Trasporto aereo: Armenia, compagnia romena Tarom entra ufficialmente in mercato nazionale (Agenzianova 15.01.19)

Erevan, 15 gen 11:27 – (Agenzia Nova) – La compagnia aerea romena Tarom ha fatto ufficialmente ingresso nel mercato dell’Armenia. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”, aggiungendo che il paese caucasico è stato oggetto dell’interesse di svariate compagnie aeree internazionali nell’ultimo periodo. Stando alle informazioni diffuse, la presentazione relativa all’entrata dell’azienda nel mercato armeno sarebbe in programma per la giornata del 18 gennaio. Nello specifico, l’evento vedrà la partecipazione di una serie di rappresentanti del dipartimento generale per l’Aviazione civile, del ministero dei Trasporti e dell’ambasciata di Romania ad Erevan, oltre ai rappresentanti di più di 80 compagnie aeree. (Res) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Armenia, presidente nomina premier leader Rivoluzione velluto (Askanews 14.01.19)

Erevan (Armenia), 14 gen. (askanews) – Il presidente dell’Armenia ha nominato primo ministro l’ex leader della Rivoluzione di velluto Nikol Pashinyan, mentre il parlamento del Paese si è riunito per la prima volta dalle elezioni dello scorso mese.
Pashinyan ha ottenuto una schiacciante vittoria nelle elezioni parlamentari anticipate di dicembre, cementando la sua autorità dopo aver ottenuto il potere con la protesta pacifica dello scorso anno.
Parlando all’Assemblea Nazionale, il presidente Armen Sarkisian ha sottolineato come le elezioni abbiano “dotato questo parlamento di un’alta legittimità”. Soltanto i partiti che hanno appoggiato la “Rivoluzione di velluto” di Pashinyan sono arrivati in parlamento, al termine di un voto che gli osservatori internazionali hanno giudicato democratico.
Il Contratto civile di Pashinyan ha ottenuto il 70,43 per cento dei voti. “Il principale cambiamento politico previsto in Armenia è già accaduto: il potere è tornato al popolo ed è stata stabilita la democrazia”, ha affermato Pashinyan in un incontro con il presidente, secondo quanto riportato dal servizio stampa del primo ministro. “Ora c’è un altro compito: rafforzare questa democrazia con garanzie internazionali”, ha aggiunto.

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Armenia: Erevan, via a votazioni per nomina nuovo presidente parlamento (Agenzianova 14.01.19)

Erevan, 14 gen 11:09 – (Agenzia Nova) – Le votazioni per la nomina del nuovo presidente del parlamento di Erevan hanno avuto inizio questa mattina. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”. L’unico candidato, stando alle informazioni riportate, risulta essere il primo vicepremier Ararat Mirzoyan, proposto dalla maggioranza parlamentare del blocco My Step. “Il nuovo programma del governo occuperà una posizione prioritaria all’interno dell’agenda parlamentare: dobbiamo impegnarci per rendere l’Assemblea più intraprendente nello svolgimento delle sue attività”, ha aggiunto Mirzoyan, dichiarandosi pronto ad accettare l’incarico “per il benessere, la libertà e la dignità dei cittadini armeni”. (Res) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Kurdistan, la nazione invisibile (opinione-pubblica.com 11.01.19)

Pochi giorni fa è morto in Siria per circostanze ancora da chiarire Giovanni Francesco Asperti, un cittadino italiano che si era trasferito nella regione di Rojava per combattere lo Stato Islamico al fianco delle milizie curde dell’Unità di protezione popolare (Ypg). Il consolato a Erbil sta seguendo il caso ed è in contatto con i familiari.

