Charles Aznavour, l’armeno di Parigi (Dailygreen 22.05.22)

Il 22 maggio 1924 nasce a Parigi Charles Aznavourian, destinato a diventare famoso con il nome di Charles Aznavour. Il lieto evento avviene per caso sul territorio francese dove i suoi genitori, profughi armeni, stanno aspettando un visto per trasferirsi negli Stati Uniti.

L’incontro con la Piaf

Il tempo passa e il visto per gli Stati Uniti non arriva. Il padre decide allora di aprire un piccolo ristorante che diventa una luogo di ritrovo di artisti. Charles respira fin dai primi anni di vita questa atmosfera e nel 1933, quando ha solo nove anni, i suoi genitori lo iscrivono alla scuola di Spettacolo. Il ragazzo ha stoffa e ben presto inizia ritagliarsi piccoli ruoli nel cinema e nel teatro. Nel 1939 però, mentre il mondo si prepara a una nuova follia bellica, il padre Micha si arruola volontario nell’Armée e il quindicenne Charles lascia la scuola per lavorare. Sembra la fine dell’avventura nel mondo dello spettacolo, ma non è così. Nel 1941 incontra un giovane compositore. Si chiama Pierre Roche. I due decidono di unire la loro creatività. Nasce il duo Aznavour-Roche destinato a diventare popolarissimo nei locali di Parigi. Per Charles Aznavour è l’inizio di una lunghissima carriera. Nel 1946 Charles Aznavour incontra Edith Piaf. L’incontro lascia il segno su entrambi. Lui le regalerà alcune bellissime canzoni e lei gli apre le porte degli Stati Uniti.

Il successo come interprete

Aznavour, pur essendo uno dei più apprezzati autori dell’epoca fatica ad affermarsi come interprete. Scrive canzoni per la Piaf, Mistinguett, Patachou, Juliette Gréco e un’infinità di protagonisti della scena musicale parigina ma fatica a farsi apprezzare in proprio. La svolta avviene nel 1957 quando, dopo una fortunata tournée nell’Africa del Nord, ottiene un sorprendente successo all’Alhambra che prelude a un vero e proprio trionfo nel tempio della musica parigina: l’Olympia. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi Sessanta la sua popolarità cresce a dismisura in tutto il mondo. Anche il cinema lo vede protagonista di successo sia come interprete che come autore di colonne sonore e di brani indimenticabili. Il passare del tempo non lascia tracce su Charles Aznavour che negli anni Ottanta colleziona trionfi dal vivo, successi discografici e buone frequentazioni cinematografiche. La sua popolarità non ha confini generazionali visto che nel 1999 i frequentatori dei siti Internet della CNN e di Time lo indicano, insieme a Elvis Presley e Bob Dylan come uno dei cantanti simbolo del ventesimo secolo. Il nuovo millennio lo vede nuovamente sulla breccia con dischi, concerti e qualche gesto eclatante come nell’aprile del 2002 quando canta la Marsigliese durante la mobilitazione contro il leader dell’estrema destra xenofoba Jean-Marie Le Pen ammesso al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi. Muore il 1° ottobre 2018.

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Presentato alla Sapienza il volume su Yeghishe Charents (Leonida Edizioni 2023). Presente l’editore Domenico Pòlito (Il Dispaccio 21.05.23)

A Roma, presso la sala ODEION del Museo d’arte classica (facoltà di Lettere e Filosofia) dell’Università “La Sapienza”, il 16 maggio 2023 ha avuto luogo la presentazione di due volumi dedicati a uno dei maggiori esponenti della letteratura armena: Yeghishe Charents. L’evento, promosso ed organizzato dall’Ambasciata della Repubblica l’Armenia in Italia e dall’Università “La Sapienza”, ha visto la partecipazione del Rettore dell’Ateneo romano Antonella Polimeni – che ha sottolineato l’impegno di dare maggiore visibilità e spazio alla questione armena e alla cultura che appartiene al popolo armeno, finora piuttosto trascurate sotto un profilo storico; dell’Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia Tsovinar Hambardzumyan, del Direttore del Dipartimento di Archeologia de “La Sapienza” Giorgio Piras, di Domenico Polito della casa editrice Leonida, che ha pubblicato il volume “Io della mia dolce Armenia”, del traduttore delle opere di Charents Alfonso Pompella, dell’autrice del libro “Yeghishe Charents – Vita inquieta di un poeta” Letizia Leonardi, di Filippo Orlando per la casa editrice “Le Lettere”, oltre all’apprezzata presenza dell’attore, regista e sceneggiatore Carlo Verdone, figlio di Mario Verdone, appassionato studioso della cultura armena, che nel suo intervento ha raccontato alcuni aneddoti legati alla figura paterna.

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161° giorno del #ArtsakhBlockade. L’Armenia vuole la pace. L’Azerbajgian vuole l’Artsakh e l’Armenia, senza gli Armeni (Korazym 21.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il giorno 161 dell’assedio di Artsakh/Nagorno-Karabakh. 89 giorni dalla decisione della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, che ordinava l’immediata revoca del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), L’AzerbaJgian disprezza i più alti organismi internazionali. «5 mesi di vergogna per la comunità internazionale per aver lasciato il despota dell’Azerbajgian a compiere questo lento genocidio» (Nara Matini). Oggi prevale la pulizia etica, che è il modello della dottrina nazionale turca. I parallelismi tra Ucraina e Artsakh saltano all’occhio, ma vengono a malapena notati e menzionati dai media durante la guerra di 44 giorni del 2020, il cessate il fuoco costantemente infranto e il #ArtsakhBlockade. L’Armenia vuole la pace. L’Azerbajgian vuole l’Artsakh e l’Armenia, senza gli Armeni. Aliyev non ne fa un mistero.

«Come inizia la guerra. Artsakh 27.09.2020» (David Ghahramanyan, fotoreporter a Stepanakert).

«In concomitanza con gli sforzi per stabilizzare la situazione nel Nagorno-Karabakh e al confine, è imperativo superare le sfide umanitarie, sbloccare i collegamenti di trasporto economici e concordare il linguaggio di un trattato di pace» (Sergej Lavrov, Ministro degli Esteri della Federazione Russa).

Gli Armeni hanno marciato ieri nel villaggio di Kornidzor (foto di copertina), comune di Tegh nella regione di Suynik, al confine tra Armenia e Artsakh, per esprimere solidarietà al popolo dell’Artsakh che è sotto blocco da oltre 5 mesi da parte dell’autocrazia guerrafondaia genocida armenofoba azera, chiedendo che il governo armeno non firmi alcun accordo di pace con Baku che riconosca l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian. Artsakh è Armenia.

L’autocrazia dell’Azerbajgian è fortemente sostenuta dalla Turchia, che agisce secondo i sogni di Recep Tayyip Erdoğan di ricostruire l’Impero ottomano. L’autocrate azero, Ilham Aliyev, viene premiato per l’invasione dell’Armenia.

I risultati della missione conoscitiva della Tatoyan Foundation Center for Law and Justice nella comunità di Tegh in Syunik a seguito delle incursioni nel territorio sovrano dell’Armenia: sicurezza e vita normale delle persone distrutte, le persone private di pascoli e terre, l’Azerbajgian continua a delinquere. Un ringraziamento speciale agli avvocati internazionali Garo Ghazarian e Karnig Jerkonian. Un lavoro molto importante per mostrare l’aggressione dell’Azerbajgian e il suo impatto sulle comunità minacciate dell’Armenia.

Parco delle sculture di fronte al Museo Statale di Belle Arti di Shushi è stato completamente distrutto

Il parco delle sculture di fronte al Museo Statale di Belle Arti di Shushi, città dell’Artsakh occupata dall’Azerbajgian con la guerra di 44 giorni del 2020, è stato completamente distrutto, riporta Monument Watch.

Lo si può vedere chiaramente in un video della tv statale azera ITV [QUI] che mostra il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, mentre partecipa l’11 maggio 2023 all’inaugurazione di una mostra fotografica dedicata a suo padre Heydar Aliyev nell’ex Museo Statale di Belle Arti di Shushi. Il filmato mostra chiaramente che le sculture poste all’ingresso del museo non ci sono più, né le opere esposte nelle sale del museo. La condizione e l’ubicazione di tutte le opere che compongono la collezione del Museo Statale di Belle Arti di Sushi rimangono sconosciute.

