Novantesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Azerbajgian si prepara alla guerra in Armenia e Artsakh, che vogliono la pace. Il riferimento alla festa di Nowruz (Korazym 11.03.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.03.2023 – Vik van Brantegem] – Di fronte alle accuse dell’Azerbajgian – non provate, infondate e inverosimili – che l’Armenia contrabbanda armi e truppe nell’Artsakh, il Nagorno Karabakh Observer ritiene che l’Azerbajgian stia seriamente prendendo in considerazione un’altra operazione militare contro il restante territorio della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e possibilmente consolidare le sue conquiste territoriali all’interno dell’Armenia vera e propria.

L’Azerbajgian ha intensificato la retorica militare durante un “incontro di servizio” del Ministro della Difesa , il Colonnello Generale Zakir Hasanov, con funzionari e ufficiali militari di alto livello, durante il quale ha affermato: «Il nostro esercito deve adottare misure preventive contro le possibili minacce dell’Armenia, che sta cercando di creare tensioni artificiali nella regione, e deve rispondere adeguatamente se necessario. (…) Nei giorni della festa di Nowruz [*], sono stati assegnati compiti specifici per mantenere ad alto livello lo stato di prontezza al combattimento delle unità e per aumentare ulteriormente la vigilanza del personale coinvolto nel servizio di combattimento». Inoltre, Hasanov ha fatto esplicito riferimento alla dichiarazione del Presidente della Repubblica di Azerbajgian e Comandante in Capo delle Forze Armate dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, del 2023 come “Anno del Heydar Aliyev” nella Repubblica di Azerbajgian. Qualcosa vorrà pur dire.

[*] Nowruz è una festa di capodanno globale molto significativa e attesa, che si verifica durante l’equinozio di primavera, annunciando l’arrivo della primavera e simboleggiando la rinascita e il rinnovamento della natura. La festa del Nowruz (tradotto “nuovo giorno”) è una delle festività più antiche dell’umanità e, sebbene possa essere spesso chiamata capodanno persiano, precede l’impero persiano e può essere fatta risalire a 5000 anni fa alle civiltà sumera e babilonese. Nowruz inizia il 20 marzo o il 21 marzo, sull’equinozio di primavera, quando i giorni e le notti hanno la stessa lunghezza, con i giorni che si allungano a significare l’arrivo del clima più mite. Il 30 settembre 2009 Nowruz è stato inserito nella Lista del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO e il 23 febbraio 2010 le Nazioni Unite hanno dichiarato il 21 marzo Giornata Internazionale del Nowruz. È celebrata da oltre 300 milioni di persone in tutto il mondo, tuttavia principalmente in Iran, Afghanistan, regioni curde dell’Iraq, Turchia, Siria, India e in tutta l’Asia centrale. La festa del Nowruz mira a promuovere i valori di pace, amicizia e armonia, unendo l’umanità in tutto il mondo. E cosa significa questo secondo la retorica di Aliyev, gli Armeni lo sanno.

Per quanto riguarda il #ArtsakhBlockade, entrato nel 90° giorno dell’assedio dell’Azerbajian di 120.000 Armeni etnici della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, nessun cambiamento di rilievo nella situazione. Ieri 10 marzo 2023, l’Azerbajgian ha nuovamente bloccato la fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh. Artsakhgas ha invitato gli utenti dell’Artsakh “a seguire scrupolosamente le norme di sicurezza”, perché queste interruzioni ad intermittenza costituiscono un grave pericolo e in passato si sono verificati già incidenti seri. L’Azerbajgian continua con le provocazioni militari, sia con le violazioni del cessate il fuoco, che con le accuse non provate, infondate e inverosimili».

Dopo le classiche disinformazioni e fake news dirette contro l’Armenia e l’Artsakh, ora cresce la tensione anche tra Azerbajgian e Iran, con Baku che accusa Teheran di una provocazione, in riferimento ad «un volo di un aereo militare [dell’Iran] per più di mezz’ora vicino ai territori liberati dell’Azerbajgian [**]»

È la prima volta che si vede l’Iran, e non l’Armenia, essere menzionato in modo negativo, come in questa Dichiarazione congiunta del Ministero degli Esteri e del Ministero della Difesa della Repubblica di Azerbaigian: «L’11 marzo 2023, dalle ore 09.44 alle 10.26, un aereo militare appartenente alla Repubblica Islamica dell’Iran ha effettuato un volo senza scalo lungo il confine di stato dell’Azerbajgian e dell’Iran dalla direzione del distretto di Zangilan al distretto di Bilasuvar e viceversa [**]. L’aereo ha volato tra i due Paesi a una distanza di 3-5 km dal confine di Stato e in alcuni casi oltre il confine di Stato. Contrariamente alla pratica accettata a livello internazionale di avvertire in anticipo il Paese vicino dell’avvicinamento di aerei militari al confine di Stato, una tale vicinanza di un aereo militare della Repubblica Islamica dell’Iran al confine di Stato tra i due Paesi e sorvolare la linea di confine minaccia la sicurezza dell’aviazione civile e deteriora ulteriormente le relazioni bilaterali. Il volo di un aereo militare per più di mezz’ora vicino ai territori liberati dell’Azerbajgian [**] è una provocazione e un comportamento ostile nei confronti dell’Azerbajgian. Ricordiamo che l’anno scorso la parte iraniana ha anche condotto esercitazioni militari su larga scala lungo il fiume Araz vicino ai confini dell’Azerbajgian. Condanniamo fermamente la parte iraniana per un passo così provocatorio, li esortiamo a fornire una spiegazione appropriata e ad astenerci da tali passi conflittuali in futuro. L’11 marzo, l’Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran presso la Repubblica di Azerbaigian, Seyyed Abbas Mousavi, è stato convocato al Ministero degli Esteri della Repubblica di Azerbaigian, al quale è stata presentata una corrispondente nota di protesta».

[**] Territori della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh occupati dall’esercito azero con la guerra dei 44 giorni di fine 2020.

Ieri il Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh ha comunicato che tra le ore 19.10 e le 19.40, unità delle forze armate dell’Azerbajgian hanno violato il cessate il fuoco in direzione nord della linea di contatto utilizzando armi leggere. Non ci sono state vittime da parte armena a causa della violazione del cessate il fuoco. La violazione del cessate il fuoco è stata segnalata al comando delle truppe russe di mantenimento della pace.

Non permettere che la storia si ripeta. «Siamo condannati al perenne ritorno dell’uguale? Io credo che la storia non sia la ruota del criceto. Esiste un margine di libertà, esiste l’imprevisto: Dio non se ne sta sopra le nubi liceo come un re fannullone» (Renato Farina).

Ieri abbiamo riferito [QUI], che il Capo di Stato Maggiore delle Forze di Terra della NATO, il Tenente Generale turco Mustafa Oğuz, in visita ufficiale in Azerbajgian, ha preso conoscenza dell’hardware militare lì, oltre a discutere della cooperazione e delle relazioni militari bilaterali – di cui abbiamo anche riferito ieri – con il Ministro della Difesa della Repubblica di Azerbajgian, Colonnello Generale Zakir Hasanov, e con il Primo Vice Ministro della Difesa – Capo di Stato Maggiore Generale dell’Esercito dell’Azerbajgian, il Colonnello Generale Karim Valiyev, discutendo della cooperazione militare bilaterale, della situazione nel Nagorno-Karabakh e del confine dell’Azerbajgian con l’Armenia.

Secondo il Nagorno Karabakh Observer, la base militare dell’Azerbajgian visitata ieri dal Capo di Stato Maggiore delle Forze di Terra della NATO, il Tenente Generale turco Mustafa Oguz, era vicino al villaggio di Perekeshkul, noto anche per ospitare missili quasi balistici di tipo Lora e Polonez (utilizzati durante la guerra dei 44 giorni del Nagorno-Karabakh di fine 2020). «Una notizia del 28 luglio 2020, poco prima la guerra in Nagorno Karabakh che mostra le truppe turche in visita alla base in quello che sembrava essere il più grande dispiegamento di truppe turche in Azerbaigian fino a quel momento: “Truppe turche appena arrivate avvistate presso l’Accademia militare di Heydar Aliyev nella città di Nakhchevan. Altre truppe turche sono arrivate in nell’Azerbaigian continentale, in una base militare vicino al villaggio di Perekeshkul, 20 km a est di Baku» (Nagorno Karabakh Observer).

L’Azerbajgian ha intensificato la retorica militare durante un’incontro del Ministro della Difesa con funzionari e ufficiali militari di alto livello, durante il quale ha affermato: «Il nostro esercito deve adottare misure preventive contro le possibili minacce dell’Armenia, che sta cercando di creare tensioni artificiali nella regione, e deve rispondere adeguatamente se necessario». Il rapporto si concludeva con la necessità/l’ordine di aumentare le capacità di combattimento e la prontezza attraverso l’addestramento, la necessità di adottare misure per contrastare qualsiasi provocazione e ulteriori istruzioni per aumentare il lavoro di ingegneria nelle aree controllate dall’ex Karabakh ora sotto il controllo militare azero: «L’11 marzo si è tenuta una riunione di servizio sotto la guida del Ministro della Difesa, il Colonnello Generale Zakir Hasanov. All’incontro hanno partecipato viceministri, comandanti di truppa, capi di dipartimento, dipartimenti e servizi del ministero, comandanti di unità militari, nonché comandanti di unità militari tramite collegamento video. In primo luogo, la memoria del leader nazionale del popolo azero, Heydar Aliyev, e dei figli della Patria, martirizzati per la libertà e l’integrità territoriale delle nostre terre, è stata commemorata con un minuto di silenzio. Il Ministro della Difesa ha trasmesso ai partecipanti alla riunione i compiti fissati dal Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Comandante in Capo delle Forze Armate, Sig. Ilham Aliyev, davanti all’Esercito dell’Azerbajgian. Sono state analizzate in dettaglio le condizioni operative lungo il confine di stato condizionale tra l’Azerbajgian e l’Armenia e nella regione economica del Karabakh. È stato affermato che è inammissibile per l’Armenia effettuare trasporti militari e rotazione del personale per le forze armate armene illegali che soggiornano nei territori sovrani dell’Azerbajgian, dove è temporaneamente di stanza il contingente russo di mantenimento della pace, che è stato ripetutamente osservato dalle unità del nostro esercito. Il ministro della Difesa ha osservato che d’ora in poi dovrebbe continuare l’osservazione continua delle attività dell’altra parte, compresi i gruppi armati armeni illegali. Il nostro esercito deve adottare misure preventive contro le possibili minacce dell’Armenia, che sta cercando di creare tensioni artificiali nella regione, e deve rispondere adeguatamente se necessario. È stato riferito che l’esercito azero prenderà le misure assolutamente necessarie per prevenire qualsiasi provocazione. Il Colonello Generale Z. Hasanov ha dato istruzioni concrete alle forze armate in merito all’effettiva applicazione delle armi e dell’equipaggiamento da combattimento di nuova adozione da parte del personale e durante l’esecuzione dei compiti di combattimento. Al fine di aumentare ulteriormente la professionalità del personale militare e la capacità di combattimento delle unità, è stato sottolineato che occorre prestare particolare attenzione all’organizzazione degli addestramenti in conformità con le reali condizioni di combattimento. È stata rilevata l’importanza di osservare le norme di sicurezza e di adottare le misure necessarie contro il fuoco durante l’esecuzione dei compiti di combattimento di servizio. Nei giorni della festa di Nowruz, sono stati assegnati compiti specifici per mantenere ad alto livello lo stato di prontezza al combattimento delle unità e per aumentare ulteriormente la vigilanza del personale coinvolto nel servizio di combattimento. Successivamente, sono stati ascoltati rapporti sulle misure adottate nell’esercito dell’Azerbajgian sulla base del piano approvato dal Ministro della Difesa in relazione all’attuazione del relativo Decreto del Presidente della Repubblica di Azerbajgian sulla dichiarazione del 2023 come “Anno del Heydar Aliyev” nella Repubblica di Azerbajgian, e sono state date istruzioni ai funzionari competenti per continuare le attività in questa direzione. Il Ministro della Difesa ha trasmesso ai partecipanti all’incontro le richieste riguardanti le condizioni sociali e familiari, nonché le cure mediche. Dando istruzioni sul mantenimento dello stato morale e psicologico dell’Esercito dell’Azerbajgian, nonché dello spirito combattivo ad alto livello, il Ministro ha sottolineato l’importanza di trattare sempre il personale con cura e attenzione. Alla fine, sono state date istruzioni pertinenti per aumentare l’intensità delle misure ingegneristiche eseguite nelle aree liberate».

