192° giorno del #ArtsakhBlockade. Il blocco azero dell’Artsakh costituisce un crimine di guerra ai sensi del diritto internazionale (Korazym 21.06.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.06.2023 – Vik van Brantegem] – Anche se nelle condizioni più difficili la gente di Artsakh è forte e la vita in Artsakh continua, nonostante l’indifferenza del mondo, comunque la situazione in Artsakh peggiora ogni giorno. L’assedio totale impedisce la consegna dei beni di prima necessità, tra cui carburante, medicine e cibo, rischiando di provocare la fame per 120.000 persone.

«Da circa un mese c’è carenza d’acqua in alcuni villaggi della regione di Martuni dell’Artsakh; principalmente l’acqua viene fornita ai residenti per due ore al giorno. Sarebbe necessario l’installazione di generatori diesel nelle stazioni di pompaggio, cosa non possibile visto la carenza di gasolio» (Siranush Sargsyan).

«Human Rights Watch, Amnesty International, Freedom House e altre organizzazioni internazionali per i diritti umani: è già il settimo giorno in cui la popolazione del Nagorno-Karabakh viene privata persino degli aiuti umanitari. Per favore, non essere indifferente al destino delle persone minacciate dalla fame e dal disastro umanitario» (Gegham Stepanyan, Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh).

Gli aiuti umanitari quotidiani, fornite da più di sei mesi soltanto attraverso il contingente di mantenimento della pace russo, non sono più entrati nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh dalla sparatoria del 15 giugno 2023 presso il ponte Hakari dove è installato il checkpoint illegale dell’Azerbajgian, all’ingresso del Corridoio di Berdzor (Lachin) sul confine tra l’Armenia e l’Artsakh, quando un gruppo di militare azeri tentarono di piantare la bandiera azera all’altra parte del ponte, in territorio sovrano armeno.

Sono informazioni confermate anche da fonti non ufficiali, scrive il Nagorno Karabakh Observer. Prodotti essenziali già estremamente scarsi prima, diventano sempre più rari. Manca frutta e verdura, interruzioni di elettricità è in aumento, la fornitura di gas naturale è interrotta ormai da diversi mesi.

L’Artsakh è adesso totalmente isolato: se prima solo le forze di mantenimento della pace russe potevano portare una certa quantità di aiuti umanitari, questo ora è finita. Non c’è più nessun video verificato di persone che attraversano i posti di blocco dal 15 giugno, né alcun transito.

È evidente l’obiettivo dell’Azerbajgian di pulire etnicamente l’Artsakh, con la fase attuale iniziata il 12 dicembre 2022 alle ore 10.30 sotto la copertura di una finta eco-protesta, è evidente, mentre l’inerzia internazionale condivide la responsabilità del destino di questi 120.000 Armeni, tra cui 30.000 bambini. Il popolo dell’Artsakh ha la propria identità culturale unica, che si è formata attraverso i secoli di eredità armena. A meno che la comunità internazionale non adotti misure pratiche e punitive sanzionando il regime autocratico di Ilham Aliyev, l’Azerbajgian continuerà la sua criminale politica armenofobica contro l’Artsakh e la sua popolazione indigena armena, gettando le basi per nuovi crimini di guerra, pulizia etnica e genocidio.

L’Azerbajgian ha schierato veicoli blindati all’ingresso del Corridoio di Lachin presso il ponte Hakari, dove in precedenza ha installato un checkpoint illegale. Il Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh si aspetta passi urgenti ed efficaci dalla comunità mondiale
20 giugno 2023

L’Artsakh sta rapidamente cadendo nell’abisso di una catastrofe umanitaria e di sicurezza e tutti gli Stati devono assumersi la responsabilità e prevenire la tragedia imminente. Ne ha scritto Artak Beglaryan, Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh sulla sua pagina Facebook, postando le foto dell’unica strada tra l’Artsakh e l’Armenia bloccata dai blindati azeri: «Artsakh si trova sotto il blocco azero da 191 giorni e durante questo periodo il movimento molto limitato di persone e beni umanitari è stato organizzato esclusivamente dalla Croce Rossa e dalle forze di mantenimento della pace russe.

Da 6 giorni ormai i 120.000 abitanti dell’Artsakh sono in completo isolamento e assedio, senza alcun rifornimento e movimento nemmeno da parte della Croce Rossa e delle forze di mantenimento della pace russe.

Le foto mostrano come, nei giorni scorsi, i mezzi blindati azeri abbiano bloccato l’unica strada tra l’Artsakh e l’Armenia nei pressi del loro posto di blocco illegalmente installato. Questa è la loro garanzia di “libera circolazione”, quindi stanno ingannando il mondo intero, dicendo che non c’è blocco?

L’Artsakh sta rapidamente cadendo nell’abisso di una catastrofe umanitaria e di sicurezza, e ogni Stato deve assumersi la responsabilità e prevenire la tragedia imminente, e non scaricare la responsabilità sugli altri.

Ci aspettiamo i passi più urgenti ed efficaci da Armenia, Russia, Stati Uniti, Francia, Unione Europea, Nazioni Unite e tutti gli altri attori, così come dagli armeni di tutto il mondo, una grande pressione da tutte le parti».
Il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia comunica che ieri alle ore 15.50 le unità delle forze armate dell’Azerbajgian hanno aperto il fuoco contro le posizioni di difesa dell’Armenia vicino a Nerkin Hand e Srashen.

La delegazione della Sottocommissione per la sicurezza e la difesa del Parlamento europeo, guidata dal Presidente Nathalie Loiseau si è unita alla Missione dell’Unione Europea in Armenia per un pattugliamento programmato al Corridoio di Lachin, ha twittato la Missione dell’Unione Europea in Armenia (EUMA).

Nathalie Loiseau: abbiamo visto con i nostri occhi il blocco completo e illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian

Il blocco del Corridoio di Lachin è illegale e deve essere fermato, ha dichiarato il Presidente della Sottocommissione per la sicurezza e la difesa del Parlamento europeo, Nathalie Loiseau, riaffermando la posizione del Parlamento europeo sulla questione del blocco del Corridoio di Lachin. Ha osservato che gli Europarlamentari sono venuti in Armenia per esprimere il loro sostegno ai processi democratici e alle riforme a cui hanno assistito nel corso degli anni, nonché a tutti gli sforzi orientati alla pace volti all’idea di stabilire la pace con il vicino Azerbaigian:
«Volevamo assicurarci e valutare noi stessi la situazione e anche vedere come sta lavorando la missione civile dell’Unione europea, che opera lungo il confine da quattro mesi. Ieri abbiamo avuto un incontro con i funzionari a Yerevan, tra cui il Primo Ministro, Nikol Pashinyan, e altri funzionari di alto rango. Oggi siamo stati a Goris, dove abbiamo incontrato il Governatore di Syunik, il Capo della comunità di Goris, residenti del Nagorno-Karabakh in Armenia e abbiamo parlato con loro della guerra dei 44 giorni e del blocco del Corridoio di Lachin.
Ci siamo anche avvicinati all’ingresso del Corridoio di Lachin e abbiamo visto con i nostri occhi il blocco completo e illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian. Abbiamo sentito parlare del numero crescente di incidenti armati e dell’invasione del territorio sovrano dell’Armenia. Abbiamo appreso dell’incidente a Yeraskh, dove sono stati presi di mira i civili. Abbiamo anche appreso dell’incidente all’ingresso del Corridoio di Lachin, dove gli Azeri hanno cercato di alzare una bandiera. Vorrei inviare un messaggio forte: per quanto l’Armenia sia devota alla pace, l’Azerbajgian è obbligato a presentare la prova che è anche devota alla pace. L’Unione Europea sta compiendo sforzi per facilitare i contatti tra le leadership di Armenia e Azerbajgian».

Secondo Nathalie Loiseau, l’Unione Europea sta compiendo sforzi per ridurre la tensione e la presenza della missione dell’Unione Europea in Armenia dovrebbe contribuire a ridurre tali tensioni:
«Come sapete, una volta che un Paese decide di iniziare una guerra, per fermarla è necessaria la buona volontà di entrambi i Paesi. È giunto il momento per stabilire una pace duratura. Voglio riaffermare la posizione del Parlamento Europeo: il blocco del Corridoio di Lachin è illegale e deve essere fermato. I diritti e il benessere degli Armeni del Nagorno-Karabakh devono essere protetti e la sovranità e l’integrità territoriale dell’Armenia devono essere rispettate. Porterò questo messaggio con me a Brussel, testimonierò di ciò che abbiamo visto e sentito mentre eravamo in Armenia.
Poiché il blocco del Corridoio di Lachin è illegale, invio anche un messaggio agli ambasciatori europei accreditati a Baku: se l’Azerbajgian li invita a un posto di blocco costituito illegalmente, dovrebbero astenersi dall’accettare l’invito, rimanendo fedeli ai termini della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia».

