Minassian: come il vescovo martire Maloyan “viviamo con coraggio la nostra fede” (Vaticannews 21.10.25)

“Sant’Ignazio Maloyan visse le parole del Vangelo e portò la croce fino all’ultimo respiro. Preservò il suo gregge nella fede, soffrì con esso e per esso, e diede la sua vita per incoraggiarlo, rafforzarlo e salvarlo”. Lo ha detto il patriarca di Cilicia degli armeni cattolici, Raphaël Bédros XXI Minassian, che nel pomeriggio di ieri, lunedì 20 ottobre, all’Altare della Cattedra della Basilica vaticana, ha presieduto la celebrazione della messa di ringraziamento per la canonizzazione di sant’Ignazio Maloyan, vescovo e martire della Chiesa armeno cattolica, proclamato santo insieme ad altri sei beati da Leone XIV domenica 19 ottobre, in una solenne cerimonia in Piazza di San Pietro.

I concelebranti, le autorità e la società civile

Alla celebrazione hanno preso parte i patriarchi Béchara Boutros Raï, di Antiochia dei Maroniti, e Ignace Youssif III Younan, di Antiochia dei Siri; poi il cardinale George Jacob Koovakad, prefetto del Dicastero per il Dialogo interreligioso; Mesrop Sarkissian, rappresentante di Sua Santità Aram I, Catholicos della Chiesa armena apostolica di Cilicia; l’arcivescovo Flavio Pace, segretario del Dicastero per la Promozione dell’unità dei cristiani, l’arcivescovo Michel Jalakh, segretario del Dicastero per le Chiese orientali, insieme a padri sinodali della Chiesa armeno cattolica e membri del clero. Erano presenti, tra gli altri, gli ambasciatori di Armenia e Libano e altri rappresentanti della società civile, oltre a un gran numero di pellegrini armeni provenienti da varie parti del mondo che avevano partecipato alla celebrazione della canonizzazione del giorno precedente.

Il grido silenzioso ma potente del martirio

Durante l’omelia, il patriarca Minassian ha ricordato “il grido silenzioso ma potente del martirio” di Ignazio Maloyan, celebrato non in un semplice rito commemorativo ma in una proclamazione viva di fede. Sant’Ignazio, ha rimarcato, non è solo un testimone del passato, ma un compagno del presente, una voce che continua a parlare con forza nel cuore di un mondo spesso sordo alla verità del Vangelo. “Moriamo, ma moriamo per Cristo”, disse il vescovo Maloyan nel momento supremo della prova, durante le persecuzioni contro il popolo armeno, il Metz Yeghern-Grande Male. In quelle parole, ha affermato il patriarca, c’è tutta la potenza di una fede che non si piega e trova nella Croce non una sconfitta, ma una vittoria. “Il sangue da lui versato, come quello del suo Maestro, è seme per nuovi credenti e testimonianza viva di una Chiesa che non muore, perché radicata in Cristo”, ha ribadito Minassian sottolineando che “la sua santità non è semplicemente un riconoscimento da parte della Chiesa, ma una voce che ci chiama a vivere nella verità, una chiamata a una fede scomoda, ma viva e coraggiosa, capace di perseverare anche nei momenti più bui”.

La santità non riservata a pochi, è una vocazione universale

Per questo, ha insistito, “una persona disposta a sacrificare la propria vita per la verità non può essere sconfitta. Perché quando il cuore appartiene a Cristo, né la guerra, né la persecuzione, né la morte possono togliergli la libertà: la libertà dell’amore”. La canonizzazione di  Ignazio Maloyan, ha esortato il celebrante, “è una chiamata a tutti i cristiani, e in particolar modo ai fedeli armeno cattolici, a comprendere che la santità non è riservata a pochi, ma è una vocazione universale”. Pertanto, in tempi in cui la fede viene spesso marginalizzata, la figura di Ignazio Maloyan, ha osservato ancora, “ci invita a vivere la nostra fede con coraggio, autenticità e amore ardente per Cristo”.

Avere la forza di dire: siamo pronti a morire per Cristo

In conclusione il patriarca ha invitato i presenti a pregare per la Chiesa armena cattolica e per tutti i cristiani perseguitati nel mondo, specialmente in Medio Oriente, chiedendo “l’intercessione di sant’Ignazio Maloyan e di tutti i martiri, affinché anche noi, nella nostra vita quotidiana, possiamo avere la forza di dire: ‘Viviamo per Cristo e, se necessario, siamo pronti a morire per Lui'”.

