ARMENIA. PASHINYAN DENUNCIA LO SCONFINAMENTO DI TRUPPE AZERE (Nbtiziegeopolitiche 15.05.21)

Il presidente armeno Nikol Pashinyan ha reso noto che truppe dell’Azerbaijan avrebbero sconfinato nella zona del lago Sev, condiviso dai due paesi. Pashinyan ha parlato di “infiltrazione sovversiva”, che giunge dopo la tregua di novembre seguita alla presa del controllo del Nagorno Karabakh da parte azera.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto un “ritiro immediato”, ma un comunicato del ministero degli Esteri dell’Azerbaijan ha riportato che si tratterebbe dell’invio di “guardie di confine” che si starebbero posizionando nei “distretti liberati di Lachin e Kalbajar, confinanti” con l’Armenia.
Nel comunicato Baku spiega che “Da quando hanno riacquistato la propria indipendenza, i due Paesi non hanno più avuto un confine di Stato per ovvi motivi, e per questo adesso si affronta un complicato iter tecnico, attualmente accompagnato da disaccordi tra le parti”.
Gli Usa, che con Francia e Russia presiedono il “Gruppo di Minsk”, hanno reso noto attraverso il portavoce del Dipartimento di Stato Ned Price che “la comunicazione tra le parti è in corso ed esortiamo alla moderazione e alla de-escalation”, mentre Vladimir Putin ha chiamato Pashinyan ed ha annunciato “l’impegno per un’ulteriore mediazione attiva e stretti contatti con Yerevan e Baku nell’interesse di garantire la stabilità nella regione”. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha invece parlato con il collega azero Jeyhoun Baeramov circa il “deterioramento della situazione”, ed entrambi i ministri hanno sottolineato la “necessità di una stretta osservanza del cessate-il-fuoco”.

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Padiglione Armeno alla Biennale di Venezia 2021 (Periodicodaily 15.05.21)

Il Padiglione Armeno è uno dei protagonisti della 17° Biennale d’Architettura di Venezia con un’installazione sperimentale, focalizzata sul tema dell’ibridazione tra i diversi popoli.

Come è sviluppato il tema hibridity nel Padiglione Armeno?

La storia dell’Armenia è da sempre caratterizzata dal continuo passaggio di popoli diversi per usi, costumi, linguaggio e vita sociale. Ancora oggi il territorio armeno è un melting pot di culture che convivono e coesistono, cercando di preservare la loro essenza identitaria. L’esilio è un altro fattore che identifica la popolazione armena. Un allontanamento forzato dal loro territorio per la sopravvivenza.

Convivenza, diaspora, ibridazione e ricerca d’identità sono i temi centrali del Padiglione Armeno 2021. “Come rappresentazione dell’esperienza armena di esilio e sopravvivenza, diffusione e incontro – spiegano i curatori dell’esposizione a Venezia – Hibridity cerca di tradurre questa capacità umana di interagire tra loro e influenzare le culture sia come individui che come comunità”.

Come possono interagire i visitatori con la macchina virtuale collocata nel Padiglione Armeno?

L’installazione sperimentale permette ai visitatori di esplorare le caratteristiche dell’interazione umana sia fisicamente sia virtualmente. Con questo processo tecnologico si crea una sorta di ibrido d’identità.

Nello spazio di Ca’ Zenobio verrà posizionata una macchina virtuale con cui si collegheranno oltre 80 nazioni di tutto il mondo. I principali edifici di Venezia, inoltre, verranno ampliati con la realtà aumentata. Le persone connesse dagli altri paesi potranno così condividere la loro esperienza attraverso immagini e video. Grazie alla tecnologia digitale i visitatori del padiglione verranno invitati ad entrare virtualmente nella quotidianità di persone sparse su tutto il globo terrestre.

Si crea, quindi, un sistema di contaminazioni e di ibridazioni culturali, geografiche e sociali da cui emerge la forza resiliente di difesa della propria identità e unicità.

