In Azerbaijan la stampa libera è sempre più in difficoltà (L’Inkiesta 28.02.25)

Nello Stato caucasico sta peggiorando la già precaria situazione dei media e negli ultimi mesi sono aumentati arresti e attacchi a giornalisti indipendenti. La situazione mette in luce un contesto di crescente repressione verso i media non conformi al regime di Ilham Aliyev

Il governo dell’Azerbaijan ha ordinato la chiusura degli uffici della redazione della Bbc, operativa in lingua azera dal 1994. La decisione di sospendere definitivamente le attività è arrivata dopo che, due settimane, il media statale azero APA.az aveva riportato la notizia citando fonti governative di Baku. La dichiarazione ufficiale della Bbc è arrivata però solamente il 21 febbraio, affermando che «una misura così restrittiva contro la libertà di stampa rammarica profondamente».

In un primo momento, il governo azero aveva ordinato di «apportare modifiche alle redazioni», non solo della stessa Bbc ma anche del media russo Sputnik Azerbaijan e della radio Voice of America. L’obiettivo dichiarato pubblicamente da Baku era quello di raggiungere una «parità tra le attività dei media statali azeri all’estero e quelle dei giornalisti stranieri nel nostro Paese». In altre parole, il numero di giornalisti russi che lavorano a Baku dovrebbe essere uguale al numero di giornalisti dell’agenza statale azera Azertac in Russia.

In Azerbaijan la libertà di stampa ha subito diversi colpi negli ultimi anni, intensificatesi nel corso degli ultimi mesi del 2024, in cui si sono susseguite non solo le chiusure delle redazioni ma anche arresti ingiustificati di giornalisti azeri. Il governo di Ilham Aliyev, presidente-dittatore che governa ininterrottamente dal 2003 dopo esser succeduto al padre, ha iniziato colpendo per primi i media azeri non conformi al regime. «Dopo una prima fase di arresti iniziata nel 2022, che riguardava prettamente l’attivismo di tipo religioso», spiega a Linkiesta il politologo dell’Ispi Carlo Busini. «Dalla primavera del 2023 e fino ad ora è stato il turno dei pochi media indipendenti e non conformi al regime. Il primo a essere chiuso è stato Abzas Media, accusato di avere posizioni troppo critiche nei confronti del governo». Gli uffici sono stati perquisiti e messi a soqquadro dalle autorità azere, che hanno arrestato senza nessuna accusa sette dei giornalisti presenti.

«Successivamente il governo ha iniziato ad attaccare i singoli giornalisti. Il caso più famoso è quello Bahruz Samadov, collaboratore di diverse testate, tra cui OC Media, arrestato nell’agosto 2024 con l’accusa di alto tradimento verso lo Stato a causa delle sue posizioni definite “pacifiste” verso la questione nel Nagorno-Karabakh con l’Armenia», aggiunge Busini. Da questo momento gli obiettivi della polizia sono diventati non solo giornalisti ma attivisti e accademici promotori di un dibattito e confronto pacifico con il governo di Yerevan.

L’Azerbaigian è in una disputa decennale con l’Armenia per la regione del Nagorno-Karabakh, territorio di popolazione armena autodichiaratosi indipendente nel 1991 su cui però Baku esercita di fatto la sovranità. Nel 2023, il governo azero ha lanciato una forte offensiva nella regione stabilendone forzatamente il predominio anche sui villaggi storicamente abitati da armeni. Chi quindi nel corso degli ultimi due anni si è occupato di peace building sulla questione, è stato bersaglio della cerchia di Aliyev. Diverse persone sono state arrestate con accuse false, piazzando quantitativi importanti di sostanze stupefacenti o grandi somme in contanti anche in valuta estera nelle loro abitazioni.

La repressione ha poi colpito per ultimo Meydan Tv nel dicembre 2024. Sei giornalisti della testata sono stati arrestati con l’accusa di contrabbando di valuta estera e sostegno all’Armenia.  Tutto ciò durante lo svolgimento e le ultime battute della Cop29 delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Un ulteriore colpo alla redazione di Meydan è stato assestato il 20 febbraio, quando la polizia azera ha arrestato Nurlan Gakhramanli, giornalista che già da due mesi lavorava in esilio a seguito delle minacce ricevute.

L’accusa è sempre la stessa: contrabbando di valuta estera. Le autorità sembrano sfruttare il fatto che i media indipendenti ricevano finanziamenti esteri, attraverso sovvenzioni ottenute legalmente, per accusare i loro giornalisti di reati economici aggravati dall’alto tradimento contro lo stato. Sebbene Gakhramanli e altri giornalisti di Meydan Tv, non abbiamo praticamente mai pubblicato articolo con la loro firma, le autorità sono riuscite a identificare il giornalista come corrispondente dell’emittente, dato che solo un piccolo numero di giornalisti indipendenti continua a riferire di eventi politicamente significativi a Baku.

