Novità in libreria: “Il peccato armeno, ovvero la binarietà del male” di Matteo Nunner

L’essenza basilare della figura del protagonista Claude-Henri si evince facilmente sin dalle prime battute del suo travagliato percorso nel mondo: dagli aromi e dalle parole armene che galleggiano per le strade della città di Van sino al severo apprendistato nella disfunzionale quanto maledetta famiglia Dadrian. Le notizie della fine di un’era giungono attutite ai distanti margini orientali dell’impero: cosicché la stessa imminente deflagrazione di quest’ultimo, così come un’Europa affacciata sull’abisso, passano in secondo piano innanzi un microcosmo fatto di bizzarri personaggi e amori proibiti. Impossibile invece attutire l’assordante clamore generato dalle prime avvisaglie di quello che sarà ricordato come uno dei genocidi più occultati della storia, malinconico sfondo della corsa che condurrà Claude-Henri sino al traguardo della vita adulta. Il tutto sempre osservato dal ragazzo attraverso una personale lente deformante, che gli consente di applicare a ogni aspetto del suo vissuto la propria legge di binarietà, d’incontrovertibile dualismo.

 

Il peccato armeno, ovvero la binarietà del male

Matteo Nunner

Editore: Undici
Anno edizione:2017
Pagine:156 p., Brossura
  • EAN: 9788894823110

I segreti del Duomo, il gioiello che cade a pezzi (Molfettaviva.it 28.11.17)

In Armenia a seguito della caduta del regno bagratide avvenuta nel 1045, si ebbero massicce invasioni di popolazioni nomadi tra cui i selgiuchidi e i mongoli, e gli armeni, onde evitare la pulizia etnica che si stava perpetuando nei loro confronti, furono costretti ad emigrare verso l’Occidente cristiano.

La storia della Chiesa Vecchia, esemplare unico del romanico in Puglia

La nostra storia ha inizio moltissimi secoli fa, in una piccola grotta che stando alle fonti, si sarebbe un tempo trovata nei pressi della spiaggia dove ora sorge il Duomo.

In essa infatti lo studioso don Graziano Bellifemmine avrebbe individuato tramite le sue ricerche, una casa preghiera, e cioè un luogo in cui si radunavano le prime comunità cristiane per pregare e celebrare la liturgia. Le prime case di preghiera di solito si costituivano nelle grotte, nei pressi della tomba di un santo, o in luoghi che in precedenza erano stati pagani “per fare entrare la luce dove precedentemente regnavano le tenebre”. Una prova del fatto che anticamente il Duomo sarebbe stato luogo di una casa preghiera, sarebbe rivenibile in alcune lapidi dedicative, due lastre di marmo presenti nella zona alla destra dell’altare del Duomo (note come l’epigrafe di Risando, primo vescovo del Duomo) che per forma e per grandezza ricordano le lapidi che si mettevano in questi luoghi di culto e che risultano troppo povere e prive di valore per poter costituire l’epigrafe del primo vescovo. Se così fosse, l’origine della nostra chiesa, risalirebbe addirittura al IV-V sec d.C.

Ma come si arrivò alla costruzione di una chiesa vera e propria?
Per capirlo, dobbiamo fare riferimento agli armeni, antico popolo indoeuropeo che si era stabilito in una regione dell’Asia sud-occidentale e che sarebbe strettamente legato alla nascita del nostro Duomo. Cosa accadde dunque?
In Armenia a seguito della caduta del regno bagratide avvenuta nel 1045, si ebbero massicce invasioni di popolazioni nomadi tra cui i selgiuchidi e i mongoli, e gli armeni, onde evitare la pulizia etnica che si stava perpetuando nei loro confronti, furono costretti ad emigrare verso l’Occidente cristiano. Arrivarono anche in Puglia e contribuirono molto allo sviluppo e alla crescita delle città in cui vissero. Tuttavia alcuni di loro erano già presenti nella zona di Bari sin dal IX secolo d.C.
Una traccia armena la si può trovare ancora oggi in alcuni diffusi cognomi pugliesi come ad esempio Armenio, Armenise, Amoruso, Caccuri, Susca, Marzapane, Zaccaria, Trevisani, Pascali e Oliviero.
Famose furono le opere architettoniche armene in tutta la Puglia, le loro maestranze erano difatti erano particolarmente esperte nell’ingegneria edilizia. Si stabilirono anche a Molfetta e poiché in quel periodo la popolazione stava aumentando, si ebbe l’esigenza di costuire una chiesa più grande e che fosse rappresentativa della città.
La chiesa di Sant’Andrea, sita ancora oggi nel centro storico, era diventata troppo piccola, e pertanto si decise di edificarne una nuova sulla grotta-chiesa.