Chi è Allen Sayegh?

Figura poliedrica, Allen Sayegh è architetto, designer e professore associato alla Harvard Univeristy Graduate School of Design. E’, inoltre, direttore di REAL, Responsive Environment and Artifacts Lab of Harvard, e direttore di INVIVIA, affermata e riconosciuta società di design globale. Sayegh è anche docente in varie istituzioni internazionali e ha lavorato a diversi progetti internazionali. Si occupa, in particolare, della pianificazione futura attraverso l’uso della tecnologia aumentata.

Informazioni

17° Mostra Internazionale di Architettura di Venezia – Padiglione Armeno “Ibridismo”, Palazzo Ca’ Zenobio dal 28 agosto al 21 novembre 2021. Curatore: Allen Sayegh (Vosguerichian) – Espositori: INVIVIA e Storaket – Progettisti del Padiglione: Allen Sayegh, Stefano Andreani, Humbi Song e Isa He – Commissario: Tina Chakarin.

Leggi anche: https://www.periodicodaily.com/jti-e-la-biennale-darchitettura-di-venezia/

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Macron: “Forze Azerbaijan entrate in territorio armeno, si devono ritirare” (Adnkronos 14.05.21)

Il presidente francese su Twitter: “La Francia sta al fianco, solidale, del popolo armeno”

“Forze dell’Azerbaijan sono entrate in territorio armeno, si devono ritirare immediatamente”. E’ quanto scrive su Twitter Emmanuel Macron. “Lo dico ancora al popolo armeno – prosegue il presidente francese – la Francia sta al vostro fianco, solidale, e continuerà a farlo”.

Roma, Mkhitaryan medita l’addio: entro maggio deve decidere (Romagiallorossa 14.05.21)

CALCIOMERCATO AS ROMA MKHITARYAN – Il futuro in 18 giorni. Mkhitaryan ha tempo fino al 31 maggio per svincolarsi dalla Roma: glielo permette una clausola inserita nel rinnovo in giallorosso della scorsa estate dopo la prima stagione di prestito, che dà al giocatore la piena libertà di scegliersi una nuova squadra, scrive Il Tempo.

Se l’opzione non venisse esercitata, scatterebbe invece un altro anno di contratto per l’armeno, che adesso ha un dubbio in più: Mourinho. I due hanno avuto un rapporto tormentato a Manchester, come raccontato dallo stesso Mkhitaryan a marzo 2020: «Mourinho – le parole del trequartista – è stato l’allenatore più difficile nella mia carriera. Ci sono state divergenze e conflitti, è vero che mi ha spinto dopo una partita dicendomi che dovevo allenarmi di più. Tutto è iniziato da lì. Ho pensato: “Non ho altro da aggiungere al Manchester. Lavoro, presso, aiuto la squadra, segno e qualcuno è anche insoddisfatto“».

Special One a parte, i ragionamenti di Mkhitaryan sono anche di natura economica. Il 32enne, dopo l’ottima stagione alla Roma – finora 11 gol e 11 assist – può andare alla caccia dell’ultimo contratto importante della carriera. E ha dato mandato al suo agente Raiola di sondare le possibili offerte sul mercato.

Il procuratore lo sta offrendo ai migliori club italiani e non solo, partendo da una richiesta di 5 milioni netti (alla Roma ne guadagna 3 più 1 di bonus) per un contratto di almeno due anni. Il Milan ci sta facendo un pensierino visto che perderà Calhanoglu. E considerando che il cartellino si prende gratis, le pretendenti non mancano.

Tiago Pinto non può far altro che attendere le decisioni dell’armeno. E intanto continua a interrogarsi su come sia stato possibile inserire nel contratto una clausola così svantaggiosa per il club.

