In Armenia, tra il Mar Nero e il Mar Caspioosta.glocal.it 28.08.17)

Nella prima Nazione al mondo consacrata alla Cristianità  –  l’Armenia –  si stanno registrando importanti presenze turistiche. La regione agricola del Kachatagh o gli scenari molokan, valgono un viaggio nell’antica terra di Hayk  –   patriarca e fondatore della patria armena  –   dove i tesori del passato sono testimonianza di rimpianti splendori in un’oasi di calma spirituale da ricercare tra escapades contemplative , passeggiate nella natura e visite a villaggi immersi in atmosfere d’autentico mistero. Amberd o il monumento dell’alfabeto armeno o, ancora, le case-museo di personalità quali: Stepan Zorian, scrittore; Hovannes Tumanian, poeta, o i fratelli Mikoian  esistono davvero. I folti boschi e i giardini da favola del Sevan e Gulagarak, precedono l’agglomerato urbano di Vanadzor (a 128 km a nord dalla capitale Yerevan) con la sorpresa di trovare mistiche architetture e il ponte di Sanahin. Da vedere. Khachkar, croci ricavate nella roccia, datate sec. IX-XVII, complessi monastici fortificati e chiese precalcedonesi  , faranno parte degli itinerari insoliti dell’Hayastan (l’Armenia), proposta e riproposta da Metamondo Tour.

Ma il modo migliore per conoscere questa piccola nazione, dalla lunga storia di guerre e invasioni, sarà quello di intraprendere un tour al di fuori delle mete più usuali del turismo di massa, senza dimenticare le montagne del Guegham e il tempio del Sole a Garnì. Subito dopo aver visitato il centro di Noraduz, il percorso dell’Azhdahag (3.597 metri) rivelerà antichi episodi vulcanici  propri della catena del Guegham.  Meta trek: il monastero rupestre di Ghegard. Si potrà pensare a ulteriori gite esplorative da Yerevan  all’Aràgadz , «verso quei picchi che toccano il cielo e parlano con il vento» , partendo dal laghetto di Karalich: punto d’ascesa  alle Quattro-Vette (cima Sud, 3.617 metri), Ovest (4.080 metri), Nord (4.095 metri), Est (3.950 metri), guardando  a meridione, verso i siti megalitici di Karahunge-Zoratz e all’abitato preistorico di Khendzoresk.  Cercando l’Ararat di Noè, Iafet, Gomer, Togarma , Hayk…

Notizie in valigia

Documento di frontiera. Passaporto individuale con scadenza non inferiore ai sei mesi dalla data di rientro dal Paese.

Come arrivare. In aereo, da Milano, Venezia, Bologna, Roma con i collegamenti di Austrian Airlines .

Dove mangiare. A Yerevan: Monte Cristo Restaurant, Hrazdan Gorge; Dolmama, 10 Pushkin Str.; Caucasus Tavern, 82 Hanrapetutian Str.   Dove dormire. A Yerevan: Aviatrans Hotel, Anì Plaza; a Dilijan: Paradise Resort, Dilijan Hotel; a Goris: Mirhav Hotel.

A tavola. Tarkhùn lìmonàt, bevanda verde (simil-gazzosa) di dragoncello; hadighì pilaf, pilaf di frumento intero con chicchi di melagrana; tàn abur, zuppa allo yogurt; kyufta, polpetta di polpa di vitello lavorata con spezie; motal, formaggio caprino stagionato nel coccio; khorovaz (spiedini) di carni miste  e tèl-cadayif, dolce con noci. Squisita la frutta (in particolare: tziranì cir, albicocche essiccate; nur, melagrane; serkè-fil, cotogne) e il lavash , un pane in “fogli” cotto nei tradizionali forni a pavimento. Da sorseggiare: l’ ottimo cognac Haykuhi Proshyan e il surtch , il denso caffè servito  –  a piacere  –    molto zuccherato.

Richiami turistici. A Yerevan: lo Dzijernagapert, il monumento alle vittime del Mets Yeghern, il Grande Male (l’equivalente armeno della “Shoah”) e il Matenadaran, la biblioteca che raccoglie migliaia di manoscritti preziosi miniati in tempi lontani; i molti musei, la Cascade ritrovo giovanile, il teatro dell’Opera e il colorato vernissage del sabato mattina  –  il mercato del viale  –  nelle vicinanze della centralissima Hanrapetutian Hrabarak (piazza della Repubblica), nota per le “fontane danzanti”. Oltre Yerevan: la fascinosa Khor Virap  –  luogo di prigionia di san Gregorio Illuminatore (san Gregorio Armeno) a cui si deve la conversione al Cristianesimo dell’Armenia (a sud del monastero, oggi in territorio turco, il monte Ararat, alto più di 5.000 metri; la Bibbia ci dice che sul Monte si posò l’Arca di Noè)  –  ; la stazione montana di Tsakhkadzor; Dilijan, sulla Via armena della Seta e dei villaggi molokan; il monte Aràgadz (4.090 metri); mountain bike, trekking e rafting… in territori-paradiso degli astrofili; i complessi eremitici, gli insediamenti monastici, la sede della Chiesa apostolica armena a Etchmiatzin, i resti dell’antica capitale Vagharshapat  con le (vicine) rovine di Zvartnots . E poi: il tempio ellenistico di Garnì,  Tatev e il fiume Vorotan. Le croci in pietra (khachkar) tipiche dell’arte armena sparse un po’ ovunque sul territorio. A quota 1.900 metri: il lago Sevan.

