Siria, armeni senza pace: torna l’incubo genocidio. Lettera43

Decimati dalle bombe di Assad. Dagli spari dei ribelli. Dai raid di al Qaeda e Isis. Oltre 1.000 i morti. E il popolo, rifugiatosi in Siria nel 1915, deve fuggire di nuovo.

di Mauro Pompili

 

Un secolo dopo il genocidio del 1915, il popolo armeno torna a essere vittima di massacri, in quella Siria dove gli antenati avevano trovato rifugio, e i loro luoghi della memoria sono diventati oggetto di distruzione.
Come la Chiesa dei Martiri Armeni a Deir ez-Zor, nella Siria orientale, rasa al suolo dall’Isis.
Medz Yeghern (letteralmente «Il Grande Male» in armeno), è stato il primo genocidio del Novecento, perpetrato dal governo Ottomano e costato la vita a 1 milione e mezzo di persone. A Deir ez-Zor, l’Auschwitz degli Armeni, era stato costruito il memoriale delle vittime. Ma ora non esiste più, cancellato da una nuova ferocia.
MILLE VITTIME ARMENE. La cancellazione di un simbolo, però, è diventata essa stessa il simbolo della nuova tragedia, della diaspora che vive la comunità armena in Medio Oriente.
Prima della guerra civile gli armeni di Siria erano più di 150 mila, la maggior parte viveva ad Aleppo. La capitale economica del Paese ora è semidistrutta e la comunità armena ha pagato un prezzo elevatissimo al conflitto. Almeno 1.000 le vittime e la maggioranza dei sopravvissuti è fuggita.
«Come mio nonno da Sis (in Turchia, ndr) nel 1915, ho dovuto abbandonare tutto, chissà la mia casa e la mia bottega di orafo a Midam (quartiere armeno di Aleppo, ndr) che fine faranno?», dice Agop Demirjian, arrivato a Bourj Hammoud, alla periferia Sud di Beirut, da un paio di settimane e impegnato a organizzare la nuova vita da profughi della sua famiglia.
NEL MIRINO DEI CECCHINI. Aleppo dal luglio del 2012 è spaccata in due. La divide una frontiera invisibile di quasi 20 chilometri dove gli scontri sono quotidiani e regnano i cecchini. Separati da questo confine vivono famiglie e amici, che difficilmente riescono a incontrarsi e a comunicare. Due mondi lontani, dove i pochi civili rimasti sono uniti dalla paura dei colpi di fucile. Qui la vita quotidiana è fatta di corse veloci alla ricerca di acqua e cibo o per raggiungere la scuola e il lavoro.
Questa linea di morte attraversa proprio i vecchi quartieri armeni della città. «I miliziani», racconta Agop, «posizionano carcasse di automobili e blocchi di cemento di traverso sui marciapiedi. Così, mentre cammini sei costretto a uscire allo scoperto e i cecchini fanno festa».
«PRIMA DI MUOVERMI PREGO SEMPRE». Vasquen Zinidjian, uno degli armeni che vive ancora ad Aleppo, parla per telefono con Lettera43.it: racconta che per andare e tornare da casa, nel quartiere di al-Halabi Suleiman, doveva attraversare almeno cinque strade infestate dai cecchini: «Ogni volta prima di muovermi prego: ‘Dio se mi colpiscono fammi morire subito, non voglio restare ferito ad agonizzare sulla strada e che qualcuno rischi la vita per aiutarmi’».