La Roma vorrebbe tenere Mkhitaryan, uno dei pochi punti fermi di una rosa da potenziare. Ma non ha potere decisionale. L’armeno riflette e potrebbe anche scegliere di svincolarsi senza avere un’offerta in mano, valutare con calma le varie opzioni e, magari dopo una chiacchierata con Mourinho, sedersi più in là a ridiscutere il contratto con la Roma.

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>> Mkhitaryan considera l’addio e il Milan ci pensa

Armenia, l’allarme di Fratelli d’Italia per lo sconfinamento dei militari azeri. “Il governo si faccia sentire” (Secolo d’Italia 14.05.21)

Allarme per l’escalation di aggressioni dell’Azerbaigian ai danni dell’ArmeniaFratelli d’Italia lancia l’allarme per lo sconfinamento dei militari azeri. E chiede al governo Draghi e alla comunità internazionale di non voltarsi dall’altra parte. “Esprimiamo forte preoccupazione per le operazioni militari messe in atto dall’Azerbaigian. Nell’area di confine con l’Armenia. Che hanno portato allo sconfinamento per alcuni chilometri nella zona del Lago Sev”. È quanto dichiara in una nota il responsabile Esteri di Fratelli d’Italia e Capodelegazione al Parlamento Europeo, Carlo Fidanza.

Armenia, FdI: fermare la provocazione dei militari azeri

“Si tratta di una provocazione che deve assolutamente rientrare.  Con il ritiro immediato delle truppe azere, per evitare una nuova ulteriore escalation nell’area. Facciamo appello al governo e alla comunità internazionale affinché si faccia sentire per ripristinare l’ordine. Nel rispetto della piena sovranità e integrità territoriale della Repubblica di Armenia”.

Fidanza: il governo deve intervenire per ripristinare l’ordine

Fidanza si è molto occupato a Bruxelles della guerra in Nagorno-Karabakh. Denunciando l’appoggio della Turchia di Erdogan, con jihadisti della Siria, la campagna dell’Azerbaijan contro la popolazione cristiana armena. “Si deve arrivare al cessate il fuoco, alla fine dell’aggressione militare azera. Alla ripresa del processo di pace coordinato dal gruppo di Minsk”, è il parere dell’europarlamentare di Fratelli d’Italia. Per farlo bisogna ridimensionare il ruolo della Turchia. Che vuole fare di questa regione un altro tassello del suo progetto neo-ottomano. Che a farlo sia un paese Nato amareggia. Che sia un paese candidato alla pre-adesione all’Ue dovrebbe indurci a ritirare lo status di paese candidato alla Turchia”.

NUOVE MINACCE DALL’AZERBAIGIAN CHE VIOLA L’INTEGRITA’ TERRITORIALE DELL’ARMENIA. (Politicamentecorretto 14.05.21)

PREOCCUPAZIONE PER I RISCHI DI UNA NUOVA GUERRA NEL CAUCASO

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” esprime profonda preoccupazione per la nuova, ennesima, provocazione azera lungo il confine con la repubblica di Armenia.

Tra mercoledì e giovedì alcune centinaia di soldati delle forze armate dell’Azerbaigian sono penetrate nel territorio armeno violando il confine internazionale e procedendo a lavori di ingegneria per modificarlo artificiosamente.

Lo scorso 20 aprile il Presidente dittatore Aliyev aveva dichiarato che “L’Azerbaijan tornerà a Zangezur, che l’Armenia lo voglia o no” aggiungendo “se vuole, risolveremo questo problema più facilmente, se non vuole, lo risolveremo con la forza”.

Lo stesso non ha esitato a confessare che la guerra di 44 giorni era stata deliberatamente voluta dall’Azerbaigian: “Proprio come prima e durante la guerra, ho detto che devono liberarsi dalle nostre terre, altrimenti li espelleremo con la forza. E così è successo. Lo stesso sarà il destino del corridoio Zangezur” aveva chiosato il Presidente Azero che ora per nulla preoccupato delle conseguenze di tali azioni, prosegue nella sua azione destabilizzante e minaccia l’Armenia rivendicando un presunto diritto sulle “terre storiche” nonostante l’Azerbaigian esista come nazione solo dal 1918.