Monument Watch afferma che anche il parco delle sculture di artisti moderni nel cortile del Museo Statale di Belle Arti di Shushi è stato completamente rimosso, e anche il destino di queste opere rimane sconosciuto. Se n’è parlato già il 15 agosto 2021, grazie alle foto satellitari pubblicate da Caucasus Heritage Watch, a cui ha fatto riferimento il team del progetto “Monitoring of Artsakh cultural heritage” (la distruzione del “Parco delle sculture” dello Museo Statale delle Belle Arti di Shushi).
La distruzione del Museo Statale di Belle Arti di Shushi è un’altra manifestazione del vandalismo azero, che è una grave violazione di una serie di disposizioni delle convenzioni internazionali e degli impegni assunti dall’Azerbajgian. Ai sensi dell’articolo 4 della Convenzione di Den Haag del 1954 per la protezione dei beni culturali in tempo di conflitto armato, è vietato qualsiasi atto di vandalismo, furto, rapina, appropriazione indebita, ostilità e rappresaglia contro il patrimonio culturale. Secondo il primo Protocollo di Den Haag del 1954, è vietato distruggere valori culturali o spirituali nei territori occupati. Il Secondo Protocollo di Den Haag del 1999 ribadisce questo requisito e qualifica tale atto come un crimine internazionale ai sensi dell’articolo 15. La distruzione di valori culturali sono vietate anche da quattro convenzioni e protocolli internazionali sulla protezione delle vittime di guerra, leggi e costumi di guerra di Ginevra del 12 agosto 1949, nonché da pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite e trattati sui diritti umani.

Il contingente di mantenimento della pace della Russia in Artsakh riferisce sul proprio canale Telegram di aver distribuito, insieme all’ONG multinazionale “Siamo uniti”, nelle scuole aiuti umanitari ai bambini e alle loro famiglie bisognosi nella regione di Martakert [QUI].

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Il genocidio degli Armeni. La loro colpa: essere cristiani (Viverefermo 20.05.23)

20/05/2023 – Il 24 aprile scorso, gli Armeni di tutto il mondo hanno celebrato l’anniversario della strage del proprio popolo. Tra il 1915 e il 1919 furono trucidati dai soldati dell’Impero ottomano dei Giovani Turchi non meno di un milione e ottocentomila armeni. La maggior parte perì di fame, di stenti, di violenze nelle cosiddette marce della morte. La tragedia dei cristiani armeni è stata raccontata nel romanzo storico: I quaranta giorni del Mussa Dagh (il Monte di Mosé), scritto da Franz Werfe.

Sulla stampa italiana il ricordo di tale olocausto è stato passato quasi sotto silenzio. Forse perché perpetrato nei confronti di una popolazione di religione cristiana. E pure si trattò del primo sterminio sistematico, del primo genocidio del ‘900 . Sterminio e genocidio che anticiparono quelli compiuti dai nazisti nel corso del secondo conflitto mondiale.

Nella prefazione al libro, Elie Wiesel, superstite dell’olocausto perpetrato dai nazisti, affermò che «questo romanzo scritto prima del regime hitleriano in Germania, sembra prefigurare l’avvenire».

Una frase di Adolf Hitler è sintomatica circa la certezza sul futuro silenzio dei massacri. Il 22 agosto del 1939, una settimana dell’invasione della Polonia, il fuhrer diede un ordine agghiacciante, quello di «uccidere senza pietà tutti gli uomini, donne e bambini di razza polacca o lingua polacca». Hitler aggiunse: «Chi parla ancora adesso dello sterminio degli Armeni?».

Già chi ne parla ancora? Giustamente, si celebrano altri olocausti. Ma quello armeno no!

Come si parla al minimo o per nulla delle stragi dei cristiani di Nigeria, del Sudan, della Somalia.

Forse ilmotivo è proprio questo: l’avversione nei confronti del cristianesimo porta a nascondere i crimini commessi contro i suoi fedeli.

A gennaio scorso, l’ANSA ha lanciato una notizia poco raccolta dai media nazionali.

Ha scritto: «Sono oltre 360 milioni nel mondo i cristiani che sperimentano almeno un livello alto di persecuzione e discriminazione a causa della propria fede (1 cristiano ogni 7); la Corea del Nord torna al primo posto; la violenza anticristiana in Africa Sub-Sahariana raggiunge intensità senza precedenti».

Tornando all’olocausto armeno, segnaliamo un altro libro: Mussa Dagh-Gli eroi traditi

Chi continua a tacere si rende complice!

di Adolfo Leoni

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160° giorno del #ArtsakhBlockade. Rispettare l’autodeterminazione del popolo dell’Artsakh e riconoscere la Repubblica di Artsakh (Korazym 20.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 20.05.2023 – Vik van Brantegem] – 160 giorni di resistenza del popolo dell’Artsakh di fronte al genocidio dell’Azerbajgian. Il riconoscimento dell’indipendenza della Repubblica di Artsakh da parte della comunità internazionale è indispensabile all’esercizio del diritto fondamentale degli Armeni all’autodeterminazione e a vivere in pace sulle terre ancestrali.

L’Artsakh da più di cinque mesi sta vivendo una crisi umanitaria a causa del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), l’unico collegamento dell’Artsakh con l’Armenia e il resto del mondo. La strada Goris-Tegh-Kornidzor-Ponte Hakari-Berdzor (Lachin)-Shushi-Stepanakert è stato bloccato dall’Azerbajgian dal 12 dicembre 2022. La chiusura ha portato alla carenza di forniture essenziali come cibo e medicinali e l’interruzione della fornitura di elettricità e gas dall’Armenia. Il 22 febbraio 2023 la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha ordinato all’Azerbajgian di prendere tutte le misure a sua disposizione per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni. L’Azerbaigian finora ha ignorato l’ordine, anzi ha sostituito il blocco degli “eco-attivisti” all’altezza di Shushi con un blocco militare e presso il ponte Hakari ha installato un blocco militare illegale (presentato ufficialmente come un “posto di controllo passaporti”) sul territorio della Repubblica di Artsakh sotto controllo delle forze di mantenimento della pace russe.

Nelle foto di Yana Avanesyan, Armeni che protestano nel villaggio di Kornidzor contro il blocco dell’Artsakh. Kornidzor è un villaggio del comune di Tegh nella Provincia di Syunik in Armenia, ultima tappa armena verso il Corridoio di Berdzor (Lachin) che inizia presso il ponte Hakari.

Il video dell’agenzia 301 [QUI].

Come abbiamo riferito [QUI e QUI], nel pomeriggio dell’11 aprile 2023, le forze armate azere hanno attaccato dei militari armeni nell’area del villaggio di Tegh. Quattro militari armeni sono stati uccisi e sei feriti a seguito dell’attacco terroristico azero, che si è svolto IN Armenia, come dimostrano le prove video. I militari azeri hanno violato la nuova linea di contatto (spostata in avanti da loro con la forza in marzo), partendo da un’area sul territorio sovrano dell’Armenia occupato in marzo, sono entrano in un’area vicino al villaggio di Tegh in Armenia senza alcun preavviso e hanno iniziato a sparare contro dei militari armeni che stavano conducendo lavori di ingegneria sulle proprie posizioni di difesa per contrastare la strisciante annessione di territorio armeno da parte delle forze armate dell’Azerbajgian. Il totale delle vittime era 17, aggiungendo a quelli armeni, i 3 morti e 4 feriti tra gli aggressori azeri, secondo il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian.

Nelle foto di Siranush Sargsyan, i cittadini di Stepanakert marciano dalla parte dell’ingresso al Corridoio di Berdzor (Lachin) in Artsakh e hanno mostrato sostegno ai partecipanti al raduno di Kornidzor.

Il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, ha incontrato un gruppo di membri delle famiglie dei soldati cadute durante la guerra di 44 giorni nel Nagorno Karabakh del 2020, che avevano chiesto di incontrare Harutyunyan.

Durante l’incontro, Harutyunyan ha discusso una serie di questioni relative agli sviluppi nazionali ed esteri. Ha sottolineato «la necessità di stabilità interna e tolleranza reciproca in queste condizioni di crisi, sottolineando il ruolo dei presenti in questa vicenda».

