“In Siria una guerra internazionale, per noi armeni una nuova deportazione” (Lastampa.it 01.07.18)

Ci sono itinerari in Medio Oriente che raccontano le ferite storiche sofferte dai cristiani. A nord est della Siria, al confine con la Turchia, si trova la zona di Qamishli, la capitale di fatto del Rojava, la regione curda siriana che rivendica l’indipendenza. È un’area di antico cristianesimo e di insediamenti cristiani più recenti, crocevia per migliaia di armeni (ma anche di assiri ) sfuggiti al genocidio tra il 1915 e il 1916 che qui trovarono rifugio. E da qui passò la carovana di migliaia di disperati mandati a morire dai turchi nel deserto a Deir-el-Zor. Non lontano trovarono casa i caldei nel 1933, fuggiti dall’Iraq appena divenuto indipendente, massacrati perché pretendevano l’autonomia. E ora si continua a scappare. Dall’inizio della guerra il 60% dei cristiani sono andati via, conferma padre Nareg Naamo, da oltre due anni rettore del Pontificio Collegio degli Armeni a Roma con otto seminaristi, di cui quattro provenienti dal Libano, tre dalla Siria e uno dagli Stati Uniti. Prima di ricevere l’incarico a Roma, il giovane padre Naamo, laurea in Teologia alla Gregoriana, è stato parroco di una delle tre chiese armene cattoliche di Qamishli, dove è nato e dove ancora vivono i suoi genitori, e dove il suo bisnonno trovò scampo in fuga dal genocidio nel 1915.

 

Quale è attualmente la situazione a Qamishli?

«La tensione è altissima, esplosiva. La zona è strategica: a meno di un chilometro ci sono i turchi, a 120 chilometri abbiamo il Kurdistan iracheno che sollecita un Kurdistan siriano. Raqqa, l’ex capitale dell’Isis, è a soli 200 chilometri. La situazione è di incertezza e di spaesamento. In questi anni non ho mai cessato di fare visita ai miei genitori almeno due volte l’anno e ogni volta ho notato i cambiamenti; ora la città è divisa, si passa da un quartiere all’altro e cambia tutto, dalle targhe delle automobili, alla composizione degli abitanti, curdi da una parte, arabi sunniti dall’altra, e l’esercito siriano da un’altra parte ancora. Cosa sarà di noi? Che voce potremo avere in questo assetto? Siamo minoranza anche se consistente: assiri, armeni cattolici e ortodossi, siriaci. Abbiamo avuto sempre le nostre scuole dalle elementari fino alla terza media, abbiamo avuto sempre le nostre feste riconosciute. Ora c’è il vuoto e le nostre scuole sono deserte. Qamishli è stata risparmiata dai bombardamenti, ma ci sono stati tanti attentati. Il più grave tre anni fa, il giorno di Capodanno, in un ristorante frequentato da cristiani: 20 ragazzi morti, tra cui un mio cugino di 35 anni. Poi sono iniziate le tensioni tra i curdi e l’esercito siriano. La guerra in Siria non è più contro o per Assad, che è ormai questione superata. Ora è una guerra internazionale. È, come dice il Papa, la terza guerra mondiale ma “a pezzi”, uno dei pezzi più devastati è la Siria, la gente perde la vita, perde il lavoro, perde il futuro».

 

Quando parla delle divisioni di Qamishli intende dire che è un anticipazione di quello che potrebbe diventare la Siria?

«Esatto, è una piccola anticipazione di come andrà a finire, anche se nessuno di noi, nessun siriano vorrebbe o si augura una Siria fatta a pezzi, divisa… ma quando ogni giorno vedi la guerra tra russi e americani, tra iraniani e sunniti, tra sciiti e sunniti, guerra che purtroppo ormai coinvolge tutta la Siria, non puoi non immaginare la divisione del territorio. E sarebbe una tragedia; ti trovi nella città in cui sei nato e non la riconosci, è un incubo. La gente è stanca, fa fatica a cercare il pane quotidiano, fa fatica a sopravvivere alla guerra, alle preoccupazioni, e ora altre divisioni… diventa troppo».

 

E i rapporti con la comunità musulmana ? 

«I cristiani sono stati sempre un ponte in questo mosaico, non sono mai stati di ostacolo alle altre comunità, non sono mai stati una presenza minacciosa, anzi, sono stati importanti sul piano culturale ed economico. Non c’era area industriale della Siria in cui non trovavi imprese di armeni che avevano creato lavoro per tutti. Le nostre scuole sono state sempre aperte, hanno educato i nostri figli ma anche i figli dei musulmani. Quando sento parlare di corsi per promuovere interreligiosità tra musulmani e cristiani, penso che noi abbiamo praticato sempre l’interreligiosità. Era naturale nelle nostra piccole famiglie, nei nostri quartieri. Vicino alle case cristiane ci sono quelle dei musulmani, con i curdi avevamo rapporti ottimi, non eravamo stranieri l’uno verso l’altro. Purtroppo pero quando c’è la guerra, quando c’è di mezzo il sangue, quando perdi qualcuno della tua comunità…. lì cominciano le rotture, le fratture, le distanze».

