Prosegue il programma della Presidente dell’Ottava Commissione del Comune di Reggio Calabria, Teresa Pensabene, di concerto con i Sindaci facenti funzioni del Comune di Reggio Calabria e della Città Metropolitana, Paolo Brunetti e Carmelo Versace, e con l’assessora Lucia Nucera, riguardo le iniziative in favore del riconoscimento della storia e della cultura del popolo armeno del quale, qualche giorno fa, è stato ricordato il Genocidio con l’esposizione della bandiera della Repubblica di Armenia nelle aste di Palazzo San Giorgio.
Con la Collaborazione dell’Associazione Comunità Armena Calabria, l’Associazione Anassilaos e la Leonida Edizioni, è stato organizzato il convegno “La tragedia degli Armeni nella storia del ‘900” che sarà ospitato nella Sala dei Lampadari Italo Falcomatà del Palazzo comunale, lunedì 9 maggio alle ore 17.00. Relatore sarà il professor Antonino Romeo della Deputazione Storia Patria. A coordinare gli interventi la Presidente dell’ottava Commissione consiliare Teresa Pensabene.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-04-28 19:13:352023-05-04 19:17:18Reggio Calabria, il 9 maggio l’incontro “La tragedia degli armeni nella storia del ‘900” (Strettoweb 28.04.23)
Azerbaijan e Iran condividono storia, una popolazione a maggioranza sciita, e una cultura comuni, ma divergono a livello di alleanze internazionali.
Il supporto iraniano all’Armenia nel conflitto in Nagorno-Karabakh, il recente attentato all’ambasciata azera a Teheran, e l’espulsione di diplomatici iraniani dall’Azerbaijan sono esemplificazioni dell’intensificarsi delle tensioni nell’ultimo periodo.
L’intensificazione della collaborazione tra Israele e Azerbaijan (che di recente ha aperto la sua prima ambasciata nel Paese mediorientale), anche in senso anti-iraniano, costituiscono una minaccia per il regime della Repubblica Islamica.
LE RELAZIONI TRA AZERBAIJAN E IRAN: TRA LEGAMI E SEPARATISMI
Diversi sono i legami che uniscono Azerbaijan e Iran: storia (prima delle guerre russo-persiane il territorio azero faceva parte dell’Iran), religione (Islam sciita), etnia e cultura. Inoltre, altri fattori – come interdipendenza economica, infrastrutture di trasporto collegate, vicinanza alla Russia – connettono i due Paesi. Dalla sua nascita come Stato indipendente nel 1991, l’Azerbaijan ha stabilito relazioni amichevoli con la vicina Repubblica Islamica, che dal canto suo vedeva il Paese caucasico come terreno fertile per la diffusione della sua rivoluzione. Baku si è però orientata sempre più verso la Turchia, promuovendo al tempo stesso il progetto di un “grande Azerbaijan” che doveva riunire i territori abitati da popolazioni di etnia azera, incluse alcune regioni dell’Iran. Nelle province nordoccidentali vivono infatti milioni di persone di etnia azera (non a caso due province iraniane si chiamano Azerbaijan orientale e Azerbaijan occidentale), per cui Teheran accusa da tempo Baku di fomentare istanze separatistiche in queste aree. Anche le alleanze internazionali giocano un ruolo chiave nel rapporto tra i due Paesi, con l’Azerbaijan orientato più a occidente grazie alla vicinanza con Turchia e Israele, entrambi rivali storici dell’Iran. Mentre la Repubblica Islamica rimane tendenzialmente ostile al mondo occidentale (anche in virtù delle sanzioni USA) e più allineata con Russia e Cina.
Fig. 1 – Incontro tra il Ministro degli Esteri azero Jeyhun Bayramov e il premier israeliano Benjamin Netanyahu a Gerusalemme, 29 marzo 2023
LE RECENTI TENSIONI
Una serie di tensioni hanno caratterizzato il rapporto tra Baku e Teheran negli ultimi anni, acuendosi nei mesi recenti. In primo luogo, il supporto iraniano all’Armenia nel conflitto in Nagorno-Karabakh ha irritato non poco il Governo azero. Inoltre, nell’ottobre 2022 Teheran ha aperto un consolato nella provincia armena di Syunik, sottolineando l’importanza della sicurezza dell’Armenia così come l’inaccettabilità della modifica degli storici confini del Paese. Dal canto suo Baku ha deciso di chiudere la sua ambasciata a Teheran, dopo l’attacco subito a gennaio in cui è stato ucciso il capo della sicurezza. In tale occasione, il Presidente iraniano Raisi ha sottolineato come il fatto non dovesse avere un effetto negativo sulle relazioni, trattandosi dell’azione di un singolo individuo. Diversa la reazione del Presidente azero Aliyev, che ha invece parlato di attacco terroristico, invitando gli azeri a non recarsi nel Paese vicino se non per motivi strettamente necessari. A inizio marzo Baku ha inviato due note di protesta a Teheran in relazione ad esercitazioni militari aeree nelle zone di confine che non erano state annunciate. Lo scorso 6 aprile, invece, il Governo azero ha fatto arrestare sei radicali islamici, probabilmente legati ai servizi segreti iraniani, accusandoli di essere implicati in un tentativo di colpo di Stato ai danni dell’Azerbaijan. Lo stesso giorno quattro diplomatici iraniani sono stati espulsi dal Paese con l’accusa di svolgere azioni “provocatorie” e “incompatibili con lo status di diplomatico”. Ma l’apice della tensione si è raggiunto con il rilancio dei legami tra Baku e Tel Aviv in “chiave anti-iraniana”.