La prima conferenza “Futuro armeno” ha discusso 3 dei 15 obiettivi dell’iniziativa

La prima conferenza “Futuro armeno”, che dal 10 al 12 marzo 2023 ha discusso 3 dei 15 obiettivi dell’iniziativa: responsabilità storica, unità Armenia-diaspora e crescita della popolazione. I circa 200 partecipanti provenienti da diversi Paesi del mondo hanno votato le proposte politiche e le priorità dell’iniziativa relative a ciascun obiettivo.

Riassumendo i risultati della conferenza, Nubar Afeyan, co-fondatore dell’iniziativa “Futuro armeno”, ha sottolineato che se, nell’attuale urgenza, non si può discutere e immaginare un futuro che possa appartenere a tutti, e per il quale vale la pena fare gli investimenti e i sacrifici necessari per realizzarlo, poi rimarremo nel presente. “Più precisamente, torneremo al passato. E il nostro passato, ad eccezione di alcuni momenti luminosi, non è quello a cui, penso, nessuno voglia tornare”, ha detto Afeyan.

Ruben Vardanyan, co-fondatore dell’iniziativa “Futuro armeno “, ha anche osservato che le questioni relative all’Artsakh avranno un grande impatto non solo sull’Armenia, ma anche sull’intero mondo armeno. “E siamo sicuri che percorreremo questa strada insieme, perché proteggere la sicurezza e l’indipendenza dell’Artsakh non è solo un problema del popolo dell’Artsakh”, ha affermato Vardanyan.

Parlando della scelta e del successo del modello della conferenza, Artur Alaverdyan, co-fondatore dell’iniziativa “Futuro armeno”, ha affermato che il modello della conferenza, come formato per prendere decisioni insieme, è uno dei nuovi modelli emergenti in risposta alle sfide più complesse nel mondo. “La conferenza ha dimostrato che questo approccio innovativo funziona per noi e che le persone con opinioni opposte possono arrivare a una decisione congiunta su questioni complesse. In altre parole, continueremo a utilizzare questo modello. La conferenza si è concentrata sulla discussione di tre obiettivi, ma abbiamo ancora altri obiettivi da discutere”, ha affermato Alaverdyan.

Richard Azarnia, co-fondatore dell’iniziativa “Futuro armeno “, ha sottolineato che vede la missione dell’iniziativa nell’attuazione dei 15 obiettivi prefissati. “Secondo me l’importante in questo momento è essere uniti. Dobbiamo seguire insieme le idee adottate dalla conferenza, perché sono le nostre idee collettive, ora dobbiamo tenerci per mano e camminare insieme. L’obiettivo di ‘Futuro armeno’ è facilitare e accelerare questo percorso”, ha affermato Azarnia.

A seguito del voto durante la conferenza, il 92,7% dei partecipanti ha votato a favore del punto di vista che “l’Artsakh è il problema di tutti gli Armeni”. Grande attenzione hanno ricevuto anche le proposte di creare un’agenzia per la cooperazione degli uomini d’affari per l’Armenia e la diaspora, reti congiunte del patrimonio armeno, organizzazione e propaganda dell’immigrazione.

La conferenza ha realizzato il primo tentativo di dialogo civile pan-armeno nell’agenda nazionale, il primo tentativo di Armeni di diversi Paesi di risolvere insieme il futuro della nazione, l’organizzazione della prima assemblea civile nel territorio post-sovietico e con il coinvolgimento della diaspora. Oltre a discussioni in un formato senza precedenti, commissioni che hanno coinvolto più di 100 esperti hanno lavorato per più di 5 mesi. La partecipazione delle strutture della diaspora più coinvolte alle discussioni di esperti e al dibattito pubblico è un tentativo di superare la polarizzazione sociale e lo stallo politico e coinvolgere nuovamente i cittadini attraverso l’inclusività.

Lavrov afferma che la stabilità e la pace del Caucaso meridionale sono “direttamente collegate” agli interessi russi e la Russia farà di tutto affinché vengano attuati gli accordi volti a stabilizzare la situazione nel Caucaso meridionale

Parlando all’incontro trilaterale con i Ministri degli Esteri armeno e azero, Ararat Mirzoyan e Jeyhun Bayramov a Mosca, il Ministro degli esteri russo Lavrov ha espresso la speranza che i colloqui procedano in un’atmosfera costruttiva e il dialogo diretto consentirà di ottenere ulteriori risultati .Lavrov si è offerto di discutere trilateralmente l’intero cerchio di questioni di normalizzazione tra Armenia e Azerbajgian prima di continuare i colloqui bilaterali. Ha affermato che le dichiarazioni trilaterali firmate dai leader di Russia, Armenia e Azerbajgian sono le tabelle di marcia per raggiungere soluzioni sostenibili. «Abbiamo analizzato la situazione intorno al Caucaso meridionale. Riteniamo che non ci sia alternativa agli accordi tra i nostri leader. A nostra volta, siamo interessati alla stabilità e alla pace in questa regione. Questo è direttamente collegato agli interessi russi. Faremo di tutto perché vengano attuati accordi volti a stabilizzare la situazione», ha affermato Lavrov, auspicando che le decisioni vengano rispettate da tutti gli altri Paesi interessati alla presenza regionale. Lavrov ha anche menzionato la necessità di stabilizzare la situazione nel Nagorno-Karabakh e al confine, risolvere le questioni umanitarie, sbloccare i collegamenti economici e di trasporto e lavorare sul testo del trattato di pace.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Armenia: scoperto un panificio di 3000 anni fa, con i sacchi di farina intatti (Meteoweb 19.05.23)

Il giornale Acheomedia ha reso noto una scoperta che ha dell’eccezionale: sono stati trovati dei resti di una grande struttura con più forni che era crollato in seguito ad un incendio. “La farina è stata scoperta incastrata nel terreno. A prima vista sembrava cenere leggermente bruciata. Grazie ad alcune analisi abbiamo dimostrato che si tratta di farina, non di cenere”, ha riferito il capo della ricerca, il professor Krzysztof Jakubiak della Facoltà di Archeologia dell’Università di Varsavia al giornale Archeomedia.

Si pensa che nell’edificio fossero raccolti fino a 3,5 tonnellate di farina. Tuttavia, sono sopravvissuti pochi sacchi di materiale organico che doveva consistere prevalentemente in farina di frumento. Dalla mole di farina presente, si può dedurre che la struttura fosse adibita a una produzione su larga scala.

L’edificio che ospitava il panificio di 3000 anni fa

L’insediamento fortezza di Tejszebaini (attualmente noto come Karmir Blur), apparteneva all’antico regno di Urartu. Il grande edificio sopravvisse dalla fine dell’XI secolo a.C. fino all’inizio del IX secolo a.C., fungendo da edificio pubblico. In seguito vennero aggiunte le fornaci e l’edificio divenne la sede di scambi economici.

L’incendio causò il crollo dell’edificio. Complessivamente l’edificio era costituito da due file di 18 colonne lignee che sostenevano un tetto in canne con trabeazione lignea. “È quindi una delle più antiche costruzioni conosciute di questo tipo provenienti dalle aree del Caucaso meridionale e dell’Anatolia orientale. I suoi resti sono sopravvissuti così bene solo grazie all’antico incendio che ha posto fine a questo oggetto”, ha aggiunto il professor Jakubiak. Il team archeologico polacco-armeno ha scoperto la struttura piena di farina all’interno di Metsamor, un sito archeologico di fama internazionale situato a poche decine di chilometri a ovest di Yerevan. Questo sito risale al IV millennio a.C. e fu inizialmente istituito come insediamento difensivo.

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Scoperto un tesoro che risale a 3000 anni fa, archeologi entusiasti del ritrovamento

159° giorno del #ArtsakhBlockade. È una crisi umanitaria provocata dall’Azerbajgian per la pulizia etnica della (Korazym 19.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il 159° giorno del #ArtsakhBlockade: 120.000 Armeni del’Artsakh tenuti in ostaggio nella loro stessa patria con l’assedio dall’Azerbajgian, che occupa con le sue forze armate già gran parte del suo territorio, nonché territori dell’Armena stesso. Nel contempo continuano anche i bot azeri con i post esilaranti sui social.