 

E dunque, che futuro vede per la comunità cristiana di Qamishli?

«La speranza è che la nostra comunità si ricomponga. Come armeni, come siriani, come cristiani non cessiamo mai di avere la speranza, anche se tante volte resta schiacciata sotto le macerie. La speranza e la fede non ci hanno abbandonati! Ma so anche che chi è partito e ha trovato accoglienza in un altro Paese è difficile che torni indietro. È la nostra storia. Le mie sorelle da due anni hanno trovato asilo in Svezia, a sud di Stoccolma a Sodertalje, che ormai sembra una città siriana. C’è lì una grande comunità di rifugiati di Qamishli, ma ci sono anche assiri, tanti armeni ortodossi; per le strade si parla armeno, siriaco, ci sono uffici per l’immigrazione molto efficienti e molte facilitazioni. Anni fa sono stato parroco a Stoccolma per un anno, le famiglie siriane erano appena una decina, dopo la guerra sono 400».

 

Quale è il ruolo degli armeni in questa guerra?

«Abbiamo tentato di proteggere le nostre strutture. È ovvio che contro l’Isis e contro l’Islam estremista le nostre comunità non possono fare niente. Certo, abbiamo tanti giovani che ancora sono nell’esercito siriano, sono rimasti in tutti questi anni a fare il servizio militare ma il nostro intervento è stato difendere le nostre chiese, le nostre scuole. Abbiamo creato gruppi di giovani che a turno hanno fatto la guardia alle nostre famiglie, alle nostre case. A Kamishli le famiglie che sono partite hanno lasciato le case in custodia alle chiese. È nato un comitato di sorveglianza, un corpo di laici appartenenti a tutte le chiese, cui le famiglie in partenza consegnano le chiavi perché le case non vengano saccheggiate, ma alcune purtroppo sono state occupate. Nella zona assira del Grande Khabur, a nord di Hasakah tutte le chiese e molte case sono state danneggiate e saccheggiate».

 

Una zona che sembra la mappa del genocidio del 1915…

«Sì, le carovane con i deportati partirono dal sud della Turchia passando l’Eufrate per arrivare nel deserto siriano. È a Deir-el-Zor che è avvenuto il massacro, la maggioranza delle famiglie armene della zona è composta dai discendenti di chi è scampato al genocidio. Ogni cento anni ci troviamo a fare i conti con una deportazione: lasciare tutto, la casa, le tradizioni, la lingua, partire un’altra volta. Quello di oggi non è un genocidio di sangue, ma è egualmente un genocidio, anche se “bianco”, nel senso che la nostra gente si sta perdendo. Sei costretto a integrarti in un’altra comunità, perdi la lingua, l’identità. Ma noi abbiamo una forza enorme di rivivere, di rinascere, abbiamo speranza come ci indica la nostra fede. Cristo ci ha detto: “Da questa Croce verrà la vostra salvezza”».

 

Ha avuto modo di incontrare Papa Francesco?

«Sì, in questi eventi drammatici l’ho incontrato più volte. Parla spesso della martoriata ed amata Siria che gli sta molto a cuore, è vicino a questo popolo che ha sofferto tanto. Per noi il Papa è presenza paterna anche perché in Argentina la comunità armena era molto vicina a lui. Il nostro vescovo in Argentina Borgosian è un suo caro amico. Papa Francesco dopo aver parlato apertamente di genocidio degli armeni, ha dichiarato anche San Gregorio di Nerek dottore della Chiesa universale».

 

Sono riconoscimenti molto significativi… 

«Sono il riconoscimento da parte della Chiesa cattolica delle sofferenze del popolo armeno per la sua testimonianza della fede. Ad aprile il Papa ha voluto nei Giardini Vaticani la statua dell’eroe della cultura armena, San Gregorio di Narek, ponte tra Oriente e Occidente e simbolo dell’ecumenismo. È stato un evento molto significativo alla presenza dei rappresentanti delle chiese armene di tutto il mondo, del loro Catholicòs, del nostro Patriarca. È stato un momento di fraternità, di scambio di parole. Il ruolo del Vaticano è promuovere la pace».

 

Ed è possibile ipotizzare in questo momento drammatico per il Medio Oriente la riunificazione delle chiese armene ?

«Non la vedo all’orizzonte, richiederebbe passi importanti e molto coraggio da tutte le parti. Credo che ancora non sia arrivato il momento».

