Ecumenismo A Gerusalemme un concerto ecumenico per Nicea (Terra Santa 06.10.25)

Domenica 5 ottobre, nel salone del museo del Patriarcato armeno di Gerusalemme, si è tenuto, in commemorazione dei 1.700 anni del concilio di Nicea, un concerto ecumenico organizzato dagli Ordinari cattolici di Terra Santa.


Con una partecipazione significativa, i presenti hanno potuto ascoltare la voce espressa nelle tradizioni e nella cultura di ogni gruppo, che, tramite la musica, ha testimoniato la propria fede in Cristo.

All’anniversario del concilio di Nicea e al significato storico di quell’evento per la vita della Chiesa è dedicato un intero dossier del numero di maggio-giugno 2025 della rivista Terrasanta.

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Persecuzioni Arcivescovo armeno condannato a due anni di carcere (Renovatio21 05.10.25)

L’arcivescovo armeno Mikael Ajapahyan è stato giudicato colpevole di incitamento al colpo di stato e condannato a due anni di carcere, in un clima di crescente tensione tra la Chiesa nazionale e il governo. Il religioso ha respinto le accuse, definendole di natura politica.

Come riportato da Renovatio 21, l’arcivescovo era stato arrestato ad inizio estate, quando la polizia aveva fatto irruzione nella sede della Chiesa apostolica armena, la più grande del Paese, nella città di Vagharshapat, provocando gravi scontri tra chierici, membri della chiesa e forze dell’ordine.

Negli ultimi mesi, le frizioni tra il primo ministro Nikol Pashinyan e l’opposizione, appoggiata da figure di spicco della Chiesa Apostolica Armena (CAA), si sono intensificate. I critici hanno accusato Pashinyan di compromettere gli interessi nazionali dell’Armenia per aver accettato di cedere alcuni villaggi di confine all’Azerbaigian, Paese con cui l’Armenia ha contenziosi territoriali. Pashinyan ha difeso la decisione, che ha scatenato proteste, sostenendo che punta a risolvere il conflitto decennale tra le due ex repubbliche sovietiche.

Venerdì, un tribunale di Yerevan ha emesso la sentenza contro Ajapahyan, in custodia cautelare da fine giugno. L’accusa aveva richiesto una condanna a due anni e mezzo, mentre la difesa aveva sostenuto l’innocenza dell’arcivescovo. Secondo l’atto d’accusa, Ajapahyan avrebbe incitato al rovesciamento del governo armeno in due interviste rilasciate a febbraio 2024 e giugno 2025.

Commentando le accuse dopo il suo arresto, Ajapahyan ha dichiarato che il «Signore non perdonerà i miseri servitori che sanno bene cosa stanno facendo».

Ad agosto, Karekin II, Patriarca supremo e Catholicos di tutti gli armeni, ha espresso preoccupazione per la «campagna illegale contro la Santa Chiesa apostolica armena e il suo clero da parte del potere politico», come riportato in una dichiarazione ufficiale della Chiesa.

A giugno, le autorità armene hanno arrestato un altro importante religioso, il vescovo Bagrat Galstanyan, accusandolo di terrorismo e di aver pianificato un colpo di Stato.

Nello stesso mese, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito la spaccatura tra il governo armeno e la Chiesa una «questione interna» dell’Armenia, aggiungendo però che molti membri della numerosa diaspora armena in Russia stavano «osservando questi eventi con dolore» e non «accettavano il modo in cui si stavano svolgendo».

L’Armenia e il vicino Azerbaigian sono entrambe ex repubbliche sovietiche, coinvolte in una disputa territoriale sulla regione del Nagorno-Karabakh dalla fine degli anni Ottanta. La regione, a maggioranza armena, si è staccata da Baku all’inizio degli anni ’90 in seguito a una guerra in piena regola.

Il territorio è stato fonte di costante tensione tra Armenia e Azerbaigian per oltre due decenni, con molteplici focolai e conflitti su larga scala, prima che Baku riuscisse a riprendere il controllo della regione con la forza nel 2023, provocando l’immane esodo degli armeni del Nagorno, regione divenuta prima teatro di atrocità poi di città fantasma.

Come riportato da Renovatio 21strutture gasiere legate all’Azerbaigian sono state colpite nei pressi di Odessa, a pochi metri dal confine romeno (cioè NATO) nelle scorse ore.

Baku è legata alla politica europea, ed italiana, tramite il gasdotto TAP, considerato come fornitura di idrocarburo alternativa a Mosca, per cui spinta dalle élite euro-atlantiche di Brusselle, pronte a chiudere un occhio sulle accuse allo Stato dinastico petro-islamico dell’Azerbaigian riguardo i diritti umani.

Secondo un giornale spagnolo, l’Armenia, nel suo movimento di allontanamento da Mosca perseguito dalla presidenza Pashynian, starebbe per porre parte del suo territorio sotto il controllo degli Stati Uniti.

Yerevan è diventata sempre più filo-occidentale sotto Pashinyan; durante la conferenza stampa, il primo ministro ha ribadito che «l’Armenia vuole entrare a far parte dell’UE», riflettendo una legge firmata all’inizio di quest’anno che esprime questa intenzione. Tuttavia, ha riconosciuto che sarà «un processo complicato», poiché il paese dovrà soddisfare determinati standard e ottenere l’approvazione di tutti gli Stati membri.