Fig. 2 – Il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian e l’ambasciatore Ali Alizada (a destra) commentano l’attacco all’ambasciata azera di Teheran, 27 gennaio 2023
L’ASSE BAKU-TEL AVIV
Quale sarà lo sviluppo di queste tensioni è ancora tutto da vedere, ma sicuramente Teheran non può ignorare la minaccia che deriva dal rafforzamento della cooperazione tra Azerbaijan e Israele. I due Paesi si sono impegnati a cooperare già dal 1992 e l’Azerbaijan è tra i pochi Paesi a maggioranza musulmana ad avere sviluppato relazioni bilaterali con Israele. Lo scorso marzo, in occasione dell’inaugurazione della prima ambasciata azera in Israele, i Ministri degli Esteri dei due Paesi hanno discusso di “formare un fronte unito” contro l’Iran, rinforzando la cooperazione in diversi settori strategici. Pronta la replica del Ministro degli Esteri iraniano Amir-Abdollahian, che ha affermato come tali dichiarazioni costituiscano una minaccia per la sicurezza della Repubblica Islamica. Oltre che per fare fronte comune contro l’Iran, questo nuovo asse Baku-Tel Aviv risponderebbe ad altre esigenze, tra cui la collaborazione in ambito energetico (Azerbaijan come fornitore di petrolio per Israele) e militare (Israele come provider di tecnologie belliche all’Azerbaijan). Ritornando agli screzi tra Azerbaijan e Iran, segnali di distensione arrivano dalle telefonate tra i rispettivi Ministri degli Esteri, svoltesi l’8 aprile, orientate a chiarire problemi e incomprensioni. Le due parti hanno enfatizzato i buoni rapporti di vicinato, così come il rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale.
Ho conseguito la Laurea Magistrale in Lingue Straniere per le Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e sto terminando il Master in Comunicazione per le Relazioni Internazionali dell’Università IULM. Da quando ho iniziato a studiare russo mi sono appassionata alla Russia e allo spazio postsovietico, cercando di tenermi sempre aggiornata sugli sviluppi politici, economici e culturali. Nei miei lavori di tesi ho approfondito la competizione geopolitica tra le grandi potenze in Asia Centrale, il modello della democrazia sovrana russa, e la comunicazione del Cremlino durante la pandemia. Ho inoltre svolto una breve esperienza lavorativa a Mosca che mi ha permesso di immergermi in prima persona nell’Est europeo.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-04-28 19:11:332023-05-04 19:13:15Primavera calda tra Baku e Teheran (Il Caffe Geopolitico 28.04.23)
Korazym.org/Blog dell’Editore, 28.04.2023 – Vik van Brantegem] – «Lost causes are the only ones worth fighting for» (Ethel Lina White, The Wheel Spins, 1936). «Point n’est besoin d’espérer pour entreprendre, ni de réussir pour persévérer» (Willem I de Zwijger, Prins van Oranje Nassau, Burggraaf van Antwerpen, Stadhouder der Nederlanden). Il motto del nostro Principe Guglielmo il Taciturno (1533-1584): «Non c’è bisogno di sperare per intraprendere, né di riuscire per perseverare». L’ho citato già più volte in particolare il 24 marzo 2020, all’inizio di un cambio di epoca: Un manifesto per i tempi della conta… “Non chi comincia ma quel che persevera”… Lo ricordo oggi, ma lo tengo in mente da quando mi sto occupando della “questione armena”, da domenica 27 settembre 2020, all’inizio della sciagura della guerra dei 44 giorni dell’Azerbajgian contro l’Artsakh, che oggi prosegue in modo strisciante.
Oggi è il 138° giorni dell’illegale #ArtsakhBlockade ad opera del regime autocratico dell’Azerbajgian. Oggi finisce la farsa degli “eco-attivisti” azeri nel Corridoio di Berdzor (Lachin), che alle ore 18.00 hanno interrotto il blocco dell’Artsakh sull’autostradale Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert all’altezza del bivio di Shushi. dopo l’attivazione del posto di blocco azero sul ponte Hakari, all’inizio del Corridoio di Berdzor (Lachin). Quindi, non c’è più bisogno del circo dei falsi “eco-attivisti”. In poche parole: la strada che collega l’Armenia e l’Artsakh è comunque bloccata dalle autorità azere e quindi Baku ha ordinato gli auto-dichiarati “eco-attivisti” di terminare lo spettacolo della finta “eco-protesta” che Baku ha organizzato per 138 giorni. Ora che l’Azerbajgian ha installato illegalmente un vero posto di blocco sul ponte Hakari con l’esercito, i finti “eco-attivisti” non servono più, a dimostrare che questo era ben pianificato dal regime autocatico di Aliyev. Non è sorprendente, poiché gli “eco-attivisti” avevano immediatamente definito una vittoria l’istituzione del posto di blocco da parte dell’Azerbaijan sul ponte Hakari.
Fino ad oggi, per 138 giorni, al posto di blocco degli “eco-attivisti” le forze armate e la polizia dell’Azerbajgian non avevano ufficialmente varcato il cosiddetto recinto “divisorio” del Corridoio di Lachin ed erano rimasti dall’altra parte. Tuttavia, oggi gli Azeri armati sono entrati nell’area di responsabilità delle forze di mantenimento della pace russe, affrontandole, bloccando di fatto la strada in quella zona. Questa non è più un’azione ” ecologica” o “pacifica”. È possibile che stiano coprendo la ritirata dei loro “ecologisti” o si stiano impegnando in qualche nuova provocazione.
Secondo quanto riferiscono media azeri, una delegazione di “eco-attivisti” è stata ricevuta presso un ufficio presidenziale a Shushi e ha avuto indicazioni di interrompere l’azione non più necessaria. Continua però il blocco dell’Artsakh con il checkpoint attivato pochi giorni fa, che ha conseguenze ben più gravi per la popolazione armena dell’Artsakh. Le forze armate azeri, violando l’accordo trilaterale del 9 novembre 2020 e la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia hanno occupato un’area nel Corridoio di Lachin nella quale non dovevano trovarsi, bloccando l’ingresso dall’Armenia. Gli Azeri decideranno loro chi far passare, quali merci ammettere, chi e quanto tassare con imposte doganali o diritti di ingresso. Tutto studiato minuziosamente, tutto avvenuto sotto gli occhi della forza di mantenimento della pace russa. Tempi sempre più duri per l’Artsakh.
Intanto, l’installazione da parte dell’Azerbajgian del posto di blocco al ponte di Hakari, all’inizio sull’unica strada per il Nagorno-Karabakh è iniziata in modo caotico. Il Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian nega che la strada sia chiusa, ma non ha aggiornato l’ordinanza che chiude tutti i confini del Paese. Non ha presentato il regime doganale e ora non risponde alle richieste di commento.
Di seguito riportiamo nella nostra traduzione italiana un articolo dell’agenzia statale azera APA, che documento come la farsa prosegue.