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Armenia: commissione riforme elettorali concorda su passaggio a sistema proporzionale e riduzione sbarramento (Agenzianova 29.06.18)

Armenia: commissione riforme elettorali concorda su passaggio a sistema proporzionale e riduzione sbarramento
Erevan, 29 giu 08:40 – (Agenzia Nova) – La commissione per le riforme del sistema elettorale armena, che opera sotto l’egida del primo ministro Nikol Pashinyan, ha concordato due importanti cambiamenti: il passaggio a un sistema completamente proporzionale con liste bloccate; la riduzione dello sbarramento al 4 per cento per i partiti e al 6 per cento per le coalizioni. Ad annunciarlo nel corso di un briefing con la stampa è stato il primo vicepremier armeno, Ararat Mirzoyan, al termine della seconda sessione di lavori della commissione. Mirzoyan, citato dall’agenzia di stampa “Armenpress”, ha menzionato chiare ragioni per l’eliminazione del sistema di voto classificato durante la sessione. “In questo momento è impossibile applicare efficacemente il sistema di voto in graduatoria in Armenia”, ha detto Mirzoyan, aggiungendo che la modifica del sistema elettorale offrirà alle maggiori opportunità alle donne. Le elezioni anticipate sono uno degli obiettivi principali del neo insediato governo del premier armeno Nikol Pashinyan.
(Res)

Santa Maria Capua Vetere. Dall’arena allo schermo: primo appuntamento con il regista Simone Spada (Caserta24ore 29.06.18)

(Caserta24ore) SANTA MARIA CAPUA VETERE Un magico intreccio di esordi nella prima serata della rassegna culturale “Dall’arena allo schermo” che ieri ha fatto registrare il sold out all’anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere. Protagonista del primo appuntamento è stata l’opera prima di Simone Spada, Hotel Gagarin, un film fatto di sogni, speranze e buone intenzioni. < >. Subito dopo la proiezione, cui hanno assistito oltre duecento persone, Simone Spada, intervistato dal direttore artistico della kermesse, Francesco Massarelli, ha parlato del film raccontando storie, anneddoti e rispondendo alle curiosità di un pubblico attento e preparato. < < La parola crisi in cinese – ha raccontato Spada sul palcoscenico – ha un doppio significato vuol dire anche opportunità. Un’opportunità che decidono poi di cogleire i nostri eroi che sognano mettendo in scena i propri desideri. Questo è un film semplice, capace di arrivare dritto perché parla di sogni ma lo fa con l’utilizzo dell’immaginazione>>. Al centro di Hotel Gagarin la storia di un falso produttore, una scombinata troupe, un set improvvisato nella gelida Armenia e poi il sogno di un professore di Storia di vedere realizzato un suo vecchio progetto cinematografico non sembra destinato ad avere troppa fortuna, ma l’incontro con la comunità armena offrirà a tutti la possibilità di rivedere la propria vita e di scoprire una nuova via per la felicità. Un film sulla potenza dei sogni che vanta un cast d’eccezione con Giuseppe Battiston, Barbora Bobulova, Luca Argentero e Claudio Amendola < >.
Buona la prima, dunque, per un evento che vanta in primis una location mozzafiato: anche quest’anno a fare da suggestivo scenario è l’arena spartacus Amico Bio, il primo ristorante al mondo in un sito archeologico che da circa 5 anni anima con numerosi eventi culturali gli spazi esterni dell’anfiteatro campano.
Prossimo appuntamento della kermesse, ideata e realizzata dall’associazione Arthmòs in collaborazione con Amico Bio e Radio Zar Zak giovedì 5 luglio alle ore 21 con “Parigi a piedi nudi”, di Fiona Gordon e Dominique Abel.

ASIA/ISRAELE – Il Parlamento israeliano annulla il voto sul Genocidio armeno (Agenziafides 28.06.18)