Nelle ultime settimane, la tensione in Armenia è stata elevata a seguito dell’arresto di due alti prelati della Chiesa Apostolica Armena (CAA) e di uno dei suoi principali sostenitori, l’imprenditore russo-armeno Samvel Karapetyan. Sono stati accusati di aver cospirato per rovesciare il governo di Pashinyan dopo aver esortato la popolazione a protestare contro la decisione del primo ministro di cedere diversi villaggi di confine all’Azerbaigian.

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Armenia – Un legame economico e culturale da attivare (Assadakah 04.10.25)

Wael Al-Mawla (Assadakah News) – L’Armenia gode di una posizione geografica eccezionale che la rende un collegamento naturale tra Asia ed Europa, e tra il mondo russo e iraniano da un lato, e lo spazio turco-caucasico dall’altro. Tuttavia, questa posizione non è stata ancora sufficientemente sfruttata per trasformarla in un polo di transito strategico, economico e culturale, in grado di svolgere un ruolo oltre i suoi ristretti confini.

Economicamente, l’Armenia potrebbe diventare un nodo nelle reti internazionali di trasporto, energia e commercio. Si trova all’incrocio di rotte alternative per petrolio, gas e ferrovie, il che le offre l’opportunità di impegnarsi in importanti progetti come la Belt and Road Initiative cinese e altri progetti. Tuttavia, il blocco geografico ne ha limitato il potenziale. Per attivare il suo ruolo, quindi, è necessario innanzitutto un accordo politico che le consenta di aprirsi ai suoi vicini e di sfruttare la sua posizione come porta d’accesso al commercio tra Russia, Iran e Medio Oriente, da un lato, e l’Europa, dall’altro.

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Culturalmente, l’Armenia possiede un ricco patrimonio culturale. È uno dei più antichi centri cristiani al mondo e vanta un patrimonio architettonico, spirituale e artistico unico. Questo patrimonio può essere trasformato in un soft power che attrae turismo culturale e religioso e apre orizzonti al dialogo interculturale tra Oriente e Occidente. La diaspora armena diffusa in tutto il mondo rappresenta inoltre una solida rete attraverso la quale l’immagine dell’Armenia può essere rafforzata come ponte per la comunicazione culturale e diplomatica.

A livello politico, l’Armenia può svolgere un ruolo di mediazione tra assi conflittuali nella regione, soprattutto grazie alle sue relazioni equilibrate con Russia, Iran ed Europa. Questo le offre l’opportunità di essere un “nodo di collegamento” nei percorsi di comprensione regionale, piuttosto che un’arena di conflitto.

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Attivare il ruolo dell’Armenia non è solo una questione locale; è un interesse regionale e internazionale. Il mondo di oggi ha bisogno di nuovi nodi di collegamento in grado di colmare il divario tra Oriente e Occidente, e tra economia, politica e cultura. L’Armenia, con la sua posizione geografica e il suo patrimonio culturale, ha le carte in regola per essere uno dei più importanti di questi nodi, se ci saranno la volontà e una visione strategica.

Mkhitaryan si racconta, in arrivo la sua autobiografia: “La mia vita sempre al centro” (Ilnerazzurro 03.10.25)

Mkhitaryan autobiografia. Dopo Francesco Acerbi, anche Henrikh Mkhitaryan ha deciso di affidare alla carta stampata il racconto della propria vita e carriera. Il centrocampista armeno dell’Inter, ancora oggi uno dei punti fermi della squadra di Cristian Chivu, ha scritto la sua prima autobiografia, un progetto che raccoglie esperienze, emozioni e ricordi di una carriera vissuta tra successi, sacrifici e momenti indimenticabili.

A rivelare la notizia è stato il giornalista Alessandro Alciato, che ha collaborato alla realizzazione del libro. L’uscita è prevista per il 7 ottobre, con il titolo “La mia vita sempre al centro” edito da Cairo Libri. Un’opera che non è solo una raccolta di aneddoti calcistici, ma un viaggio personale dentro la storia di un uomo che, passo dopo passo, ha saputo lasciare un segno in ogni tappa della sua carriera.

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La costruzione di una nuova identità nazionale da parte delle autorità statali armene (Marx21 03.10.25)

L’identità nazionale è un concetto complesso, costruito socialmente, che comprende il senso di appartenenza condiviso da una popolazione, spesso radicato nella cultura, nella lingua, nella storia e nei valori comuni. Rappresenta la coscienza collettiva che distingue un gruppo da un altro, fungendo da pilastro fondamentale per la coesione sociale e la continuità. Al contrario, l’interesse dello Stato si riferisce agli obiettivi strategici perseguiti dalle autorità governative per garantire la stabilità politica, lo sviluppo economico e la sovranità territoriale. Mentre l’identità nazionale è organica e coltivata culturalmente, l’interesse dello Stato è spesso strumentale e guidato dalla politica, con l’obiettivo di consolidare il potere e legittimare il governo.

Il rapporto tra identità nazionale e interesse dello Stato è intrinsecamente paradossale. Gli Stati si impegnano spesso nella costruzione o nella ridefinizione dell’identità nazionale per allinearla ai propri obiettivi geopolitici e interni. Ad esempio, il governo armeno, guidato dal primo ministro Nikol Pashinyan, ha promosso attivamente un’ideologia denominata “Armenia reale” (Real Armenia), cercando di ridefinire l’identità nazionale attorno ai confini attualmente riconosciuti a livello internazionale della Repubblica di Armenia (29.743 km²) piuttosto che attorno al patrimonio storico o culturale che si estende oltre tali confini. Questo approccio enfatizza il patriottismo incentrato sullo Stato, in cui la lealtà allo Stato ha la priorità rispetto a narrazioni etniche o storiche più ampie.