In precedenza, il Servizio di guardia di frontiera del Servizio di sicurezza nazionale della Repubblica di Armenia ha riferito che il 15 giugno 2023, intorno alle ore 08.40, un gruppo di soldati del Servizio di guardia di frontiera dell’Azerbajgian ha tentato di avanzare verso il ponte Hakari per issare una bandiera sul territorio della Repubblica di Armenia. Si noti che, a seguito delle misure adottate dalla parte armena, è stata impedita l’avanzata dei militari azeri e il tentativo di issare una bandiera sul territorio della Repubblica di Armenia. In uno dei video diffusi su Internet, si è visto come l’esercito azero, accompagnato dalle forze di mantenimento della pace russe, ha cercato di issare la bandiera azera sul ponte Hakari. Successivamente, durante un incontro tenutosi presso il Ministero degli Esteri dell’Armenia, all’Ambasciatore russo in Armenia, Sergey Kopirkin, è stata presentata la forte insoddisfazione dell’Armenia per l’incidente che ha coinvolto le forze di mantenimento della pace russe vicino al ponte Hakari.

La Russia chiede a Yerevan di non ritirarsi dal lavoro nel formato trilaterale e a Baku di prendere provvedimenti per lo sblocco del Corridoio di Lachin, ha dichiarato Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri russo, durante la Conferenza Stampa odierna. «L’interruzione delle attività di Yerevan ha un impatto negativo sulla situazione nella regione e porta all’aggravamento della situazione sul campo. E chiediamo a Baku di prendere provvedimenti per sbloccare il Corridoio di Lachin e di non tenere la popolazione del Karabakh ostaggio delle differenze politiche con Yerevan». Zakharova ha inoltre affermato che Mosca continua a lavorare attraverso le forze di mantenimento della pace russe per il completo sblocco del Corridoio di Lachin e si aspetta che le parti armena e azera rispettino tutti gli obblighi assunti dall’accordo tripartito del 9 novembre 2020. «È rilevante come lo era prima», ha aggiunto Zakharova.

54 membri del Congresso degli Stati Uniti, guidati dalla deputata Barbara Lee, hanno inviato una lettera al Segretario di Stato, Antony Blinken, chiedendo al governo del Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di interrompere gli aiuti militari all’Azerbajgian, di sostenere l’Artsakh e di opporsi al blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian e all’aggressione anti-armena.

La retorica aggressiva dell’Azerbajgian aumenta le tensioni nella regione

Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha ricevuto la delegazione della Sottocommissione per la sicurezza e la difesa del Parlamento europeo, guidata dal Presidente, Nathalie Loiseau.

Pashinyan ha sottolineato la stretta collaborazione dell’Armenia con il Parlamento europeo e ha elogiato la risoluzione adottata da quest’ultimo per garantire il funzionamento ininterrotto del Corridoio di Lachin. Pashinyan ha espresso fiducia che questa visita dei membri della delegazione del Parlamento europeo contribuirà a valutare la situazione nella regione. Ha aggiunto che la crisi umanitaria in Nagorno-Karabakh sta peggiorando a causa del blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian, poiché la consegna delle forniture alimentari è stata bloccata per diversi giorni. In questo contesto, ha sottolineato l’ingresso di una missione conoscitiva internazionale nel Corridoio di Lachin e nel Nagorno-Karabakh. Ha concluso che l’Azerbajgian continua la sua retorica aggressiva e le violazioni del cessate il fuoco, che aumentano la tensione nella regione.

Da parte sua, Loiseau ha sottolineato la necessità di misure per garantire la pace e la stabilità nella regione, nonché per ridurre i rischi di tensioni. A questo proposito, gli interlocutori hanno evidenziato le attività della Missione europea di monitoraggio civile in Armenia.

Si è fatto riferimento anche alla possibilità di sbloccare le infrastrutture di trasporto regionale e la delimitazione delle frontiere. Pashinyan ha presentato le posizioni della parte armena su questi temi.

Sono state inoltre scambiate riflessioni sull’andamento delle riforme istituzionali in corso di attuazione in Armenia e sui programmi futuri con l’assistenza dell’Unione Europea, nonché sul processo di normalizzazione delle relazioni armeno-turche.

Il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia comunica che ieri alle ore 16.30, le unità delle forze armate dell’Azerbajgian, partner affidabile di Ursula von der Leyen, hanno nuovamente aperto il fuoco con armi leggere di diverso calibro contro l’impianto metallurgico in costruzione con investimenti stranieri a Yeraskh. Nel cantiere sono state issate le bandiere dell’Armenia e degli Stati Uniti.

«Il Fronte per la sicurezza e lo sviluppo dell’Artsakh condanna fermamente l’abbandono da parte della comunità internazionale dell’Artsakh nell’assedio totale. Il blocco dell’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia ha comportato l’impossibilità di trasportare pazienti in condizioni critiche e beni umanitari essenziali. Questa negligenza, unita alla mancanza di conseguenze per le violazioni del diritto internazionale da parte dell’Azerbajgian, mette in mostra i doppi standard e mette a repentaglio la sicurezza delle popolazioni indigene e il loro diritto all’autodeterminazione. Chiediamo un’azione immediata da parte delle forze di mantenimento della pace russe per sbloccare il Corridoio di Lachin, in conformità con le disposizioni della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. Chiediamo alle organizzazioni armene, ai compatrioti globali e alle strutture nazionali di protestare contro il disastro in corso nell’Artsakh. Inoltre, esortiamo i governi e i parlamenti di tutto il mondo ad applicare sanzioni internazionali contro l’Azerbajgian» (Ruben Vardanyan, 20 giugno 2023).

Il blocco azero costituisce un crimine di guerra ai sensi del diritto internazionale
L’inazione e l’indifferenza infatti incoraggiano le azioni genocide dell’Azerbajgian

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh ha rilasciato una dichiarazione sul blocco completo del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian in violazione degli obblighi internazionali:
«Per il settimo giorno, dal 15 giugno, l’Azerbajgian ha bloccato completamente la consegna di tutti i tipi di merci umanitarie alla Repubblica di Artsakh attraverso il Corridoio di Lachin, compresi cibo e medicine, effettuate dalle forze di mantenimento della pace russe e dal Comitato Internazionale della Croce Rossa, privando così deliberatamente i 120.000 abitanti dell’Artsakh, tra cui donne, bambini e anziani, dei mezzi minimi di sussistenza.
Sottolineiamo che il blocco completo e arbitrario del Corridoio di Lachin, in particolare l’ostruzione deliberata della consegna di carichi umanitari da parte delle forze di mantenimento della pace russe e del Comitato Internazionale della Croce Rossa, per i bisogni primari della popolazione dell’Artsakh sotto assedio, è considerato un crimine di guerra ai sensi del diritto internazionale. In sostanza, l’Azerbajgian è passato dalla palese violazione delle disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e dal completo disprezzo dell’ordinanza giuridicamente vincolante della Corte Internazionale di giustizia del 22 febbraio 2023 ad azioni che equivalgono a un crimine di guerra.
Ricordiamo che il Corridoio di Lachin, previsto dalla Dichiarazione trilaterale dei leader di Russia, Armenia e Azerbajgian del 9 novembre 2020, che stabilisce, tra l’altro, il controllo esclusivo del Corridoio da parte delle forze di mantenimento della pace russe, funziona da tempo sei mesi con restrizioni severe e arbitrarie imposte dall’Azerbajgian ed è stato utilizzato solo per il passaggio di veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa e delle forze di mantenimento della pace russe. Il 15 giugno, dopo una deliberata provocazione con la bandiera azera sul ponte Hakari, l’Azerbajgian ha chiuso completamente il Corridoio, anche bloccando la strada con veicoli blindati. Pertanto, il movimento in entrambe le direzioni attraverso il Corridoio è stato ora bloccato per i rappresentanti del Comitato Internazionale della Croce Rosse e delle forze di mantenimento della pace russe, che hanno consegnato rifornimenti essenziali alla Repubblica dell’Artsakh.
Il blocco completo e l’isolamento della Repubblica di Artsakh dal mondo esterno esacerbano la crisi umanitaria e prepara un terreno fertile per l’escalation dei continui crimini contro l’umanità e del crimine di genocidio dell’Azerbajgian. Bloccando completamente il Corridoio di Lachin, che è l’unica Strada della Vita per il popolo dell’Artsakh, l’Azerbajgian ha effettivamente portato ad un nuovo livello la sua politica mirata di pulizia etnica dell’Artsakh e distruzione del suo popolo in quanto tale.
Non c’è dubbio che lo scopo iniziale dell’istituzione illegale del controllo azero sul Corridoio di Lachin sia stato il suo successivo blocco e utilizzo come mezzo per condurre la sua politica aggressiva e genocida contro il popolo dell’Artsakh. Infatti, il Corridoio di Lachin, originariamente destinato a collegare l’Artsakh con il mondo esterno e come una delle garanzie della normale attività di vita della sua gente, viene utilizzato dall’Azerbajgian come strumento politico-militare per compiere azioni aggressive contro la Repubblica di Artsakh e i suoi cittadini.
La deliberata fame di 120.000 persone, tra cui donne, bambini e anziani, infliggendo loro insopportabili sofferenze quotidiane, nonché l’imposizione della volontà dell’Azerbajgian con l’uso o la minaccia della forza, richiede alla comunità internazionale di adottare urgenti ed efficaci misure di esecuzione volte a prevenire massicce violazioni dei diritti del popolo dell’Artsakh.
Chiediamo con forza che tutti i membri responsabili della comunità internazionale prendano le necessarie misure collettive e individuali per fermare i crimini internazionali in corso commessi dall’Azerbajgian e per prevenire una catastrofe che minacci il popolo dell’Artsakh di genocidio. Riteniamo inoltre opportuno che il Comitato Internazionale della Croce Rossa e altre strutture internazionali e organizzazioni per i diritti umani pertinenti valutino adeguatamente la situazione e sollecitino le autorità azere a rispettare il diritto del popolo dell’Artsakh all’assistenza umanitaria e alla protezione internazionale. Notiamo che l’inazione e l’indifferenza di fatto incoraggiano le azioni genocide dell’Azerbajgian».

