Frizioni tra Yerevan e Mosca (Osservatorio Balcani e Caucaso 03.05.23)

L’Armenia vota a favore di una risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU in cui la Russia viene menzionata come stato aggressore dell’Ucraina. Il voto armeno arriva dopo una serie di inasprimenti fra i due paesi relativi sia ai rapporti bilaterali, sia agli obblighi che l’Armenia ritiene la Russia abbia nei suoi confronti

03/05/2023 –  Marilisa Lorusso

Il 26 aprile l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Risoluzione L.65  sulla collaborazione fra ONU e Consiglio d’Europa in cui la Russia viene menzionata come stato aggressore dell’Ucraina. A differenza dei voti precedenti in cui l’Assemblea chiariva questa posizione, l’Armenia non si è astenuta, e come il Kazakistan, la Cina, il Brasile, per la prima volta si è espressa a favore, votando sì, come altri 121 stati. Cinque i contrari (Russia, Corea del Nord, Bielorussia, Siria e Nicaragua), 18 gli astenuti, fra cui l’Azerbaijan.

Il voto armeno arriva dopo una serie di inasprimenti fra i due paesi relativi sia ai rapporti bilaterali, sia agli obblighi che l’Armenia ritiene abbiano le organizzazioni capeggiate dalla Russia nei suoi confronti.

CSTO

“Non è l’Armenia che sta lasciando la CSTO, ma la CSTO che sta lasciando l’Armenia”, così il primo ministro Nikol Pashinyan ha riassunto  a marzo la posizione armena rispetto all’Organizzazione per il Trattato di Sicurezza Collettiva, l’organizzazione militare che è sorta dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, di cui l’Armenia fa parte di cui ha invocato inutilmente l’intervento per garantire la propria integrità territoriale. L’Armenia non ha nascosto la cocente delusione per le mancate garanzie di sicurezza del CSTO. Ha quindi rifiutato di ospitarne le esercitazioni militari nell’inverno 2023 e il seggio di vice-presidenza.

La CSTO ha tre vicepresidenti a rotazione che ottengono l’incarico in base al contributo dei paesi al budget, una quota a cui evidentemente l’Armenia non intende contribuire  in assenza di un maggiore tornaconto nazionale. Sul tavolo ci sono questioni per Yerevan fondamentali: il riconoscimento degli scontri di settembre come aggressione azera, dei confini armeni e quindi delle incursioni azere come violazione dell’integrità territoriale del paese, e di misure concrete di tutela, inclusa eventualmente una missione militare del CSTO, oltre ai già presenti peacekeeper russi e dei monitor civili dell’Unione Europea. Della missione si discute da mesi, se non anni, dopo il 2020, e la Russia ricusa ogni responsabilità sul mancato dispiegamento, mentre l’erosione dei confini continua  .

Propagandisti

Il confine armeno ha nuovamente respinto dei propagandisti russi. Dopo il caso di una delle giornaliste russe, di origine armena, che maggiormente è diventato il volto televisivo del regime, Margarita Simonyan, cui è vietato l’accesso in Armenia dall’ottobre 2022, insieme al vice presidente della commissione della Duma per i paesi CIS e dell’Integrazione Euroasiatica Konstantin Zatulin, a marzo è toccato a Aram Gabrelyanov.

Gabrelyanov  , magnate dei media e legato a doppio filo con il Cremlino, come la Simonyan è di origini armene. Dal 2016 è sotto sanzioni ucraine  e oltre a criticare ferocemente l’occidente, ha accusato il governo armeno di essere anti-patriottico. Da marzo è sulla lista delle persone non-grate. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha commentato  questo episodio con parole che non celano un certo nervosismo

L’arresto di Putin

Come è noto, vi è un ordine di cattura da parte della Corte Penale Internazionale contro Vladimir Putin che dovrebbe essere esercitato dai paesi membri e che hanno ratificato lo Statuto di Roma. L’Armenia lo ha firmato nel 1999 ma mai ratificato. A fine 2022, prima quindi della decisione del 17 marzo 2023 della Corte relativamente al presidente russo, il governo armeno ha deciso di avviare le procedure di ratifica. L’intenzione è potersi avvalere della Corte per crimini di guerra nel proprio territorio. La Corte Costituzionale armena questa primavera ha confermato la costituzionalità di un’eventuale ratifica.

Alcuni analisti hanno valutato  l’opzione di ratificare ma senza contrarre obblighi retrodatati rispetto alla data di ratifica, per cui l’ordine di arresto per Vladimir Putin non dovrebbe applicarsi in Armenia. Per i membri firmatari dello Statuto di Roma le decisioni della Corte Penale sono cogenti. La questione è oggetto di discussione anche in altri paesi legati alla Russia da rapporti bilaterali importanti o facenti parte di organizzazioni di cui è membro la Russia. Il Sud Africa ne è firmatario e nell’agosto 2023 ospiterà il summit dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud America) in presenza poiché questo anno ne riveste la presidenza a rotazione. Il governo ha ammesso  di trovarsi in difficoltà relativamente ad obblighi configgenti: ospitare il presidente di uno dei paesi membri o arrestare lo stesso come ricercato per crimini di guerra. Lo stesso presidente sudafricano aveva parlato di una uscita dalla giurisdizione della corte, voce poi smentita  dal governo.

La Russia non ha invece dubbi. Una fonte diplomatica russa  ha espressamente riportato che Mosca considera assolutamente inaccettabili i piani di Yerevan di aderire allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale e che la parte armena è stata avvertita delle conseguenze estremamente negative rispetto alle relazioni bilaterali.

La guerra dei latticini

Ed effettivamente pare essere arrivata la prima punizione. Il 31 marzo il “Rosselkhoznadzor” (Servizio Federale per la Sorveglianza Veterinaria e Fitosanitaria) russo ha chiesto  al Servizio Veterinario dell’Armenia di sospendere le esportazioni di prodotti lattiero-caseari verso la Russia. Alla base ci sarebbero delle questioni di sicurezza alimentare legate anche all’uso di prodotti importati dall’Iran. Ma il punto è che chiunque abbia memoria dei precedenti del Rosselkhoznadzor ricorda l’uso abbondantemente politico dei bandi sulle importazioni. Nel 2006-7, prima della guerra era toccato alla Georgia per formaggi, frutta e verdura, vino, acqua minerale. Nel luglio 2014 era toccato ai prodotti caseari ucraini  a pochi mesi dall’annessione della Crimea. Dopo le sanzioni per l’annessione a ottobre lo stesso anno è stato il turno della carne dall’Unione Europea  . Dopo la firma dell’Accordo di Associazione era toccato alla frutta moldava  . Nel 2015, dopo l’abbattimento del jet russo da parte di Ankara, la scure di Rosselkhoznadzor era calata su sale, pollo, tacchino e un’altra dozzina di prodotti turchi  .

La nuova ambasciatrice statunitense in Armenia Kristina A. Kvien ha postato  l’8 aprile un tweet in cui è ritratta a Syunik a mangiare formaggio, e definisce i prodotti caseari armeni fra i migliori al mondo.

Intanto, dopo il voto dell’Assemblea Generale dell’Onu, Gazprom ha informato l’Armenia  che per 4 giorni non arriverà il gas, per lavori di mantenimento della rete. O forse la seconda punizione.

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