Perché gli Stati costruiscono l’identità nazionale?

I governi utilizzano l’identità nazionale per unificare le popolazioni sotto una narrativa condivisa, rafforzando la loro legittimità. Ad esempio, la spinta di Pashinyan verso una nuova costituzione mira a posizionare lo Stato come unico rappresentante della volontà del popolo, prendendo le distanze dalle identità influenzate dall’era sovietica e dalla diaspora. Inoltre, gli Stati spesso rimodellano l’identità per adattarsi alle pressioni esterne. La perdita del Nagorno-Karabakh (Artsakh) da parte dell’Armenia nel 2023 ha costretto a una rivalutazione degli interessi nazionali, enfatizzando la sovranità e la sicurezza rispetto alle rivendicazioni storiche. Un’identità unificata favorisce la produttività economica e la stabilità sociale. L’ideologia di Pashinyan collega esplicitamente la costruzione dello Stato alla prosperità, esortando i cittadini a “arricchirsi e arricchire” nel quadro dello Stato. Tuttavia, questo processo è controverso. I critici sostengono che separare l’identità dello Stato dalle radici storiche e culturali rischia di erodere l’anima della nazione, come si è visto nei dibattiti sui simboli costituzionali dell’Armenia e sull’insegnamento della storia. In definitiva, il ruolo dello Stato nella formazione dell’identità nazionale riflette un delicato equilibrio tra interessi pragmatici e conservazione dell’essenza culturale.

Legittimare il potere politico e l’autorità

La costruzione di una nuova identità nazionale in Armenia è fondamentalmente uno strumento per legittimare il potere politico e consolidare l’autorità dello Stato. Il governo del primo ministro Nikol Pashinyan, dopo la Rivoluzione di Velluto del 2018, ha perseguito una strategia deliberata per ridefinire l’identità nazionale attorno al concetto di “Armenia reale”, un’ideologia incentrata sullo Stato e focalizzata sui confini internazionalmente riconosciuti della Repubblica di Armenia (29.743 km²) e sul suo quadro istituzionale piuttosto che sulle aspirazioni storiche o irredentistiche. Questo approccio serve ad ancorare la legittimità del governo in un nuovo contratto sociale, in cui la cittadinanza e la lealtà allo Stato sostituiscono le nozioni di nazionalità basate sull’etnia o sulla diaspora.

La spinta di Pashinyan verso una nuova costituzione è fondamentale in questo sforzo. Definendo la costituzione esistente come una reliquia dell’era sovietica e del governo oligarchico post-indipendenza, egli sostiene che essa manca di legittimità popolare e riflette una mentalità da “nazione senza Stato”. La riforma costituzionale proposta mira a creare un documento che incarni il “libero arbitrio” dei cittadini, legittimando così lo Stato come prodotto di un intento collettivo piuttosto che di un incidente storico o di un’imposizione esterna. Ciò è in linea con le teorie della legittimità politica, secondo cui l’autorità è giustificata dall’allineamento percepito con la volontà pubblica e i processi democratici.

Tuttavia, questo processo è profondamente controverso. I critici sostengono che il governo stia sfruttando la costruzione dell’identità per emarginare l’opposizione e consolidare il potere. L’arresto di rivali politici, come gli ex presidenti Kocharyan e Sargsyan, e la repressione del dissenso con il pretesto di combattere il “revanscismo” sono citati come prove della deriva autoritaria. Inoltre, la riforma costituzionale è sempre più percepita come una risposta alle pressioni dell’Azerbaigian piuttosto che alle esigenze interne, in particolare poiché Baku chiede la rimozione dei riferimenti alla Dichiarazione di Indipendenza del 1990, che simboleggia le aspirazioni dell’Armenia per il Nagorno-Karabakh. Questa imposizione esterna rischia di minare la legittimità stessa che il governo cerca di costruire, poiché rafforza le narrazioni di capitolazione e di sovranità erosa.

Il governo sfrutta anche la costruzione dell’identità per emarginare le narrazioni storiche che mettono in discussione la sua autorità. Separando l’identità nazionale dal conflitto del Karabakh e sottolineando la “sovranità attraverso la sconfitta”, Pashinyan ridefinisce la perdita del Nagorno-Karabakh non come un fallimento, ma come un passo necessario verso il consolidamento dello Stato. Questa narrativa, pur intesa a promuovere l’unità, ha intensificato la polarizzazione, poiché alcuni segmenti della società la considerano un tradimento delle terre e dei valori ancestrali.