Sospesa momentaneamente la protesta degli ecoattivisti sulla strada Lachin-Khankendi
APA, 28 aprile 2023
Ore 18:04
La protesta degli ecoattivisti sulla strada Lachin-Khankendi è stata temporaneamente sospesa dalle 18:00.
L’ufficio del Karabakh dell’APA riferisce che gli eco-attivisti, che stanno conducendo un’azione sulla strada Lachin-Khankendi, lasceranno l’area parte per parte entro pochi giorni. La loro sicurezza è assicurata dalla polizia. Nei prossimi giorni verranno piantati alberi nella zona.
Ore 16.08
Un altro incontro si è tenuto con un gruppo di partecipanti all’azione ambientale di 138 giorni organizzata sulla strada Lachin-Khankendi nella prima metà della giornata del 28 aprile su invito dei rappresentanti statali dell’Azerbajgian.
L’APA riferisce che 10 eco-attivisti che rappresentano i partecipanti all’azione hanno preso parte all’incontro tenutosi nell’edificio amministrativo della rappresentanza speciale del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian nel distretto di Shusha.
Durante l’incontro, il rappresentante speciale del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian nel distretto di Shusha, Aydin Karimov, ha osservato che si è verificata una nuova situazione a causa dell’istituzione di un posto di blocco il 23 aprile da parte delle unità del Servizio di frontiera statale sul territorio sovrano dell’Azerbajgian, al confine con l’Armenia, all’inizio della strada Lachin-Khankendi. Pertanto, ai partecipanti è stato nuovamente offerto di interrompere l’azione.
Gli eco-attivisti hanno affermato di essere molto soddisfatti dell’istituzione di un meccanismo di controllo delle frontiere da parte delle nostre guardie di frontiera all’inizio della strada Lachin-Khankendi, garantendo così la trasparenza, lo stato di diritto e la sicurezza del traffico sulla strada.
Tuttavia, gli eco-attivisti hanno notato che l’azione non ha raggiunto completamente l’obiettivo. Ancora una volta hanno sottolineato di aver chiesto al comando del contingente di mantenimento della pace russo di fermare lo sfruttamento illegale delle nostre risorse naturali nei territori dell’Azerbajgian sotto il controllo temporaneo delle forze di mantenimento della pace russe e di consentire il monitoraggio delle istituzioni competenti dell’Azerbajgian in quei territori.
In risposta alle ripetute chiamate dei rappresentanti statali, i rappresentanti degli eco-attivisti hanno affermato che è necessario condurre consultazioni generali con i partecipanti all’azione al fine di considerare la questione dell’interruzione dell’azione.
Dopo l’incontro svoltosi nella prima metà della giornata, gli ecoattivisti sono tornati nell’area dove si è svolta l’azione umanitaria per consultarsi sui temi discussi.
Dopo la consultazione e la discussione dei partecipanti all’azione, poco prima è stata annunciata la decisione presa dagli ecoattivisti e la dichiarazione dei rappresentanti delle organizzazioni non governative, degli ecoattivisti e dei giovani volontari che hanno partecipato all’iniziativa l’azione è stata letta.
La dichiarazione affermava:
“Rappresentanti di organizzazioni non governative, eco-attivisti e giovani volontari hanno protestato contro lo sfruttamento illegale delle risorse naturali nei territori del contingente russo di mantenimento della pace della Repubblica dell’Azerbajgian, iniziato il 12 dicembre 2022, della strade Lachin-Khankendi che attraversa il territorio di Shusha, per 138 giorni.
In passato, abbiamo lanciato slogan sul saccheggio delle nostre risorse naturali durante l’azione diurna e notturna e abbiamo chiesto alla comunità e alle organizzazioni internazionali di porre fine ai crimini ambientali commessi nei territori dell’Azerbajgian. Come giovani volontari ed eco-attivisti, siamo onorati di trasmettere la richiesta dell’Azerbajgian in questo campo alla comunità mondiale e di condurre la nostra giusta lotta!
Abbiamo sempre sentito il sostegno di nostri concittadini nell’azione ambientale, a cui hanno partecipato migliaia di partecipanti per 138 giorni, e questo supporto ci ha ispirato ancora di più. L’istituzione di un posto di blocco il 23 aprile 2023 da parte delle unità del Servizio di frontiera statale dell’Azerbajgian sul nostro territorio sovrano, al confine con l’Armenia, all’inizio della strada Lachin-Khankendi, ci rende orgogliosi e felici come ogni cittadino di Azerbajgian. Perché la creazione del meccanismo di controllo delle frontiere mira a prevenire qualsiasi provocazione garantendo la trasparenza del traffico su strada, lo stato di diritto e la sicurezza del traffico. Questo passo decisivo volto a prevenire l’illegalità nei territori dell’Azerbajgian significa anche che i partecipanti all’azione hanno parzialmente raggiunto i loro obiettivi.
Vogliamo annunciare che noi, eco-attivisti e giovani volontari, abbiamo parzialmente realizzato le nostre richieste, oltre che tenendo conto dei ripetuti appelli rivoltici dai rappresentanti dello Stato, abbiamo deciso di sospendere temporaneamente la nostra protesta il 28 aprile 2023 dalle ore 18.00.
Dichiariamo che le nostre richieste al comando del contingente di mantenimento della pace per fermare lo sfruttamento illegale dei giacimenti minerari nei territori dell’Azerbaigian, dove si trova temporaneamente il contingente di mantenimento della pace russo, e per garantire il monitoraggio delle conseguenze ambientali e di altro tipo, rimangono valide, e se queste richieste non vengono soddisfatte, ci riserviamo il diritto di riprendere l’azione!
Esprimiamo la nostra profonda gratitudine ai cittadini dell’Azerbajgian che ci hanno sostenuto per 138 giorni, a coloro che hanno contribuito a garantire la nostra sicurezza nell’area, agli operatori sanitari volontari che tutelano la nostra salute e ai mass media locali e stranieri che hanno trasmesso le esigenze della nostra azione alla comunità mondiale!
Dichiariamo ancora una volta:
Stop all’eco-criminalità!
L’Azerbajgian è sveglio, sostiene la sua ricchezza!
L’Azerbajgian è unito, ha la sua ricchezza!
28 aprile 2023″.