Secondo l’International Press Istitute (Ipi), al febbraio 2025 almeno ventisei giornalisti  sono stati arrestati nell’ultimo anno con accuse inventate. Molti di loro avrebbero subito torture e altri maltrattamenti durante la detenzione. Inoltre, stando all’ultimo indice sulla libertà di stampa stilato da Reporter senza frontiere (Rfs) per il 2024, l’Azerbaijan si colloca al centosessantaquattresimo posto su centottanta Paesi, poco al di sopra di dittature repressive nei confronti della stampa, come Arabia Saudita, Bielorussia e Cina.

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San Gregorio di Narek, 27 febbraio 2025/ Oggi si celebra il “Dottore della Pace” della Chiesa armena (Il Sussidiario 27.02.25)

Ogni anno, il 27 febbraio, la Chiesa celebra San Gregorio di Narek, un monaco armeno vissuto nel XI secolo che Papa Francesco, nel 2015, ha nominato Dottore della Chiesa universale. Teologo, poeta e scrittore, era particolarmente devoto alla Madonna e il suo Libro delle Lamentazioni è un esempio fulgido di perdono e compassione per i nemici, con un chiaro messaggio di pacificazione.

San Gregorio di Narek, abate di un monastero armeno che divenne celebre

San Gregorio di Narek nacque in una famiglia di scrittori nel 951 nella città armena di Andzevatsik, attualmente territorio turco. Perse presto la mamma, allora il padre Khosrov – arcivescovo molto apprezzato – chiese al filosofo Anania di provvedere all’educazione del piccolo Gregorio. Anania era uno dei dottori più famosi della zona e dirigeva il monastero di Narek, oltre a essere parente della famiglia di Khosrov. Per Gregorio la strada era tracciata: brillante negli studi e seguito amorevolmente da Anania i risultati non si fecero attendere.

Cominciò a eccellere in teologia e letteratura, dilettandosi con buoni risultati anche nella poesia; il periodo storico era inoltre favorevole agli studi dato che l’Armenia prosperava in pace. Gregorio cresceva stimato da tutti, sia nell’ambiente del monastero che fuori. Molto presto fu ordinato sacerdote ed iniziò a predicare, sempre conducendo una vita semplice e caritatevole.

Quando morì Anania, Gregorio venne nominato Abate al suo posto, il monastero di Narek visse un lungo periodo di notorietà grazie alla sua fama. Ma, come succede spesso, non tutti approvavano la rigidità delle regole monastiche imposte dal nuovo abate e così cominciarono a girare voci su presunte eresie di Gregorio. Il consiglio dei vescovi decise di far valutare la sua eventuale santità da due vecchi monaci. Questi si presentarono da Gregorio nel periodo di Quaresima – quindi con divieto assoluto di consumare carne – e gli offrirono un patè di piccione spacciandolo come pesce.

In Italia non risultano città o paesi di cui San Gregorio di Narek sia Santo Patrono. Di rilievo il fatto che nelle scuole armene, dopo aver imparato l’alfabeto, i ragazzi dovessero necessariamente conoscere il suo Libro delle Lamentazioni.

Gli altri Santi del giorno

Il giorno 27 febbraio la Chiesa festeggia anche le seguenti persone di fede: San Gabriele dell’Addolorata, Sant’Anna Line martire, Beato Arcangelo da Treviglio francescano, Santi Basilio e Procopio, Sant’Eucherio di Maastricht vescovo, Beato Giacomo de Valois mercedario, San Giovanni di Gorze abate, Beato Guglielmo Richardson martire e Sant’Onorina martire.

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La memoria genera futuro (Bariseranews 27.2.25)

Ricordare è un lavoro prezioso ed è per questo motivo che gli alunni delle classi terze dell’Istituto Comprensivo “San Giovanni Bosco – A. Manzoni” di Toritto hanno realizzato un percorso espositivo dal titolo “La memoria genera futuro”. La Mostra si e’aperta il 20 febbraio con le parole dell’omelia di Papa Francesco, tenutasi il 13 Settembre del 2014 nel sacrario militare di Redipuglia, in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale. Parole che mettono in luce le responsabilità, gli interessi occulti alla base delle guerre e l’aridità umana di chi specula sulla sofferenza altrui. Il mondo da sempre è martoriato da guerre che sono sorte e continuano a sorgere per varie ragioni. Tra le vittime della guerra vi è la stessa Pace. Affinché la pace prosperi, è necessario che tutti ricordino. Gli alunni delle classi terze hanno difeso la pace ricordando alcuni episodi della storia umana che hanno avuto pochi difensori di Pace. Foto, documenti e poesie hanno aiutato gli alunni a raccontare la Shoah, il conflitto Israeliano – Palestinese, la guerra in Ucraina e il genocidio Armeno.