«Cerchiamo di difenderci dai tiratori in tutti i modi», continua Vasquen, «nelle strade più grandi abbiamo messo degli autobus per farci da scudo, nei vicoli sistemiamo dei grossi tendoni per cercare di non essere visti».
Ma questi stratagemmi non sempre funzionano: «Ieri un uomo è stato ucciso proprio davanti a me mentre sollevava la tela per entrare nel suo portone».
A scandire la giornata ci sono poi le bombe sganciate dagli elicotteri del governo, i colpi di mortaio dei ribelli e costante il rischio delle mine e degli ordigni inesplosi. «La vita è impossibile. Un minuto tutto sembra tranquillo e poi d’improvviso si scatena l’inferno. Ogni mattina», continua Vasquen, «aspetto di vedere qualcuno per la strada prima di uscire, un modo stupido di vincere la paura».
LE BARBARIE DEL FRONTE AL NUSRA. Tragicamente sembrano essere i bambini quelli che si adattano meglio alla guerra. «Correvo sempre per andare a scuola», dice sorridendo il figlio 12enne di Agop, «percorrevo solo strade che conoscevo e lungo le quali sapevo dove nascondermi. In alcune vie passavamo uno per volta, correndo a zig-zag, per rendere la vita più difficile ai cecchini. Eppure, Ahmed il mio compagno di banco è stato colpito».
La tragedia armena non si limita ad Aleppo. Lo scorso anno la cittadina armena di Kesab fu occupata dai miliziani del Fronte al Nusra (vicino ad al Qaeda), transitati senza problemi dal vicino confine turco, che costrinsero la popolazione alla fuga. Al ritorno, dopo che l’esercito governativo l’aveva liberata, gli armeni trovarono la città semidistrutta e i luoghi di culto rasi al suolo.
LE AGGRESSIONI DEI RIBELLI ANTI-ASSAD. Nell’ultimo anno a Damasco una chiesa della comunità è stata colpita dai mortai dell’Esercito Libero Siriano, i ribelli “buoni” che combattono Bashar al-Assad finanziati e armati dagli americani e dagli arabi sunniti del Golfo.
I colpi hanno ucciso due bambini. A Raqqa i combattenti salafiti hanno distrutto la Chiesa dei Martiri, nella provincia di Damasco è stato colpito uno scuolabus e due scolari armeni sono morti.
E l’elenco potrebbe continuare a lungo.
«I COMBATTENTI TURCHI VOGLIONO ANNIENTARCI». «Sono centinaia», confessa Agop, «i combattenti turchi, discendenti di quelli che hanno tentato di annientarci nel 1915 che si sono uniti ai miliziani di al Qaeda e Isis. Stiamo davvero rivivendo l’incubo dei nostri antenati».
Oggi gli eredi dei cristiani armeni, che trovarono scampo in Siria, sono costretti a fuggire in Libano, in Europa o in America. La chiesa dove le ossa degli assassinati avevano trovato riposo è stata distrutta. I terreni del massacro degli armeni, un secolo dopo, sono diventati i campi di nuove uccisioni di massa. E ancora una volta il mondo sembra restare immobile.

Turchia fa saltare il vertice Ue-Ankara Agccomunication

By Anna Lotti

TURCHIA – Ankara. 11/02/15. Ankara ha annullato la prossima riunione della commissione parlamentare mista UE-Turchia dove c’era all’ordine del giorno anche il genocidio armeno. Fonte Hurriyet.

L’incontro si doveva terne il 18 e 19 febbraio a Istanbul in Turchia. In precedenza, le autorità turche hanno avvertito l’Unione europea che Ankara si rifiutava di tenere la riunione del Comitato parlamentare mista UE-Turchia, se il suo programma includeva discussioni sul “genocidio armeno”. Il genocidio si riferisce agli accadimenti durante l’impero ottomano nei confronti degli armeni che vivevano in Anatolia nel 1915. La Turchia ha sempre negato che il “genocidio” abbia avuto luogo. Mentre rafforzare gli sforzi per promuovere il “genocidio” nel mondo, gli armeni hanno ottenuto il suo riconoscimento da parte dei parlamenti di alcuni paesi. Anche se la Turchia ha proposto più volte di creare una commissione indipendente per indagare gli eventi del 1915, l’Armenia continua a respingere questa proposta. Inoltre, in precedenza, le autorità turche hanno ripetutamente fatto gesti conciliatori verso Armenia. Il messaggio di Recep Tayyip Erdogan al popolo armeno, il 24 aprile 2014 uno di questi gesti recenti.
Erdogan ha detto in quel messaggio che gli eventi del 1915 sono stati un momento difficile, non solo per gli armeni, ma anche per gli arabi, curdi e rappresentanti di altre nazioni che vivono nel paese.

Rimanere o partire? Il dramma dei cristiani di Siria. Aleteia

Ascoltato alla Camera l’arcivescovo armeno cattolico di Aleppo: “dare status di rifugiati ai cristiani in fuga”. Aleteia

“Io vengo da Aleppo dove è nato il cristianesimo. A Damasco Paolo è stato battezzato e ha cominciato la sua missione per arrivare fino a Roma. A 40 km da Aleppo i primi discepoli di Cristo sono stati chiamati ‘cristiani’. Gesù è nato in Palestina ma i cristiani sono nati a Damasco”. E’ iniziata così l’audizione di mons. Butros Marayati, arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, invitato il 19 febbraio dal Comitato permanente dei diritti umani, istituito presso la  Commissione esteri della Camera dei deputati, per parlare dei temi della persecuzione delle minoranze e della repressione della libertà religiosa da parte di ISIS/Daesh. L’incontro è stato coordinato dal presidente del Comitato, Mario Marazziti.