Garantire la coesione sociale e la stabilità interna

La costruzione di una nuova identità nazionale in Armenia è strettamente legata alla promozione della coesione sociale e alla mitigazione della frammentazione interna a seguito dei cambiamenti radicali della guerra del Nagorno-Karabakh del 2020 e della pulizia etnica degli armeni dalla regione nel 2023. L’ideologia del governo “Armenia reale” cerca esplicitamente di unificare i cittadini attorno a un’identità incentrata sullo Stato, sottolineando la lealtà ai confini internazionalmente riconosciuti della Repubblica di Armenia (29.743 km²) e al suo quadro istituzionale piuttosto che alle aspirazioni storiche o irredentiste. Questo approccio mira a contrastare la polarizzazione sociale esacerbata dalla sconfitta militare, dagli sfollamenti di massa e dai disordini politici. Il periodo successivo alla Rivoluzione di Velluto del 2018 ha inizialmente suscitato speranze di consolidamento democratico, ma la guerra ha approfondito le divisioni, con i gruppi di opposizione che accusano il primo ministro Pashinyan di capitolazione e di minare gli interessi nazionali . Promuovendo una narrativa di resilienza attraverso la costruzione dello Stato, il governo cerca di incanalare l’opinione pubblica verso una ripresa collettiva, anche se questo rimane controverso. L’indice di coesione sociale e riconciliazione (SCORE) evidenzia la necessità di politiche che affrontino la fiducia civica, l’armonia tra i gruppi e i valori democratici, in particolare perché le minoranze etniche (meno del 2% della popolazione) richiedono l’inclusione per evitare l’emarginazione. Tuttavia, le sfide persistono: il processo di riforma costituzionale, considerato essenziale per il consenso nazionale, è visto dai critici come uno strumento per sopprimere il dissenso e consolidare il potere, rischiando un’ulteriore frattura sociale.

Facilitare lo sviluppo economico e la modernizzazione

La modernizzazione economica è una pietra miliare della ristrutturazione dell’identità nazionale dell’Armenia, direttamente legata alla narrativa dello Stato sulla prosperità attraverso l’autosufficienza. L’ideologia della “Armenia reale” incoraggia esplicitamente i cittadini a “arricchirsi e arricchire”, posizionando lo Stato come il principale veicolo per il progresso economico e sfruttando il patriottismo per stimolare la produttività. Ciò è in linea con i cambiamenti pragmatici delle politiche volte a ridurre la dipendenza dalla Russia e a integrarsi nei mercati globali. Ad esempio, il periodo post-2020 ha visto una forte crescita del PIL (12,1% all’inizio del 2022), alimentata da settori come i servizi e l’edilizia, nonché dall’afflusso di professionisti e capitali russi nel settore IT. Tuttavia, permangono vulnerabilità strutturali: il calo della produzione industriale e l’eccessiva dipendenza dalla riesportazione dell’oro russo evidenziano la necessità di una diversificazione. L’iniziativa governativa “Crossroads of Peace” mira a trasformare l’Armenia in un hub di transito regionale, sfruttando i progetti di connettività per attrarre investimenti stranieri e stimolare gli aggiornamenti tecnologici. Tuttavia, questa visione deve affrontare diversi ostacoli, tra cui l’inefficienza burocratica, il controllo oligarchico in settori chiave e gli effetti persistenti dei conflitti regionali. L’enfasi sulla modernizzazione economica ha quindi un duplice scopo: rafforza la legittimità dello Stato collegando l’identità nazionale alla prosperità tangibile, affrontando al contempo le minacce esistenziali poste dall’isolamento geopolitico.

Navigare tra posizionamento geopolitico e sovranità

La ridefinizione dell’identità nazionale da parte dell’Armenia è intrinsecamente legata alla sua ricalibrazione geopolitica in risposta alle minacce regionali e al mutamento delle alleanze. La perdita del patrocinio russo dopo la guerra del 2020 e l’ascesa militare dell’Azerbaigian hanno costretto a un cambiamento strategico verso partnership occidentali e indiane, esemplificato dall’iniziativa del Dialogo di Yerevan e dall’approfondimento della cooperazione in materia di difesa con l’India. La dottrina della “Vera Armenia” rafforza questo approccio dando priorità alla sovranità e all’integrità territoriale, rifiutando esplicitamente le rivendicazioni storiche che potrebbero provocare gli avversari vicini. Tuttavia, questa posizione pragmatica comporta dei rischi: l’accordo di pace mediato da Washington nell’agosto 2025, che ha istituito il corridoio “Trump Route for International Peace and Prosperity” (TRIPP) gestito dagli Stati Uniti attraverso Syunik, ha scatenato accuse di cedimento della sovranità all’Azerbaigian e agli Stati Uniti. Le figure dell’opposizione sostengono che il corridoio potrebbe alterare gli equilibri demografici e minare il controllo sulle regioni strategiche di confine. Nel frattempo, l’apertura dell’Armenia verso l’India e l’UE mira a controbilanciare l’influenza turco-azera, ma ciò richiede una diplomazia delicata per evitare di inimicarsi la Russia o l’Iran. Il processo di riforma costituzionale, promosso come mezzo per allinearsi al diritto internazionale ed eliminare le ambiguità sulle rivendicazioni territoriali, diventa uno strumento geopolitico per segnalare l’impegno dell’Armenia per la pace e la stabilità, assicurandosi così il sostegno occidentale. In definitiva, la ricostruzione dell’identità nazionale non è solo un progetto interno, ma una risposta strategica alle pressioni esterne, che mira a posizionare l’Armenia come attore sovrano in una regione instabile.