Ecco un esempio: «Non esiste una cosa chiamata #ArtsakhBlockade La Repubblica di Azerbajgian sta implementando le regole sui passaporti e sul controllo delle frontiere. Ogni Paese fa lo stesso». Certo, ma “ogni Paese” lo fa sul proprio territorio sovrano, mentre l’Azerbajgian lo fa sul territorio dell’Artsakh, nel Corridoio di Berdzor (Lachin):

  • in violazione della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020 (firmata dal Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev);
  • in violazione delle decisioni della Corte Internazionale di Giustizia;
  • in violazione di tutti i suoi impegni internazionali;
  • in violazione dei più elementari diritti umani.

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha ripreso dal 17 maggio 2023 la consegna di medicinali e altri articoli per le strutture sanitarie in Artsakh attraverso il Corridoio di Lachin. Il CICR comunica che sono in corso discussioni con la parte azera per riavviare anche altre operazioni umanitarie.

Se la ragazza della foto di copertina fosse Ucraina, la sua foto sarebbe diventata virale. Ma lei ha il torto di essere Armena. Il suo Paese Artsakh è in guerra da molto prima che è nata e sotto assedio dell’Azerbajgian dal 12 dicembre 2022, nella totale inattività delle istituzioni internazionali e senza aiuti dal resto del mondo.

Le autorità di difesa della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh riferiscono che le forze armate dell’Azerbajgian hanno violato il cessate il fuoco lungo i segmenti settentrionali, orientali e centrali della linea di contatto, utilizzando armi leggere e lanciagranate HAN-17. Nell’area del villaggio di Berdashen, gli Azeri ha aperto il fuoco sui civili che lavoravano nei campi e con lanciagranate HAN-17 in direzione della miniera di Kashen. La parte armena non ha perdite. La violazione del cessate il fuoco è stata segnalata al comando delle forze di mantenimento della pace russe.

“Gli abitanti del villaggio stavano svolgendo lavori di semina primaverile in quel momento, gli spari provenivano da circa 300 metri di distanza. Abbiamo interrotto i lavori per un breve periodo e informato le forze di mantenimento della pace russe”, ha dichiarato il capo villaggio, Georgi Poghosyan. Ha riferito che gli abitanti del villaggio non sono stati feriti a causa delle sparatorie e che gli Azeri avevano già preso di mira il villaggio in passato. “Ora il nostro lavoro continua. Questa è stata un’altra provocazione, ci siamo già abituati, non rinunceremo al nostro lavoro agricolo”, ha sottolineato Poghosyan.

Le forze speciali dell’esercito dell’Azerbajgian terrorizzano regolarmente la popolazione civile pacifica, mirando alla pulizia etnica dell’Artsakh. Il terrorismo agricolo di Azerbajgian non dovrebbe essere normalizzato, dovrebbe essere condannato e punito.

Oggi intorno alle ore 17.00, un soldato delle forze armate dell’Azerbajgian ha sparato un colpo singolo mirato contro un militare delle forze armate dell’Armenia che era in servizio in una posizione di combattimento situata nella parte sud-occidentale della zona di confine. Il militare non è rimasto ferito perché indossava un giubbotto antiproiettile al momento della sparatoria.

E qui abbiamo un esempio dello scandalo propagandistico delle stampa statale dell’Azerbajgian, senza libertà di stampa. Scrive Caliber English: «I separatisti armeni in Karabakh hanno quasi completamente prosciugato il bacino idrico di Sarsang».

Ma guardate chi si lamenta. L’Azerbajgian ha prosciugato il bacino idrico di Sarsang interrompendo le forniture di gas naturale ed elettricità all’Artsakh dall’Armenia. Inoltre, con la guerra di 44 giorni del 2020, l’Azerbajgian ha occupato altri centrali idriche, mentre prima l’Artsakh esportava pure elettricità all’Armenia.

La popolazione armena nativa e indigena di Artsakh, essendo stata assediata dal regime terrorista dell’Azerbajgian, non avendo altre fonti di elettricità causate da #ArtsakhBlockade, non aveva altra scelta.

Poi, l’Azerbajgian si lamenta pure che l’Artsakh taglia alberi in sostituzione del gas che blocca, mentre l’esercito azero taglia i boschi per costruire strade ad uso militare nei territori occupati dell’Artsakh.
Ferma l’#ArtsakhBlockade e ripristina immediatamente la fornitura di gas e elettricità all’Artsakh!

Nagorno-Karabakh, è crisi idrica
di Marilisa Lorusso
Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa, 18 maggio 2023

Il Nagorno-Karabakh e un parte di Azerbajgian dipendono dall’approvvigionamento idrico del bacino di Sarsang, il primo per l’energia elettrica, il secondo per l’irrigazione dei campi agricoli. La siccità di questo periodo ma soprattutto il blocco del Corridoio di Lachin hanno causato uno sfruttamento intensivo del bacino idrico.

Il bacino idrico di Sarsang si trova in Nagorno-Karabakh tra Tartar e Kalbajar nella provincia di Martakert. Il bacino è stato creato nel 1976 con la costruzione di una diga alta 125 metri sul fiume Tartar. Il volume complessivo dell’invaso è di 575 milioni di m³, l’area è di 14,2 km2. Quando è aperto, il bacino fornisce acqua per l’irrigazione a 100.000 ettari nei distretti di Tartar, Agdam, Barda, Goranboy, Yevlakh e Aghjabadi. La centrale idroelettrica di Sarsang ha una capacità di 50 megawatt.

Dal 1992 la diga, la centrale elettrica e il bacino sono sotto il controllo dei separatisti armeni. La centrale, gestita dalla Artsakh HEK OJSC, è la fonte del 40-60% dell’elettricità della regione secessionista, in condizioni normali. Ma dal 12 dicembre 2022 le condizioni sono fuori dalla norma. Il blocco di Lachin iniziato con la protesta degli ambientalisti azeri e continuato con la creazione di un check point di Baku è stato accompagnato da frequenti episodi di interruzione delle forniture elettriche e di gas. La conseguenza è stata che Sarsang è stato messo sotto stress perché fornisse più elettricità all’area che si è trovata recisa delle proprie forniture.

Dall’eco-protesta alla crisi idrica

I campanelli di allarme sulle conseguenze dello sfruttamento intensivo di Sarsang sono suonati ancora in pieno inverno. Il 27 febbraio il Consigliere ministeriale del Karabakh Artak Beglaryan ha twittato: “A causa dell’#ArtsakhBlockade [il blocco del Nagorno-Karabakh, chiamato Artsakh in Armeno, ndr] e in particolare dell’interruzione della fornitura di energia elettrica dal 9 gennaio 2023, 96.000 ettari di terra azerbajgiana non avranno acqua di irrigazione sufficiente da Sarsang durante la stagione. Dobbiamo utilizzare gran parte di quelle risorse idriche per la produzione di elettricità”. Pochi giorni prima il Presidente de facto del Karabakh parlando al Consiglio dei Ministri aveva fatto una analisi  molto simile, sostenendo che “[…] le risorse idriche dell’invaso di Sarsang sono fortemente diminuite. In primavera e in estate, ciò creerà una grave crisi per gli agricoltori azeri, poiché non ci saranno risorse idriche sufficienti per irrigare decine di migliaia di ettari di terra”.

L’allarme invernale si è materializzato con l’arrivo della primavera. A metà marzo l’agenzia di stampa armena Armenpress ha citato la dichiarazione di Ararat Khachatryan del Comitato per l’acqua del Karabakh: “Il livello dell’acqua nel bacino di Sarsang continua a scendere di 50 cm al giorno con il blocco operato dall’Azerbajgian. Dal 9 gennaio 2023 l’Azerbajgian ha impedito alle autorità del Nagorno-Karabakh di accedere e riparare la linea di trasmissione elettrica danneggiata che fornisce elettricità al Nagorno Karabakh dall’Armenia. Sarsang è l’unica fonte di energia elettrica che abbiamo al momento. Il livello dell’acqua è di circa 8 metri più basso rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. (…) Ci auguriamo che i livelli dell’invaso aumentino in primavera, ma se anche ciò dovesse accadere, i risultati non sarebbero soddisfacenti. (…) Prima del blocco, soprattutto in inverno, quando l’elettricità fornita dall’Armenia era insufficiente, utilizzavamo il bacino idrico di Sarsang. Dopo la guerra, nell’Artsakh ci sono rimaste solo cinque piccole centrali idroelettriche, che funzionano solo al di sotto del 20% della loro capacità. (…) Se la linea elettrica non viene riparata presto, il livello dell’acqua nel bacino idrico di Sarsang sarà insufficiente”.