La situazione in Siria è “tragica”, ha detto senza mezzi termini mons. Marayati che ha anche confermato come un mese fa la cattedrale armeno-cattolica di Aleppo sia stata colpita da un razzo che ha provocato pesanti danni materiali tanto che la cattedrale al momento non è in funzione. Non è l’unica né in città, né nel resto del Paese: “sono 110 le chiese non più aperte al culto perché bruciate o distrutte, o perché non hanno più la facoltà di ricevere fedeli”.

E i danni alle chiese non sono il problema più rilevante in un territorio sconvolto da quattro anni di un conflitto che ha provocato oltre 220 mila vittime.

“NON POSSIAMO PIU’ DIRE: RIMANETE”

“Due terzi dei nostri fedeli – ha affermato l’arcivescovo -, cristiani, armeni, ortodossi, cattolici e protestanti, hanno lasciato Aleppo. Possiamo chiamarlo un esodo. Noi come capi religiosi che facciamo? Rimaniamo o partiamo? È una questione molto difficile e alla quale è ancora più difficile rispondere. Due anni fa noi dicevamo ai nostri fedeli: rimanete, arriverà la pace. Oggi non possiamo dirlo più, lasciamo a loro la scelta perchè sono in grande pericolo”. Marayati ha precisato come due terzi di Aleppo siano in mano “ai ribelli, che ormai sono jihadisti, terroristi. Il resto è in mano all’esercito governativo. La guerra continua in città, da una parte l’esercito lancia” bombe “contro i due terzi, dall’altra i jihadisti lanciano missili sul resto”.

La gente vuole scappare perché le condizioni di vita nell’ultimo anno sono notevolmente peggiorate: “Non c’è acqua, non c’è luce, non c’è benzina, non c’è riscaldamento per l’inverno. La centrale elettrica e anche quella dell’acqua si trova nella zona dei ribelli jihadisti. Quando vogliono, danno un’ora di luce e acqua, ma spesso non abbiamo niente e viviamo come in un campeggio. I nostri fedeli ad Aleppo sono profughi nelle loro case”.

SCAPPARE: DOVE?

Ormai “l’Isis è a 30 km da Aleppo, non sappiamo quando potrebbero arrivare in città. Tutti i fedeli hanno davanti l’esempio di Mosul, in Iraq, dove in 24 ore l’Isis è entrato e tutti i cristiani sono scappati”. Ma dove si dirigono i cristiani in fuga? C’è un problema nel problema. “Non c’è altra scelta che la Turchia – ha spiegato l’arcivescovo armeno cattolico -, ma voi sapete che gli armeni non possono e non vogliono ritornare in Turchia perché sono stati massacrati, fu un genocidio, nel 1915. Non è concepibile per gli armeni di Aleppo lasciare la città per andare in Turchia”.

Occorre trovare al più presto delle soluzioni umanitarie. L’inviato speciale delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, così come la Comunità di Sant’Egidio, “ha chiesto di congelare la situazione attuale ad Aleppo e far sì che arrivino gli aiuti umanitari, e pare che questo appello sia stato accolto dal governo ma non sappiamo cosa faranno i ribelli. Speriamo che cominciando da un cessate il fuoco ad Aleppo possa iniziare il dialogo anche in altre città, per poi arrivare a un incontro tra tutti quelli che fanno questa guerra fratricida. Siamo tutti siriani, nati lì, parliamo arabo, abbiamo la stessa storia e la stessa cultura”.

ABBANDONATI DALL’EUROPA

I cristiani di Siria, che abitavano la regione ancora prima dell’avvento dell’Islam,  si sentono abbandonati dall’Europa che pure “rivendica un rapporto privilegiato con la cristianità ma che non riesce ad incidere nel difficile negoziato tra governo e ribelli siriani e, ad un livello politico-diplomatico che sarebbe decisivo, tra Stati Uniti e Russia”, ha aggiunto Marayati.

L’arcivescovo di Aleppo ha chiesto aiuto all’Italia e agli altri paesi europei sotto due aspetti: da un lato sostenere la permanenza della popolazione cristiana nella regione e, contemporaneamente, una politica dei visti mirata alla crisi siriana. “E’ necessario – ha concluso Marayati – consentire soprattutto ai credenti perseguitati di accedere allo status di rifugiato e di non cadere nelle mani dei trafficanti di essere umani”.