Stando ai recenti studi così sarebbe nato il Duomo: una chiesa dall’architettura tipicamente orientale, costruita da immigrati benestanti per servire le colonie armene stanziate lungo le coste. Infatti, osservando attentamente il Duomo, possiamo notare che sono molti i richiami all’Oriente.
Nelle chiese orientali infatti, l’altare solitamente era sormontato da una cupola alla forma sferica perfetta che rappresentava la perfezione della volta stellata: la Gerusalemme del cielo rivolta verso la Gerusalemme della terra. Nell’abside centrale c’era il bema (una piattaforma rialzata) e un piccolo altare, poi lateralmente all’abside c’erano dei piccoli ambienti denominati “sagrestie”. Essi comparivano anche nella prima liturgia bizantina e si chiamavano pastophoria (che in greco vuol dire “appartamento del sacerdote” o “camera per il tesoro”): in quello sinistra si conservavano le offerte le i fedeli, in quello di destra, si custodivano i vasi e i paramenti sacri. Con l’avvento della liturgia bizantina tarda, I pastophoria caddero in disuso e vennero sostituti da altre due absidi aggiunte alla preesistente centrale: le absidi diventarono così tre a simboleggiare la Santissima Trinità. Nel nostro Duomo queste diverse stratificazioni storiche e costruittive ci sono tutte. Per capire ancora meglio l’origine orientale della nostra chiesa, bisogna dirigersi verso l’ingresso laterale del Duomo. Noterete sicuramente l’atrio che si trova subito prima del portone secondario della chiesa. In realtà quello spazio un tempo veniva chiuso e infatti all’entrata dell’atrio c’era una imponente porta di legno massiccio; se ci fate caso vedrete che ci sono ancora dei cardini in pietra in cui giravano i perni del portone. Quell’atrio rappresentava la soglia che dalla città profana immetteva nella città sacra, era il luogo in cui si offriva ospitalità ai pellegrini, la sosta che si concedevano prima di entrare in chiesa. Lungo le pareti della facciata sud sono infatti ancora visibili i segni di pellegrini che sono passati da qui, e se siete attenti, potrete notare incisioni di croci nella roccia.

Ma c’é qualcosa in più.
Rivogete il vostro sguardo verso l’alto, al di sopra dell’arco che sormonta l’ingresso dell’atrio: noterete che c’é una piccola nicchia vuota. Sui portoni degli atri e delle chiese di Oriente è comune infatti che si veda una nicchia al cui interno si trova o un affresco o una scultura raffigurante il Cristo Pantokrator (colui che tutto è, figura di Cristo benedicente). Ebbene la stessa cosa venne fatta a Molfetta: quello spazio vuoto un tempo era riempito da un affresco di un Cristo Pantokrator che è ora scomparso in quanto dipinto con colori naturali via via sbiaditi. Un altro esempio di riferimento all’Oriente é visibile sempre stando con lo sguardo rivolto all’ingresso laterale del Duomo e osservando in alto sulla parete: si scorge una scultura raffigurante il Cristosbadgher del Pantocrator, rappresentazione iconografica armena diffusa dal VI d.C. Rappresenta Cristo in trono, colui che tutto può e che tutto sa, che sembra quasi fissare il vuoto. Nel medioevo fino a quasi al 1100 le rappresentazioni scultoree e pittoriche non rappresentavano stati d’animo ma tutto si esprimeva tramite la gestualità, e ciò era volutamente in netto contrasto con le raffigurazioni pagane che invece sottolineavano tramite smorfie quasi grottesche, i sentimenti umani volubili, quindi caduchi. Il nostro Pantocrator, con la sua apparente inepressività era invece il simbolo immutabilità e di eternità e la fissità dell’immagine deriva da una immagine sacra tipica dell’Oriente: l’icona, chiamata badgher in armeno.

Dopo l’arrivo dei bizantini, anche il Duomo di Molfetta divenne per un breve periodo bizantino. Essi modificarono le porte esterne ed interne inserendo due “squadri a mensola” negli angoli dell’architrave come loro elemento di decoro tipico e poi iniziano a costruire un mosaico che si sarebbe dovuto trovare lungo la navata centrale. Ma non fecero in tempo.