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Da Torre Pellice in Armenia, lungo la Via della Seta (piazzapinerolese 21.06.23)

Da Torre Pellice ad Aruch, in Armenia, per la missione archeologica di Aruch e dell’incastellamento della Via della Seta con Ismeo, l’Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente.

È cominciata con una ‘fotogrammetria’ l’ultima ‘avventura’ di Alessandro Vaio, quarant’anni compiuti lo scorso undici novembre, archeologo di Torre Pellice:

“Per prima cosa mi sono occupato di fare la fotogrammetria di tutto il ‘castello’, che in realtà sono dei ruderi a lato del paesello. Quasi sempre si tratta di un doppio lavoro: con l’aiuto di un drone, si fa una scansione dell’intera area, per poi montare le foto con un software apposito, in modo da avere un’unica grossa foto dell’intera area – spiega Vaio –. Sul terreno si prendono i punti principali e li si posiziona in modo georiferito, basandosi sui dati Gps e del geoportale nazionale, poi questi punti si incollano sopra la foto dell’intera area, ottenendo così una foto georiferita”.

La cittadina di Aruch si trova in una piana stepposa caratteristica del basso Caucaso, in posizione strategica lungo la Via della Seta, tra quelle che furono le grandi capitali storiche dell’Armenia in epoca tardo-antica e medievale, Dvin e Ani.

“La nostra principale zona di interesse in questo mese di giugno, è quella del ‘castello’ diroccato, nei pressi del Caravanserraglio” prosegue Vaio.

Il Caravanserraglio, fra i punti di interesse dei turisti in visita ad Aruch, era una sorta di albergo primitivo che accoglieva le carovane in Oriente, e rappresenta un’ulteriore conferma dell’importanza strategica e commerciale della località.

L’obiettivo dello studio è quello di realizzare un’indagine, sia sotto il profilo militare che il profilo commerciale, dei complessi fortificati delle regioni caucasiche e la loro evoluzione storica all’interno dei sistemi di connettività a lunga percorrenza dell’Eurasia, in particolare in epoca tardo-antica e medievale.

Questo consentirà anche l’elaborazione di una carta archeologica della viabilità e del sistema fortificato dell’area.

“Si tratta di un progetto giunto al suo secondo anno di attività, e ne sono previsti in tutto cinque, che andranno confermati di anno in anno – illustra Vaio – Tra il XIII e il XII Secolo a.C. Il Regno Armeno ha cambiato una decina di capitali, quindi non dobbiamo aspettarci di trovare oggetti belli da esposizione, perché ogni volta che una Capitale veniva abbandonata per spostarsi in un’altra, logicamente si portavano dietro tutti gli oggetti di valore; però la zona potrebbe essere stata colpita da alluvioni, quindi non si esclude che possano ritrovarsi reperti, seppur non in perfetto stato di conservazione. La cosa importante è che l’intero progetto, nel corso degli anni, darà un importante contributo alla valorizzazione del patrimonio monumentale del territorio, e conseguentemente alla sua promozione turistica”.

Per ulteriori dettagli sulla missione Ismeo, è possibile seguire il sito ufficiale a questo link.

“È quasi un tabù asserirlo, ma noi archeologi di fatto siamo scienziati. Fra le nostre competenze ci sono anche storia dell’arte, geologia, botanica, antropologia… Di fatto, complessivamente, siamo scienziati ‘sul campo’ – si racconta Vaio –. Io ho scelto questo mestiere perché soddisfa la mia voglia di avventura. Sono curioso e amo andare a zonzo e scoprire il mondo”.

E sono davvero molti e variegati i viaggi compiuti da lui, che, fra le altre passioni, coltiva anche quella per la fotografia naturalistica e storica, com’è possibile ammirare sul suo sito Internet.

#ArtsakhBlockade. Baronessa Caroline Cox: l’esistenza dell’Armenia senza l’Artsakh armeno sarà più in pericolo di oggi (Korazym 20.06.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 20.06.2023 – Vik van Brantegem] –  Mentre la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh sta rapidamente cadendo nell’abisso di una catastrofe umanitaria e di sicurezza, sotto il blocco totale da parte dell’Azerbajgian, per cui tutti gli Stati devono assumersi la responsabilità e prevenire la tragedia imminente, la Baronessa Caroline Cox ha lanciato un messaggio accorato.

Sono già 6 giorni che l’Artsakh è sotto blocco totale da parte dell’Azerbajgian con zero rifornimenti di beni vitali, dopo i 185 giorni precedenti con rifornimenti umanitari limitati, solo da parte del Comitato Internazionale della Croce Rossa e delle forze di mantenimento della pace russe. Adesso, l’Azerbajgian non permette neanche questo, negando l’accesso all’Artsakh anche alla Croce Rossa. Pure i despoti peggiori e più atroci non bloccano l’assistenza umanitaria della Croce Rossa. L’Azerbajgian sta esacerbando il blocco dell’Artsakh fase dopo fase con l’impunità e l’incoraggiamento internazionale.

Il 12 dicembre 2022, intorno alle 10.30, un gruppo di Azeri in abiti civili, presentandosi come presunti “attivisti ambientalisti”, ha bloccato l’unica strada, l’autostrada Goris – Stepanakert, che attraversa il Corridoio di Berdzor (Lachin) che collega l’Artsakh con l’Armenia e il mondo esterno.

Il 23 aprile 2023, l’Azerbajgian ha annunciato l’installazione di un checkpoint illegale sul ponte sul fiume Hakari sull’autostrada Goris-Stepanakert.

Il 28 aprile 2023, l’AzerbaJgian ha completato la costruzione e attrezzato il posto di blocco, e da allora l’autostrada Goris-Stepanakert è stata effettivamente bloccata dall’Azerbajgian in due sezioni: nell’area di Shushi e presso il ponte Hakari.

Il 15 giugno 2023 l’Azerbajgian ha completamente interrotto i già pochi transiti di persone e merci da e per l’Artsakh, che dal 12 dicembre 2022 avvenivano soltanto con il Comitato Internazionale della Croce Rossa e le forze di mantenimento della pace russe. La popolazione armena cristiana dell’Artsakh adesso è totalmente isolata e si è andata in modalità “austerità”.