Gli alunni della classe 3M hanno raccontato la storia della popolazione armena. All’interno dell’aula erano esposte alcune delle poche foto che possediamo del genocidio armeno. Esse furono scattate da Armin Wegner, un ufficiale medico tedesco che si trovava in Turchia. Colpito da tante inaudite sofferenze, di cui era stato testimone, dedicò la sua esistenza a raccontare la tragedia del popolo armeno. Il genocidio degli Armeni è stato uno dei genocidi più atroci della storia, ma anche il meno ricordato e celebrato. Tutto ebbe inizio per mano dei Giovani Turchi che decisero, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, di sopprimere tutti gli Armeni residenti in Turchia. Il desiderio di mettere fine a questo popolo era presente già da molto tempo, ma l’occasione perfetta si presentò alla vigilia della prima guerra mondiale, quando tutti i paesi erano troppo impegnati nel conflitto per poter notare le atroci violenze subite dagli Armeni. Questo genocidio, per quanto atroce, non è stato ancora riconosciuto da alcuni paesi tra cui la Turchia, che continua a rinnegarlo facendo passare le violenze e i massacri per azioni dovute alla sicurezza nazionale. Nel 1933 Armin Wegner, quando vide i primi comportamenti antiebraici del regime nazista, si rese conto della tragedia che stava per abbattersi anche in Germania ed ebbe il coraggio di scrivere a Hitler per protestare contro la sua politica verso gli Ebrei. Per questo gesto Wegner venne arrestato e torturato e Hitler si convinse sempre più che il grido di dolore degli Ebrei non sarebbe stato ascoltato dal mondo, come già era accaduto per gli Armeni. L’allestimento del percorso espositivo e’ stato un’esperienza dall’importante valore educativo che si e’ condiviso con tutti gli spettatori. La serata inaugurale della mostra si e’ conclusa con le esibizioni del coro e dell’orchestra dell’Istituto.  

 

Sibilla Mariaelena – 3M, Istituto Comprensivo “San Giovanni Bosco – A. Manzoni”, Toritto

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L'”Armenia reale” di Nikol Pashinyan (Osservatorio Balcani e Caucaso 27.02.25)

La scorsa settimana, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan si è rivolto alla nazione con quello che è stato definito un “messaggio ideologico”.

Dall’inizio dell’anno scorso, Pashinyan spinge una visione del futuro del paese in quasi totale contrasto al pensiero tradizionale da quando è stata dichiarata l’indipendenza nel 1991. “Questa ideologia equipara la patria allo Stato riconosciuto a livello internazionale, la Repubblica di Armenia, e il patriottismo al servizio degli interessi di questo Stato nel quadro delle sue leggi e dei suoi obblighi”, ha affermato.

I suoi critici, tuttavia, lo accusano di voler sostituire la “Armenia storica”, che rivendica territori all’interno dell’Azerbaijan e della Turchia, con una “Armenia reale” più contemporanea, per altri scopi.

Precisamente, riscrivere la storia in modo tale da assolvere se stesso dalle critiche sul modo in cui ha perso la guerra con l’Azerbaijan nel 2020. Potrebbe anche essere l’unico modo per ottenere la rielezione alle parlamentari previste a metà del 2026.

Nel discorso di un’ora, Pashinyan ha delineato 14 punti chiave per questa “Armenia reale”. Nel frattempo, Yerevan e Baku continuano a negoziare un accordo per normalizzare le relazioni.

L’opposizione lo accusa di fare concessioni unilaterali, soprattutto in termini di modifica della costituzione del paese che contiene un preambolo che allude al perseguimento di rivendicazioni territoriali sull’Azerbaijan e sulla Turchia  .

Nel suo discorso, Pashinyan non ha affermato che questo sarebbe stato rimosso, ma piuttosto che ritiene lo sarà. Non farlo potrebbe essere considerato un casus belli da Baku.
Tuttavia, è da quando è salito al potere nel 2018 che Pashinyan pianifica di cambiare la costituzione. Glielo hanno impedito la pandemia e la guerra.

La rimozione del preambolo, che fa riferimento alla Dichiarazione di indipendenza del 1990, tuttavia, non era in programma. Solo nel 2023  Pashinyan ha osservato per la prima volta che il controverso preambolo avrebbe mantenuto per sempre l’Armenia in conflitto con l’Azerbaijan e la Turchia.

L’anno scorso, Baku ha iniziato a chiederne costantemente la rimozione come condizione per un accordo di pace. Sebbene non incluso nell’accordo proposto, ancora incompleto, rimane un ostacolo  .

“Non è possibile avere una vera e fiorente indipendenza, prosperità e sicurezza senza pace”, ha affermato Pashinyan a Washington D.C. all’inizio di febbraio. Nella stessa visita, ha anche detto ad un gruppo di americani-armeni che la sconfitta del 2020 ora dava a Yerevan l’opportunità di formare uno “stato indipendente e sovrano”.

Inoltre, ha sostenuto, la sua “Armenia reale” consentirebbe al paese di “passare dalle pratiche di una nazione senza stato alle pratiche di un popolo che costruisce uno stato”.
Non sorprende che uno dei suoi principali detrattori, l’ex ministro degli Esteri Vartan Oskanian, abbia già chiesto all’opposizione di rivoltargli il concetto contro. Ha descritto Pashinyan come una “vuota scusa per l’incompetenza, il disfattismo e il tradimento della dignità dell’Armenia”.

I sostenitori di Pashinyan, così come l’Unione europea e l’ex amministrazione Biden negli Stati Uniti, credono che inaugurerebbe invece un nuovo periodo di pace e stabilità nel Caucaso meridionale.

