11.18)

Ascoli, 13 novembre 2018 – La rassegna ‘A cena con l’autore’ torna in scena al Circolo Sportivo Fondazione Carisap domani sera alle 21,15. L’ospite d’onore, questa volta, sarà Letizia Leonardi, giornalista e scrittrice che presenterà il suo ultimo libro, ‘Il chicco acre della melagrana’, scritto a 4 mani con Kevork Orfalian, importante rappresentante della comunità armena di Roma.

Si tratta di un romanzo autobiografico, che ripercorre la travagliata storia del popolo armeno e del suo genocidio attraverso gli occhi di chi lo ha vissuto sulla sua pelle, lo stesso Orfalian. Vicende personali e storiche si intrecciano attraverso una narrazione-confessione che ripercorre per tappe la storia personale del coautore, una testimonianza che si fa sempre più intensa, fino a toccare l’apice nelle pagine dedicate agli orrori della prigionia nelle carceri turche, dove Orfalian trascorse 9 mesi tra torture e vessazioni, accusato di sospetta attività sovversiva. La scarcerazione coinciderà con una rinascita che porta in grembo la voglia di denunciare e portare alla luce una vicenda troppo a lungo ignorata.

L’incontro con Letizia Leonardi, accompagnato dalla visione di immagini e filmati, andrà in onda in diretta sulle frequenze di Radio Ascoli Inblu per il programma ‘Un mondo di libri’, e sarà preceduto, alle 19,45, da un apericena preparato dallo staff del ristorante Green Park, con un menù che prevede zuppa di farro ai profumi del bosco; insalata di finocchi, spinaci, noci e melagrana; tris di salami di Norcia; bastoncini di polenta fritti; risotto alla melegrana e taleggio; pizza Deluxe ai porcini, salsiccia e castagne; mousse alla vaniglia con crumble di pasta sfoglia e caramello e vini della Cantine di Castignano al costo di 17 euro a persona (prenotazioni: 339/4925860; 0736/341250).

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Armenia: ministro Giustizia Zeynalyan, consenso “senza precedenti” per governo grazie a lotta alla corruzione (Agenzianova 12.11.18)

Roma, 12 nov 17:25 – (Agenzia Nova) – Dopo la recente “rivoluzione di velluto” in Armenia si registra un “consenso senza precedenti” nei confronti del governo proprio grazie ai progressi nella lotta alla corruzione. Lo ha affermato il ministro della Giustizia armeno, Artak Zeynalyan, nel suo intervento a Roma al convegno, organizzato dalla Luiss e dallo Iai, sulle strategie per il contrasto della corruzione nell’era digitale nei paesi dell’Osce. Il ministro della Giustizia armeno ha ricordato il processo democratico che nei mesi scorsi ha portato ad un cambio di governo a Erevan, facendo notare che l’esecutivo ha subito adottato importanti riforme che sono anche “attuate concretamente”. Zeynalyan ha sottolineato quindi la volontà del governo armeno di adottare una legge per la riforma dei poteri delle forze dell’ordine per il contrasto alla corruzione, e una normativa volta al perfezionamento degli appalti pubblici online. Secondo il ministro, nel 2017 è stata creato un sito online unico per tutti gli atti normativi che “garantisce una discussione aperta” di tutti i progetti di legge, anche sulla base “dell’ascolto della società civile”. (Pav)

Armenia: minoranze sessuali, l’alternativa alla violenza è il silenzio (Osservatorio Balcani e Caucaso 12.11.18)

Gli appartenenti alla comunità LGBT non sono assolutamente accettati in Armenia. Alcuni di loro, già fortemente stigmatizzati dalla società, sono anche soggetti a violenze fisiche nel caso di esternazione del loro orientamento sessuale; altri vivono nel silenzio, scegliendo di mantenere la loro vita privata strettamente confidenziale.

Quando ho scoperto di essere “diverso”

Levon (il nome è stato cambiato), 33 anni, vive a Yerevan da 5 anni, ma è originario della regione di Lori. Dice che la ragione per la quale si è trasferito nella capitale è stata la rivelazione di se stesso.

“Quando ho compiuto 25 anni, i miei genitori iniziarono a provare a convincermi che era tempo di sposarsi. Vivevo in un villaggio. Nel nostro villaggio a 25 anni si è già vecchi e secondo la legge non scritta si dovrebbe già essere padri di famiglia a quell’età. Iniziarono a cercare per me una sposa. A quel tempo non avevo ancora realizzato che le ragazze non mi interessavano del tutto, che avevo un altro mondo dentro. Senza ancora aver capito me stesso, rifiutai tutte le proposte che mi arrivarono. Alla fine, mi sembrava mi piacesse una ragazza di un villaggio vicino. Organizzammo il matrimonio, portammo la sposa a casa nostra e vivemmo per circa un anno sotto un solo tetto. Ogni giorno della nostra vita insieme è stato un inferno per entrambi”, si ricorda Levon.

All’età di 27 anni, con il pretesto di problemi finanziari, Levon partì per la Russia per un lavoro all’estero. In realtà, come racconta, fu una fuga dalla sua vita di incomprensioni.