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Il grido silenzioso ma potente del martirio (Osservatore Romano)

Armenia: arresti a Gyumri, 33 fermati per disordini di massa durante protesta a sostegno sindaco (AgenziaNova 21.10.25)

Erevan, 21 ott 10:27 – (Agenzia Nova) – Sono 33 le persone arrestate a Gyumri in relazione ai disordini scoppiati il 20 ottobre durante una manifestazione a sostegno del sindaco Vardan Ghukasyan. Lo ha riferito il Comitato investigativo dell’Armenia, precisando che i fermati sono accusati di partecipazione a disordini di massa e ostruzione alla giustizia. Secondo le autorità, i disordini sono avvenuti mentre il Comitato anticorruzione conduceva perquisizioni negli uffici municipali nell’ambito di un procedimento penale per corruzione. Mentre le indagini erano in corso, i sostenitori del sindaco si sono radunati davanti al Comune dando vita a una protesta, sfociata in scontri con le forze dell’ordine. La polizia ha successivamente proceduto a fermare numerosi manifestanti. Oggi il sindaco Vardan Ghukasyan è stato posto in detenzione preventiva per due mesi con l’accusa di aver richiesto e ricevuto tangenti. Oltre al primo cittadino, altre sette persone sono state arrestate con le medesime accuse.
(Rum)


 

Armenia: Convegno “Turismo archeologico per sviluppo: il restauro dei mosaici di Garni e le attività armeno-italiane a Dvin e Aruch” (GiornaleDiplomatico21.10.25)

GD – Jerevan, 21 ott. 25 – Nel Museo di Storia di Jerevan si è svolto il convegno “Turismo archeologico per lo sviluppo in Armenia: il restauro dei mosaici di Garni e le attività armeno-italiane a Dvin e Aruch”, organizzato in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica di Armenia e sostenuto dall’Ambasciata d’Italia a Jerevan, nell’ambito del progetto ARCHEtourDEV, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo AICS e coordinato dall’Università di Firenze.
L’evento è stato inaugurato dall’allocuzione del Direttore del Museo, Davit Poghosyan, a cui sono seguiti i saluti istituzionali della Ministra della Cultura, Zhanna Andreasyan, e dell’Ambasciatore d’Italia, Alessandro Ferranti.
Nel dare il benvenuto ai partecipanti, la Ministra Andreasyan ha fatto cenno all’importanza dell’iniziativa dal punto di vista della conservazione e del restauro del patrimonio archeologico e della crescita delle capacità professionali degli specialisti, nonché dello sviluppo delle comunità locali, i cui abitanti potranno considerare il patrimonio culturale come un’opportunità diretta per lo sviluppo delle loro comunità.
La Ministra Andreasyan ha poi espresso la sua gratitudine all’Ambasciata d’Italia in Armenia e a tutte le altre istituzioni coinvolte nel programma, augurando pieno successo nell’attuazione del progetto congiunto, che riguarda innanzitutto le relazioni amichevoli e l’ulteriore approfondimento della cooperazione tra Italia e Armenia.
Per parte sua l’amb. Ferranti, sottolineando la grande importanza di progetti congiunti di tale calibro tra Italia e Armenia, ha osservato che i popoli italiano e armeno sono legati da un patrimonio e un comune retaggio millenario e che l’archeologia simboleggia la capacità di guardare al futuro con maggiore serenità e consapevolezza, attraverso la riscoperta e la valorizzazione delle memorie del passato.
Il programma principale del Convegno era dedicato a Garni, dove l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze sta conducendo la terza fase dei delicati lavori di restauro del mosaico. Gli interventi previsti, tra cui l’analisi strutturale del mosaico, gli studi stratigrafici, la rimozione selettiva della malta e le operazioni di pulitura, contribuiranno alla conservazione a lungo termine del mosaico.
L’evento ha inoltre presentato i progressi registrati dall’Università di Firenze e dall’ISMEO (Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente) nelle missioni archeologiche in essere rispettivamente a Dvin e ad Aruch, a dimostrazione dell’ampia portata del partenariato italo-armeno in tale settore, che collega la conservazione del patrimonio a un nuovo paradigma di opportunità di sviluppo delle comunità locali coinvolte e di promozione del turismo culturale.

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Ignazio Maloyan, martire e testimone del genocidio arme (BQ e altri 21.10.25)

Ignazio Maloyan è santo martire armeno, assassinato dai turchi in odium fidei l’11 giugno 1915, nel giorno della Festa del Sacro Cuore. Fu testimone del genocidio armeno, troppo a lungo negato.

Cultura 21_10_2025
Statua di Ignazio Maloyan in LibanoFra i sette nuovi santi proclamati da Papa Leone XIV domenica 19 ottobre, c’è anche il martire armeno Ignazio Maloyan. Il premier armeno Nikol Pashinyan, benché ai ferri corti con la Chiesa nel suo paese (due vescovi arrestati, con l’accusa di golpismo, per le manifestazioni dell’anno scorso), era presente alla cerimonia. Ha definito la canonizzazione “un atto di giustizia” per gli armeni e che fa luce sulla loro drammatica storia. Il santo martire armeno è infatti un testimone d’eccezione del genocidio del 1915.