 

>>http://www.aleteia.org/it/dal-mondo/news/rimanere-partire-dramma-cristiani-siria-5886888862810112

A tutta neve. Ma sull’Ararat. La Repubblica.it

di Massimiliano Salvo

Un viaggio invernale in Armenia, tra monasteri antichi, cime ammantate di banco, tra le immancabili memorie dell’era sovietica e i primi resort per il turismo di stagione

LE IMMAGINI

Sopra ai duemila metri il cielo è azzurro ma gli bastano pochi minuti per diventare grigio piombo. Dai tralicci dell’alta tensione pendono candelotti di ghiaccio e all’orizzonte distese immacolate riflettono il sole, appena soffia il vento la neve vola in strada, come in una bufera. D’inverno l’Armenia è gelida ma è facile incontrare belle giornate, perché il clima del Caucaso in alta montagna è asciutto, quasi desertico. Raggiungere il Paese via terra è comunque un’avventura: le frontiere con l’Azerbaijan e la Turchia sono chiuse per i rapporti tesi con in due Paesi, mentre  il punto di confine con l’Iran, a sud, è circondato da decine di chilometri di tornanti in una regione impervia e disabitata. L’unica soluzione – sempre che la neve lo consenta – è arrivare dalla Georgia in treno o con una marshrutka, il taxi collettivo tipico nei Paesi dell’ex Urss.

L’ingresso nel punto di confine di Bagratashen porta nella Gola del Debed, un canalone roccioso lungo decine di chilometri dove il fiume scorre tra strapiombi di roccia di rossastra. Villaggi di montagna e monasteri millenari convivono con cittadine industriali e scheletri di ferro e cemento, ruderi dell’epoca sovietica devastati dagli inverni. Le attrazioni principali – i monasteri di Sanahin e Haghpat, entrambi Patrimonio dell’Unesco – sono in cima a all’altopiano, a pochi chilometri dalla miniera di rame di Alaverdi.  La chiesa più antica di Sanahin risale al 928 e sembra abbandonata da secoli, il rumore dei passi rimbomba tra cappelle e gallerie coperte dal muschio.

La strada per Vanadzor, una città sovietica con fabbriche chimiche dismesse e tralicci arrugginiti, è un tortuoso susseguirsi di asfalto che si sbriciola e buche. Ma la salita al lago di Sevan, a 1900 metri, ripaga di ogni sobbalzo: una distesa di acqua blu si distende tra le montagne innevate tra vento incessante, aquile e nuvole che corrono veloci. La regione è nota per la limpidezza del cielo, per il gelo – con temperature che da dicembre a febbraio scendono anche venti gradi sotto zero – e lo splendido monastero  sulla penisola, a picco sul lago, dove venivano rieducati i monaci peccatori. Il vicino passo di Selim è chiuso da novembre ad aprile, per cui bisogna passare da Yerevan per visitare il resto dell’Armenia. Ma non è un problema: con una deviazione di 30 chilometri dalla capitale si raggiunge il Monastero di Ghegard, una chiesa rupestre costruita in una meravigliosa e arida gola. Il monastero porta il nome della lancia che trafisse il costato di Cristo e fu fondato nel IV secolo, ma venne dato alle fiamme e depredato dagli invasori arabi nel 923.

Se si è diretti a sud, con una jeep si può azzardare il bivio da Garni per Artashat, una strada disastrosa che attraversa steppe di terra arancione e scavalca un monte con una pista sterrata. Non ci sono indicazioni e nemmeno villaggi – solo qualche gregge di pecore e macchine sovietiche cariche come pulmini – ma quando si arriva sulla cima del monte gli occhi brillano di emozione: in fondo alla pianura il monte Ararat domina il paesaggio con i suoi 5165 metri rivestiti di neve e leggenda, un cappuccio di ghiaccio e l’enigma irrisolto dell’Arca. L’Armenia meridionale dista cento chilometri e due passi di montagna in un paesaggio marziano con pietraie rosse, dove gli abitanti dei pochi villaggi vendono lungo la strada spiedini di agnello e pezzi di ricambio per le automobili. Il passo di Vorotan è a 2344 metri e si raggiunge con tornanti e strapiombi che farebbero tremare le gambe, anche senza i guard rail sfondati sostituiti da mazzi di fiori. (19 febbraio 2015)

La “Madre dell’Armenia” a Cavriglia in mostra il capolavoro di Vighen. Intoscana.it

L’artista ha scelto Cavriglia, terra di Eccidi nazisti, come 1° tappa del tour mondiale che la scultura farà in occasione del centesimo anniversario del genocidio dell’Armenia

Dalla culla del Rinascimento a Cavriglia. Direttamente da Piazza del Duomo a Firenze dalla sede della Misericordia ai piedi del campanile di Giotto è arrivata a Cavriglia ed è stata collocata di fronte al palazzo comunale la statua del grande scultore armeno Avetis Vighen “La madre dell’Armenia”, fusa qualche mese fa in occasione del centenario del genocidio degli armeni del 1915.