«Il Ministero della Difesa dell’Azerbaigian ha pubblicato filmati che sostiene dimostrano che l’Armenia trasporta truppe in posizioni nel Nagorno-Karabakh accompagnate dalle forze di mantenimento della pace russe. Filmato sgranato, geolocalizzazione non possibile, veicoli e contenuti non identificabili. Inoltre, non ci sono prove chiare che l’Armenia sostenga i suoi parenti etnici nel Nagorno Karabakh politicamente, figuriamoci militarmente, con le sue stesse forze armate allo sfascio negli ultimi anni a causa della disattenzione. Pertanto, più del contrabbando di armi e combattenti reali, riteniamo che l’Azerbajgian stia seriamente prendendo in considerazione un’altra operazione militare contro il restante territorio del Nagorno Karabakh, e possibilmente consolidare le sue conquiste territoriali all’interno dell’Armenia vera e propria» (Nagorno Karabakh Observer).

«Il movimento di veicoli militari che trasportavano personale di unità delle forze armate armene e gruppi armati armeni illegali accompagnati dal contingente di mantenimento della pace russo sulla strada terrestre Khankendi-Khalfali-Turssu è stato registrato dagli strumenti di sorveglianza tecnica delle nostre unità.
Nei video presentati, si osserva chiaramente che il movimento dei veicoli militari delle unità delle forze armate armene e dei gruppi armati armeni illegali sulla rotta menzionata è accompagnato dal veicolo da combattimento ZTR-82A appartenente al contingente russo di mantenimento della pace e alla sicurezza del personale portato in posizione di combattimento è chiaramente osservato.
Dichiariamo che il trasporto di carichi militari dall’Armenia alla regione economica del Karabakh dell’Azerbajgian dovrebbe essere immediatamente interrotto e che i gruppi armati armeni illegali dovrebbero essere disarmati e rimossi dal nostro territorio il prima possibile.
Il comando del contingente russo di mantenimento della pace di stanza temporaneamente sul territorio dell’Azerbajgian deve comprendere la propria responsabilità in questo processo e adempiere ai propri obblighi senza fallo.
Tali attività illegali, che si verificano regolarmente, rendono necessario stabilire un valico di frontiera e un punto di controllo dell’Azerbajgian all’ultimo punto del confine tra Azerbajgian e Armenia della strada di Lachin» (Ministero della Difesa dell’Azerbajgian).

Ieri 10 marzo 2023, l’Ambasciatore della Russia in Armenia S.P. Kopyrkin ha effettuato una visita di lavoro nella regione di Gegharkunik. Nell’ambito del viaggio, S.P. Kopyrkin ha incontrato il governatore della regione K.V. Sargsyan. Durante il viaggio, S.P. Kopirkin ha visitato le regioni di confine della regione di Gegharkunik, che hanno sofferto durante i tragici eventi del 13-14 settembre 2022. K.V. Sargsyan e un rappresentante delle forze armate armene hanno informato il capo della missione diplomatica sulla situazione attuale in alcune sezioni del confine armeno-azerbaigiano, così come la situazione socio-economica negli insediamenti vicini.

Ieri abbiamo riferito che il nuovo Ambasciatore degli Stati Uniti in Armenia, Kristina A. Kvien, ha visitato l’ingresso del Corridoio di Lachin (Berdzor) al Nagorno-Karabakh sul lato armeno, vicino al villaggio di Tegh. Ha scritto in un post su Twitter: «Il Corridoio Lachin è chiuso al traffico normale da quasi tre mesi. Il Governatore di Syunik, Ghukasyan, ha riferito degli effetti del blocco in corso, compreso l’impatto su centinaia di famiglie separate. Il Corridoio di Lachin dovrebbe essere aperto immediatamente».

Si tratta di un altro caso in cui entrambi gli Ambasciatori USA e Russia visitano il confine dell’Armenia con l’Azerbaigian, questa volta secondo quanto riferito lo stesso giorno (era a 1 giorno di distanza nel settembre 2022) nella regione di Gegharkunik. 29 settembre 2022: “Così sia gli ambasciatori russi che statunitensi in Armenia hanno visitato le zone di confine con l’Azerbajgian a un giorno di distanza l’uno dall’altro. Non sono sicuro che l’uno sia il risultato dell’altro, ma arriva durante il 2° anniversario della guerra del Nagorno-Karabakh”» (Osservatore del Nagorno Karabakh).

Siamo ovviamente lieto che dopo 3 mesi di blocco e il recente ordine legalmente vincolante della Corte Internazionale di Giustizia all’Azerbajgian di aprire il Corridoio di Lachin, che l’Ambasciatore degli Stati Uniti abbia rilasciato una dichiarazione in merito. Non siamo sicuro a cosa serva in concreto postare sui social media o fare dichiarazioni per aprire il confine, perché gli Stati Uniti potrebbero aprire il confine nel prossimo minuto se lo volessero davvero. Tuttavia, l’USA ha deciso di fare ricorso a dichiarazioni ha escluso di intraprendere qualsiasi tipo di azione (incluso sanzioni) perché l’azione potrebbe essere pericolosa. Ma è ovvio che l’inerzia, in questo caso, sarà di gran lunga peggiore poiché è in gioco la stabilità regionale del Caucaso meridionale.

Tutti i segnali indicano che l’Azerbajgian è pronto ad entrare in guerra con l’Armenia e l’Artsakh. Proteste e manifestazioni si verificano in Georgia. La Russia è impegnata in una guerra logorante in Ucraina ed è preoccupata che Paesi come la Georgia e l’Armenia sembrano allontanarsi dalla Russia e di adottare un approccio filo-occidentale. Le dinamiche di potere di questa regione cambieranno sicuramente a seguito della terribile guerra in Ucraina e la domanda è quale nazione assumerà il presumibile vuoto di potere che rimarrà con un minore coinvolgimento russo nella regione.

In riferimento alle voci sulle dimissioni del Presidente della Repubblica di Artsakh, Araik Harutyunyan non ha alcuna intenzione di sottrarsi alla responsabilità assunta in condizioni difficili

In riferimento alle notizie che sono circolate nei giorni scorsi sui social media e sulla stampa circa presunti scontri tra funzionari dell’Armenia e dell’Artsakh, tensioni intergovernative nell’Artsakh, vari processi di divisione politica, licenziamenti e dimissioni in Artsakh, Lusine Avanesyan, Portavoce del Presidente della Repubblica di Artsakh, in merito alla questione delle dimissioni del Presidente Arayik Harutyunyan, l’argomento più discusso tra queste notizie in circolazione, ha affermato che in questa fase difficile per la Repubblica, il Presidente continua a svolgere le sue funzioni. «Soprattutto in questo periodo, qualsiasi sconvolgimento interno può essere devastante per l’Artsakh e il Presidente escluderà tali situazioni all’interno della sua autorità. Il Presidente ha affrontato più volte pubblicamente il tema delle sue dimissioni e le sue parole restano valide, cioè, si dimetterà alla prima occasione, quando sarà possibile assicurare un normale cambio di potere ed evitare pericolosi rivolgimenti. Arayik Harutyunyan non ha alcuna intenzione di evitare la responsabilità assunta in condizioni così difficili», ha affermato Avanesyan. Riferendosi al tema dei rapporti con le autorità della Repubblica di Armenia, assicura che proseguono i rapporti di lavoro e il confronto. «Tuttavia, indipendentemente dalle discussioni e dai processi interni, il Presidente Harutyunyan è convinto che la divisione e l’aumento della tensione tra le diverse parti del popolo armeno siano inaccettabili e pericolosi», ha sottolineato il Portavoce del Presidente della Repubblica di Artsakh.

Se non esiste uno Stato di Artsakh, non ci sarà uno Stato armeno

Nell’ambito della conferenza “Futuro armeno” a Yerevan, Aram Abrahamyan, oratore pubblico e giornalista, membro del comitato di esperti del forum “Futuro armeno”, ritiene che essere incentrati sull’Armeno significhi unirsi attorno alle entità statali dell’Armenia e dell’Artsakh. “Per favore credetemi, se non esiste uno Stato di Artsakh, non ci sarà uno Stato armeno. È un assioma per me”, ha detto Aram Abrahamyan durante la conferenza.
Abrahmyan ha detto che in commissione sono stati discussi tre gruppi di problemi, sui quali non è stata organizzata una votazione, lasciando alla conferenza la decisione finale.
“La prima questione che è stata discussa, è capire chi è un Armeno”. Indipendentemente dalla composizione del sangue, indipendentemente dal fatto che sia allo zero per cento di etnia armena o al cento per cento di etnia armena, è una persona pronta a partecipare alle agende armene, che sono diverse non solo per la Repubblica di Armenia, ma per qualsiasi agenda armena generalmente. Abbiamo Armeni al 100% che non partecipano a nulla, e ci sono persone di nazionalità straniera che non sono armene al 100%, ma partecipano. Cos’è l’Armenia? L’Armenia è la Repubblica di Armenia, la Repubblica di Artsakh. E questo è ciò che ogni Armeno considera la sua patria”, ha detto Abrahamyan.
Passando alla domanda su cosa sia la diaspora, Abrahamyan ha osservato che non è una struttura che può diventare una sorta di rappresentazione con cui l’Armenia, come Stato, l’Artsakh come Stato, può comunicare. “La diaspora è una combinazione di strutture. La croce che portiamo, nel mio approccio soggettivo, testimonia non solo la fede, ma anche l’essere parte di una squadra. Perché la maggior parte degli Armeni sono battezzati come figli della Chiesa Apostolica Armena”, ha detto Abrahamyan.
Per quanto riguarda ciò che deve essere fatto per la protezione dell’Armenia, Abrahamyan ha affermato: “Per tutti noi che viviamo in Armenia, dovrebbe essere una questione di dignità nazionale, per la quale nessuno dovrebbe risparmiare sforzi, ogni cittadino armeno dovrebbe considerarlo suo dovere. È come avere un esercito armeno, pagare le tasse in Armenia, obbedire alle leggi dell’Armenia. È necessario conoscere il posto delle persone che si sentono armene, che sono nella diaspora e sono diversi specialisti. È necessario sapere dove si trova l’architetto, il fisico, il chimico, lo specialista informatico, pronto a contribuire alla prosperità del Paese. Molti dicono che l’unica salvezza del popolo armeno sta nell’unità, ma in realtà sta nella forza collettiva. Unità significa pensare allo stesso modo. Dobbiamo essere una forza collettiva, una squadra di persone che la pensano diversamente. Solo i principi dovrebbero essere sviluppati congiuntamente”.
Aram Abrahamyan ha sottolineato che è il lavoro che può unire: “Giustamente, si parla molto di reciproca sfiducia tra gli Armeni e i nostri compatrioti della diaspora. La sfiducia reciproca è superata dall’azione. Quando facciamo un lavoro, troviamo persone specifiche e organizzazioni specifiche che possono svolgere un lavoro. E se quel lavoro congiunto ha successo, la sfiducia è spezzata. La sfiducia non si supera e la fiducia non si crea solo parlando”, ha detto Abrahamyan.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh hanno il diritto di vivere liberi e in democrazia nella loro Patria (Korazym 11.03.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 11.03.2023 – Vik van Brantegem] – Segue una sommaria sintesi di alcuni recenti sviluppi nel Caucaso meridionale relativi a Iran, Azerbajgian, Israele, Armenia e Artsakh, di cui abbiamo riferito nei giorni scorsi, per introdurre un contributo dell’Iniziativa italiana per l’Artsakh, che sottolinea il davvero straordinario fatto che la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh sia molte volte più democratico e libero dell’Azerbajgian. A questo va aggiunto, che l’Azerbajgian è classificato 127 su 180 Paesi nell’indice di protezione ambientale 2020, eppure Aliyev ha il coraggio di inviare “eco-attivisti” assoldati per bloccare, con false motivazioni “ambientaliste”, l’unica strada tra l’Artsakh e il resto del mondo.

L’Azerbajgian è una società così malata, c’è così tanto odio nella società azera, che non potrà scomparire nemmeno dopo poche generazioni. L’odio anti-armeno orchestrato dallo Stato azero non riconosce donne, bambini, anziani. Serve come promemoria, in riferimento soltanto ad una delle centinaia di ragioni per cui l’auto-determinazione del popolo dell’Artsakh non ha alternative.

Le dichiarazioni a sostegno delle rivendicazioni illegali dell’Azerbajgian sull’Artsakh equivalgono a indulgenza nei confronti della politica criminale di pulizia etnica azera, basata sulla negazione dei diritti inalienabili del popolo armeno dell’Artsakh alla vita, alla auto-determinazione, alla libertà, alla democrazia.