Metz Yeghern, il Cardinal Koch: il genocidio armeno fu un martirio ecumenico
A Roma la preghiera per i martiri del “Grande Male”, in occasione dell’anniversario delle persecuzioni di un secolo fa che portarono all’uccisione di un milione e mezzo di persone e alla deportazione di centinaia di migliaia di armeni. Nella sua omelia, il Prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani ha ricordato che tutte le confessioni cristiane sono state colpite in quello che fu il primo di una lunga serie di persecuzioni del ‘900
di Marco Guerra Vatican News, 27 aprile 2023
“Con l’intercessione, il ricordo e le preghiere dei Santi martiri del Genocidio Armeno che commemoriamo oggi, i quali hanno sacrificato la vita per la loro fede ed eredità. O Signore, concedici la tua pace e grande misericordia”. È stato questo uno dei passaggi più significativi della preghiera ecumenica per i martiri del genocidio armeno, che nel pomeriggio di giovedì 27 aprile è risuonata tra le mura della Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, a Roma.
Il contesto della cerimonia e il genocidio
La celebrazione ecumenica organizzata dalla Chiesa Apostolica Armena presso la Santa Sede, il Pontificio Collegio Armeno in Roma e le ambasciate della Repubblica d’Armenia in Italia e presso la Santa Sede rientra nella cornice delle commemorazioni del 108.mo anniversario del “Metz Yeghern”, il “Grande Male”, ovvero l’olocausto di un milione e mezzo di armeni per mano del governo ottomano dell’epoca. Ebbe inizio il 24 aprile 1915, data in cui furono arrestate tutte le personalità di spicco della comunità armena di Istanbul – intellettuali, studiosi, politici – che poi furono successivamente portate fuori dalla metropoli sul bosforo per essere massacrate. Questa data è diventata così la giornata della memoria, molto sentita sia in Armenia sia fra le comunità di esuli in tutto il mondo.
Il cardinale Koch: “L’armenicidio” fu l’inizio di tante persecuzioni
Momento centrale della cerimonia tenutasi nella Basilica dedicata alla memoria dei martiri è stata l’omelia del Cardinale Kurt Koch, Prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che ha presieduto l’intera cerimonia ecumenica. Il porporato ha messo subito in evidenza che i cristiani che hanno dato la loro vita per la fede non sono caduti nel nulla e che il genocidio armeno è stato la prima grande persecuzione anti cristiana del Novecento, un secolo in cui “la cristianità è diventata ancora una volta una Chiesa martire, principalmente a causa delle dittature anticristiane e neopagane del nazionalsocialismo e del comunismo sovietico”. “La tragica storia del martirio di tanti cristiani è iniziata con ‘l’armenocidio’ – ha spiegato il cardinale -, il genocidio del popolo armeno all’inizio del XX secolo. Questo terribile evento ci ricorda quello che nella fede cristiana merita di essere chiamato martirio”.
L’ecumenismo del martirio
Il Prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani ha ricordato quindi che il martirio del cristiano non è contraddistinto dal disprezzo per la vita e dal desiderio di morte ma dall’amore. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici, in queste parole di Gesù si riassume tutto il mistero del martirio cristiano”, ha sottolineato il porporato attingendo dal Vangelo. “La croce di Gesù Cristo è l’amore nella sua forma più radicale; e Gesù si pone davanti ai nostri occhi come il primo martire”, sottolinea poi il Cardinal Koch, “il martirio cristiano è la libera accettazione della morte per amore della fede”. In quest’ottica il prefetto ha riconosciuto “il grande debito di gratitudine verso i cristiani armeni per aver testimoniato con la loro vita cosa significa il martirio”. Ma la lezione più importante che arriva dai martiri armeni è di aver mostrato “che tutte le Chiese cristiane, la Chiesa Apostolica Armena come pure la Chiesa Cattolica Armena, hanno i loro martiri della fede e, di conseguenza, che il martirio è ecumenico”. “L’ecumenismo dei martiri, o come dice Papa Francesco, l’ecumenismo del sangue – ha aggiunto – è dunque senza dubbio il segno più convincente dell’ecumenismo odierno”.
Tanti cristiani subiscono ancora il martirio
Il Cardinal Koch ha osservato inoltre che i cristiani armeni hanno anche mostrato che un simile martirio può essere sopportato solo se è sostenuto dalla fiducia nella promessa della fede cristiana, che si esprime nel Vangelo di oggi con la bella immagine delle dimore: “La triste ipotesi che ai persecutori, ai carnefici e agli assassini sia permesso di trionfare sulle loro vittime nell’eternità è del tutto in contrasto con la promessa cristiana delle dimore celesti”. Infine il Prefetto si è rivolto ai martiri armeni come intercessori e per chiedere loro, nella loro dimora celeste, “di accompagnarci oggi nella nostra testimonianza di fede con la loro preghiera e, soprattutto, di sostenere i tanti cristiani che nel mondo odierno sono perseguitati e devono subire il martirio”.
L’impegno dell’Armenia per evitare nuovi genocidi
In apertura della cerimonia hanno espresso i loro saluti Garen Nazarian, Ambasciatore della Repubblica di Armenia presso la Santa Sede, e Tsovinar Hambardzumyan, Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia. I due diplomatici hanno ricordato i pericoli che ancora corre la popolazione dell’Armenia a causa degli attacchi nei confronti della popolazione del Nagorno-Karabakh e della retorica anti-armena presente in alcune aree del Caucaso. Gli ambasciatori hanno quindi ribadito lo sforzo del governo armeno “per la giustizia, il conoscimento della verità, la prevenzione di nuovi genocidi e crimini contro l’umanità, e la lotta contro la discriminazione e l’intolleranza per motivi etnici, religiosi e razziali”.
“L’Armenia si impegna per raggiungere la pace e la stabilità nella regione del Caucaso”: la risposta dell’Ambasciatore della Repubblica di Armenia presso la Santa Sede al suo omologo azero pubblicato oggi 28 aprile 2023 sul Faro di Roma:
«Sono innanzitutto grato per avere, come già in passato, l’opportunità di presentare il punto di vista dell’Armenia in merito alla soluzione di questioni esistenti e che rivestono un’importanza vitale, tra cui i diritti e la sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh per raggiungere una pace globale e sostenibile nella regione. Purtroppo, il neo ambasciatore dell’Azerbajgian presso la Santa Sede Mukhtarov continua a diffondere sulla stampa locale narrazioni prive di fondamento, esponendo chiaramente quanto il suo Paese sia lontano dalla pace e quali, invece, siano le reali intenzioni dei suoi leader.