L’Amministrazione Comunale tramite il maestro senese Massimo Lippi, molto legato alla nostra terra, aveva proposto a Vighen di concedere a Cavriglia l’onore di ospitare per alcune settimane un’opera d’arte di grandissimo valore e quando l’artista ha accettato la notizia è stata accolta con enorme piacere e gratitudine. Basti pensare che “La madre dell’Armenia”, dopo essere stata già stata esposta in Piazza del Duomo a Siena ed a Firenze, durante tutto il 2015 farà il giro delle più importanti città d’Europa (tra le altre Venezia, Marsiglia, Parigi, Ginevra e Copenaghen).

E’ stato proprio il forte legame con i tragici fatti del passato che accomuna il popolo armeno a Cavriglia ad individuare “La madre dell’Armenia” come un’opera ideale per proseguire nel percorso di sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza sull’importanza della Memoria avviato lo scorso anno con le celebrazioni del 70° anniversario degli eccidi nazisti del luglio 1944 dove vennero uccise nel Comune di Cavriglia 192 vittime civili innocenti. Per non disperdere gli insegnamenti lasciati in eredità dai tragici fatti del passato e tramandare questo patrimonio di generazione in generazione, prendendo spunto dall’arrivo dell’opera di Avetis Vighen, l’Amministrazione Comunale di Cavriglia coinvolgerà i giovani studenti cavrigliesi  in una serie di iniziative sulla Memoria in cui verrà fatto un parallelo tra gli eccidi nazisti del 1944 e il genocidio del popolo armeno.

“La bellezza simbolica e illuminata di una madre che salva con il proprio abbraccio i suoi quattro figli da un strage annunciata, quella degli armeni nel 1915 – ha affermato il Vicesindaco di Cavriglia Filippo Boni -, ha raggiunto anche la nostra comunità e ne siamo profondamente orgogliosi. L’opera del grande artista armeno Vighen che resterà esposta di fronte al palazzo comunale di Cavriglia proviene da piazza del Duomo di Firenze e precedentemente era situata in Piazza del Duomo a Siena. Dopo aver fatto tappa da noi, ripartirà tra poco più di un mese alla volta di Piazza San Pietro a Roma dove Papa Francesco l’accoglierà il 12 aprile con una messa per gli armeni. Quindi ripartirà per Piazza San Marco a Venezia ed infine, prima di essere definitivamente collocata in una piazza di Copenaghen, in Danimarca, farà sosta in centro a Parigi. Dobbiamo essere doppiamente fieri di questa opportunità poiché gli armeni, che vennero sterminati cento anni fa, hanno subìto in massima parte ciò che anche la nostra popolazione, per tutt’altri motivi, subì il 4 luglio 1944 con il massacro nazista. E anche le nostre donne, nella ricostruzione del tessuto sociale di questa comunità, ebbero un ruolo straordinario e fondamentale. Ecco perché questa Madre – ha concluso il Vicesindaco – è anche la nostra Madre e rappresenta nella sua luce questa terra feconda dei suoi figli e che ancora oggi nonostante tutto, è salvata dalla bellezza tramite coloro che provano a seminarla nel mondo”.

http://www.intoscana.it/site/it/arte-e-cultura/articolo/La-madre-dellArmenia-a-Cavriglia-In-mostra-il-capolavoro-di-Vighen/

 

>> https://www.youtube.com/watch?v=kjSE9jPQhE0 statua www.youtube.com statua www.youtube.com

Candela e Aldair andranno a giocare in Armenia… Insieme a Totti? Forzaroma.info

Il capitano giallorosso è stato invitato a partecipare, insieme ad ex calciatori del calibro di Candela, Aldair e Litmanen, alla partita celebrativa per i sessant’anni di un grande giocatore dell’Europa dell’Est, Khoren Hovhannisyan

 

 

di Jacopo Aliprandi 18 febbraio 2015 | 20.13 |

Vincent Candela giocherà in Armenia, forse anche Francesco Totti. Ma rassicuriamo gli amanti del calcio e, soprattutto, i tifosi giallorossi: si tratta solo di una partita per celebrare i sessant’anni di un grande giocatore del Paese eurasiatico, Khoren Hovhannisyan.

