Genocidio armeno in Nagorno/Artsakh. Comunicato dei vescovi USA. (Stilum Curiae 11.09.23)

WASHINGTON – Le ostilità tra Armenia e Azerbaigian sul territorio del Nagorno-Karabakh, una regione dell’Azerbaigian a lungo contesa, hanno causato la morte di migliaia di persone nel corso degli anni e minacciato la stabilità della regione. Nel novembre 2020, un accordo mediato dalla Russia con le due nazioni ha permesso di far viaggiare rifornimenti e persone tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh attraverso un’unica autostrada chiamata Corridoio di Lachin.

 

 

Tuttavia, dal dicembre 2022, l’Azerbaigian ha bloccato il Corridoio di Lachin. Rapporti recenti dalla regione raccontano dell’impatto devastante che il blocco, durato nove mesi, ha avuto sui 120.000 abitanti di etnia cristiana, in gran parte armeni, che si trovano intrappolati nel Nagorno-Karabakh e devono far fronte a una terribile carenza di cibo, medicine e forniture mediche, carburante, elettricità e altri elementi essenziali per sostenere la vita.

Il vescovo David J. Malloy di Rockford, presidente del Comitato per la giustizia internazionale e la pace della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB), chiede una fine pacifica del blocco del Nagorno-Karabakh:

“Continuiamo a pregare per la fine del conflitto e di questa crescente crisi umanitaria. Le due visite apostoliche del Santo Padre nel Caucaso meridionale nel 2016 e il suo più recente appello all’inizio di quest’anno per “la grave situazione umanitaria nel corridoio di Lachin” riflettono la nostra forte speranza per una risoluzione”.

La visita del Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, sia in Armenia che in Azerbaigian nel mese di luglio testimonia gli sforzi della Santa Sede per la ricerca della pace.

“Con la continua impasse di questo conflitto e le crescenti conseguenze di questo blocco, siamo tutti d’accordo nel pregare per coloro che soffrono a causa di questo conflitto – per vedere questa imminente catastrofe umanitaria scongiurata e per vedere questo conflitto risolto alla fine con mezzi pacifici”.

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MISFF, uno scambio culturale tra Montecatini e l’Armenia nel segno del cinema (Reportpistoia 11.09.23)

MONTECATINI TERME – Uno scambio culturale, e l’avvio di una collaborazione artistica che unisce con un filo diretto Montecatini Terme e l’Armenia: è il progetto che nasce dall’incontro – avvenuto presso lo spazio MO.C.A. Montecatini Terme Contemporary Art – tra una delegazione di artisti armeni, guidata dal regista Aram Manukyan (rappresentante della Federazione dei cineasti pan-armeni), il Sindaco Luca Baroncini e l’Assessore alla Cultura del Comune di Montecatini Terme Alessandro Sartoni, e il Presidente del Montecatini International Short Film Festival Marcello Zeppi.

L’incontro tra la delegazione dei cineasti armeni e il Comune di Montecatini

Nel corso dell’incontro, i cineasti hanno fatto dono al Comune di Montecatini di una preziosa edizione armena de Il libro della lamentazione di Gregorio Narek, uno dei caposaldi della spiritualità cristiana orientale, e di alcuni prodotti locali, mentre il Sindaco Luca Baroncini e l’Assessore Alessandro Sartoni hanno ricambiato con un catalogo brossurato sull’arte di Galileo Chini, e hanno fatto da guida ai loro ospiti accompagnandoli personalmente a visitare le numerose tracce artistiche lasciate dall’artista a Montecatini Terme.

 

L’incontro ha segnato anche l’avvio di una serie di progetti culturali che uniranno Montecatini Terme e l’Armenia. A partire dalle riprese del cortometraggio La voglia matta di danzare, diretto dallo stesso Aram Manukyan, interpretato da Alessia Bolognini e co-prodotto dal MISFF Lab Production (la costola del festival che si occupa di produzione e distribuzione di cortometraggi e lungometraggi), ambientato nel mondo della danza e girato tra Venezia, Montecatini Terme e Montecatini Alto.

Come parte degli accordi di scambio internazionale, il documentario Galileo Chini a Montecatini Terme – diretto da Marcello Zeppi e co-prodotto dal MISFF e dal Comune di Montecatini Terme – sarà prossimamente proiettato nella sala Henri Verneuil dell’Istituto Statale di Teatro e Arte cinematografica della capitale armena Yerevan, e nella sala cinematografica del Naregatsi Art Institute, da oltre venti anni uno dei centri di scambio culturale a artistico più attivi di Yerevan, al centro di una rete di scambio culturale internazionale.

Il documentario, reduce da una proiezione alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nasce per celebrare i centocinquant’anni dalla nascita del pittore, ceramista e illustratore di scenografie, legato a doppio filo a Montecatini Terme, dove ha lasciato la sua inconfondibile impronta Liberty che attira ancora oggi turisti da tutto il mondo.

L’incontro di scambio culturale e l’avvio delle riprese del cortometraggio La voglia matta di danzare anticipano le iniziative previste per la prossima edizione del Montecatini International Short Film Festival, in programma dal 16 al 22 di ottobre. Tra le tante novità di questa edizione, in programma anche una rassegna dedicata al cinema armeno.

Alessandro Sartoni, Assessore alla Cultura del Comune di Montecatini Terme, commenta: «Come detto a Venezia, Galileo Chini è assurto al ruolo di ambasciatore della città nel 2023. L’amicizia con Aram Manukyan, ribadita col Sindaco e con Marcello Zeppi nell’incontro di sabato pomeriggio in Municipio, porterà, nel segno della cooperazione culturale, a proporre il nostro cortometraggio su Chini a Montecatini nella sala Henri Verneuil dell’Istituto statale di teatro e arte cinematografica di Yerevan, nella sala cinematografica del Naregatsi Art Institute e in altra sala cinematografica privata di Yerevan. Mi pare un passo positivo nel segno della promozione dell’identità culturale cittadina. Non è il primo e non sarà l’ultimo. Faremo parlare di Chini fuori dall’Italia altre volte entro la fine del presente anno».

Marcello Zeppi, Presidente del Montecatini International Short Film Festival, commenta: «Siamo molto contenti e orgogliosi di questa collaborazione con i cineasti armeni, che produrrà vantaggi reciproci. Grazie al nostro roadshow internazionale MISFF IRS il viaggio del documentario Galileo Chini a Montecatini Terme, già premiato al prestigioso Avanca Film Festival, continua, portando ovunque il nome e la bellezza di Montecatini, e attirando qui a sua volta i professionisti del mondo del cinema da tutto il mondo. E siamo solo all’inizio!».

Il regista armeno Aram Manukyan commenta: «Credo che sia importante cooperare, e sviluppare il riconoscimento reciproco tra la cultura armena e quella italiana. La proiezione del film su Galileo Chini in Armenia costituirà un potente mezzo per approfondire lo studio della cultura italiana in Armenia. Lavoriamo insieme affinché ciò accada e promuoviamo lo scambio culturale».

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Nuovi progetti al via, Comune di Montecatini Terme e MISFF avviano una collaborazione internazionale con i cineasti armeni (Agronline)

Scambio culturale con cineasti Montecatini sbarca in Armenia “Il corto su Chini a Yerevan” (La Nazione)

274° giorno del #ArtsakhBlockade. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. Per gli Armeni dell’Artsakh vale la saggezza di vedere per credere (Korazym 11.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.09.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il giorno 274 dell’assedio dell’Azerbajgian all’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Non è ancora arrivato alcun aiuto. L’Artsakh rimane ermeticamente chiuso e sigillato. Il blocco dell’Azerbajgian resta totale, prosegue il genocidio di 120.000 Armeni Cristiani.

Comunicato Presidente del Comitato per la Giustizia Internazionale e la Pace della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB) in relazione al genocidio che si sta consumando ai danni degli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh

Le ostilità tra Armenia e Azerbajgian sul territorio del Nagorno-Karabakh, una regione dell’Azerbajgian a lungo contesa, hanno causato la morte di migliaia di persone nel corso degli anni e minacciato la stabilità della regione. Nel novembre 2020, un accordo mediato dalla Russia con le due nazioni ha permesso di far viaggiare rifornimenti e persone tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh attraverso un’unica autostrada chiamata Corridoio di Lachin.
Tuttavia, dal dicembre 2022, l’Azerbaigian ha bloccato il Corridoio di Lachin. Rapporti recenti dalla regione raccontano dell’impatto devastante che il blocco, durato nove mesi, ha avuto sui 120.000 abitanti di etnia cristiana, in gran parte Armeni, che si trovano intrappolati nel Nagorno-Karabakh e devono far fronte a una terribile carenza di cibo, medicine e forniture mediche, carburante, elettricità e altri elementi essenziali per sostenere la vita.
Il Vescovo di Rockford, Mons. David J. Malloy, Presidente del Comitato per la Giustizia Internazionale e la Pace della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti (USCCB), chiede una fine pacifica del blocco del Nagorno-Karabakh: “Continuiamo a pregare per la fine del conflitto e di questa crescente crisi umanitaria. Le due visite apostoliche del Santo Padre nel Caucaso meridionale nel 2016 e il suo più recente appello all’inizio di quest’anno per “la grave situazione umanitaria nel Corridoio di Lachin” riflettono la nostra forte speranza per una risoluzione”.
La visita del Segretario di Stato, il Cardinale Pietro Parolin, sia in Armenia che in Azerbajgian nel mese di luglio testimonia gli sforzi della Santa Sede per la ricerca della pace.
“Con la continua impasse di questo conflitto e le crescenti conseguenze di questo blocco, siamo tutti d’accordo nel pregare per coloro che soffrono a causa di questo conflitto – per vedere questa imminente catastrofe umanitaria scongiurata e per vedere questo conflitto risolto alla fine con mezzi pacifici” [QUI].

La festività di Khachverats

Oggi, 11 settembre 2023, nella Chiesa Apostolica Armena inizia la settimana di Khachverats, la festività dedicata alla glorificazione della Santa Croce. Il Giorno dell’Esaltazione della Santa Croce, che è una delle cinque festività della Chiesa Apostolica Armena, si celebra la domenica tra l’11 e il 17 settembre. Alla vigilia di Khachverats si svolge una processione nelle chiese apostoliche armene. Prima della cerimonia, una Croce o le reliquie della Santa Croce vengono esposte sopra un baldacchino decorato con erbe o fiori (foto di copertina). Con la solenne processione guidata dal sacerdote, il Segno Sacro viene portato fuori, girando intorno alla chiesa e, fermandosi, il sacerdote alza la croce e benedice i quattro angoli del Paese. Dopo la processione, rientrando in chiesa, si canta Adoriamo la tua Croce, Signore, lodiamo e glorifichiamo la tua santa Risurrezione! Dal legno della Croce è venuta la gioia in tutto il mondo. Segue la liturgia serale, al termine della quale vengono distribuiti i fiori ai fedeli.

La Santa Croce del Signore è il segno che segnala la sconfitta della morte, il simbolo del rinnovamento attraverso la resurrezione, il potere di preservazione, la fonte della cura. La Croce divenne il ponte che collegava il precipizio tra la terra e il cielo, così come “colui che apre le porte al cielo e colui che dà il regno in eredità” (Grigor Tatevats). Satana si vergognava quando la Croce veniva esaltata poiché “la Croce era una forza spirituale” (Grigor Tatevats). Questo è il motivo per cui le cupole e gli altari delle sante chiese armene sono decorati con croci e perché tutti i rituali vengono eseguiti con il sacro segno del trionfo del Signore.

La televisione NOS dei Paesi Bassi in Armenia

Iris de Graaf, la corrispondente della più grande televisione dei Paesi Bassi, la NOS, ha scritto: «Ora siamo in viaggio verso l’Armenia per la NOS. Nei prossimi giorni riferiremo sulla situazione in loco sull’accordo dell’accesso al Nagorno-Karabakh, ma anche sulle crescenti tensioni. Non è ancora chiaro se questo accordo metterà fine al blocco che dura da nove mesi. Gli accordi non sono stati ancora chiaramente confermati dall’Azerbajgian. E se i camion con gli aiuti potessero entrare, non è ancora chiaro se gli Armeni residenti effettivamente potrebbero entrare e uscire dall’enclave. Per i residenti del Nagorno-Karabakh vale quanto segue: vedere per credere. Allo stesso tempo, negli ultimi giorni le tensioni sono aumentate. Circolano numerosi video di colonne militari dell’esercito azerbajgiano dirette verso il confine della regione. Osservatori indipendenti avvertono di una possibile nuova escalation militare. Da parte armena, da lunedì si terranno esercitazioni militari con soldati americani, il che è una spina nel fianco sia dell’Azerbajgian che dell’alleato armeno, la Russia. Per il momento la regione resterà sotto alta tensione».