Gerusalemme (Agenzia Fides) – Il Parlamento israeliano ha annullato all’ultimo minuto il voto che era stato messo in agenda per chiedere il riconoscimento del Genocidio armeno. I parlamentari avrebbero dovuto votare sull’argomento controverso martedì 26 giugno, dopo che il Partito di sinistra Meretz, principale promotore del testo da votare, aveva accettato di rinviare la discussione in aula e il voto a dopo le elezioni turche che domenica 24 giugno hanno confermato alla guida del Paese il Presidente Recep Tayyip Erdogan e i Partiti che lo sostengono. E’ stata la stessa Tamar Zandberg, leader di Meretz, a ritirare la proposta di legge, dopo che la coalizione di governo e il Ministero degli Esteri avevano chiesto di togliere dal testo in discussione l’espressione “Genocidio” per sostituirla con le parole “tragedia” o “orrori”. Era stato lo stesso Presidente della Knesset, Yuli Yoel Edelstein, a proporre i ritocchi al testo in discussione, dopo che dai Partiti di governo era giunto il segnale che non sarebbe stato approvato quello dove compariva l’espressione “Genocidio armeno”.
Il rinvio sine die della discussione e del voto sul Genocidio viene interpretata dai media turchi come un segnale di distensione inviato dal governo israeliano alla leadership turca.
All’inizio di giugno, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 5/6/2018), lo stesso Presidente del Parlamento Edelstein aveva respinto le critiche per il rinvio della discussione sul progetto di legge per il riconoscimento del Genocidio armeno. Edelstein, in quell’occasione, aveva rivendicato l’intenzione di promuovere il riconoscimento del Genocidio rispondendo all’Arcivescovo Nourhan Manougian, Patriarca armeno apostolico di Gerusalemme, che in una missiva allo speaker della Knesset aveva espresso la sua amarezza per le notizie circolate su un possibile stop del processo avviato dalle istituzioni israeliane per discutere e eventualmente approvare il riconoscimento come “genocidio” dei massacri anti-armeni perpetrati in territorio turco tra il 1915 e il 1916. Nei giorni precedenti, i media israeliani avevano riferito di input giunti dal governo israeliano per rimandare il dibattito sulla questione del Genocidio armeno fino a dopo le elezioni presidenziali e parlamentari turche del 24 giugno. Secondo osservatori e analisti israeliani, l’apertura tale discussione in tale delicato frangente avrebbe potuto favorire politicamente il Presidente Recep Tayyip Erdogan, divenendo un argomento della sua campagna elettorale.
Dopo il duro scontro diplomatico tra Israele e il governo turco seguito all’ultimo massacro di palestinesi a Gaza, la proposta di riconoscimento del Genocidio armeno era stata stata presentata agli uffici competenti della Knesset dal deputato Itzik Shmuli, membro di “Unione Sionista”. La proposta era stata appoggiata da almeno 50 parlamentari appartenenti sia ai Partiti di governo – Likud compreso – che a quelli dell’opposizione. Tale proposta di legge prevedeva anche di istituire in Israele una giornata di commemorazione annuale del Genocidio armeno. Tre mesi prima, lo scorso 14 febbraio, lo stesso Parlamento israeliano aveva di fatto respinto un progetto di legge presentato da Yair Lapid, rappresentante del partito centrista e laico Yesh Atid, che avrebbe ufficializzato il riconoscimento da parte di Israele del “Genocidio armeno”. In quel frangente, il vice-ministro degli esteri israeliano, Tzipi Hotovely, aveva dichiarato che Israele non avrebbe preso ufficialmente posizione sulla questione del Genocidio armeno, “tenendo conto della sua complessità e delle sue implicazioni diplomatiche”.
Il 26 aprile 2015 il Presidente israeliano Reuven Rivlin aveva ospitato presso la residenza presidenziale di Gerusalemme un evento commemorativo per ricordare i cento anni dagli stermini pianificati degli armeni avvenuti un secolo prima in Anatolia. Durante quella cerimonia, il Presidente Rivlin aveva ricordato che il popolo armeno fu “la prima vittima dei moderni stermini di massa”, ma aveva evitato di usare la parola “Genocidio” per indicare i massacri in cui morirono più di un milione e 500 mila persone. (GV) (Agenzia Fides 28/6/2018)

Nagorno-Karabakh: premier armeno Pashinyan, Azerbaigian usa retorica militarista (Agenzianova 26.06.18)

Nagorno-Karabakh: premier armeno Pashinyan, Azerbaigian usa retorica militarista (5)

Erevan, 26 giu 08:59 – (Agenzia Nova) – Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian per l’area del Nagorno-Karabakh – regione internazionalmente riconosciuta come parte dell’Azerbaigian ma occupata militarmente dall’Armenia – è iniziato nel 1988, quando la regione autonoma del Nagorno-Karabakh ha chiesto il trasferimento dalla Repubblica sovietica dell’Azerbaigian a quella armena. Nel 1991 a Stepanakert – autoproclamatasi capitale – è stata annunciata la costituzione della repubblica del Nagorno-Karabakh. Nel corso del conflitto, sorto in seguito alla dichiarazione di indipendenza, l’Azerbaigian ha perso de facto il controllo della regione. Dal 1992 proseguono i negoziati per la soluzione pacifica del conflitto all’interno del Gruppo di Minsk dell’Osce. L’Azerbaigian insiste sul mantenimento della sua integrità territoriale, mentre l’Armenia protegge gli interessi della repubblica separatista. La repubblica del Nagorno-Karabakh, in quanto non riconosciuta internazionalmente come entità statale, non fa parte dei negoziati. (Res)

Fondi europei per stabilizzare i rifugiati armeni fuggiti dalla Siria (Agenzia Fides 26.0618)