Ani è una città armena medievale in rovina e disabitata situata nella provincia di Kars in Turchia, vicino al confine con l’Armenia. Un tempo era la capitale di un regno armeno medievale che copriva gran parte dell’attuale Armenia e dell’Armenia orientale invasa. Chiamata la Città delle 1001 chiese, Ani si trovava su varie rotte commerciali e i suoi numerosi edifici religiosi, palazzi e fortificazioni erano tra i più strutture tecnicamente e artisticamente avanzate nel mondo. Famosa per il suo splendore e la sua magnificenza, Ani è stata abbandonata e in gran parte dimenticata per secoli. Non importa come, l’Armenia sopravviverà sempre.
  • Una delegazione della NATO, guidata dal Capo di Stato Maggiore delle Forze di Terra della NATO, il Tenente Generale turco Mustafa Oğuz, in visita nell’Azerbajgian.
  • Il Ministro dell’Intelligence dello Stato di Israele, Gila Gamliel, incontra il Presidente dell’Azerbajgian.
  • Il quotidiano israeliano Haaretz afferma che l’Azerbajgian ha permesso al Mossad di istituire un ramo avanzato per monitorare ciò che sta accadendo in Iran, vicino dell’Azerbajgian e ha persino preparato un aeroporto destinato ad aiutare Israele nel caso decidesse di attaccare i siti nucleari iraniani; il nuovo Ambasciatore dell’Azerbaigian in Israele, Mukhtar Mammadov, nega che l’Azerbajgian abbia preparato un aeroporto per assistere Israele e che Israele non possa utilizzare i suoi aeroporti per attaccare l’Iran.
  • Il Ministro della Difesa degli Stati Uniti in visita in Israele.
  • L’intelligence statunitense ha riferito della crescente minaccia che l’Iran nei confronti sia di Israele che degli Stati Uniti.
  • Oggi il Ministero della Difesa e il Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian accusano l’Iran di far volare intenzionalmente aerei militari lungo il suo confine vicino ai “territori liberati” (cioè, occupati) dell’Artsakh-Nagorno-Karabakh.
  • L’Azerbajgian intensifica la retorica militare durante l’incontro del Ministro della Difesa con funzionari e ufficiali militari di alto livello, durante il quale ha affermato la necessità di adottare “misure preventive contro l’Armenia per evitare qualsiasi provocazione”; l’Azerbajgian continua a minacciare gli Armeni, diffondendo in modo aggressivo disinformazione su Artsakh e Armenia, cercando pretesti per nuove aggressioni e una nuova guerra, mentre continua a intrappolare 120.000 Armeni nel genocida #ArtsakhBlockade da 90 giorni.
  • Avendo perso nei civili campi diplomatici e legali, il regime genocida di Aliyev prepara una nuova aggressione contro l’Artsakh e l’Armenia, mentre ignora palesemente l’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia di revocare il #ArtsakhBlockade.
  • L’Azerbajgian diffonde nuovamente disinformazione secondo cui una colonna militare delle Forze Armate dell’Armenia, scortata dalle forze di mantenimento della pace russe, sarebbe transitata lungo la strada sterrata Stepanakert-Ghaybalishen-Lisagor; l’Armenia non mantiene alcuna presenza militare nel Nagorno-Karabakh dichiara il Ministero della Difesa dell’Armenia.
  • La disinformazione azera procede in marcia alta in preparazione di un’imminente aggressione.
Gli Armeni sono Cristiani.
Il Cristianesimo fu introdotto per la prima volta dagli apostoli Bartolomeo e Taddeo nel I secolo d.C. L’Armenia divenne il primo Paese a stabilire il Cristianesimo come religione di Stato quando, in un evento tradizionalmente datato al 301 d.C., San Gregorio l’Illuminatore convinse Tiridate III, Re di Armenia, a convertirsi al Cristianesimo.

Come sarebbe possibile?
Iniziativa italiana per l’Artsakh, 11 marzo 2023

Chissà se il Presidente Sergio Mattarella, prima di inviare un messaggio di congratulazioni al Nizami Ganjavi International Center per l’apertura del Global Baku Forum (“Posso confermare con grande piacere che ogni anno il lavoro svolto dal vostro Centro è volto a promuovere la cooperazione e il dialogo per una reciproca comprensione e la pace”), avrà dato un’occhiata al Report 2023 di “Freedom House” appena uscito, che compara le libertà civili e politiche nel mondo.

Fonte: Freedom in the world 2023 – Freedom House [QUI].

Lui – e tutti i politici e giornalisti che trattano l’Azerbajgian come un Paese “normale” o un “partner affidabile” (cit. Ursula von der Leyen) – si sarebbero accorti della situazione del Paese che l’Istituto colloca tra gli ultimi quindici in una classifica di 190 Stati (compresi quelli non riconosciuti): 2 punti 40 in termini di diritti politici, 7 su 60 per quelli civili per un aggregato di soli 9 punti in una scala di valori che va da 0 a 100 dove 100 rappresenta la massima espressione di libertà.

Nello stesso report, all’Artsakh/Nagorno-Karabakh viene dato un punteggio di 37, che non è poco considerato che parliamo di una entità in quasi permanente stato di conflitto. Meglio di Turchia (32), Russia (16), Iran (12). L’Armenia registra 54 e la Georgia 58.

Ora, come potrebbe mai essere tollerabile che una popolazione di 120.000 abitanti, oltretutto odiata e combattuta dalla leadership azera, che vive oggi in condizioni di quasi libertà, possa essere costretta a essere suddita in un regime tra i peggiori al mondo?

Cosa ne pensano certi “difensori dei diritti umani” che anche in Italia non disdegnano mai di partecipare a eventi organizzati dall’Ambasciata azera in Italia, per nulla scandalizzati di comparire a fianco dei rappresentanti di un regime tra i peggiori al mondo?

Cosa ne pensano quei giornalisti e politici nostrani che vanno parlando di “integrazione”, di “modello Alto Adige”, di “pace e convivenza” ignorando i diritti di un popolo?

Noi Italiani da quale parte vogliamo stare? Tra quelli che difendono i diritti e le libertà a prescindere o tra coloro che ritengono che gli affari energetici siano più importanti di ogni valore?

Chiediamo solidarietà!

Gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh hanno il diritto di vivere liberi e in democrazia nella loro Patria.

Postscriptum
Da Armeno ad Armeno

«E la gestualità armena, che significa così tanto. Lo schiaffo al ginocchio, ruggendo dalle risate. La maledizione. La sottile presa in giro del mondo con le sue grandi idee. La parola in armeno, lo sguardo, il gesto, il sorriso e attraverso queste cose la rapida rinascita della razza, senza tempo e ancora forte, sebbene siano passati anni, sebbene le città siano state distrutte, i padri, i fratelli e i figli uccisi, i luoghi dimenticati, i sogni violati, i cuori palpitanti fatti neri dall’odio.
Mi piacerebbe vedere un qualsiasi potere del mondo distruggere questa razza, questa piccola tribù di gente insignificante, la cui storia è finita, le cui guerre sono state tutte combattute e perse, le cui strutture si sono sgretolate, la cui letteratura è non letta, la cui musica è sconosciuta, le cui preghiere non sono più recitate.
Vai avanti, distruggi questa razza. Diciamo che è di nuovo il 1915. C’è una guerra nel mondo. Distruggi l’Armenia. Vedi se riesci a farlo. Mandali dalle loro case nel deserto. Lascia che non abbiano né pane né acqua. Brucia le loro case e le loro chiese. Vedi se non vivranno di nuovo. Vedi se non ridono di nuovo. Vedi se questa razza non vivrà ancora quando due di loro si incontrano in una birreria, vent’anni dopo, e ridono, e parlano nella loro lingua. Vai avanti, vedi se puoi fare qualcosa al riguardo. Vedi se riesci a impedire loro di prendere in giro le grandi idee del mondo, figli di puttana, un paio di armeni che parlano nel mondo, vai avanti e cerca di distruggerli» (William Saroyan, “The Armenian and the Armenian”, scritto nell’agosto del 1935 a New York, da “Inhale & Exhale”, Random House 1936).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Un Albero dei Giusti per Armin Wegner, l’uomo che raccontò il genocidio armeno (Infovercelli24 10.03.23)

Un albero, nel giardino dei Giusti del Parco Iqbal Masih, per ricordare Armin Wegner, attivista tedesco per i diritti umani e documentarista del genocidio armeno.

A precedere la cerimonia di messa a dimora sarà, alle 11, l’incontro con l’ambasciatrice armena Tsovinar Hambardzumyan, ospite del Comune di Vercelli: la cerimonia si apre al Salone Dugentesco, con la celebrazione della Giornata dei Giusti e prosegue poi nell’area di corso Marconi alla presenza degli studenti.

Wegner, morto a Roma nel 1978, fu militare, attivista e scrittore tedesco: con fotografie e scritti documentò la drammatica situazione degli Armeni, a inizio secolo, e la loro eliminazione per mano dei turchi di cui testimone diretto, riuscendo a entrare nei campi in cui la popolazione civile veniva deportata. Complessivamente si calcola in circa un milione e mezzo di morti il numero delle vittime della persecuzione. Una pagina taciuta per moltissimi anni e che segnò profondamente la vita di Wegner. Negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale, Wegner manifestò la propria opposizione, a rischio della vita, alle politiche antisemite dei nazisti, trovandosi poi costretto a una vita da esule. Anche nel secondo dopoguerra, quando il muro del silenzio sulla tragedia armena viene rotto per la prima volta, Wegner continua la sua opera di testimone, accompagnato da un rimpianto profondo per ciò che poteva essere e non è stato. È il prezzo paga per non rinunciare a pensare, a giudicare, per  aver scelto di opporsi al male e di mettere il rispetto di sé e la ricerca della verità al primo posto.

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Gli otto nuovi eroi nel Giardino dei Giusti. Salvatori e salvati, il ricordo dei veneziani

Azerbaijan e armeni del Karabakh, negoziati a rischio (Osservatorio Balcani e Caucaso 10.03.23)

In una rara occasione pubblica, il primo marzo si sono incontrati i funzionari dell’Azerbaijan e della regione separatista del Nagorno Karabakh, popolata principalmente da armeni. L’incontro, supervisionato dal maggiore generale Andrey Volkov, comandante del contingente di peacekeeping russo incaricato di far rispettare la dichiarazione di cessate il fuoco del novembre 2020, ha fatto intravedere uno spiraglio nei negoziati.

Inoltre, per la prima volta, Baku aveva designato un rappresentante speciale, il deputato Ramin Mammadov, per parlare con i rappresentanti di quelle che fino a quel momento aveva considerato autorità de facto illegittime e separatiste che si oppongono al potere su quello che la comunità internazionale considera territorio sovrano azerbaijano. Di fronte a lui c’era il segretario de facto alla sicurezza nazionale del Karabakh, Samuel Shamranyan.

“Questa è la prima volta che un rappresentante politico incontra gli armeni del Karabakh”, afferma Ahmad Alili, direttore del Caucasus Policy Analysis Centre (CPAC) con sede a Baku. “Fino a questo momento abbiamo avuto solo momenti in cui gli armeni del Karabakh e [funzionari minori e tecnici] azerbaijani hanno tenuto riunioni su vari argomenti come la gestione dell’acqua, questa volta ci sono i rappresentanti politici”.

Ad accompagnare Mammadov c’erano membri di uno speciale gruppo di monitoraggio incaricato di sondare lo sfruttamento delle risorse naturali dell’Azerbaijan. Questo presunto sfruttamento sarebbe anche la ragione dietro il blocco di fatto dello strategico Corridoio di Lachin, in atto da oltre 87 giorni a causa delle azioni di sedicenti attivisti ambientalisti sostenuti dal governo.

Al momento, il trasporto di aiuti umanitari e medici lungo il percorso è limitato ai veicoli appartenenti al contingente russo di peacekeeping e al Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC). La questione del Corridoio di Lachin ha dominato il recente incontro tra i funzionari azerbaijani e quelli di etnia armena.

Fra le questioni discusse nella riunione del 1° marzo anche la riparazione e il ripristino della fornitura di energia elettrica dall’Armenia al Karabakh e la fornitura ininterrotta di gas naturale che passa anche attraverso il territorio dell’Azerbaijan. Tuttavia, secondo alcuni media, Mammadov avrebbe anche sollevato la questione della reintegrazione della popolazione di etnia armena del Karabakh nell’Azerbaijan vero e proprio.

Le autorità de facto del Karabakh hanno immediatamente smentito tali affermazioni affermando che la delegazione si è rifiutata di discutere la questione con Mammadov e chiede ancora l’indipendenza dall’Azerbaijan. Inoltre, il 7 marzo, la leadership de facto del Karabakh ha persino affermato che Baku avrebbe minacciato “passi più drastici” se tali aspirazioni non fossero abbandonate.

“Voglio affermare ancora una volta che non è solo una decisione del Consiglio di sicurezza, ma la stragrande maggioranza del nostro popolo accetta che non devieremo dal nostro diritto all’indipendenza e all’autodeterminazione”, ha detto Arayik Harutyunyan, presidente del Karabakh non riconosciuto e assediato. “E questo significa che nel prossimo futuro avremo diversi sviluppi e situazioni che dovremo affrontare”.

Né la comunità internazionale né la Repubblica di Armenia sostengono tali richieste: Yerevan si concentra solo sulle garanzie per i diritti e la sicurezza della popolazione etnica armena. Pertanto, Alili ritiene che “l’Azerbaijan voglia cooperare con il Karabakh e Baku voglia mostrare che esiste la possibilità di coesistenza”.

Tuttavia, eventuali speranze che fosse finalmente messo in atto qualche meccanismo di dialogo tangibile tra le parti sono state deluse pochi giorni dopo. Il 5 marzo, due soldati azerbaijani e tre poliziotti armeni sono rimasti uccisi in uno scontro a fuoco scoppiato nella regione separatista. Ciascuna parte incolpa l’altra per quella che è stato il più grave episodio di violenza in Karabakh quest’anno.