Gli Stati Uniti hanno chiesto di aprire contemporaneamente il Corridoio di Berdzor (Lachin) e la strada che attraversa Akna (Aghdam)

Lo si legge nel comunicato del Dipartimento di Stato, che ha osservato che gli Stati Uniti d’America sono preoccupati per il rapido deterioramento della situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh. «Notiamo che i carichi umanitari sono vicino a Lachin e Aghdam e ribadiamo il nostro appello ad aprire immediatamente entrambi i corridoi in modo che i carichi umanitari tanto necessari raggiungano gli uomini, le donne e i bambini del Nagorno-Karabakh», si legge nel comunicato.

All’attenzione di Anthony Blinken, Josep Borrell, Emmanuel Macron e Olaf Scholz: non si raggiungerà un accordo e la situazione non sarà risolta finché non imporrete sanzioni ad Ilham Aliyev. Se volete davvero schierarvi a fianco dei diritti umani e salvare la vita di 120.000 persone, agite subito e togliere il #ArtsakhBlockade. Ne avete le capacità e i mezzi. Sennò il Presidente della Repubblica di Baku continuerà ad usarvi come dei scendiletto e terminerà quello che ha promesso: cacciare gli Armeni dall’Artsakh come dei cani. E certamente userà altri arsenali che non dei scacciacani.

Ieri sera, 10 settembre 2023, alle ore 20.10 il Nagorno Karabakh Observer ha riferito: «Al momento in cui scriviamo, a quanto pare nessun aiuto umanitario è arrivato nel Nagorno-Karabakh. La Croce Rossa russa aveva inviato un camion con probabilmente medicinali. L’ultima volta che sapevamo fosse a Barda in Azerbajgian. Indicazioni che le autorità di Baku si rifiutano di consentire la continuazione dell’operazione».

Alle ore 20.15 di ieri sera, 10 settembre 2023, Artak Beglaryan ha scritto: «Nonostante l’accordo con la parte azera raggiunto ieri con la mediazione russa, l’Azerbajgian non ha aperto a nessuno il Corridoio di Lachin. Inoltre hanno bloccato anche la via di Aghdam su cui tanto insistono. Di conseguenza, finora non è entrato niente nell’Artsakh».

Da parte suo, l’Ufficio del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Azerbajgian, negando il suo presunto coinvolgimento fallimento del tentativo di fornire aiuti umanitari al Nagorno-Karabakh, ha dichiarato: «Respingiamo le accuse secondo cui il CICR sta ostacolando gli sforzi della Croce Rossa russa per fornire assistenza nell’area o sta promuovendo qualsiasi programma politico di sorta. La decisione di consentire o meno l’arrivo degli aiuti umanitari è nelle mani delle parti».

Invece, ieri il Vicepresidente della Commissione per gli Affari di Sicurezza del Parlamento dell’Azerbajgian ha annunciato, che oggi il camion della Croce Rossa russa potrà entrare ad Aghdam e da lì ad Askeran. Non ha menzionato il Corridoio di Berdzor (Lachin).

Intanto, l’agenzia di stampa statale azera APA, per proseguire lo show da clown, nella disperazione deve accontentarsi a filmare il camion della Croce Rossa russa bloccato dalle autorità azeri davanti all’albergo a Barda:

«Ancora in attesa di una risposta sulla consegna di carichi alimentari agli Armeni a Khankendi – Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian».

Aspettando che l’Assistente presidenziale, HikmetHajiyev, si inventa una nuova scusa?

Continuiamo a seguire l’evolversi della situazione… e i colpi di scena, guardando oltre la narrazione della propaganda azera.

Intanto, per la già conosciuta Ayshan Aslan-Mammadli (docente dell’Università Statale di Baku, dal distretto di Lachin dell’Azerbajgian [se lo specificano vuol dire che non è loro e che è territorio usurpato], sostegno alla pace nel Karabakh), è molto semplice la spiegazione del rifiuto dei cosiddetti “aiuti umanitari” dall’Azerbajgian (che blocca da 9 mesi il Corridoio di Lachin e blocca l’ingresso degli aiuti umanitari dall’Armenia, in conformità della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2023). Per loro tutto è semplice: la “pace nel Karabakh” che intendono è l’integrazione dell’Artsakh in Azerbajgain, ma senza gli Armeni:

«Oh mio Dio. Allora perché il carico alimentare inviato dalla Croce Rossa russa non è ancora accettato dal vostro cosiddetto regime? Lasciate che ve lo dica: perché questo è uno spettacolo #fakeblockade creato da voi, Armeni, intorno al Karabakh dell’Azerbajgian».

Anche per un altro troll azero-turco che conosciamo, ∀sāsīyūn (che sta seguendo la moda di capovolgere la A nel suo nome) la spiegazione è semplice:

«Feste, obesità e troppo cibo… Gli Armeni si sono radunati vicino alla strada Ağdam-Khankendi per impedire il passaggio di un camion russo con prodotti nel Karabakh».

Ecco, dove si riforniscono gli “Armeni obesi con troppo cibo per fare le feste”… e se fosse la tua figlia?:

«“Per le strade di una città assediata è possibile trovare anche una banconota, ma mai carte di caramelle” Amleto Martirosyan» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance nel Nagorno-Karabakh assediato).

L’autocrazia criminale e corrotta dell’Azerbajgian mantiene con i petrodollari un’enorme rete di disinformazione e diffusione di menzogne e notizie false, di cui i media azeri (tutti sotto controllo del regime) e gli ambasciatori sono solo il punto dell’iceberg. Sono costantemente impegnato a nascondere quello che sanno fare meglio: invadere, uccidere, decapitare, esiliare, saccheggiare, stuprare, distruggere, intimidire, cancellare, falsificare, nascondere, corrompere, usurpare, molestare, terrorizzare. L’Azerbajgian è uno stato terrorista e dovrebbe essere fermato immediatamente, finché non sarà troppo tardi. È esilarante il modo in cui gli Azeri postano sui social media dicendo quanto desiderano la pace. Se avessero voluto la pace, se il governo azero avesse voluto la pace, non avrebbero chiuso il Corridoio di Berdzor (Lachin) e non ci sarebbe una crisi umanitaria.

Nigar Arpadarai, membro del Parlamento dell’Azerbajgian e Membro della delegazione azera all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, dove sussurra all’orecchio del Segretario Generale, ha farneticato in un post su Twitter: «I separatisti Armeni in Karabakh ora non accettano rifornimenti lungo le strade di Lachin e Aghdam. Entrambe le strade dovrebbero funzionare in parallelo, questo dà fastidio ai separatisti. La narrativa del “blocco” è puramente politica. Gli Armeni del Karabakh sono ostaggi dei militanti».

Detta da uno che rappresenta un regime autocratico che tiene in ostaggio i suoi cittadini azeri è veramente esilarante. Accusa assurda sapendo che l’ex Procuratore della Corte Penale Internazionale ha definito il #ArtsakhBlockade un genocidio premeditato.

L’agenzia di stampa statale azera (va ricordato che non esiste stampa libera in Azerbajgian) APA ha riferito ieri, 10 settembre 2023, che «un militare azerbajgiano ha fatto esplodere una mina antiuomo sepolta sulla strada di rifornimento delle unità dell’esercito azerbajgiano [ricordiamo, di occupazione] nella regione di Aghdam da un gruppo di ricognizione e sabotaggio di Armeni illegali». Coincidenza conveniente con la questione dell’apertura della strada Akna (Aghdam)-Stepanakert. APA aggiunge: «Recentemente si è verificato il massiccio deposito di mine da parte dei resti delle forze armate armene e dei distaccamenti armati per commettere provocazioni».

Quindi, se abbiamo capito bene, APA vuole farci credere – pensando che siamo dei cretini che – usando la fraseologia della propaganda azera –  degli “Armeni etnici affamati”, che non possono nemmeno lasciare “la zona dove è temporaneamente di stanza il contingente di mantenimento della pace russo nel Karabakh dell’Azerbajgian” a causa del blocco da parte di Russia e Azerbajgian, in qualche modo, nonostante la flotta di drone turche e israeliani operati dall’esercito azerbajgiano lì (come documentano i video che posta), sarebbero riusciti a piantare mine in un territorio completamente controllato dai reparti speciali del Ministero della Difesa dell’Azerbaigian. ¡jajajajajajajajaja!

Il Ministero della Difesa dell’Artsakh ha osservato che la nota del Ministero della Difesa dell’Azerbajgian, secondo cui unità dell’esercito di difesa dell’Artsakh avrebbero effettuato un’infiltrazione diversiva e piazzato mine, provocando il ferimento di un militare azerbajgiano da una mina il 10 settembre intorno alle ore 13.30, è completamente inventato e falso.

La macchina della propaganda azera sta costruendo il proprio casus belli come fecero i nazisti con i Polacchi nel 1939, in una rappresentazione che vale la nomination all’Oscar.

Al riguardo, il Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh ha riferito: «Come abbiamo già accennato, recentemente il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha aumentato notevolmente la frequenza di pubblicazione di messaggi falsi, anche se la natura di questi messaggi falsi è leggermente cambiata. Se finora la parte azera ha diretto al Ministero della Difesa false accuse di violazione del cessate il fuoco o di trasporto di armi e munizioni, ora lancia false accuse di aver effettuato operazioni di sabotaggio o di aver preparato tali operazioni. Tali affermazioni del Ministero della Difesa dell’Azerbaigian non hanno nulla a che fare con la realtà. In questo modo la parte azera sta preparando attivamente le informazioni per un’altra provocazione».

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha dichiarato che questa mattina, 11 settembre 2023, intorno alle ore 01.00, “gruppi armati armeni illegali nel territorio dell’Azerbajgian, dove è temporaneamente di stanza il contingente di mantenimento della pace russe, hanno cercato di scavare nuove trincee [ad Askeran lungo la linea di contatto] davanti alle posizioni dell’esercito azerbajgiano nella regione di Aghdam».

Il Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh ha confutato questa affermazione azera, che le unità dell’esercito di difesa dell’Artsakh presumibilmente stavano conducendo lavori di fortificazione nella regione di Askeran intorno alle ore 01.00 dell’11 settembre e che sarebbero stati interrotti a seguito delle azioni militari dell’Azerbajgian, come «un altro esempio di disinformazione», affermando che «è ovvio che la parte azera non rinuncia alle loro intenzioni di condurre azioni “su larga scala” contro il territorio dell’Artsakh e attua la sua preparazione informativa».

«Le cosiddette “elezioni presidenziali” a Khankendi/Stepanakert non hanno base legale. La situazione umanitaria nella regione e il rispetto degli standard internazionali sono fondamentali. Il Consiglio d’Europa invita tutte le parti ad allentare le tensioni, impegnarsi in un dialogo e ripristinare la pace. Il Consiglio d’Europa è pronto a supportare», ha dichiarato Marija Pejčinović Burić, Segretario Generale del Consiglio d’Europa. Davvero imbarazzante questo sostegno al despota genocida della Repubblica di Baku, che annunciò i risultati delle cosiddette “elezioni presidenziali” PRIMA della chiusura dei seggi elettorali. Un autocrate guerrafondaio armenofobo genocida che è il partner energetico cosiddetto “affidabile”, il che rende le istituzioni europei complice dei suoi crimini genocidi. È davvero imbarazzante questa narrazione di “tutte le parti” mentre c’è una parte che è l’aggressore (Azerbajgian” e un’altra parte che è la vittima (gli Armeni dell’Armenia e dell’Artsakh) e non riuscire a costringere il despota azero di aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) che provoca la morte per fame a causa del #ArtsakhBlockade. Infine, è osceno invitare “tutte le parti ad allentare le tensioni, impegnarsi in un dialogo e ripristinare la pace”, che è sarebbe stato come invitare gli ebrei nel ghetto di Varsavia e nei campi di sterminio durante la Shoah di “impegnarsi in un dialogo” con Hitler.