La morte del nostro connazionale coincide con la ritirata strategica degli USA dalla Siria decisa dal presidente Trump (con il parere contrario del Pentagono). Considerata ormai vinta la lotta con l’ISIS e dopo aver usato i curdi in questa lotta, gli USA (almeno queste sono le dichiarazioni del segretario di Stato Pompeo) avrebbero ottenuto dalla Turchia che la stessa continuerà la campagna contro l’ISIS dopo il ritiro delle truppe Usa dalla Siria “proteggendo” i combattenti curdi (alleati degli americani), che temevamo un’offensiva di Ankara. Queste dichiarazioni appaiono quantomeno irrealistiche, posta la secolare politica di repressione turca contro il popolo curdo sia all’interno del territorio anatolico sia al di fuori di esso, pienamente confermata dalla posizione nazionalistico – autoritaria del nuovo Sultano turco (Erdogan), che sta cercando di trasformare la Turchia in uno Stato presidenziale eliminando l’opposizione interna e reprimendo le minoranze etniche.
Ecco così riemergere antiche ferite e l’antico dramma di un popolo, di una nazione invisibile, senza patria. L’Occidente aveva pochi mesi fa osannato il coraggio dei combattenti curdi a Kobane. Non vi è stata testata giornalistica in Occidente che in quei giorni non abbia pubblicato foto o video vari delle donne partigiane curde in festa dopo essere riuscite a respingere gli attacchi dell’Isis. I curdi erano per tutti gli “alleati” ideali, quelli da appoggiare affinché sconfiggessero il gruppo terroristico peggiore al mondo. Finita quell’epopea, i media occidentali sono tornati a disinteressarsi del problema curdo.
L’aviazione di Bashar Assad, sino a poco tempo fa ufficialmente loro alleata, può così ora tranquillamente prendere di mira i curdi, con l’aiuto dei russi, tornando a bombardarli dato che anche le loro posizioni non sono poi così favorevoli al governo di Damasco. Sino a ieri nemici, Putin e Erdogan si sono ritrovati alleati per caso, mentre la Turchia (che trafficava col petrolio dell’ISIS), sin da quando esisteva l’Impero Ottomano e soprattutto dopo la sua dissoluzione, ha sempre cercato di chiudere i conti con la questione curda per sbarazzarsi delle loro rivendicazioni di forte autonomia da Ankara.
Come ho rappresentato nel mio libro dedicato all’Armenia (*), sotto la teocrazia islamista dell’Impero Ottomano i non-islamici venivano considerati “dhimmis”, cioè “gente infedele tollerata”, una sorta di cittadini di seconda classe. Gli armeni non potevano testimoniare contro gli islamici nei processi e subivano tassazioni esorbitanti, dovendo peraltro spesso pagare imposte persino ai capi tribali curdi. Armeni e curdi, peraltro, hanno sempre mantenuto una loro identità. A partire dal IV secolo gli armeni si convertirono infatti al Cristianesimo ripudiando il concilio di Calcedonia del 451: questo ripudio creò una profonda frattura tra Chiesa armena, Chiesa greco-ortodossa e cattolica, che a sua volta contribuì non poco ad accentuare l’isolamento armeno dal resto del mondo cristiano. A differenza degli armeni i curdi diventarono islamici durante la conquista araba.
Dal VII secolo gli armeni (contadini, artigiani, mercanti e finanzieri) e i curdi (prevalentemente pastori nomadi) vissero in conflitto permanente: caduto l’impero bizantino le conquiste dei turchi ottomani a partire dal XVI secolo crearono una nuova situazione. Ma finché l’impero ottomano rimase forte gli armeni vissero nell’ambito del sistema del millet: nonostante le frequenti scorrerie dei nomadi curdi gli armeni prosperavano grazie ai commerci. Con il declino dell’Impero Ottomano tutto cambiò anche per gli armeni: commercio e industria ristagnarono e molte delle famose vie carovaniere dell’Asia minore si ridussero a meri sentieri o mulattiere. Negli Anni Sessanta dell’Ottocento aumentarono le petizioni dei villaggi armeni e del loro patriarca per contrastare la spoliazione delle terre degli armeni e l’insopportabile fiscalità delle autorità ottomane e curde.
Il problema curdo non è solo un grave problema “interno” alla Turchia ma è cross border a tutto il Medio Oriente. I due detonatori continui di instabilità di quest’area strategica sono infatti sia la questione palestinese quanto quella curda. Negli accordi Sykes-Picot del 1916, che sancirono la spartizione del Medio Oriente tra Francia e Gran Bretagna dopo la fine della prima guerra mondiale, la nascita del Kurdistan come Stato indipendente non venne nemmeno presa in considerazione. Le due potenze europee pensarono che fosse meglio smembrare la terra curda, creando delle proprie rispettive sfere di influenza. La nascita del moderno Iraq fu un’invenzione britannica. Il nuovo sovrano Faysal fu prescelto in quanto figlio di al-Ḥusayn ibn ʿAlī, Sceriffo di Mecca ed al tempo re del Hijāz, autore principale della rivolta araba del 1916. Formalmente la nomina avvenne a seguito di un plebiscito ma esso fu gestito ed organizzato dal Colonial Office britannico. Il giorno dell’incoronazione del nuovo sovrano iracheno suonò l’inno nazionale britannico God save the Queen (e questo la dice lunga sull’autonomia del nascente Stato).
Nel 2017 quasi il 93% dei votanti si è espresso in favore dell’indipendenza nel referendum svoltosi nel Kurdistan iracheno. Ma il governo centrale iracheno, oggi controllato dagli sciiti, non intende ovviamente rinunciare all’unità del territorio statale iracheno. La provincia di Mosul è infatti ricchissima di petrolio, e petrolio significa denaro e quindi potere. I curdi del nord dell’Iraq, dopo essere stati colpiti anche coi gas da Saddam Hussein e Alì il chimico e dopo aver accolto a Erbil migliaia di profughi yazidi massacrati dall’ISIS, non hanno comunque ancora rinunciato alle loro istanze indipendentistiche, e oggi sono tornati protagonisti (almeno in Iraq).
Il 22 novembre 2018, a più di un anno dal referendum con cui nel settembre scorso i curdi votarono per l’indipendenza, l’ex presidente della Regione autonoma del Kurdistan Massoud Barzani è infatti tornato per la prima volta a visitare la capitale federale, Baghdad. Barzani, che si era dimesso in seguito ai disordini scatenati dall’esito del referendum, è arrivato a Baghdad in qualità di presidente del Partito democratico del Kurdistan, ma è stato accolto con tutti gli onori riservati al presidente del governo regionale. Dopo aver incontrato il primo ministro iracheno Adel Abdul Mahdi, lo ha definito “un amico e un fratello”. Abdul Mahdi ha poi parlato dell’incontro descrivendolo come un nuovo inizio nelle relazioni tra il Kurdistan iracheno e il governo centrale.
Barzani è giunto a Baghdad proprio mentre si sta acuendo la crisi tra i due principali blocchi politici sciiti iracheni. Dopo quasi dieci anni di ostilità con Baghdad, Barzani si trova oggi nella posizione unica di poter giocare un ruolo centrale e incidere sulla politica del governo centrale. La sua agenda era fitta di incontri con tutte le fazioni più importanti del paese, e Barzani ha incontrato anche il leader sciita Muqtada al Sadr a Najaf. Due sono stati gli obiettivi principali del viaggio di Barzani: sostenere Abdul Mahdi nel portare a termine la formazione del governo, e rafforzare il peso dei curdi nella politica irachena.
Gli USA, dopo aver determinato il disastro iracheno (e in buona parte anche quello siriano), oggi decidono di abbandonare la Siria forse proprio per de-legittimare le aspirazioni curde tendenti al riconoscimento di spazi di indipendenza e autonomia, venendo incontro ai desideri dell’alleato turco e componente importante della NATO. Il “Grande Gioco” mediorientale si rinnova, mentre trentacinque milioni di curdi dispersi in Turchia, Siria e Iraq cercano nuovamente di non soccombere alla realpolitik occidentale e turca, nonché ai postumi della preannunciata fine del conflitto siriano.