Choukrallah Maloyan nacque a Mardin, nell’Anatolia orientale, Impero Ottomano, il 15 aprile 1869. L’arcivescovo di Mardin, Melkon Nazarian notò la sua forte fede e lo inviò nel 1883 al convento di Bzommar in Libano (allora provincia ottomana), sede dell’Istituto del Clero Patriarcale armeno. Il giorno della solennità del Corpus Domini del 1896 fu ordinato sacerdote prendendo il nome di Ignazio.

Dopo un primo periodo ad Alessandria d’Egitto, nel 1910 veniva nominato Vicario patriarcale nella sua città natale, a Mardin. Ignazio Maloyan tornava a Mardin dopo 27 anni. Venne consacrato vescovo da San Pio X il 22 ottobre 1911, durante Sinodo nazionale della Chiesa armena. Molte cose erano cambiate in Turchia. Fra il 1894 e il 1896 gli armeni avevano subito una serie di sanguinose persecuzioni nella provincia di Diyarbekir, ad opera del sultano Abdul Hamid. Nel 1909, nel suo ultimo anno di regno, il sultano scatenò un’altra ondata di persecuzioni, questa volta nella provincia di Adana. Queste prime forme di genocidio, ancora non organizzate, avevano comunque causato 250mila morti, terrorizzando i sopravvissuti. I Giovani Turchi avevano preso il potere con un colpo di Stato nel 1908 e stavano riformando lo Stato secondo le linee del nazionalismo europeo. Nel 1911, mentre Maloyan si trovava a Roma, l’Italia era entrata in guerra con una Turchia ormai indebolita, per sottrarle la Libia.

Appena tre anni dopo, l’Impero Ottomano, suo malgrado, veniva trascinato dai tedeschi nella Grande Guerra. Tanto per cominciare, le forze ottomane rimediarono una sonora sconfitta nella battaglia di Sarikamish, contro i russi, nel Caucaso. Quindi proprio a ridosso delle regioni a maggioranza armena ci si preparava a un’invasione russa. Per i Giovani Turchi fu il pretesto giusto per sbarazzarsi del tutto della minoranza armena.

La Turchia, tuttora, nega la natura genocida dello sterminio e minimizza le cifre. Chi usa il termine di “genocidio” commette un reato secondo il codice penale turco. Eppure non solo i documenti (come gli ordini contenuti nel “telegramma Talaat” che i turchi tuttora considerano un falso storico), ma anche le modalità stesse indicano l’intenzione genocida: quella di eliminare del tutto un popolo. Prima vennero fucilati in massa gli armeni che prestavano servizio sotto le armi. Poi, eliminati i maschi abili alle armi, vennero deportati i più deboli: vecchi, donne, bambini. Ma non si trattava di deportazioni, bensì di massacri programmati. Nei lunghi percorsi, le colonne di armeni venivano infatti attaccate e massacrate, o dai turchi stessi, o da guerriglieri curdi, aizzati dagli ottomani anche dietro la promessa di saccheggiare le proprietà delle vittime. Nei luoghi di destinazione delle deportazioni, nei campi di concentramento allestiti nel deserto siriano, i prigionieri erano lasciati morire di fame e di stenti. Fra il 1915 e il 1916 ne morì più di un milione, la metà dell’intera popolazione armena in Turchia.

Il genocidio viene ricordato in Armenia nel giorno del Metz Yeghern (Grande Male) ogni 24 aprile. In realtà, lo sterminio era iniziato già in febbraio, ma il 24 aprile 1915 venne condotta, a Costantinopoli, una grande retata di polizia in cui furono arrestati tutti i capi politici, religiosi e gli intellettuali della comunità armena. Ignazio Maloyan, a Mardin, venne arrestato in questa fase del genocidio, il 30 aprile. Le autorità ottomane imbastirono anche una finta indagine, per produrre prove compromettenti (armi e documenti che dimostrassero un tradimento) che però non vennero mai trovate.

La natura del genocidio resta oggetto di dibattito anche per chi non ne nega l’esistenza storica. I Giovani Turchi erano laici, massoni e nazionalisti. Si ispiravano alla rinascita delle patrie europee, prendevano ad esempio il Risorgimento italiano (da cui il nome che rievoca la mazziniana Giovine Italia) volevano modernizzare la Turchia. Condividevano l’ideale di una nazione mono-etnica, libera da qualunque corpo estraneo. Di qui la tesi prevalente che il genocidio non sia stato contro i cristiani, ma contro gli armeni in quanto etnia. I motivi laici, oltre al nazionalismo e alla paura di una collaborazione con il nemico russo, si ritrovano, come spesso accade, nell’invidia: gli armeni, fra le minoranze turche, erano i più ricchi e intraprendenti, i più connessi con la comunità internazionale e cosmopoliti.