Strumentalizzazione e conseguenze

La strumentalizzazione dell’identità nazionale in Armenia ha prodotto conseguenze complesse e spesso contraddittorie, rafforzando l’autorità dello Stato e allo stesso tempo esacerbando la frammentazione sociale. Promuovendo un’ideologia statalista della “Vera Armenia”, il governo ha cercato di legittimare la sua agenda politica, in particolare attraverso riforme costituzionali e un riassetto geopolitico. Tuttavia, questa riorganizzazione dall’alto dell’identità ha alienato segmenti critici della società, in particolare i rifugiati armeni del Nagorno-Karabakh, che devono affrontare l’emarginazione e l’essere usati come capri espiatori. La retorica ufficiale che li definisce “altri” o “ospiti” ha approfondito le divisioni sociali, minando le rivendicazioni di una democrazia inclusiva. A livello internazionale, il miglioramento degli indici di democrazia dell’Armenia (ad esempio, le classifiche EIU) nasconde tensioni sottostanti, tra cui il calo della fiducia dei cittadini nelle istituzioni e le persistenti influenze oligarchiche. L’enfasi del governo sulla sovranità territoriale e sulla modernizzazione economica (“arricchirsi e arricchire”) ha anche dato priorità alla stabilità rispetto al pluralismo, rischiando una deriva autoritaria. In definitiva, mentre la strumentalizzazione rafforza il controllo statale a breve termine, essa erode la coesione sociale e la resilienza democratica, evidenziando il paradosso di utilizzare l’identità come strumento di governance piuttosto che come prodotto dell’appartenenza collettiva.

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Armenia: Wizz Air inaugura nuova base a Jerevan: nuove rotte per Napoli e Bari (GiornaleDiplomatico 03.10.25)

GD – Jerevan, ott. 25 – L’ambasciatore d’Italia in Armenia, Alessandro Ferranti, ha partecipato all’inaugurazione ufficiale della nuova base della compagnia aerea Wizz Air all’aeroporto internazionale “Zvartnots” di Jerevan, in occasione dell’arrivo del primo volo diretto da Napoli.
Con l’apertura della base, Wizz Air lancia due nuove rotte italiane per Napoli e Bari, che si aggiungono così a quelle già esistenti per Roma, Milano e Venezia, rafforzando ulteriormente i collegamenti diretti tra Italia e Armenia.
Alla cerimonia di inaugurazione hanno preso parte anche il ministro dell’Economia armeno, Gevorg Papoyan; l’amministratore delegato di Wizz Air, Roland Tischner: la presidente del Comitato per il Turismo, Lusine Gevorgyan; il direttore di “Armenia International Airports” CJSC, Marcelo Wende; altri rappresentanti delle Autorità locali.


Armenia – Voli Wizz Air da Napoli e Bari (Assadakah)


Inaugurazione della nuova base di Wizz Air a Jerevan: lancio di due nuove rotte dirette per Napoli e Bari (Gazzetta Diplomatica)

Pashinyan: l’Armenia occupa un posto modesto ma saldo tra i paesi democratici d’Europa (Notiziedaest 02.10.25)

“Oggi l’Armenia occupa un posto modesto ma fermo tra le nazioni europee democratiche. Per noi, la democrazia non è una coincidenza, ma una strategia, una convinzione politica e una parte integrante del nostro sistema di valori,” ha dichiarato il primo ministro armeno Nikol Pashinyan durante la sessione autunnale dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE).

Ha descritto il Consiglio d’Europa come una “casa” dove l’Armenia, in quanto Stato democratico, ha il suo posto legittimo. Pashinyan sottolineò che dall’”rivoluzione delle velluto” del 2018, che ha portato al potere la sua squadra, il paese aveva compiuto progressi significativi nelle riforme democratiche. Tra i traguardi, ha evidenziato il ruolo delle donne nella vita pubblica.

«Il parlamento armeno non ha mai visto un numero così alto di parlamentari donne. Il governo non ha mai avuto così tante ministre. Le donne ora dirigono il Ministero degli Interni – la nostra più grande agenzia di sicurezza – nonché l’Ufficio del Procuratore e il Servizio di Intelligence Estero. Questo è senza precedenti per il nostro paese», ha dichiarato.

Pashinyan ha anche parlato degli sforzi per instaurare la pace con l’Azerbaijan. Al termine del suo intervento, ha risposto alle domande dei membri PACE, insistendo sul fatto che, riferendosi all’Armenia, si usino la terminologia e le formulazioni adottate dal governo e dal parlamento del suo paese.

I principali takeaway dal discorso di Pashinyan — insieme a estratti dei suoi scambi con i parlamentari europei — sono riportati di seguito.

  • Armenia tra Occidente e Russia: rischi della politica ‘bilanciata’ del governo
  • «Nessuno ha il diritto di minacciare l’Armenia»: Pashinyan risponde alle dichiarazioni di un imprenditore di spicco
  • «L’Armenia è più statale che mai, più sovrana che mai» – discorso per la Giornata della Repubblica

«La democrazia, nel senso letterale del termine, ha salvato la sovranità e l’indipendenza dell’Armenia»

Pashinyan ha sottolineato che la democrazia in Armenia è “in buone mani” – non nelle mani delle autorità o della società civile, ma nelle mani del popolo stesso. Ha ricordato che immediatamente dopo la guerra del Karabakh del 2020, l’Armenia ha affrontato attacchi ibridi volti a minare la sua democrazia e a distruggere lo Stato:

«In un certo senso, la guerra di 44 giorni è stata parte di una guerra ibrida, il cui obiettivo era eliminare la sovranità e l’indipendenza della Repubblica d’Armenia. Ma, sapete, è stata la democrazia, nel senso letterale del termine, a salvare la sovranità e l’indipendenza dell’Armenia.»