Acquisti. Larghi, bassi, unici-soffici (tipici!) pani dolci gatà di Ghegard; capi d’abbigliamento firmati, oggetti d’antiquariato, vetri vulcanici colorati, strumenti musicali, vini (nurì ghinì, di melagrana, compreso), tappeti, erbe, tisane e “tè” di montagna. Tipiche: le marmellate masurì murabà (di rosa selvatica), honì murabà (di corniole), ablepiha-i murabà (di olivello spinoso). Particolare: il rehàn (basilico rosso) e l’acquavite di gelso (tutì aragh); ablepiha-i yùkh (olio d’olivello spinoso), per la cosmesi.

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Nagorno-Karabakh: Andrew Schofer assume incarico co-presidente per gli Usa nel Gruppo di Minsk dell’Osce (Agenzianova.com 28.08.17)

Washington, 28 ago 15:38 – (Agenzia Nova) – Il giorno precedente le forze armate azere avevano colpito delle postazioni militari armene, stando a quanto riferito dal ministero della Difesa di Baku, per prevenire nuovi atti di sabotaggio. Secondo quanto comunicato dal dicastero azero, dal distretto di Qazakh e di Tovuz sono stati sparati alcuni colpi di mortaio per impedire che le forze armene compissero nuovi attacchi contro la popolazione civile azerbaigiana. La nota del ministero è stata pubblicata in risposta ad alcune notizie apparse sui media armeni secondo cui le forze armate dell’Azerbaigian stavano bombardando villaggi armeni situati nei pressi del confine. (Res)

Vino più antico del mondo: l’Italia insidia l’Armenia (Vinialsupermercato.it 27.08.17)

Cambia la geografia “archeologica” del vino. I residui del vino più antico del mondo sono stati trovati in una grotta vicino Agrigento.

A contenerli una grande giara dell’Età del Rame, di quasi 6 mila anni. L’Italia insidia dunque il primato dell’Armenia, dove nel 2011, vicino al villaggio di Areni, è stata scoperta una vera e propria cantina, ricca di strumenti per la vinificazione, nonché resti di vinaccioli e raspi.

A effettuare la scoperta un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’archeologo Davide Tanasi dell’Università della Florida Meridionale, a cui hanno preso parte anche il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’Università di Catania e gli esperti della Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento.

La scoperta, pubblicata su Microchemical Journal, dimostra che la viticoltura e la produzione di vino in Italia non sono cominciate nell’Età del Bronzo, come ipotizzato finora, ma oltre 2 mila anni prima.

A confermarlo sono i residui chimici rimasti su una giara trovata in una grotta del Monte Kronio, risalente agli inizi del IV millennio avanti Cristo. La terracotta, non smaltata, ha conservato tracce di acido tartarico e del suo sale di sodio, sostanze che si trovano naturalmente negli acini d’uva e nel processo di vinificazione.

I ricercatori sottolineano come sia stato molto difficile riuscire a determinare la composizione esatta di tali residui, perché per farlo è necessario che il vasellame sia estratto completamente intatto. Il team di esperti intende ora stabilire se questo primo antichissimo vino italiano fosse rosso o bianco.

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Armenia preziosa, il cuore cristiano del Caucaso (Lapiazzaweb.it 25.08.17)

Bruno Cazzin, cuoco padovano che da vent’anni vive a Yerevan, ci aiuta a scoprire questa terra antica e ricca di bellezze: dai monasteri costruiti in luoghi di grande suggestione, ai caravanserragli sulla Via della Seta, alle atmosfere alpine del lago Sevan

di Renato Malaman

Doveva restarci soltanto 15 giorni, risiede là da quasi vent’anni! Storia d’altri tempi e decisamente singolare quella di Bruno Cazzin, cuoco padovano nativo di Vigonza che oggi vive a Yerevan, capitale dell’Armenia. Una storia che sa di sfi da, che fa pensare a certe migrazioni verso l’ignoto che caratterizzarono altre epoche (si pensi ai veneti fi niti in Sud America o in Australia). Quando Cazzin, su invito di un amico, raggiunse l’Armenia il paese aveva da pochi anni ottenuto l’indipendenza da Mosca (prima fra le 15 repubbliche ex sovietiche) ed era reduce dalla sanguinosa guerra del Nagorno Karabakh contro l’Azerbaijan. Era un paese in ginocchio, che ancora cercava nuovi punti riferimento nello scacchiere geopolitico dell’area. Impresa non facile in Caucaso, regione da sempre percorsa da tensioni sotterranee. Su cui ancora pesano certi spostamenti coatti di popolazioni da una regione all’altra imposti da Stalin, all’insegna del “Divide et impera”.

Bruno Cazzin in quel clima di cile aprì il ristorante “Ai leoni” in Tumanyan Street, una delle vie simbolo della capitale e del nuovo corso armeno, su cui oggi si affacciano locali e negozi importanti. “Ai leoni”, grazie alla passione e alla professionalità di Cazzin, oggi è l’unico vero ristorante italiano di Yerevan, dove la cucina e la cantina sfoggiano prodotti di qualità “made in Italy”. Perché abbiamo scelto Cazzin come Cicerone per raccontare l’Armenia? Semplice: il suo ristorante è una sorta di ambasciata-ombra del nostro paese, dove passano molti personaggi importanti della società armena attuale. Da Karakhin II, il Catholicos (ovvero il “papa”) della chiesa armena, la prima chiesa cristiana al mondo fondata nel 302 d.C., 12 anni prima dell’Editto di Costantino e quindi della Chiesa di Roma, al console onorario d’Italia Antonio Montalto, che andò in Armenia nel 1988 per aiutare il paese a superare la fase critica del devastante terremoto che colpì il paese quell’anno. Quel Montalto che nel frattempo ha favorito la costruzione di tre ospedali e di numerose altre strutture di pubblica utilità. Si deve a lui anche la presenza delle didascalie in italiano nei pannelli turistici posti davanti ai maggiori monumenti del paese. Non solo: il ristorante di Cazzin è meta di imprenditori, uomini di cultura, turisti italiani, tutti sicuri di poter trovare da lui informazioni utili, consigli e, naturalmente, un buon pasto all’italiana.