Più di una volta l’Armenia ha ribadito il suo impegno nel processo di pace, sottolineando l’importanza che l’Azerbajgian abbandoni le sue aspirazioni massimaliste, la sua politica aggressiva e la sua retorica bellicosa nei confronti della popolazione del Nagorno-Karabakh e dell’integrità territoriale della Repubblica di Armenia.
Nel contesto del blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian in corso ormai da quattro mesi, l’Armenia si aspetta iniziative concrete da parte dell’Azerbajgian verso l’attuazione degli impegni assunti e, in particolare, il rispetto della decisione della Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio 2023 di ripristinare la libera circolazione lungo il Corridoio di Lachin, rigorosamente in linea con le disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 firmata dai leader di Azerbajgian, Russia e Armenia.
A oggi le continue aggressioni militari dell’Azerbajgian, come la recente provocazione dell’11 aprile scorso nel territorio della Repubblica d’Armenia, nell’area del villaggio di Tegh nella regione di Syunik, compromettono i nostri sforzi e quelli dei partner internazionali per raggiungere una pace sostenibile.
E le violazioni di altre disposizioni della citata Dichiarazione trilaterale non finiscono qui. Vorrei ricordare a Ilgar Mukhtarov che, in barba ai numerosi appelli della comunità internazionale e di rinomate organizzazioni per i diritti umani che hanno presentato casi di trattamenti inumani, l’Azerbajgian continua a detenere illegalmente in ostaggio prigionieri di guerra e civili armeni contro cui vengono orchestrati processi farsa.
Nonostante tutte le difficoltà, la parte armena si impegna ed è pronta a compiere ogni tentativo necessario per raggiungere la pace e la stabilità nella nostra regione».
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-04-28 19:09:322023-05-04 19:10:13138° giorno del #ArtsakhBlockade. «Le cause perse sono le uniche per cui valga la pena combattere» (Korazym 28.04.23)
Con una cerimonia ufficiale presso l’ambasciata armena in Italia, a Roma, Renato Farina riceverà questa mattina alle 11 dalle mani dell’ambasciatrice Tsovinar Hambardzumyan la Medaglia della Gratitudine della Repubblica di Armenia.
Il decreto firmato dal presidente Vahagn Khachaturyan – riprodotto qui sopra – porta la data del 23 dicembre 2022 e in italiano recita come segue:
«Su richiesta del Primo Ministro, ai sensi dell’articolo 136 della Costituzione, nonché dell’articolo 5.3, parte 1 della legge “Sui riconoscimenti statali e titoli onorifici della Repubblica di Armenia”, Renato Farina, scrittore, giornalista (Italia), e Francesco Paolo Guarneri, medico (Italia), sono stati insigniti della Medaglia della Gratitudine per il loro contributo al rafforzamento e allo sviluppo delle relazioni amichevoli tra Armenia e Italia e alla protezione dei valori universali».
Farina è infatti – al pari di Tempi – una delle poche voci italiane a tentare incessantemente di rompere lo scandaloso silenzio internazionale calato sulle vicissitudini del popolo armeno, vittima di continue aggressioni e soprusi da parte dell’Azerbaigian, in particolare nella regione contesa del Nagorno-Karabakh.
Proprio sul mensile Tempi, testata con cui collabora da sempre, Farina tiene una rubrica intitolata “Il Molokano”, ormai totalmente dedicata di fatto all’Armenia. Uno spazio dove non si risparmiano critiche all’Occidente e allo stesso governo italiano (qualunque colore politico o tecnico questo abbia assunto negli ultimi anni) per la loro inerzia davanti all’atteggiamento sempre più minaccioso degli azeri e dei loro alleati turchi verso un popolo cristiano già vittima di genocidio nel recente passato.
I camionisti e gli agricoltori dell’Armenia hanno riferito di difficoltà con l’esportazione di prodotti agricoli nella Federazione Russa, ha affermato Garnik Danielyan, un membro della fazione parlamentare dell’Armenia. Secondo lui, la parte russa ha deciso di vietare l’ingresso ai camion armeni.
Danielyan ha detto che i camion armeni sono rimasti al confine con la Georgia per diversi giorni di fila, in attesa di una spiegazione della situazione. Ciò può portare a gravi perdite per le serre. Inoltre, la stagione delle albicocche e di altri frutti, che inizierà nei prossimi mesi, potrebbe essere a rischio a causa dell’impossibilità di esportare i prodotti in Russia.
Il deputato ha inviato richieste al Ministero dell’Economia e al Comitato delle entrate statali dell’Armenia chiedendo di comprendere le cause del problema. Ha invitato la parte armena a chiedere chiarimenti e ad adottare tutte le misure possibili per risolvere la situazione il prima possibile.
“La Georgia riferisce che la parte russa ha deciso di vietare l’ingresso ai camion armeni. I camion armeni sono rimasti in Georgia per diversi giorni di fila, in attesa di una spiegazione. La parte armena dovrebbe chiedere chiarimenti e adottare tutte le misure possibili per risolvere il problema il prima possibile”., ha affermato il deputato.
Finora non si conoscono i motivi del divieto di ingresso di camion armeni in Russia. Forse i chiarimenti e le indagini ufficiali aiuteranno a chiarire la situazione e porteranno all’eliminazione del problema affrontato dai camionisti e dagli agricoltori armeni.
La parte russa non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito. Tuttavia, in Armenia è stato suggerito che ciò sia avvenuto sullo sfondo di relazioni più strette tra Yerevan ei paesi della NATO, sebbene, ovviamente, il motivo sia completamente diverso.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-04-28 18:59:172023-05-04 19:00:26Dopo aver flirtato con la NATO, l'Armenia si è lamentata della chiusura dei confini russi per i camion (Avia.pro 28.04.23)
La Francia è uno dei mediatori internazionali del conflitto. Di recente Baku e Mosca hanno accusato Parigi di minare il processo di pace
La pace in Nagorno Karabakh è possibile ma l’Azerbaigian e l’Armenia potrebbero fare di più per porre fine allo scontro. E’ questo uno dei messaggi che il ministro degli Esteri francese Catherine Colonna ha rilasciato durante la sua visita ufficiali in entrambi i paesi. E così scende in campo direttamente Parigi.