A livello nazionale, data la mancanza di fiducia nella costituzione esistente, aiuterebbe anche il paese nel tentativo di democratizzarsi ed emanciparsi  dall’influenza russa.
Tuttavia, approvare una nuova costituzione non sarà facile. Per farlo, sarà necessaria un’affluenza minima e il sostegno della maggioranza degli elettori. La popolarità elettorale di Pashinyan, secondo un sondaggio condotto a gennaio, è attualmente all’undici percento.

Sebbene l’opposizione non se la passi molto meglio, molti armeni rimangono apatici o disillusi da tutte le forze politiche. Tuttavia, se Pashinyan riuscisse a mantenere la promessa di perseguire l'”agenda di pace” con l’Azerbaijan promessa nelle elezioni anticipate del 2021 e a presentare anche i crescenti legami con l’Occidente come un grande successo, il suo populismo potrebbe rivelarsi efficace.

Le forze extraparlamentari ritenute a lui leali sono anche riuscite a mettere la questione di una candidatura  all’adesione all’UE nell’agenda del governo.
Per Baku, se Pashinyan riuscisse a dimostrare che la popolazione sostiene la fine di un conflitto che dura ormai da oltre tre decenni, e che solo lui può ottenere un mandato per farlo, potrebbe inaugurare una nuova fase per entrambi i paesi. Tuttavia, non farlo potrebbe al contrario causare nuove ostilità in futuro.

Per ora, tuttavia, se si prevedeva di elaborare una nuova costituzione entro l’inizio del 2027, Pashinyan non l’ha anticipata prima delle elezioni del 2026. Forse tenere un referendum contemporaneamente alle elezioni invoglierebbe più elettori a partecipare.

Sebbene l’esito resti incerto, è iniziata una discussione necessaria e senza precedenti sul futuro del paese e i prossimi mesi si dimostreranno probabilmente cruciali.

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Accordo Armenia-Azerbaijan. Quali scenari tra Caucaso, Mar Nero e Mediterraneo (Formiche.it 27.03.25)

La mossa di Rubio sulla bozza di accordo tra Armenia e Azerbaijan è un elemento che può cambiare le carte in tavola dell’intera area, su cui si aspetta a questo punto una iniziativa europea per chiudere il cerchio. Nel mezzo le relazioni europee con Yerevan e Baku, le mire di Erdogan, il ruolo del dossier energetico (gli azeri sull’Ilva). L’Italia nei primi due mesi del 2025 si è affermata come il primo partner commerciale dell’Azerbaigian, coprendo oltre un quarto del fatturato commerciale totale del Paese

Che cosa sta cambiando geopoliticamente tra Caucaso, Mar Nero e Mediterraneo? La visita del presidente azerbaigiano Aliyev ad Ankara ha rafforzato il ruolo di Baku “oltre il gas”, ed è coinciso con un periodo che ha incluso il riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia sul dossier Ucraina, la divergenza delle politiche di Stati Uniti e Ue nei confronti di Ucraina e Russia, la strategia più ampia per isolare la Cina, le contromosse europee. Ci saranno conseguenze anche per il Caucaso meridionale, oltre che nel Mediterraneo e nel fronte euroatlantico, da questi nuovi equilibri? E come le politiche europee potranno fare da raccordo, sia con l’ovest che con l’est del Mare Nostrum?

Qui Caucaso meridionale

I due maggiori attori, Azerbaijan e Turchia, hanno da tempo un ruolo significativo e la nuova geografia dettata dal cambio di amministrazione americana non le trova impreparate. Strumento di discussione è la piattaforma di cooperazione del Caucaso meridionale, un formato 3+3 creato al fine di stabilire un quadro di collaborazione regionale coinvolgendo Paesi come Armenia, Azerbaigian e Georgia assieme alle potenze vicine come Iran, Russia e Turchia. L’iniziativa, nata a seguito della seconda guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, intende affrontare le questioni di sicurezza e migliorare la stabilità complessiva nell’area, anche se ha registrato la riluttanza della Georgia a sedere allo stesso desco della Russia, che non ha partecipato ai tre tavoli (Mosca dicembre 2022, Teheran ottobre 2023 e Istanbul ottobre 2024). Anche l’Armenia era rimasta dubbiosa a causa della mancata presenza della Georgia, avendo tra l’altro orientato la sua politica estera verso Ue e Usa.

Gli obiettivi di Ankara e Baku

Il processo di normalizzazione e pace nel Caucaso meridionale è stato anche al centro del recente incontro tra il Segretario di Stato degli Stati Uniti Marco Rubio e il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, che ha portato all’attenzione di Washington gli obiettivi che, tempo addietro, lo stesso Fidan aveva sottoposto all’omologo russo Sergey Lavrov. Ovvero determinare in maniera attiva il nuovo corso nel Caucaso meridionale, svolgere il ruolo di mediatore nel dossier Ucraina, coagulare i soggetti filo-palestinesi nella stessa regione (e allargandola al Golfo), dando così un segnale unitario all’Europa.