Arrivarono i crociati che chiamarono il Duomo “Santa Maria Assunta” e vi crearono un vero tempio romanico gerosolimitano su modello di una chiesa presente a Gerusalemme, la chiesa di Sant’Anna. Dei simboli e dei significati nascosti presenti nel nostro Duomo, parlerò prossimamente.

Potete approfondire l’argomento leggendo un interessantissimo e accurato lavoro di ricerca che è stato fatto sul Duomo, e dal quale ho attinto gran parte delle informazioni per poter realizzare il mio articolo.

Questo lavoro si trova in un libro molto bello e che consiglio fortemente che si chiama “Il Duomo di Molfetta. Una chiesa fra Oriente ed Occidente” di Girolamo A.G. Panunzio.

VENEZIA – fino al 19/12 – “Armenia.Una civiltà di frontiera” nuovo ciclo di conferenze sulla storia e la cultura armena.

“Armenia.Una civiltà di frontiera”

Nuovo ciclo di conferenze sulla storia e la cultura armena,

che si svolgerà dal 31 ottobre al 19 dicembre

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Martedì 31 ottobre

Marco Bergamo e Aldo Ferrari Civiltà del vino dall’Armenia all’Italia

Martedì 14 novembre

Giampiero Bellingeri e Aldo Ferrari Tra Venezia e l’Oriente. La grammatica poliglotta del Padre Mechitarista Minas Bzhshkian

Martedì 28 novembre

Gianni Dubbini e Giampiero Bellingeri Oltre l’Ararat e l’Arasse: sulle orme di un viaggiatore veneziano in Turchia, Armenia e Persia

Martedì 5 dicembre

Irina Marchesini Rivoluzione e scrittura. La riforma ortografica nell’Armenia sovietica

Martedì 12 dicembre

Aldo Ferrari La cultura russa e l’Armenia

Martedì 19 dicembre

Sona Haroutyunian Traduzione culturale: alcune riflessioni sulla diaspora italo-armena

Gli incontri si svolgeranno dalle 17.30 alle 19 presso l’aula 6 di Rio Nuovo, Dorsoduro 3861, Calle Larga Foscari, 30123, Venezia

Scarica la locandina in pdf

PADOVA – 27 novembre – 3 dicembre 2017 – DESSARAN FESTIVAL settimana della cultura armena (II Edizione)

DESSARAN FESTIVAL

settimana della cultura armena II Edizione

Padova, 27 novembre – 3 dicembre 2017

Dessaran: in armeno, l’orizzonte, il confine di ciò che vedi

Armenia: un centro irradiante, da cui si sono diramate tante strade del mondo

Dopo lo straordinario successo della prima edizione, torna anche nel 2017 la settimana dedicata alla cultura armena con 7 giorni di eventi speciali – tra cui ricordiamo i concerti degli artisti internazionali Tigran Hamasyan e Hakob Khalatyan e due nuovi reading di parole, musiche e immagini ispirate all’Armenia – in cui verranno esplorati orizzonti: non limitandoci solo a quelli dell’antichissima cultura armena, ma toccando anche le tante civiltà che ad essa si sono intrecciate nei millenni della sua esistenza.

Uno scambio fruttuoso e allegro di saperi, cognizioni, suggestioni antiche e moderne: una rassegna che va dalla musica ai reportage fotografci, dai reading alle proiezioni di flm, dai viaggi alla rafnata cucina.

Scarica QUI la brochure e il programma della manifestazione

ROMA – 17 e 18 novembre 2017 – “Cultura costituzionale”. Un convegno sotto l’egida della Chiesa Cattolica a Roma

Il Presidente della Corte Costituzionale della Repubblica di Armenia e le volontà di organizzare il primo convegno internazionale del Centro di Cultura Costituzionale di Yerevan a Roma.

Il 17 e 18 novembre 2017, al Pontificio Istituto Orientale, si terrà il Convegno internazionale “The International Conference On “Challenges of Spiritual and Legal Behavior of Contemporary Individual and Imperatives of Their Overcoming” organizzato dal Centro internazionale di studi di diritto costituzionale “Cultura costituzionale” di Yerevan (Armenia).