Ha spiegato che le “forze anti-democratiche” chiedevano il trasferimento del potere a loro, usando “la guerra e la disinformazione che la circonda” come strumenti:

«Abbiamo dichiarato che non possiamo consegnare il potere ottenuto dal popolo a nessuno, possiamo solo restituirlo al popolo. Nell’aprile 2021 mi sono dimesso, il che ha portato allo scioglimento del parlamento. E tra una situazione di confine sempre più critica, l’occupazione dei territori sovrani dell’Armenia [da parte dell’Azerbaijan] e una campagna di terrore informativo, si sono svolte elezioni parlamentari anticipate.»

Secondo Pashinyan, pochi credevano che la sua squadra otterrirebbe un nuovo mandato in tali condizioni, ma il partito al governo ha vinto di nuovo – e è riuscito persino a formare una seconda maggioranza parlamentare:

«Questo è successo per una ragione principale: il popolo si è reso conto che queste elezioni sarebbero la garanzia del proprio potere in Armenia. Posso affermare in modo chiaro e inequivocabile che oggi, sì, il potere in Armenia appartiene al popolo, i quali sono i garanti della democrazia in Armenia.»

Armenia guida le classifiche regionali di democrazia nonostante il declino

Secondo il rapporto Democracy Index dell’Economist Intelligence Unit, l’Armenia è al 82° posto su 160 paesi, la Georgia al 94° e l’Azerbaijan al 126°.

 

 

«Non c’è stato nemmeno un tentativo di falsare i risultati elettorali»

Dal podio della PACE, Pashinyan ha sottolineato che da quando il suo governo è al potere non ci sono stati tentativi di frode elettorale in Armenia. A supporto di questo, ha evidenziato che:

  • le elezioni parlamentari del 2018 e del 2021 sono state valutate dalla comunità internazionale come libere, competitive e in linea con gli standard democratici;
  • i risultati delle elezioni di autogoverno locale negli ultimi anni non hanno suscitato proteste, con i partiti di opposizione che hanno vinto in diverse regioni.

«Questo non significa che la democrazia elettorale nel nostro paese sia priva di problemi. La pratica dell’acquisto dei voti è ancora utilizzata da alcune forze in Armenia,» ha osservato il primo ministro.

Ha sostenuto che coloro che continuano la pratica di comprare i voti sono supportati da “alleati affini” all’estero:

«In aggiunta a questo arriva la disinformazione. E nel caso dell’Armenia, questo è ancor più problematico, poiché una gran parte del panorama mediatico è controllata da forze decadute dal potere dopo la rivoluzione del 2018, che ora agiscono come opposizione. Spendono parte della loro ricchezza illecita per diffondere disinformazione al fine di evitare la confisca di asset illeciti.»

«Passi pratici contro questa campagna di disinformazione potrebbero essere interpretati come un tentativo di limitare la libertà di espressione, mentre l’inazione potrebbe essere vista come la debolezza e la vulnerabilità della democrazia,» ha detto Pashinyan.

Dichiarazione sulla Quarta Repubblica dell’Armenia: cosa prevede il piano del partito al governo

Esperti armeni ritengono che il primo ministro Nikol Pashinyan, che guida il partito al potere, stia “prendendo misure per rimanere al potere.”

 

 

«Dal 2018 l’economia dell’Armenia è cresciuta di circa il 43%»

Il primo ministro armeno ha anche parlato dei progressi economici. Ha detto che dall’entrata al potere del suo governo nel 2018:

  • l’economia è cresciuta del 43%,
  • le entrate fiscali al bilancio statale sono more than doubled,
  • L’Armenia ha migliorato di oltre 40 posizioni nell’Indice di Percezione della Corruzione.

Pashinyan ha aggiunto che si potrebbe ottenere ancora di più, ma ciò richiede:

  • la piena istituzionalizzazione di una magistratura indipendente,
  • l’implementazione di meccanismi anticorruzione completi e affidabili,
  • una efficace controffensiva contro gli attacchi ibridi,
  • il consolidamento dello stato di diritto,
  • il rafforzamento della protezione dei diritti umani,
  • aumentare la fiducia del pubblico nello Stato.

«L’Armenia proseguirà con fiducia su questa strada, e siamo certi che in questo percorso otterremo un forte sostegno dal Consiglio d’Europa e dalle sue istituzioni» ha detto.

Pashinyan dice che le persone in Armenia vivono meglio che nel 2018 – ma non sono d’accordo

Il primo ministro ha affermato che lo stipendio medio è aumentato del 75% dall’aprile 2018.

 

Pashinyan says people are living better

 

«La pace è uno sforzo quotidiano»: sulla normalizzazione delle relazioni con l’Azerbaijan

Commentando gli accordi raggiunti con l’Azerbaijan a Washington l’8 agosto, Pashinyan ha detto che l’accordo non sarebbe stato possibile senza l’«intervento personale» del presidente degli Stati Uniti.

Ha descritto la sottoscrizione iniziale del trattato di pace con l’Azerbaijan come un momento storico e ha sottolineato che mantenere la pace richiede uno sforzo quotidiano:

«La pace, come un neonato, richiede cure quotidiane. La nostra pace neonato ha ora 1 mese e 22 giorni. Dobbiamo nutrirla, amarla e prendercene cura affinché cresca, maturi, si rafforzi e, con essa, la nostra regione, il Caucaso del Sud, possa prosperare.»