Duplice è l’obiettivo del regime di Aliyev: da un lato sfruttare l’andamento del confine così come stabilito in epoca sovietica assumendo il controllo di posizioni in altura più favorevoli; dall’altro occupare pascoli e bacini idrici a servizio dei villaggi armeni di confine causando un danno all’economia rurale di tali zone.

Il dittatore Aliyev inoltre trattiene come ostaggi circa 200 militari e civili armeni catturati dopo la firma dell’accordo di tregua del 9 novembre successivo alla guerra scatenata contro la repubblica di Artsakh.

Ancora una volta l’Azerbaigian non si smentisce e così come nel recente passato, prima di ogni suo atto aggressivo nei confronti della vicina Armenia, ricorre alla propaganda, attraverso la sua rappresentanza diplomatica in Italia, inviando ai vari organi di stampa lettere e interviste false costruite ad hoc nel tentativo di “sverginare” la già compromessa reputazione del paese.

Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” nel denunciare questa nuova azione destabilizzante contro un Paese membro del Consiglio d’Europa, guarda con favore alle iniziative diplomatiche volte a risolvere rapidamente la situazione (da ultimo le parole del presidente francese Macron) e invita, in primis gli organi di comunicazione a prestare attenzione a non diventare cassa di risonanza di notizie e informazioni errate di un paese che figura agli ultimi posti nella graduatoria della libertà di stampa e in secondo luogo le istituzioni italiane a condannare questa politica di aggressione turco-azera che rischia di innescare una nuova pericolosa crisi nel Caucaso meridionale.

 

Consiglio per la comunità armena di Roma

www.comunitaarmena.it

Armenia-Azerbaigian: colloquio fra Putin e premier Pashinyan su incidente al confine (Agenzianova 14.05.21)

Mosca, 14 mag 09:14 – (Agenzia Nova) – Il presidente russo, Vladimir Putin, ha parlato al telefono con il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, per discutere della situazione al confine tra Azerbaigian e Armenia. Lo ha riferito l’ufficio stampa del Cremlino. “Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica con il premier ad interim della Repubblica di Armenia Nikol Pashinyan. La discussione è proseguita sulla situazione relativa al Nagorno-Karabakh. Durante uno scambio di opinioni sul recente incidente al confine armeno-azero, Putin ha sottolineato la necessità di rispettare rigorosamente tutte le disposizioni delle dichiarazioni dei leader di Russia, Armenia e Azerbaigian del 9 novembre 2020 e dell’11 gennaio di quest’anno, prima di tutto in termini di stretta osservanza del regime di cessate il fuoco”, si legge nella nota. (Rum)

Alta tensione tra Armenia e Azerbaijan (Euronews 14.05.21)

Il leader armeno Nikol Pashinyan ha accusato le truppe azere di aver sconfinato nel paese in una nuova escalation di tensioni a pochi mesi dall’esplosione di violenza sul Nagorno-Karabakh.

“Questa è un’infiltrazione sovversiva”, ha detto Pashinyan a una riunione straordinaria del suo consiglio di sicurezza, secondo quanto riportato da un comunicato ufficiale.

Secondo Pashinyan, l’Azerbaigian cercherebbe di “assediare” il lago Sev, che è condiviso dai due paesi, uno sconfinamento a cui l’esercito armeno avrebbe risposto con “adeguate manovre tattiche”.

Baku ha respinto le accuse come “provocatorie” e il ministero degli Esteri ha dichiarato: “Le guardie di confine stanno occupando posizioni che appartengono all’Azerbaigian nei distretti di Lachin e Kalbajar“. “Siamo impegnati ad allentare le tensioni nella regione e chiedere misure in questa direzione”.