Oggi abbiamo bisogno di saggezza più che di forza e coraggio, perché senza saggezza tutto può trasformarsi in male

Questo è il messaggio del Primate della Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena, il Vescovo Vrtanes Abrahamyan, che si è congratulato con Samvel Shahramanian in occasione della sua elezione alla carica di Presidente della Repubblica di Artsakh:
«Caro signor Shahramanyan,
a nome della classe spirituale della Diocesi di Artsakh e del nostro popolo fedele, vi porgiamo le nostre sincere congratulazioni per la vostra elezione alla posizione responsabile di Presidente della Repubblica di Artsakh. In questo periodo pieno di prove e ostacoli visibili per l’Artsakh, gli occhi di tutto il popolo dell’Artsakh sono puntati su di te, che attendi con speranza un esito positivo delle loro difficoltà e privazioni a cui sono sottoposti. Il giogo è veramente pesante, ma per un Cristiano qualunque giogo diventa dolce e sopportabile se portato con amore e per amore di un’idea santa.
Essendo ben consapevoli della tua storia e del tuo grande contributo alla costruzione dello Stato di Artsakh, siamo sicuri che continuerai a servire il nostro popolo con lo stesso zelo anche in questa nuova posizione. Sono passati 32 anni da quando il popolo dell’Artsakh è stato in prima linea nella lotta per l’esistenza e la dignità del popolo armeno, ha sofferto molte difficoltà e sofferenze e continua ancora a soffrire. Oggi, la nostra gente ha bisogno di amore e sincerità più di ogni altra cosa, e soprattutto, da parte dei leader del loro Paese. L’atmosfera di solidarietà e unità esistente nel campo politico dell’Artsakh dovrebbe diventare la solida base della nostra lotta e la forza trainante dell’intera unità armena.
Perciò, oggi abbiamo bisogno di saggezza più che di forza e coraggio, perché senza saggezza tutto può trasformarsi in male. La Scrittura ci insegna che l’inizio della saggezza perfetta è il Timor di Dio. Una forte fede in Dio e una coscienza pulita sono un forte muro per ogni persona e nazione. «Se il Signore non costruisce la casa, i costruttori si affaticano invano. Se il Signore non protegge la città, le sentinelle vegliano invano» (Sal 127,1). Ispirati da questo bellissimo versetto del Salmo 127, preghiamo affinché tu possa alleviare le preoccupazioni del nostro Paese con saggezza e prudenza, per garantire la vita pacifica degli Armeni dell’Artsakh nella loro patria donata da Dio.
Che Dio benedica la tua nuova missione».

Proteggere il diritto inalienabile degli Armeni dell’Artsakh all’autodeterminazione

Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di Tutti gli Armeni ha inviato un messaggio di congratulazioni a Samvel Shahramanyan in occasione della sua elezione a Presidente della Repubblica di Artsakh:
«Caro Signor Presidente,
dalla Santa Sede di Etchmiadzin, ti portiamo i nostri saluti e la benedizione patriarcale in occasione della tua elezione alla carica di Presidente della Repubblica di Artsakh.
Assumi la posizione di Presidente nella situazione più difficile, mentre l’Artsakh si trova ad affrontare le più gravi sfide di sicurezza, politiche ed economiche e nelle condizioni di un blocco di fatto di nove mesi, difende eroicamente il suo diritto a vivere liberamente e in modo indipendente. Ogni bambino della nazione è coinvolto nella giusta lotta dell’Artsakh e crediamo che con la determinazione e il potenziale di tutti gli Armeni, così come con il sostegno della comunità internazionale, saremo in grado di raggiungere la conclusione desiderata del problema, per proteggere il diritto inalienabile degli Armeni dell’Artsakh all’autodeterminazione nella loro terra natale.
Egregio Signor Presidente,
avendo la testimonianza del tuo servizio coscienzioso, altruista e zelante in varie posizioni elevate, sei pieno di speranza che con la tua esperienza e autorità contribuirai alla creazione di un’atmosfera di solidarietà e cooperazione nell’Artsakh e al rafforzamento dello spirito e dell’ottimismo del popolo, a favore della vita indipendente e sicura degli Armeni dell’Artsakh e della creazione di un futuro prospero.
Dalla Santa Sede di Etchmiadzin, ti portiamo il nostro sostegno, pregando affinché, sotto la benedizione del Signore, tutte le tue iniziative siano coronate dal successo a beneficio del nostro mondo nativo dell’Artsakh».

Questi sono i Capi della Santa Chiesa Apostolica Armena, che stanno vicino al loro popolo che soffre. Invece, attendiamo invano dal Capo della nostra Chiesa Cattolica Romana una parola di condanna dei crimini commessi dall’autocrate di Baku e una parola di conforto con il popolo armeno dell’Artsakh, mentre non manca mai di menzionare l’Ucraina (anche se chi governa a Kiev non l’apprezza) dopo la preghiera dell’Angelus Domini domenicale, come anche ieri: «Sentiamoci chiamati a opporre alla forza delle armi quella della carità, alla retorica della violenza la tenacia della preghiera. Facciamolo soprattutto per tanti Paesi che soffrono a causa della guerra; in modo speciale, intensifichiamo la preghiera per la martoriata Ucraina. Ci sono le bandiere, lì, dell’Ucraina, che sta soffrendo tanto, tanto!».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Il Vice Presidente del Parlamento Europero FABIO MASSIMO CASTALDO (m5s) con altri 51 deputati chiede all’UE di prevenire la catastrofe umanitaria in NK

(ANSA) – STRASBURGO, 11 SET – “Con una lettera a mia prima firma e cofirmata da 51 colleghi del Parlamento europeo appartenenti a sei gruppi politici diversi, abbiamo chiesto alla Presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, all’Alto Rappresentante, Josep Borrell, e al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, di assumere una posizione chiara e netta rispetto alla situazione umanitaria in Nagorno-Karabakh”. Lo dichiara l’europarlamentare del M5S, Fabio Massimo Castaldo. “Esprimiamo la nostra forte preoccupazione per le persistenti notizie sul continuo deterioramento delle condizioni della popolazione armena residente nella regione, a causa del prolungato blocco del Corridoio Lachin imposto illegalmente dalle forze armate azere, contravvenendo all’Accordo Trilaterale siglato tra Armenia, Azerbaigian e Russia del novembre 2020. Da diversi mesi le autorità di Baku hanno schierato personale militare per bloccare l’accesso di cibo, forniture mediche e altri beni essenziali, mettendo a rischio i 120mila abitanti di etnia armena della regione”, prosegue Castaldo.
“Si tratta inequivocabilmente di crimini contro l’umanità e crediamo che la nostra Unione dovrebbe assumere una posizione di fortissima condanna al riguardo, considerando anche l’imposizione di un regime sanzionatorio nei confronti di Baku, per evitare una pulizia etnica nella regione e per garantire i presupposti per la conclusione di un accordo di pace duraturo e reciprocamente accettabile tra Armenia e Azerbaigian”, continua la nota.
“L’Unione europea deve intervenire con decisione per prevenire una catastrofe umanitaria. Le recenti pseudo-aperture al dialogo da parte di Baku non solo non convincono, ma alla luce dei crescenti movimenti di truppe verso il confine, rendono ancora più urgente più azioni politica di dissuasione per bloccare una postura che nasconde, di fatto, la volontà di occupare l’intero Nagorno-Karabakh e scacciare dalle loro terre ancestrali le popolazioni armene residenti all’interno del territorio azero”, conclude Castaldo. (ANSA).

Ucraina: Lavrov, ‘intenzioni Armenia di esercitazioni con Usa è deplorevole’ (AdnKronos 11.09.23)

uova Delhi, 11 set. (Adnkronos) – La Russia si rammarica delle intenzioni armene di tenere esercitazioni congiunte con gli Stati Uniti. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in una conferenza stampa dopo il vertice del G20, aggiungendo che questa decisione “è deplorevole”.

La Russia non vede” molto di buono nei tentativi della Nato di infiltrarsi nel Caucaso meridionale”, ha sottolineato Lavrov. “Non penso che questo sia un bene per nessuno, compresa la stessa Armenia”.

Mercoledì, il Ministero della Difesa armeno ha annunciato che il paese del Caucaso meridionale ospiterà un’esercitazione militare congiunta, Eagle Partner 2023, con gli Stati Uniti dall’11 al 20 settembre.

Erdogan al premier armeno, arrivare alla pace nella regione (Ansa 11.09.23)

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha avuto una conversazione telefonica con il premier armeno Nikos Pashinyan in cui sono state discusse le relazioni bilaterali tra Ankara e Yerevan come anche questioni internazionali.
Durante il colloquio, entrambi i leader hanno sottolineato che “arrivare alla pace permanente e trovare la stabilità regionale contribuirà allo sviluppo e alla prosperità di tutti i Paesi della regione e che gli sforzi diplomatici con questo obiettivo dovrebbero continuare”, riferisce la presidenza della Repubblica di Ankara.


La variabile armena: gas e petrolio al centro delle tensioni (mondiali) sul Nagorno-Karabakh (lantidiplomatico 10.09.23)

di Fabrizio Poggi per l’AntiDiplomatico

Quando sono al via le manovre militari armeno-americane che si protrarranno fino al 20 settembre, si stanno ulteriormente deteriorando i rapporti tra Armenia e Russia. Il primo ministro Nikol Pašinjan sta orientando sempre più verso ovest le proprie scelte, in cerca di sostegno, mentre l’Azerbajdžan continua da giorni a concentrare truppe alla frontiera armena e lungo la linea di divisione del Nagorno-Karabakh, aggravando il blocco della Repubblica e rendendo disperata la situazione alimentare degli armeni del Artsakh. In realtà, Erevan, in barba agli accordi tripartiti Mosca-Erevan-Baku del novembre 2020 sul cessate il fuoco, aveva continuato a inviare in Artsakh merci non contemplate dagli accordi, attraverso il “corridoio umanitario di Lacin”, così che Baku aveva chiuso l’arteria, salvo ora consentire (ma la cosa non è chiara) il transito di alcuni prodotti di prima necessità.

Così, in cerca di sostegno, in questi giorni, e tutto nel giro di 24 ore, Pašinjan, per annunciare l’intenzione di avviare colloqui urgenti col presidente azero Il’kham Aliev, aveva fatto squillare i telefoni di Antony Blinken, Emmanuel Macron, Olaf Scholz, del presidente iraniano Ebrahim Raisi e del premier georgiano Irakli Garibašvili; ma non quello di Vladimir Putin. D’altra parte, nota l’agenzia REX, ai primi cinque leader, il premier armeno ha ribadito il rispetto degli accordi dell’ottobre 2022 a Praga e del maggio 2023 a Bruxelles, tacendo accuratamente l’accordo di pace del novembre 2020 che, con l’intermediazione di Mosca, aveva posto fine al secondo conflitto in Karabakh.

Insomma, negli ultimissimi tempi, le relazioni tra Erevan e Mosca hanno fatto davvero passi da gigante: ma in direzione negativa.

Due giorni dopo la squallida intervista di Pašinjan a La Repubblica del 3 settembre, Erevan ritira il proprio rappresentante dal ODKB; in risposta alla proposta russa di dislocare in Armenia una missione del ODKB, Pašinjan opta per una missione UE, dopo aver dichiarato a La Repubblica che il contingente di pace russo non garantirebbe la sicurezza degli armeni e addirittura che Mosca si appresterebbe a ritirarsi dal Caucaso meridionale. Quindi, il 6 settembre, Erevan conferma le manovre congiunte “Eagle Partner 2023” con gli yankee sul territorio armeno, dopo aver rifiutato di ospitare esercitazioni del ODKB. Nello stesso giorno, la consorte del premier porta a Kiev “aiuti umanitari” sotto forma di apparecchiature elettroniche “neutrali” – mica tanto: cellulari e tablet!