“Il progresso verso la pace richiede la rinuncia all’uso della forza e anche alla minaccia della forza. E questo è un messaggio che vale per entrambe le parti. Potrei anche riferirmi alla retorica che alimenta comportamenti diffidenti dove occorre trovare la strada della fiducia”, ha sottolineato la ministra Colonna.
La Francia è uno dei mediatori internazionali del conflitto. Di recente Baku e Mosca hanno accusato Parigi di minare il processo di pace. La visita della ministra Colonna aveva lo scopo di allentare le tensioni tra Armenia e Azerbaigian e di chiedere di porre fine al blocco del corridoio di Lachin, vitale per gli armeni nel Nagorno-Karabakh.
Lo scorso 23 aprile l’Azerbaigian ha annunciato la creazione di un posto di blocco sul corridoio di Lachin.
Una mossa che è stata subito criticata dalle autorità de facto del Nagorno Karabakh e da quelle dell’Armenia e che ha sollevato forti preoccupazioni anche nella comunità internazionale.
La decisione pone ulteriori implicazioni per la popolazione etnica armena del Karabakh, perché gli sforzi di mediazione sembrano vacillare dopo oltre 133 giorni di limitazione del transito da parte di una sedicente protesta ambientalista. Solo il contingente russo di mantenimento della pace e il Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC) hanno utilizzato la rotta.
Secondo Baku la strada era utilizzata per “la rotazione del personale delle forze armate armene che continuano a stazionare illegalmente nel territorio dell’Azerbaijan, il trasferimento di armi e munizioni, l’ingresso di terroristi e il traffico illecito di risorse naturali”. Accuse respinte da Yerevan.
Gli Stati Uniti si sono detti profondamente preoccupati che l’istituzione di un posto di blocco sul corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian mini la fiducia nel processo di pace”, ha osservato il Dipartimento di Stato americano. “Ribadiamo che ci dovrebbe essere libera e aperta circolazione di persone e merci lungo il corridoio Lachin e chiediamo alle parti di riprendere i colloqui di pace”.
Anche Parigi, in un comunicato, ha assunto la stessa posizione.
“Rileviamo in particolare l’inaccettabilità di qualsiasi misura unilaterale in violazione delle disposizioni di base della dichiarazione tripartita dei leader di Russia, Azerbaijan e Armenia del 9 novembre 2020, sia che si tratti di un cambiamento non coordinato nella modalità di funzionamento del Corridoio di Lachin o del tentativo di usarlo per scopi non in linea con l’agenda di pace”, si legge in un comunicato.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-04-28 18:57:362023-05-04 18:58:54Nagorno-Karabakh, la Francia chiede maggiori sforzi per la pace (Euronews 28.04.23)
Le Associazioni e Organizzazioni armene in Italia desiderano ringraziare gli esponenti di tutte le forze politiche italiane, le amministrazioni comunali, università, associazioni e i concittadini italiani, che hanno ricordato la Giornata della Memoria armena (24 aprile) nel 108° anniversario dell’inizio del massacro di un milione e mezzo di persone per opera dei Giovani turchi dell’impero Ottomano.
I messaggi di vicinanza e solidarietà verso il popolo armeno acquistano ancor più rilievo in questi giorni nei quali ancora una volta dobbiamo assistere ad atti di forza nei confronti della popolazione dell’Armenia e dell’Artsakh (Nagorno Karabakh).
In particolare, da tre giorni l’Azerbaigian ha imposto un ulteriore illegale blocco all’ingresso del corridoio di Lachin in violazione dell’accordo di cessate-il-fuoco siglato a novembre 2020 e in dispregio della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite che a febbraio aveva emesso una sentenza (cogente) con la quale sollecitava l’Azerbaigian a rimuovere qualsiasi ostacolo al libero transito di persone e merci tra l’Armenia e l’Artsakh.
Gli ultimi sviluppi nella regione dimostrano che, contrariamente agli auspici anche dell’Unione europea, non vi è alcun desiderio da parte dell’Azerbaigian di concludere un processo di pace ma solo quello di attuare una nuova pulizia etnica del territorio imponendo la regola della minaccia e della forza.
Il recente blocco aggrava ulteriormente la crisi umanitaria per i 120.000 armeni dell’Artsakh.
Alla luce di quanto sopra, e a maggior ragione considerando gli intensi rapporti commerciali fra Italia ed Azerbaigian, i messaggi di vicinanza degli esponenti politici italiani che rappresentano anche il sentimento dei nostri concittadini italiani, sono un segno di speranza per il futuro e aiutano gli armeni in Italia e gli italiani di origine armena a proseguire l’impegno per la pace, la verità e la giustizia.
Coordinamento delle organizzazioni armene in Italia
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-04-28 18:54:222023-05-04 18:55:52ANNIVERSARIO GENOCIDIO ARMENO, SOLIDARIETA’ DALLA POLITICA ITALIANA (Politicamentecorretto 28.04.23)
La situazione azero-armena non è del tutto tranquilla nonostante le parole che arrivano di rassicurazione sia da parte armena che azera.
Di fatto gli azeri hanno istituito un posto di blocco nel corridoio di Lachin. Ogni giorno che passa, diventa sempre più necessaria una più ampia rappresentanza internazionale nel corridoio di Lachin e nell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) con un ampio mandato.
Nel corridoio di Berdzor (Lachin), passa di tutto e mettere in questa area un posto di blocco significa affamare letteralmente la popolazione del Nagorno-Karabakh. L’installazione di un nuovo checkpoint nel corridoio, dunque, è un altro passo illegale di Baku, volto ad aggravare la situazione nella regione e la crisi umanitaria in Artsakh. Anche questa è un’altra violazione del comunicato tripartito del 9 novembre 2020. I diritti e la sicurezza del popolo dell’Artsakh dovrebbero essere oggetto di negoziati tra Stepanakert e Baku. Lo ha affermato il 27 aprile il primo ministro dell’Armenia in una riunione di governo.