Baku, da parte sua, punta a restare equidistante sia dai blocchi occidentali che da quelli eurasiatici al fine di essere soggetto diplomatico e dialogante a trecentosessanta gradi, senza dimenticare le relazioni con il sudamerica. Azerbaigian e Brasile hanno concordato di stabilire un percorso simbolico da Baku, dove si è tenuta la Cop29 nel 2024, a Belém, che ospiterà la Cop30 nel 2025, per attrarre finanziamenti globali per il clima: un gancio per allargare anche la cooperazione commerciale.

Washington e Yerevan

Molto rilevante a questo proposito è la posizione di Rubio su un trattato di pace tra Armenia e Azerbaigian, che ha avallato definendolo di fondamentale importanza per la sicurezza della regione, “per spezzare il ciclo del conflitto regionale e portare sicurezza e prosperità al Caucaso meridionale”, ha affermato la portavoce del Dipartimento di Stato Tammy Bruce in una dichiarazione dopo un colloquio telefonico tra Rubio e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. Entrambi hanno concordato su due punti: ogni escalation nel Caucaso meridionale è inaccettabile, e va rafforzata la cooperazione tra Washington e Yerevan. La telefonata è arrivata pochi giorni dopo che Azerbaigian e Armenia avevano annunciato un accordo sulla bozza di un accordo di pace per chiudere il noto conflitto e quindi provare a stabilire legami diplomatici tra Baku e Yerevan.

Finalmente l’accordo?

Sul punto ci sarebbe la volontà anche di soggetti vicini e coinvolti (direttamente e indirettamente) come Iran, Russia e Turchia verso le prospettive di un accordo di pace. Ieri il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha affermato che l’Iran accoglie con favore la conclusione di una bozza di accordo tra le Repubbliche di Armenia e Azerbaigian. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha salutato la bozza come un “evento importante”, affermando che Yerevan era “pronta ad avviare le discussioni sul luogo e il momento per la firma dell’accordo di pace”. Per cui al centro del ragionamento resta politicamente l’area che si affaccia sul Mare Nostrum, dove la contemporanea presenza di soggetti e interessi europei che presentano ambizioni diverse potrà determinare la creazione, o meno, di iniziative unitarie.

Francia e Germania

La Francia prosegue nel rafforzamento delle relazioni con l’Armenia puntando su vari ambiti, come la difesa: Parigi è interessata agli strumenti linguistici AI di uno sviluppatore armeno. Inoltre dall’Eliseo più volte hanno espresso la volontà di voler sostenere gli sforzi dell’Armenia per ampliare le sue capacità di difesa aerea. Sul punto, in virtù dell’accordo di cooperazione in materia di difesa siglato tra Parigi e Yerevan, la Francia ha fornito all’Armenia materiale militare per potenziarne le capacità difensive.

La Germania sta spingendo non poco sugli investimenti in Azerbaijan, grazie a 75 milioni di dollari fatti segnare nel 2024 (quasi tre volte in più rispetto a 12 mesi prima), che raccontano di un impegno finanziario robusto accanto alla futura evoluzione del panorama economico tra i due Paesi. Così Berlino punta non solo a fare cassa, ma ad avere una voce in capitolo nella regione del Caucaso, in linea con i suoi più ampi interessi geopolitici ed economici.

Il Regno Unito

Keir Stermer vuole cambiare passo verso l’Azerbaijan e ha designato John Alderdice, membro della Camera dei Lord, come nuovo inviato commerciale per l’Asia centrale, su indicazione del Segretario al Commercio che ha nominato un nuovo “team di crescita globale” per orientare le esportazioni e gli investimenti del Regno Unito. Al contempo le esportazioni di petrolio greggio azero verso la Manica aumentano: nei primi due mesi del 2025 l’Azerbaijan ha esportato ben 130.600 tonnellate di petrolio greggio e prodotti petroliferi derivati nel Regno Unito. Inoltre Donwning street ha nominato il primo addetto alla difesa in Azerbaijian, il tenente comandante Gavin Tarbard.

L’Italia

L’Italia nei primi due mesi del 2025 si è affermata come il primo partner commerciale dell’Azerbaigian, coprendo oltre un quarto del fatturato commerciale totale del Paese. In totale sono 2,3 miliardi di dollari fatti registrare tra gennaio e febbraio, con un aumento del 24,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Inoltre tra Roma e Baku c’è in ballo il possibile accordo sull’Ilva di Taranto, su cui il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha confermato che la “proposta migliore” per aggiudicarsi il mega polo siderurgico è arrivata dalla cordata azera composta da Baku Steel Company e dalla holding statale Azerbaijan Investment Company, controllata dal ministero dell’Economia dell’Azerbaijan.

Tra i due Paesi, come è noto, c’è un forte legame alla voce gas grazie al gasdotto Tap, e per il futuro ci potrebbe essere anche un nuovo rigassificatore da realizzare nello Ionio. Per cui la mossa di Rubio sulla bozza di accordo tra Armenia e Azerbaijan è un elemento che può cambiare le carte in tavola dell’intera area, su cui si aspetta a questo punto una iniziativa europea per chiudere il cerchio.