La secca

A inizio aprile l’impoverimento della risorsa idrica aveva già raggiunto un punto per cui la valutazione è che ci vorranno anni per ripristinare il volume idrico pre-blocco. Il Karabakh aveva già affrontato un autunno poco piovoso e un inverno poco nevoso, per cui la riserva idrica era già sotto il proprio potenziale, e le prospettive non promettono una primavera altamente piovosa. Questo ingenera una serie di preoccupazioni, sia relative alla crisi idrica, sia a una possibile presa con la forza dell’area della centrale elettrica e dell’invaso di Sarsang. Le distanze sono ridotte: Sarsang si trova a solo una trentina di chilometri dalla linea di contatto dell’esercito karabakhi e azero, e Martakert è la regione più remota dall’Armenia. Il Karabakh è consapevole che la riduzione dell’invaso non renderà possibile onorare l’accordo stipulato con Baku la scorsa primavera sulle quantità di acqua da rilasciare da Sarsang.

A maggio la situazione veniva così descritta: “Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, dal 9 gennaio ad oggi, è stata rilasciata 3 volte più acqua e l’afflusso di acqua è stato 2 volte inferiore a causa del clima secco. Ora le risorse idriche di Sarsang hanno raggiunto un limite critico – 88 milioni di m³ (15% del totale), avvicinandosi al volume inutilizzabile – 70 milioni di m³. Questa situazione non solo mette a rischio la prospettiva dell’approvvigionamento di elettricità per l’Artsakh e aggrava la sua sofferenza quotidiana, ma ha anche provocato un enorme impatto negativo sull’ambiente, tra cui il prosciugamento delle sorgenti, il deterioramento del microclima, il declino di flora e fauna.” Le immagini satellitari mostrano che la superficie del bacino è scesa di più di 30 metri, e metà del letto risulta in secca.

Arbitrato internazionale

Baku si è mossa per il controllo dello sfruttamento delle risorse, incluse quelle idriche, in mano ai separatisti. Si ricorda che il blocco degli ambientalisti è stato dichiarato proprio per lo sfruttamento delle risorse minerarie.

L’Azerbajgian ha avviato oggi un arbitrato contro l’Armenia ai sensi del Trattato sulla Carta dell’Energia in cui chiede riparazione e compensazione finanziaria per la violazione da parte dell’Armenia dei diritti sovrani azeri sulle sue risorse energetiche dal 1991 al 2020. In particolare si solleva un contenzioso sullo sfruttamento delle ricche risorse karabakhi, visto che la regione ha il 25% delle risorse idriche azere. L’Armenia è accusata di aver costruito almeno 37 impianti idroelettrici non autorizzati sul territorio azero. Sarsang è menzionata nella richiesta di arbitrato, insieme a una serie di altre infrastrutture sia idroelettriche, sia minerarie, di cui l’Azerbajgian si ritiene depredato. La controparte è indicata come Yerevan, poiché Baku non riconosce alcun ruolo ai secessionisti karabakhi, che peraltro non sono riconosciuti internazionalmente come rappresentanti di uno stato de jure.

Esercito di Difesa dell’Artsakh (EDA)
di Daniele Sala
Moderninsurgent.org

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

L’Esercito di Difesa dell’Artsakh (EDA) è l’esercito della non riconosciuta Repubblica separatista armena dell’Artsakh, nota anche come Nagorno-Karabakh, situata all’interno dei confini dell’Azerbajgian. Creato durante la Prima Guerra del Karabakh (1988-1994), l’Esercito di Difesa dell’Artsakh ha visto sia la vittoria che la sconfitta. Il suo obiettivo principale è proteggere la popolazione armena della regione dall’Azerbajgian e dalla Turchia e, infine, ottenere il riconoscimento internazionale.

Situato tra l’Armenia e l’Azerbajgian nel Caucaso meridionale, il Karabakh, inclusa la sottoregione a maggioranza armena del Nagorno-Karabakh, è stato conteso per oltre un secolo. All’indomani della prima guerra mondiale, l’Armenia e l’Azerbajgian combatterono aspramente per il controllo del territorio. Dopo che entrambe le repubbliche furono incluse nell’Unione Sovietica, l’ultima parola andò a Mosca e a Joseph Stalin, allora Commissario per le nazionalità. Stalin decise che l’intera regione, compreso il Nagorno-Karabakh, appartenesse all’Azerbajgian [Waal, De Thomas. Black Garden: Armenia e Azerbaigian attraverso la pace e la guerra. New York: Stampa dell’Università di New York, 2013]. I funzionari sovietici in seguito trasformarono il Nagorno-Karabakh in un oblast nominalmente autonomo all’interno dell’Azerbajgian, ma la questione non fu formalmente risolta.

Alla fine degli anni ’80, l’Artsakh iniziò a spingere per unirsi all’Armenia. Infuriati per le richieste di secessione, gli Azeri commisero diversi pogrom contro gli Armeni. Le autorità sovietiche si opposero alle richieste armene di indipendenza, collaborando con le forze azere locali per deportare gli Armeni dalla regione in quella che era nota come Operazione Ring. Le diverse unità armate armene che iniziarono a contrattaccare si sarebbero infine evolute nell’EDA [Waal, De Thomas. Black Garden: Armenia e Azerbaigian attraverso la pace e la guerra. New York: Stampa dell’Università di New York, 2013].

Il crollo dell’Unione Sovietica seguì nel 1991, con l’Artsakh che votò per la secessione e l’Azerbajgian pose immediatamente l’assedio all’area. Artsakh alla fine ha cambiato le sorti e ha ottenuto la vittoria nel 1994, con la Russia che ha mediato un cessate il fuoco. Tuttavia, la vittoria armena non è arrivata con il riconoscimento internazionale; gli sforzi diplomatici non sono riusciti a risolvere lo status della regione, aprendo la strada a una guerra di quattro giorni nel 2016 e al conflitto di 44 giorni nel 2020.
Armato di droni israeliani e turchi e con l’aiuto di mercenari siriani, l’Azerbajgian ha lanciato un’offensiva nel settembre 2020, riconquistando vaste aree del Nagorno-Karabakh. Un cessate il fuoco mediato da Mosca pose fine ancora una volta al conflitto, questa volta con la vittoria di Baku (Azerbajgian). L’Artsakh, ora ridotto a un’area più piccola dell’originario Oblast autonomo del Nagorno-Karabakh, da allora è pattugliato dalle forze di mantenimento della pace russe [“Nagorno-Karabakh: alla ricerca di una via per la pace all’ombra della guerra in Ucraina”. Crisis Group, 6 settembre 2022].

L’obiettivo principale dell’EDA rimane la difesa dell’Artsakh. Il dibattito su come stabilire lo status del territorio è diviso tra la sua popolazione. In un sondaggio, il 46% dei residenti dell’Artsakh vedeva uno stato indipendente come l’opzione migliore, seguito dal 24% che cercava di unirsi alla Russia e dal 23% che voleva unirsi all’Armenia. Praticamente nessun intervistato ha accettato uno scenario in cui il territorio fosse sotto il controllo azero [Civilnet. “Gli armeni continuano a escludere qualsiasi status per il Karabakh in Azerbajgian, secondo un nuovo sondaggio”. CIVILNET, 10 gennaio 2023].

I casi di tortura, mutilazione ed esecuzione di soldati e civili armeni commessi dalle forze azere rendono qualsiasi tipo di unione con Baku un fallimento per i residenti dell’Artsakh [Abramiano, Jackie. “Un anno dopo aver scatenato i crimini di guerra contro gli armeni indigeni, le minacce e le violazioni dell’Azerbajgian continuano”. Forbes, 9 novembre 2022]. Le parole del Presidente azero Ilham Aliyev secondo cui l’Armenia “non è nemmeno degna di essere una serva” non fanno che aumentare le apprensioni degli Armeni che stanno affrontando un altro genocidio. L’uccisione di massa di circa 1,5 milioni di Armeni dal 1915 al 1923 da parte dell’Impero ottomano continua a rimanere nella mente degli Armeni e alimenta il sentimento che esprimono oggi.