Di fronte a questa abisso, la Baronessa Caroline Cox, membro della Camera dei Lord del Regno Unito, ha lanciato un messaggio importante al popolo armeno e al mondo intero, che riportiamo di seguito nella nostra traduzione italiana dall’inglese.

Saluti. Vorrei iniziare presentandomi molto brevemente. Tutto quello che dico di me stesso è che in realtà sono un’infermiera e una scienziata sociale per vocazione, e una baronessa per sorpresa. Non ero in politica. Sono stata la prima baronessa che abbia mai incontrato. Ti svegli una mattina e vedi una baronessa che ti guarda dallo specchio del bagno. È piuttosto uno shock! Ma pensi, come uso il privilegio di essere nella Camera dei Lord, che è ciò che ti dà essere una baronessa, e l’idea è venuta molto chiaramente: è un posto meraviglioso per essere una voce per le persone le cui voci non sono ascoltate. Ed è così che uso il mio ruolo lì, e quale privilegio è, poter parlare per persone le cui voci non sono ascoltate, come la gente dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, e la gente dell’Armenia, le cui voci non sono ascoltate, sentito come dovrebbero essere. Quindi questo è il mio privilegio.

Al Popolo dell’Armenia, la prima Nazione Cristiana.

Nei miei numerosi viaggi nella vostra amata patria, sono stato ispirato e umiliato a condividere personalmente le vostre gioie e i vostri dolori. Ho avuto la fortuna di incontrare una schiera di persone meravigliose, molte delle quali discendenti diretti delle vittime del Grande Genocidio in Anatolia, dei pogrom anti-armeni a Sumgait e Baku, e della pulizia etnico-religiosa in Artsakh. Mi ha colpito l’unanimità con cui condividete un semplice obiettivo comune. È vivere in pace, dignità e sicurezza nella propria terra.

Miei cari amici, quel desiderio continua a riempirmi il cuore.
Alcuni di voi ricorderanno la mia prima visita in Armenia più di trent’anni fa. Era un periodo di grande incertezza in quanto il popolo di (quella che allora era) la Repubblica Socialista Sovietica di Armenia combatteva con coraggio per la democrazia e l’indipendenza, mentre gli Armeni dell’Oblast Autonomo di Nagorno-Karabakh iniziavano la loro valorosa campagna per il diritto all’autodeterminazione.

La lotta per l’Artsakh divenne il catalizzatore dell’indipendenza della Repubblica di Armenia. Fino ad oggi rimane un importante simbolo di speranza e unità tra tutti gli Armeni, in ogni parte della nazione e della diaspora.

Ricordiamo tutti gli orrori della prima guerra del Karabakh e le immense sofferenze inflitte dall’Azerbajgian al vostro popolo. Decine di migliaia hanno perso la vita mentre difendevano la loro patria. Ho assistito personalmente alla pioggia quotidiana di 400 missili Grad lanciati dall’Azerbajgian su Stepanakert, un bombardamento aereo di abitazioni civili con bombe da 500 chilogrammi. Ho assistito ai risultati di massacri, atrocità e sfollamenti forzati. E ricordo, con grande tristezza, che quando la gente dell’Artsakh ha chiesto assistenza, il mondo ha scelto di non ascoltare.

Nel 2020 l’Azerbajgian – assistito dalla Turchia – ha ripreso impunemente il suo tentativo di conquista dell’Artsakh [*]: scuole e ospedali sono stati bombardati; siti religiosi distrutti; ostaggi armeni torturati, uccisi e i loro cadaveri violentati. Decine di personale militare e civile armeno rimangono in custodia azera – in violazione dei termini di un accordo di cessate il fuoco scritto con cura – mentre le forze militari azere sono avanzate nei territori sovrani della Repubblica di Armenia. Il blocco del Corridoio di Lachin ha creato una catastrofe umanitaria all’interno dell’Artsakh, la cui popolazione cristiana armena indigena affronta la crescente possibilità di pulizia etnica e religiosa dalle loro terre storiche.

Eppure, nessuna nazione ha risposto alle suppliche del popolo armeno. Né le Nazioni Unite, né l’OSCE, né gli Stati Uniti e la sua alleanza NATO, né la Russia e la sua alleanza CSTO. Nessuna nazione ha resistito alle rivendicazioni territoriali di Baku su Stepanakert. Sorge quindi la domanda: chi nella comunità internazionale resisterebbe alle rivendicazioni territoriali di Baku su Yerevan, sul lago Sevan o su Zangezur? La leadership politica dell’Azerbajgian non ha fatto mistero del suo obiettivo strategico di impadronirsi della vostra patria. Se l’Artsakh cade, c’è il rischio che l’Armenia lo segua?

In questo momento critico di vulnerabilità, io e molti altri siamo profondamente rattristati dalle notizie secondo cui la Repubblica di Armenia è sottoposta a pressioni da parte delle potenze internazionali affinché accetti la sovranità dell’Azerbajgian sull’Artsakh. In cambio di un cosiddetto trattato di pace e accordo commerciale, il popolo dell’Artsakh – che ha già sopportato così tante sofferenze – dovrebbe rinunciare al proprio diritto internazionale all’autodeterminazione. Oltre 120.000 Armeni indigeni diventerebbero cittadini di uno Stato autoritario anti-armeno, con una spaventosa storia di violazioni dei diritti umani. Il popolo dell’Artsakh dovrebbe concedere il controllo sulla propria vita, sulla propria libertà e sulla propria terra. Se e quando saranno costretti ad andarsene, quale nazione sarebbe disposta a fornire cibo, acqua, trasporto sicuro e rifugio? Chi proteggerà i più vulnerabili: persone con disabilità, anziani e famiglie con bambini piccoli?

mici miei, senza un Artsakh armeno, l’esistenza stessa della Repubblica di Armenia sarà ancora più in pericolo di quanto non lo sia oggi. La storia recente ha dimostrato che l’Armenia è isolata da un significativo sostegno internazionale; anche i vostri più stretti alleati non hanno fornito risposte efficaci alle sofferenze inflitte al vostro popolo.

È con il cuore più pesante che dobbiamo affrontare l’inquietante possibilità che il genocidio armeno non sia mai finito. C’è chi vuole completarlo e chi non può – o non vuole – fermarlo. È del tutto possibile che ciò che è stato fatto all’Artsakh, col tempo, sarà fatto anche alla Repubblica di Armenia.

Se il trattato in corso di negoziazione tra l’Azerbajgian e l’Armenia porta alla resa dell’Artsakh, allora una pace duratura non può essere garantita. Qualsiasi trattato di questo tipo dovrebbe essere sottoposto alla revisione dei parlamenti democraticamente eletti del Karabakh e dell’Armenia, e non ratificato fino a quando non sarà approvato sotto forma di referendum democratico dai popoli armeni in questi due Paesi.

In questo momento critico nella storia della vostra grande nazione, è mia speranza e preghiera che tutti gli Armeni – in ogni parte della nazione e della diaspora – continuino a sostenere la lotta per l’Artsakh come simbolo di unità. Io – insieme a molti altri – ho fiducia nella vostra continua capacità di superare le attuali sofferenze con coraggio, forza d’animo, sacrificio e amore – in modo che il popolo della longeva nazione armena continui a vivere in pace e dignità nelle vostre terre storiche.

Miei cari amici, grazie per aver tenuto un fronte di fede e libertà per il resto del mondo, e per l’alto prezzo che avete pagato per farlo.

Baronessa Caroline Cox, FRCS FRCN

[*] Presidente Arayik Harutyunyan: non è l’Azerbajgian, è la Turchia che combatte contro l’Artsakh. Circa 4.000 jihadisti della Syria combattendo con i Turchi dalla parte azera – 27 settembre 2020 [QUI]

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

LA CONTROVERSA VENDITA DEL TERRENO METTE IN AGITAZIONE GLI ARMENI DI GERUSALEMME (Generazionescuola.it 20.06.23)

La comunità armena è presente a Gerusalemme da secoli

Vestiti con copricapi neri e lunghe vesti, una processione di sacerdoti armeni è guidata lungo le strade di pietra della Città Vecchia di Gerusalemme da due uomini che indossano cappelli fez di feltro con bastoni da passeggio cerimoniali.

Silenziosamente, a parte il ticchettio dei bastoncini, salutano la Chiesa del Santo Sepolcro per la preghiera.

Al momento, Gerusalemme è il centro del conflitto tra israeliani e palestinesi. Ma gli armeni sono qui dal IV secolo, quando il loro paese fu il primo ad adottare il cristianesimo come religione nazionale.