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Tra Armenia e Ucraina le iniziative per l’unità dei cristiani a Grosseto (Acistampa 11.01.19)

Per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, il vescovo Rodolfo Cetoloni di Grosseto ha invitato la diocesi a riflettere sul tema “Cercate il suo volto”. Si inserisce in questo percorso l’incontro con il Pontificio Collegio Armeno, che si terrà il 19 gennaio.
L’appuntamento è parte di un percorso che la diocesi di Grosseto porta avanti da tempo, anche perché nella diocesi sono arrivati, nel corso del tempo, molti migranti provenienti da Chiese di tradizione orientale.
Il 17 gennaio 2018, il vescovo Dionisio Lachoviz, visitatore apostolico per i fedeli ucraini in Italia, aveva celebrato a Grosseto una Divina Liturgia per le Comunità ucraine in Italia. Mentre sono sempre più stretti i rapporti tra la Santa Sede e la Chiesa Apostolica Armena, come testimoniato dalla recente nomina dell’arcivescovo Khajag Barsamian come rappresentante della Chisa Apostolica Armena a Roma.
L’incontro con i seminaristi armeni del 19 gennaio a Grosseto è stato organizzato dall’Ufficio Diocesano Missionario e la Pastorale dei Migranti della Diocesi, insieme all’ufficio Liturgico, l’Ufficio per l’Ecumenismo e il Settore Adulti dell’Azione Cattolica Diocesana.
L’idea, sviluppata dallo scorso anno, è quella di leggere le realtà di alcun dei Paesi le cui popolazioni si trovano a vivere fuori dalla terra di origine. E gli armeni sono storicamente in diaspora, dal “Grande Male” che fu considerato il primo grande genocidio del XX secolo.
Istituito da Papa Leone XIII nel 1883 con il breve “Benigna hominum parens”, il Pontificio Collegio Armeno fu inaugurato dal cardinale Hassun l’1 novembre di quello stesso anno. Nei primi 100 anni di vita, il collegio ha ospitato circa 270 alunni, e 160 di loro sono diventati sacerdoti. Tra i sacerdoti, tre sono diventati patriarchi e 19 vescovi ed arcivescovi.
Il Pontificio Collegio Armeno animerà il 19 gennaio la Santa Messa in Rito armeno in Cattedrale.
L’evento chiude la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani.
Lo scorso anno ci fu, oltre all’incontro con il Pontificio Collegio Armeno, uno con il Pontificio Collegio ucraino, che avevano anche partecipato a un incontro pubblico sul tema: “Ucraina: la sofferenza e le ferite di una nazione martire”.
L’Ucraina, infatti, non è solo colpita dal “conflitto dimenticato”, cui il Papa ha mandato aiuti e menzionato anche nel tradizionale discorso di inizio anno al Corpo Diplomatico. La persecuzione del popolo ucraino dura dai tempi sovietici, come dimostra anche la strage dell’Holomodor perpetrata dal regime staliniano nel 1933, che provocò la morte di almeno 7 milioni di persone in Ucraina.
Si deve sempre a Leone XIII l’istituzione del Pontificio Collegio Ucraino. Dedicato a San Giosafat, martire e santo del popolo ucraino attualmente sepolto in San Pietro, la storia del Pontificio Collegio affonda nel XVI secolo, e si collega strettamente con il Pontificio Collegio Greco di Sant’Atanasio fondato il 3 novembre 1576.
È lì che nel XVI secolo arrivano i primi studenti di teologia della Metropolia di Kiev, favoriti dal fatto che dopo l’Unone di Brest, che portò la Chiesa Greco Cattolica Ucraina in comunione con Roma, Papa Clemente VII avesse deciso di donare quattro borse di studio a studenti ruteni destinati a studiare teologia a Roma. Nel 1803, il Collegio viene chiuso a causa delle guerre napoleoniche, e riapre solo nel 1845. Nel 1897, Leone XIII fonda il collegio indipendente di San Giosafat, che dal 1932 ha sede sul Gianicolo.