Sebbene sia iniziato come un gruppo di volontari scarsamente armati, l’EDA si è evoluto in un esercito relativamente convenzionale. Il suo successo nella prima guerra è attribuito all’esperienza degli Armeni dell’Armata Rossa [Stronell, Alessandro. “Imparare le lezioni del Nagorno-Karabakh alla maniera russa”. IISS, 10 marzo 2021] e alla buona leadership del calibro di Monte Melkonian [Waal, De Thomas. Black Garden: Armenia e Azerbaigian attraverso la pace e la guerra. New York: Stampa dell’Università di New York, 2013]. Data la presenza delle forze di mantenimento della pace russe e lo sproporzionato potere militare di cui gode Baku, l’EDA è attualmente costretta a una posizione difensiva.

Dopo la sua sconfitta nel 2020, l’EDA conta ora circa 12.000 soldati, la metà rispetto a prima della guerra. Armato principalmente con equipaggiamento sovietico aggiornato fornito dall’esercito armeno, l’arsenale dell’ADA è costituito da armi leggere, artiglieria pesante, carri armati e veicoli corazzati. L’esercito armeno dispone anche di missili balistici a corto raggio, compresi gli SCUD e il russo Iskander. L’Armenia, con il suo PIL inferiore, ha difficoltà a potenziare le sue forze armate rispetto all’Azerbajgian. Con l’area azera di Nakhchivan e la Turchia a ovest, l’Armenia non può concentrare completamente le sue forze verso l’Artsakh ed è riluttante a schierare la sua piccola forza aerea per il combattimento [Erickson, Edoardo. “La guerra di 44 giorni nel Nagorno-Karabakh, successo del drone turco o arte operativa?” Stampa universitaria dell’esercito. Consultato il 18 gennaio 2023].

Politicamente, il più grande strumento dell’Artsakh è la diaspora armena. Motivati e rumorosi, gli Armeni di tutto il mondo fanno pressione sui governi per il loro sostegno all’Azerbajgian e hanno raccolto milioni in sostegno finanziario per l’Artsakh [Waal, De Thomas. Black Garden: Armenia e Azerbaigian attraverso la pace e la guerra. New York: Stampa dell’Università di New York, 2013].

Nel 2022, l’Armenia ha firmato un documento con l’Azerbajgian impegnandosi a rispettare l’integrità territoriale reciproca. Cosa questo significhi per l’Artsakh è difficile da discernere, in particolare perché abbandonare la regione sarebbe profondamente impopolare a livello nazionale [Geybullayeva, Arzu. “Armenia e Azerbaigian riconoscono reciprocamente l’integrità territoriale”. Global Voices, 10 ottobre 2022].
Alle prese con la guerra in Ucraina e bisognosa del mercato petrolifero dell’Azerbajgian, sembra improbabile che la Russia venga in soccorso dell’Artsakh o dell’Armenia. Nonostante l’Armenia sia un membro dell’alleanza militare CSTO sostenuta dalla Russia, la Russia non ha sostenuto Yerevan quando le forze azere hanno invaso l’Armenia meridionale nel settembre 2022. Sia Parigi che Washington hanno tentato di approfittare del deterioramento della posizione della Russia nella regione [Avedian, Lillian. “Stati Uniti e Francia condannano gli attacchi dell’Azerbaijan contro l’Armenia, mentre la Russia apparentemente è assente”. The Armenian Weekly, 28 settembre 2022]. Ciò non ha ancora portato a un sostegno militare per l’Armenia né a una spinta da parte di altri governi per dare all’Artsakh uno status più formale.

Anche la Turchia, convinto sostenitore e fornitore dell’Azerbajgian, vede un’opportunità mentre la Russia concentra la sua attenzione sull’Ucraina e lontano dal Caucaso. Ha tenuto riunioni con il governo armeno per normalizzare le relazioni, una mossa che l’Armenia spera possa scoraggiare un altro attacco militare. Gli incontri finora non hanno prodotto nulla di concreto, tranne forse una maggiore influenza turca nella regione. La Turchia, che mira alla creazione del Corridoio di Zangezur, collegandosi con il resto del mondo turco, ha ragioni politiche per sostenere le massime richieste dell’Azerbajgian [Zaman, A. (2023, 31 gennaio). La Turchia sale, la Russia svanisce mentre Iran e Azerbajgian si scontrano sull’Armenia. Al-Monitor. Estratto il 5 febbraio 2023].

L’aiuto per l’Artsakh potrebbe arrivare dall’India (che vende armi all’Armenia a causa dei legami del Pakistan con l’Azerbajgian) o dall’Iran. L’Iran teme l’espansionismo azero a causa della sua stessa minoranza azera e dell’influenza economica che perderebbe dal Corridoio di Zangezur. Come ha affermato un Armeno, “se dobbiamo scegliere tra l’annientamento come nazione o sanzioni dall’America (dalla cooperazione con l’Iran), preferisco quest’ultima” [Zaman, A. (2023, 31 gennaio). La Turchia sale, la Russia svanisce mentre Iran e Azerbakgian si scontrano sull’Armenia. Al-Monitor. Estratto il 5 febbraio 2023].

L’Azerbajgian ha avviato il blocco della strada che collega l’Artsakh e l’Armenia nel dicembre 2022. Finora le potenze internazionali sembrano non poter o non voler fare nulla per risolvere la situazione [Avedian, Lillian. “Pashinyan afferma che la presenza militare russa ‘minaccia la sicurezza dell’Armenia’”. The Armenian Weekly, 11 gennaio 2023]. Con le scorte di base nell’area in via di esaurimento e con la minaccia di un’escalation militare sempre presente, gli Armeni potrebbero non avere nessuno a cui rivolgersi se non se stessi.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

A Roma alberi per Heydar Aliyev. Nel Caucaso realtà di nuovo genocidio, complice l’Italia (Korazym 19.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.05.2023 – Renato Farina] – Non è che sono indignato, ne ho avuto, a essere sinceri, la tentazione, ma non appartiene all’educazione armena né il lasciarsi cadere le braccia e neppure lo sbraitare per l’offesa ricevuta da un popolo come quello italiano che so amico, anche se tende per inerzia secolare alla furbizia e ai cambi di alleanza opportunistici. Ma nessuno è perfetto.

In occasione del 100° anniversario Heydar Aliyev, si è svolta a Roma la piantumazione di alcuni alberi in Villa Borghese a Roma, organizzata dall’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia. All’evento hanno preso parte l’Ambasciatore della Repubblica dell’Azerbajgian in Italia, Rashad Aslanov; l’Ambasciatore dell’Azerbajgian presso la Santa Sede, Ilgar Mukhtarov; i dipendenti di entrambe le Ambasciate; il Capo del Dipartimento per la Protezione Ambientale del Comune di Roma, Rosario Fabiano, nonché altri funzionari del Municipio. Presenti inoltre il Capo del Gruppo di Lavoro sulle Relazioni Interparlamentari Azerbajgian-Italia nel Milli Majlis, il deputato Azer Karimli, con un membro del Gruppo di Lavoro, il deputato Tahir Mirkishili; il Presidente del Gruppo di Amicizia Interparlamentare Italia-Azerbajgian nel Parlamento Italiano, Sen. Marco Scurria; la Presidente della Camera di Commercio Italia-Azerbajgian, Avv. Manuela Traldi.

Dunque assumo un tono pacato e sereno, anche se il sangue ribolle: non bisogna sprecare i propri sentimenti. Resta così poco a noi Molokani d’Armenia nella cambusa delle energie spirituali, che non vale la pena consumarle, lacerandosi l’anima, per qualche albero in gloria di chi ci vuole morti. Ho estratto con l’aiuto di persone care del vostro Belpaese la scheggia che mi ha trafitto la schiena giuntami come un dardo avvelenato dalla vostra (e ancora mia?) Roma.

Spiego la questione degli alberi. Un gesto simbolico. Ma i simboli sono reali, muovono la storia. Ecco quanto è accaduto lo scorso aprile.