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Annunciata l’apertura di un desk dell’Ice in Armenia (Ansa 27.02.25)

(ANSA) – ROMA, 27 FEB – Annunciata l’apertura di un Desk dell’Ice in Armenia, con sede presso l’Ambasciata d’Italia, dedicato a promuovere e rafforzare l’interscambio commerciale tra i due Paesi. L’annuncio è stato dato nel corso di una cerimonia in occasione della mostra fotografica organizzata dall’Ambasciata d’Italia a Jerevan, in collaborazione con l’Istituto per il Commercio Estero con sede a Mosca, competente anche per l’Armenia.
La mostra, dal tema “Fotografia alla Carriera. Omaggio della fotografia italiana ai maestri del Compasso d’Oro”, si svolge presso il Centro Culturale HayArt di Jerevan, nell’ambito della IX edizione della Giornata del Design Italiano nel Mondo.
L’evento, che ha visto la partecipazione di numerosi rappresentanti delle Autorità locali, del Corpo Diplomatico e del mondo dell’economia, del design e della cultura, è stato inaugurato con i discorsi dell’Ambasciatore d’Italia in Armenia Alessandro Ferranti, e del Direttore dell’Agenzia ICE di Mosca, Alessandro Liberatori. (ANSA).

Le conseguenze del conflitto nella regione del Karabakh I minori in Armenia tra problemi di scolarizzazione e disagio psicologico (Osservatore Romano 26.02.25)

Le conseguenze del conflitto nella regione del Karabakh I minori in Armenia tra problemi di scolarizzazione e disagio psicologico

L a crisi dei rifugiati in Armenia, dopo le ultime violenze del 2023 nel Karabakh, non accenna a risolversi del tutto, nonostante le misure prese. Una grossa porzione di coloro che si sono trasferiti in Armenia dopo la conquista della regione da parte dell’Azerbaigian nel settembre 2023 sono minori, circa 36.000 su 115.000 rifugiati. Secondo le ultime stime dell’Unicef, la metà di questi minori in Armenia non vanno a scuola e chi le frequenta starebbe affrontando notevoli problemi nel loro percorso di scolarizzazione. Secondo i numeri forniti dal fondo delle Nazioni Unite, più di 16.000 minori sono iscritti a corsi scolastici, mentre poco più di 1.600 sono iscritti a corsi vocazionali. Le preoccupazioni della Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti dei Minori (Uncrc) sono relative al tasso di iscrizione e di presenza soprattutto tra i minori che frequentano le scuole secondarie superiori e agli effetti di lungo periodo che l’assenza tra i banchi di scuola può creare per questi ragazzi. Lo stesso tipo di preoccupazione c’è nei confronti dei bambini che dovrebbero frequentare le elementari — con conseguenti danni alla capacità di lettura e di comprensione — e per i bambini in età da nido, visto che il 42% delle famiglie con figli in quella fascia di età non frequenta l’asilo nido o non l’ha mai frequentato.

 

A peggiorare il quadro della situazione dei minori in Armenia ci sono anche le conseguenze psicologiche del conflitto e della fuga del 2023. L’Uncrc denuncia che tra i quasi 35.000 rifugiati che hanno ricevuto supporto psicologico ci sono «bambini, adolescenti e caregiver». Si tratta di cifre importanti in relazione al numero complessivo dei rifugiati, ma che diventano ancora più preoccupanti se si considera che riguardano più di una famiglia rifugiata su quattro e che le richieste di servizi psicoterapeutici specializzati per bambini e genitori sono in aumento. Da questo punto di vista, la raccomandazione dell’Uncrc è di aumentare la disponibilità e l’accesso a cure di questi tipo nelle zone in cui sono maggiormente concentrati i rifugiati, ovvero la capitale Erevan e i suoi dintorni. L’arrivo dei rifugiati dal Karabakh è stata una delle crisi interne più importanti per l’Armenia dall’indipendenza. Il programma di aiuti varato alla fine del 2023 è stato esteso nel novembre dello scorso anno per coprire il periodo gennaio-marzo 2025. In termini economici, per il trimestre attuale saranno ancora distribuiti centoventicinque dollari a persona. Questi aiuti però verranno modificati a partire dal prossimo aprile, quando si incominceranno ad aiutare solo alcune fasce della popolazione rifugiata come le persone disabili, chi ha figli minori di diciotto anni, gli anziani di età maggiore di sessantatré anni. Per loro il governo armeno continuerà a garantire sussidi economici che però verranno diminuiti fino a raggiungere i settantacinque dollari nel mese di dicembre 2025. Allo stesso tempo verranno introdotte altre forme di supporto, a seconda delle necessità di ciascuna famiglia.