L’Azerbaijan sostiene che i poliziotti del Karabakh stavano trasportando armi, mentre la parte armena accusa Baku di aver orchestrato l’incidente, arrivando addirittura a definirlo “terrorismo”. In una dichiarazione del 7 marzo, il ministero della Difesa dell’Azerbaijan ha minacciato di prendere “misure decise e necessarie utilizzando tutte le possibilità per disarmare e neutralizzare uomini armati illegalmente”.

In questa quadro, molti sono ora scettici sulla prospettiva di colloqui tra Baku e Stepanakert, capitale di fatto della regione separatista.

“Questo recente attacco ha decisamente influenzato [i colloqui del primo marzo]”, ha detto a Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa Benyamin Poghosyan, direttore del Centro per gli studi strategici politici ed economici (CPES) con sede a Yerevan. “Non solo l’attacco, ma anche l’ultimatum dell’Azerbaijan di sciogliere la forza di difesa del NK e stabilire un checkpoint su Lachin o altrimenti [affrontare] nuovi attacchi”.

“Credo che questo dimostri che al momento non abbiamo alcuna base per negoziati significativi tra Azerbaijan e NK, quindi non vedo come questi incontri possano continuare”, conclude.

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Ottantanovesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Risvegliamo la coscienza di fronte alla tragedia annunciata di una nuova pulizia etnica di Armeni (Korazym 10.03.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.03.2023 – Vik van Brantegem] – Nessun cambiamento di rilievo nella situazione per quanto riguarda il #ArtsakhBlockade nel 89° giorno che l’Azerbajgian mantiene in vigore il blocco dell’autostrada interstatale Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert per tutto il transito e il commercio civile dal 12 dicembre 2022. La lotta per l’apertura del Corridoio di Lachin e il riconoscimento della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh è una lotta per una causa nobile e giusta, che coinvolge anche, oltre alla sopravvivenza del popolo armeno nel Nagorno-Karabakh, la nostra stessa civiltà.

L’ingresso dal lato armeno, nel comune di Tegh, al Corridoio di Lachin, la strade della vita dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Il Ministero della Difesa della Repubblica di Azerbajgian sta diffondendo notizie false, parlando di 23 violazioni del cessate il fuoco da parte di Armenia e Nagorno-Karabakh. Nessun dettaglio fornito, nessun infortunio riportato. I Ministeri della Difesa della Repubblica di Armenia e della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh confutano come disinformazione i rapporti dell’Azerbajgian sull’apertura del fuoco sulle loro postazioni lungo della linea di contatto.

Il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia riferisce che le forze armate dell’Azerbajgian hanno aperto il fuoco con armi leggere contro posizioni armene vicino a Verin Shorzha nella regione di Gegharkunik in Armenia, villaggio di confine ormai quasi abbandonato. Le posizioni azere si trovano a pochi km all’interno del territorio sovrano dell’Armenia, dopo le incursioni azere in quest’area del maggio 2021 e del settembre 2022. Azerbajgian accusa Armenia di aver aperto il fuoco sulle sue posizioni per “creare una falsa impressione per la missione di osservatori dell’Unione Europea” dispiegata nell’area e ha continuato affermando di aver “adottato misure di risposta [per contrastare il fuoco transfrontaliero]”.

Le accuse di una dittatura familiare fondata dal KGB, in competizione con la Corea del Nord per quanto riguarda la violazione di diritti umani, che padroneggia la disinformazione e la propaganda, che non esegue gli ordini legalmente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, non sono ricevibili.

Con l’escalation delle violazioni del cessate il fuoco dalla parte dell’Azerbajgian, non solo in Artsakh ma anche in Armenia, con l’esperienza acquisita si possa vedere la possibilità di una guerra diventare sempre più imminente. L’Azerbajgian – che non è disposte a negoziare alcun accordo su un trattato di pace e sulla questione del Karabakh, se non con le sue condizioni – sembra voler prendere in mano la situazione tramite l’intervento delle sue forze armate.

«L’Artsakh è stato riconosciuto dalla Società delle Nazioni come parte integrante dell’Armenia nel 1920 ed è stato occupato e annesso dall’Azerbajgian con l’aiuto di Russia e Turchia nel 1921, quando hanno firmato un trattato illegale di Mosca» (Margret Mirzoyan).

Viviamo in un mondo bizzarro. I difensori dei diritti umani, i capi delle agenzie delle Nazioni Unite e i leader delle democrazie posano tutti con orgoglio accanto al dittatore dell’Azerbajgian che ha privato 120.000 Armeni (tra cui 30.000 bambini) di rifornimento regolare di cibo, medicine ed energia con il genocida #ArtsakhBlockade da 3 mesi e che ha invaso il territorio sovrano dell’Armenia. Immorale.

«Il Corridoio di Lachin è ormai chiuso al traffico normale da quasi tre mesi. Il Governatore di Syunik, Ghukasyan, ha riferito degli effetti del blocco in corso, compreso l’impatto su centinaia di famiglie separate. Il Corridoio di Lachin dovrebbe essere aperto immediatamente».

Il nuovo Ambasciatore degli Stati Uniti in Armenia ha visitato l’ingresso del Corridoio di Lachin al Nagorno-Karabakh sul lato armeno, vicino al villaggio di Tegh.

Oggi 10 marzo 2023, il Presidente della Repubblica di Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha ricevuto il Ministro dell’Intelligence dello Stato di Israele, Gila Gamliel. La Presidenza della Repubblica di Israele con un comunicato informa: «Durante l’incontro è stata toccata l’importanza del 10° Global Baku Forum ed è stato sottolineato che questo evento è stato organizzato ad alto livello, che hanno partecipato politici influenti del mondo, rappresentanti di un gran numero di Paesi e organizzazioni internazionali e che il Forum ha creato una buona occasione per discutere temi di attualità. È stato affermato che le relazioni bilaterali tra l’Azerbajgian e Israele si stanno sviluppando con successo in varie direzioni ed è stata rilevata l’importanza dell’apertura dell’Ambasciata dell’Azerbajgian in Israele. Allo stesso tempo, è stato sottolineato l’incontro del Presidente Ilham Aliyev con il Ministro della Difesa dello Stato di Israele, Yoav Gallant, a München nel febbraio di quest’anno».

Il Capo di Stato Maggiore delle Forze di Terra della NATO, il Tenente Generale turco Mustafa Oğuz, in visita ufficiale in Azerbajgian, prende conoscenza dell’hardware militare lì, oltre a discutere della cooperazione e delle relazioni militari bilaterali con il Ministro della Difesa della Repubblica di Azerbajgian, Colonnello Generale Zakir Hasanov, e con il Primo Vice Ministro della Difesa – Capo di Stato Maggiore Generale dell’Esercito dell’Azerbajgian, il Colonnello Generale Karim Valiyev, discutendo della cooperazione militare bilaterale, della situazione nel Nagorno-Karabakh e del confine dell’Azerbajgian con l’Armenia.

Ieri 9 marzo 2023 il Ministro della Difesa della Repubblica di Azerbajgian, Colonnello Generale Zakir Hasanov, ha incontrato il Capo di Stato Maggiore del Comando delle Forze di Terra della NATO, Tenente Generale Mustafa Oguz, in visita ufficiale in Azerbajgian, si legge nel comunicato: «L’ospite turco ha visitato per la prima volta le tombe degli eroici figli della Patria e del martirio turco nel Vicolo dei Martiri, morti nella lotta per l’indipendenza e l’integrità territoriale del nostro Paese, e ha reso omaggio a loro deponendo dei fiori. Quindi si è tenuto un incontro presso il Ministero della Difesa. Accogliendo l’ospite, il Colonnello Generale Z. Hasanov ha espresso il piacere di vederlo nel nostro paese. Innanzitutto, il Ministro della Difesa ha ricordato di aver condiviso il dolore dei parenti di coloro che sono morti a causa del forte terremoto in Turchia, ha espresso le sue più sentite condoglianze alle loro famiglie e ha augurato la guarigione a tutti i feriti. Dicendo che il dolore della Turchia è il nostro dolore, il Ministro ha sottolineato che l’Azerbajgian è sempre con il paese fraterno. Quindi il Colonnello Generale Z. Hasanov ha informato l’ospite delle riforme attuate nell’esercito dell’Azerbajgian sotto la guida del Presidente della Repubblica di Azerbajgian, il Comandante in capo delle forze armate, il Sig. Ilham Aliyev, il lavoro svolto nei territori liberati, nonché l’attuale situazione nel confine di stato condizionale dell’Azerbajgian-Armenia e nella regione economica del Karabakh. Parlando dei successi ottenuti in collaborazione con la NATO, il Ministro della Difesa ha sottolineato l’importanza di sviluppare ulteriormente le relazioni reciproche. Il Tenente Generale M. Oguz ha espresso la sua gratitudine per il sostegno fornito dopo il terremoto. Ha pregato per la misericordia dei nostri militari che sono stati martirizzati per l’integrità territoriale dell’Azerbajgian ed ha espresso profonde condoglianze alle loro famiglie. Parlando dello stato attuale della cooperazione con l’Azerbajgian, il Capo di Stato Maggiore del Comando delle forze di terra della NATO ha espresso la sua soddisfazione per i risultati positivi raggiunti in questo campo. All’incontro è stato notato che la cooperazione militare tra Azerbajgian e NATO è di particolare importanza nel quadro del Concetto di capacità operative. Al termine, sono stati scambiati approfondimenti sulle prospettive di sviluppo delle relazioni bilaterali, nonché su altri temi di reciproco interesse».

Ieri 9 marzo 2023, il Primo Vice Ministro della Difesa – Capo di Stato Maggiore Generale dell’Esercito dell’Azerbajgian, il Colonnello Generale Karim Valiyev ha incontrato il Capo di Stato Maggiore del Comando delle Forze di Terra della NATO, il Tenente Generale Mustafa Oguz, che è in visita ufficiale in Azerbajgian, se legge nel comunicato: «Il Capo di Stato Maggiore Generale ha salutato l’ospite e ha notato lo sviluppo delle relazioni tra l’Azerbajgian e la NATO, nonché la partecipazione attiva dei rappresentanti dell’Esercito dell’Azerbajgian nell’ambito di vari programmi della NATO. All’incontro è stato molto apprezzato il contributo dell’Alleanza del Nord Atlantico alla preparazione delle nostre unità nel quadro del Concetto di capacità operative della NATO, così come sono state discusse le direzioni dell’azione congiunta contro le minacce esistenti e potenziali. Il Tenente Generale M. Oghuz ha espresso la sua soddisfazione per la sua visita nel nostro paese e ha apprezzato molto la professionalità del personale militare dell’esercito dell’Azerbajgian in tutti i settori, comprese le missioni di mantenimento della pace, nell’ambito del partenariato con la NATO. Al termine sono state discusse le prospettive di sviluppo in vari campi di cooperazione con la NATO».

Non permettere che la storia si ripeta. «Siamo condannati al perenne ritorno dell’uguale? Io credo che la storia non sia la ruota del criceto. Esiste un margine di libertà, esiste l’imprevisto: Dio non se ne sta sopra le nubi liceo come un re fannullone» (Renato Farina).

L’Azerbaigian ha organizzato un tour a quelle che definisce nuove posizioni militari nelle “aree liberate”, senza specificare quale. Nel comunicato si legge: «Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha organizzato un altro tour mediatico per i rappresentanti dei media al fine di familiarizzare con l’addestramento al combattimento e il dovere di combattimento del personale militare in servizio nelle aree liberate, nonché con le loro condizioni sociali e domestiche. I rappresentanti dei media hanno preso conoscenza delle condizioni create nelle unità e nelle posizioni di combattimento schierate in queste aree, hanno seguito le attività del personale militare, filmato e intervistato il personale militare. I militari hanno espresso la loro soddisfazione per le condizioni create per loro e si sono detti orgogliosi di prestare servizio nelle aree liberate. Nell’ambito del tour mediatico, sono stati presentati mazzi di fiori e doni a un gruppo di militari e lavoratrici civili in servizio nelle aree liberate, nonché a una giornalista che ha partecipato all’evento».

La CNN fa un servizio su un uomo anziano che è sopravvissuto mangiando cornetti, caramelle e biscotti per quasi una settimana da solo nella sua macchina, bloccato in un cumulo di neve su una desolata autostrada della California.

Incredibile, ora attendiamo un servizio su come 120.000 persone sopravvivono in Nagorno-Karabakh da 89 giorni con il #ArtsakhBlockade.

Armenia: “Risvegliamo le nostre coscienze di fronte agli inizi di una nuova pulizia etnica”
Su iniziativa del filosofo Daniel Salvatore Schiffer, una quarantina di intellettuali, tra cui Elisabeth Badinter, Edgar Morin o Dominique Schnapper, fanno appello per la difesa dell’Armenia, “una causa nobile e giusta”

Lexpress.fr, 9 marzo 2023
(Nostra traduzione italiana dal francese)

L’Armenia, Paese di dimensioni relativamente modeste ma strategicamente importante nel cuore del Caucaso, con una millenaria cultura Cristiana ma oggi fondata sulla costituzione di una democrazia laica, si vede oggi minacciata dal sempre più aggressivo imperialismo di nuove dittature, tra cui ai primi posti emerge, a poco più di un secolo dal genocidio di cui fu vittima già nel 1915 (con la strage di 1,5 milioni di suoi cittadini), la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan.