“L’Armenia in questi vent’anni ha fatto passi da gigante” osserva Cazzin “il paese gode dell’amicizia, e delle fonti energetiche, della Russia, ma ha buone relazioni anche con l’Europa, gli Stati Uniti e persino con l’Iran. Lo stile di vita degli armeni oggi guarda molto all’Occidente. Con la Turchia e l’Azerbaijian invece i rapporti sono congelati: pesano molto le vicende del passato. Dico solo che la Turchia un secolo fa si è presa due terzi dell’Armenia storica e non ha mai riconosciuto il genocidio del 1915”. Già, il genocidio degli armeni, costato circa 1.800.000 vite umane. Una della pagine di storia del XX secolo più vergognose, perpetrato dal movimento dei Giovani Turchi per strappare terre e beni di quel popolo. Si pensi che lo stesso Monte Ararat, quello dell’Arca di Noè, montagna simbolo della nazione armena, oggi è in territorio turco. L’Armenia odierna è un paese che ha tanta voglia di futuro e che ha moltissimo da far vedere a chi decide di visitarla. Per l’ingresso basta il passaporto, non serve più il visto. Si può noleggiare un’auto e andare dove si vuole. La capitale Yerevan è una città molto dinamica, con uno standard di vita elevato rispetto al resto del paese. Il centro storico è monumentale. Tra i palazzi più belli spicca il Teatro dell’Opera, la cui programmazione è sempre di alto livello. Di recente è stato aperto un museo dedicato a Charles Aznavour, il cui nome è in realtà Chahnouhr Varinag Aznavourian. Il cantautore, attore e diplomatico vive in Francia, ma è senza dubbio oggi l’armeno più famoso al mondo. Non a caso è stato chiamato lui ad aprire nel 2015 l’anno del centenario al memoriale del Genocidio di Yerevan.

Nell’Armenia turistica spiccano gli antichi monasteri, uno più bello dell’altro. Nidi d’aquila costruiti in pietra su luoghi arditissimi. Alcuni vanno nominati: Khor Virap con lo sfondo dell’Ararat; Ghegard, scavato nella nuda roccia; Novarank, incastonato fra spogli picchi in un ambiente roccioso; Tatev, raggiungibile con la funivia più lunga al mondo, costruita da un’azienda svizzera e lunga quasi 7 chilometri. Alcuni si specchiano sulle acque del grande Lago Sevan. L’Armenia si trova lungo la Via della Seta, di cui conserva imponenti caravanserragli in pietra. C’è pure un’area a 2400 metri di altezza che assomiglia a Stonehenge e cela antichi segreti astronomici. Da vedere il complesso religioso di Echmiadzin, il “vaticano” armeno. Oggi è visitabile anche il Nagorno Karabakh, regione abitata da armeni che Stalin assegnò all’Azerbaijan e che si è svincolata da Baku solo attraverso una sporca guerra combattuta dal 1991 al’ 94, costata 30.000 morti e un milione di profughi. Oggi lo status quo della regione è in bilico, in attesa dell’esito di un negoziato internazionale aperto anni fa. Nel frattempo però gli armeni della diaspora (che sono nove milioni, contro i tre che vivono oggi nel paese) hanno inviato molti aiuti, così da trasformare la regione in una sorta di Svizzera del Caucaso, dove tutto è nuovo e pulito. Un armeno americano ha fi nanziato la costruzione strada di Lacin che collega il Nagorno Karabakh (che ora si chiama Artsakh) con l’Armenia. Per l’ingresso le formalità sono minime. Insomma, l’Armenia va conosciuta. Un viaggio in questo angolo di Occidente incastonato in Asia riserverà molte sorprese. Bruno Cazzin lo testimonia con la sua decisione di rimanerci a vivere. “Qui si vive bene” assicura “anche gli armeni sono bravi e devo dire che gli italiani sono gli ospiti più coccolati. Vi aspetto. Anzi, l’Armenia vi aspetta, con le sue straordinarie bellezze, i suoi grandi vini, la sua gente cordiale e ospitale”.

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Armenia, il passaggio al digitale oscura il pluralismo (Osservatorio Balcani E Caucaso 24.08.17)

In Armenia il governo, attraverso il controllo delle licenze sul digitale, di fatto ha limitato il pluralismo nel paese. Una rassegna sulla situazione

24/08/2017 –  Hermine Virabian

(Pubblicato originariamente da Chai-Khana )

Narine Avetisyan, direttrice di Lori TV – emittente della città di Vanadzor nel nord dell’Armenia – sapeva che il passaggio al digitale sarebbe stato una minaccia per il suo canale, così come lo sapevano molte altre piccole emittenti regionali in tutto il paese, che si sono opposte in ogni modo possibile a quanto stava avvenendo, senza però successo.

A novembre 2016, con l’interruzione delle trasmissioni analogiche, il canale non ha potuto richiedere il passaggio al digitale: non è stato organizzato infatti nessun bando per le licenze e la politica si è messa in mezzo.