Ma i curdi e i turchi che sterminarono materialmente gli armeni furono motivati soprattutto dal furore religioso. Nel 1914, il sultano Maometto V aveva proclamato il jihad contro le potenze dell’Intesa. Il jihad era vissuto anche all’interno dell’Impero, come guerra santa contro le minoranze cristiane. Il martirio di Maloyan è la testimonianza di questo furore religioso. Al vescovo venne chiesto più volte di convertirsi all’islam in cambio della libertà. Venne anche torturato barbaramente perché si convertisse. Condannato ai lavori forzati, dopo dieci giorni di carcere duro, fu incolonnato assieme agli altri deportati, ma assassinato appena due giorni dopo la sua partenza da Mardin, l’11 giugno 1915, giorno della festa del Sacro Cuore. Prima di ucciderlo, gli aguzzini turchi gli proposero di nuovo di convertirsi per salvarsi. Venne ucciso in odium fidei, non perché semplicemente armeno, ma perché cristiano, dalla fede incrollabile, pronto al martirio.

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Il Papa: i santi, non paladini di qualche ideale ma testimoni dell’amore di Cristo (Vaticannews)

A Teheran apre una stazione della metro dedicata alla Vergine Maria (RaiNews 21.10.25)

ATeheran è stata inaugurata una fermata della metropolitana dedicata alla Vergine Maria. La stazione “Maryam Moghaddas” (Santa Maria), sulla linea 6, si trova nel Maryam Park, proprio di fronte alla chiesa armena della Santa Vergine, vicino ai quartieri che ospitano le minoranze cristiane, armene e assire. L’ apertura ha suscitato un dibattito sull’immagine del Paese, sulla diversità religiosa e sulle relazioni internazionali. Oltre a elementi ornamentali che evocano la simbologia cristiana, c’è anche una statua della Vergine Maria, alta due metri e mezzo. Un progetto che il sindaco di Teheran Alireza Zakani definisce su X come “un tributo alla coesistenza delle religioni divine” a Teheran.

 

“Ogni elemento visibile in questa  stazione è stato realizzato in modo che, quando si passa di lì, si  capisca che l’obiettivo è quello di rispettare le altre religioni, e  in particolare il cristianesimo“, ha dichiarato all’Afp Tina Tarigh Mehr, l’artista che ha realizzato le opere visibili nella stazione, pensata come un’opera d’arte.

Il nome e l’immagine della stazione riflettono la venerazione della figura di Maria, “una figura rispettata anche nell’Islam”, ha affermato un funzionario comunale alla cerimonia di apertura, sottolineando appunto il legame interreligioso con la figura della Vergine.

 

stazione della metropolitana Maryam Moghaddas (Vergine Maria), appena inaugurata, vicino alla cattedrale armena Sarkis, a Teheran.
stazione della metropolitana Maryam Moghaddas (Vergine Maria), appena inaugurata, vicino alla cattedrale armena Sarkis, a Teheran. (afp)

Da un punto di vista estetico, la stazione integra elementi artistici che riflettono il patrimonio culturale iraniano con simboli associati alla Vergine Maria. I media iraniani hanno parlato della scelta del nome come un gesto di coesistenza culturale e le immagini della nuova stazione sono state ampiamente condivise sui social media in persiano. Molti utenti hanno accolto la decisione come “inaspettata” ma “positiva”, mentre altri hanno notato come il gesto simbolico sia in contrasto con le pressioni quotidiane a cui sono sottoposte le minoranze religiose nel Paese. Sebbene il cristianesimo sia infatti ufficialmente riconosciuto in Iran e un piccolo numero di chiese storiche continui la sua opera di evangelizzazione, i gruppi per i diritti umani da tempo documentano restrizioni alla libertà religiosa, in particolare per i convertiti e le congregazioni non registrate. Arresti, sorveglianza e molestie nei confronti delle comunità cristiane, infatti, sono stati segnalati nel corso degli anni.