È, ancor più precisamente, la sua regione più sacra per quanto riguarda la sua dimensione storica socio-filosofica, l’Artsakh, meglio conosciuto con il nome di Nagorno-Karabakh, di cui l’integrità territoriale come anche la sovranità nazionale della stessa Armenia, divenuta indipendente nel 1991 in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, si trovano oggi, dal 2020, più direttamente in pericolo. E questo attraverso quest’altra dittatura contemporanea, quella di uno dei Paesi limitrofi, l’Azerbajgian del non meno dispotico Ilham Aliyev, braccio armato ambizioso, in questa regione dal passato tumultuoso, se non spesso doloroso, degli appetiti espansionistici, nostalgici dell’ex Impero Ottomano e quindi sempre più vorace politicamente, economicamente e militarmente, della Turchia, e ancora e sempre, di Erdoğan.

La stessa Russia, in passato, aveva sostenuto l’Armenia, ex repubblica sovietica. Ma le dittature, si sa, mutano facilmente la loro politica estera secondo i loro interessi più immediati. Inoltre, ormai impegnato nella sua guerra in Ucraina, Vladimir Putin ha dunque abbandonato al loro triste destino gli Armeni, vittime della dittatura azerbajgiana, favorendo così il miglioramento dei suoi rapporti con Erdoğan, curando i rapporti con i tiranni suscettibili di mettersi nel campo “anti-occidentale”.

Tragedia annunciata

Così, in questa stessa enclave del Nagorno-Karabakh, sempre più isolata sotto il doppio dominio totalitario dell’Azerbajgian e della Turchia, Paesi inoltre supportati da una milizia composta da qualche migliaio di jihadisti, uno più fanatico dell’altro, ci sono più di 150.000 abitanti che, ingiustamente privati delle più elementari condizioni di vita e quindi abbandonati a un destino così crudele, sono oggi costretti a subire, in un silenzio sorprendentemente assordante, se non a una quasi generale indifferenza del resto del mondo, i sanguinari inizi di una nuova, ennesima, pulizia etnica.

Da qui, appunto, questo appello, urgente e solenne, che noi, firmatari di questa petizione, umanisti innamorati di questi valori morali e principi universali che sono la libertà, la giustizia e la tolleranza, rivolgiamo ai governi delle nostre democrazie più illuminate, e in particolare quelli dell’Unione Europea, dove anche la diaspora armena è considerevole, affinché essi giungano ad un aiuto più concreto, più efficace e senza ulteriori indugi in considerazione del crescente pericolo per queste migliaia di civili innocenti, all’Armenia.

Ci appelliamo infine quindi qui, di fronte a questa tragedia, comunque annunciata, anche al risveglio delle nostre coscienze: è qui, questo imperativo morale sotto forma di aiuto umano, per una causa nobile e giusta, che coinvolge anche, oltre alla sopravvivenza del popolo armeno nel Nagorno-Karabakh, la nostra stessa civiltà!

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Armenia-Vaticano, l’ambasciatore Nazarian: “Relazioni positive anche grazie al dialogo politico di alto livello” (AgenziaNova 10.03.23)

Le relazioni Armenia-Santa Sede hanno sempre avuto dinamiche positive e si sono contraddistinte per il dialogo politico ad alto livello basato non solo sui valori cristiani ma anche su un comune patrimonio storico e spirituale e su approcci fortemente simili alle sfide del mondo moderno. Lo ha dichiarato l’ambasciatore della Repubblica d’Armenia presso la Santa Sede Garen Nazarian, in un’intervista ad “Agenzia Nova”. “Le visite e gli incontri reciproci ad alto livello sono la prova di un dialogo efficace e significativo tra i nostri Stati. L’anno scorso abbiamo celebrato il 30mo anniversario dell’instaurazione delle nostre relazioni diplomatiche: è stata l’occasione per riaffermare l’interesse e lo sforzo di ambo le parti ad ampliare e approfondire costantemente il dialogo bilaterale. L’istituzione dell’ambasciata armena nel 2013 mirava a raggiungere proprio tale obiettivo. Abbiamo accolto con favore la reciprocità di questo passo da parte del Vaticano e l’apertura della nunziatura apostolica a Erevan nel 2021 è un segno di impegno per promuovere i legami politici, spirituali e culturali esistenti”, ha spiegato l’ambasciatore. “La ferma determinazione del governo armeno a portare avanti l’agenda della costruzione di una pace duratura nella regione, escludendo la violenza, l’uso della forza e la sua minaccia, in linea con la fede e i valori cristiani, deve confrontarsi con l’Azerbaigian. Quest’ultimo vuole portare avanti le sue istanze massimaliste con ogni mezzo, con dichiarazioni e azioni guerrafondaie e armenofobe da parte della sua leadership. Apprezziamo e ci aspettiamo dichiarazioni più mirate dai nostri partner internazionali in merito all’inammissibilità e alla condanna dell’aggressione in corso e dei crimini di guerra dell’Azerbaigian durante la guerra dei 44 giorni contro il Nagorno-Karabakh e nel periodo post bellico. In questo contesto apprezzo molto gli sforzi della Santa Sede per tutelare la pace, la sicurezza, i diritti umani e le libertà fondamentali e salvaguardare i valori spirituali e culturali nelle relazioni internazionali”, ha aggiunto Nazarian.

L’ambasciatore si è soffermato sulla situazione relativa al Corridoio di Lachin, la strada di montagna che collega l’Armenia con l’Artsakh (l’autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh). “L’Azerbaigian ha illegalmente bloccato per più di 80 giorni il corridoio di Lachin. L’obiettivo di questa operazione è di sfollare i 120 mila armeni che rimangono ancora in Nagorno-Karabakh. Insomma, l’Azerbaigian prosegue la sua politica di spopolamento del Nagorno-Karabakh sottoponendo gli armeni del Nagorno-Karabakh ad una pulizia etnica. Per prevenirla occorre una condanna mirata da parte della comunità internazionale e, assieme, l’applicazione di meccanismi internazionali adeguati”, ha detto Nazarian. “Ancora oggi, ignorando le decisioni dei tribunali internazionali, l’Azerbaigian continua palesemente a distruggere, profanare e vandalizzare monumenti e luoghi di culto armeni di valore storico-culturale, con il fine di cancellare ogni traccia armena nei territori caduti sotto il suo controllo. Allo stesso tempo porta avanti ai massimi livelli la propaganda d’odio verso gli armeni, con lo scopo di impedire alle due nazioni di superare le ostilità”, ha aggiunto l’ambasciatore.

In questi giorni, peraltro, ricorreva l’anniversario del massacro di Sumgait, un evento drammatico della storia dell’Armenia. “La comunità internazionale aveva già avuto prova e conferma delle innumerevoli atrocità del governo Azerbaigiano contro l’indifesa popolazione armena. Trentacinque anni fa, dal 27 e al 29 febbraio 1988, tra l’incoraggiamento da una parte e l’indifferenza criminale delle autorità Azerbaigiane dall’altra, si compirono i massacri degli armeni di Sumgait: centinaia furono gli armeni uccisi – inclusi bambini, donne, anziani – mentre migliaia furono dislocati con la forza e costretti con la forza a lasciare le loro case. Quei massacri, pianificati da tempo dalle autorità azerbaigiane, furono eseguiti per reprimere brutalmente ogni forma di lotta civile della popolazione del Nagorno-Karabakh di vivere in pace e con dignità nella sua patria storica”, ha spiegato Nazarian. “Un simile crimine di massa, compiuto per ragioni di identità nazionale, ha ricevuto una risposta globale ed è stato condannato dalla comunità internazionale, comprese le risoluzioni adottate dal Parlamento europeo. Ciononostante i veri pianificatori e autori del crimine non furono considerati colpevoli ma, grazie anche all’impunità e all’indulgenza di cui godettero, scatenarono una nuova ondata di armenofobia e intolleranza, con la conseguenza di nuovi pogrom e stragi di armeni a Baku, Kirovabad e in altre aree popolate dell’Azerbaigian. A seguito di questi eventi a dir poco sanguinosi, centinaia di migliaia di armeni furono costretti a lasciare in fretta le loro case, abbandonando dietro possedimenti e proprietà. Durante tutti questi anni non hanno mai potuto esercitare i loro diritti violati”, ha detto l’ambasciatore. “Quanto è accaduto dopo ha dimostrato che i crimini delle autorità azerbaigiane sinora raccontati non erano singoli episodi ma chiari esempi di armenofobia di matrice statale. Allo stesso tempo il loro protrarsi ha obbligato a un esodo forzato decine di migliaia di armeni delle regioni di Shahumyan e Getashen e, come risultato della Guerra dei 44 giorni del 2020, anche dalle regioni di Hadrut, Shushi e da quelle circostanti”, ha aggiunto il rappresentante diplomatico.

Da alcuni giorni è stata inviata una missione civile in Armenia per monitorare il confine con l’Azerbaigian, un’iniziativa che dovrebbe contribuire alla sicurezza nella regione. “Apprezziamo molto la decisione del dispiegamento da parte dell’Ue di una missione civile di monitoraggio a lungo termine in Armenia (Euma) e siamo disponibili a fornire il massimo sostegno per il regolare avvio e l’ulteriore funzionamento della missione. Facendo seguito all’attività della precedente missione a breve termine dell’UE, l’attuale missione è essenziale per quel che concerne la sicurezza degli esseri umani sul territorio e per salvaguardare la stabilità al confine orientale dell’Armenia. Ci aspettiamo che la missione contribuisca alla pace nella regione e garantisca la sicurezza della popolazione nelle aree confinanti con l’Azerbaigian”, ha concluso l’ambasciatore Nazarian.

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A Vercelli per la Giornata dei Giusti l’Ambasciatrice d’Armenia in Italia, Tsovinar Hambardzumyan (Vercelli 10.03.23)

La Giornata dei giusti dell’umanità (da calendario il 6 marzo, ma le celebrazioni coinvolgono tutta la settimana n.d.r.) è stata celebrata oggi a Vercelli al Salone Dugentesco per poi proseguire, come da tradizione, al Giardino dei Giusti cittadino dove è stato piantumato un albero in memoria di Armin Wegner, documentarista del genocidio armeno e l’ospite d’eccezione è stata l’Ambasciatrice d’Armenia in Italia Tsovinar Hambardzumyan.

Presenti numerose autorità civili, militari e religiose.

Gli studenti del Liceo Musicale Lagrangia hanno suonato l’inno nazionale armeno diretti dalla Professoressa Barbara Dellavalle, a seguire l’inno nazionale italiano è stato cantato dal coro della Scuola Santa Giovanna Antida diretto dalla maestra Alessandra Zozzi.

Ha introdotto la cerimonia il Sindaco di Vercelli Andrea Corsaro “è un onore avere come ospite l’ambasciatrice dell’Armenia, siamo qui per dare conoscenza alle giovani generazioni del primo genocidio del novecento, quello armeno, che per troppo tempo è stato negato, non portato a conoscenza, tutti noi crediamo nei valori della libertà e della democrazia, oggi è una giornata di sensibilizzazione molto importante”.

A seguire è intervenuto l’onorevole Emanuele Pozzolo che ha ribadito l’importanza di portare alla luce i fatti “oggi vogliamo ricordare insieme a tanti giovani qualcosa che per molto tempo è stato negato e sottaciuto, riteniamo che la libertà troppo spesso sia stata attaccata, soprattutto accade a tanti cristiani in tutto il mondo, ed in questo momento anche in Armenia. Non è un esercizio di mera memoria scolastica, ma è una lotta per la difesa della libertà per i cristiani d’Armenia, che si combatte nel silenzio della comunità internazionale”.

Continua sul tema l’onorevole Andrea Delmastro “l’Armenia è stata la prima ad adottare il cristianesimo come religione di stato. Se non si comprende il genocidio armeno è difficile comprendere gli altri genocidi del Novecento, è stato il primo genocidio di massa organizzato da uno stato ai danni di una comunità etnica e religiosa. Oggi è una giornata importante, ancora oggi il popolo armeno soffre e noi dobbiamo ricordare alla comunità internazionale che prima degli interessi economici esistono altri valori e principi quali la difesa dei diritti, primo quello religioso, il diritto alla sovranità e all’indipendenza dei popoli, l’Armenia ancora oggi sanguina per rivendicare la libertà di professare la religione in cui crede”.

L’Assessore Regionale alla Cooperazione decentrata internazionale Maurizio Marrone ha portato i saluti della Regione Piemonte.