L’origine della situazione odierna

Nel 2010, alcuni emendamenti alla legge che disciplina radio e televisione, stabilirono che ogni marz (regione) e ogni città in Armenia dovevano avere un’unica stazione televisiva privata che operasse “nell’interesse delle popolazioni nazionali e locali”. Una condanna a morte per 12 canali televisivi regionali che furono costretti, progressivamente, a chiudere.

Alle emittenti senza una licenza per il digitale venne permesso di operare inizialmente solo fino al 2013 e non tutte, in seguito, ne avrebbero ottenuta una.

In Armenia, 27 emittenti televisive dispongono attualmente di una licenza per la trasmissione digitale: 8 possono trasmettere per tutto il paese, 10 nella capitale Yerevan e 9 nelle regioni.

Lori TV e le altre

Lori TV, in onda dal 1995, e altri 11 canali regionali sono rimasti fuori, in quanto le loro licenze non sono state estese al digitale.

Per giornalisti armeni e attivisti dei diritti umani in gioco vi è il pluralismo dei media di Armenia e la possibilità di offrire una varietà di prospettive sulle regioni del paese: in Armenia non esiste solo Yerevan, e le emittenti regionali sono essenziali.

A seguito delle proteste da parte delle organizzazioni dei media, il termine di deroga rispetto al possesso di una licenza è stato esteso fino al 2015, e poi fino al 2016, consentendo ai canali regionali di continuare a operare con le attuali licenze fino a quando un bando aperto non avesse selezionato un soggetto privato che, a livello nazionale, avrebbe installato torri e stazioni di trasmissione e sviluppato una rete di distribuzione che consentisse la trasmissione dei canali televisivi regionali. Ma il bando è stato sospeso ed ad oggi il Comitato Nazionale per la Televisione e la Radio non ha selezionato il provider privato previsto.

Secondo Ashot Melikyan, responsabile del “Comitato per la difesa della libertà di parola”, l’errore è stato procedurale. “I requisiti erano troppo stringenti e per questo il bando è fallito”, spiega Melikyan, responsabile di questa Ong di Yerevan che promuove la trasparenza e la libertà di espressione. “Il bando è stato annullato, le condizioni imposte erano scoraggianti e difficili da soddisfare”.

L’esempio georgiano

La vicina Georgia, che è passata al digitale nel luglio 2015, ha abilitato per la trasmissione tecnica del segnale diversi operatori di piccole e medie dimensioni anziché uno unico di grandi dimensioni.

“Se avessimo applicato questa esperienza, le emittenti rimaste escluse avrebbero potuto riunirsi e creare piccoli multiplexer [e così] continuare la loro attività professionale”, aggiunge Melikyan, che sostiene che una singola società privata per coprire tutta l’Armenia crei problemi di monopolio.

L’idea del piccolo multiplexer creato dai canali regionali riscuote anche il favore delle emittenti televisive, ma richiederebbe un cambiamento nella legislazione in vigore, un’opzione che non è all’orizzonte.

In mancanza di candidature per l’operatore privato, il governo si è appoggiato ad uno pubblico, che ha iniziato a operare dal primo luglio 2015 e permette di trasmettere alle stazioni televisive regionali con licenza.

I 12 senza licenza

L’altra questione è legata ai 12 canali televisivi regionali, di proprietà privata, che nel 2010 si sono visti revocare la licenza.

La regione di Lori aveva 4 stazioni televisive, ma nel 2010 solo Fortuna TV (di proprietà di Karen Karapetyan, parlamentare del Partito Repubblicano al governo) ha ricevuto la licenza: secondo Avetisyan, per motivi politici.

Dal 2011 Fortuna TV è disponibile in tutta la regione, offrendo un mix di propri programmi realizzati in studio, soap opera armene e talk show creati da emittenti nazionali. Karen Arshakyan, direttore di Fortuna, si è rifiutato di rilasciare un’intervista dichiarando che sono ormai passati sette anni dalla concessione della licenza.

La trasmissione analogica rimane a disposizione dei cittadini con TV via cavo, che è un servizio a pagamento, quindi meno diffuso. Due società, Ucom e Rostelecom, forniscono la trasmissione via cavo a Vanadzor e, secondo Avetisyan, hanno escluso Lori TV dai loro pacchetti nonostante un accordo precedente.

Lori TV si è unita ad altre emittenti regionali in posizioni simili per combattere per rimanere in onda, rivolgendosi al Comitato di difesa della libertà di espressione, lo Yerevan Press Club e il Media Initiatives Center. Con il sostegno di Edmon Marukyan, ex deputato indipendente della regione di Lori recentemente eletto nei ranghi della Yelk Alliance, le emittenti hanno proposto di introdurre modifiche alla legge per salvare i canali regionali, ma non hanno ricevuto ad oggi risposta.

A novembre 2013, 6 canali regionali (Lor, MIG e Ankyun+3 dalla regione di Lori, ALT da Armavir, Ijevan da Tavush e Hrazdan da Kotayk) hanno inviato una lettera aperta al presidente, al portavoce del Parlamento e al primo ministro per esprimere le proprie preoccupazioni. “La cessazione delle trasmissioni analogiche ha reso il nostro lavoro inutile, in quanto i programmi non sono accessibili ai consumatori”, recitava la lettera, aggiungendo: “E’ chiaro che anche noi abbiamo perso inserzionisti a causa di questa situazione. Poiché il bando di quest’anno è saltato a causa dell’assenza di partecipanti, è più probabile che le nostre aziende chiudano piuttosto che compaia un operatore privato”.

La lettera è caduta nel vuoto e non ha ricevuto alcuna risposta.

Secondo Ashot Melikyan, prima di tutto la legge dovrebbe essere rivista, mentre Edmon Marukyan ha definito il processo di concessione delle licenze “ingiusto” e soggetto a connessioni politiche.