Il presidente della Corte Costituzionale della Repubblica d’Armenia è il Prof. Gagik Harutyunyan da più di due decenni. Attualmente, è l’unica carica politica nella Repubblica che non è a rinnovo, ma soggetta solo alla scadenza dell’età. Il presidente, sia per la sua personalità che per la carica che ricopre, è una delle figure di maggiore spicco nella Repubblica e, nel suo campo di costituzionalista, è riconosciuto internazionalmente. E’ da anni membro attivo e partecipe della Commissione di Venezia (per i Diritti Umani). E’ autore di più di duecento articoli scientifici e di diversi volumi sia sul diritto e, in particolare, il diritto costituzionale in genere, sia sugli sviluppi storici e le peculiarità della percezione del diritto nel pensiero armeno, partendo dalle sue radici bibliche ed elleniche. Egli, come altri intellettuali armeni, venne profondamente colpito dalla visita del Papa in Armenia, soprattutto da alcune idee, assai profonde, sfuggite non solo ai media ma anche ad altri intellettuali, forse meno attenti a questa visita, tutto sommato ad un paese “marginale”, che il Santo Padre espresse in quella circostanza. La visita è stata il movente decisivo per la realizzazione di un’idea che maturava da tempo nel pensiero del Prof. Harutyunyan: quella di fondare a Yerevan un Centro internazionale di studi di diritto costituzionale, chiamato “Cultura costituzionale”.

Il Centro è stato ufficialmente fondato lo scorso anno a Yerevan e la fondazione ne fu celebrata con un convegno internazionale dal 19 al 21 ottobre 2016. Sono trentanove i soci fondatori, di cui molti presidenti delle Corti costituzionali di altri paesi, più un socio che è un ente di diritto pubblico.

Partendo dalla constatazione della crisi profonda che attraversa la società contemporanea e il concetto stesso di diritto per la dominante visione del convenzionalismo etico, il Prof. Harutyunyan è convinto che non si può restare spettatori di tale situazione e che un rimedio valido non potrà venire se non ispirandosi alla grande tradizione filosofica e religiosa di un valore assoluto, superiore alla contingenza umana. Questo in sostanza l’obiettivo che egli si prefigge sia con la fondazione del Centro di Cultura costituzionale di Yerevan, sia con la serie di convegni, di alto livello, internazionali che vorrebbe promuovere in collaborazione con enti e istituzioni d’indiscussa credibilità. Mosso da questo pensiero, a seguito del Convegno “di fondazione” dell’anno scorso a Yerevan, egli desiderava che il secondo si organizzasse a Roma sotto l’egida della Chiesa Cattolica. Il progetto venne accolto positivamente, pensando proprio al Pontificio Istituto Orientale come ramo accademico della Congregazione per le Chiese Orientali, quale istituzione pontificia dotata dell’unica Facoltà al mondo in Diritto Canonico Orientale, che ne potesse assumere la responsabilità organizzativa in coordinamento con Yerevan.

Questi i tre punti cardine del pensiero del Prof. Harutyunyan, propulsori delle tematiche che verranno trattate dai relatori del Convegno (allegato programma):

  1. Il ruolo della cultura costituzionale nella formazione dell’identità spirituale dell’individuo moderno;
  2. I valori religiosi nel sistema assiologico delle Costituzioni contemporanee;

  III.         Le sfide presenti della deformazione del comportamento umano legale e spirituale e gli imperativi per come superarle. 

In Allegato:

CASSANESE – Approvato il documento sul genocidio armeno (31.10.17)

Unanimità al Consiglio comunale di lunedì a Inzago.

Approvato l’ordine del giorno

E’ stato votato all’unanimità l’ordine del giorno proposto dal consigliere di opposizione Angela Valtorta. Lunedì sera il Consiglio comunale ha approvato l’ordine del giorno relativo al riconoscimento del genocidio armeno. E’ stato l’unico punto che ha messo d’accordo tutti. Nei precedenti, infatti, non sono mancate discussioni tra la maggioranza e il gruppo Inzago bene comune.

Un percorso iniziato durante la fiera

Durante la sagra cittadina si era tenuta una mostra sul tema. Il circolo sociale Giacomo Matteotti l’aveva organizzato con il patrocinio di Consolato onorario della Repubblica d’Armena in Italia, Casa Armena – Hay Dun e Comune. C’erano stati anche la proiezione del film “La masseria delle allodole” e una conferenza. Gli eventi erano stati partecipati e apprezzati.