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Impegno di Assad per ricostruire la Chiesa memoriale del genocidio armeno a Deir Ezzor (Lantidiplomatico 10.01.19)

Nell’ambito dei legami storici e politici tra Siria e Armenia, il Presidente siriano Assad ha preso l’impegno di ricostruire la Chiesa memoriale che ricorda il genocidio turco contro gli armeni a Deir Ezzor. Damasco precisa che questo impegno è stato preso anche considerando il sostegno dell’Armenia alla Siria durante questi anni di guerra senza interrompere le relazioni diplomatiche.

Il presidente della comunità armeno-siriana in Armenia, George Barseghyan, è stato intervistato da ArmenPress questa settimana dopo che lui e un gruppo di uomini d’affari armeni si sono incontrati con il presidente siriano Bashar Al-Assad a Damasco.
“C’era un compito che questo Consiglio doveva rafforzare: i legami tra Siria e Armenia. Il primo passo è stato chiedere un incontro con il presidente siriano Bashar al-Assad. E questa richiesta è stata approvata molto presto. Un incontro è stato programmato non solo con il presidente siriano, ma anche con altri alti funzionari della Siria. Il Consiglio ha formato una delegazione composta da armeni siriani, uomini d’affari armeni”, ha aggiunto Barseghyan.
Barseghyan ha affermatio alla pubblicazione online che Assad ha promesso di ricostruire la Chiesa memoriale del genocidio armeno a Deir Ezzor che è stata distrutta dai terroristi di Jabhat Al-Nusra.
“Il governo siriano ha intenzione di dare la priorità a questi programmi per quei paesi che si sono uniti a lui in questi anni. L’Armenia è tra quei paesi che non hanno chiuso la propria ambasciata durante la guerra, hanno sempre mantenuto i legami statali e inviato un aiuto in Siria.

E durante i prossimi progressi, i programmi commerciali e i lavori di restauro, la priorità sarà data agli armeni “, ha precisato George Barseghyan, aggiungendo che il governo siriano apprezza molto il ruolo della comunità armena. Ha spiegato, tra l’altro, che non è una coincidenza che il presidente siriano abbia promesso di restaurare la Chiesa armena a Deir ez-Zor con le proprie risorse.
Le relazioni storiche della Siria con l’Armenia hanno spianato la strada a forti legami politici tra Damasco e Erevan.
“La nostra visita ha perseguito numerosi obiettivi. In primo luogo per rafforzare e intensificare i legami tra Armenia e Siria. Inoltre, volevamo anche esprimere il nostro sostegno al Presidente e al governo siriano. L’Armenia è uno di quei paesi unici per la maggior parte della popolazione che sostiene l’attuale governo siriano, perché siamo riusciti a raggiungere un successo significativo durante il governo di questa leadership. È stata un’occasione adeguata per mostrare il nostro sostegno. Alla fine, abbiamo una comunità armena in Siria, ad Aleppo, Damasco e altre città. Gli armeni(che vivono in Siria) hanno ottimi rapporti con le autorità”, ha concluso aggiunto.

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ASIA/SIRIA – Assad promette di ricostruire la chiesa-memoriale del Genocidio armeno a Deir ez-Zor

Damasco (Agenzia Fides) – Il Presidente siriano Bashar al Assad ha preso l’impegno di far ricostruire con finanziamenti statali la chiesa-santuario dei martiri armeni situata nella città siriana di Deir ez-Zor, che fu devastata dai jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) nel settembre 2014.
L’intenzione di far rinascere dalle sue macerie il sacrario dedicato alle vittime del Genocidio armeno – riferiscono fonti armene come Armenpress, e anche il canale Ishtar TV – è stata espressa dal Presidente siriano durante un suo recente incontro con una delegazione di uomini d’affari armeni in visita in Siria, guidata da George Parseghian, Presidente del Comitato di rappresentanza degli armeni siriani in Armenia.
Nel settembre 2014, come riferito allora dall’Agenzia Fides, i jihadisti di Daesh conquistarono circa la metà dell’area urbana di Deir ez-Zor, città siriana orientale a maggioranza curda, e qualche giorno dopo devastarono la chiesa dove erano custoditi i resti delle vittime del Genocidio armeno.
La chiesa era stata consacrata nel 1991 come memoriale del Genocidio, e comprendeva nella propria area anche un museo con i resti delle vittime dei massacri sofferti dagli armeni in territorio ottomano tra il 1915 e il 1916, che avevano registrato una particolare concentrazione proprio nell’area desertica intorno a Deir ez-Zor.
Nel governatorato di Deir ez- Zor i jihadisti di Daesh avevano ucciso nell’agosto 2014 centinaia di appartenenti a clan tribali locali, e nei mesi precedenti avevano combattuto anche contro i miliziani islamisti della concorrente fazione al-Nusra per assicurarsi il controllo dell’area, ricca di petrolio. La città fu riconquistata dall’esercito governativo siriano nel novembre 2017, ma gruppi jihadisti continuano ancora adesso a compiere attacchi mirati nelle aree circostanti.
I rapporti tra Siria e Armenia si sono intensificati dopo la nomina del nuovo ambasciatore siriano a Erevan, che ha iniziato a riallacciare contatti con la comunità di armeni siriani immigrati nel Paese caucasico anche in tempi recenti, negli anni del conflitto siriano. La delegazione di imprenditori armeni ha manifestato anche la propria disponibilità a prendere parte alla ricostruzione delle infrastutture siriane devastate dalla guerra. “L’Armenia” ha ricordato Parseghian offrendo in un’intervista il resoconto degli incontri avuti dalla delegazione armena con le autorità siriane durante la visita – è tra i Paesi che non hanno chiuso la propria ambasciata durante la guerra, hanno sempre mantenuto i legami statali e hanno inviato aiuti alla Siria”. (GV) (Agenzia Fides 11/1/2019)