“La legge è stata adottata dalla maggioranza politica, ovvero il Partito repubblicano, che obbedisce ai funzionari di alto grado [del governo]”, sostiene Marukyan il cui partito detiene 9 seggi in parlamento, non sufficienti ad ottenere un cambiamento nel disegno di legge senza il sostegno del governo.

“Sono sette anni che lottiamo per continuare le nostre trasmissioni”, lamenta Avetisyan. Ma la situazione attuale non lascia intravedere una soluzione a breve termine.

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San Bartolomeo Apostolo/ Santo del giorno, il 24 agosto si celebra il martire che divulgò il Cristianesimo (Ilsussidiario.net 24.08.17)

San Bartolomeo Apostolo, si celebra oggi il martire che diffuse il Cristianesimo in vari paesi come l’India e la Mesopotamia. Fu fatto prigioniero e uccisa da Re Astiage.

Santo del giorno: San Bartolomeo Apostolo Santo del giorno: San Bartolomeo Apostolo

Bartolomeo nasce a Caana nel I secolo dopo Cristo. Secondo alcuni documenti ufficiali, è stato tramandato che il futuro Santo sia stato un pescatore e che abbia esercitato questa professione in Galilea. Ad certo punto Bartolomeo conosce Giovanni il Battista e si unisce alla cerchia dei suoi discepoli. Il gruppo incomincia a predicare la Parola di Dio. Successivamente, il pescatore incontra un uomo, che si chiama Filippo. I due diventano subito molto amici. Filippo allora racconta a Bartolomeo che Gesù, il figlio di Giuseppe di Nazaret, è il Messia, inviato da Dio in terra. In un primo momento, il futuro Santo non crede alle parole del suo amico, ma successivamente decide di incontrare il Nazareno. Viene condotto quindi da Filippo sulle rive del fiume Giordano. In questo posto Bartolomeo incontra il Cristo, che gli racconta di averlo salvato da bambino, grazie all’intercessione della Vergine Maria. Dopo aver ascoltato queste parole, il futuro Santo diventa subito un apostolo di Gesù e inizia a predicare il suo messaggio. In seguito alla crocifissione del Figlio di Dio, Bartolomeo si mette a diffondere il Cristianesimo in vari paesi, come in India e in Mesopotamia. Giunto nell’Armenia maggiore, poi, l’Apostolo riesce a convertire alla religione cristiana parecchia gente. Per questa ragione viene fatto prigioniero dal Re Astiage, che lo fa prima scorticare vivo e dopo decapitare. Bartolomeo dunque muore ad Albanopolis, in Armenia, nel 68 dopo Cristo. Per il suo martirio è stato nominato Santo dalla Chiesa Cattolica e la sua festa si celebra il 24 Agosto di ogni anno.

LE FESTE E LE SAGRE DEDICATE AL SANTO

San Bartolomeo è il Patrono di Benevento. In questa città, il 24 agosto di ogni anno, per la festa patronale, c’è una messa solenne nella Chiesa di San Bartolomeo, presieduta dall’Arcivescovo. In seguito, la statua del Patrono viene portata in processione per le strade di Benevento e moltissimi pellegrini rendono omaggio al passaggio del simulacro religioso. Successivamente, in piazza San Bartolomeo c’è un bellissimo concerto di musica lirica, che attrae parecchie persone. In occasione dei festeggiamenti del 24 agosto, a Benevento si organizzano anche delle sagre, dove in appositi stand la gente ha l’opportunità di mangiare le specialità del posto, come le lasagne e gli involtini di fegato d’agnello.

GLI ALTRI SANTI CHE SI FESTEGGIANO OGGI

Oltre a San Bartolomeo, il 24 Agosto si festeggiano: Sant’Emilia de Vialar, San Giorgio il Limniota, Santa Giovanna Antida Thouret e Sant’Audoeno di Rouen. I Beati, che si commemorano il 24 Agosto, invece sono: Encarnación Rosal e Miroslav Bulešic.

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Armenia: vivere da disabili (balcanicaucaso.org 21.08.17)

In Armenia, troppo spesso, le persone diversamente abili vengono stigmatizzate ed emarginate. C’è però chi, a questo stato di cose, si oppone. La storia di Vardine

21/08/2017 –  Lilit Arakelyan

(Pubblicato originariamente su Daphne  il 28 aprile 2017)

A dieci anni, dopo aver perso sua madre, Vadine è stata obbligata a lottare tutta sola per i suoi diritti e per convincere la società di aver diritto a vivere la stessa vita di tutti gli altri. Guardando indietro alla sua infanzia Vardine si rende conto di avercela fatta e di aver raggiunto gli obiettivi più ambiziosi che aveva da piccola.

‘Mia madre ha deciso di tenermi’

‘Vi era molta negatività attorno a me durante la mia infanzia. In Armenia, l’atteggiamento rispetto a chi ha disabilità è sbagliato. Ai bambini non viene insegnato a comportarsi rispetto a persone diversamente abili e tutto questo deriva da atteggiamenti ben radicati tra gli adulti stessi”, racconta Vardine Grigoryan, 32.

Vardine è nata e cresciuta a Vanadzor, città nell’Armenia settentrionale. Nella sua prima infanzia le è stata diagnosticata la sindrome di Marfan, malformazione genetica ereditata dalla madre.

La sindrome di Marfan colpisce i tessuti connettivi e può manifestarsi in numerosi modi. La madre di Vardine non aveva alcun sintomo visibile ed è per questo che la sua malattia, e la conseguente eccessiva dilatazione dell’aorta, è stata identificata troppo tardi.