Nuove iniziative all’orizzonte

L’approvazione del documento si inserisce proprio nel percorso iniziato durante la fiera. L’assise si è trovata concorde nell’auspicare che non restino solo parole sulla carta. Tra le proposte ci sono iniziative nelle scuole. Inoltre, l’ordine del giorno verrà spedito ai consolati armeno e turco. A portare avanti le cose sarà Antonio Alberto Samakovlija, che aveva proposto e supportato, con la collaborazione del circolo Matteotti e dell’Amministrazione comunale, l’organizzazione della mostra sul genocidio armeno.

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Santa Sede-Armenia: card. Sandri, “cammino costellato da tanti punti luminosi. Non c’è alternativa alla pace” (SIR/ACISTAMPA/RADIOVATICANA 21.09.17)

Relazioni tra Santa Sede e Armenia: 25 anni ricchi di punti luminosi (Radio Vaticana)

di Amedeo Lomonaco

“Ogni passo è stato preparato da incontri e dialoghi che hanno consentito di stabilire legami profondi di stima e di amicizia che hanno reso più bello e più ricco, umanamente e spiritualmente, il rapporto diplomatico”. Così, ieri, il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante la celebrazione eucaristica nel 25.mo delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Repubblica di Armenia, presso la Chiesa di San Nicola da Tolentino del Pontificio Collegio Armeno. Hanno concelebrato mons. Boutros Maryati, arcivescovo armeno cattolico di Aleppo (Siria), mons. Giorgio Chezza, della nunziatura apostolica in Italia, padre Lorenzo Lorusso, sotto-Segretario del Dicastero orientale, il rettore del Collegio armeno e altri presbiteri.

Il cammino durante i 25 anni di relazioni diplomatiche – ha detto il porporato – è ricco di punti luminosi. Tra questi, i viaggi apostolici di San Giovanni Paolo II nel 2001 e di Papa Francesco lo scorso anno, le sette visite dei Presidenti della Repubblica armena in Vaticano. “Consideriamo queste pagine di amicizia – ha affermato il card. Sandri – come un vero dono di Dio”. Tra i punti luminosi, anche “la creazione dell’Ordinariato per i fedeli armeno cattolici in Europa Orientale, con sede in Armenia, a cui tanto contribuì la stima e l’amicizia tra san Giovanni Paolo II e il Catholicos Vasken”.

Il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ha ricordato, in particolare, l’annosa questione del territorio del Nagorno-Karabakh, conteso da Armenia e Azerbaigian. “Nel suo viaggio di ritorno dall’Armenia – ha detto il card. Sandri – il Santo Padre Francesco salutava con speranza l’incontro avvenuto tramite il Presidente russo tra i Presidenti armeno ed azero; ci associamo al medesimo auspicio pensando all’analoga occasione, poche settimane fa, che ha visto incontrare nuovamente con Sua Santità Kyrill di Mosca il Catholicos Patriarca Karekin II e lo Sheikh dell’Islam azero: insieme diciamo con forza che non c’è alternativa alla pace, e va posto termine ad ogni dolore e sofferenza, a maggior ragione quando essa colpisce la popolazione civile inerme”.