 

HOVHANNISYAN E L’ARMENIA – Nell’anno in cui ricorre il centenario del tragico genocidio armeno, nel quale morirono un milione e mezzo di persone per mano dei “Giovani turchi”, il movimento nazionalista turco, si festeggiano i sessant’anni di un calciatore che ha fatto la storia prima dell’Urss, poi dell’Armenia.
Khoren Hovhannisyan nasce infatti quando il territorio armeno faceva ancora parte dell’Unione Sovietica, e quindi il campionato di calcio comprendeva tutti gli “stati” ad essa annessi. La sua città natia è Erevan, anche detta Yerevan, quella che nel 1991 venne riconosciuta come la Capitale dell’Armenia, a seguito della suaindipendenza, il 21 settembre dello stesso anno. A 19 anni Hovhannisyan si trasferisce nell’Ararat, squadra di Yerevan, militante e fresca trionfatrice del campionato sovietico. Da quell’anno inizia la grande avventura del centrocampista armeno con la maglia della sua città, con la quale gioca per undici anni totalizzando 295 presenze e ben 93 gol tra campionato e coppa. Proprio in coppa raggiunge risultati eccezionali, riuscendo a portare la sua squadra fino ai quarti di finale della Coppa dei Campioni, salvo poi essere eliminata (dopo una strabiliante vittoria casalinga per uno o zero davanti a ottantamila spettatori, annullata dalla sconfitta esterna per zero a due) da quel Bayern Monaco di Beckenbauer e Müller che si sarebbe aggiudicato la Coppa dalle grandi orecchie.
Lo stesso anno Hovhannisyan vince la Coppa dell’Urss, mentre nel 1980 è uno dei principali protagonisti della medaglia di bronzo conquistata nei giochi olimpici di Mosca, uscendo in semifinale contro la Germania dell’Est della “bestia nera” Müller.
Appende gli scarpini al chiodo nel 1993, e si dedica alla carriera da allenatore, anch’essa straordinaria. Dopo essere stato c.t. della nazionale armena, nella stagione ’96-97’, senza riuscire ad ottenere la qualificazione agli Europei, Hovhannisyan ritorna ad allenare il Pyunik (club già guidato nel 1994). Proprio con i bianco-blu raggiunge grandi traguardi: vince sei campionati consecutivi, due coppe d’Armenia e tre Supercoppe nazionali. Un palmarès da far invidia ai migliori allenatori, sebbene il livello del campionato armeno non sia accostabile alle leghe top dell’Europa centrale. Nel 2006, anno del suo ultimo trionfo, decide di ritirarsi, concludendo così una carriera ricca di trofei e diventando un’icona (se già non lo fosse) del calcio armeno, e non solo.

 

CANDELA E TOTTI – Per festeggiare lo spegnimento delle sessanta candeline, il 29 marzo a Yerevan è stata organizzata una partita in suo onore tra le stelle del calcio sovietico e “il resto del mondo”. Molti sono gli atleti che stanno aderendo a questa iniziativa, tra i quali, appunto, gli ex romanisti Candela e Aldair, l’ex calciatore del Barcellona e Ajax, Jari Litmanen, e il ceco Patrik Berger, centrocampista del Liverpool negli anni ‘90.

“Sono orgoglioso di partecipare a questo evento, mi hanno chiamato e sono felice di giocare questa partita insieme ad altri grandi giocatori”, commenta in esclusiva per Forzaroma.info l’ex terzino giallorosso,Vincent Candela “Del Paese – prosegue – mi ha parlato molto bene Djorkaeff, che è di origine armena, sebbene io ci sia già stato a giocare in un altro paio di occasioni. So che anche Aldair andrà a giocare questa partita, Litmanen mi ha chiamato e anche lui è felice di aver accettato l’invito, può darsi venga ancheBaresi.”

Un altro “colpaccio” per gli organizzatori dell’evento sarebbe riuscire a portare all’Hanrapetakan Stadium personaggi del calibro di Rivaldo, Batistuta, Matthäus, Rudi Voller, ma soprattutto il capitano giallorosso,Francesco Totti.
Il numero 10 della Roma, come riporta l’agenzia di stampa “News.am”, potrebbe accettare di aderire all’evento per Hovhannisyan, vista la sosta per le nazionali e le conseguenti due settimane di stop al campionato.
I contatti sono stati avviati, adesso spetta al capitano decidere ma, in ogni caso, il 29 Marzo sarà una festa in onore ad un grande sportivo che ha scritto la storia del calcio armeno e dell’Europa dell’Est.