Che la situazione è tesa e grave lo ha capito Mosca che deciso di mandare in Nagorno Karabakh uno dei suoi esperti negoziatori. Il generale Alexander Lentsov che è diventato il nuovo comandante del contingente russo di mantenimento della pace nella non riconosciuta Repubblica dell’Artsakh o Nagorno Karabakh se si è di parte azerbaijana.
Prima di questa nomina, il generale Lentsov è stato consigliere del ministro della Difesa della Russia e fino al 2020 è stato vice comandante in capo delle forze di terra. Ha partecipato a operazioni di combattimento in Afghanistan: partendo da comandante di compagnia, si è fatto strada fino a diventare comandante di battaglione del 234° reggimento paracadutisti. Era in Jugoslavia come comandante di un’unità di caschi blu russi in Bosnia.
Inoltre, ha preso parte a entrambe le guerre cecene, nonché alle ostilità in Ossezia meridionale nel 2008 e in Ucraina nel 2014-2015. E nel 2016 ha prestato servizio come vice comandante del gruppo di truppe (forze) delle forze armate RF per gli uffici del comandante in Siria. Nonostante la sua significativa esperienza di combattimento, il generale Lentsov è un eccellente negoziatore, in grado di spingere il suo punto di vista. Negli ultimi anni è stato impegnato in attività organizzative, abbandonando l’addestramento al combattimento e l’ambizione di salire la scala della carriera, nonostante potesse diventare almeno il comandante delle truppe aviotrasportate, date le sue capacità e capacità.
Ora, da parte dei generali russi in Nagorno-Karabakh, ci sono sia il negoziatore Lentsov che l’ex comandante del V gruppo delle truppe russe nella zona operativa ucraina, il generale Muradov. Quest’ultimo è stato caratterizzato da un lato estremamente positivo durante il suo mandato come comandante dell’RMK nell’Artsakh non riconosciuto per la sua tenacia e determinazione. Forse, avendo ora puntato sul tandem di Muradov e Lentsov, la leadership russa conta sui cambiamenti nel conflitto armeno-azerbaigiano.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-04-28 18:50:562023-05-04 18:52:36NAGORNO KARABAKH. Per il mantenimento della pace in la Russia cambia comandante (AGC 28.04.23)
A Roma la preghiera per i martiri del “Grande Male”, in occasione dell’anniversario delle persecuzioni di un secolo fa che portarono all’uccisione di un milione e mezzo di persone e alla deportazione di centinaia di migliaia di armeni. Nella sua omelia, il prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani ha ricordato che tutte le confessioni cristiane sono state colpite in quello che fu il primo di una lunga serie di persecuzioni del ‘900
Marco Guerra – Città del Vaticano
“Con l’intercessione, il ricordo e le preghiere dei Santi martiri del Genocidio Armeno che commemoriamo oggi, i quali hanno sacrificato la vita per la loro fede ed eredità. O Signore, concedici la tua pace e grande misericordia”
È stato questo uno dei passaggi più significativi della preghiera ecumenica per i martiri del genocidio armeno, che nel pomeriggio di giovedì 27 aprile è risuonata tra le mura della Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, a Roma.
Il contesto della cerimonia e il genocidio
La celebrazione ecumenica organizzata dalla Chiesa Apostolica Armena presso la Santa Sede, il Pontificio Collegio Armeno in Roma e le ambasciate della Repubblica d’Armenia in Italia e presso la Santa Sede rientra nella cornice delle commemorazioni del 108.mo anniversario del “Metz Yeghern”, il “Grande Male”, ovvero l’olocausto di un milione e mezzo di armeni per mano del governo ottomano dell’epoca. Ebbe inizio il 24 aprile 1915, data in cui furono arrestate tutte le personalità di spicco della comunità armena di Istanbul – intellettuali, studiosi, politici – che poi furono successivamente portate fuori dalla metropoli sul bosforo per essere massacrate. Questa data è diventata così la giornata della memoria, molto sentita sia in Armenia sia fra le comunità di esuli in tutto il mondo.
Il cardinale Koch: “l’armenicidio” fu l’inizio di tante persecuzioni
Momento centrale della cerimonia tenutasi nella Basilica dedicata alla memoria dei martiri è stata l’omelia del cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei cristiani, che ha presieduto l’intera cerimonia ecumenica. Il porporato ha messo subito in evidenza che i cristiani che hanno dato la loro vita per la fede non sono caduti nel nulla e che il genocidio armeno è stato la prima grande persecuzione anti cristiana del Novecento, un secolo in cui “la cristianità è diventata ancora una volta una Chiesa martire, principalmente a causa delle dittature anticristiane e neopagane del nazionalsocialismo e del comunismo sovietico”. “La tragica storia del martirio di tanti cristiani è iniziata con ‘l’armenocidio’ – ha spiegato il cardinale -, il genocidio del popolo armeno all’inizio del XX secolo. Questo terribile evento ci ricorda quello che nella fede cristiana merita di essere chiamato martirio”.
L’ecumenismo del martirio
Il prefetto del Dicastero per l’Unità dei cristiani ha ricordato quindi che il martirio del cristiano non è contraddistinto dal disprezzo per la vita e dal desiderio di morte ma dall’amore. “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici, in queste parole di Gesù si riassume tutto il mistero del martirio cristiano”, ha sottolineato il porporato attingendo dal Vangelo. “La croce di Gesù Cristo è l’amore nella sua forma più radicale; e Gesù si pone davanti ai nostri occhi come il primo martire”, sottolinea poi il cardinale Koch, “il martirio cristiano è la libera accettazione della morte per amore della fede”. In quest’ottica il prefetto ha riconosciuto “il grande debito di gratitudine verso i cristiani armeni per aver testimoniato con la loro vita cosa significa il martirio”. Ma la lezione più importante che arriva dai martiri armeni è di aver mostrato “che tutte le Chiese cristiane, la Chiesa apostolica armena come pure la Chiesa cattolica armena, hanno i loro martiri della fede e, di conseguenza, che il martirio è ecumenico”. “L’ecumenismo dei martiri, o come dice Papa Francesco, l’ecumenismo del sangue – ha aggiunto – è dunque senza dubbio il segno più convincente dell’ecumenismo odierno”.