“Un cammino costellato di tanti punti luminosi, come stelle del cielo, ciascuno dei quali segna una tappa dei nostri incontri”: così il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha definito i 25 anni delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica di Armenia e la Santa Sede. Celebrando ieri sera a Roma una messa per l’anniversario il porporato ha rievocato, tra le altre cose i viaggi apostolici di san Giovanni Paolo II nel 2001 e di Papa Francesco nel 2016 in Armenia e le sette visite dei presidenti della Repubblica in Vaticano. “Ciascuno di questi eventi – ha detto il prefetto – dischiude in chi li ha vissuti una memoria grata: ogni passo è stato preparato da incontri e dialoghi che hanno consentito di stabilire legami profondi di stima e di amicizia che hanno reso più bello e più ricco, umanamente e spiritualmente, il rapporto diplomatico. Consideriamo queste pagine di amicizia come un vero dono di Dio, attraverso la disponibilità e l’accoglienza di noi uomini e di coloro che ci hanno preceduto: non potrebbe accadere che così, tra i discepoli dell’unico Signore e Maestro, Cristo Gesù”. Il card. Sandri ha ricordato “l’identità nuova della comunità armena” di cui parte “costitutiva e inseparabile” è la fede in Cristo. “Una eredità – ben lungi dall’essere soltanto un vanto del passato – che mette in moto il cuore e la vita degli uomini e delle donne armene anche in questo tempo, come quelle di noi tutti. Rimaniamo fedeli alla vocazione di essere uomini e donne di speranza: memori del passato, ma con le radici nel futuro di Dio: ed esso non può che esser un futuro di giustizia, di riconciliazione e di pace”. E a proposito di pace il prefetto ha ricordato che “nel suo viaggio di ritorno dall’Armenia, il Santo Padre Francesco salutava con speranza l’incontro avvenuto tramite il presidente russo tra i presidenti armeno ed azero; ci associamo al medesimo auspicio pensando all’analoga occasione, poche settimane fa, che ha visto incontrare nuovamente con Sua Santità Kyrill di Mosca il Catholicos Patriarca Karekin II e lo Sheikh dell’Islam azero: insieme diciamo con forza che non c’è alternativa alla pace, e va posto termine ad ogni dolore e sofferenza, a maggior ragione quando essa colpisce la popolazione civile inerme. Idealmente sogniamo e desideriamo che le colombe lanciate da Papa Francesco e dal Catholicos Karekin II al monastero Khor Virap – che significa letteralmente “prigione in profondità”, rievocando la prigionia patita da san Gregorio l’Illuminatore, attraversino le profondità delle divisioni, degli odi e delle guerre, si librino nel cielo alto di Dio, e tornino recando in bocca un ramoscello di pace per tutte le popolazioni del Caucaso e dell’Anatolia”.

SIR


È la storia la protagonista dell’omelia del Cardinale Sandri. Non potrebbe essere altrimenti. L’Armenia è una nazione antichissima, dalla forte tradizione cristiana radicata in una particolare predilezione per il libro, con una fede che si è preservata grazie a 36 soldati, le lettere dell’alfabeto che il geniale monaco Mashtoz codificò per dare al popolo una tradizione e una storia.

Il Battesimo dell’Armenia, celebrato da Giovanni Paolo II nel suo viaggio, costituì per la nazione una “identità nuova” e una eredità – racconta il Cardinale Sandri – “ben lungi dall’essere solo un vanto del passato”, perché “è la potenza stessa di Dio ricevuta nel Battesimo che ci spinge, ci mette fretta”.

Insomma, Caritas Christi urget nos, e non è un caso che il Cardinale ricordi, tra queste opere di carità, l’ospedale di Ashots, al confine con la Georgia e al limite della città di Gyumri martoriata dal terremoto del 1988. È chiamato “l’ospedale del Papa”, e fino all’ultimo, durante la visita di Papa Francesco in Armenia nel giugno 2016, si era sperato che il Papa potesse vedere questa struttura tra le montagne. Una struttura che è arrivata molto prima delle relazioni diplomatiche, a testimonianza che la carità sempre precede.

Il Cardinale Sandri ripercorre, nell’omelia, i “punti luminosi” del rapporto diplomatico tra Santa Sede e Armenia, citando “i Viaggi Apostolici di San Giovanni Paolo II nel 2001 e di Papa Francesco lo scorso anno, le sette visite dei Presidenti della Repubblica in Vaticano, inaugurate con S.E. Ter Petrosyan nel 1992, poi le due, nel 1999 e nel 2005 di S.E. Kocharyan, e infine le quattro (2011,2013,2014,2015) dell’attuale Presidente, S.E. Sargsyan; la grande celebrazione dell’aprile 2015 e la proclamazione di San Gregorio di Narek Dottore della Chiesa Universale, l’invio di un Rappresentante Speciale del Santo Padre alla consacrazione del Santo Myron a Ethchmiadzin, ogni sette anni, le visite dei Catholicos Vasken, Karekin I e II ai Papi, senza dimenticare la creazione dell’Ordinariato per i fedeli Armeno cattolici in Europa Orientale, con sede in Armenia, a cui tanto contribuì la stima e l’amicizia tra san Giovanni Paolo II e il Catholicos Vasken”.

Sono passi “preparati in incontri e dialoghi” che hanno consentito “di stabilire legami profondi di stima e di amicizia e che hanno reso più bello e più ricco, umanamente e spiritualmente, il rapporto diplomatico”.

Il Cardinale Sandri guarda a Echmiadzin, la sede del Patriarcato Apostolico di Armenia, che è “cuore irradiante della fede e del popolo armeno”. Significa “Discese l’unigeto” e la sua costruzione “è quasi una rappresentazione plastica della professione di fede ascoltata dall’apostolo Paolo”.