Ha preso poi la parola l’Ambasciatrice Tsovinar Hambardzumyan, che ha ringraziato molto per l’invito, ha ripercorso la storia dei giardini dei giusti, sottolineando e ad annoverando gli armeni che sono ricordati nei giardini dei giusti e ha sottolineato la vicinanza che hanno dimostrato le istituzioni italiane nei confronti del suo popolo.

A seguire è intervenuto il Professor Marco Ruffilli con un’interessante relazione dal titolo “Il genocidio a lungo invisibile”.

La cerimonia si è poi spostata al parco Iqbal Masik, Giardino dei Giusti della Città di Vercelli, dove sono intervenuti il Prefetto di Vercelli Lucio Parente, il Console Onorario della Repubblica d’Armenia in Italia Pietro Kuciukian, la professoressa Annamaria Samuelli co-fondatrice di Gariwo, Maria Cristina Patrosso Consigliere Provinciale.

Gli studenti del Liceo Artistico classe IV B dell’Istituto Lagrangia, seguiti professoressa Enza Scileppi, hanno esposto il loro lavoro su Armin Wegner.

E’ stato poi messo a dimora l’albero in memoria di Armin Wegner ed è stata apposta la targa realizzata dagli studenti del Liceo artistico – Istituto Lagrangia coordinati dalla professoressa Daniela Fontanesi.

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La soluzione pacifica del conflitto tra Armenia e Azerbajgian necessità il riconoscimento dell’autodeterminazione dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh #StopArtsakhBlockade (Korazym 10.03.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.03.2023 – Vik van Brantegem] – La minaccia dell’Azerbajgian di aggressione militare e pulizia etnica della popolazione armena indigena del Nagorno-Karabakh rimane estremamente critica. Se non impedita, costituirà un altro duro colpo per l’ordine internazionale, scrive Sossi Tatikyan oggi su EVN Report. Inoltre, riassume gli argomenti di cui abbiamo trattato nei giorni scorso nella cronaca quotidiano sul #ArtsakhBlockade, che stiamo curando dall’inizio, il 12 dicembre 2022 [QUI].

Al riguardo, Louis Bono, il co-Presidente statunitense del gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Collaborazione in Europa, Consigliere senior per i negoziati sul Caucaso del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ha detto in un intervista dell’8 marzo 2023 con Karlen Aslanyan per Azatutyun, il servizio armeno di Radio Liberty [QUI], che la questione del Nagorno-Karabakh farà parte del processo di pace tra Armenia e Azerbajgian: «Per avere un accordo di pace sostenibile, duraturo ed equilibrato, deve includere il Nagorno-Karabakh, e ci impegniamo a portarlo a termine. Riconosciamo la sua importanza. Prima di tutto, il Nagorno-Karabakh farà parte del processo di pace. Penso entrambe le parti lo hanno accettato. Ma, come ho già detto, non siamo qui per imporre condizioni su alcun accordo. È importante che le parti stesse raggiungano un accordo. Siamo ottimisti di poter lavorare con le parti, ma non sarà facile. Richiederà molto duro lavoro e impegno da tutte le parti».

L’imperativo delle garanzie internazionali per la sicurezza e i diritti in Nagorno-Karabakh
di Sossi Tatikyan [*]
EVN Report, 9 marzo 2023
(Nostra traduzione italiana dall’inglese – I link nel testo originale)

L’imboscata dell’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh (Artsakh) il 5 marzo 2023, che ha provocato l’uccisione di tre poliziotti del Nagorno-Karabakh e seguita dall’uccisione di due militari delle forze armate azere, indica la maggiore volatilità della situazione della sicurezza nel Nagorno-Karabakh che si aggiunge al deterioramento della sua situazione umanitaria dopo quasi tre mesi di blocco.

Questa è l’ennesima violazione da parte dell’Azerbajgian della dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2020. Dalla fine della guerra del 2020, le principali violazioni in Nagorno-Karabakh includono l’occupazione nel dicembre 2020 degli ultimi due villaggi, un antico monastero e una montagna strategica nella regione di Hadrut; l’occupazione di un villaggio e di un’altra collina strategica nella provincia di Askeran nel marzo 2022; un’offensiva militare che ha provocato vittime vicino al percorso originale del Corridoio di Lachin nell’agosto 2022, costringendo la parte armena a cambiare prematuramente il percorso verso un percorso alternativo meno sicuro; e il blocco in corso del Corridoio di Lachin dal 12 dicembre 2022. Oltre a questo, ci sono stati episodi di omicidi, il rapimento e l’intimidazione di civili mentre svolgevano attività lavorative o di sostentamento, e il sistematico blocco della fornitura di gas ed elettricità dall’Armenia, con conseguenti livelli allarmanti di uso eccessivo dell’energia idroelettrica del bacino idrico di Sarsang.

Il Nagorno-Karabakh ha visto due guerre su larga scala – nel 1988-1994 e nel 2020 – e la più piccola guerra dei quattro giorni di aprile nel 2016, per imporre una soluzione militare al conflitto. La minaccia di oppressione e pulizia etnica della sua popolazione indigena armena è alta e la comunità internazionale ha la responsabilità di prevenirla. Le autorità dell’Armenia hanno ribadito la necessità di una missione conoscitiva internazionale nel Corridoio di Lachin e nel Nagorno-Karabakh e garanzie internazionali per la sicurezza e i diritti degli Armeni del Nagorno-Karabakh.

Campagna di disinformazione come strumento di guerra ibrida

Quest’ultimo incidente è stato accompagnato da un’aggressiva campagna di disinformazione da parte del corpo diplomatico azero, esperti e altri utenti dei social media, e minacce esplicite da parte delle autorità azere per ulteriori provocazioni da seguire. Senza alcuna prova, gli organismi ufficiali dell’Azerbajgian di solito diffondono disinformazione sul trasferimento di armi e munizioni dall’Armenia al Nagorno-Karabakh prima di un’altra e più ampia provocazione. Tuttavia, video e foto dell’incidente e delle sue conseguenze dimostrano che il microbus preso di mira, che trasportava quattro poliziotti con documenti e una pistola di servizio nel veicolo, stava viaggiando all’interno del Nagorno-Karabakh per un turno di servizio. Anche la missione di mantenimento della pace russa ha pubblicato un comunicato e immagini che lo confermano.

Inoltre, due giorni prima dell’imboscata, le forze armate azere hanno violato il cessate il fuoco e sparato contro le telecamere di sorveglianza della forza di autodifesa del Nagorno-Karabakh nella stessa area, molto probabilmente con l’obiettivo di nascondere la vera natura dell’attacco pianificato. Funzionari azeri e utenti privati azeri affermano su Twitter che i poliziotti civili, Armeni locali del Nagorno-Karabakh sono “residui dell’esercito armeno” o “forze armate armene illegali”, e talvolta anche “terroristi”, in violazione della dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco e l’Azerbajgian ha il diritto di “eliminarli”. Pertanto, deliberatamente non riconoscono la distinzione tra le forze armate dell’Armenia e la forza di autodifesa locale del Nagorno-Karabakh, mentre l’Armenia non ha più forze armate nel territorio e la forza di difesa del Nagorno-Karabakh non è vietata in linea con la dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco. Non riconoscono nemmeno la distinzione tra la forza di autodifesa locale e la polizia civile. Pertanto, loro stessi violano la dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco, attraversando la linea di contatto e uccidendo il personale della polizia civile armena del Nagorno-Karabakh.

In generale, agitazione guerrafondaia, disinformazione e false narrazioni contro l’Armenia e gli Armeni nel Nagorno-Karabakh sono articolate nelle comunicazioni della leadership politica e del corpo diplomatico, nonché di personaggi pubblici, esperti e utenti abituali dei social media azeri. Twitter è diventato uno strumento per la guerra ibrida per l’Azerbajgian, utilizzato per diffondere infinite false narrazioni vecchie e nuove sull’Armenia e il Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian ha anche iniziato a organizzare viaggi sponsorizzati di giornalisti e influencer stranieri in Azerbajgian, scegliendo quelli che non hanno conoscenza delle complesse dinamiche della regione e del conflitto, presentando loro la propaganda azera durante i tour. Le destinazioni hanno incluso il Corridoio di Lachin, dove dal febbraio 2021 è stato impedito l’ingresso nel territorio a giornalisti e ONG internazionali e anche ai giornalisti armeni non è stato consentito l’accesso al Corridoio di Lachin dall’inizio del blocco.

In una sessione plenaria “Muovere Montagne? Costruire la sicurezza nel Caucaso meridionale” organizzata alla Conferenza sulla sicurezza di München il 18 febbraio, il Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev ha pronunciato un discorso contenente le solite narrazioni aggressive dell’Azerbajgian contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, simile a propaganda di guerra, mentre il discorso del Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan è stato costruttivo, riconciliante e orientato alla pace.

Motivazioni della provocazione

L’agenda dell’Azerbajgian è continuare a capitalizzare le sue vittorie militari contro gli Armeni, vale a dire sia il Nagorno-Karabakh che la Repubblica di Armenia nel 2020-2022. Tuttavia, attualmente si sente limitato a lanciare nuove offensive militari o l’annessione strisciante della Repubblica di Armenia dall’ottobre 2022 a causa del dispiegamento di missioni conoscitive dell’Unione Europea a breve e lungo termine in Armenia nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune schierate dopo l’annessione dall’Azerbajgian di almeno 150 kmq di territorio dell’Armenia vera e propria. Anche se l’Azerbajgian e la Russia mettono in discussione la legittimità della missione dell’Unione Europea in Armenia, essa è stata istituita nel territorio della Repubblica di Armenia su richiesta del governo armeno, con la decisione del Consiglio dell’Unione Europea sulla base del consenso di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. Pertanto ha una leva politica e funge da deterrente morbido.
Di conseguenza, l’Azerbajgian ha reindirizzato le sue azioni militari contro il Nagorno-Karabakh, che è più vulnerabile in quanto entità statale de facto non riconosciuta che rivendica l’autodeterminazione, sotto la protezione di un contingente di mantenimento della pace russo unilaterale basato sulla dichiarazione trilaterale tra Azerbajgian, Armenia e Russia, senza un mandato internazionale dell’ONU o dell’OSCE.
L’Azerbajgian mira a raggiungere una serie di obiettivi a breve, medio e lungo termine dal 12 dicembre 2022, quando ha bloccato il Corridoio di Lachin. Quasi nessuno crede alla favola delle motivazioni ambientaliste delle proteste degli pseudo-attivisti. Aliyev sembra ormai aver capito che Baku non potrà strappare all’Armenia un corridoio extraterritoriale in cambio dell’apertura del Corridoio di Lachin, che era un obiettivo strategico di questa performance. Molto probabilmente per salvare la faccia, nel suo discorso alla Conferenza sulla sicurezza di München, ha escluso i negoziati con il Ministro di Stato del Nagorno-Karabakh, Ruben Vardanyan, che è stato licenziato poco dopo. Tuttavia, come hanno sottolineato le autorità dell’Artsakh e la comunità di esperti liberi dell’Armenia, il licenziamento probabilmente derivava da ragioni politiche interne e non era correlato alla richiesta di Aliyev.
L’Azerbajgian sta ancora cercando di raggiungere i suoi altri obiettivi:

Installare un checkpoint nel Corridoio di Lachin, in aggiunta ai posti di blocco già esistenti del contingente russo di mantenimento della pace, che non risolverebbe la questione della libertà di movimento tra Nagorno-Karabakh e Armenia ma la aggraverebbe ulteriormente, in quanto potrebbe portare ad un accresciuto senso di insicurezza. Come documentato da osservatori internazionali, le autorità azere sono così repressive da praticare persino la repressione transnazionale verso gli attivisti azeri critici nei confronti del governo azero. In tal caso, non è difficile immaginare come i servizi di sicurezza azerbajgiani che controllano qualsiasi checkpoint tratterebbero gli Armeni del Nagorno-Karabakh. Molto probabilmente porterà ad arresti arbitrari di funzionari armeni del Nagorno-Karabakh di organi di autogoverno locale e uomini in età di mobilitazione militare, e molestie nei confronti di donne e bambini come manifestato nell’incidente di intimidazione di minori che tornarono dall’Armenia al Nagorno- Karabakh il 17 gennaio. Allo stesso tempo, le autorità dell’Artsakh hanno discusso con i rappresentanti dell’Azerbajgian la possibilità di screening a raggi X all’ingresso del corridoio, che è anche in linea “con lo spirito di trasparenza su ciò che viene trasportato sulla strada di Lachin”.
Alla fine, spopolare gli Armeni dell’Artsakh dalla loro terra ancestrale, un’intenzione manifestata nella dichiarazione del Presidente azero Aliyev del 10 gennaio secondo cui “chi non vuole diventare nostro cittadino, la strada non è chiusa, è aperta”, implicando che solo l’ingresso al territorio è chiuso e si incoraggiano gli Armeni ad andarsene. Le autorità azere possono anche sperare che una volta aperto il corridoio, una parte significativa della popolazione armena se ne vada volontariamente. La scelta tra vivere nella propria patria indigena e vivere una vita normale dipenderà dal livello di resilienza degli Armeni nel Nagorno-Karabakh, che l’Azerbajgian sta cercando di sfondare attraverso il blocco.
È probabile anche la possibilità di uno scenario peggiore di pulizia etnica attraverso l’aggressione militare e i massacri, soprattutto sulla base della storia dei massacri degli Armeni a Shushi nel 1920; Sumgait e Kirovabad (ora Ganja) nel 1988 e Baku nel 1990; Operazione “Koltso” (Anello) che ha effettuato la pulizia etnica di Shahumyan, Getashen e Martunashen nel 1991; il massacro di Maragha nel 1992; e crimini di guerra commessi durante la guerra del 2020, come la tortura e l’uccisione di civili che erano rimasti ad Hadrut.
Nonostante le critiche significative contro l’Azerbajgian, la sessione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul blocco del Corridoio di Lachin, convocata il 23 dicembre 2022, non ha portato all’adozione di una dichiarazione. Secondo fonti armene e azere, Russia, Albania ed Emirati Arabi Uniti hanno bloccato l’adozione della bozza di dichiarazione proposta dalla Francia. Baku ha anche citato il Regno Unito tra i paesi contrari, nonostante la dichiarazione critica del rappresentante del Regno Unito presso le Nazioni Unite sollecitando l’apertura del corridoio. Mentre il fallimento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel raggiungere un consenso non è una grande sorpresa nell’attuale situazione globale e regionale polarizzata, l’Azerbajgian ha presentato il fallimento di una dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite come la sua vittoria diplomatica su Armenia e Francia… Tuttavia, dichiarazioni, appelli e le mozioni dei principali attori della comunità internazionale, tra cui Nazioni Unite, Unione Europea, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, Stati Uniti, Francia, Parlamento Europeo, Consiglio d’Europa e altri, che condannano il blocco e sollecitano l’Azerbajgian a revocarlo, sono continuate per tutto gennaio e febbraio.