Le cinque fiumare nella “Valle degli Armeni”: «una straordinaria ricchezza di flora e fauna» (Corrierelocride.it 08.01.19)

«Il patrimonio fluviale di Brancaleone e nuove prospettive di rilancio turistico del territorio».
Da piccolo mi soffermavo spesso ad osservare questi corsi d’acqua che spesso mi incuriosivano per la loro straordinaria ricchezza di flora e fauna. Da grande ho comiciato ad esplorarle condividendone spesso e volentieri ricognizioni. Non sono un geologo ma con il tempo mi sono fatto guidare da persone che mi hanno insegnato a non sottovalutare questi straordinari aspetti del territorio e via via con il tempo e gli anni, ho imparato ad amare ogni cosa apparentemente insignificante. Mi sono affacciato a questa descrizione dopo circa un anno di gestazione, volevo dare importanza alla natura di questa vallata a volte calandomi nei meandri idrografici del territorio e capire meglio da cosa derivano nomi e toponimi ancora in uso nella nostra era moderna. Ciò che mi colpisce è sicuramente la toponomastica così arcaica, spesso indecifrabile e di dubbia origine, ma anche l’importanza geopolitica di questo piccolo universo fatto di confini marcatamente segnati grazie alla presenza di questi corsi d’acqua tanto effimeri quanto strategicamente importanti in tempi antichi. Ne ho tracciato un quadro riguardante il territorio cosiddetto “Valle degli Armeni” una denominazione che ho creato qualche hanno fa supportata da chi prima di me ha studiato questo territorio ha rilevato la presenza degli Armeni sin dall’ IX sec d.C. che ha fortemente interessto i territori di: Brancaleone, Staiti, Bruzzano Zeffirio e Ferruzzano.
Ho sezionato per puro gusto di farlo e senza la pretesa di scendere in particolari tecnici (degni di altre competenze scientifiche) ogni meandro più recondito di queste valli, di queste montagne, di quelle colline apparentemente anonime e aride. Ciò che ne è emerso è un quadro che va al di la dei tecnicismi scientifici ma nel contempo rappresentano un buon motivo per apprezzare maggiormente il territorio nella sua espressione più naturale, fosse anche per il gusto di stimolare le coscienze ad una maggior consapevolezza delle preziose risorse di questo lembo di Calabria spesso poco conosciuto.
Mi sono addentrato spesso e volentieri all’interno di queste fiumare, ed ove non mi è stato possibile arrivare a piedi, servendomi per altri versi dei moderni sistemi satellitari per rilevare le origini di questi corsi d’acqua, seguendoli e documentandomi personalmente e a volte anche servendomi di testimonianze di chi il territorio interno lo vive quotidianamente. Persone che per mestiere o per lavoro spesso hanno avuto il coraggio di sfidare leggi di gravità, la natura aspra e selvaggia e sopratutto se stessi. Per questo in premessa voglio ringraziare tutti coloro che hanno lavorato con me alla stesura di questa descrizione fornendomi dati e notizie importanti per la sesura di questo articolo.
Lungo la fascia ionica reggina a circa 60km da reggio Calabria e 100km da Catanzaro sorge Brancaleone, una cittadina che conta poco più di 3.500 abitanti. La cittadina si estende su circa 7,5km lineari di costa e con le sue frazioni e le sue contrade è delimitata da due fiumare. Le racconterò partendo da Nord ovvero dalla fiumara “Bruzzano”, terminando a sud sulla Fiumara “Aranghìa” (o Spartivento) che costituiscono il “confine” geografico del comune di Brancaleone, in una sorta di vaggio ai confini della conoscenza e perchè no, un viaggio nell’anima più profonda di questi corsi d’acqua che hanno origini davvero singolari. Scopriamoli insieme…
La Fiumara Torno:
Conosciuta anche con il nome di fiumara di Bruzzano ha origini alle falde del monte Scapparone (1.058mt slm) viene alimentata da piccoli affluenti che provengono dai monti vicini: Pietra Calcina (1200mt s.l.m.) e Portella Ficara (1.000mt). Lungo il suo primo e sinuoso tratto e fino all’abitato di Motticella frazione di Bruzzano Zeffirio (un piccolo borgo alle falde del monte Scapparone) prende il nome di “Torrente Bampalona”. La fiumara poi scende verso valle alimentato da altri due piccoli torrenti, il più importante è sicuramente il Torrente Stùppia che proviene dalle gole del Monte Giambatore (600mt) proprio alle spalle del piccolo borgo di Staiti, mentre il Torrente Marasà poco più in basso proviene dalla collina arenitica di Ferruzzano e attraversa l’antico borgo di Bruzzano Vetere. Con i suoi 12km di lunghezza la fiumara si apre più a valle dell’abitato di Bruzzano Zeffirio accarezzando le splendide pianure alluvionali dove oggi sorgono bellissimi e produttivi giardini di Bergamotto. Questa fiumara, come precedentemente detto, costituisce il limite dei confini territoriali tra i comuni di Brancaleone e di Bruzzano Zeffirio.
La Fiumarella
Con i suoi 6km di lunghezza, essa si origina alle falde del Monte Giambatore, proprio ai piedi del borgo di Staiti. S’incunea dapprima in strette gole rocciose, attraversa la località chiamata Badìa dove sorge l’antichissima Abbazia di Santa Maria di Tridetti (Monumento Nazionale Bizantino dell’ XI sec. scoperta dal grande archeologo Paolo Orsi nel 1927), e continua a ridiscendere dolcemente fino ad attraversare la cittadina di Brancaleone. Anch’essa durante la sua corsa viene alimentata da vari torrenti fra cui, il Vallone Monaca alle spalle dell’antico borgo di Brancaleone, ed altri vari valloni che danno vigore alla sua portata che attraversano l’abitato di Brancaleone e le sue frazioni, gettandosi in mare dopo aver attraverrsato le pianure alluvionali di Brancaleone della località Lacchi e Pantano Piccolo (toponimo che rievoca la natura palustre della zona già in antichità).
Torrente Ziglia/Altalìa:
Si origina a circa 9km nell’entroterra di Brancaleone e precisamente in loc. Campolico 300mt slm (un altopiano alle spalle del paese vecchio di Brancaleone). In realtà come tutti gli altri torrenti viene alimentata da tanti piccoli torrentelli che durante i periodi piovosi apportano grandi quantità di acqua dalle colline circostanti. Durante la sua discesa, dopo essersi nutrita dei suoi affluenti si inforra dentro strette gole rocciose creando a metà del suo percorso tre bellissimi salti (rispettivamente 10, 18 e 28 metri). Da quest’ultimo salto di 28 metri il torrente Zìglia attraversa un antico mulino posto proprio sulle sue sue sponde e l’antico e misterioso maniero di Capistrello che sorge su un poggio piramidale a circa 260mt di quota, sul fianco del monte Fucine (su cui ancora insiste la piccola ed ormai spopolata frazione di Pressocito). Da questo punto e precisamente da loc. detta Frischìa prendere il nome di Altalìa, proprio come l’omonima località per poi gettarsi in mare in pieno centro a Brancaleone.
Fiumara Caldara:
Proseguendo verso sud troviamo un’altra fiumara, quasi per la maggior parte dell’anno in secca, forse la più secca di queste ultime! La sua origine infatti ci può chiarire il perchè di questa caratteristica naturale. Essa in realtà ha un percorso molto breve, si origina infatti dalle aride colline dell’omonima località, il territorio ha una composizione molto argillosa, e dunque molto arida e desolata, questi colli sferzati da vento e bruciati dal sole d’estate non superano mai i 100mt. Da qui profondi conoidi evidenziati in lontananza dalla presenza di vegetazione di macchia mediterranea, alimentano questo corso d’acqua che ha una lunghezza complessiva di circa 4km, il suo percorso è alquanto lineare prima di tuffarsi in mare aperto. Interessante è scoprire che sul suo letto, per lo più in secca tutto l’anno è ricco di esemplari di Lentisco, Agno Casto, Tamerici e tantissimi e coloratissimi Oleandri, che qui crescono spontanei e rigogliosi, colorando quest’ultimo tratto di campagna arida e secca che somiglia spesso alle aride colline della California.
La Fiumara Aranghìa:
Conosciuta anche con il nome di Fiumara Spartivento (per via della località dove essa sfocia) è lunga poco più di 13km. Si origina alle falde del Monte Punta di Gallo alto circa 900mt vicino al vecchio paese di Piatrapennata (frazione di Palizzi). Il suo primo tratto viene alimentato da altri torrenti più o meno importanti fra cui un torrente che sulla mappa satellitare appare più grande degli altri ma dalla denominazione dubbia, tale torrente proviene da Falcò (località nel territorio di Staiti. Durante la sua corsa l’Aranghìa si alimenta da altrettanti torrentelli che nei mesi ivernali apportano grandi quantitativi di acqua che si insinua nel suo ultimo tratto (a quasi 3km dalla costa) dentro gole profonde e rocciose e zigzagando si apre poi in una immensa distesa pietrosa fino ad arrivare alla sua foce nei pressi del promontorio Heracleum sul quale sorge il meraviglioso Faro di Capo Spartivento da secoli protagonista di numerose vicende, legende e misteri che ancora aleggiano su questo luogo. L’ Aranghìa in realtà segna anche il confine tra i territorio di Brancaleone e Palizzi ed il suo nome rievoca infatti, un famoso vino D.O.P. di Palizzi molto rinomato, che proviene proprio da vigneti affacciati sulle sponde di questa fiumara, la cui natura è comunque assoggettata alle stagioni e alla piovosità del luogo.
Questo insieme di corsi d’aqua rappresentano un grande patrimonio naturalistico che rendono questo fazzoletto di terra vivo e ricco di biodiversità, con flora e fauna tipica.
Sono Torrenti stagionali dalle mille ricchezze ed il loro equilibrio così delicato è segnato dalla complessa orografia del territorio che ne determina spesso i contorni ed i colori, ma che spesso a causa dell’uomo che ha osato invadere le ricche e fertili pianure alluvionali a valle, hanno determinato seri pericoli per la popolazione, ad esempio come non ricordare l’ultimo episodio alluvionale accaduto l’1 Novembre del 2015 quando la SS106 è stata letteralmente spazzata via a causa dell’esondazione della fiumara Bruzzano.
Anticamente questi torrenti erano sicuramente di portata consistente, prova ne sia la presenza di numerose briglie lungo il loro letto e numerosi mulini presenti lungo le loro sponde, sopratutto nelle zone interne dei territori, che hanno garantito un ottimo approvvigionamento idrico per l’agricoltura molto fiorente in epoche antiche. Oggi invece osserviamo queste campagne abbandonate, ridotte a lande desertiche e desolate, se non fosse per una nuova tendenza che sta arricchendo queste terre di nuvi impianti di coltivazione del famoso Bergamotto che anche qui nel comprensorio Brancaloenese ha trovato terreno fertile e ideale per la sua affermazione, con la nascita di molte aziende agricole che oggi producono ed estraggono il prezioso olio essenziale importato e in tutto il mondo, e conosciuto per le sue proprietà organolettiche e terapeutiche.
Un universo, quello delle fiumare che sicuramente deve portarci ad una riflessione costruttiva, partendo dalla conoscenza dei luoghi e dei toponimi che ancora oggi rappresentano un identità forte, fatta di idiomi e derivazioni di lingua greca che reppresentano un bagaglio storico-culturale su cui approfondire la storiografia del territorio. Oltre gli aspetti naturalistici e geologici che contraddistinguono questi piccoli scrigni preziosi, c’è anche da considerare gli aspetti turistici che potrebbero derivare dalla fruizione di questi corsi d’acqua effimeri che si scoprono essere otime attrattive per il nuovo turismo. L’anno 2019 infatti è stato dichiarato “l’Anno del turismo lento” e quindi perchè non partire dalle fiumare a rilanciare il turismo ormai perduto in queste terre…?!
Carmine Verduci