Trascrivo dall’Adnkronos ottimamente diretta da Gian Marco Chiocci:

AZERBAIGIAN: PIANTATI ALBERI A VILLA BORGHESE A ROMA IN ONORE DI HEYDAR ALIYEV = Roma, 20 apr. (Adnkronos) – «In occasione del centesimo anniversario della nascita del “leader Nazionale” dell’Azerbaigian Heydar Aliyev, sono stati piantati alcuni alberi a Villa Borghese, rende noto l’ambasciata azera in Italia che ha organizzato l’evento a cui hanno preso parte… il Capo del Dipartimento per la Protezione Ambientale del Comune di Roma Rosario Fabiano e altri funzionari del Municipio. Erano presenti alla cerimonia…, il Presidente del Gruppo di Amicizia Interparlamentare Italia-Azerbaigian, il Senatore Marco Scurria, e la Presidente della Camera di Commercio Italia-Azerbaigian, Manuela Traldi. Gli interventi…hanno evidenziato “il ricco percorso di vita e le attività di Heydar Aliyev, Leader Nazionale del popolo azerbaigiano, fondatore dell’Azerbaigian indipendente, eccezionale politico e statista, nonché il contributo eccezionale di Heydar Aliyev alla creazione delle relazioni Azerbaigian-Italia, giunte ad un livello di partenariato strategico”».

Alberi piantati per esaltare Heydar Aliyev nel parco più bello ed espressivo dell’Urbe? La benedizione impartita – si noti – ha avuto come celebranti dalla parte italiana due turiferari bipartisan. C’è sulla sinistra il dirigente del Comune di Roma, che ha per Sindaco Roberto Gualtieri (Partito democratico); sulla destra spicca il Parlamentare Marco Scurria, militante in Fratelli d’Italia, personalità che stimo per le sue opere sociali da ben prima diventasse onorevole (perché, perché, perché?).

Uno può dire che gli alberi non fanno male a nessuno, a chiunque siano dedicati, e tenere rapporti buoni con la superpotenza petro-metanifera del Caspio può consentire di riempire i vostri serbatoi di carburante. D’accordo. Ma dai rami frondosi di quegli alberi penzolano cadaveri armeni. Invisibili agli occhi, quei poveri corpi di vostri fratelli Cristiani, ma stanno lì, ondeggiano al vento, ci sono. Come scrisse Antoine de Saint-Exupery «l’essenziale è invisibile agli occhi». Finché sono gli Azerbajgiani e i Turchi a esaltare il dittatore di Baku e la sua stirpe, nessuno stupore. Ma celebrare in Italia e con la canonizzazione urbi te orbi, sinistra e destra, l’eroe eponimo dei nostri persecutori è un atto di inimicizia verso un popolo le cui memorie più belle sono custodite all’Isola di San Lazzaro a Venezia, reliquiario di fede e cultura.

Ma preferisco credere che voi non sappiate quel che avete fatto. Posso raccontarvelo? Gli Aliyev tengono stretto il potere a Baku nelle loro mani prensili dagli anni ‘70. Siccome non vi fidate di un Armeno, trascrivo stralci dalle pagine dedicate a Heydar (o Gajdar) Aliyev da Ryszard Kapuscinski, il grande reporter polacco, in Imperium (Feltrinelli 1993): «Sul boulevard principale [di Baku] si innalzano una decina di grandi edifici chiari e lussuosi: le abitazioni costruite per la propria camarilla dal boss dell’Azerbajgian Heydar Aliyev. Un personaggio famoso. Aliyev fu dapprima capo del KGB azerbajgiano, poi negli anni 70 primo segretario del Partito comunista di questa repubblica. Era il pupillo di Breznev, che lo nominò Vice-primo ministro dell’URSS, carica da cui lo depose Gorbaciov nel 1987. (…) Aliyev apparteneva agli uomini di Breznev, una combriccola nota per l’alto grado di corruzione, per l’inclinazione al lusso orientale e a ogni genere di depravazione. Una corruzione praticata senza il minimo imbarazzo, anzi con la protervia massime e la sfida più sfacciata». Riferisce Kapuscinski «voci di commandos che, questo tutti lo sanno, vanno a spaccare la testa agli Armeni e solo agli Armeni». Da vice tiranno comunista a capo tiranno nazionalista. Nel 2003 il patriarca morendo passa lo scettro del comando al virgulto Ilham, la cui moglie è sua vice. Bravi, bravissimi.

Il mio lamento – lo so – vi ha senz’altro stufato. Come scriveva però il vostro Pirandello: «Realtà non parole». E temo che la realtà sarà di nuovo genocidio. Complice l’Italia, però con tanto gas come bottino, alleluia.

Il Molokano

Questo articolo è stato pubblicato su Tempi del 1° maggio 2023, online il 6 maggio 2023 [QUI].

Russia, Putin mediatore di pace nel Nagorno-Karabakh: il 25 maggio incontro a Mosca con i leader di Armenia e Azerbaigian (Ilgiornaleditalia.it 18.05.23)

Il capo del Cremlino incontrerà il presidenze azero Ilham Aliyev e il primo ministro armeno Nikol Pahinyan per porre fine al conflitto riesploso lo scorso settembre

18 Maggio 2023

Vladimir Putin mediatore di pace nel Nagorno-Karabakh. Il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pahinyan, si incontreranno il 25 maggio a Mosca per cercare di risolvere gli attriti e tra i due Paesi con la mediazione del presidente russo.

Putin aveva già incontrato Aliyev e Pahinyan lo scorso novembre a Sochi

Lo scorso novembre Putin aveva incontrato Aliyev e Pahinyan a Sochi. E aveva ottenuto un risultato importante: Armenia e Azerbaijan avevano deciso di astenersi dall’uso della forza o dalla minaccia del suo uso nel Karabakh. “Il trattato di pace non è ancora arrivato”, aveva però precisato il capo del Cremlino. “È prematuro parlare qui dei suoi elementi fondamentali perché è ancora oggetto di compromessi, che dovrebbero essere raggiunti da entrambe le parti con la mediazione di altri Paesi, compresa la Russia, se entrambe le parti contraenti lo vogliono”.

Nel Nagorno Karabakh la Russia ha dispiegato 2mila truppe come forze di pace

Le due repubbliche ex sovietiche avevano innescato, tra il 1992 e il 1994, un conflitto pluridecennale in Nagorno Karabakh, regione autonoma a maggioranza armena all’interno dei confini dell’Azerbaigian. Durante una guerra di sei settimane nel 2020, l’Azerbaigian ha rivendicato ampie zone del Nagorno-Karabakh che le forze armene detenevano da decenni. Più di 6.700 persone sono morte nei combattimenti. Mosca ha dispiegato circa 2mila truppe nella regione come forze di pace. Una nuova serie di ostilità è scoppiata lo scorso settembre, quando più di 200 soldati sono stati uccisi da entrambe le parti. L’Armenia e l’Azerbaigian si sono accusate reciprocamente di aver scatenato i combattimenti. La Russia è vicina all’Armenia dove, per un delicato gioco di equilibri, ha dislocato una base militare, ma Putin ha sviluppato legami forti anche con l’Azerbaigian. Durante i combattimenti del 2020, l’Azerbaigian ha rivendicato non solo questi territori, ma anche parti significative del Nagorno-Karabakh vero e proprio. Ora, con l’incontro in programma tra pochi giorni a Mosca, Putin cercherà di porre fine al conflitto in via definitiva.

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ARMENIA. Il 25 maggio trilaterale Armenia, Russia e Azerbaigian per il Nagorno Karabakh (Agc)

158° giorno del #ArtsakhBlockade. È imperativo il ritiro immediato delle truppe azere dai territori sovrani della Repubblica di Armenia e della Repubblica di Artsakh (Korazym 18.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 18.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il 157° giorno del #ArtsakhBlockade: 120.000 Armeni del’Artsakh tenuti in ostaggio nella loro stessa patria con l’assedio dall’Azerbajgian, che occupa con le sue forze armate già gran parte del suo territorio, nonché territori dell’Armena stesso. L’Azerbajgian, partner privilegiato dell’Unione Europea, con la pulizia etnica vuole estirpare qualsiasi presenza armena nel Caucaso meridionale.

Il Ministero della Difesa dell’Armenia riferisce che oggi 18 maggio 2023 verso le ore 17:20, unità delle forze armate azere hanno violato il cessate il fuoco usando mortai contro le posizioni di combattimento armene situate vicino a Norabak. Nessuna vittima segnalata.