“Nessuna ragazza mi attirava. Ho vissuto la maggior parte della mia vita mentendo a me stesso. Ho provato a convincermi che il motivo per il quale non mi piacesse nessuna ragazza è che sono un perfezionista; e che inoltre ero disgustato da loro perché non avevo trovato la ragazza perfetta. Mi sono convinto che a Mosca avrei trovato una bella ragazza con un aspetto slavo, che avrebbe dato un senso alla mia vita. Ma niente di tutto questo accadde. Risparmiai soldi per metà anno, andai dallo psicologo, gli chiesi se potesse aiutarmi ad amare le ragazze. Ma lo psicologo mi mostrò un’altra strada. Mi fece diventare onesto con me stesso. Non ero uno stupido e non è che non avessi capito che ero attratto dagli uomini. Semplicemente ho sempre avuto paura di parlarne. Convinsi così anche me stesso che non fosse il mio caso. Con l’aiuto dello psicologo, imparai a essere sincero, a parlare dei desideri sessuali. Stetti lì per circa sei mesi, ritornai poi al nostro villaggio e divorziai da mia moglie”, racconta Levon, il quale pensa che l’errore più grande della sua vita sia stato proprio sposarsi.

“Ho sottratto 2 anni alla vita di mia moglie. L’ho ferita per 2 anni, dal momento che avevo paura di essere diverso, di essere condannato per questo”, sottolinea.

Dopo aver parlato chiaramente con la sua ex moglie, fu il turno dei suoi genitori. Levon ricorda che raccontare ad una famiglia tradizionale armena di essere gay è come entrare in un film horror. Alla fine, fu convenuto che nessuno avrebbe parlato del vero orientamento sessuale di Levon; e il ragazzo lasciò la casa.

“Ora sono felice. Vivo a Yerevan. Ho un compagno che è appena andato via da casa come me. Sfortunatamente vedo raramente i miei genitori. Mi hanno proibito di avere qualunque contatto con loro. Una volta all’anno vado nel mio paese, è una loro richiesta, in modo che ai paesani sembra che sia molto occupato. Io però i miei genitori non li posso dimenticare”, racconta Levon.

Voglio solo amore

La ventinovenne Anush ha lasciato l’Armenia 10 anni fa. Già da molto giovane ha realizzato che non aveva bisogno di un ragazzo, ma che solo una ragazza sarebbe stata al suo fianco.

“Mi considero una donna felice. Ero adolescente quando leggendo della letteratura ho capito chi ero e mi sono resa conto di non riuscire ad indossare vestiti femminili, truccarmi e passeggiare con i ragazzi. Volevo essere un ragazzo e abbracciare una ragazza… Quando realizzai completamente cosa volevo, lo dissi ai miei genitori. Ringrazio Dio che hanno fatto nascere solo me. Mi ascoltarono con calma. Naturalmente so che li stavo ferendo con quella notizia, ma cercarono di aiutarmi. In Armenia il cambiamento di sesso è vietato. Mi aiutarono a raccogliere dei soldi e sono venuta in Europa. Qui ho ricevuto un’istruzione superiore, ora ho un buon lavoro e risparmio per realizzare il mio sogno: sottopormi all’intervento chirurgico”, ha detto Anush.

Secondo Anush, essere un rappresentante della comunità LGBT in Armenia è un problema serio. Non sono accettati, vengono condannati e nessuno offre loro un lavoro.

“Ho degli amici in Armenia che sono finiti al centro di diverse storie dolorose quando hanno provato a raccontare delle loro aspirazioni sessuali, a proteggere i loro diritti. Forse sbaglio, ma credo che non sia necessario sottolineare così marcatamente di essere diversi. La vita sessuale di una persona non dovrebbe essere così pubblicizzata. Quando qualcuno si lamenta con me di essere stato picchiato da alcuni uomini che hanno saputo che era gay, rispondo: ‘Sei responsabile per questo; se vedi che la persona non ti capirà, non parlarci, non provare a spiegargli nulla, è privo di senso in ogni caso. Vivi per te stesso con calma’”.

Anush si sente una semplice mortale che sogna l’amore e sogna di essere amata. Al momento non ha una partner, è ancora alla ricerca. Vuole trovare qualcuno come lei, che sogni l’amore e sogni di vivere una vita tranquilla. “Non ho mai partecipato a nessuna parata LGBT in Armenia, per me non ha senso. So che verrò criticata per queste parole ma provo a spiegarmi: in Armenia il modello di famiglia tradizionale è così ben radicato che penso sia impossibile combattere contro questo. Suggerisco sempre ai miei amici di venire in Europa o di vivere silenziosamente, altrimenti la loro vita si trasformerà in un caos”.

La violenza contro i diversi

Secondo il report sulla “Situazione dei diritti umani delle persone LGBT in Armenia, 2017” presentato dalla ONG “Pink Armenia”, nel 2017 sono stati registrati 30 casi di attacchi basati sull’orientamento sessuale e/o sull’identità di genere. 8 di questi casi sono finiti a processo mentre per 14 casi non sono stati avviati procedimenti legali per circostanze varie. Per 4 casi inoltre il tribunale non ha proceduto a seguito di un accordo tra le parti e ritiro della denuncia. Infine per due casi non si è avviato alcun procedimento per assenza della vittima e per altri due la vittima non ha voluto rivelare la propria identità e non ha sporto alcuna denuncia. 8 dei casi che non sono finiti a processo riguardavano violenze domestiche in cui le vittime non volevano sporgere denuncia contro i familiari.

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