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2025-02/quo-047/i-minori-in-armenia-tra-problemi-di-scolarizzazione-e-disagio-ps.html

Incontro sulla cultura armena a Venegono Superiore (Ilsaronno 25.02.25)

VENEGONO SUPERIORE – “La bellezza della storia e della cultura armena! Relatori d’eccezione per un folto pubblico, attento e coinvolto. Si è trattato – spiegano dal Comune in relazione all’incontro che si è svolto lo scorso fine settimana nella sala consigliare – una importante serata organizzata dalle associazioni territoriali con il patrocinio della Provincia di Varese e del Comune di Venegono Superiore, alla presenza del vice sindaco Antonio Bison e dei rappresentanti dell’Amministrazione comunale”. Relatori Aldo Ferrari dell’Università Cà Foscari di Venezia; Pietro Kuciukian, console della Repubblica di Armenia e Agopik Manoukian dell’Università di Trento.

Ad impegnarsi nell’allestimento dell’evento sono state la sezione Avis del paese, con l’associazione Luogo eventuale e la Pro loco di Venegono Superiore. Per tutti i presenti, una riuscita occasione di arricchimento culturale.

Lunedì del Cinema: l’Armenia vista da vicino in “Amerikatsi” (Ciacomo 23.02.25)

L’apertura è potente e simbolica: un bambino armeno si nasconde in un baule durante il genocidio del 1915, spiando l’orrore attraverso un piccolo foro. Il film dei Lunedì del Cinema al Gloria è Amerikatsi di Michael A. Goorjian, attore, sceneggiatore e regista di origini armene, nato e cresciuto a San Francisco.
Ad introdurre la proiezione sarà Agopik Manoukian, sociologo comasco di origine armena che si è distinto per i suoi studi  sulla comunità armena e sul suo inserimento nella società italiana.

Protagonista del film è Charlie che, da ragazzo, era scappato al Genocidio Armeno nascondendosi clandestinamente in un camion diretto negli Stati Uniti. La sua famiglia non era stata così fortunata. Nel 1948 Charlie rimpatria in Armenia, dove viene accolto dalla dura realtà del Comunismo Sovietico nel periodo staliniano. L’anima armena è soffocata dalla cortina di ferro e dopo poco Charlie viene assurdamente arrestato per il solo fatto di indossare una cravatta. Da una finestrella dentro la sua cella può osservare l’appartamento vicino. La coppia che ci abita, Tigran e Ruzan, diventano per Charlie l’unica e salvifica connessione con il mondo. Appena può, Charlie li osserva mentre cenano, ridono, piangono, cantano, danzano, vivono. Guardarli nella loro vita quotidiana gli permette di scoprire la cultura armena, di cui era sempre stato ignaro.

lunedì del cinema

Michael Goorjian porta sullo schermo una storia che intreccia tragedia, ironia e malinconia: Amerikatsi esplora l’identità e la connessione umana attraverso lo sguardo di un uomo sospeso, letteralmente e simbolicamente, tra due mondi. L’apertura del film con l’occhio di quel bambino che assiste, non visto, alla distruzione, diventa una chiave di lettura:  la violenza della storia non è il centro del racconto, ma una presenza costante, che incombe mentre la narrazione si concentra su ciò che sopravvive. Quel bambino è cresciuto ed è diventato Charlie Bakhchinyan (interpretato dallo stesso Goorjian), un uomo ingenuo e ottimista che lascia gli Stati Uniti per tornare in Armenia negli anni ’40 alla ricerca delle sue radici.

Di solito i film sull’Armenia si concentrano su quell’evento cruciale che è stato il Genocidio ma in realtà è limitante raccontare la cultura e la vita di un paese intero limitandosi a quel capitolo tragico. Goorjian racconta: “Musica, cibo, passione, generosità, amore per la vita. Amerikatsi celebra tutto questo e racconta al mondo aspetti e sfaccettature dell’Armenia, che sin dalla mia giovinezza avevo desiderio di scoprire e riconnettermi. Il sogno di Charlie di tornare nel suo paese natio non riflette soltanto il sogno di molti che hanno fatto parte della diaspora armena, ma rappresenta il sogno di milioni di persone nel mondo che hanno un legame forte e ancestrale con il loro paese nativo”.

Spazio Gloria via Varesina – Como

Lunedì 24 febbraio

AMERIKATSI di Michael A. Goorjian

con Charlie Michael Goorjian, Tigran Hovik Keuchkerian, Sona Nelli Uvarova, Dmitry Mikhail Trukhin, Ruzan Narine Grigoryan

Armenia, 2023, durata 115 minuti 

Il film sarà introdotto da Agopik Manoukian

Ingresso intero € 8,  ridotto € 6 (under 20, over 65 e disabili)

Le proiezioni sono riservate ai soci Arci
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Abaco, l’innovazione del vino in Armenia parla italiano e punta sulla tracciabilità (Italiatavola 25.02.25)

Abaco, dal 2024 azienda parte del gruppo Diagram, primo polo agritech italiano e tra i principali player in Europa, si è aggiudicata la gara per per la digitlaizzazione del comparto vitivinicolo armeno con un sistema innovativo progettato per ottimizzare la tracciabilita` e la gestione dei processi produttivi. L’obiettivo e` quello di progettare e sviluppare un Agriculture Value Chain Information System (Avcis), che fungerà da piattaforma centralizzata per la raccolta di dati sugli agricoltori armeni che gestiscono un terreno coltivato a vite, compresi gli aggiornamenti annuali e le stime previsionali sulla produzione.