Il monastero di Dadivank in Artsakh (circondato dalle forze armate dell’Azerbajgian e sotto protezione delle forze di mantenimento della pace russe, ha oltre 200 iscrizioni. Sono tutti in lingua armena. Su questo khachkar si legge: “Nell’anno 631 (secondo il calendario armeno, quindi, nell’anno 1182) io, Hasan, figlio di Vaghtang, regnavo su queste terre”. Artsakh è Armenia.

Il 18 maggio 1992, le forze armene liberarono la città strategicamente importante di Berdzor (Lachin), che fungeva da collegamento vitale tra l’Armenia e l’Artsakh, aprendo così il Corridoio Umanitario di Berdzor (Lachin). La liberazione di Berdzor ha segnato l’inizio della liberazione dell’intera regione di Kashatagh.
Dopo la liberazione di Shushi il 13 maggio, le forze armene hanno continuato a concentrarsi nei pressi del villaggio di Zarasli, situato tra Shushi e Berdzor. Un numero significativo di unità corazzate e truppe azere è stato dispiegato in quest’area. Il legame con Berdzor è stato interrotto, provocando la distruzione dell’ospedale, della scuola e dell’edificio del governo locale. Il 17 maggio, le forze armene hanno respinto con successo un attacco dell’esercito azero contro Shushi, con la partecipazione di circa 1.000 soldati, 20 carri armati e altri veicoli corazzati.
Successivamente, il corridoio umanitario di Berdzor (Lachin) ha iniziato a facilitare il trasporto di rifornimenti cruciali come cibo, carburante, medicine e altri beni necessari all’Artsakh.
Il 3 dicembre 2022, un gruppo di Azeri ha bloccato la strada vitale che collega l’Artsakh all’Armenia, noto come Corridoio di Lachin, usando falsi pretesti ambientali. Dopo più di tre ore di trattative che hanno coinvolto le truppe di mantenimento della pace russe, la strada è stata infine sbloccata. Il 12 dicembre 2022, Azeri che si spacciavano per ambientalisti hanno bloccato la sezione Shushi-Karin Tak dell’autostrada Stepanakert-Goris, che fa parte del Corridoio di Berdzor (Lachin). Questa azione ha effettivamente bloccato l’unica via di trasporto di beni umanitari dall’Armenia all’Artsakh. Il 23 aprile 2023, l’Azerbajgian ha installato un posto di blocco vicino al ponte Hakari nel Corridoio di Berdzor (Lachin). Durante il blocco di 158 giorni, l’Azerbaigian ha prontamente interrotto le forniture di gas ed energia all’Artsakh.

Il presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh ha esortato il Presidente a dimettersi se il Comitato per la difesa dello Stato non viene istituito

Artur Tovmasyan, il Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh, che è un membro del partito Madre Patria Libera, guidato da Arayik Harutyunyan, il Presidente della Repubblica di Artsakh, ha dichiarato durante la sessione plenaria dell’Assemblea Nazionale di oggi, 18 maggio 2023: «Signor Presidente, non ho mai interferito nei suoi affari e lei non ha mai interferito negli affari dell’Assemblea Nazionale. Propongo un modello specifico: il Comitato di Difesa dello Stato, che si è rivelato efficace durante le sfide che abbiamo affrontato negli anni ‘90. Ho suggerito di includere due persone nella sua composizione: Ruben Vardanyan e Samvel Babayan. Non sono sicuro della loro opinione, ed è molto probabile che possano rifiutare. Si prega di astenersi dal fare ulteriori domande». Nel caso in cui questo modello non funzionasse, ha esortato Harutyunyan a dimettersi o ad avviare un voto di fiducia.
In un’intervista con Artsakhpress, Lusine Avanesyan, Portavoce del Presidente della Repubblica di Artsakh, ha risposto alla dichiarazione del Presidente dell’Assemblea Nazionale: «Vorrei notare che dal 15 maggio il Presidente ha avviato incontri e discussioni con gruppi sociali e politici. Arayik Harutyunyan è pronto ad ascoltare tutte le forze e le persone preoccupate per il destino della Repubblica di Artsakh, per discutere tutte le proposte e i piani. Il Capo dello Stato spera che si creino nuove opportunità di cooperazione in un’atmosfera di rispetto reciproco, che servirà gli interessi del popolo della Repubblica di Artsakh». Avanesyan ha aggiunto che a seguito delle consultazioni politiche, il Presidente prenderà le opportune decisioni, che saranno debitamente comunicate.

Oltre 30 gruppi politici in Armenia e Artsakh respingono i risultati della riunione di Brussel

Oltre 30 gruppi politici in Armenia e Artsakh hanno rilasciato un comunicato che evidenzia i seguenti punti:

  • Il popolo armeno è profondamente preoccupato per i risultati annunciati al termine dell’incontro di Brussel e per gli approcci articolati da Nikol Pashinyan.
  • Data l’attuale situazione geopolitica, l’accelerazione artificiale della regolamentazione armeno-azerbajgiani, in particolare sotto pressione e minacce, non è nel migliore interesse del popolo armeno.

Così:

  • Qualsiasi proposta negoziale che prescinda dal diritto all’autodeterminazione e implichi alle autorità armene l’accettazione dell’Artsakh come parte dell’Azerbajgian è priva di base giuridica. Tale proposta contraddice vari accordi internazionali, tra cui: la Carta delle Nazioni Unite; l’Atto finale di Helsinki, i documenti adottati dai copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE (l’unico formato riconosciuto a livello internazionale per i negoziati dell’Artsakh); la Costituzione e la legislazione della Repubblica di Armenia; la Costituzione della Repubblica di Artsakh.
  • Nikol Pashinyan non è autorizzato a raggiungere accordi o fare promesse in merito ai negoziati dell’Artsakh e alla regolamentazione armeno-azerbajgiano. Le promesse da lui fatte durante le recenti elezioni parlamentari e il piano del governo riguardo al conflitto dell’Artsakh e alla regolamentazione armeno-azerbajgiano differiscono significativamente dalle posizioni espresse nei forum internazionali o nelle dichiarazioni ufficiali.
  • Dovrebbe essere esclusa qualsiasi collegamento di natura extraterritoriale che attraversi il territorio della Repubblica di Armenia.
  • È imperativo il ritiro immediato delle truppe azere dai territori sovrani della Repubblica di Armenia e della Repubblica di Artsakh.
  • La presenza di prigionieri di guerra armeni nei centri di detenzione azeri dal 9 novembre 2020 costituisce una palese violazione della dichiarazione tripartita. Il loro rilascio è obbligatorio e non dovrebbe essere soggetto a trattative.
  • Qualsiasi potenziale dialogo tra Baku e Stepanakert dovrebbe essere condotto all’interno di un quadro riconosciuto a livello internazionale e con chiare garanzie, basato sull’uguaglianza tra le parti, non limitato da alcun ordine del giorno imposto. Qualsiasi altro formato è inaccettabile per la gente dell’Artsakh.
  • I processi di delimitazione e demarcazione delle frontiere dovrebbero assicurare la reciproca de-enclavizzazione risultante dalla prima guerra dell’Artsakh e impedire il ritorno alle enclavi.
  • La principale responsabilità e missione della comunità internazionale nel processo di regolamentazione armeno-azerbajgiano dovrebbe essere quella di garantire il mantenimento del cessate il fuoco, proibire l’uso o la minaccia della forza, avviare una piattaforma negoziale accettata a livello internazionale e proporre soluzioni conformi al diritto internazionale.
  • Devono essere presi provvedimenti immediati per sbloccare e ripristinare completamente il Corridoio di Berdzor (Lachin) sulla base degli articoli delineati nella dichiarazione del 9 novembre 2020.

Noi sottoscritti dichiariamo che qualsiasi esito negoziale in conflitto con questi principi è inaccettabile e non riflette gli interessi degli Armeni in tutto il mondo. Nikol Pashinyan o qualsiasi altra figura politica non è autorizzata a fare promesse orali o scritte o ad assumere obblighi che si discostano da questo programma.

Il video.

Il personale militare del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh/Nagorno-Karabakh, insieme all’organizzazione non-governativa multinazionale “Siamo Uniti”, ha consegnato 78 tonnellate di aiuti umanitari all’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Questo carico sotto forma di pacchi alimentari è stato distribuito tramite le istituzioni municipali delle città e dei villaggi dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]