Di fatto, Mosca non ha alcuna intenzione di abbandonare un’area vitale come il Caucaso meridionale; è piuttosto l’Occidente che, attraverso le manovre “diplomatiche” armene, cerca di sloggiare la Russia dal Caucaso. Ora, avvertendo l’addensarsi di nuove nubi tra Erevan e Baku, e accusando Mosca di “inazione”, Pašinjan intenderebbe scaricare sulla Russia una verosimile debacle armena e, al tempo stesso, disfarsi del presidio russo in Armenia e del contingente di pace russo in Artsakh, dove tra l’altro, dopo le dimissioni di Arajk Arutjunjan, il 9 settembre è stato proclamato presidente Samvel Šakhramanjan, non esattamente ligio a Erevan.

Il politologo Jurij Svetov ricorda come nel 2020 fosse stata la stessa Armenia a riconoscere le frontiere del 1991 e da allora, in più occasioni, Pašinjan (arrivato al potere, è il caso di ricordarlo, sull’onda dell’ennesima “rivoluzione colorata”) ha dichiarato che il Nagorno-Karabakh è territorio dell’Azerbajdžan. A gennaio e a novembre 2021, ancora Putin, Pašinjan e Aliev avevano concordato di dar vita a una commissione per la demilitarizzazione della frontiera aermeno-azera e il ripristino dei collegamenti commerciali. A ottobre 2022, i tre leader, valutando lo stato delle dichiarazioni adottate a novembre 2020 e a gennaio e novembre 2021, avevano ribadito l’impegno a una linea pacifica nei rapporti Erevan-Baku. E un ulteriore incontro a tre si era svolto a maggio di quest’anno, con Putin e Pašinjan che erano tornati a incontrarsi anche a giugno.

È in questa situazione, che da qualche mese Parigi manifesta interesse alla regione: mentre si propone, senza troppo clamore, quale intermediaria tra Erevan e Baku – è dello scorso giugno la visita a Parigi del Ministro della difesa armeno Suren Papikjan – continua a condurre i propri affari principalmente con la seconda: TotalEnergie e SOCAR estraggono gas dal sito “Apšeron”, nel settore azero del mar Caspio.

Ma non c’è solo il gas nell’area. L’Armenia non è ricca di petrolio, a differenza invece del Nagorno-Karabakh. Dunque, ci si chiede se l’orientamento pro-occidentale di Pašinjan, con l’addossare a Mosca una fantomatica “inazione” del contingente di pace russo a difesa degli armeni del Artsakh, e gli “appelli” all’occidente, non costituiscano il prezzo di scambio per consegnare ai capitali occidentali il Karabakh e il suo petrolio. Così, insieme alla ratifica del protocollo di Roma (il mandato d’arresto emesso dal cosiddetto “Tribunale penale internazionale” nei confronti di Vladimir Putin) da parte del parlamento di Erevan, i media ufficiali armeni hanno cominciato a spandere voci su una fantomatica presenza di 12.000 “wagneriani” che, su ordine di Mosca, tenterebbero di rovesciare Pašinjan. Difficile intuire l’origine di tali voci ma, nota Aleksandr Chausov su Novorosinform, a pensarci bene esse costituirebbero un valido alibi per chiedere che, a conclusione delle manovre di settembre, qualche decina di migliaia di soldati NATO stazionino in Armenia.

Perché, a ben vedere, se Mosca non ha interesse a deteriorare i rapporti con Tbilisi o Baku (e, di conseguenza, con Ankara, la cui dottrina nei confronti dell’Azerbajdžan è oltremodo esplicita: “Due paesi, una nazione”), impegnandosi in un conflitto nella regione, che renderebbe complesse anche le amichevoli relazioni con Teheran, ecco che in Occidente non si vedrebbe male l’apertura di un secondo fronte a sud della Russia.

Parigi, ad esempio, colpita dalla serie di rivolgimenti in paesi africani ricchi di risorse essenziali per l’industria francese, potrebbe agognare al petrolio del Artsakh, cui si mira da più parti almeno dal 1987: cioè il periodo in cui l’azera “AzGeologija” aveva concluso le prime riuscite prospezioni e che, guarda caso, coincise coi primi scoppi della crisi militare nel Nagorno-Karabakh. Ora, quel petrolio, fa gola sì a Baku, che potrebbe trasferirlo in Occidente attraverso la Turchia, ma soprattutto all’Occidente stesso in prima persona, attraverso l’Armenia. E, nota ancora Chausov, era stata per l’appunto la Francia a bloccare già una ventina d’anni fa l’ingresso della Turchia nella UE, riconoscendo il genocidio armeno e proclamando ufficialmente che Ankara era indegna dell’adesione per, ca va sans dire, “regressione in materia di democrazia e diritti fondamentali”. Cioè, in tutta la faccenda, fanno capolino non solo interessi francesi “anti-russi”, ma soprattutto “anti-turchi”: o meglio, “pro-petroliferi”.

Così che, difficile escludere qualche piano di Nikol Pašinjan per mettere in mano a Parigi e all’Occidente le risorse naturali del Artsakh. Non a caso, dice ancora Chausov, già nel 2020 il defunto Evgenij Prigožin aveva messo in guardia Erevan dal non ammettere gli USA nelle proprie questioni e, fatto quantomeno intrigante, ci si chiede come mai, nelle stesse ore in cui precipitava l’aereo del “direttore d’orchestra”, un altro jet privato della “Wagner” volasse da Mosca a Baku, dopo di che a Erevan cominciavano le fibrillazioni anti-russe.

Dunque, il gas azero, si diceva. Stando ai dati Eurostat, la percentuale di petrolio che la UE riceve dalla Russia è precipitata nel giro di pochissimo tempo dal 29 al 2% e quella di gas dal 38 al 13%, mentre sono aumentate le forniture da Algeria, Gran Bretagna e Norvegia e, conseguentemente, anche dall’Azerbajdžan, lungo il Corridoio gasiero meridionale.

Sulle Izvestija, Ksenija Loginova si chiede quindi se Baku riuscirà a sottrarre a Mosca consistenti quote di mercati europei del gas. Intanto sono già aumentate le forniture azere all’Ungheria e per il quarto trimestre del 2023 Budapest riceverà 100 milioni di mc di gas, oltre a 50 milioni che intende acquistare per i propri depositi. Dall’Ungheria, il gas azero già transita alla volta di Bulgaria, Grecia, Romania e Italia. Lo scorso aprile, Azerbajdžan, Bulgaria, Ungheria, Slovacchia e Romania avevano sottoscritto il cosiddetto “Anello della solidarietà” (cui si uniscono anche Serbia e Bosnia-Erzegovina), per l’utilizzo di ramificazioni interne nell’accrescimento dei volumi di gas attraverso il Corridoio meridionale. La UE in prima persona dichiara ufficialmente, e non da ora, il proprio interesse ad ampliare le forniture azere, e se ancora nel 2021 aveva ricevuto 8 miliardi di mc di gas, la prospettiva è quella di raggiungere i 20 miliardi per il 2027.

Ma, nel frattempo, si infittiscono le notizie su concentramenti di truppe azere, armene e iraniane ai relativi confini tra i tre stati e diversi osservatori temono il coinvolgimento di attori pericolosi quali UE e anche Parigi in modo diretto. In effetti, le manovre di Nikol Pašinjan contro le forze di intermediazione russe fanno sempre più il gioco degli attori occidentali.

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Quali destini nella polveriera caucasica? Risponde Di Liddo (CeSI) (Formiche.it 10.09.23)

l direttore del Centro Studi Internazionali analizza le dinamiche politico-securitarie della regione euroasiatica. In cui il controllo di Mosca, per una serie di fattori, si sta affievolendo sempre di più

I recenti risvolti registrati in Armenia riportano l’attenzione dell’opinione pubblica sulla regione montana al confine tra Asia ed Europa, da sempre considerata come l’area più calda dello spazio post-sovietico. Come e perché sono cambiati i rapporti di forza e le dinamiche di potere in questo teatro, e a vantaggio di chi? A rispondere a queste ed altre domande per Formiche.net è Marco Di Liddo, direttore del Centro Studi Internazionali.

In un’intervista a Repubblica pubblicata domenica 03 settembre il Primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha dichiarato che l’Armenia ha sbagliato ad affidarsi esclusivamente a Mosca come security provider. Poche ore dopo, Erevan ha annunciato esercitazioni militari congiunte con gli Stati Uniti. Come interpreta questo segnale?

Un segnale senza precedenti nella storia del Paese dal 1991, anno della sua indipendenza. Segnale che si inserisce nel solco di un rapporto che, fino a poco tempo prima di questi eventi, era un rapporto solidissimo, probabilmente il più solido nella galassia post-sovietica. Non solo dal punto di vista politico, ma anche (e soprattutto) da quello economico. Questo ‘cambio di rotta’ dell’Armenia può essere oggetto di due possibili interpretazioni. La prima è quella di voler mandare un ‘avvertimento’ a Mosca, e suggerire che quello che è successo in Ucraina e in Kazakistan, due paesi dove l’influenza russa negli ultimi anni è calata drasticamente, può succedere anche in Armenia: per evitare che ciò accada è necessario un rinnovato impegno da parte di Mosca sia sul piano politico che su quello economico tramite interventi sulle relazioni bilaterali, e soprattutto sul piano dell’impegno russo rispetto al dossier del Nagorno Karabakh. La seconda interpretazione invece è che la leadership armena sia intenzionata a realizzare una netta virata in politica estera, dopo essersi resa conto che il benessere e la stabilità della propria nazione albergano in altri tipi di rapporti e di partnership.

Pensa che il conflitto in Ucraina, e prima ancora quello del Nagorno Karabakh, siano stati dei “punti di svolta” nelle relazioni tra Federazione Russa e Armenia?

Certamente. Ma tra il conflitto in Ucraina e quello in Nagorno Karabakh, non c’è dubbio che sull’Armenia abbia pesato più quest’ultimo. Per le ragioni geografiche e per il peso politico e simbolico che questo conflitto ha per la leadership armena. Gli armeni si aspettavano un maggior coinvolgimento russo, soprattutto dopo l’ultima escalation del 2020, dove gli azeri si sono rivelati vincitori sia sul piano militare che su quello politico, grazie soprattutto ad un protagonismo turco che si è tradotto in un concreto supporto per Baku. Probabilmente a Erevan ci si aspettava che Mosca assumesse una posizione più forte a loro tutela, con un atteggiamento più assertivo sia nei confronti di Baku che di Ankara. Questa cosa non è avvenuta per mille ragioni, ma ha comunque lasciato gli armeni con l’amaro in bocca. Ma anche la crisi Ucraina ha contribuito a modellare i rapporti tra Armenia e Russia. Quello che è successo in Ucraina non è un comportamento ‘nuovo’, si incastona all’interno di una ‘Dottrina Breznev 2.0’. Quando Putin vede che gli strumenti del soft power e della corruzione non bastano a tenere uno Stato ancorato alla propria orbita, non lesina interventi militari pesanti. E come Paese del cosiddetto “estero vicino”, questa cosa spaventa. Credo che anche questo abbia influenzato la posizione dell’Armenia.

Come vede il rapporto tra Ankara e Mosca, sia dentro che fuori dal Caucaso?

Il rapporto tra Ankara e Mosca non è prettamente amichevole. Io lo definirei piuttosto un rapporto pragmatico: è vero che i turchi cercano di fare da mediatori nel conflitto in Ucraina, ma allo stesso tempo hanno sin da subito condannato l’invasione del 2022, e ancora prima non avevano riconosciuto l’annessione della Crimea, definendola anzi una mossa azzardata. E supportano l’Azerbaigian contro l’Armenia. Quindi si, da una parte comprano gli S-400 e si muovono in grande sinergia riguardo alle questioni energetiche, ma quando gli interessi collidono non esitano ad assumere un atteggiamento duro nei confronti di Mosca. Abbiamo tanti esempi al riguardo, il Caucaso ma anche la Siria sono soltanto alcuni di questi. Nel Caucaso la penetrazione turca avviene con gli strumenti ‘classici’ che Ankara ha impiegato anche nei Balcani, ovvero l’azione sinergica della diplomazia ufficiale, dell’incremento della cooperazione economica in svariati settori, e della ‘diplomazia culturale’ che crea dei legami importanti a livello sociale, legami che poi la Turchia riesce a tradurre in partnership concrete. Il limite della Turchia è la sua economia vulnerabile, e la volatilità della lira turca è un problema, ma dall’altra parte della montagna non ci sono attori in grado di sconfiggerla da questo punto di vista; anzi, gli attori con cui Ankara si confronta sono sempre al suo livello, se non inferiori. E questo è un vantaggio tattico importante.