L’Armenia terra cristiana, l’Armenia terra di incontro, dove si cerca di costruire la pace nella Regione, e a tal proposito il Cardinale cita l’incontro tra il Patriarca Kiril di Mosca, il Catholicos Karekin II e lo Sheikh dell’Islam azero che si è svolto qualche giorno, e che porta a dire con forza “che non c’è alternativa alla pace, e va posto termine ad ogni dolore e sofferenza, a maggior ragione quando essa colpisce la popolazione civile inerme”.

E allora – conclude il Cardinale – “idealmente sogniamo e desideriamo che le colombe lanciate da Papa Francesco e dal Catholicos Karekin II al monastero Khor Virap – che significa letteralmente ‘prigione in profondità’, rievocando la prigionia patita da san Gregorio l’Illuminatore – attraversino le profondità delle divisioni, degli odi e delle guerre, si librino nel cielo alto di Dio, e tornino recando in bocca un ramoscello di pace per tutte le popolazioni del Caucaso e dell’Anatolia”.

ACISTAMPA

A cavallo del vento, esce la seconda edizione del libro di Sonya Orfalian.

Esaurito a un paio danni dalla prima pubblicazione, viene oggi riproposto in una nuova edizione ampliata il volume di Sonya Orfalian A cavallo del vento – Fiabe d’Armenia (Argo Editrice). Il libro raccoglie alcune delle più belle e significative fiabe della antica tradizione armena, che in questa rinnovata edizione aumentano di numero e vengono accompagnate da unampia postfazione di Corrado Bologna.

La messa a testo delle fiabe armene raccontate da Sonya Orfalian è in certa misura ‘epocale’, giacché distingue e nel contempo collega due stati incommensurabili: quello dell’oscillazione orale, secolare, infinitamente frammentata e imprendibile, e quello della fissazione per iscritto, che stabilizza e cristallizza il testo in una ‘forma’ invariabile. (C. Bologna, Leggendo A cavallo del vento).

Novità Editoriale: Storia del Karabagh. Dall’antichità fino all’indipendenza. Di Gregorio Zovighian

 L’Artzakh, antico nome, ancora in uso fra gli armeni, della regione orientale dell’Armenia, oggi più nota come Karabagh, o Nagorno Karabagh, da un quarto di secolo è una repubblica indipendente, sebbene non riconosciuta internazionalmente. Ciò ha dato origine ad una dura contrapposizione fra Karabagh ed Armenia, da un lato, e Azerbaigian, dall’altro. Per una miglior comprensione dei motivi del contendere è necessario considerare questa controversia nel più ampio contesto dei rapporti armeno-azeri e degli avvenimenti, dell’Armenia, dell’Azerbaigian e del Karabagh, ad essi correlati, dando il dovuto spazio alla storia dei secoli, anche remoti, di questa regione, in quanto utile premessa per la comprensione degli avvenimenti più recenti.

 

la nuova guida sull’Armenia “Armenia e Nagorno Karabakh” Morellini Editore

Un territorio affascinante tutto da scoprire, dai paesaggi montani agli antichi monasteri, dalla “Stonehenge” del Caucaso alla prelibata gastronomia. La guida più aggiornata a una delle nuove mete scoperte dagli italiani

E’ solo negli ultimi anni che gli italiani hanno iniziato a scoprire l’Armenia, affascinante e antichissimo Paese a cavallo tra Europa ed Asia, che grazie a un rinnovato impegno di promozione turistica, sta diventando una delle “nuove mete” che attirano l’attenzione dei viaggiatori italiani più attenti. La sua capitale Yerevan è una metropoli cosmopolita, dall’intensa vita notturna ma anche dai tanti eventi all’aria aperta. Culla del cristianesimo, il territorio armeno si sviluppa quasi sempre sopra i 1000 metri e ospita monasteri medievali abbarbicati sulla cima delle montagne: Sevanavank, Sanahin e, fra tutti, i complesso di Tatev, raggiunto in cima ai monti dalla più lunga teleferica del mondo. La guida di Mauro Morellini conduce inoltre alla scoperta del Nagorno Karabakh (chiamato oggi dai locali e dagli armeni Artsakh), una regione tuttora contesa tra Armenia e Azerbaijan, ma che è di fatto un’estensione dell’Armenia e custodisce tesori come il monastero di Dadivank e il sito archeologico di Tigranakert, fino alla stessa capitale Step’anakert.