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La metro di Teheran onora la Madonna, dialogo tra fedi nella stazione “Hazrat Maryam” (Famigli Cristiana)


A Teheran una stazione metro dedicata alla Madonna. Card. Mathieu: sguardo di amore per gli iraniani (Asianews)


Teheran dedica alla Madonna una nuova stazione della metropolitana (TerraSanta)

Il Primo Ministro della Repubblica d’Armenia Nikol Pashinyan visita l’Ambasciata a Roma (Giornale Diplomatico 20.10.25)

l Primo Ministro della Repubblica d’Armenia, Nikol Pashinyan, ha effettuato una visita ufficiale presso l’Ambasciata armena in Italia, che si trova al centro di Roma. Accolto dall’Ambasciatore Vladimir Karapetyan, il Capo del Governo ha avuto modo di incontrare il personale diplomatico e di conoscere da vicino le attività dell’ufficio.

Durante la visita, l’Ambasciatore Karapetyan ha illustrato al Primo Ministro le principali linee d’azione dell’Ambasciata, soffermandosi in particolare sullo stato attuale della cooperazione bilaterale tra l’Armenia e l’Italia. Sono stati evidenziati i progressi compiuti nel dialogo politico, negli scambi culturali e nella promozione delle relazioni economiche tra i due Paesi.

Il Primo Ministro ha espresso apprezzamento per il lavoro svolto dalla rappresentanza diplomatica, sottolineando l’importanza del ruolo della stessa nel rafforzamento dei legami armeno-italiani e nel sostegno alla Comunità armena residente in Italia.

La visita ha rappresentato un momento significativo nel quadro delle relazioni diplomatiche tra Armenia e Italia, confermando l’impegno reciproco teso a una collaborazione sempre più profonda e articolata.

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Leone XIV: Ignazio Maloyan, “un pastore secondo il cuore di Cristo”. Appello per “riconciliazione e pace” per il popolo armeno (SIR 20.10.25)

“Tutti noi condividiamo la gioia del popolo armeno amato mentre contempliamo la santità del vescovo martire Ignazio Maloyan”. Lo ha detto il Papa, in inglese, durante l’udienza concessa ai partecipanti alle sette canonizzazioni di ieri. “Egli era un pastore secondo il cuore di Cristo e, nei momenti di grandi difficoltà, non abbandonò il suo gregge, ma lo incoraggiò per rafforzarne la fede”, il ritratto di Papa Francesco: “Quando gli fu chiesto di rinunciare alla sua fede in cambio della libertà, non esitò a scegliere il suo Signore, fino al punto di versare il proprio sangue per Dio”. “Questo mi fa pensare con affetto al popolo armeno, che incide la croce nelle pietre come segno della loro fede ferma e incrollabile”, ha commentato il Pontefice: “Possa l’intercessione del nuovo santo rinnovare il fervore dei credenti e portare frutti di riconciliazione e pace per tutti”.


La comunione della Chiesa coinvolge tutti i fedeli in ogni lingua e cultura (OsservatoreRomano)

 

Armenia: amb. Ferranti visita Accademia Statale di Belle Arti a Jerevan (GiornaleDiplomatico 20.10.25)

GD- Jerevan, 20 ott. 25 – Nel quadro delle iniziative in programma in Armenia per la XXV Settimana della Lingua italiana nel mondo, l’ambasciatore italiano Alessandro Ferranti, accompagnato da una delegazione dell’Ambasciata, si è recato in visita all’Accademia Statale di Belle Arti di Jerevan.
A dare il benvenuto agli ospiti il Rettore Vardan Azatyan, il quale ha sottolineato l’importanza delle relazioni armeno-italiane ponendo enfasi sugli ambiti di possibile sviluppo della cooperazione nel campo delle arti.
Nel corso della visita l’ambasciatore ha anche incontrato gli studenti del corso di lingua italiana, augurando loro pieno successo nel percorso di formazione intrapreso, che permetterà di allargare gli orizzonti delle ispirazioni e delle opportunità di sviluppo dei talenti e di sbocco professionale. Alla delegazione sono state inoltre presentate la nuova collezione della Biblioteca dedicata alla lingua e alla cultura italiana e la mostra “Pensare attraverso la pittura: il corpo come modello” allestita presso la sala espositiva dell’Accademia.
L’italiano viene insegnato all’Accademia a partire dal 2013. Nel corso degli anni circa 20 studenti hanno ottenuto la certificazione CELI di livello A2, B1 e B2, e alcuni hanno proseguito gli studi in diverse Accademie in Italia. Dal 2014 l’Accademia collabora con l’Università per Stranieri di Perugia, offrendo agli studenti l’opportunità di partecipare a corsi di lingua e cultura italiana con borse di studio.
La visita ha consentito di valorizzare la centralità della lingua italiana nella dimensione privilegiata del rapporto culturale fra Italia e Armenia, traguardando una sempre più ampia diffusione di itinerari e modelli di apprendimento dell’italiano volti a propiziare ed approfondire le collaborazioni e gli scambi fra i due Paesi.