Hanno una partecipazione nei luoghi più sacri della cristianità nella Città Vecchia e nel loro quartiere nascosto nell’angolo sud-ovest, che ospita circa 2.000 armeni.

Ma la comunità qui ora si sente minacciata da un misterioso affare immobiliare da parte dei capi della loro chiesa. Tra rabbiose proteste, il patriarca armeno si nascose e un prete caduto in disgrazia, che nega ogni addebito, fuggì in California.

“È come un puzzle. Voglio dire, stiamo cercando di capire cosa è successo, quando è successo e come”, spiega l’attivista della comunità Hagop Gernazian.

Ciò che è emerso è che circa il 25% del quartiere armeno era stato venduto con un contratto di locazione di 99 anni a un misterioso uomo d’affari ebreo australiano per uno sviluppo di lusso.

Il terreno comprende un’ampia area parcheggio – una delle poche aree di terreno scoperto all’interno delle antiche mura cittadine – che la sua azienda ha già acquisito. Molti armeni speravano che il sito potesse essere utilizzato per costruire alloggi a prezzi accessibili per le giovani coppie della loro piccola comunità in calo.

Secondo i piani visti ufficiosamente da Hagop e altri, fanno parte della vendita un edificio di epoca ottomana che ospita cinque famiglie armene, un ristorante, negozi e un seminario. Molti temevano che ciò potesse incidere sulla vivibilità del quartiere a lungo termine.

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Ma la polemica si estende molto più ampia.

“È una terra storica che possediamo da 700 anni. Perderla con una sola firma influenzerà la nostra vita culturale quotidiana, ma cambierà anche l’immagine di Gerusalemme”, afferma Hakob. “Cambierà lo status quo, l’intero mosaico di Gerusalemme”.

 

Cambio di carattere

 

Con la celebrazione della Pasqua ortodossa in aprile, il panico si è diffuso tra gli armeni. Il patriarca armeno Nourhan Manougian ha ammesso di essere caduto a terra ma ha affermato di essere stato ingannato da un prete locale che lavora per lui.

Questo prete è stato sequestrato e in seguito ci sono state scene accese quando è stato bandito dal quartiere armeno e portato via sotto la protezione della polizia israeliana mentre i residenti gridavano “traditore”.

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La costruzione dovrebbe avvenire su un ampio parcheggio – proprietà privilegiata

Di recente, molti armeni si sono uniti alle proteste settimanali, stringendo le braccia e cantando canzoni nazionaliste sotto la finestra del patriarca che ora risiede nelle sue stanze nel monastero. Chiedono che annulli l’accordo sulla terra.

“La forma della città, il suo carattere cambia molto”, dice Arda, che vive nella Città Vecchia e si lamenta che i nazionalisti religiosi si sentano già incoraggiati dalla deriva della politica israeliana.

“I preti che camminano per le strade trovano i coloni che gli sputano addosso, la gente dice che non vogliono vedere gli alberi di Natale in città, i ristoranti vengono attaccati senza motivo. Tutto va in una certa direzione”.

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Il patriarca armeno Nourhan Manougian ora vive in un monastero

Israele ha conquistato Gerusalemme Est – inclusa la Città Vecchia – dalla Giordania nella guerra in Medio Oriente del 1967 e ha proceduto ad occuparla e annetterla con una mossa non riconosciuta a livello internazionale. Nei decenni successivi, è stata al centro del conflitto israelo-palestinese, che entrambe le parti rivendicano come capitale. C’è una feroce disputa sugli appezzamenti di terreno qui.

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Ce n’è un promemoria vicino al quartiere armeno, alla Porta di Giaffa, l’iconico ingresso al quartiere cristiano.

Qui, due hotel di alto profilo gestiti da palestinesi sono stati venduti segretamente a società straniere che fungono da facciata per un gruppo estremista di coloni ebrei. La Chiesa greco-ortodossa ha perso una battaglia ventennale per ribaltare l’accordo nei tribunali israeliani e l’anno scorso i coloni si sono trasferiti in una parte di un hotel.

Gli anziani armeni affermano che in passato ci sono stati ripetuti tentativi da parte di coloni che volevano acquistare terreni nel loro quartiere e aumentare la presenza ebraica a Gerusalemme est. Il quartiere armeno si trova accanto al quartiere ebraico, il che lo rende particolarmente desiderabile.

Tuttavia, un portavoce del gruppo di coloni che ha acquistato le proprietà della Porta di Giaffa ha detto alla BBC di non essere a conoscenza della vendita di terreni armeni.

Nel frattempo, nelle interviste negli Stati Uniti, il prete emarginato, Barrett Yeritsian, respinge l’idea che l’acquirente del contratto di locazione del terreno – chiamato Danny Rothman ma anche Daniel Rubinstein in alcuni documenti – sia motivato dall’ideologia.

Tuttavia, i leader cristiani palestinesi affermano che l’accordo ha implicazioni politiche.

“Mina ogni futura soluzione politica per Gerusalemme”, afferma Dimitri Diliani, capo della Christian National Coalition in Terra Santa. “Secondo il diritto internazionale, è soggetto a negoziati sulla terra occupata, e questo tipo rafforza la presenza di insediamenti illegali a Gerusalemme est palestinese”, ha aggiunto.

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Dimitri Diliani afferma che la vendita “mina ogni futura soluzione politica per Gerusalemme”

Crede che anche la “diversità” di Gerusalemme ne risentirà gravemente.

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Sottolineando l’importanza delle azioni della Chiesa armena, sia il presidente palestinese che il re giordano Abdullah II – custode dei luoghi santi cristiani a Gerusalemme – hanno commentato il riconoscimento del patriarca. Ciò influisce sulla sua capacità di partecipare a cerimonie e firmare atti ufficiali della chiesa.

Il ministero degli Esteri israeliano ha dichiarato di essere a conoscenza dell’accordo del patriarca armeno, ma ha rifiutato di commentarlo a causa della sensibilità politica.

Nel frattempo, nei cortili murati del monastero di St. James – che ha ospitato molte famiglie armene sin dalla guerra arabo-israeliana del 1948 e ha i suoi circoli, la scuola, la biblioteca e persino un campo di calcio – c’è poco altro da fare al giorno d’oggi.

I rapporti tra i residenti e il clero che qui agisce come autorità religiosa e civile sono tesi. Decine di armeni di Gerusalemme si sono riuniti venerdì per ascoltare un gruppo di avvocati armeni internazionali che hanno visitato e hanno accettato di elaborare raccomandazioni su come gestire il caso.

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Un gruppo di avvocati internazionali ha detto che avrebbe formulato raccomandazioni su cosa fare riguardo al caso

Lì vicino, nel suo negozio di ceramiche, Garo Sandroni dipinge lo smalto su una ciotola decorata chiedendosi cosa riserverà il futuro.

Appartiene a una delle famiglie che hanno portato la colorata tradizione della ceramica armena a Gerusalemme un secolo fa, quando fuggirono da quello che è ampiamente considerato un genocidio da parte dei turchi.

Dice che storicamente gli armeni hanno donato denaro per acquistare terreni in questa città santa – la loro casa spirituale – e la Chiesa non ha il diritto di venderli.

Mi ha detto: “Questo è ciò che ci fa arrabbiare. Queste terre appartengono alla nazione armena. Non appartengono al Patriarcato armeno di Gerusalemme”.

“Il Patriarcato armeno di Gerusalemme deve prendersi cura di queste terre per preservarle e proteggerle”.

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190° giorno del #ArtsakhBlockade. Dopo 6 mesi di continuazione del ciclo del genocidio, è sempre più grave il blocco azero dell’Artsakh (Korazym 19.06.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.06.2023 – Vik van Brantegem] – Dopo sei mesi di chiusura del Corridoio di Lachin, gli ultimi avvenimenti sono più preoccupanti che mai. L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha votato per tenere giovedì 22 giugno 2023 un dibattito urgente sul blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) attuato dall’Azerbajgian nei confronti dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Il capo della delegazione azera, Samed Seidov, ha reagito negativamente alla decisione di tenere una discussione sulla questione del Corridoio di Lachin durante la sessione dell’APCE, iniziata oggi a Strasburgo. «La discussione organizzata su questo argomento può piuttosto causare mal di testa. Per la prima volta nella storia delle relazioni armeno-azerbaigiane, siamo arrivati così vicini alla pace che questo intervento può avere un effetto negativo. Pensiamo che non sia il momento giusto per discutere una questione del genere», ha dichiarato Seidov.
Ruben Rubinyan, il capo della delegazione armena all’APCE, ha risposto alla preoccupazione del capo della delegazione azera: «Indipendentemente dal fatto che Armenia e Azerbajgian stiano negoziando sulla questione della pace, qualsiasi discussione relativa a questioni umanitarie, la crisi in Nagorno-Karabakh, è importante e non può pregiudicare i negoziati».