Tanti cristiani subiscono ancora il martirio
Il cardinale ha osservato inoltre che i cristiani armeni hanno anche mostrato che un simile martirio può essere sopportato solo se è sostenuto dalla fiducia nella promessa della fede cristiana, che si esprime nel Vangelo di oggi con la bella immagine delle dimore: “La triste ipotesi che ai persecutori, ai carnefici e agli assassini sia permesso di trionfare sulle loro vittime nell’eternità è del tutto in contrasto con la promessa cristiana delle dimore celesti”. Infine il capo Dicastero si è rivolto ai martiri armeni come intercessori e per chiedere loro, nella loro dimora celeste, “di accompagnarci oggi nella nostra testimonianza di fede con la loro preghiera e, soprattutto, di sostenere i tanti cristiani che nel mondo odierno sono perseguitati e devono subire il martirio”.
L’impegno dell’Armenia per evitare nuovi genocidi
In apertura della cerimonia hanno espresso i loro saluti Garen Nazarian, ambasciatore della Repubblica d’Armenia presso la Santa Sede, e Tsovinar Hambardzumyan, ambasciatrice della Repubblica d’Armenia in Italia. I due diplomatici hanno ricordato i pericoli che ancora corre la popolazione dell’Armenia a causa degli attacchi nei confronti della popolazione del Nagorno Karabakh (regione a maggioranza armena posta a tra Azerbaijan e Armenia, ndr) e della retorica anti-armena presente in alcune aree del Caucaso. Gli ambasciatori hanno quindi ribadito lo sforzo del governo armeno “per la giustizia, il conoscimento della verità, la prevenzione di nuovi genocidi e crimini contro l’umanità, e la lotta contro la discriminazione e l’intolleranza per motivi etnici, religiosi e razziali”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-04-27 19:14:592023-04-27 19:17:37Metz Yeghern, il cardinale Koch: il genocidio armeno fu un martirio ecumenico (Vatican News 27.04.23)
Bruxelles – Mentre l’attenzione internazionale è focalizzata sull’invasione russa in Ucraina e sulle tensioni tra Cina e Taiwan, un altro fronte di conflitto a bassa intensità da un anno è sempre attivo e, nonostante gli intensi sforzi diplomatici da parte delle istituzioni comunitarie, non sembra trovare alcuna via di risoluzione. “Il posto di blocco unilaterale dell’Azerbaigian lungo il corridoio di Lachinè contrario agli appelli dell’Ue a ridurre le tensioni e a risolvere le questioni con il dialogo”, ha denunciato l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, a proposito delle recenti decisioni sul piano militare di Baku nel Nagorno-Karabakh.
È dal 12 dicembre dello scorso anno che l’Azerbaigian ha bloccato in modo informale (attraverso la presenza di pseudo-attivisti ambientalisti armati) il corridoio di Lachin, l’unica via di accesso all’Armenia e al mondo esterno per gli oltre 120 mila abitanti dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh. Da 136 giorni su questa strada sono in atto forti limitazioni del transito di beni essenziali come cibo e farmaci, gas e acqua potabile, e gli unici a poterla percorrere sono i soldati del contingente russo di mantenimento della pace e il Comitato internazionale della Croce Rossa. Ma con la decisione di domenica scorsa (23 aprile) è stata formalizzata la chiusura del collegamento strategico tra l’enclave cristiana nel sud-ovest dell’Azerbaigian (Paese a maggioranza musulmano) e l’Armenia. Baku ha giustificato la creazione del posto di blocco con la volontà di impedire la rotazione dei soldati armeni nel Nagorno-Karabakh, “che continuano a stazionare illegalmente nel territorio dell’Azerbaigian”.
L’irritazione a Bruxelles è legata al fatto che, nonostante l’impegno a “promuovere la pace e la stabilità nel Caucaso meridionale”, da un anno i due interlocutori – e in particolare l’Azerbaigian – continuano a non mostrare una seria volontà per la de-escalation: “I diritti e la sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh devono essere garantiti“, ha ribadito senza mezzi termini l’alto rappresentante Ue Borrell. Guardando al quadro più ampio, è dal 1992 che si protrae in quest’area del Caucaso meridionale un conflitto congelato, con scoppi di violenze armate ricorrenti. Il più grave degli ultimi anni è stato quello dell’ottobre del 2020: in sei settimane di conflitto erano morti quasi 7 mila civili, prima del cessate il fuoco che ha imposto all’Armenia la cessione di ampie porzioni di territorio nel Nagorno-Karabakh.
Cosa sta succedendo tra Azerbaigian e Armenia
Da sinistra: il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, il presidente della Francia, Emmanuel Macron, il premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan, e il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, a Praga il 6 ottobre 2022 (credits: Ludovic Marin / Afp)
Dopo le sparatorie alla frontiera tra i due Paesi di fine maggio dello scorso anno il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha reso sempre più frequenti i contatti diretti con il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e il premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ponendo come priorità dei colloqui di alto livello la delimitazione degli oltre mille chilometri di confine. Tuttavia, mentre a Bruxelles si sta provando da allora a trovare una difficilissima soluzione a livello diplomatico, sul terreno non si è mai allentata la tensione. Nel mese di settembre sono riprese le ostilità tra Armenia e Azerbaigian, che si accusano a vicenda di bombardamenti alle infrastrutture militari e sconfinamenti di truppe di terra.
La mancanza di un monitoraggio diretto della situazione sul campo da parte della Russia – che fino allo scoppio della guerra in Ucraina era il principale mediatore internazionale – ha portato alla decisione di implementare una missione Ue. Dopo il compromesso iniziale con Yerevan e Baku raggiunto il 6 ottobre a Praga in occasione della prima riunione della Comunità Politica Europea, 40 esperti Ue sono stati dispiegati lungo il lato armeno del confine fino al 19 dicembre dello scorso anno. A seguito dell’aggravarsi della situazione nel corridoio di Lachin, il 23 gennaio è arrivata la decisione del Consiglio dell’Ue di istituire la missione civile dell’Unione Europea in Armenia (Euma) nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, con l’obiettivo di contribuire alla stabilità nelle zone di confine e garantire un “ambiente favorevole” agli sforzi di normalizzazione dei due Paesi caucasici.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-04-27 19:00:532023-05-04 19:02:34Le mosse dell'Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh irritano Bruxelles: "Posti di blocco unilaterali non riducono le tensioni" (Eunews 27.04.23)
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