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Armenia: Commissione elettorale, mandato del nuovo parlamento avrà inizio il 10 gennaio (Agenzianova 08.01.19)

Erevan, 08 gen 11:54 – (Agenzia Nova) – I deputati del nuovo parlamento eletto in Armenia inizieranno ufficialmente il loro mandato nella giornata di giovedì 10 gennaio. Lo ha annunciato il portavoce della Commissione elettorale centrale (Cec) del paese, Hermine Harutyunyan, in un messaggio pubblicato sulla sua pagina Facebook. Stando alle informazioni precedentemente diffusi dalla stampa armena, la nuova Assemblea nazionale conterà 132 parlamentari, 88 dei quali appartenenti al blocco My Step guidato dal primo ministro eletto, Nikol Pashinyan. In aggiunta, ci saranno 26 deputati appartenenti al partito Armenia Prospera, e 18 affiliati ad Armenia Luminosa. La prima seduta, riferisce il portale d’informazione “News.am”, è in programma per la giornata del 14 gennaio. (Res) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Melograno carmosino di Bianco (Lariviera on line 07.01.19)

I melograni erano molto diffusi nel territorio della Locride in diverse varietà, frutto del passaggio sul territorio di numerosissime dominazioni e popoli venuti da mondi lontani, in seguito anche a fughe di fronte a invasioni. Infatti non sarebbero spiegabili altrimenti le diversità presenti di tale specie botanica.
Da Bivongi a Palizzi i frutti sono solo apparentemente uguali, ma analizzandoli attentamente ci si accorge della diversità dalla colorazione esterna, dal periodo della maturazione e dalla diversità dei grani all’interno, differenti sia in forma e grandezza, sia nella loro colorazione, che va dal nero al bianco passando dal rosa e dal rosso rubino.
La differenza si riscontra anche nella partizione interna che è delimitata da una membrana biancastra e amara che a volte è molto contorta e altre molto regolare, come può capitare nell’area che va da Bivongi a Bianco. Come sappiamo, il melograno è originario della Fenicia, tant’è che viene denominato in termini scientifici Punica Granatum, ma secondo i Cazachi e gli Armeni esso è originario delle loro aree. In Armenia, addirittura, esistono delle piante che producono dei frutti che contengono, a detta loro, 365 arilli o grani, uno per ciascun giorno dell’anno. Addirittura vi si produce un vino dalle melagrane premure che è piacevole, non molto alcolico e dal colore rosso rubino.
Naturalmente l’Armenia e la Georgia, stati della Regione del Caucaso, assieme all’alta valle del Khabur nella Mesopotamia settentrionale e all’area dei monti Zagros, nell’Iran sud-occidentale, rappresentano le zone dove avvenne il primo addomesticamento della vite più di seimila anni addietro, per cui vi si produce vino da vitigni primordiali, che probabilmente esistono ancora sporadicamente nelle nostre parti, portati da coloni Armeni già al tempo di Eraclio l’Armeno, imperatore di Costantinopoli, o di Niceforo Foca nel IX secolo d.C.
Nei nostri territori esistono stratificazioni di civiltà leggibili attraverso la presenza dei melograni portati dai popoli che vi passarono, tra i quali portiamo come esempio il melograno nero di Palizzi, conservato e salvato da Francesco Campolo di Pietrapennata ma residente a Palizzi Marina. Esso produce frutti che maturano tra dicembre e gennaio, dai grani rosso scuro, quasi nero, leggermente aciduli.
Anni addietro, lo scultore armeno Avetis, ospite a Brancaleone di Francesco Amodei, direttore dell’Istituto Internazionale di Restauro sito in Palazzo Spinelli, a Firenze, affermò che il melograno nero di Palizzi è originario dell’Armenia.
Un’altra particolarità dei melograni della Locride, da Bivongi fino a Bianco, è quella di presentare una partizione interna dei grani simile agli spicchi delle arance, con numerose gradazioni di colore degli arilli che vanno dal rosso intenso al rosa o addirittura al bianco trasparente.
Comunque sia, la pianta simbolo del benessere e della fertilità è presente nella Locride sin dai tempi della Magna Grecia e addirittura la melagrana è rappresentata nei pinakes locresi, evenienza eccezionale tanto più che nell’antichità classica non erano così diffuse le piante che davano frutti.
Erano infatti più facilmente reperibili le pere, le mele, le noci, le mandorle e pochi altri frutti oltre ai fichi, che venivano essiccati e che per il loro alto apporto calorico costituivano, assieme al miele, la base dell’alimentazione degli atleti che si recavano a gareggiare a Olimpia.
A Bianco sono presenti i melograni Dente di Cavallo e i melograni della varietà Carmosina, che varia, fra l’altro, da paese a paese ed è diffuso da Locri fino all’entroterra di Bovalino.
La Carmosina di Bianco, individuata in un campo della famiglia Spanò nei pressi del villaggio turistico La verde, abbandonato da decenni, è diversa da quella di Benestare, ad esempio, che è più piccola e dai grani più neri, può raggiungere una dimensione ragguardevole che supera i 600-700 grammi di peso e presenta una divisione interna molto regolare, tanto da rendere estremamente semplice staccare i grani che risulteranno molto dolci al gusto e dai semi poco legnosi, quasi inconsistenti.