Secondo Pashinyan, l’instaurazione della pace è responsabilità sia del governo sia del popolo dell’Armenia, sia del governo sia del popolo dell’Azerbaijan. In questo contesto, ha evidenziato la necessità di chiarire il destino dei dispersi e di affrontare la situazione degli armeni detenuti nelle prigioni di Baku.

Thomas de Waal: La pace tra Erevan e Baku è possibile, ma non garantita

Un esperto della Carnegie Endowment ha analizzato i risultati dell’incontro Trump–Pashinyan–Aliyev tenutosi negli Stati Uniti

 

 

On ending war in Gaza, return of Karabakh Armenians and the ‘corridor’

Ecco i principali estratti dalle risposte di Nikol Pashinyan alle domande dei parlamentari europei:

On ending the war in Gaza

«Il presidente Trump ha proposto un piano di pace. La comunità internazionale lo ha già accolto, e anche noi. Spero che l’attuazione di questo piano nella Striscia di Gaza possa finalmente portare la pace. L’anno scorso l’Armenia ha riconosciuto lo Stato della Palestina, e stiamo seguendo da vicino il processo. Speriamo che, alla fine, la pace sarà stabilita grazie agli sforzi del presidente Trump e al sostegno della comunità internazionale.»

On the return of Karabakh Armenians to their homes

«Francamente, non considero realistico [il ritorno degli Armeni nel Nagorno-Karabakh]. Inoltre, credo che alle persone debba essere detto onestamente questo, in modo che possano pianificare. In questo contesto, vedo la questione del ritorno dei rifugiati come potenzialmente pericolosa per il processo di pace Armenia-Azerbaijan.»

I nostri compatrioti del Karabakh dovrebbero stabilirsi in Armenia. Come cittadini armeni, dovrebbero vivere, creare e costruire qui il loro benessere. Questa è la nostra strategia.»

On the term ‘Zangezur corridor’

«Lei [Edward Leigh, MP conservatore britannico] usa l’espressione ‘corridoio di Zangezur’. Da dove l’ha presa? Questo termine non compare in nessun documento e non è mai apparso. Stia tranquillo, non apparirà in nessun accordo tra Armenia e Azerbaijan.»

L’espressione ‘corridoio di Zangezur’ è una grossa violazione della sovranità della Repubblica d’Armenia. Nessuno ha il diritto di dare ai territori armeni nomi non approvati dal governo o dal parlamento. Condanno fermamente l’uso di questa terminologia illegittima.»

Questo si riferisce alla strada che collega l’Azerbaijan alla sua exclave di Nakhchivan attraverso il territorio armeno. Prima dell’incontro di Washington, Baku aveva richiesto una rotta extraterritoriale e l’ha definita ‘corridoio di Zangezur’. Le autorità armene hanno accettato di fornire i collegamenti di trasporto ma hanno categoricamente respinto il termine ‘corridoio’, che implica perdita di controllo sul loro territorio. A Washington, entrambe le parti hanno concordato la creazione della “Trump Route”. La gestione sarà affidata a partner americani, e l’Armenia manterrà i propri diritti sovrani sulla rotta.

Aliyev chiama la “Trump Route” un corridoio: la risposta di Pashinyan alle Nazioni Unite

Il primo ministro armeno ha rispedito al mittente le parole del presidente azero: «Il termine ‘corridoio di Zangezur’ non compare nei documenti concordati. Il mio collega azero dovrebbe chiarire cosa intende.»

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Il Festival sbarca anche in Armenia. On line 1,4 milioni di visualizzazioni (La Stampa 02.10.25)

La musica del Festival di Sanremo conquista l’Armenia e a portarla nel Paese caucasico è anche un tenore grande amico della provincia di Imperia. Di grande risonanza è stato infatti il successo riscosso nei giorni scorsi, nella città di Ijevan, dalle canzoni “sanremesi” e da un gruppo di artisti comprendente anche il tenore Francesco Filizzola in un concerto tenuto alla Ijevan Wine and Brandy Factory, uno dei simboli dell’eccellenza enologica armena, in una serata alla quale era presente anche l’Ambasciatore d’Italia in Armenia, Alessandro Ferranti, oltre a numerose autorità locali.

In un contesto reso quindi non solo ufficiale ma anche altamente simbolico, il protagonista assoluto è stato il progetto musicale “Flying to Sanremo”, ideato dallo stesso Francesco Filizzola insieme con il produttore Dimitry Zakon, impegnato quest’anno anche nei concerti di Jennifer López.

L’iniziativa ripropone i brani più celebri del repertorio sanremese, patrimonio indiscusso della canzone italiana, e vede sul palco un ensemble di grande livello. Il quartetto delle voci è composto da Francesco Filizzola, Manuela Evelin Prioli, Monica Harem e Alessandro Blasi, accompagnati da sette importanti musicisti italiani.

È stato grazie a loro che il pubblico di Ijevan ha vissuto un viaggio musicale emozionante, che ha attraversato decenni di storia del Festival di Sanremo, spaziando tra melodie indimenticabili e arrangiamenti originali. L’energia degli artisti e l’entusiasmo degli spettatori hanno reso la serata unica nel suo genere e la risonanza è stata immediata anche online, in quanto un video dell’esibizione ha superato in pochi giorni 1,4 milioni di visualizzazioni sui social, a conferma dell’impatto internazionale del progetto e della sua capacità di coinvolgere un pubblico ampio e trasversale.