“Mia madre desiderava molto avere dei bambini e quindi, all’età di 34 anni, si è sposata per poi divorziare 3-4 mesi dopo. Quando sono nata, i miei genitori erano già separati. La mia nascita è stata preceduta da grande scandalo nella famiglia che accusava mia madre di appesantire loro la vita con la nascita di un bambino, e tutto si è accentuato quando si è scoperto che avevo problemi di salute. Ma nonostante tutto mia madre ha tirato dritto e ha deciso di tenermi”.

La madre di Vardine, Seda, è morta 22 anni fa ma in sua figlia rimane vivo il ricordo dell’amore incondizionato della madre nei suoi confronti. Da allora, Vardine ha vissuto con la nonna Varduhi.

‘La mia nonna si vergogna di me’

“Mi ricordo come mi sedevo in braccio a mia madre anche quando avevo già 10 anni! Mi amava e si preoccupava per me moltissimo. Mi ha dato un nome unico, Vardine, e diceva che ero l’unica Vardine nel mondo intero. Diversamente da mia madre, mia nonna invece non mi incoraggiava in nulla. Il suo approccio in genere era molto stereotipato e mi guardava attraverso il prisma della società. Si vergognava di com’ero. Ricordo che quando camminavamo per strada lei camminava molto veloce in modo che io rimanessi indietro. Aveva paura che la gente le chiedesse se ero sua nipote”, ricorda Vardine. “Allo stesso tempo non permetteva a nessuno di offendermi. Aveva un istinto protettivo del tutto particolare: voleva proteggermi dal mondo intero ma non riusciva a farlo in un modo che io non percepissi come pressione o tentativo di nascondermi”.

‘I bambini del vicinato mi tiravano i sassi’

Diversamente da quanto accade alla maggior parte dei bambini disabili Vardine è riuscita a frequentare un normale percorso di studi. Tuttavia, ricorda ancora il terribile abuso psicologico che doveva affrontare, tutti i giorni, per andare a scuola.

“Il percorso quotidiano verso la scuola era terribile perché i bambini che vivevano in una via limitrofa alla mia ridevano di me e mi tiravano dei sassi… Ne è nata una vera e propria fobia che mi porta, ancor oggi, a provare timore quando passo da quel quartiere. Mi rendo conto che appartiene tutto al passato ma certo si è trattato di una delle esperienze più traumatiche di tutta la mia vita”.

Vardine ha molti dei sintomi della sindrome di Marfan. All’età di 13 anni le è stata diagnosticata una curvatura spinale. “Ho dovuto fare tre interventi chirurgici presso l’Ospedale ortopedico Masi e il periodo che ne è seguito è stato molto doloroso. Spesso dovevo stare in piedi, a scuola, durante le lezioni. Quando il dolore era forte, era impossibile starsene seduti. Mi dovevo alzare o dovevo camminare”, racconta Vardine, che da allora ha dovuto affrontare in totale sei interventi chirurgici.

Non mi sono potuta permettere la mediocrità’

Nonostante il modo di pesare stereotipato della società, le percezioni negative o le discriminazioni dirette, Vardine è riuscita a trovare la chiave per andare avanti: essere più d’aiuto possibile.

“Pensavo che se non fossi riuscita anche solo un giorno, a trovare qualcosa in cui potevo essere utile, la mia esistenza non aveva senso. E la gente se ne sarebbe accorta e mi avrebbe accusata di rubare il posto a qualcuno. Pensavo di dover giustificare la mia esistenza”.

L’amore di Vardine per lo studio l’ha aiutata a superare le difficoltà che ha incontrato nella sua vita e, a scuola, si è fatta buoni amici. “L’amore e l’atteggiamento positivo nei miei confronti non era un atto di pietà ma era piuttosto basato sul rispetto. In generale a scuola si pensava io fossi particolarmente intelligente e quindi, in quell’ambiente, tutti erano gentili nei miei confronti. Ho iniziato la scuola quando avevo solo 5 anni e dicono chiedessi a mia madre di portarmi a scuola anche prima. Ogni mattina mi alzavo presto e mi mettevo a leggere i miei libri di fiabe e mi raccontano sapessi leggere ancora prima di andare a scuola. Volevo essere la studentessa migliore e volevo sempre lavorare di più e meglio. Non potevo permettermi di essere mediocre”, ricorda con un sorriso.

Dopo aver finito al scuola Vardine, preparando gli esami d’ammissione da sola non potendo permettersi lezioni private, è riuscita ad entrare nel dipartimento lingue straniere dell’Istituto pedagogico statale di Vanadzor.

Il suo duro lavoro e la sua sete di conoscenza l’hanno aiutata a realizzare il suo sogno di viaggiare negli Stati Uniti, in un programma di scambio di studenti. Nel 2005 è entrata nel Williams College del Massachusetts dove ha studiato per un anno presso il dipartimento di sociologia.

“Mia nonna, ovviamente, si opponeva a tutti i miei piani riguardanti lo studio. E’ stata cresciuta in una società dove i bambini con disabilità venivano o abbandonati o nascosti. Non ha mai pensato di abbandonarmi ma non ha mai creduto che l’atteggiamento della società verso di me sarebbe potuto essere benevolo. Pensava che studiare fosse una perdita di tempo perché nessuno, poi, mi avrebbe dato un lavoro. Aveva un atteggiamento così sorprendente: nessuno che conoscevo, attorno a noi, aveva raggiunto tanti obiettivi quanti ne avevo raggiunti io. Ma nonostante tutto questo voleva che rimanessi a casa, a far niente, per evitare che qualcuno potesse offendermi. Un anno fa ero a casa con una coppia di amici. Una volta usciti lei mi ha detto che non li voleva più vedere a casa nostra. Le ho chiesto il perché e lei mi ha detto che non voleva che io soffrissi guardando loro e pensando che non avrei mai potuto avere qualcuno da amare in tutta la mia vita”, racconta Vardine.