Ereven (Agenzia Fides) – L’Unione europea si appresta a stanziare un contributo di 3 milioni di euro finalizzati a sostenere progetti per l’integraziooufyne e la stabilizzazione dei rifugiati armeni fuggiti dalla Siria che hanno trovato rifugio in Armenia. Il finanziamento – ha riferito a Armenpress Hoa-Binh Adjemian, capo della sezione per la cooperazione della delegazione dell’UE presente in Armenia – punterà soprattutto a alleviare i problemi affrontati dei rifugiati armeni siriani nella ricerca di una abitazione e di un lavoro. Le sovvenzioni – ha chiarito Adjemian – aiuteranno quei rifugiati a radicarsi in Armenia, uscendo dalle condizioni di precarietà in cui si trovano molti di loro, e accantonando per ora ogni ipotesi di favorire o pretendere il rimpatrio dei profughi armeni siriani.Una parte del contributo – ha aggiunto il funzionario armeno – servirà anche a promuovere piccole iniziative imprenditoriali messe in atto dai rifugiati siriani. Il finanziamento a favore dei rifugiati armeni siriani in Armenia dovrebbe essere disposto entro metà luglio.
Attualmente l’Armenia ospita sul proprio territorio circa 22mila armeni siriani espatriati dall’inizio del conflitto siriano. Già all’inizio del 2014 (vedi Fides 4/2/2014) l’organizzazione governativa armena Hayastan All-Armenian Fund aveva lanciato programmi di raccolta fondi anche presso le comunità armene della diaspora da destinare ai rifugiati siriani, con il coinvolgimento attivo del Catholicosato armeno apostolico di Cilicia. In contemporanea, anche la Camera degli avvocati della Repubblica armena aveva iniziato a offrire consulenze gratuite agli armeni provenienti dalla Siria, fornendo anche materiale informativo utile per affrontare i problemi giuridici che i profughi si trovano a affrontare. In Siria, prima delconflitto, i più di 100mila cristiani armeni – apostolici e ortodossi – rappresentavano una delle comunità armene più numerose del Medio Oriente. (GV) (Agenzia Fides 26/6/2018).

Gerusalemme, un mosaico di storia, cultura e tradizioni in perpetuo movimento (Repubblica.it 25.06.18)

GERUSALEMME – Gli ebrei hassidici con i loro enormi cappelli di pelliccia, le donne con i turbanti, gli arabi con le tuniche, i giovani che ballano sui tavoli nei bar di via Ben Yehuda. Gerusalemme è una decina di città che convivono (quasi sempre) pacificamente: il fortino degli armeni, i conventi francesi, tedeschi, belga, le moschee e le sinagoghe, il Cenacolo dei cristiani cattolici e quello dei cristiani siriani. Il fascino della Bibbia e del Corano, la movida che fa invidia a Madrid, un museo straordinario con la più antica “edizione” dei dieci comandamenti ma anche una eccezionale collezione di arte contemporanea. Un luogo che non si finisce mai di scoprire. E dove si capisce finalmente perché la modest fashion non è solo la moda islamica: le armene, le musulmane, le ebree, le cristiane, vestono tutte allo stesso modo a Gerusalemme: il capo coperto, le maniche lunghe, le gonne ampie fino alle caviglie. Agli occhi del turista c’è molta varietà, ma anche armonia: a Gerusalemme tutto si assomiglia e tutto è diverso, tutto sembra ingabbiato nella tradizione eppure avere un suo posto nel presente.

Più che cosa vedere, è bene sapere come vedere Gerusalemme. Per esempio le moschee non si visitano di shabbat, perché visto che l’accesso è dalla passarella accanto al Muro del pianto, non si entra nelle ore che gli ebrei dedicano alla celebrazione della festa. Gli orari poi tutti gli altri giorni, dalla domenica al venerdì, sono limitati: al mattino fino alle 10.30, poi un’ora a cavallo del pranzo, 12-30-13.30. Il quartiere armeno, una cittadella fortificata dalle mura alte, non si visita mai. Ma gli armeni sono gentili e se si ha la fortuna, un giorno qualsiasi, alle 15, di assistere alla suggestiva funzione religiosa nella chiesa degli Arcangeli anziché nella bellissima cattedrale di San Giacomo, sicuramente ci saranno delle persone che vi permetteranno di accedere al convento in loro compagnia, attraversando dunque la zona più nascosta di Gerusalemme. Per la spianata delle moschee invece l’ingresso all’interno dei luoghi di culto è impossibile per i non musulmani. Però vale comunque la pena anche di visitare il luogo solo guardando gli esterni.

La tomba di Oskar Schindler si trova però in un altro cimitero, quello cattolico, posto ai piedi della città dall’altro lato delle mura, vicino alla Porta di Sion. Naturalmente nessuna visita di Gerusalemme sarebbe completa senza la visita del Santo Sepolcro, costruita a partire dal 325 nel luogo nel quale, secondo la tradizione, Gesù venne ucciso e sepolto. Si arriva alla basilica dopo una serie di giri all’interno del suk, il mercato coperto dove si vende di tutto, dalle spremute di arancia alle giacche di pelle. Al centro della basilica si venera infatti la tomba di Gesù, dove eserciti di pellegrini si mettono in fila per baciare le pietre. E senza il Muro del Pianto, quello che rimane del Tempio di Gerusalemme, raso al suolo da Tito nel 70 dopo Cristo. Il muro  è diviso in due parti: a destra hanno accesso le donne, a sinistra gli uomini.