Fonte: Ambasciata

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A Yerevan convegno su collaborazione archeologica Armenia-Italia (Ansa)


 

Armenia. Il primo ministro Nikol Pashinyan a Roma e alla Santa Sede (Notizie Geopolitiche 20.10.25)

di Giuliano Bifolchi * –

La visita di lavoro del primo ministro armeno Nikol Pashinyan a Roma, articolata in incontri presso le sedi diplomatiche armene in Italia e la Santa Sede e nella partecipazione alla cerimonia di canonizzazione dell’arcivescovo Ignazio (Ignatius) Maloyan, presenta un valore simbolico e politico multiplo nel contesto delle relazioni internazionali dell’Armenia.
Sul piano bilaterale Italia–Armenia tale visita rafforza le relazioni tra Roma e Yerevan e offre un’ulteriore opportunità a entrambi i paesi per sviluppare la cooperazione economica e culturale e mantenere aperti i contatti politici utili in una fase regionale segnata da negoziati di pace con l’Azerbaigian.
Sul piano delle relazioni Armenia–Santa Sede, la partecipazione di Pashinyan alla canonizzazione e i colloqui previsti (incluso un incontro privato con il Santo Padre e un appuntamento con il Segretario di Stato) consolidano il ruolo diplomatico-religioso del Vaticano sia nel complesso sistema delle relazioni internazionali sia a livello culturale per quel che concerne la tematica del Genocidio Armeno.

La visita ufficiale del primo ministro armeno Nikol Pashinyan in Italia si è svolta tra il 18 e il 20 ottobre 2025, con la maggior parte delle attività concentrate nella giornata del 19 ottobre tra Roma e la Città del Vaticano.
Durante il soggiorno, il capo del governo armeno ha visitato le due rappresentanze diplomatiche del proprio Paese: l’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia e quella presso la Santa Sede. In entrambe le occasioni, accompagnato dagli ambasciatori competenti, Pashinyan ha incontrato il personale diplomatico, esaminando lo stato delle relazioni bilaterali e discutendo i canali di cooperazione con le autorità italiane e vaticane.
Il momento centrale della visita è coinciso con la partecipazione alla cerimonia di canonizzazione di Ignatius (Ignazio) Maloyan, arcivescovo armeno-cattolico martirizzato nel 1915, che si è tenuta in Piazza San Pietro alla presenza del Pontefice e del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. Il rito, presieduto da Papa Leone XIV, ha rappresentato un passaggio simbolico di grande rilievo per la comunità armena nel mondo. Nell’ambito della stessa giornata, Pashinyan ha avuto anche un incontro privato con il Santo Padre e un colloquio con il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, durante il quale sono stati affrontati temi legati alla cooperazione interreligiosa e al ruolo della Santa Sede nella promozione della pace nel Caucaso.
A margine della cerimonia, il Primo Ministro ha preso parte a una cena ufficiale organizzata in onore della canonizzazione dal Patriarca della Chiesa armeno-cattolica di Cilicia. In quell’occasione ha incontrato esponenti della diaspora armena e membri della gerarchia ecclesiastica presenti a Roma, ribadendo il legame tra lo Stato armeno e la comunità religiosa all’estero.
Questa missione diplomatica si inserisce in un contesto più ampio di rilancio dell’attività estera dell’Armenia nei confronti dell’Unione Europea e dei principali partner occidentali. La visita a Roma arriva infatti in un momento in cui Yerevan è impegnata in un delicato processo di negoziato di pace con l’Azerbaigian (dopo il raggiungimento della bozza di pace lo scorso agosto 2025 a Washington) e mira a rafforzare le proprie relazioni politiche, economiche e culturali con i Paesi europei, individuando nell’Italia e nella Santa Sede interlocutori strategici per consolidare la propria posizione internazionale.

Valore politico-diplomatico della partecipazione alla canonizzazione. La canonizzazione di Ignatius Maloyan ha una forte risonanza simbolica per l’Armenia: Maloyan è riconosciuto come martire del Genocidio Armeno e la canonizzazione presso la sede pontificia proietta in chiave internazionale la memoria storica armena. La presenza del Primo Ministro al rito pontificio costituisce un atto diplomatico e culturale di estremo significato, perché conferma l’importanza del riconoscimento del Genocidio Armeno e riporta tale argomento all’interno delle agende dei paesi europei. La canonizzazione di Maloyan può agevolare iniziative di riconoscimento, sostegno alla diaspora e all’internazionalizzazione delle istanze di Yerevan. Dal punto di vista del Vaticano, la canonizzazione rafforza il dialogo ecumenico e la responsabilità morale sulle persecuzioni storiche, creando una piattaforma comune con cui discutere anche temi di tutela delle minoranze e cooperazione umanitaria.