Anche l’Azeirbaigian, così come l’Armenia, faceva parte dell’Unione Sovietica. I retaggi del passato pesano ancora per Baku?

L’Azerbaigian è oramai distaccato da Mosca, il suo punto di riferimento è Ankara. E quanto avvenuto in concomitanza della crisi ucraina lo dimostra: Baku ha infatti sfruttato le dinamiche di questa crisi per massimizzare i propri interessi nazionali, ad esempio incrementando le quote di esportazione degli idrocarburi verso l’Europa. Per la Russia l’Azerbaigian è diventato comunque un Paese ‘pericoloso’, soprattutto nell’ottica delle relazioni con l’Europa, perché può influenzare le relazioni energetiche tra Europa e Russia, con tutte le conseguenze del caso, soprattutto perché potrebbe inserirsi strutturalmente, e non solo in via temporanea.

Ritiene che le dinamiche del conflitto in Ucraina abbiano influenzato “direttamente” la politica di Mosca nella regione caucasica, o che esso abbia soltanto “assorbito” una parte delle risorse che Mosca destinava a quella regione prima del 2022?

Entrambe, più la prima che la seconda. Sicuramente il conflitto ucraino ha drenato risorse e attenzioni dalla regione caucasica, ma più di quello è stato il comportamento russo a spingere gli Armeni a questo, almeno apparente, cambio di direzione. In realtà la Russia pensava di aver risolto il ‘problema Caucaso’ nel 2008, con l’invasione della Georgia, l’istituzione degli ‘stati autonomi’ di Abkhazia e Georgia, e le conseguenti politiche di ‘congelamento’ della situazione sul campo. Negli ultimi mesi addirittura il governo georgiano si era avvicinato alle posizioni della Russia, scatenando un conflitto interno on la fazione più ‘occidentalista’, salvo poi fare marcia indietro. Ma i fatti hanno dimostrato che non è così.

Come ha appena detto, la strategia del frozen conflict si è rivelata piuttosto efficace in Georgia. Perché Mosca non ha potuto cercare di replicare una simile situazione in Ucraina?

Non poteva fare lo stesso perché lo scenario era diverso, gli interessi erano diversi e la posta in gioco era infinitamente più alta. In Ucraina parliamo di un conflitto regionale con impatti globali, perché in quel teatro di guerra si contribuisce a modellare il nuovo ordine mondiale. Nel conflitto in corso ci sono in ballo la credibilità non solo di Mosca, ma anche di Europa e Stati Uniti, e la credibilità è fondamentale per proiettare con successo la propria influenza in altri contesti, come l’Africa, l’indo-Pacifico e l’America Latina. Inoltre, anche l’impegno statunitense ed europeo è stato infinitamente più grande rispetto a quello del 2008. Si poteva fare la stessa cosa che si è fatta nel 2022 in ucraina, ma la si è fatta per la mancanza di sufficiente volontà politica, probabilmente dovuta a diversi rapporti di forza e ai differenti interessi allora in gioco. In Ucraina i tempi, e soprattutto i volumi di interessi, sono diversi. E i risultati sono tangibili ad oggi.

Possiamo quindi individuare un fil rouge che, passando per il 2014, collega gli eventi del 2008 a quelli del 2022?

Assolutamente sì. E si può estendere questo filo anche ad eventi precedenti, come la Rivoluzione Arancione del 2004 e la prima guerra del gas russo-ucraina di pochi mesi dopo. E questo filo collega eventi diversi, ma legati allo stesso contesto: periferie che si sentono per la prima volta pronte a gestire in modo autonomo e la politica estera e la politica interna, pronte a cogliere le opportunità che il mondo fuori dallo spazio post-sovietico offre. E la Russia che può soltanto impiegare strumenti cinetico-militari per tenere legati questi stati del proprio Near Abroad, prima tramite la “militarizzazione” delle risorse energetiche, per arrivare poi all’utilizzo dello strumento militare vero e proprio.

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273° giorno del #ArtsakhBlockade – Parte 1 e 2. Cronaca dal campo di concentramento della soluzione finale di Aliyev in Artsakh. La voce della gente: “Siamo ancora in gabbia come animali dello zoo e hanno appena deciso di darci da mangiare” (Korazym 10.09.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.09.2023 – Vik van Brantegem] – Ieri sera, 9 settembre 2023, alle 18.50 (ora di Roma), il Centro di informazione della Repubblica di Artsakh ha riferito via Facebook che sarebbe stato raggiunto – tutto a verificare nella realtà – un accordo per permettere l’ingresso degli aiuti umanitari della Federazione Russa attraverso la strada di Akna (Aghdam) e della riapertura del Corridoio di Berdzor (Lachin), ma soltanto per le forze di mantenimento della pace russe e il Comitato Internazionale della Croce Rossa. Ecco, il grande inganno Aliyev-Putin!

Poi, appunto, immediata la doccia gelata di Hikmet Hajiyev, Assistente del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Capo del Dipartimento per gli Affari di Politica Estera dell’Amministrazione Presidenziale: «Si tratta di un accordo separato e non deve essere confuso con il suggerimento sull’apertura simultanea della strada Aghdam-Khankandi e della strada Lachin-Khankandi per le consegna del Comitato Internazionale della Croce Rossa».

Tradotto: l’Azerbajgian e la Russia non hanno alcuna intenzione di rispettare l’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e di aprire, in conformità della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, il Corridoio di Berdzor (Lachin), chiuso dal 12 dicembre 2022.

Ricordiamo che lo scopo del #ArtsakhBlockade dell’autocratico regime della Repubblica di Baku non è di creare una crisi umanitaria in Artsakh/Nagorno-Karabakh, ma di impedire l’autodeterminazione, la sopravvivenza e la libertà del popolo dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, cioè effettuare la pulizia etnica e proseguire il genocidio armeno. Non c’è in Artsakh una “semplice” crisi umanitaria, ma si tratta di una questione di vita o di morte per gli Armeni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.

«Se la strada di Aghdam è aperta (verso Nagorno-Karabakh/Artsakh) ma il Corridoio di Lachin rimane chiuso, siamo ancora in gabbia come animali dello zoo e hanno appena deciso di darci da mangiare. Gente del posto» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – email).

Commenti sui social:
«Non cadremo nell’inganno e nella narrativa dei turchi azeri. Vogliono che la pubblicità negativa scompaia il prima possibile con qualsiasi narrazione. Le soluzioni temporanee non sono la risposta».
«Una lettera da Artsakh… Non soffro la fame da mesi, per perdere la mia lotta… Voglio vivere liberamente e indipendentemente nella mia terra natale… Aprite il Corridoio di Lachin!»

Secondo l’agenzia 301, ieri sera alle 21.12 (ora di Roma), i residenti dell’Artsakh erano ancora sulla strada Akna (Aghdam)-Askeran e insistevano sul fatto di non aver permesso a un solo camion di passare attraverso questa strada.

La gente dell’Artsakh è sveglia e ha una memoria millenaria.

Tra le varie forme del potere e il loro modo di comunicare, c’è la macchina del fango con l’uso della menzogna che è una verità artefatta. Manipolare l’informazione significa manipolare le coscienze. Deformare un’informazione per esaudire un’aspettativa nella massa. Anche l’odio razziale dipende in gran parte da questo modo di comunicare. Il regime autocratico della Repubblica di Baku ne fa uso smisurato per stimolare l’odio anti-armeno ad uso domestico e l’inganno per il pubblico mondiale.

Riportiamo il testo del comunicato del Centro di informazione della Repubblica di Artsakh di ieri sera, nella nostra traduzione italiana dall’inglese:
«Il Governo della Federazione Russa ha preso un’iniziativa per fornire aiuti umanitari alla Repubblica dell’Artsakh, tenendo conto della crisi umanitaria creatasi nella nostra repubblica.
Gli aiuti, che contengono prodotti vitali della produzione russa, sono stati inviati l’altro giorno ad Artsakh dalla Croce Rossa russa con i veicoli di questa organizzazione.
Le autorità della Repubblica di Artsakh, sulla base della necessità di mitigare i gravi problemi umanitari causati dal blocco totale attuato dall’Azerbajgian, hanno deciso di consentire l’ingresso delle merci russe nella nostra repubblica attraverso la città di Askeran.
Allo stesso tempo è stato raggiunto un accordo secondo il quale il trasporto di merci umanitarie da parte delle forze di mantenimento della pace russe e del Comitato Internazionale della Croce Rossa sarà ripristinato attraverso il Corridoio di Lachin».

«Ci sono nuovi sviluppi nella situazione nel Nagorno-Karabakh. Il governo del Nagorno-Karabakh ha deciso di accettare il carico umanitario inviato dalla Russia attraverso il territorio dell’Azerbajgian. È possibile che anche attraverso il Corridoio di Lachin vengano importati beni umanitari nel Nagorno-Karabakh. Ciò include i 32 camion inviati da Francia e Armenia, che contengono carichi umanitari.
Il governo del Nagorno-Karabakh rileva che il carico umanitario russo comprende beni vitali di fabbricazione russa che la Russia ha inviato nel Nagorno-Karabakh l’altro giorno attraverso i veicoli della CroceRossa russa.
Le autorità dell’Artsakh affermano di aver deciso di consentire l’ingresso di merci russe nel Nagorno-Karabakh attraverso la città di Askeran al fine di alleviare i gravi problemi umanitari causati dal blocco totale attuato dall’Azerbajgian.
Allo stesso tempo, è stato raggiunto un accordo per ripristinare il trasporto di merci umanitarie attraverso il Corridoio di Lachin da parte delle forze di mantenimento della pace russe e del Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Il governo del Nagorno-Karabakh ha preso la decisione di ricevere carichi umanitari dal territorio dell’Azerbajgian nel momento in cui l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell’Unione Europea, Josep Borrell, stava parlando con il Ministro degli Esteri azerbajgiano, Jeyhun Bayramov. Borrell ha espresso preoccupazione per la situazione umanitaria in cui versano gli Armeni del Nagorno-Karabakh. Il funzionario dell’Unione Europea ha detto a Bayramov che il Corridoio di Lachin dovrebbe essere riaperto e che la strada di Aghdam potrebbe essere aperta come parte della soluzione, ma non come alternativa.
Ieri [8 settembre 2023] anche gli Stati Uniti hanno invitato le parti ad aprire immediatamente e simultaneamente il Corridoio di Lachin e altre strade, per fornire forniture umanitarie di fondamentale importanza al Nagorno-Karabakh.
Il camion russo è già nel Nagorno-Karabakh. Resta da vedere se i 32 camion inviati da Armenia e Francia all’inizio del Corridoio di Lachin entreranno nel Nagorno Karabakh» (Roberto Anayan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

«In risposta alle numerose richieste di giornalisti internazionali, tra cui Reuters, Politico e BBC vorrei chiarire quanto segue:
La Russia ha avviato un carico alimentare della Croce Rossa russa che percorrerà la strada Aghdam-Askaran verso Khankandi in coordinamento con la Mezzaluna Rossa azera. Si tratta di un accordo separato e non deve essere confuso con il suggerimento sull’apertura simultanea della strada Aghdam-Khankandi e della strada Lachin-Khankandi per le consegna del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Così, il 1° settembre l’Azerbajgian ha espresso il suo consenso, come gesto di buona volontà, per garantire l’apertura simultanea delle strade Aghdam-Khankandi e Lachin-Khankandi. Ma il regime illegale ha rifiutato.
Tuttavia, al posto di controllo di Lachin devono essere rispettate le norme doganali e di controllo delle frontiere dell’Azerbajgian.
Le elezioni fittizie, o preferirei chiamarle selezione, rappresentano una grave battuta d’arresto e controproducente. Il regime fantoccio illegale deve essere sciolto e disarmato. È l’unico modo per garantire una pace duratura in cui i residenti Armeni e Azeri del Karabakh possano vivere e coesistere» (Hikmet Hajiyev, Assistente del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Capo del Dipartimento per gli Affari di Politica Estera dell’Amministrazione Presidenziale).

Tradotto: l’Azerbajgian non ha alcuna intenzione di rispettare l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e di aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin), chiuso dal 12 dicembre 2022.