Abaco, l’innovazione del vino in Armenia parla italiano e punta sulla tracciabilità

L’italiana Abaco si è aggiudicata la gara per la digitalizzazione del comparto vitivinicolo armeno

Armenia, una lunga tradizione vinicola

Nel 2011, degli archeologi in Armenia hanno annunciato la scoperta del più antico sito di produzione vinicola del mondo, la grotta di Areni, con anfore e reperti del 4.100 a.C. L’Armenia  oggi produce vino con 16mila ettari  di vigne e una produzione di 14 milioni di litri di vino. Tra il 1940 e il 1985 quando era parte dell’Unione Sovietica, la produzione di vino era aumentata di nove volte. Allo stesso modo, la produzione di spumante è cresciuta di dieci volte tra il 1960 e il 1986.

Abaco, l’innovazione del vino in Armenia parla italiano e punta sulla tracciabilità

La produzione di vino in Armenia è raddoppiata in dieci anni

Negli anni ’80 l’Armenia produceva annualmente una media di circa 210mila tonnellate di uva, dalle quali si ricavavano 140 milioni di litri di vino. Due milioni di tonnellate venivano impiegate su disposizioni governative per la produzione di brandy, il 25% del prodotto in tutta l’Unione Sovietica, mentre la parte restante era destinata al vino. il vino in Armenia era prodotto da 25 cantine. Oggi sono 150, certo in buona parte piccoli produttori da poche migliaia di bottiglie. La produzione è raddoppiata in dieci anni da 7 milioni di litri del 2014 a oltre 14 milioni con l’ultima vendemmia.

Armenia, i vini tipici

Tra i vini rossi prodotti in Armenia c’è l’Areni frutto dell’omonimo vitigno autoctono, è un vino rosso corposo e strutturato, ricco di aromi di frutta scura, spezie, liquirizia e cioccolato. È considerato il “re” dei vini armeni e invecchia benissimo. Il Voskehat, prodotto con il vitigno a bacca bianca Voskehat vinificato in rosso, regala un vino rosato intenso e fruttato, con note di ciliega, melograno e rosa canina. Infine ecco il Karmrasir: un vino rosso secco prodotto con uve miste, solitamente Areni, Voskehat e Mdkhent. Offre un gusto intenso e armonico, con aromi di frutti rossi, spezie e tabacco.

Abaco, l’innovazione del vino in Armenia parla italiano e punta sulla tracciabilità

Il Voskehat Spumante è uno spumante rosato prodotto con uve Voskehat

I Bianchi iniziano con il Voskehat. Vinificato in bianco, Voskehat dà vita a un vino fresco e aromatico, con note di fiori bianchi, frutta secca e agrumi. Il Kankush è un vino bianco dolce prodotto con l’omonimo vitigno autoctono, caratterizzato da profumi intensi di miele, frutta secca e fiori bianchi. Il Chilar viene prodotto con il vitigno autoctono Chilar, offre un vino bianco minerale e complesso, con aromi di agrumi, mela verde e fiori bianchi. Areni Brut è invece uno spumante metodo classico prodotto con uve Areni, caratterizzato da un perlage fine e persistente e aromi di frutta rossa, crosta di pane e lieviti mentre il Voskehat Spumante è uno spumante rosato prodotto con uve Voskehat, fresco e fruttato, con note di ciliega, melograno e rosa canina.

Armenia, come si produce vino

Ancora oggi, molte persone in Armenia utilizzano gli stessi metodi impiegati tremila anni fa, lavorando l’uva e producendo vino in strutture apposite. Nelle fabbriche moderne si utilizzano botti di rovere per l’affinamento del vino, ma nei villaggi e presso i piccoli produttori permangono le tradizionali giare di terracotta chiamate “karas”. Queste vengono realizzate con quercia armena, che conferisce loro una caratteristica colorazione rosata. I vini ottenuti da uve autoctone armene, a contatto con le pareti interne delle karas di quercia, sviluppano un bouquet unico. Questa combinazione particolare è difficilmente replicabile in altri Paesi del mondo.

Abaco, l’innovazione del vino in Armenia parla italiano e punta sulla tracciabilità

Alcuni vini armeni

Si prevede che il sistema Abaco, incrementera` la trasparenza e migliorera` il monitoraggio della produzione grazie a strumenti di reporting completi. L’implementazione di questo sistema informativo fornirà gli strumenti necessari per migliorare la gestione dei vigneti garantendo inoltre alti standard di qualita`. Come ha commentato Roberto Mancini, amministratore delegato di Diagram Group: «Questo progetto rappresenta un passo importante per la valorizzazione della filiera vitivinicola armena e siamo entusiasti di poter contribuire, con la nostra esperienza e tecnologia, alla crescita di un settore chiave per l’economia locale. Lì’aggiudicazione della gara  appresenta un traguardo significativo che conferma il nostro impegno nel fornire soluzioni all’avanguardia per la gestione sostenibile delle risorse agricole».

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