Nonostante il fascino della Gerusalemme antica, racchiusa dalle mura, anche la città nuova, Gerusalemme occidentale, vale il viaggio, a cominciare dalla Knesset,  il Parlamento monocamerale dello Stato di Israele, all’interno di un grande parco che in cima ha un giardino di rose. Straordinario il Museo di Israele, che non ha solo i rotoli del Mar Morto, ma belle collezioni di opere d’arte (tra le quali il suggestivo “Ebreo errante” di Marc Chagall) e la ricostruzione con gli arredi originari di alcune sinagoghe provenienti da diverse parti del mondo, tra le quali la sinagoga di Vittorio Veneto. Da non perdere anche Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto. E per avere una visione panoramica, dall’alto, dall’alto, della città, si può salire sulla torre del YMCA. Dove si può anche mangiare di shabbat, e nei giorni festivi in generale: da questa parte della città non sono troppo ortodossi.

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Lo scultore armeno Mikayel Ohanjanyan è il vincitore del “Premio Enrico Marinelli Contemporary Art Award” (Provincia Firenze 25.06.18)

Lo scultore armeno Mikayel Ohanjanyan è il vincitore del “Premio Enrico Marinelli Contemporary Art Award”. Riunitasi a Firenze nei giorni scorsi, la giuria composta da esperti e direttori di istituzioni d’arte tra le più importanti a livello internazionale ha scelto il progetto di Mikayel Ohanjanyan (che vive e lavora in Italia) tra i cinque finalisti, che erano oltre al vincitore: Francesco Arena (Italia), Marco Bagnoli (Italia), Sakshi Gupta (India) e Barthélémy Toguo (Camerun). Coordinatrice del Premio è la curatrice di fama internazionale Adelina von Fürstenberg.

Il premio istituito dall’Opera di Santa Maria del Fiore e della Guild of the Dome Association in memoria dello straordinario contributo offerto dal fondatore di quest’ultima, reso possibile grazie anche alla generosità di Eurovita Assicurazioni, permetterà all’artista di creare una scultura originale per il Museo dell’Opera del Duomo a Firenze. L’opera di Mikayel Ohanjanyan dal titolo La Soglia È La Sorgente, in armeno ???? ?????? ?, sarà presentata al pubblico il prossimo ottobre, e sarà realizzata in Toscana, avvalendosi di artigiani locali, per poi essere esposta temporaneamente nel museo per un periodo di sei mesi.

Un video dove gli artisti finalisti parlano dei loro progetti per il Premio Enrico Marinelli Contemporary Art Award è da oggi on line alla pagina http://marinelli.operaduomo.firenze.it/i-concorrenti/http://artaward.operaduomo.firenze.it/the-five-concurring-artist/ e da questa settimana sarà visibile anche al Centro Arte e Cultura dell’Opera di Santa Maria del Fiore (Piazza San Giovanni n. 7) a Firenze.

Agli artisti era stato chiesto di presentare un rendering in 3D della loro opera, accompagnato da una descrizione dettagliata, ispirata al tema della ‘Speranza’ che è descritta da Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo e membro del comitato tecnico del premio: “La Speranza è una virtù teologica, la speranza in Dio e nella sua salvezza. Oggi, anche quando essa ha ancora un contenuto religioso, la speranza riguarda le persone e le situazioni concrete, e soprattutto il loro potenziale di cambiare. Gli artisti del concorso potevano orientarsi su problematiche e aspirazioni del nostro tempo: l’immigrazione, la pace, la prosperità umana”.

“La comprensione teorica, sociale e umana di Mikayel Ohanjanyan – spiega la giuria nella motivazione – verso la nozione contemporanea di Speranza, è molto convincente e coraggiosa. Tuttavia Ohanjanyan offre alla Speranza una consapevolezza che, traversando la memoria e gli elementi della realtà, ci porta alla materialità della sua trasformazione nella fusione con la pietra vulcanica. Quest’opera si riferisce a una linea ben precisa delle arti contemporanee, passando dalla Land Art e dall’Arte Povera a Joseph Beuys, considerando la memoria e la natura dei materiali come vettori di vita e cambiamento”.

“Un encomio particolare va all’artista Marco Bagnoli – prosegue Adelina von Fürstenberg a nome della giuria – perchè la sua proposta risponde al concetto di speranza come richiesto. Il suo approccio combina una chiara condensazione storica della storia del luogo, dalla lanterna di Verrochio fino ad ora. È un’opera che offre un crocevia di linguaggio artistico, pratiche, filosofia, teologia, estetica, artigianato e tecnica, in un oggetto che diventa un’opera di luce, forma, acqua e ritmo”.

I criteri di valutazione hanno tenuto conto della capacità di ispirarsi al contesto, di creare in continuità tra passato e presente, di avvalersi di risorse locali per creare la propria opera, alla maniera in cui lavoravano i grandi maestri che hanno creato i capolavori per i monumenti dell’Opera di Santa Maria del Fiore.