Nel frattempo, il presidente francese Emmanuel Macron ha invitato le truppe azere “a ritirarsi immediatamente”.

La Francia co-presiede il gruppo di Minsk, insieme a Stati Uniti e Russia, che mira a trovare una soluzione pacifica al conflitto tra i due paesi sulla regione del Nagorno-Karrabakh.

Washington ha fatto sapere a sua volta di star “seguendo da vicino” la situazione.

“Comprendiamo che la comunicazione tra le parti è in corso ed esortiamo alla moderazione nella de-escalation della situazione in modo pacifico”, ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, su Twitter.

In un comunicato, il Cremlino ha fatto sapere come Vladimir Putin, nel corso di una telefonata con Pashinyan, abbia “sottolineato la necessità di rispettare rigorosamente” l’accordo di tregua raggiunto a novembre.

“Il presidente della Russia ha riaffermato l’impegno per un’ulteriore mediazione attiva e stretti contatti con Yerevan e Baku nell’interesse di garantire la stabilità nella regione”, prosegue il comunicato.

Il ministero degli Esteri russo aveva detto in precedenza che Sergey Lavrov aveva parlato per telefono con il suo omologo azero Jeyhoun Baeramov del “deterioramento della situazione”.

La lettura di Mosca della chiamata dice che i due ministri hanno sottolineato la “necessità di una stretta osservanza del cessate il fuoco”.

Le tensioni tra i due paesi continuano a montare dalla fine di una guerra negli anni ’90 sul Nagorno-Karabakh.

La recrudescenza dell’anno scorso è stata la più violenta da decenni, con un conflitto di 44 giorni che ha lasciato 5.000 morti e decine di migliaia di sfollati.

Si è concluso a novembre con una tregua mediata dalla Russia che ha visto l’Armenia costretta a cedere un territorio significativo all’Azerbaigian, innescando così turbolenze e richieste di cambiamento anche a Yerevan.

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Lo sterminio armeno, una ferita aperta, una strage di cristiani (riccardiandrea.it 13.05.21)

La Turchia continua a negare l’eliminazione pianificata, più di cento anni fa, del popolo di fede cristiana

Più di cento anni fa, durante la Prima guerra mondiale, nei territori dell’Impero ottomano avvenne la strage degli armeni: per gli armeni stessi e per vari Paesi del mondo, cui si è aggiunto il recente sostegno del presidente degli Stati Uniti Biden, si tratta di un genocidio. Papa Francesco ne ha parlato come di genocidio. Si dibatte sul suo riconoscimento anche da parte dell’Italia.

La Turchia, fin dalla fondazione della Repubblica nel 1923, si è decisamente opposta a questa definizione: nel 1915 e negli anni successivi non sarebbe avvenuta una strage degli armeni, voluta dal gruppo allora al potere a Istanbul, i Giovani Turchi. Anzi, gli armeni avrebbero collaborato con il nemico russo. E poi, in quegli anni tumultuosi, armeni e turchi sarebbero morti nel caos della guerra. Questa la tesi sostenuta in Turchia a tutti i livelli. Nel 2014, l’allora primo ministro Erdogan, il 24 aprile, anniversario del genocidio, inviò le condoglianze ai discendenti dei caduti nell’intento di «ricordare questo periodo doloroso con una memoria giusta». Ma la posizione ufficiale turca non ha avuto evoluzioni.

Quelle stragi hanno fatto scomparire un popolo di un milione e più di armeni, che viveva da secoli in simbiosi con i musulmani ottomani, con stragi e marce della morte fino al deserto siriano. Per gli armeni è Metz Yeghern, il Grande Male, che ha spazzato via tante comunità dalla terra dove avevano sempre vissuto, distrutto monumenti, incorporato il vasto patrimonio degli armeni. Questi, in quanto non musulmani e con un’identità culturale e religiosa propria, non sembravano assimilabili al progetto di ristrutturazione etnica dell’Impero.