Il Corridoio di Berdzor (Lachin) deve essere completamente ripristinato secondo la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, come deciso dalle ordinanze giuridicamente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia. Qualsiasi checkpoint illegale dell’Azerbajgian deve essere smantellato. Le menti e i promotori del blocco dell’Artsakh devono essere ritenuti responsabili dalla Corte Penale Internazionale. Questa è l’unica via per la pace.

«Raccoglieremo le dichiarazioni ufficiali di nazioni straniere che disapprovano le presunte “elezioni” condotte dal regime separatista armeno in Karabakh» (Azeri Times).

Si ricorda a questo organo di stampa statale azero, che l’Azerbajgian ha pubblicato i risultati delle “elezioni” presidenziali prima che i suoi cittadini avessero la possibilità di votare. In realtà nella Repubblica di Artsakh i cittadini votano per i loro leader e loro non nominano le loro mogli vicepresidente. L’Artsakh è una repubblica più democratica di quanto lo sarà mai l’Azerbajgian.

Il Presidente dell’Argentina, Alberto Fernández, parlando ieri, 9 settembre 2023, al vertice del G20 a Nuova Delhi, ha denunciato l’Azerbajgian per il suo “doloroso” blocco del Corridoio di Lachin, che ha causato una crisi umanitaria. Questo sarà sfuggito all’Azeri Times.

La notizia di ieri pomeriggio, 9 settembre 2023

«Un camion pieno di prodotti alimentari e non alimentari della Società della Croce Rossa russa si è spostato dal punto di partenza di Samur verso il territorio dell’Azerbaigian per essere consegnato a Khankendi. Attualmente, questo carico si sposta in direzione di Samur-Baku, Baku-Barda, Aghdam e Askaran» (Mikroskop Media).

«La Croce Rossa russa ha inviato un camion di forniture alimentari attraverso la rotta Akna (Agdam), ora controllata dall’Azerbajgian. Questa informazione è stata condivisa dalla Mezzaluna Rossa azera. Questo sforzo di aiuto è stato avviato dal governo russo per rispondere ai bisogni dei residenti dell’Artsakh.
Alle ore 14.30, un camion che trasportava generi alimentari e non alimentari ha attraversato il confine tra Russia e Azerbajgian al checkpoint di Samur. Finora le autorità della Repubblica dell’Artsakh non hanno rilasciato alcun commento in merito» (Agenzia 301).

«Un camion della Croce Rossa russa ha attraversato il valico Yarag-Kazmalyar-Samur lungo il confine con l’Azerbajgian per consegnare aiuti umanitari al Nagorno-Karabakh. Forse è la prima volta dal 23 novembre 2020 che viene utilizzato questo confine terrestre. Sviluppo molto significativo.
Un solo camion, probabilmente medicinali, quasi inesistente nel Nagorno-Karabakh. Inoltre, ora è la Croce Rossa russa, e non la Mezzaluna Rossa azera come hanno cercato di fare le autorità di Baku, e non è attraverso il Corridoio di Lachin, ma attraverso Aghdam. Forse un compromesso…» (Nagorno Karabakh Observer).

«I media azerbajgiani riferiscono che un camion della Croce Rossa russa che trasporta prodotti alimentari e non alimentari per gli Armeni del Karabakh si sta dirigendo verso Aghdam. L’informazione è stata diffusa dall’organizzazione della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian. Il trasporto viene effettuato nell’ambito del memorandum di cooperazione tra la Società della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian e la Società della Croce Rossa della Russia, su iniziativa del governo russo.
Il camion ha attraversato il checkpoint di Samur alle 14.30 ora locale e si sta muovendo lungo la rotta Samur-Baku-Barda verso Aghdam e Askeran. “Ulteriori informazioni verranno fornite dopo che il carico sarà stato consegnato alla destinazione finale”, si legge nel messaggio della Mezzaluna Rossa dell’Azerbajgian.
Questo è uno sviluppo interessante. Sul lato armeno, vicino al ponte Hakari stanno fermi i [32] camion che trasportano aiuti umanitari dall’Armenia e dalla Francia, mentre dal lato di Aghdam ai [2] camion provenienti dall’Azerbajgian si uniranno gli aiuti russi [1 camion]. Ciò riflette chiaramente le posizioni di Russia e Francia sulla questione del Nagorno-Karabakh.
Perché la Russia non avvicina il carico dal confine armeno? Forse perché spera che il neoeletto Presidente del Nagorno-Karabakh acconsenta all’apertura della strada di Aghdam?
La Russia sostiene il piano dell’Azerbajgian di aprire la strada di Aghdam entrando nell’Artsakh. Portando le merci da Aghdam al Nagorno-Karabakh, la Russia dimostra di agire dalla parte dell’Azerbajgian.
Mi interessa solo sapere se il neoeletto Presidente del Nagorno-Karabakh accetterà gli aiuti umanitari della Russia dall’Azerbajgian. Se verrà accettata, i camion azeri entreranno sicuramente nel Nagorno-Karabakh dopo il camion russo.
Ma la domanda principale è la seguente: in caso di apertura della strada di Aghdam, Russia e Azerbajgian apriranno anche il Corridoio di Lachin, secondo lo status da loro definito nella dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020? Tendo a pensare che non restituiranno lo status di corridoio sulla strada di Lachin.
È questa la prima sfida seria che dovrà affrontare il neoeletto presidente del Nagorno-Karabakh» (Robert Ananyan).

Il confine tra la Repubblica di Azerbajgian e la Federazione Russa è lungo 338 km e si estende dal triplice punto con la Georgia a ovest fino al Mar Caspio a est. Prima del 1991 era un confine all’interno dell’Unione Sovietica tra la Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (inclusa la Repubblica Socialista Sovietica di Daghestan ) e la Repubblica Socialista Sovietica di Azerbajgian. È il punto più meridionale della Federazione Russa. Ci sono quattro valichi di frontiera, tra cui Yarag-Kazmalyar (Russia)-Samur (Azerbajgian)

Commenti sui social armeni:
«Il cavallo di Troia russo è in movimento, rivelando la politica insidiosa della Russia. Assistiamo a un gioco pericoloso mentre la Russia appoggia il blocco genocida del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian, rinegando la propria firma dell’accordo trilaterale del 9 novembre 2020 e sfidando l’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia.
Ancora un’altra prova che i migliori amici e alleati, Russia e Azerbajgian, sono anche partner nel crimine. Il #ArtsakhBlockade è una joint venture russo-azera. Sia la Russia che l’Azerbajgian sono firmatari della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e nessuno dei due ha adempiuto ai propri obblighi».

Il Ministero della Difesa azerbajgiano ha diffuso una dichiarazione, secondo cui il 9 settembre, intorno alle 17.25, unità dell’esercito di difesa dell’Artsakh avrebbero tentato di eseguire lavori di fortificazione nella regione di Martuni, ma sarebbero stati fermati dalle forze azere. Questa è un’affermazione completamente falsa. Il Ministero della Difesa azerbajgiano prosegue con la preparazione del terreno per un’altra provocazione diffondendo messaggi estranei alla realtà.

«Ieri, 9 settembre 2023, sono stati documentati altri voli cargo IL-76 (reg. 4K-AZ40; ICAO 600828) sospettati di essere cargo militari dell’Azerbaigian (non è affatto comune vedere questi aerei da/per Nakhichevan). Stesso aereo è stato osservato due volte» (Nagorno Karabakh Observer).

Il Nagorno Karabakh Observer ha determinato la geolocalizzazione di un video di movimenti di truppe dell’Azerbajgian pubblicato negli ultimi giorni nell’area di Zangilan (sotto controllo della Repubblica di Artsakh prima della guerra dei 44 giorni del 2020) vicino al villaggio di Uchunju Aghali, a 16 km dal confine dell’Armenia vicino all’Iran.

“Se l’Iran interferisce negli affari dell’Azerbajgian, l’esercito turco reagirà rapidamente” (Ministro degli Affari Esteri della Turchia, Hakan Fidan).

«Al momento in cui scriviamo, la linea di contatto tra il Nagorno-Karabakh e l’Azerbajgian rimane stabile, non abbiamo informazioni che indichino alcun tipo di tensione fuori dall’ordinario. Detto questo, ci sono notizie di truppe azere ammassate in alcune zone del territorio» (Nagorno Karabakh Observer).

«Non è inverosimile pensare che la Terza Guerra Mondiale possa iniziare a causa del #ArtsakhBlockade» (Armen Chakmakian).

Il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha licenziato Sarkis Hovhannisyan dalla carica di Capo del Servizio di sicurezza dello Stato e i suoi compiti sono stati affidati al Vice Capo, Artur Gasparyan.

Durante la discussione della sua candidatura nell’Assemblea Nazionale, il neoeletto Presidente dell’Artsakh, Samvel Shahramanyan, ha dichiarato: «Il Nagorno-Karabakh dovrebbe ottenere uno status, dovremmo avere un collegamento diretto con l’Armenia attraverso il Corridoio di Lachin, altre strade possono essere aperte, ma non dovrebbero sostituire il corridoio. Dovrebbero esserci negoziati, il formato può essere sia multilaterale che bilaterale con la garanzia di una terza parte, Stepanakert dovrebbe essere oggetto di negoziati».
Shahramanyan ha sottolineato la necessità di condurre una lotta inconciliabile contro i passi che minano le basi dello Stato, per consolidare tutte le forze nel mantenimento dell’Artsakh armeno. Ha individuato il rafforzamento dello Stato, l’instaurazione della stabilità interna, la realizzazione del diritto all’autodeterminazione dell’Artsakh, il miglioramento della condizione socio-economica delle persone, l’instaurazione della legalità e dell’ordine. Ha fatto riferimento anche alle sfide regionali, alla politica dell’Azerbajgian, alle relazioni Artsakh-Armenia.

L’avvertimento in stile mafioso da parte della Repubblica di Baku: «Un genocidio può verificarsi solo se questa cricca di separatisti continua a tenere in ostaggio la propria popolazione» (Elchin Amirbayov, Rappresentante del Presidente dell’Azerbajgian).

La Turchia considera l’elezione del Presidente dell’Artsakh come un passo volto a minare i “negoziati pacifici” in corso tra Armenia e Azerbaigian. Lo ha affermato il Ministero degli Esteri turco in un comunicato, presentando la Repubblica di Artsakh come “parte dell’Azerbajgian”.
«Lo svolgimento delle elezioni nei territori controllati dalle forze armene illegittime nella regione del Karabakh in Azerbajgian è un tentativo di legittimare unilateralmente la situazione nella regione, che contraddice il diritto internazionale», si legge nella dichiarazione del Ministero degli Esteri turco, che aggiunge: «Ankara condanna le elezioni, che si sono svolte in un momento in cui l’Azerbajgian e l’Armenia stanno cercando di portare avanti i negoziati di pace, e le considera un passo volto a minare tali negoziati. La Turchia non riconosce queste elezioni illegittime, che violano la sovranità e l’integrità territoriale dell’Azerbajgian».
Inoltre, la Turchia invita l’ONU e le organizzazioni internazionali a non riconoscere le elezioni del Presidente della Repubblica di Artsakh.

Il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Turchi ha diffuso un comunicato “sulle cosiddette ‘elezioni presidenziali’ organizzate dal regime illegale nel territorio della Repubblica di Azerbaigian”, che riportiamo nella nostra traduzione italiana dall’inglese:
«Il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Turchi esprime la sua profonda preoccupazione per le cosiddette “elezioni presidenziali” organizzate il 9 settembre 2023 dal regime illegale creato dall’Armenia nella regione del Karabakh della Repubblica di Azerbajgian.
Condanniamo fermamente questo atto provocatorio definendolo una grave violazione del diritto internazionale, nonché della Costituzione e delle leggi dell’Azerbajgian, che mina la pace e la stabilità nella regione. Allo stesso tempo, elogiamo gli sforzi dell’Azerbajgian volti a reintegrare i residenti Armeni della regione del Karabagh nel suo sistema costituzionale.
Il Segretario Generale ribadisce che la regione del Karabakh fa parte dell’Azerbajgian e del mondo turco, e pertanto invita ad astenersi da qualsiasi azione che possa ostacolare il processo di normalizzazione tra Azerbajgian e Armenia, e sollecita ad impegnarsi in un dialogo costruttivo».