‘Il periodo più sereno della mia vita’

Ma lei riteneva fosse importante realizzarsi e ottenere un’ottima formazione. Grazie al duro lavoro, alla sua perseveranza e grande forza di volontà Vardine è riuscita a terminare i suoi studi negli Stati Uniti e poi, per un anno, è rientrata a lavorare in Armenia per l’Ong “Capacity and Development for Civil Society”.

“Il tempo trascorso negli Stati Uniti è stato il più sereno di tutta la mia vita. Anche solo camminando per strada, avevo l’impressione che la mia colonna vertebrale fosse più diritta. Ho dimenticato i miei problemi di salute. La percezione sociale e l’approccio in genere della gente ti fa sentire un essere umano come tutti gli altri. Qui invece la gente presta molta attenzione all’apparenza fisica e costantemente ti ricorda le tue disabilità e che non rientri negli schemi definiti dalla società”, racconta Vardine.

Nel 2009 ha fatto domanda per un programma di dottorato ed è stata due anni negli Stati Uniti per studiare Pubblica amministrazione presso l’Università dell’Ohio. “Ho vissuto una vita studentesca molto interessante e intensa nell’Ohio. Rientrata in Armenia ho iniziato a lavorare alla Helsinki Citizens’ Assembly, per un breve periodo come traduttrice”. “Poi sono diventata office manager e lavoravo su programmi istituzionali di sviluppo e infine sono diventata coordinatrice della sezione monitoraggio e report sugli standard democratici. E’ da sei anni che lavoro qui ormai”, racconta Vardine sorridendo allegramente.

A Vardine piace il proprio lavoro ma ammette che la sua felicità sarebbe incompleta senza i suoi cari amici.

‘Vivi mentre sei vivo’

Le persone disabili in Armenia spesso percepiscono la propria posizione come una sorta di punizione meritata. Ma Vardine invece ha deciso che, se qualcosa non va bene, occorre cambiarla, o almeno provarci. Ha deciso di sostituire sogni e preghiere per una miracolosa guarigione della sua scogliosi con azioni molto pratiche.

Due anni fa Vardine ha incontrato Karapet Momjyan, capo dei servizi spinali dell’ospedale Erebuni, ed è riuscita a convincerlo che sarebbe stata in grado, ormai trentenne, di sopravvivere ad un’operazione molto delicata. In poche settimane Vardine è riuscita a farsi prestare i soldi necessari. L’operazione è andata meglio del previsto e ne è seguita una seconda.

La sua curvatura spinale e altri problemi di salute non sono ora completamente scomparsi ma Vardine è convinta che quest’esperienza le ha riportato la voglia di combattere. In due anni Vardine è stata in grado di restituire tutti i soldi che aveva chiesto in prestito ed ha dato i soldi che le erano stati donati a chi riteneva avesse più bisogno di lei.

Lara Aharonian, direttrice del Women’s Resource Centre, descrive Vardine come una persona dalla forte personalità e del suo essere stata da esempio per molti. Sottolinea inoltre il gran senso dell’umorismo di Vardine, che non la abbandona neppure nei momenti più bui.

“Vardine è una pensatrice positiva ed è sempre piena di speranza. Sono sempre rimasta stupita di questa ragazza di così ampie vedute e così resiliente, che è stata così coraggiosa nell’affrontare tutte quelle difficoltà e nel continuare a lavorare su se stessa per raggiungere ciò a cui aspirava, nonostante gli ostacoli incontrati al lavoro e nella vita”, afferma Lara Aharonian.

Vardine, dal canto suo, sottolinea che qualsiasi cosa lei faccia nella vita segue sempre come esempio la propria madre. “Non lo so se è avvenuto nel subconscio o coscientemente ma è accaduto che la mia vita si sia sviluppata nel realizzare ciò che lei desiderava ma non è riuscita a fare per la sua morte prematura. Il più grande complimento che ricevo è quando, per errore, qualcuno mi chiama Seda. Quelli sono i momenti in cui mi rendo conto che tutto è a posto”.

Vardine è convinta che ciascuno alla fine decide da solo come vivere la propria vita, a prescindere dai consigli che riceve dagli altri: “L’importante è non assumere il ruolo della vittima, e di vivere finché siamo in vita”.

 

Quest’articolo è frutto della collaborazione tra OC Media e il progetto Daphne, dedicato a donne che, in Armenia, hanno superato momenti bui e duri nella vita e grazie alla loro forza di volontà sono riuscite ad andare avanti

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Lugano: “Note al tramonto” fino a domenica (Ticinoonline 18.08.17)

LUGANO – L’edizione 2017 della rassegna concertistica “Note al Tramonto” dell’Associazione Aurofonie, dedicata al tema del Mediterraneo, è in corso fino a domenica 20 agosto, al Boschetto Ciani di Lugano. Inizio spettacoli ore 20.30, ingresso libero.

Il bacino del Mediterraneo è un territorio che non ha eguali nel mondo in quanto a pluralità e varietà di stili ed espressioni sonore. Sin dai tempi antichi, il Mediterraneo è stato solcato da uomini alla ricerca di novità e conquiste, animati dal desiderio di conoscenza e di dominio: il mare è stato, allo stesso tempo, un confine e un punto di unione per i popoli che si sono affacciati sulle sue coste.