Rapporti Italia–Armenia: opportunità a livello economico, culturale e politico. L’incontro con la comunità diplomatica armena in Italia e i contatti con la società civile e la diaspora sono elementi pratici per rafforzare legami economici, culturali e parlamentari. L’Italia, quale Stato membro dell’Unione Europea con una nutrita comunità armena e tradizioni di cooperazione culturale con Yerevan, può offrire canali per progetti di supporto umanitario agli armeni del Nagorno-Karabakh/Artsakh fuggiti dopo il settembre 2023, ma al contempo può dare vita a iniziative di sviluppo locale, partenariati commerciali e incentivi per investimenti. Inoltre, gruppi parlamentari di amicizia e ONG italiane impegnate sulle tematiche del Caucaso possono costituire una leva di influenza che l’Armenia potrebbe sfruttare con il fine di promuovere una soluzione di pace negoziata e duratura.

Armenia–Santa Sede: dialogo religioso e memoria storica. Il colloquio del Primo Ministro armeno con il Santo Padre e i colloqui con il Segretario di Stato Vaticano hanno rappresentato un’opportunità per consolidare il rapporto bilaterale con la Santa Sede, spazio dove si intrecciano questioni di memoria (genocidio), diritti delle minoranze e ruolo della Chiesa armeno-cattolica. Per l’Armenia, il rafforzamento di questi canali è utile non soltanto per la diplomazia commemorativa ma anche per facilitare la cooperazione educativa, umanitaria e la protezione delle comunità cristiane nella regione. Tuttavia, la rilevanza di tali risultati deve essere valutata alla luce delle tensioni interne tra il Governo armeno e la Chiesa apostolica nazionale, che potrebbero ridurre l’impatto politico domestico di successi internazionali.

Implicazioni per la politica estera italiana nel Caucaso. Per l’Italia, la visita di Pashinyan costituisce una opportunità per riaffermare un ruolo di mediatore nel Caucaso meridionale, in particolare promuovendo iniziative di cooperazione post-conflitto, assistenza umanitaria e dialogo interreligioso. Roma può sfruttare i legami culturali e religiosi (incluso il ruolo del Vaticano) per facilitare le confidence-building measures tra Yerevan e i partner regionali. Tuttavia, la capacità italiana di influenzare il corso dei negoziati di pace deve essere inserita in un contesto più ampio di politiche dell’Unione Europea, considerando il crescente interesse che Bruxelles ha dimostrato nei confronti dell’Armenia e del panorama geopolitico caucasico.

La visita di Pashinyan a Roma e in Vaticano rappresenta un mix efficace di diplomazia simbolica e networking istituzionale: infatti, la presenza del Primo Ministro armeno a Roma ha permesso di consolidare i canali di politica estera e comunicazione con la Santa Sede, rafforzare i rapporti con le rappresentanze armene in Italia e offrire all’Armenia un’occasione per rinnovare la memoria storica in sedi internazionali.
Per massimizzare i benefici politico-diplo­matici, sia l’Italia che l’Armenia (e anche la Santa Sede) dovrebbero continuare il dialogo volto alla firma di ulteriori accordi di cooperazione economica, programmi congiunti di tutela della minoranza e progetti di sviluppo con finanziamenti mirati.

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Leone XIV: ricevuto in udienza il primo ministro dell’Armenia (SIR)

Appello per la pace nel Caucaso meridionale dopo incontro tra Papa e Premier armeno (FarodiRoma)

Dal Papa in udienza il premier armeno (Vaticannews)

Udienza al primo ministro della Repubblica di Armenia (OsservatoreRomano)

Il Primo Ministro della Repubblica d’Armenia Nikol Pashinyan visita l’Ambasciata a Roma (GazzettaDiplomatica)

Ignazio Choukrallah Maloyan: il santo martire armeno (In Terris e altri 19.10.25)

Domenica 19 ottobre Papa Leone XIV proclamerà santo l’armeno Ignazio Choukrallah Maloyan nato il 19 aprile 1869 a Mardin, una cittadina del sud-est della Turchia, che all’epoca faceva parte dell’Impero Ottomano. Egli sentì fin da giovane una vocazione forte alla vita religiosa. All’età di 14 anni entrò nell’istituto clericale patriarcale di Bzommar, in Libano. Nel 1896 fu ordinato sacerdote, assumendo il nome di Ignazio, in onore di sant’Ignazio di Antiochia.

Svolse il suo ministero in varie comunità armene cattoliche, ad Alessandria e al Cairo in Egitto, dove dimostrò la sua abilità nella predicazione, e l’impegno e l’attenzione verso i più deboli e bisognosi. Dopo essere stato nominato nel 1904 segretario particolare del Patriarca dell’Armenia Cattolica Boghos Bedros XII Sabbaghian (1836-1915) che durante il Sinodo dei Vescovi armeni riunito a Roma, lo nominerà Arcivescovo di Mardin il 22 ottobre 1911.