Fanno parte della giuria del “Premio Enrico Marinelli Contemporary Art Award”: Micol Forti, direttrice della Collezione di Arte Contemporanea dei Musei Vaticani; David Stuart Elliott, vice direttore e curatore senior presso il RMCA di Guangzhou; Antonio Natali, consigliere dell’Opera di Santa Maria del Fiore; Christian Oxenius, scrittore e curatore indipendente della Kunsthalle di Osnabrück; Denys Zacharopoulos, direttore artistico della Galleria Municipale, Museo e Collezione della Città di Atene.

APPROFONDIMENTI

MIKAYEL OHANJANYAN

Nato a Yerevan in Armenia, nel 1976, vive e lavora tra Reggello, Firenze e Pietrasanta.
Ha frequentato il Liceo Statale di Belle Arti P. Terlemezyan di Yerevan, dove si è laureato nel 1995, e in seguito l’Accademia di Stato di Belle Arti di Yerevan (laureandosi nel 2001).
Nel 2000, appena trasferitosi in Italia, si è iscritto alla Accademia delle Belle Arti di Firenze, concludendo il suo percorso nel 2005. Durante la sua carriera artistica, ha partecipato a numerose esposizioni nazionali ed internazionali, quali la 12esima Biennale di Architettura di Venezia (Padiglione Nazionale Armeno), la 54esima edizione della Biennale d’Arte di Venezia nel 2011 e la 56esima Biennale di Arte nel 2015 (Padiglione Nazionale Armeno), nella quale l’Armenia si è aggiudicata il Leone d’oro come miglior partecipazione nazionale. Nel 2016 il lavoro “Diario” è stato selezionato per il Frieze Sculpture Park, esposto all’interno del Regent’s Park di Londra.
Successivamente la stessa opera è stata scelta per il prestigioso Yorkshire Sculpture Park dove rimaqrrà esposta fino al 2020. Nel 2017 due lavori di Ohanjanyan sono stati scelti per un progetto in situ del FIAC, ed esposti davanti al Petit Palais a Parigi.

ADELINA VON FÜRSTENBERG

Adelina von Fürstenberg è una curatrice di fama internazionale e produttrice di film. Vincitrice nel 2015 del Leone D’Oro per la categoria “Miglior Partecipazione Nazionale” nel corso della 56esima Biennale di Venezia, per la curatela del Padiglione Armeno e nel 2016 del premio “Meret Oppenheim Grand Prix” dell’Ufficio Federale della Cultura Svizzera. Una pioniera nel suo campo, Adelina von Fürstenberg è conosciuta per aver ampliato la portata dell’arte contemporanea dandole un approccio multiculturale. È stata la fondatrice e la prima direttrice del Centro di Arte Contemporanea di Ginevra e successivamente la Direttrice del Magazin-Centro Nazionale di Arte Contemporanea di Grenoble e della mitica scuola di curatori ad esso legato. Ha organizzato numerose mostre di livello internazionale in tutto il mondo; la più celebre è “Dialoghi di Pace”, organizzata in onore del 50esimo anniversario delle Nazioni Unite nel 1995. Nel 1996 ha fondato Art for the World, una onlus che lavora con l’arte contemporanea, il cinema indipendente e i valori umani. Nel 2013 è stata la curatrice della quarta Biennale di Salonicco e più recentemente della prima edizione di Standart – Triennale dell’Armenia. Le attività di Adelina sono numerose anche in Italia, ha curato una serie di mostre significative fra cui si ricordano: a Palazzo Strozzi, Firenze, Donna, Donne, 2006; all’Hangar Bicocca, Milano, Marina Abramovic, Balcan Epicas nel 2006, Collateral nel 2007 e Urban Manners, Arte contemporanea indiana nel 2008; al Pac, Milano, Africa-Raccontare un mondo, 2017. Recentemente ha curato la mostra Aqua, (dopo Ginevra e San Paolo in Brazile), sull’isola dei Pescatori al Lago Maggiore, nel 2018, con la partecipazioni di numerosi artisti sulle questioni legate all’acqua.

https://www.artfortheworld.net

ENRICO MARINELLI

Enrico Marinelli aveva un dono speciale: era una persona entusiasta e trascinatrice, qualsiasi cosa facesse. Uomo d’affari, imprenditore, marito e padre, ha impegnato gli ultimi anni della sua vita cercando di convogliare l’idea che l’umanità ha molte più cose da condividere, che cose che la dividono. Enrico Marinelli ha sempre creduto che ciascuno può veramente fare la differenza e che le cose vadano sempre viste in prospettiva. Egli più di tutto ambiva a comunicare l’immagine di Firenze nel mondo, attraverso la sua storia e la sua arte, come valori universali di condivisione umana.

La sua passione ed il suo profondo amore per l’arte e la cultura lo hanno portato a fondare la Guild of the Dome onlus, ai quali ha dedicato incessantemente i suoi ultimi anni.