Armenia rompe con Turchia, stop accordi. Ansa

Ierevan accusa Ankara di insistere in negazionismo su genocidio

 

(ANSA) – MOSCA, 16 FEB – Il presidente armeno Serzh Sargsian ha deciso di ritirare dal parlamento gli accordi mai ratificati sulla normalizzazione delle relazioni bilaterali tra Armenia e Turchia firmati sei anni fa a Zurigo. Sargsian ha accusato Ankara di “distorcere lo spirito e il significato degli accordi” e di aver dato nuovo impulso “alla politica negazionista” alla vigilia del centennale del massacro di centinaia di migliaia di armeni cristiani nella Turchia di fine epoca ottomana.


Turchia: Armenia blocca ratificazione accordo

Di Roberta Papaleo il 16 febbraio 2015

(Agenzie). Il presidente armeno Serge Sarkisian ha dichiarato di aver chiesto al parlamento armeno di ritirare la sua firma da un accordo con la Turchia risalente al 2009 e mirato alla normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi. Sarkisian ha affermato che non andrà avanti con l’accordo a causa delle “precondizioni” che la Turchia ha imposto prima della ratifica.

Di recente, il ministero degli Esteri turco aveva invitato Erevan a ritirare le sue forza dalla regione di Nagorno-Karabakh, zona contesa tra l’Armenia e l’Azerbaijan, alleato della Turchia.


Turchia: male stop Armenia a processo normalizzazione

Erevan ha annunciato ritiro da processo di ratifica

Roma, 17 feb. (askanews) – La Turchia ha espresso oggi dispiacere per la decisione dell’Armenia di bloccare il processo di ratifica degli storici accordi di normalizzazione dei rapporti firmati nel 2009. A dividere Ankara ed Erevan resta la diversa valutazione sui fatti del 1915, quando – nella versione di Erevan – le forze ottomane misero in pratica un genocidio contro gli armeni, mentre Ankara ritiene questo giudizio esagerato.

“Noi non approviamo la posizione dell’Armenia, la giudichiamo sbagliata e deprecabile” ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri turco Tanju Bilgic nel suo quotidiano punto stampa, accusando Erevan di voler usare il centenario degli avvenimenti per “creare una scusa per accusare la Turchia”.

In una lettera indirizzata al presidente dell’assemblea locale, il presidente armeno Serzh Sarkisian ha annunciato il ritiro dei “protocolli di Zurigo”, la lista degli accordi da ratificare, deplorando “l’assenza di volontà politica del governo turco”.

Armenia rompe con Turchia, stop accordi. Ansa

Ierevan accusa Ankara di insistere in negazionismo su genocidio

(ANSA) – MOSCA, 16 FEB – Il presidente armeno Serzh Sargsian ha deciso di ritirare dal parlamento gli accordi mai ratificati sulla normalizzazione delle relazioni bilaterali tra Armenia e Turchia firmati sei anni fa a Zurigo. Sargsian ha accusato Ankara di “distorcere lo spirito e il significato degli accordi” e di aver dato nuovo impulso “alla politica negazionista” alla vigilia del centennale del massacro di centinaia di migliaia di armeni cristiani nella Turchia di fine epoca ottomana.

Turchia: Armenia blocca ratificazione accordo

Di Roberta Papaleo il 16 febbraio 2015 

(Agenzie). Il presidente armeno Serge Sarkisian ha dichiarato di aver chiesto al parlamento armeno di ritirare la sua firma da un accordo con la Turchia risalente al 2009 e mirato alla normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi. Sarkisian ha affermato che non andrà avanti con l’accordo a causa delle “precondizioni” che la Turchia ha imposto prima della ratifica.

Di recente, il ministero degli Esteri turco aveva invitato Erevan a ritirare le sue forza dalla regione di Nagorno-Karabakh, zona contesa tra l’Armenia e l’Azerbaijan, alleato della Turchia.

Turchia: male stop Armenia a processo normalizzazione

Erevan ha annunciato ritiro da processo di ratifica

Roma, 17 feb. (askanews) – La Turchia ha espresso oggi dispiacere per la decisione dell’Armenia di bloccare il processo di ratifica degli storici accordi di normalizzazione dei rapporti firmati nel 2009. A dividere Ankara ed Erevan resta la diversa valutazione sui fatti del 1915, quando – nella versione di Erevan – le forze ottomane misero in pratica un genocidio contro gli armeni, mentre Ankara ritiene questo giudizio esagerato.