Il nuovo Arcivescovo visse in un periodo estremamente difficile per gli armeni nell’Impero Ottomano, dovuta ad una sempre più crescente tensione politica, discriminazioni, persecuzioni: tutto ciò sfociò negli eventi tragici del “genocidio armeno” iniziato il 24 aprile 1915. Quando cominciarono le deportazioni e le persecuzioni, Maloyan rimase con la sua comunità, non fuggì, il 3 giugno 1915 fu arrestato insieme a sacerdoti e fedeli armeni cattolici. Gli fu chiesto più volte di abiurare, di rinnegare la fede e di convertirsi all’Islam, in cambio della vita: ma egli rifiutò sempre. Fu quindi torturato, imprigionato, e infine ucciso, con un colpo di pistola alla nuca, presumibilmente fra il 10 e l’11 giugno 1915, vicino a Diyarbakir, in una località chiamata Kara-Keupru. Il 7 ottobre 2001 Papa Giovanni Paolo II lo ha beatificato, riconoscendo il suo martirio.

Sono passati 110 anni dall’inizio del genocidio del popolo armeno, in cui morirono milioni di persone, anche a causa della loro identità cristiana, questo è stato uno dei fattori che hanno contribuito alla persecuzione da parte del governo ottomano, a maggioranza musulmana, che vedevano le minoranze cristiane come un elemento estraneo e potenzialmente ostile. Il genocidio fu un evento tragico che portò alla sistematica eliminazione di una vasta parte della popolazione armena che risiedeva nei territori dell’Impero Ottomano.

E’ giusto ricordare che già negli anni 1894-1897 c’era stata una campagna contro gli armeni, per opera del sultano ottomano Abdul-Hamid II (1876-1909), successivamente nel periodo che precede la prima guerra mondiale, nell’impero ottomano, salì al potere il movimento dei “Giovani Turchi”, essi volevano creare uno stato di ispirazione nazionalista, a centralizzare tutto il potere, ed erano convinti inoltre di poter modernizzare l’Impero ottomano, sul modello delle potenze europee. Ecco, allora, che la presenza di minoranze etniche e religiose come gli armeni, divenne motivo di crescente preoccupazione, essi erano percepiti e visti come un ostacolo a questa visione, prevalentemente quelli di religione cristiana.

Di conseguenza, il genocidio verso i cristiani armeni, si manifestò pienamente in seguito all’approvazione della “Legge Techir” nella quale si stabiliva la deportazione della popolazione armena dell’Impero ottomano, per cancellarne oltre la religione, la storia e la cultura. In base a quanto stabilito le autorità ottomane, diedero inizio alle deportazioni di massa di intellettuali armeni, residenti a Costantinopoli, in seguito vennero arrestati, deportati e massacrati, uomini, donne vecchi e bambini, di conseguenza sparì la popolazione armena da tutta l’Anatolia orientale.

Papa Francesco nel messaggio agli armeni del 12 aprile del 2015, in occasione del centenario del genocidio, così si espresse: “Cari fratelli e sorelle armeni, un secolo è trascorso da quell’orribile massacro che fu un vero martirio del vostro popolo, nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo. Non vi è famiglia armena ancora oggi, che non abbia perduto in quell’evento qualcuno dei suoi cari: davvero fu quello il “Metz Yeghern”, il “Grande Male”, come avete chiamato quella tragedia. In questa ricorrenza provo un sentimento di forte vicinanza al vostro popolo e desidero unirmi spiritualmente alle preghiere che si levano dai vostri cuori, dalle vostre famiglie, dalle vostre comunità… – ha poi proseguito il pontefice – …Fare memoria di quanto accaduto è doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana…”. Questo si può considerare il primo genocidio del XX secolo, purtroppo nella storia dell’umanità, ne seguiranno altri, e il 24 aprile è riconosciuto giustamente come il “Giorno della Memoria del Genocidio Armeno”.

Il futuro santo Ignazio Maloyan resterà per sempre un simbolo di fede salda, di resistenza spirituale e di amore verso il suo popolo soprattutto in un momento drammatico, il suo martirio è un messaggio per i cristiani, specialmente in contesti di persecuzione religiosa, e discriminazione, in cui vivono e soffrono ancora in alcune parti del mondo.

Ecco, che allora la canonizzazione di Maloyan assume importanza anche oggi, che ricorda il genocidio armeno, una ferita della storia poco riconosciuta e spesso negata; e invita alla riflessione su cosa significhi vivere la fede in situazioni di ostilità, discriminazione, minaccia.

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