OPERA DI SANTA MARIA DEL FIORE

L’Opera di Santa Maria del Fiore è un’istituzione fondata dalla Repubblica Fiorentina nel 1296 per sovrintendere alla costruzione della nuova Cattedrale e del suo campanile. Dal 1436, anno del completamento della cupola brunelleschiana e della consacrazione della chiesa, il compito principale dell’Opera diviene quello di conservare il complesso monumentale a cui si aggiunge il Battistero di San Giovanni nel 1777 il Museo dell’Opera del Duomo nel 1891. Attualmente l’Opera è soggetta, in quanto “fabbriceria”, al Concordato fra Stato e Chiesa, in base alla quale è retta da un Consiglio di Amministrazione composto di sette membri, nominati ogni tre anni con decreto del Ministro dell’Interno, i quali provvedono a eleggere nel proprio seno il presidente. Dal 1998 l’Opera si configura giuridicamente come Organizzazione non a fini di lucro, regolata da un proprio statuto che definisce tra i suoi obiettivi istituzionali la “tutela, la promozione e la valorizzazione del suo patrimonio artistico”.

GUILD OF THE DOME ASSOCIATION

L’associazione non-profit Guild of the Dome è stata fondata nel 2012 da Enrico Marinelli. Ne fanno parte imprenditori di tutto il mondo, che possiedono formazione, cultura e fede differenti ma che hanno in comune il desiderio di supportare i valori universali artistici, sociali ed etici alla base del complesso monumentale della Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze. La Guild of the Dome si propone di operare con lo stesso intento che animava le Arti o Corporazioni fiorentine che finanziarono la costruzione del complesso oltre sette secoli fa.

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rmenia invitata a summit NATO di luglio (Sputniknews 22.06.18)

L’Armenia è stato invitata al vertice della NATO nel mese di luglio, così come tutti gli altri stati che contribuiscono all’Operazione Sostegno Risoluto in Afghanistan, ha detto a Sputnik venerdì una fonte dell’Alleanza.

In precedenza, diversi media hanno riferito che il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan potrebbe prendere parte al vertice della NATO a Bruxelles l’11-12 luglio.

“I capi di stati e governi di tutti i paesi che hanno contribuito all’Operazione Sostegno Risoluto in Afghanistan sono stati invitati al summit, questo riguarda anche l’Armenia”, ha detto l’interlocutore che desidera rimanere anonimo.

Allo stesso tempo, ha osservato che ogni paese dovrebbe “confermare la propria presenza da solo”. “Pertanto, per ulteriori informazioni, vi reindirizzerei alle autorità dell’Armenia”, ha detto.

 

Armenia: premier Pashinyan respinge dimissioni ministro Lavoro Tandilyan (Agenzianova 21.06.18)

Erevan, 21 giu 11:42 – (Agenzia Nova) – Il premier armeno, Nikol Pashinyan, ha annunciato durante l’odierna riunione del Consiglio dei ministri che ha respinto le dimissioni del ministro del Lavoro, Mane Tandilyan. La scorsa settimana Tandilyan ha annunciato l’intenzione di lasciare l’incarico a causa della decisione del governo di mantenere la componente obbligatoria nel sistema pensionistico, in completa divergenza con la sua opinione. “Abbiamo deciso con Tandilyan che dobbiamo continuare a lavorare insieme, anche per quanto riguarda gli scopi di continuare il dibattito sulla componente cumulativa del sistema pensionistica”, ha detto il premier. Pashinyan ha detto che il governo entro due mesi redigerà una bozza relativa al sistema pensionistico, visto che sono necessari “importanti miglioramenti”. Questa legge verrà inviata al dibattito parlamentare in autunno. (segue) (Res)

Erevan, 21 giu 11:42 – (Agenzia Nova) – Il parlamento armeno ha adottato ieri il progetto di legge sulla modifica della legge sulle pensioni cumulative in prima lettura con 79 voti a favore, mentre due hanno votato contro e sette si sono astenuti. “Ci siamo sempre opposti alla componente obbligatoria (delle pensioni), non abbiamo cambiato la nostra posizione. Discutendo con i nostri colleghi, voteremo a favore, ma a condizione di proseguire le discussioni con il governo sull’abolizione della componente obbligatoria”, ha detto Naira Zohrabyan, esponente del gruppo parlamentare dell’Alleanza Tsarukyan, riferendosi al controverso sistema pensionistico in base al quale i cittadini nati dopo il 1974 vengono obbligatoriamente aggiunti al sistema cumulativo, la cui percentuale viene successivamente addebitata negli stipendi mensili. Il gruppo parlamentare della Federazione rivoluzionaria armena ha riferito che si asterrà dal voto poiché “la proposta di legge contiene dei miglioramenti ma non risolve il problema importante, ovvero l’abolizione della componente obbligatoria”. (segue) (Res)