“Noi non approviamo la posizione dell’Armenia, la giudichiamo sbagliata e deprecabile” ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri turco Tanju Bilgic nel suo quotidiano punto stampa, accusando Erevan di voler usare il centenario degli avvenimenti per “creare una scusa per accusare la Turchia”.

In una lettera indirizzata al presidente dell’assemblea locale, il presidente armeno Serzh Sarkisian ha annunciato il ritiro dei “protocolli di Zurigo”, la lista degli accordi da ratificare, deplorando “l’assenza di volontà politica del governo turco”.

Il Parlamento armeno studia una dichiarazione di condanna dei Genocidi assiro e greco. Agenzia Fides

Erevan (Agenzia Fides) – Il recente annuncio di una dichiarazione che il Parlamento armeno potrebbe presto adottare, per esprimere la condanna delle stragi subite un secolo fa da greci e assiri nei territori ottomani rimasti sotto dominio turco, è stato accolto positivamente da associazioni e gruppi militanti impegnati nella tutela della memoria storica di quei tragici fatti, definiti rispettivamente come “Genocidio greco” e “Genocidio assiro”. 
“Noi consideriamo l’iniziativa molto importante. Vorrei esprimere la mia gratitudine ai promotori, e spero che per il centenario del Genocidio armeno l’Assemblea nazionale possa effettivamente adottare la dichiarazione, condannando il Genocidio di greci e assiri” ha dichiarato alla testata Armeniapress Slava Rafaelidis, direttore dell’organizzazione non governativa “Ilios”, che rappresenta la comunità greca in Armenia. 
Nella bozza di dichiarazione, allo studio dei parlamentari armeni, si ribadisce che tutte le minoranze etniche e religiose furono oggetto dei massacri perpetrati dai giovani turchi. Meno di due anni fa, l’ipotesi di adottare una dichiarazione analoga – sponsorizzata da alcuni partiti politici armeni – era stata respinta dal Parlamento di Erevan.

Genocidio degli armeni nel 100° anniversario”. Adnkronos.com

25 Febbraio 2015 Sala della Torre – Fondazione CariGo – v. Carducci, 2 – ore 17.30

 

Nel centesimo anniversario dello sterminio degli Armeni e dell’esilio di migliaia di superstiti (24 aprile 1915-2015), saranno la presidente dell’Anvgd MARIA GRAZIA ZIBERNA e lo storico FULVIO SALIMBENI ad introdurre la famosa scrittrice ANTONIA ARSLAN, la quale svolgerà la conferenza sul tema “Il genocidio degli Armeni nel 100º anniversario” per ricordare quelle vicende che tanto hanno in comune con quelle degli italiani d’Istria e Dalmazia.

Scrittrice e saggista italiana di origine armena, laureata in archeologia, è stata professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. È autrice di saggi sulla narrativa popolare e d’appendice ( Dame, droga e galline. Il romanzo popolare italiano fra Ottocento e Novecento) e sulla galassia delle scrittrici italiane ( Dame, galline e regine. La scrittura femminile italiana fra ‘800 e ‘900). Attraverso l’opera del grande poeta armeno Daniel Varujan, del quale ha tradotto le raccolte II canto del pane e Mari di grano, ha dato voce alla sua identità armena. Ha curato un libretto divulgativo sul genocidio armeno ( Metz Yeghèrn, Il genocidio degli Armeni di Claude Mutafian) e una raccolta di testimonianze di sopravvissuti rifugiatisi in Italia ( Hushèr. La memoria. Voci italiane di sopravvissuti armeni).

Nel 2004 ha scritto il suo primo romanzo, La masseria delle allodole (Rizzoli), che ha vinto il Premio Stresa di narrativa e il Premio Campiello e il 23 marzo 2007 è uscito nelle sale il film tratto dall’omonimo romanzo e diretto dai fratelli Taviani. La strada di Smirne (Rizzoli) è del 2009. Nel 2010, dopo una drammatica esperienza di malattia e coma, scrive Ishtar 2. Cronache dal mio risveglio (Rizzoli).

Nel 2010 esce per Piemme Il cortile dei girasoli parlanti. Il libro di Mush, sulla strage degli armeni di quella valle avvenuta nel 1915, è pubblicato da Skira nel 2012.

 

Incontro organizzato da: ASSOCIAZIONE NAZIONALE VENEZIA GIULIA E DALMAZIA

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Comunicato stampa