L’Unione Europea ha rilasciato una dichiarazione in merito all’elezione del Presidente della Repubblica di Artsakh, sposando la linea della Repubblica di Baku. Nabira Masrali, Portavoce per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’Unione Europea, ha scritto: «Per quanto riguarda le cosiddette “elezioni presidenziali” del 9 settembre 2023 a Stepanakert, l’Unione europea riafferma di non riconoscere il quadro costituzionale e giuridico per lo svolgimento delle elezioni. Allo stesso tempo, l’Unione Europea ritiene importante che gli Armeni del Karabakh si uniscano attorno a una leadership di fatto che abbia la capacità e la volontà di impegnarsi in discussioni efficaci con Baku. L’Unione Europea è impegnata a sostenere questo processo».

Non solo l’Unione Europea troppo spesso tace riguardo all’Artsakh/Nagorno-Karabakh, ma alza la voce nel momento peggiore possibile. L’atteggiamento dell’Unione Europea riguardo alla situazione degli Armeni che vivono nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh è vergognoso.

L’Ambasciatore del Regno Unito in Azerbajgian fa eco alle esatte parole della Repubblica di Baku sull’elezione del Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, anche in lingua azera: «La Gran Bretagna non riconosce le cosiddette “elezioni presidenziali” tenutesi in Karabakh il 9 settembre. Sosteniamo la sovranità e l’integrità territoriale dell’Azerbaigian, sottolineando l’importanza dei principi e delle norme del diritto internazionale».

L’Ufficio stampa e informazione del governo tedesco ha diffuso un messaggio riguardante la conversazione telefonica tra il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan: «Il Cancelliere Scholz ha avuto oggi una conversazione telefonica con il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. Al centro dell’attenzione è stata la situazione di tensione creatasi nella regione di confine tra Armenia e Azerbajgian. Il Cancelliere federale ha espresso la sua profonda preoccupazione per la tensione in costante aumento nelle ultime settimane, in particolare per la circolazione delle unità militari. Il governo federale esorta fortemente ad astenersi da qualsiasi escalation militare. Ora è necessario raggiungere rapidamente un accordo sulla fornitura di aiuti umanitari alla popolazione del Nagorno-Karabakh, compresa l’apertura del Corridoio di Lachin. Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian può essere risolto solo attraverso la diplomazia. ora tutti dovrebbero lavorare in modo costruttivo per raggiungere questo obiettivo senza indugio».

L’assedio del regime autocratico della Repubblica di Baku
ha trasformato il giardino montuoso
in una cupa prigione all’aperto.

Per gli Armeni dell’Artsakh con gli Azeri-Turchi
è come scrisse Ugo Foscolo, morto il 10 settembre 1827:
«Io non odio persona alcuna,
ma vi sono uomini
ch’io ho bisogno di vedere soltanto da lontano».

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]


[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.09.2023 – Vik van Brantegem] – Aggiorniamo dopo la cronaca di questa mattina [QUI]. Quanto sta succedendo potrebbe essere letto in modo ragionata come una “vittoria” per tutti, cioè uno stallo. L’Armenia finalmente non può staccarsi dall’Artsakh, dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva e dall’Unione Economica Eurasiatica. L’Artsakh cade sulle spalle della Russia e resta un rompiscatole per l’Azerbajgian. La Russia resta saldamente nella regione. Gli eventi si stanno sviluppando molto rapidamente, senza tener conto del fatto della domenica (ricordandoci che l’Azerbajgian ha iniziato la guerra dei 44 giorni la mattina di domenica, 27 settembre 2020). Continuiamo a seguire la situazione, sia per quanto riguarda il Corridoio di Berdzor (Lachin), che il campo dell’informazione azerbajgiano, dove viene propagato solo il punto di vista del regime guerrafondaio armenofobo genocida di Aliyev, costruendo le false narrazioni con cui giustificare la guerra pianificata contro l’Artsakh e l’Armenia.

++++ AGGIORNAMENTO ORE 15.00 ++++
Il governo della Repubblica di Artsakh, con il sostegno delle forze di mantenimento della pace russe, ha interrotto il trasferimento degli aiuti umanitari russi perché l’Azerbaigian ha avanzato nuove richieste e rifiutato di aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin) in contemporaneo.
In risposta, un deputato dell’Azerbajgian ha accusato il Comitato Internazionale della Croce Rossa di sostenere i “separatisti del Karabakh” e di essersi impegnato nello spionaggio per l’Armenia durante la guerra dei 44 giorno del 2020 [*].
Come abbiamo riferito ieri, il Centro di informazione dell’Artsakh aveva comunicato in serata, che il governo russo aveva avviato l’invio di aiuti umanitari per la Repubblica di Artsakh, visto la crisi umanitaria. I veicoli della Croce Rossa russa avrebbero dovuto consegnare prodotti essenziali. Artsakh aveva autorizzato l’ingresso delle merci russe tramite Askeran e l’Azerbajgian aveva accettato di ripristinare il trasporto di merci attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin) con le forze di mantenimento della pace russe e il Comitato Internazionale della Croce Rossa (attenzione: questo non significava l’apertura del corridoio senza impedimenti secondo quando stabilito nella dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020 e l’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e la fornitura di gas ed elettricità dall’Armenia all’Artsakh rimane interrotta da parte dell’Azerbajgian).
Tuttavia, i rapporti azeri affermano oggi che il carico russo si è fermato a Barda (a 60 km dalla linea di contatto con l’Artsakh), incolpando le autorità dell’Artsakh. Fonti azere suggeriscono adesso una possibile riconsiderazione degli accordi, limitando l’uso del Corridoio di Berdzor (Lachin) per la sola Croce Rossa. La realtà è che l’Azerbajgian ha violato l’accordo, limitando l’accesso via Akna (Aghdam) e rifiutando l’uso del Corridoio di Berdzor (Lachin) per il trasporto di aiuti umanitari. Di conseguenza, il carico destinato all’Artsakh via Akna non è entrato in Artsakh.
Un gruppo di cittadini dell’Artsakh sta continuando a sorvegliare la strada Barda-Akna (Aghdam)-Askeran, anche contro l’uso russo.

[*] Il CICR tiene sotto la sua protezione i separatisti del Karabakh azerbaigiano: l’Occidente è preoccupato
di Elchin Mehdiyev
Trend, 10 settembre 2023
BAKU, Azerbajgian, 10 settembre.
 Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ha utilizzato un approccio selettivo per quanto riguarda le consegne di carichi umanitari agli Armeni che vivono nel Karabakh dell’Azerbajgian, ha detto a Trend il deputato del parlamento azerbaigiano Azer Badamov. Ha osservato che il carico della Croce Rossa russa attende davanti all’albergo a Barda e non può passare.
“A prima vista sembra che il CICR agisca secondo la stessa convenzione, ma in realtà ci sono approcci selettivi e la Società della Croce Rossa russa subisce pressioni per l’invio di carichi umanitari a Khankendi. Ciò rivela ancora una volta il vero scopo del CICR. Lo abbiamo visto durante la Guerra Patriottica durata 44 giorni”, ha detto Azer Badamov.
“A quel tempo, il CICR raccoglieva informazioni e le trasmetteva alla parte armena. Anche dopo la fine della guerra, il CICR effettuò trasporti intensivi dall’Armenia a Khankendi. Ma poiché queste spedizioni non venivano controllate, cosa c’era in questi camion solleva interrogativi. Si è scoperto anche che il CICR è stato coinvolto nel contrabbando attraverso il confine con l’Azerbajgian”, ha detto il deputato.
Ora il CICR afferma che solo i beni umanitari provenienti dall’Armenia possono essere portati a Khankendi. “Ciò significa che un’organizzazione internazionale, che dovrebbe essere impegnata in attività neutrali legate agli aiuti umanitari, è impegnata in questioni politiche e nell’attuazione delle sue sporche intenzioni. Se lo scopo del CICR è fornire aiuti umanitari alle persone bisognose, cos’è? L’importanza della sua direzione? Tuttavia, questi sviluppi dimostrano ancora una volta che il CICR si è trasformato in uno strumento di manipolazione politica nelle mani dell’Occidente. L’ufficio del CICR deve capire chiaramente che, anche se la strada Aghdam-Khankendi verrà aperta, non potranno più portare avanti le loro sporche intenzioni sotto il loro emblema come prima”, ha osservato Badamov.
++++

«Domenica mattina a Stepanakert» (Marut Vanyan, giornalista freelance in Karabakh/Artsakh – email). Alcune risposte tipo dei troll azeri: «Voi ragazzi non imparerete mai, ma gli Azeri (Turchi) vi insegneranno». «È un lecca-lecca enorme? Che gusto?».

Samvel Shahramanyan ha assunto la carica di Presidente della Repubblica di Artsakh durante una sessione speciale dell’Assemblea Nazionale (Foto di Edgar Kamalyan).

Secondo le informazioni disponibili, gli aiuti umanitari della Croce Rossa russa non sono ancora arrivati in Artsakh a causa di ulteriori ostacoli e condizioni imposti dall’Azerbajgian e non concordati in precedenza. Gli aiuti russi della Croce Rossa russa, che tenta di consegnare merci di origine russa utilizzando veicoli russi, sono bloccati in Azerbaigian e il Corridoio di Lachin rimane completamente bloccato.

L’Artsakh aveva accettato la proposta russa di garantire l’accesso degli aiuti umanitari attraverso l’Azerbajgian, a condizione che il Corridoio di Lachin fosse aperto per gli aiuti umanitari attraverso il Comitato Internazionale della Croce Rossa e delle forze di mantenimento della pace russe.

Tuttavia, l’Azerbaigian ha costantemente bloccato tutte le iniziative all’ultimo momento, tentando ripetutamente di aumentare la soglia di negoziazione e ritardare il processo, mantenendo la pressione sull’Artsakh e continuando il genocidio.

È imperativo che tutti gli attori internazionali documentino pubblicamente il comportamento distruttivo della Repubblica di Baku, andando oltre le semplici parole ed esercitando una pressione pratica su di esso. L’Azerbajgian è un aggressore annessionista, invasore e occupante colpevole di crimini di guerra contro l’umanità. L’approccio standard dei negoziati e della mediazione con un regime genocida equivale alla complicità.

Le notizie che sono arrivate in mattinata, confermano quanto abbiamo scritto questo mattina e il ragionato scetticismo verso le notizie di prima ora.

Il camion della Croce Rossa russa che trasporta aiuti umanitari non ha ancora raggiunto l’Artsakh e pare sta fermo a Barda. Secondo rapporti non confermati, gli Azeri e i Russi aprirebbe il Corridoio di Berdzor (Lachin) dopo l’apertura della strada Akna (Aghdam)-Askeran. Ha tutto il tono, odore, sapore e senso di un ricatto mafioso in piena regola. La militarizzazione della fame degli Armeni dell’Artsakh da parte di Aliyev e Putin prosegue a pieno ritmo.

«Gli aiuti umanitari inviati dalla Russia non sono ancora arrivati a Khankendi. Aghdam sta aspettando.
Ci sono 2 affermazioni:
– AZ TV: il Comitato Internazionale della Croce Rossa vuole che il carico passi solo per Lachin.
– Lato armeno: l’Azerbajgian ha avanzato nuove richieste che non erano state precedentemente concordate» (Mikroskop Media, ore 11.23).

E nella cronaca quotidiana non può mancare il vangelo secondo Ilham Aliyev, proclamato dall’Ambasciatore dell’Azerbajgian nel Regno dei Paesi Bassi, Rahman Mustafaev:

«Il carico di cibo, inviato dalla Croce Rossa russa e programmato per percorrere la strada Aghdam-Askaran fino a Khankandi in coordinamento con la Mezzaluna azera, non era stato autorizzato a passare dai residenti armeni. L’autoblocco è controproducente. L’apertura delle strade è l’unica via per una pace duratura».

Come si può chiaramente osservare dalle foto, i residenti dell’Artsakh si stanno “auto-bloccando”, mentre il camion umanitario della Croce Rossa russa è parcheggiato, pare a Barda, a 60 km da Askeran.