Venerdì 18 agosto il “Jazz partenopeo in piano solo” di Alessandro D’Episcopo. Originario di Napoli, da quasi tre decenni è attivo in Svizzera come pianista jazz, sia in scena con alcune formazioni stabili, sia come apprezzato docente alle scuole di jazz di Zurigo, Zugo e Lucerna. Dopo la pubblicazione di diversi album con artisti della scena jazzistica svizzera, nel 2002 pubblica con il suo Trio l’album “Stella Cadente” (Altrisuoni), interpretando i brani della tradizione canora napoletana in chiave jazz. Il successo ottenuto lo porta a proseguire con altre due produzioni che strizzano l’occhio alla cultura mediterranea: nel 2007 con “Meraviglioso” e nel 2012 con “Solare” (entrambi per Altrisuoni).

Sabato 19 agosto Sandra Ranisavljevic (soprano) e Matteo Sarti (pianoforte) proporranno “Il mare in mezzo alle terre”. Il concerto è un viaggio che attraversa diverse epoche musicali, toccando linguaggi e tradizioni di musiche diverse dei paesi mediterranei, spaziando dalla musica lirica a quella popolare. La protagonista di questo viaggio è la soprano serba Sandra Ranisavljevic. Grazie alle sue origini e alla sua duttilità vocale, riesce ad interpretare un vasto repertorio musicale che spazia dalla musica operistica, cameristica e liederistica, alla musica contemporanea a quella tradizionale–folkloristica.

Domenica 20 agosto, infine, si chiude con il “Progetto NUR”, dedicato alla ricerca e alla riscoperta della musica armena a livello internazionale, attraverso la collaborazione fra il pianista e compositore italiano Andrea Manzoni e la soprano americana-armena Rosy Anoush Svazilian. NUR propone nuove sonorità sul palcoscenico musicale internazionale ispirandosi alla musica armena per creare moderne melodie adatte a un pubblico più ampio. NUR propone non solo musica originale, ma anche interpretazioni di compositori armeni quali Komitas, Berberian,Ganatchian e Sayat Nova.

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«Qui gli stessi “Orizzonti” dell’Armenia» (Il Giornale di Vicenza 12.08.17)

L’Altopiano le ricorda la sua Armenia. La scrittrice padovana di origini armene Antonia Arslan, andata in scena al teatro Millepini con lo spettacolo “Dessaran – Orizzonti”, ritorna volentieri sull’Altopiano, un luogo che le parla di casa. Quell’Armenia sempre presente nei suoi pensieri e nei suoi scritti. Terra montuosa teatro di numerosi conflitti e dove, tra il 1915 e 1916, l’Impero Ottomano attuò un genocidio da 1,5 milioni di morti, innescando una diaspora arrivata anche in Italia.

«Asiago è una città splendida – afferma Antonia Arslan –. mi ricorda la montagna armena coi suoi altipiani. Sono entrambe terre che hanno qualcosa di magico». Arslan è stata più volte ospite ad Asiago. «Ricordo una serata molto piacevole del Rotary club Altopiano nella quale conobbi Nereo Sartori, impegnato in Armenia per la realizzazione di un ospedale. In un’altra occasione venni invitata dall’allora presidente Franco Gollin dove mi annunciarono il finanziamento di un ambulatorio medico ad Arpeni, piccolo paese nel nord ovest dell’Armenia».

L’Armenia per Arslan è diventata quasi una missione. Dalla sua cattedra di letteratura italiana moderna all’Università di Padova ha iniziato una ricerca personale sul suo popolo, che poi ha condiviso con il grande pubblico prima con la traduzione delle opere del poeta armeno Daniel Varujan e poi con dei romanzi, diventando paladina della causa armena.

«Il negazionismo turco era assurdo – commenta –, oggi solo il governo prosegue con quella linea. I giovani e gli intellettuali oramai lo ammettono. Ma il sogno di re-istituire l’Impero Ottomano rimane un sogno politico per quanto anacronistico».

L’Armenia è alla base dello spettacolo asiaghese inserito nel circuito di Operaestate. «Vengono alternati testi del poeta armeno Varujan e brani miei con le musiche mediterranee di Maurizio Camardi – conclude Arslan –. È uno spettacolo intenso che racconta la storia di uomini e donne. Come sfondo ci sono le foto del pluripremiato fotografo armeno Norayr Kasper. Ho visto che il pubblico lo ha accolto molto bene e questo mi fa piacere».G.R.

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Russia-Stati Uniti: viceministro Esteri armeno, contraccolpi economia russa ha effetti negativi su paesi confinanti (Agenzianova 11.08.17)

Erevan, 11 ago 08:48 – (Agenzia Nova) – Tutti i trend negativi dell’economia russa hanno un impatto negativo sui paesi confinanti. Lo ha affermato il viceministro degli Esteri dell’Armenia Shavarsh Kocharyan, commentando le nuove sanzioni statunitensi contro Mosca. Secondo Kocharyan, “l’Armenia, ma anche l’Azerbaigian che non parte dell’Unione economica euroasiatica (Eaeu) e la stessa Georgia con le sue aspirazioni comunitarie, non sono eccezioni a questa regola”. È evidente, secondo il viceministro armeno, “che questi paesi che dipendono maggiormente dalla Russia in forme diverse, anche attraverso la forza lavoro, le relazioni economiche, l’acquisto e la vendita di beni, e quindi sono influenzati dai cambiamenti nell’economia russa”. A questo proposito, il viceministro ha sottolineato la politica economica estera dell’Armenia si basa sul rafforzamento dei rapporti con i paesi confinanti. (segue) (Res)