A conferma del fatto che la musica unisce i popoli, l’evento è stato anche un’occasione di incontro tra culture, con la valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche armene e momenti di autentica convivialità, rappresentando una tappa significativa nel percorso di dialogo interculturale tra Italia e Armenia.

Dal canto suo, Francesco Filizzola, nato in Calabria e cresciuto in Basilicata, ha con la provincia di Imperia uno strettissimo legame. Nel novembre scorso ha tenuto un apprezzatissimo concerto a Imperia, in occasione di Olioliva e, nell’occasione, dando seguito anche alla sua passione sportiva, ha stretto amicizia con il Marathon Club, divenendo uno dei suoi atleti.

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Roma Sinfonietta presenta due lavori del compositore svizzero armeno Haig Vartan (Avantionline 02.10.25)

Roma Sinfonietta presenta al Teatro Palladium (mercoledì 8 ottobre alle 19.00) un concerto dedicato a Haig Vartan, compositore svizzero di origine armena, che ha studiato composizione e pianoforte a Basilea, Budapest, Parigi, Sofia e Venezia. Appassionato di filosofia e storia, Vartan si ispira sia alla cultura europea sia alla tradizione e alla storia armene. All’incrocio di due mondi, la sua musica combina la razionalità occidentale con il misticismo orientale, sprigionando una forza spirituale che caratterizza tutta la sua opera.

Il concerto si apre con Les Chants grenats, composti da Vartan su un testo del drammaturgo svizzero Gérald Chevrolet, scomparso nel 2011, che affronta un tema drammaticamente attuale: come parlare di guerra e di violenza a un bambino? Vi si immagina che due genitori parlino a loro figlio della guerra, cercando di fargli capire la realtà di quello che viene spesso vissuto come qualcosa di lontano. Per colmare questa distanza tra realtà e percezione creano un gioco di ruolo, una messa in scena che usa la finzione per affrontare una realtà terribile. In questo tentativo di affrontare con un bambino un tema complesso come la guerra, musica e teatro si alleanoper esprimere emozioni profonde.

Cesare Scarton ne cura la “mise en espace”, con le scene e le luci di Andrea Tocchio e i “motion graphics” di Flaviano Pizzarti. Interpretano i due genitori il soprano Lucia Napoli e il baritono Patrizio La Placa: lei ha collaborato con direttori quali Riccardo Muti, J.E Gardiner, Christopher Hogwwod e Philippe Herrewege, esibendosi nei teatri e nelle sale da concerto d’Europa, America e Asia; lui ha iniziato a cantare come fanciullo cantore della Cappella Sistina, poi ha studiato con eccellenti maestri e avviato una brillante carriera, che l’ha già portato in molti dei principali teatri e festival italiani. Con loro suonano Sandro Pippa ai timpani, Alessandro Di Giulio alle percussioni e Fabio Silvestro al pianoforte.

Nella seconda parte del concerto sarà eseguito “L’ultimo canto di Saffo”, altra composizione di Vartan, questa volta basata su una poesia di Vittoria Aganoor, nata a Padova nel 1855 da madre italiana e padre armeno e morta nel 1910. “Come Saffo e Leopardi – scrive Vartan – Vittoria cerca la pace interiore, che trova nella natura. La presenta come un rifugio che le permette di bilanciare il peso della vita quotidiana. Come i filosofi greci, sembra trovare conforto nell’idea che la natura sia costante, al contrario degli umori volatili degli esseri umani. Sono rimasto sbalordito dalla bellezza e dalla sottile sensualità dei suoi testi. Quando lessi L’ ultimo canto di Saffo, la musica risuonò improvvisamente nella mia immaginazione, e così iniziai a lavorare sull’architettura dell’opera”.

La si ascolta ora dalla voce del soprano Giulia Peri, che ha esordito come giovanissima solista, collaborando con grandi direttori come Zubin Mehta e Myung-Whun Chung e spaziando tra generi musicali diversi, mostrando però una speciale passione per la musica contemporanea. Con lei suona un quartetto d’archi formato da eccellenti strumentisti quali Vincenzo Bolognese, Alessandro Marini, Lorenzo Rundo e Michele Chiapperino, a cui si aggiunge Sandro Pippa alle percussioni.

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Amb. in Armenia incontra delegazione parlamentare italiana (Ansa 02.10.25)

(ANSA) – ROMA, 02 OTT – L’Ambasciatore d’Italia in Armenia, Alessandro Ferranti, ha accolto presso la sua Residenza, per un incontro conviviale alla presenza di esponenti dell’Assemblea Nazionale armena – fra cui la Presidente del Gruppo parlamentare di amicizia Armenia-Italia Onorevole Maria Karapetyan – e di altre autorità locali e del corpo diplomatico, la Delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato giunta in visita a Jerevan per partecipare al 108 ° Seminario Rose-Roth dell’Assemblea medesima.
La Delegazione era guidata dal Vice Presidente, Onorevole Andrea Orsini, ed era composta anche dalla Senatrice Simona Flavia Malpezzi, dal Senatore Alberto Losacco, dal Senatore Adriano Paroli e dall’Onorevole Luciano Cantone.
Nel corso del soggiorno in Armenia, La Delegazione ha anche visitato il Memoriale del Genocidio armeno di Tsitsernakaberd e l’annesso Museo. (ANSA).