Il 23 febbraio, l’Azerbajgian ha subito una doppia sconfitta legale presso la Corte Internazionale di Giustizia. La richiesta dell’Armenia di misure provvisorie è stata parzialmente soddisfatta, cosa più importante, il tribunale ha ordinato all’Azerbajgian di “prendere urgentemente tutte le misure a sua disposizione per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio Lachin in entrambe le direzioni”. La Corte ha respinto all’unanimità anche la contro-richiesta dell’Azerbajgian per misure provvisorie basata sull’affermazione che “l’Armenia stava sponsorizzando o sostenendo l’installazione di mine antiuomo e trappole esplosive in Azerbajgian”. Questa è la seconda volta che la Corte soddisfa le richieste dell’Armenia di misure provvisorie in un caso ai sensi della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, che indica che l’affermazione armena sull’odio etnico e la discriminazione sponsorizzati dallo Stato in Azerbajgian nei confronti degli Armeni è parzialmente dimostrato.

Reagendo agli ordini della Corte Internazionale Giustizia, il corpo diplomatico dell’Azerbajgian ha prima cercato di dimostrare che l’Azerbajgian non era stato sconfitto. Ha anche fallito poiché le Nazioni Unite, l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Francia e altri Paesi membri dell’Unione Europea hanno rilasciato dichiarazioni sottolineando la natura giuridicamente vincolante delle decisioni della Corte Internazionale di Giustizia e sollecitando Baku a rispettarle. Dopo alcuni giorni, l’Azerbajgian ha iniziato a ripetere la sua affermazione secondo cui l’Armenia sta trasportando armi nel Nagorno-Karabakh, insistendo allo stesso tempo sul fatto che non esiste alcun meccanismo di applicazione per l’esecuzione degli ordini della Corte Internazionale di Giustizia. Sembra che l’Azerbajgian stesse cercando di delegittimare la decisione della Corte Internazionale di Giustizia attraverso questa provocazione per giustificarne la mancata attuazione.

La questione dell’autodeterminazione, garanzie di sicurezza e diritti

L’Azerbajgian afferma che il sostegno armeno al Nagorno-Karabakh è una rivendicazione territoriale dell’Armenia contro l’Azerbajgian, tuttavia, è una questione di autodeterminazione degli Armeni nel Nagorno-Karabakh. L’Armenia non può abbandonare 120.000 Armeni nel Nagorno-Karabakh e ha la responsabilità morale di ottenere garanzie per la loro sicurezza e diritti umani.

L’Unione Europea, gli USA e la Russia hanno cercato, ciascuno a suo modo, di facilitare i negoziati tra Armenia e Azerbajgian per un accordo di pace. Secondo il Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, la parte armena ha suggerito alcune proposte fondamentali, come la precisazione dei parametri di delimitazione del confine internazionale, il distanziamento delle forze dal confine di Stato, la creazione di una zona smilitarizzata, e la creazione dell’Istituto dei Garanti dell’accordo di pace, tuttavia, tutte queste proposte sono state respinta dall’Azerbajgian. L’Armenia ha anche sollevato la questione delle garanzie dei diritti e delle sicurezze degli Armeni nel Nagorno-Karabakh. Considerando il suggerimento dell’Azerbajgian di discutere la questione separatamente dall’accordo di pace, la parte armena ha proposto di creare un meccanismo internazionale per il dialogo tra Stepanakert e Baku.

Ci sono stati alcuni incontri tra funzionari dell’Azerbajgian e del Nagorno-Karabakh facilitati dalle forze di mantenimento della pace russe nelle ultime settimane. L’Azerbajgian ha nominato un parlamentare per i colloqui, mantenendone apparentemente basso il livello, delegandolo alla legislatura, presentandoli come una vetrina per gli attori internazionali e promuovendo la sua agenda di “integrazione ”. Stepanakert ha nominato il Segretario del suo Consiglio di Sicurezza per guidare quei colloqui, che ha affermato essere finalizzati a risolvere urgenti questioni umanitarie e relative alle infrastrutture, come lo sblocco del Corridoio di Lachin, il ripristino della fornitura di elettricità dalla Repubblica di Armenia all’Artsakh, la fornitura ininterrotta di gas naturale e la riapertura della miniera di Kashen, eventualmente accompagnata da un monitoraggio ambientale. I primi colloqui nel 2022 erano stati sull’uso dell’acqua dal bacino di Sarsang. Dopo l’incontro del 1° marzo con i rappresentanti dell’Azerbajgian e della Russia, il Ministero degli Esteri di Nagorno-Karabakh ha ribadito che le discussioni volte a risolvere questioni urgenti “non possono sostituire i negoziati a pieno titolo” e che “procedono dalla necessità di ripristinare il formato della mediazione internazionale come importante garanzia del irreversibilità del processo di pace”. Il 6 marzo, il Presidente del Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, ha dichiarato in una riunione estesa del Consiglio di Sicurezza che l’Azerbajgian ha chiesto alle autorità dell’Artsakh di accettare la politica di integrazione, minacciando altrimenti passi più duri e più decisi. Ha sottolineato che “la stragrande maggioranza del nostro popolo concorda sul fatto che non ci discosteremo dal nostro diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza”.

Alcuni leader e funzionari occidentali recentemente hanno sottolineato il diritto degli Armeni del Nagorno-Karabakh all’autodeterminazione. Durante una conferenza stampa congiunta con il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan il 3 marzo, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz ha affermato che è necessario raggiungere una soluzione pacifica dal punto di vista dell’integrità territoriale dell’Armenia e dell’Azerbajgian, nonché dell’autodeterminazione dei cittadini del Nagorno-Karabakh e che tutti questi principi sono uguali. Anche se l’autodeterminazione non significa necessariamente indipendenza o secessione, implicherebbe almeno un’autodeterminazione interna, il che significa un alto status di autonomia.

Tuttavia, l’Azerbajgian, ampiamente riconosciuto come uno dei Paesi più autocratici dell’Eurasia con un pessimo record di diritti umani, continua a negare qualsiasi status agli Armeni del Nagorno-Karabakh, anche un basso livello di autonomia, chiedendo che si integrino in Azerbajgian. Promuove una falsa narrativa secondo cui gli Armeni non sono indigeni che vivono nella loro terra indigena, ma sono solo una minoranza etnica che ha occupato la terra azera. Pur continuando la politica decennale di odio etnico nei confronti degli Armeni, Baku afferma anche che l’Azerbajgian autoritario è un cosmopolita multietnico Paese facendolo sembrare una democrazia occidentale che garantisce livelli elevati e uguali di diritti umani a tutti i suoi cittadini. Nel frattempo, non ha offerto alcun modello di governance e garanzie per i diritti politici e le libertà civili al Nagorno-Karabakh, riconosciuto come più democratico dell’Azerbajgian (37/100 contro 9/100 in Freedom in the World 2023 Report) anche alla luce del suo accresciuto isolamento dopo la guerra del 2020. A giudicare dalla retorica azerbajgiana, Baku non intende riconoscere gli organi di autogoverno locale del Nagorno-Karabakh, il suo diritto ad avere forze di autodifesa o di sicurezza e, come dimostra l’imboscata, anche di polizia civile. Allo stesso tempo, l’Azerbajgian ribadisce la temporanea natura della missione di mantenimento della pace russa, rifiutando al contempo qualsiasi presenza internazionale militare o civile di mantenimento della pace per sostenere e contribuire al processo di coesistenza e riconciliazione. Ciò significa rifiuto del diritto alla sicurezza per gli Armeni in Nagorno-Karabakh.

Come evidenziato con il blocco, l’Azerbajgian sta anche privando gli Armeni del Nagorno-Karabakh dei loro diritti sociali ed economici. Offrono la concessione di diritti sociali ed economici solo dopo aver accettato l’integrazione, altrimenti usano quei diritti come strumento di coercizione. Inoltre, l’interruzione del legame tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia equivale a chiedere agli Armeni del Nagorno-Karabakh di rinunciare alla loro identità etnica. L’unica vaga promessa agli Armeni del Nagorno-Karabakh, comunicata attraverso i canali della diplomazia pubblica, è stata il diritto di imparare l’armeno con i libri di testo preparati a Baku. Con la politica a lungo termine di distruzione e appropriazione del patrimonio culturale armeno, l’irredentismo e il revisionismo della storia, formalizzati come strategia ufficiale di Aliyev nel dicembre 2022, significherebbe anche dover imparare la versione azera della storia che afferma che gli Armeni non sono originari né del Nagorno-Karabakh né dell’Armenia, contraddicendo fonti universalmente accettate e storia riconosciuta.

Anche se accettiamo che il Nagorno-Karabakh sia considerato parte dell’Azerbajgian dalla maggior parte della comunità internazionale, ogni Stato ha la responsabilità di proteggere la propria popolazione civile e di garantirne i diritti, comprese le minoranze, e di non condurre pulizie etniche attraverso massacri, operazioni militari o espulsione o privandoli dei diritti umani fondamentali. La nozione di integrità territoriale non ha dato il via libera a nessuno Stato per opprimere un gruppo etnico sotto la sua giurisdizione. In accordo con la Risoluzione 2625 (XXV) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottata nel 1970, “ogni Stato ha il dovere di astenersi da qualsiasi azione forzata che privi i popoli […] del loro diritto all’autodeterminazione e alla libertà e indipendenza […] L’uso della forza per privare i popoli della loro identità nazionale costituisce una violazione dei loro diritti inalienabili e del principio di non intervento”. Le azioni dell’Azerbajgian contraddicono anche la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni (UNDRIP), adottata dall’Assemblea Generale nel 2007, non sorprendentemente astenuta dall’Azerbajgian.

Il mantenimento della pace russo nel Nagorno-Karabakh e le relazioni dell’Azerbajgian con la Russia

Uno dei principali discorsi pubblici in Armenia e Nagorno-Karabakh è se il contingente per il mantenimento della pace russo sia o meno autorizzato, incapace o non disposto a prevenire le violazioni del cessate il fuoco da parte dell’Azerbajgian, ulteriori perdite territoriali e umane dopo la dichiarazione di cessate il fuoco e lo sblocco il Corridoio di Lachin. Lo hanno suggerito circoli filo-russi in Armenia e Nagorno-Karabakh e persino alcuni esperti occidentali che l’Azerbajgian sta cercando di minare la credibilità delle forze di mantenimento della pace russe per ottenere il loro ritiro e la Russia non è in grado di prendere misure contro l’Azerbajgian senza un mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e alla luce della sua posizione indebolita a causa della guerra in Ucraina. Tuttavia, un numero crescente di funzionari armeni, società civile ed esperti dell’Armenia, e recentemente anche personaggi pubblici del Nagorno-Karabakh, hanno criticato la mancanza di azione e i fallimenti delle forze di mantenimento della pace russe. Politici, analisti e società civile filo-occidentali in Armenia suggeriscono che l’Azerbajgian ha ricevuto il via libera dalla Russia e sta coordinando le sue azioni, e sollecitano la sua sostituzione con forze di pace internazionali. Alcuni Paesi occidentali e organizzazioni per i diritti umani hanno esortato non solo l’Azerbajgian ma anche le forze di mantenimento della pace russe a prendere misure per revocare il blocco. In ogni caso, la credibilità delle forze di mantenimento della pace russe è andata diminuendo prima in Armenia e recentemente anche in Nagorno-Karabakh. Ci sono state diverse proteste in Artsakh davanti al quartier generale delle forze di mantenimento della pace russe e richieste per il dispiegamento di forze di pace internazionali, l’ultima organizzata il 7 marzo 2023. Allo stesso tempo, finora non ci sono altri deterrenti che impediscano ulteriori conflitti armati su vasta scala e una dura pulizia etnica in assenza di una forza internazionale di mantenimento della pace.