Così partì il piano di eliminazione, con deportazioni, uccisioni, conversioni forzate, specie di donne e bambini, e la loro assimilazione nelle famiglie turche e curde. La lotta all’armeno divenne lotta al cristiano, per motivare quei musulmani dell’Anatolia che non ragionavano in termini nazionalisti.

Gli armeni erano accusati di nazionalismo. Ma questa accusa non poteva essere rivolta agli altri cristiani.

Qual era il nazionalismo dei cristiani siriaci, anch’essi coinvolti nelle stragi? Furono uccisi nel Tur Abdin, la terra dove vivevano da più di un millennio. Con loro morirono anche i caldei (cattolici), i siro-cattolici, gli armeno-cattolici, i cristiani assiri. Una strage di cristiani. Non pochi di essi, specie donne e bambini, furono costretti a vivere nelle famiglie musulmane come mogli, serve o servi. I cristiani islamizzati sarebbero tra i 100 e i 200 mila.

Il giornalista armeno Hrant Dink, direttore a Istanbul del settimanale bilingue, turco e armeno, Agos, sosteneva che bisogna superare lo stallo del pensiero turco negazionista e della memoria armena per fondare un vivere insieme tra armeni e turchi in Turchia, e tra quest’ultima e l’Armenia. Nel 2007 è stato ucciso.

Ma non sono tramontate le speranze che la memoria di tanti dolori sia riconosciuta. Intanto la Chiesa cattolica sta riconoscendo alcune figure di martiri, come monsignor Maloyan, vescovo armeno di Mardin, che rifiutò la conversione all’islam. Ma, in quella tragedia, i nomi di molti restano sconosciuti. È Metz Yeghern: il Grande Male.

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 16/5/2021

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ARMENIA: EREVAN DENUNCIA INFILTRAZIONI MILITARI BAKU (Adnkronos 13.05.21)

Ambasciata a Roma, Azerbaigian viola diritto internazionale
Roma, 13 mag. (Adnkronos) – L’Armenia denuncia l’infiltrazione nel proprio territorio di militari delle Forze armate dell’Azerbaigian nella zona di confine della regione di Syunik (nell’area del lago Sev, delle montagne Mets Ishkhanasar e Tsghuk). Lo denuncia l’ambasciata armena a Roma, secondo cui ieri, in violazione del diritto internazionale, le truppe azere sono avanzate per circa 3-4 chilometri in territorio armeno, concentrandole nella zona del Lago Sev e sulle colline adiacenti. Sono stati, inoltre, identificati altri gruppi che si sono posizionati nelle aree circostanti. Secondo alcune informazioni, nell’area del lago Sev, si troverebbero circa 150 militari azeri e altri 250 nell’area del villaggio Ishkhanasar.
Queste operazioni si stanno svolgendo nel contesto delle esercitazioni militari che si terranno in Azerbaigian dal 16 al 20 maggio che, secondo le informazioni ufficiali, coinvolgeranno circa 15.000 militari. L’annuncio sulle esercitazioni militari è stato diffuso solo il 12 maggio, circostanza costituisce un’ennesima violazione delle pertinenti disposizioni del Documento di Vienna, si legge in una nota dell’ambasciata.
L’Armenia auspica, da parte dei Paesi partner e amici, una reazione immediata, nonché un intervento attivo, compreso un’influenza diretta sull’Azerbaijan, affinché cessi le palesi azioni provocatorie e le incursioni nel territorio della Repubblica d’Armenia, afferma la rappresentanza di Erevan.La Repubblica d’Armenia, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, si riserva il diritto di proteggere la propria sovranità e l’integrità territoriale con tutti i mezzi disponibili.
Qualora le truppe di Baku non si ritirassero dal territorio della Repubblica d’Armenia entro un breve e ragionevole lasso di tempo, la parte azera si assumerà la piena responsabilità per la successiva escalation, si legge nella nota dell’ambasciata.