«”Gli Azeri stanno ancora occupando il nostro territorio. Ci hanno tagliato l’acqua potabile. Se attaccano di notte, nessuno potrà scappare”. Lo hanno riferito i residenti di Nerkin Hand, un villaggio al confine tra Armenia e Azerbajgian a Cory Popp e me, sulle continue aggressioni dell’Azerbajgian nella regione di Syunik» (Lindsey Snell) [QUI].

Intanto, è chiaro che l’Azerbajgian sta minando qualsiasi tentativo di negoziato di pace mediato da Stati Uniti e Unione Europea. Una riunione negoziale programmata è stata annullata e ogni giorno arrivano notizie su attacchi azeri contro le posizioni armene in Armenia e in Artsakh. Sono documentati movimenti delle forze armate dell’Azerbajgian al confine con l’Armenia. Operano sotto la copertura dell’oscurità tentando di nascondere le loro azioni, ma sono rilevate delle chiare prove della loro attrezzatura e del loro numero.

Dal 15 giugno 2023 l’Azerbajgian ha completamente interrotto i già pochi transiti di persone e merci da e per l’Artsakh del 12 dicembre 2022, che avvenivano con il Comitato Internazionale della Croce Rossa e le forze di mantenimento della pace russe. La popolazione adesso è totalmente isolata, si va in modalità “austerità”. L’Azerbajgian sta negando l’accesso all’Artsakh anche alla Croce Rossa. Pure i despoti peggiori e più atroci non bloccano l’assistenza umanitaria della Croce Rossa. Questo è una nuova caduta in basso anche per il regime genocida di Aliyev.

La sezione armeno del Comitato Internazionale della Croce Rossa ha dichiarato ieri, 18 giugno 2023 che l’Azerbajgian sta continuando a bloccare totalmente l’accesso all’Artsakh/Nagorno-Karabakh, mentre cresce la preoccupazione per la situazione umanitaria nella regione. La scorsa settimana l’Armenia ha accusato Baku di aver bloccato totalmente il traffico attraverso il Corridoio di Lachin. “Non c’è stato alcun movimento facilitato dalla Croce Rossa attraverso il Corridoio di Lachin da giovedì”, ha detto all’AFP Zara Amatuni, portavoce del Comitato internazionale della Croce Rossa in Armenia. “Le forniture umanitarie di medicinali e altro materiale medico agli ospedali del Karabakh e il trasporto di pazienti gravemente malati sono stati sospesi”, ha affermato. La scorsa settimana, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha affermato che “la situazione umanitaria in Karabakh è peggiorata drasticamente”. Ha detto che “le forniture di cibo al Karabakh sono praticamente cessate e ai pazienti non è permesso essere portati negli ospedali in Armenia per cure mediche”. Le “azioni di Baku dimostrano che l’Azerbajgian sta perseguendo una politica di pulizia etnica in Karabakh”, ha aggiunto.

Sempre più grave il blocco azero dell’Artsakh

Diretta Facebook del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh
16 giugno 2023

Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Gurgen Nersisyan, nel corso di una diretta su Facebook ha confermato che dal 15 giugno, il trasporto di merci umanitarie effettuato dalle forze di mantenimento della pace russe, così come il processo di trasporto dei pazienti in Armenia attraverso l’Organizzazione della Croce Rossa Internazionale al fine di fornire cure mediche adeguate, è stato interrotto. L’intero sistema statale dell’Artsakh è entrato in modalità di austerità, i servizi che forniscono il servizio pubblico hanno ricevuto incarichi appropriati e vengono applicate restrizioni:
«Tenendo presente che la situazione è cambiata radicalmente, abbiamo apportato rapidamente alcune revisioni agli approcci esistenti.
Chiedo ai vertici del sistema dell’amministrazione statale di affrontare il problema del carburante e altre questioni simili solo in caso di estrema necessità, di interrompere o ridurre al minimo l’uso di veicoli ufficiali.
La gestione del territorio e gli enti di autogoverno locale forniranno le forniture necessarie per organizzare il processo di fornitura di cibo e pane alla popolazione.
Forniremo al Ministero della Salute le condizioni necessarie per organizzare l’assistenza medica di emergenza.
Cercheremo il più possibile di assistere l’attuazione del lavoro agricolo al fine di mantenerne la continuità. Tale processo sarà svolto sotto il diretto coordinamento e la gestione del ministro dell’Agricoltura.
I trasporti pubblici continueranno a funzionare, saranno organizzati percorsi interdistrettuali.
Chiedo, esorto, anche di agire il più parsimoniosamente possibile. In questo momento, il processo di fornitura di carburante alle persone è stato interrotto».

Nota del Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh
16 giugno 2023

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha rilasciato la seguente nota:
«Il 15 giugno, dopo aver commesso una deliberata provocazione nei pressi del ponte Hakari, la parte azera ha completamente bloccato tutti i trasporti umanitari di persone e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni. È stato annullato un previsto trasporto verso l’Armenia di persone per urgenti necessità umanitarie attraverso la mediazione del contingente di mantenimento della pace russo lungo la rotta Stepanakert-Goris-Stepanakert. Il movimento di veicoli delle forze di mantenimento della pace russe, da Goris per consegnare carichi umanitari in Artsakh, è stato anche fermato.
La completa chiusura del Corridoio di Lachin, già utilizzato in regime limitato ed esclusivamente per scopi umanitari a causa del blocco illegale dell’Artsakh in corso da più di 6 mesi, è un’altra dimostrazione pratica della flagrante violazione da parte dell’Azerbajgian dei suoi obblighi internazionali, inosservanza per le norme fondamentali del diritto internazionale, compresa l’ordinanza giuridicamente vincolante della Corte internazionale di giustizia.
Infatti, il posto di blocco istituito illegalmente nel Lachin di Corridor è utilizzato dall’Azerbajgian esclusivamente come strumento per continuare la politica di pulizia etnica contro il popolo dell’Artsakh.
Ovviamente, come continuazione della loro politica di pulizia etnica dell’Artsakh e di espulsione della sua gente dalle loro terre d’origine creando condizioni di vita insopportabili, anche attraverso il prolungato blocco dell’Artsakh avviato dai cosiddetti eco-attivisti, instaurazione del controllo azero nel Corridoi di Lachin e altre azioni illegali, le autorità azere hanno scelto di ricorrere a nuove provocazioni volte a inasprire il blocco e isolare la popolazione dell’Artsakh dal mondo esterno, privandola della possibilità anche limitata di movimento e consegna di aiuti umanitari con il sostegno del Comitato Internazionale della Croce Rossa e delle forze di mantenimento della pace russe.
In condizioni di totale permissività e assenza di misure decisive da parte della comunità internazionale contro la politica di pulizia etnica dell’Artsakh, l’azione dell’Azerbajgian si fa sempre più minacciosa. Pertanto, per evitare nuove atrocità e crimini contro il popolo dell’Artsakh, tali azioni illegali e aggressive dell’Azerbajgian devono ricevere un’adeguata valutazione politica e condanna da parte della comunità internazionale e, soprattutto, delle parti coinvolte nel processo.
Sottolineiamo ancora una volta che tutti i membri della comunità internazionale hanno la responsabilità di prevenire massicce violazioni dei diritti umani, compresa la pulizia etnica e il genocidio».