La Croce Rossa russa impiega un TIR della TRASKO. La Società ha iniziato ad operare sul mercato dei servizi di trasporto nel 1995. TRASKO è incorporata nella TransInvest Holding AG, la cui sede si trova a San Gallo, Svizzera, è membro attivo dell’Associazione Internazionale dei Vettori a Motore ed è incorporata nell’Associazione degli Spedizionieri della Federazione Russa (FAR). La società TRASKO collabora a lungo termine con società di spedizione e logistica russe e straniere, imprese di trasporto, compagnie di navigazione, terminal portuali, magazzini di stoccaggio temporaneo, compagnie di assicurazione. Attualmente sono oltre 2.000 le aziende partner commerciali di TRASKO.

Riassumiamo. Ad oggi stanno fermi alla frontiera della Repubblica di Artsakh 35 camion con aiuti umanitari, bloccati per decisione o per inosservanza degli accordi dall’Azerbajgian: 22 camion dell’Armenia da fine luglio 2023 e 10 camion della Francia da fine agosto 2023, all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin) tenuto chiuso dall’Azerbajgian e dalla Russia + 2 camion dell’Azerbajgian da fine agosto 2023 e 1 camion della Russia dal 9 settembre 2023.

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e il suo omologo fraterno azerbajgiano Ilham Aliyev hanno parlato al telefono oggi, 10 settembre 2023, per discutere gli ultimi sviluppi nella regione dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Erdoğan e Aliyev hanno anche avuto uno scambio di opinioni sulle questioni regionali, comprese le relazioni tra Azerbajgian e Armenia, ha detto dichiarato la Direzione delle Comunicazioni di Tuchia. L’agenzia stampa Anadolu informa che Erdoğan ha dichiarato che domani potrebbe avere una telefonata con il Primo Ministro armeno, per discutere gli ultimi sviluppi nella regione.

La Missione di Osservatori dell’Unione Europa in Armenia lungo il confine e la linea di contatto con l’Azerbajgian ha riferito questa mattina: «Pattugliamo giorno e notte le aree di confine Armenia-Azerbajgian e la linea di contatto per osservare qualsiasi sviluppo militare, incluso assembramenti, movimenti o sparatorie. L’EUMA ha rafforzato le pattuglie nelle aree di maggiore preoccupazione per riferire all’Unione Europea sulla situazione e contribuire a calmare le tensioni».

«Sono previsti attacchi militari azeri contro l’Armenia e del Nagorno Karabakh in ogni momento. La situazione resta esplosiva nel Caucaso meridionale. A giudicare dalle dichiarazioni dell’Assistente di Aliyev [che abbiamo riportato questa mattina [QUI], l’Azerbajgian ha violato ancora una volta l’accordo sull’apertura del Corridoio di Lachin.
Ieri, il governo del Nagorno-Karabakh ha rilasciato una dichiarazione [QUI] in cui afferma di aver deciso di consentire l’ingresso di merci russe nel Nagorno-Karabakh attraverso Aghdam, ma che allo stesso tempo era stato raggiunto un accordo per ripristinare il trasporto di merci umanitarie attraverso il Corridoio di Lachin da parte delle forze di mantenimento della pace russe e il Comitato Internazionale della Croce Rossa.
Tuttavia, l’Assistente di Aliyev, Hikmet Hajiyev, ha affermato in una dichiarazione che “le spedizioni di cibo avviate dalla Croce Rossa russa si sposteranno domani (10 settembre) lungo la strada Aghdam-Askeran verso Khankendi, in coordinamento con la Mezzaluna azera”.
Ha aggiunto che “questo è un accordo separato e non deve essere confuso con la proposta di aprire simultaneamente le strade Aghdam-Khankendi e Lachin-Khankendi per la consegna degli aiuti del CICR”.
In altre parole, si scopre che l’Azerbajgian sta abbandonando l’accordo precedentemente raggiunto e continua a vietare il passaggio di carichi umanitari attraverso il Corridoio di Lachin con la mediazione dei Russi o della Croce Rossa, anche se il Nagorno Karabakh ha deciso di consentirne l’ingresso di merci russe attraverso la strada di Aghdam.
L’Azerbaigian insiste affinché il regime doganale e di controllo delle frontiere azerbajgiano venga mantenuto al checkpoint di Lachin. In altre parole, si rifiutano di aprire il Corridoio di Lachin con la logica del corridoio, come ha accettato Aliyev il 9 novembre 2020.
Baku, rifiutando negoziati costruttivi con il Nagorno-Karabakh attraverso la mediazione di mediatori internazionali, chiede lo scioglimento degli organi statali del Nagorno-Karabakh e lo scioglimento dell’esercito di difesa. Sebbene sia una piccola unità, impedisce il genocidio dell’Azerbajgian.
Parallelamente, l’Azerbajgian sta creando false informazioni per effettuare un attacco militare contro il Nagorno-Karabakh e l’Armenia. L’8 settembre, il Ministero degli i Esteri dell’Azerbajgian ha organizzato un briefing per il corpo diplomatico accreditato nel Paese, durante il quale il Ministro Jeyhun Bayramov ha annunciato che “la parte armena sta scavando nuove trincee, creando fortificazioni, concentrando personale e attrezzature per iniziare un’altra avventura militare, nonostante il fatto che l’Azerbajgian abbia risposto alla precedente dichiarazione del Primo Ministro armeno di riconoscere l’integrità territoriale insieme al Karabakh”.
Vedete, la pressione internazionale su Baku oggi è troppo grande perché possa effettuare operazioni militari. Affinché l’Azerbajgian possa superare l’affermazione consolidata della comunità internazionale sull’inammissibilità della guerra, l’Azerbajgian inventa false narrazioni, incolpando la parte armena. Ad esempio, quando Bayramov dice ai diplomatici stranieri che la parte armena sta scavando nuove trincee, costruendo fortificazioni e concentrando un contingente militare al confine per iniziare un’avventura militare, in questo modo il Ministro sta inventando le false narrazioni dell’Azerbajgian, con cui giustificherà la guerra pianificata contro il Karabakh e l’Armenia.
Come il 13 settembre 2022, l’Azerbajgian dirà questa volta se l’Armenia ha violato il cessate il fuoco o se voleva attaccare l’Azerbajgian insieme alla Russia, e Baku è stata costretta a iniziare una guerra.
L’Armenia, che ha uno squilibrio militare, e ancor più il Nagorno-Karabakh, che è circondato su tutti e quattro i lati da unità militari azerbajgiane, desidera più di ogni altra cosa che non ci sia guerra e che si aprano le strade con mezzi diplomatici.
Allo stesso tempo, l’Azerbajgian continua a sparare ai confini dell’Armenia e del Nagorno-Karabakh. Preparando le basi per iniziare una guerra, Baku accusa la parte armena di violare il regime del cessate il fuoco.
Se l’Azerbajgian fosse costruttivo e avviasse negoziati di pace con il Nagorno-Karabakh, durante quegli incontri verrebbero discussi sia la questione della futura esistenza dell’esercito di difesa del Nagorno-Karabakh sia il significato del lavoro delle istituzioni statali.
Sono pronti a colpire il territorio dell’Armenia durante la guerra imminente, sostenendo che stanno distruggendo obiettivi militari. Per esercitare una maggiore pressione, l’Azerbaigian arriverà addirittura a colpire Yerevan. Basta seguire il campo dell’informazione dell’Azerbaigian e troverai molte prove a riguardo lo scopo di colpire la capitale dell’Armenia.
Il 9 settembre, il Ministro degli Esteri dell’Azerbajgian, Jeyhun Bayramov, e il Sottosegretario di Stato ad interim degli Stati Uniti per gli affari europei ed eurasiatici Yuri Kim hanno avuto un’altra conversazione telefonica. Il Dipartimento di Stato americano annuncia quasi ogni settimana la necessità di aprire il Corridoio di Lachin, non escludendo la possibilità di aprire anche altre rotte. Hanno discusso della situazione nel Nagorno-Karabakh.
Anche il Ministro degli Esteri dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha parlato con Jeyhun Bayramov e ha insistito sulla necessità di riaprire il Corridoio di Lachin adesso e che altre strade, come Aghdam, potrebbero essere aperte come parte della soluzione, ma non come alternativa. “Nella mia conversazione telefonica con Jeyhun Bayramov, ho ribadito la mia preoccupazione per la situazione umanitaria in cui versano gli Armeni del Karabakh” ha affermato l’alto rappresentante dell’Unione Europea. Nel frattempo, l’Azerbajgian rifiuta di soddisfare queste richieste dell’Occidente, preparandosi alla guerra.
Il 9 settembre, il Primo Ministro armeno ha parlato con il Segretario di Stato americano Antony Blinken, il Presidente iraniano Ebrahim Raisi, il Presidente francese Emmanuel Macron, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e il Primo Ministro georgiano Irakli Gharibashvili, informandoli sull’aumento nelle tensioni ai confini. Pashinyan si è anche detto pronto a tenere un incontro urgente con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, per allentare la tensione.
Durante le telefonate, Pashinyan ha sottolineato ancora una volta il suo impegno verso un approccio volto a risolvere tutte le questioni esclusivamente attraverso la diplomazia, in un clima costruttivo, sulla base degli accordi raggiunti il 6 ottobre 2022 a Praga e il 14 maggio 2023 a Brussel. In altre parole, l’Armenia non rifiuta di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, come insiste Baku, che si prepara alla guerra.
Come potete vedere, sullo sfondo delle tese relazioni armeno-russe, Pashinyan non ha parlato con il Presidente russo Vladimir Putin. Penso che semplicemente non ci siano aspettative positive da parte della Russia in questo momento, perché i Russi agiscono esclusivamente nel quadro della logica dell’agenda dell’Azerbajgian e non possono svolgere un ruolo costruttivo.
La Russia accusa l’Armenia di riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, sostenendo che per questo motivo è chiuso il Corridoio di Lachin. Naturalmente questa è una falsa accusa, perché è stato Putin a dichiarare il Nagorno-Karabakh territorio dell’Azerbajgian.
Se Pashinyan chiamasse Putin, sicuramente sentirebbe di nuovo quell’accusa. Di conseguenza, è naturale che l’Armenia preferisca discutere le questioni sollevate dall’Azerbajgian con lo stesso Aliyev, non con Mosca. L’Assistente di Aliyev ha detto che il suo Presidente non ha ricevuto un’offerta per tenere un incontro urgente con Pahinyan.
Non è escluso che si decida di organizzare un nuovo incontro tra Pashinyan e Aliyev a Brussel. L’Azerbaigian, che si prepara alla guerra, vorrà incontrare il governo dell’Armenia?»

L’Istituto Lemkin per la prevenzione di genocidio ha pubblicato una risposta alla Lettera aperta inviata dal Centro Rabbinico d’Europa al Presidente e Primo Ministro dell’Armenia [QUI]. L’Istituto Lemkin spiega il suo sostegno all’uso del termine “genocidio” per riferirsi alle minacce provenienti dall’Azerbajgian, incoraggia la solidarietà e la comunicazione tra i popoli minacciati in tutto il mondo e sottolinea che gli Armeni hanno bisogno di aiuto per contrastare la continua minaccia di genocidio da parte del regime di Ilham Aliyev.

NOI PREGHIAMO IL SIGNORE PER QUESTO MIRACOLO
NON DOBBIAMO SPERARE CHE VENGA DAGLI UOMINI,
QUELLO CHE SOLO IL SIGNORE POTREBBE DARCI

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

SEAE: “L’Ue non riconosce le elezioni presidenziali nell’ex Oblast del Nagorno Karabakh”: (Sardegnagol 10.09.23)

In merito alle cosiddette “elezioni presidenziali” tenutesi a Khankendi/Stepanakert il 9 settembre 2023, l’Unione europea, attraverso il SEAE, il Servizio europeo per l’azione esterna, ha ribadito di “non riconoscere il quadro costituzionale e giuridico all’interno del quale si sono svolte”.

Allo stesso tempo, l’UE ritiene importante che gli armeni del Karabakh si consolidino attorno a una leadership di fatto capace e disposta a impegnarsi in discussioni orientate ai risultati con Baku. “L’UE – conclude la nota del Portavoce del SEAE – è impegnata a sostenere questo processo”.


Erdoğan: Non abbiamo altra scelta che invitare la regione (Karabakh) alla calma (Trt 10.09.23)