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Talenti dall’Armenia, Fabrizio Bosso e Kobrin: grande stagione concertistica al teatro Marrucino (Chietitoday 07.01.19)

Talenti dall’Armenia, Fabrizio Bosso e Kobrin: grande stagione concertistica al teatro Marrucino

Una scommessa la nuova stagione concertistica del teatro Marrucino firmata da Art Ensemble, l’associazione presieduta dal maestro Giuliano Mazzoccante che porterà in città nomi noti nel panorama internazionale e forse un po’ meno famosi in città. Una stagione fatta a misura di pubblico tra grandi classici, passioni contemporanee e tanti giovani talenti.
Il cartellone è stato presentato questa mattina dal presidente del Cda ella deputazione teatrale Cristiano Sicari e dal maestro Mazzoccante.
Sono 14 gli appuntamenti, 11 in sala grande e 3 al foyer, spalmati da gennaio a fine giugno la domenica alle 18 (al foyer il sabato alla stessa ora).
Ad aprire la stagione, il 13 gennaio, il violinista armeno Haik Kazazyan che si esibirà assieme a Mazzoccante al pianoforte in un concerto dedicato a Mozart, Shor, Strauss, de Sarasate; domenica 3 febbraio dall’Armenia arriva il trio classico Khachaturyan (violino, violoncello e pianoforte); il 10 febbraio l’orchestra d’archi Orizzonti musicali e il trombettista Giuseppe Orsini in due concerti per tromba; il 17 febbraio il pianista Ingolf Wunder suonerà Mozart e Chopin.
Domenica 17 marzo arriva un ospite d’eccezione del panorama jazz: Fabrizio Bosso che dividerà il palco con Julian Olivier Mazzariello e Quintessenza brass.
Dal classico e jazz al tango in tutte le sue forme, il 31 marzo, con il Cuarteto del misterio e i ballerini Pablo Moyano e Roberta Beccarini da Ballando con le stelle; domenica 14 aprile piano a quattro mani con il duo spagnolo Belen Navaro e Juan Lago; il 12 maggio young jazz con il Pescara jazz messengers; domenica 19 si esibisce invece il pianista abruzzese Leonardo Pierdomenico; il 9 giugno tocca ai Solisti di Santa Cecilia con Di Rosa, Carbonare e Bossone, rispettivamente primo oboe, primo clarinetto e primo fagotto dell’eccellenza musicale.
Chiude il 29 giugno Alexander Kobrin, uno dei più illustri pianisti russi del panorama internazionale, per un gala pianistico in coppia con Mazzoccante.
Al foyer bar invece suoneranno i Cinedelika sabato 13 aprile, il Maurizio Di Fulvio trio il 4 maggio e Assunta Menna Stardust jazz quintet il 18.
Ogni concerto sarà accompagnato da una degustazione offerta da Slow Food Chieti.
La stagione, a costo zero per il teatro Marrucino, è realizzata con il sostegno dei main sponsor e delle fondazioni. Anche per questa edizione i club service cittadini potranno ‘adottare un concerto’ sostenendone le spese.
I biglietti per i concerti in teatro costano 14 euro (ridotto: 8 euro), quelli al foyer 8 (prezzo unico). Gli abbonamenti 132 euro (ridotto 88 euro)

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