Annuncio del Ministero della Salute della Repubblica di Artsakh
19 giugno 2023

Dal 15 giugno è già il 5° giorno che l’Azerbajgian blocca completamente il movimento bidirezionale dei pazienti medici dell’Artsakh e la consegna di forniture mediche e medicinali all’Artsakh da parte del Comitato Internazionale della Croce Rossa. A causa della sospensione dell’importazione di medicinali, la soddisfazione dei medicinali nel settore ospedaliero ha raggiunto circa il 40 percento e nel settore ambulatoriale circa il 20 percento. Tenendo conto della situazione creata, da oggi tutti gli esami e gli interventi (operazioni) non urgenti sono stati annullati in tutte le istituzioni mediche della repubblica.  Circa 175 pazienti medici con varie diagnosi stanno aspettando l’opportunità di essere trasferiti alle istituzioni mediche della Repubblica di Armenia per ricevere cure mediche adeguate. Le persone soggette a trasferimento immediato hanno malattie tumorali e cardiovascolari. Al momento, 8 bambini si trovano nel reparto di rianimazione e neonatale dell’unità medica Arevik del Ministero della Salute della Repubblica di Artsakh. Al Centro Medico Repubblicano 8 pazienti sono ricoverati nell’unità di terapia intensiva, 3 dei quali sono in condizioni critiche.
Pur continuando il #ArtsakhBlockade da più di sei mesi, ignorando il diritto internazionale e l’ordine del 22 febbraio 2023 della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite all’Azerbajgian di aprire il Corridoio di Lachin e di garantire la libera circolazione in ambedue le direzioni, rifiutando di restituire i prigionieri di guerra armeni. Tutti gli accordi con l’Unione Europea, l’USA, la Russia, ecc. strappate, semplicemente armano l’Azerbajgian (con la Turchia) e consentono l’aggressione azero-turca contro l’Armenia e l’Artsakh. Nei media azeri possiamo vedere ulteriori prove che l’Azerbajgian sta semplicemente fingendo di negoziare, mentre continuano la loro politica dell’uso della forza. L’Azerbajgian è un fattore destabilizzante nella regione.
Yerevan e Baku non hanno ancora raggiunto un consenso su diverse questioni cruciali, comprese le mappe che verranno utilizzate per la delimitazione dei confini, ha affermato il Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia. Durante un briefing parlamentare, il Viceministro degli Esteri, Vahan Kostanyan, ha sottolineato che attualmente non esiste un accordo sull’anno specifico della mappa che servirà come base per i futuri processi di delimitazione e demarcazione. Kostanyan ha inoltre affermato che esiste un divario significativo tra le posizioni detenute da entrambe le parti coinvolte, ma sono in corso sforzi per compiere progressi.

I diritti del popolo dell’Artsakh include il diritto all’autodeterminazione

Gurgen Nersisyan, il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, in un’intervista che ha rilasciato recentemente alla televisione pubblica armena, ha detto di non essere d’accordo con chi, parlando dei diritti del popolo dell’Artsakh, non intende il diritto all’autodeterminazione:
«1. Non sono d’accordo con quelle persone o autorità o attori internazionali che, parlando dei diritti del popolo dell’Artsakh, non intendono il diritto all’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh.
2. Nelle moderne relazioni internazionali, il caso in cui fanno morire di fame 120.000 persone, le torturano e poi dicono: se non vuoi rimanere affamato, essere torturato, venire ai negoziati, dovrebbe essere considerato ferocia e terrorismo.
3. Le autorità dell’Artsakh non sono contrarie ai contatti tra Artsakh e Azerbajgian, ma durante il negoziato, la possibilità di esercitare i diritti delle parti in conformità con le norme internazionali dovrebbe essere garantita e protetta da meccanismi internazionali. Tali garanzie, tuttavia, devono essere convincenti e affidabili.
4. L’Artsakh è sotto assedio da più di sei mesi, l’Azerbajgian usa costantemente la forza o minaccia di usare la forza contro il popolo dell’Artsakh, il popolo dell’Artsakh è privato della fornitura di gas, dell’approvvigionamento energetico, dell’opportunità di ricevere cure mediche adeguate, sufficienti cibo, anziani, donne incinte, bambini e neonati sono privati ​​dell’accesso ai beni di prima necessità e ai medicinali.
Se la protezione dei diritti del popolo dell’Artsakh garantita a livello internazionale si presenta così, allora dobbiamo registrare che attualmente non disponiamo di garanzie affidabili e convincenti di sicurezza e diritti».

I negoziati finalizzati alla pace si svolgono in condizioni di squilibrio di potere
I politici francesi chiamati a sostenere il Nagorno-Karabakh
L’appello sul quotidiano francese Le Figaro

Più di 170 parlamentari, senatori e leader eletti delle autorità regionali del Partito repubblicano francese, tra cui il Presidente del Senato francese, Gérard Larchet, il Presidente del Consiglio regionale dell’Aude-de-France, Xavier Bertrand, il Presidente del Consiglio regionale dell’Île-de-France Valéry, Pecres, Auvergne, il Presidente del Consiglio regionale del Rhône-Alpes, Laurent Vauquier, il Sindaco di Cannes, Presidente dell’Associazione dei sindaci francesi, David Lisnard, il Presidente della frazione maggioritaria del Partito repubblicano francese al Senato francese, il Presidente dell’Associazione internazionale gruppo di sensibilizzazione sul Nagorno-Karabakh al Senato, Bruno Ratayo, il Presidente della fazione del Partito repubblicano francese nell’Assemblea nazionale francese, Olivier Marlen, il Vicepresidente del Partito repubblicano francese, Deputato al Parlamento europeo, Francois-Xavier Bellamy, il Presidente del Partito repubblicano francese, Eric Sioti, e altri hanno lanciato un appello collettivo per prevenire la “fine pianificata del Nagorno-Karabakh” e il rischio di massacri della popolazione armena nel Caucaso meridionale:
«Questo è un allarme che vogliamo suonare. Un allarme da parte di tutti coloro che non vogliono tacere di fronte alla prevista fine della Repubblica di Nagorno-Karabakh e al pericolo di massacri della popolazione armena di quella zona.
Dopo la vittoria dell’Azerbajgian nell’autunno del 2020, l’Armenia si è trovata in uno stato molto indebolito e vulnerabile. Da allora, i negoziati di pace dell’Armenia con il regime di Baku si sono svolti in condizioni di completo squilibrio di potere. Alleato de facto e de jure della Russia, l’Azerbajgian, come ha ricordato nei giorni scorsi il presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, sta attuando da sei mesi un disumano blocco della parte non occupata della Repubblica di Nagorno.Karabakh, con l’ambizione apertamente dichiarata di far morire di fame e di sfrattare i 120.000 Armeni che vi abitano.
Le forze di mantenimento della pace russe, che avrebbero dovuto garantire la libera circolazione tra Armenia e Nagorno-Karabakh, nonché i rifornimenti, hanno dimostrato la loro incompetenza. La decisione del 22 febbraio della Corte Internazionale di Giustizia, che imponeva l’immediata revoca del blocco, è rimasta irrilevante per Ilham Aliyev.
Rimasta sola e senza aiuto per contrastare le ambizioni bellicose ed esigenti di un Azerbajgian sopraffatto, l’Armenia sta ora cercando di salvare la propria integrità territoriale. In questo contesto, rivolgiamo un appello ufficiale al Presidente della Repubblica francese. La Francia può intervenire, la Francia deve intervenire. Siamo obbligati a farlo perché gli armeni sia dell’Armenia che del Nagorno-Karabakh non solo incarnano i valori democratici in una regione dove governano senza eccezioni stati autoritari, persino dittatoriali, ma hanno assunto per noi il ruolo di avanguardia di una comune cultura cristiana. Abbiamo l’obbligo di farlo perché è dettato dalla nostra responsabilità di proteggere, che deriva dal nostro impegno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2005.
Possiamo e dobbiamo intervenire riconvocando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per riformulare i negoziati in corso. Perché accettare questi negoziati come erano prima di Chisinau, cioè togliere alla Francia e all’Occidente la responsabilità di lasciare nuovamente gli Armeni del Nagorno-Karabakh, come una volta lasciammo gli Armeni di Cilicia, significherebbe accettare la guerra imminente, la destabilizzazione dell’Armenia e la regione, che è pericolosa per tutti noi.
Pertanto, il Consiglio di Sicurezza dovrebbe imporre con la sua risoluzione il fatto che la precondizione di questi negoziati dovrebbe essere la garanzia assoluta dell’esclusione di qualsiasi processo di pulizia etnica contro gli Armeni del Nagorno-Karabakh. Tale garanzia di sicurezza, che la Francia deve esigere e far rispettare, si baserà solo sul mandato conferito a una forza internazionale interposizionale, che integrerà le inefficaci forze di mantenimento della pace russe; a rischio l’estensione del mandato di quest’ultima oltre il 2025. Infine, tale risoluzione dovrebbe definire, sostanzialmente ripristinare, il principio del diritto all’autodeterminazione degli Armeni del Nagorno-Karabakh come principale garanzia del loro diritto fondamentale alla vita e alla dignità, per resistere allo stato azero costruito sulla base dell’odio razziale.
Riteniamo imperativo che il Presidente Macron ribadisca il principio di questo diritto fondamentale alla vita e alla dignità proprio a Goris, alle porte del Nagorno-Karabakh assediato, come hanno fatto i suoi predecessori, François Mitterrand e Jacques Chirac, a Sarajevo.
In un mondo in cui le forze distruttive ed espansionistiche stanno avanzando, la Francia può e deve prendere l’iniziativa per ristabilire l’equilibrio nei negoziati armeno-azeri, ridefinendo l’architettura di sicurezza stabilita nel Caucaso meridionale insieme a tutti i nostri partner.
La manifestazione di questa riformulazione dovrebbe essere anche il rafforzamento delle capacità di difesa della Repubblica di Armenia, a cui dobbiamo contribuire. Perché solo l’Armenia, che sa difendersi (cosa che non accade oggi), ritroverà la fiducia in se stessa, la fiducia nei valori democratici, di cui è quasi l’unica portatrice nella regione».

L’Italia non tradisca l’Armenia
«Si viene a sapere che il Belpaese vende aerei militari Spartan C27 all’Azerbajgian». La denuncia del Console onorario dell’Armenia a Venezia
di Pietro Kuciukian
Tempi.it, 15 giugno 2023

Nel 1989 ha volato in Armenia un aereo militare italiano, il G222, carico di aiuti umanitari inviati agli armeni dopo che il loro territorio era stato devastato da un terrificante terremoto che ha causato danni per un terzo dell’Armenia e innumerevoli vittime. Gli italiani della Protezione Civile son stati accolti come fratelli salvatori. Gli italiani hanno inviato un importante contributo in denaro e hanno costruito un villaggio intero, “il Villaggio Italia”, ancora oggi abitato. L’Italia è sempre stata amica degli armeni fino dall’antichità. Paese cristiano dalle origini, l’Armenia nel 301 ha adottato il cristianesimo come religione di Stato, elemento di fondo dell’identità nazionale armena. Gli armeni e gli italiani si sono sempre ritrovati dalla stessa parte della storia, anche durante il genocidio del 1915 ad opera del governo ottomano dei Giovani Turchi. Negli ultimi anni molti trattati di collaborazione sono stati stipulati fra l’Italia e l’Armenia. Per gli italiani che si recano in Armenia non è richiesto alcun visto e numerose aziende italiane operano in Armenia.
Oggi si viene a sapere che l’Italia, tramite la sua industria di Stato Leonardo Finmeccanica, vende aerei militari Spartan C27, l’evoluzione moderna del G222, perfetti per la tormentata geografia montuosa del Caucaso, all’Azerbajgian in conflitto con l’Armenia per la questione del Nagorno-Karabagh. Finché si trattava di accordi commerciali come quelli sui gasdotti, per esempio il TAP che fa giungere in Italia energia dall’Azerbajgian, gli armeni in Patria e in diaspora potevano comprendere: si trattava di essenziale approvvigionamento energetico. Ma fornire materiale militare ad una parte belligerante mentre sono in corso trattative di pace fra l’Armenia e l’Azerbajgian, oltre ad essere internazionalmente vietato (Art.51 della Carta delle Nazioni Unite), è politicamente scorretto, e significa di fatto sostenere una delle due parti in causa.
Cosa è successo nel frattempo? Perché e come è nato questo sovvertimento di orientamenti? Come è possibile che nel giro di pochi anni sia prevalso in Italia, da sempre vicina agli armeni, una decisione che non valuta le conseguenze di questo supporto militare? Consapevoli dell’importanza strategica della sicurezza energetica di ogni paese e del profitto legato alla vendita di armi, ci si interroga se una strada diversa non sia possibile.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Francia: partigiano di origine armena entrerà nel Pantheon (Ansa 18.06.23)

(ANSA) – PARIGI, 18 GIU – Il presidente francese Emmanuel Macron porterà nel Pantheon, il mausoleo in cui riposano le spoglie dei personaggi che hanno segnato la storia del Paese, Missak Manouchian, figura della Resistenza di origine armena, salutando il suo “coraggio” e il suo “tranquillo eroismo”.

Lo ha annunciato l’Eliseo.    “Missak Manouchian rappresenta una parte della nostra grandezza”, egli “incarna i valori universali” di libertà, uguaglianza, fraternità in nome dei quali “ha difeso la Repubblica”, ha dichiarato la presidenza in un comunicato.
(ANSA).

Armenia, le donne potranno prestare servizio militare volontario (TRT 17.06.23)

In Armenia, l’Assemblea nazionale ha approvato la legge che consente alle donne di prestare servizio militare in modo volontario.

Secondo l’agenzia di stampa ufficiale dell’Armenia, Armenpress, il disegno di legge che modifica la legge della Repubblica di Armenia “Sul servizio militare e lo status del soldato”, che prevede emendamenti per consentire alle donne di prestare servizio militare volontario, è stato approvato a maggioranza.

Di conseguenza, è stato introdotto un sistema di servizio militare volontario per le donne. In questo modo, le donne cittadine della Repubblica d’Armenia di età compresa tra i 18 e i 27 anni potranno fare domanda per il servizio militare, mentre la durata del servizio militare sarà di 6 mesi.

Secondo la legge, le donne che hanno completato i 6 mesi di servizio militare riceveranno 1 milione di dram al momento della smobilitazione.

La legge entrerà in vigore con l’approvazione da parte del presidente armeno.

In Armenia, gli uomini di età compresa tra i 18 e i 27 anni sono obbligati a prestare servizio militare per 2 anni. Nel Paese il reclutamento militare viene effettuato due volte l’anno, durante l’estate e l’inverno.

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L’Armenia ha chiesto spiegazioni alla Russia per il tentativo di aiutare l’esercito azero a issare la bandiera sul territorio armeno (Avia pro 17.06.23)

Durante l’incontro odierno, tenutosi il 16 giugno presso il ministero degli Affari esteri dell’Armenia, è stata espressa “forte insoddisfazione” nei confronti dei rappresentanti ufficiali di Yerevan. Il motivo è stato un incidente avvenuto al confine con l’Azerbaigian vicino al ponte Khakari e che ha coinvolto le forze di pace russe. Lo ha annunciato l’addetto stampa del ministero degli Esteri armeno Ani Badalyan in risposta alla domanda dell’edizione “Armenpress” sullo scopo della visita dell’ambasciatore russo Sergey Kopyrkin al ministero degli Esteri della Repubblica.

“Durante l’incontro con l’ambasciatore russo, la parte armena ha espresso forte insoddisfazione per l’incidente avvenuto il 15 giugno vicino al ponte Khakari con la partecipazione delle forze di pace russe. È stato chiesto di adottare tutte le misure necessarie per chiarire le circostanze di questo incidente e correggere la situazione”– disse Badalyan.

Il Servizio di sicurezza nazionale (BNS) dell’Armenia, responsabile della protezione dei confini del Paese, aveva riferito due giorni prima di un tentativo da parte di un gruppo di militari del Servizio di frontiera di Stato (SBS) dell’Azerbaigian di dirigersi verso il ponte Khakari. Lo scopo di questa azione era issare la bandiera sul territorio della Repubblica di Armenia. Tuttavia, grazie alle misure adottate dalla parte armena, è stato possibile impedire l’avanzata del personale militare azero e il tentativo di stabilire una bandiera sul territorio armeno.

Armenpress osserva che in uno dei video circolati su Internet si può vedere come l’esercito azero, accompagnato dalle forze di pace russe, abbia cercato di piantare la bandiera azera sul ponte Khakari.

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Cultura, Bari e gli Armeni: insieme nel nome del Santo

Bari – Due popoli vicini da sempre, nel nome del Santo venuto da Oriente: Bari incontra la comunità armena, nella giornata organizzata da Palazzo di Città negli spazi del museo civico.

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Libri: l’ex attrice Laura Ephrikian presenta “Una famiglia armena” (Il Resto del Carlino 17.06.23)

Appuntamento stasera, alle 21.30, nell’anfiteatro “Natale Mondo” lungo corso Matteotti, a Porto Recanati. L’ospite d’onore sarà l’ex attrice e conduttrice televisiva Laura Ephrikian, che presenterà il suo libro “Una famiglia armena”. Il manoscritto prende le mosse, in maniera del tutto naturale, dalle origini: la travagliata e meravigliosa storia d’amore dei nonni Akop e Laura testimoniata tramite le poetiche lettere che si scrivevano, il rapporto di Laura con il padre e con la madre. La prefazione del libro è di Walter Veltroni.