Le azioni del contingente di mantenimento della pace russo nel Nagorno-Karabakh non possono essere analizzate separatamente dalle relazioni dell’Azerbajgian con Mosca. L’Azerbajgian continua ad aumentare il proprio profilo geopolitico manovrando tra Russia e Occidente, svolgendo il ruolo di “partner affidabile” dell’Unione Europea e impegnandosi a fornire gas all’Europa come fonte alternativa alla Russia. Nel frattempo, alcuni analisti hanno suggerito che l’Azerbajgian non ha le forniture di gas che ha impegnato o non ha la capacità di consegnarle all’Europa. Gli esperti hanno anche sottolineato che l’infrastruttura critica necessario all’Azerbaigian per estrarre e trasportare il gas dal Mar Caspio all’Europa è di proprietà di Lukoil, una compagnia petrolifera e del gas russa, che ha firmato un accordo sul gas con la russa Gazprom nel novembre 2022 per importare gas russo al fine di adempiere ai propri obblighi in Europa, il che potrebbe indicare che sta parzialmente “riciclando” il gas russo verso l’Europa. Per anni l’Azerbajgian ha cercato di stigmatizzare l’Armenia come delegata russa; tuttavia, il 22 febbraio 2022 ha firmato una Dichiarazione congiunta sull’interazione degli alleati con la Russia. Come sottolineato dal Ministro degli Esteri azero Bayramov durante la recente visita di Sergey Lavrov a Baku, “la cooperazione tra l’Azerbajgian e la Russia negli ultimi 30 anni può essere caratterizzata come il progressivo sviluppo di relazioni amichevoli e di buon vicinato, che hanno raggiunto il livello di partenariato strategico”. Lavrov ha anche descritto l’Azerbajgian e la Russia come partner strategici. In quella conferenza stampa hanno anche criticato congiuntamente la scelta dell’Armenia della missione di monitoraggio dell’Unione Europea e il dispiegamento di tale missione da parte dell’Unione Europea in Armenia.

La sicurezza dei civili del Nagorno-Karabakh dipende esclusivamente dalla Russia, dai suoi mutevoli interessi geopolitici, dalla sua reputazione internazionale e dalle sue capacità. L’assenza di mandato internazionale delle forze di mantenimento della pace russe, di trasparenza delle loro regole di ingaggio, di sua natura unilaterale e puramente militare, di mancanza di meccanismi internazionali di monitoraggio e segnalazione su di esso, sono altre sfide per l’adempimento della loro missione. Se la Russia, per qualsiasi motivo, si ritirasse dal Nagorno-Karabakh senza il dovuto preavviso, o senza un accordo alternativo che sostituisca la sua presenza di mantenimento della pace, la pulizia etnica degli Armeni del Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbaigian diventerebbe imminente. Se la Russia rimane l’unico garante della sicurezza ma non impedisce ulteriori escalation dell’Azerbajgian o interruzioni della vita normale nel Nagorno-Karabakh, potrebbe portare al graduale spopolamento degli Armeni da lì.

La questione della presenza internazionale

La nozione di responsabilità di proteggere è stata approvata come impegno politico globale dagli Stati membri delle Nazioni Unite al vertice mondiale del 2005 al fine di affrontare le sue quattro preoccupazioni principali per prevenire il genocidio, i crimini di guerra, la pulizia etnica e i crimini contro l’umanità. Un’ulteriore dimostrazione di questa determinazione si è riflessa nella risoluzione 1894 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 2009 sulla protezione dei civili nei conflitti armati.

Anche prima dell’adozione di tale nozione, nessun conflitto interetnico contemporaneo ad alta intensità, scontri armati, minaccia di pulizia etnica e aggressione militare è stato ridimensionato o risolto senza garanzie internazionali per la sicurezza e i diritti umani. Le missioni internazionali di mantenimento della pace sono servite come strumento per l’intervento umanitario per proteggere i civili nelle zone di conflitto e aiutare le parti in conflitto a compiere la difficile transizione dal conflitto alla pace. Operano da decenni e sono tuttora mantenute in varie zone di conflitto interetnico, e da lì vengono ritirate solo quando sono assicurate garanzie di sicurezza e diritti umani fondamentali per la parte più vulnerabile.

Le missioni multinazionali di mantenimento della pace sono preferibili alle missioni unilaterali per una serie di motivi: la loro legittimità, concetto e regole di ingaggio sono generati da un mandato e procedure operative standard di un’organizzazione internazionale; non dipendono dagli interessi nazionali e dalle circostanze di una nazione; possono includere componenti militari, di polizia e civili, di sicurezza, diritti umani, umanitarie e di sviluppo; riferiscono a un’organizzazione internazionale; non sono statici e la loro configurazione può evolvere a seconda della situazione e delle esigenze. L’imposizione della pace è un sottoinsieme delle operazioni di pace, in cui la forza militare viene utilizzata come strumento di diplomazia coercitiva per porre fine a un conflitto in corso, attuare un cessate il fuoco o creare un ambiente sicuro. Creano le condizioni per le classiche operazioni di mantenimento della pace che assistono alla stabilizzazione e alla transizione verso la pace. Infine, le missioni di mantenimento della pace sono sostituite da missioni politiche che continuano ad aiutare il dialogo politico e la costruzione della pace.

Il mantenimento della pace internazionale è impegnativo ed è stato anche criticato per i suoi fallimenti. Non ha impedito il genocidio in Rwanda e il massacro di Srebrenica a causa della mancanza di istruzioni da parte del quartier generale delle Nazioni Unite sull’uso della forza per proteggere i civili. Per evitare il ripetersi di tali fallimenti, le Nazioni Unite hanno modificato le proprie regole di ingaggio autorizzando l’uso della forza non solo per l’autodifesa delle forze di pace, ma anche per difendere il mandato della missione e, in primo luogo, proteggere i civili.

Gli ostacoli alla presenza di una missione dell’ONU, dell’OSCE o dell’UE in Nagorno-Karabakh sono il rifiuto ostinato da parte dell’Azerbajgian di qualsiasi presenza militare o civile internazionale in Nagorno-Karabakh, la presunta mancanza di consenso nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU per adottare un risoluzione sul dispiegamento di una missione di mantenimento della pace, e la presenza militare russa e le relazioni polarizzate tra Russia e Occidente rendono impossibile dividere i ruoli dei fornitori di sicurezza hard e soft nel Nagorno-Karabakh nell’attuale situazione geopolitica.

Inoltre, l’Azerbajgian non consente l’assistenza al Nagorno-Karabakh da parte della comunità internazionale in violazione del principio delle Nazioni Unite “Non lasciare nessuno indietro”, mentre una presenza civile internazionale aiuterebbe con il dialogo politico e la costruzione della pace, il ritorno dei rifugiati e degli sfollati interni da entrambe le parti, risolverà le questioni umanitarie e assisterà con lo sviluppo e il rafforzamento delle istituzioni. A differenza di altre aree di conflitto nel mondo, non c’è mai stata alcuna organizzazione internazionale o ONG per contribuire al mantenimento della pace, alla risoluzione politica, al rafforzamento delle istituzioni o allo sviluppo del Nagorno-Karabakh durante più di tre decenni di conflitto. Il Nagorno-Karabakh ha condotto le elezioni e costruito le sue istituzioni senza l’assistenza internazionale. Ha ricevuto solo un’assistenza umanitaria limitata dal Comitato Internazionale della Croce Rossa e da HALO Trust.

Conclusioni

L’Azerbajgian suggerisce le seguenti opzioni agli Armeni nel Nagorno-Karabakh:

Presentazione sotto il nome di integrazione: Integrarsi in Azerbajgian sacrificando l’autogoverno e l’identità senza garanzie di sicurezza e diritti umani;
Pulizia etnica morbida: lasciare la patria indigena senza diritto di ritorno;
Segregazione: vivere senza libertà di movimento e in condizioni insopportabili come ostaggi o prigionieri a cielo aperto;
Inoltre, persiste la possibilità di una dura pulizia etnica attraverso un’azione militare su larga scala accompagnata da massacri.
La negazione da parte dell’Azerbajgian delle garanzie di sicurezza e dei diritti umani agli Armeni nel Nagorno-Karabakh, compreso qualsiasi status in linea con il diritto all’autodeterminazione, non può essere accettata e normalizzata dalla comunità internazionale. Nonostante i loro interessi geopolitici ed energetici, i principali attori internazionali, in particolare quelli che affermano di operare nella fede della democrazia e dei diritti umani, dovrebbero definire le loro linee rosse e segnalare la loro insoddisfazione per la retorica e le azioni di Aliyev. La politica di parità nelle dichiarazioni che ancora persiste nelle posizioni di alcuni attori internazionali sta autorizzando l’Azerbaigian a ricattare e intimidire 120.000 persone e contestare il loro diritto a vivere nella loro terra indigena.

Qualsiasi ulteriore aggressione militare da parte dell’Azerbajgian contro gli Armeni nel Nagorno-Karabakh dovrebbe essere prevenuta e il blocco del territorio dovrebbe essere revocato senza ulteriori precondizioni. Se l’Azerbajgian effettua un’ulteriore pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh, con metodi più morbidi o più duri, la comunità internazionale subirà un’enorme perdita di reputazione, costituendo un altro duro colpo all’ordine internazionale sancito dalla Carta delle Nazioni Unite e dovendo scusarsi retrospettivamente per il suo mancato rispetto di impedirlo.

Un accordo di pace tra Armenia e Azerbajgian dovrebbe contenere disposizioni anche sul Nagorno-Karabakh. I negoziati tra l’Azerbajgian e il Nagorno-Karabakh dovrebbero svolgersi sotto un ombrello internazionale al fine di escludere la coercizione in condizioni di enorme squilibrio di potere. L’invio di una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno-Karabakh, come richiesto dal Primo Ministro armeno Pashinyan, è diventato una questione urgente. Previa verifica dei fatti, dovrebbe programmare una presenza internazionale in Nagorno-Karabakh. L’attuale architettura di mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh dovrebbe evolversi, sulla base delle norme internazionali di mantenimento della pace. Anche se sembra impegnativo nell’attuale contesto geopolitico, le opzioni per un’operazione multinazionale di mantenimento della pace su mandato di un’organizzazione internazionale dovrebbe essere istituita al fine di prevenire una ricaduta in un conflitto armato e fornire garanzie di sicurezza e diritti umani agli Armeni che vi si trovano. Dovrebbe essere una missione civile-militare per fornire sicurezza e protezione in linea con il principio della “Responsabilità di proteggere”, per affrontare le questioni politiche, di governance e dei diritti umani verso una pace sostenibile, e le questioni umanitarie e di sviluppo in linea con il principio “Non lasciare nessuno indietro”.

[*] Sossi Tatikyan ha conseguito un diploma presso l’Università Statale di Yerevan, un Master in Pubblica Amministrazione presso la Harvard Kennedy School of Government e un Executive Master in Business Administration presso la ESCP Europe Business School. Attualmente è iscritta al programma di dottorato della School of International Studies di Brussel. Ha lavorato nel Ministero degli Esteri armeno per oltre un decennio, occupandosi principalmente delle relazioni dell’Armenia con la NATO, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, gli organismi internazionali per i diritti umani e l’Iran. Ha lavorato con le Missioni OSCE, ONU e UE in Europa, Asia e Africa, fornendo analisi e consulenza politica strategica nell’area del buon governo e delle politiche di sicurezza, e progettando e gestendo programmi e progetti di assistenza tecnica nella riforma della sicurezza e delle istituzioni dello Stato di diritto. Dal 2019 fornisce servizi di consulenza a organizzazioni intergovernative, pubbliche, senza scopo di lucro e private, come UNDP, UE, Freedom House, DCAF, sia in Armenia che a livello globale. Ha pubblicato sull’integrazione euro-atlantica e le questioni di sicurezza energetica pubblicate dal NATO Defense College.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI] http://www.korazym.org/83192/indice-artsakhblockade-in-aggiornamento/

LO SGUARDO UNIVERSALE DI AKRAM AYLISLI (Gariwo 10.03.23)

Sono qui a ricordare, come armeno, un giusto che nella sua patria, l’Azerbaigian, non ha voce.

È Akram Aylisli, uno scrittore azero che ha osato pubblicare nel 2013 un libro che lui stesso definisce “un piccolo passo” per l’avvicinamento di due popoli, gli armeni e gli azeri, legati da una vicinanza geografica e da un destino storico comune.

“Sogni di pietra”, il titolo. Esprime “il sogno più intimo e profondo: vedere i due popoli di nuovo insieme”. Ma nella patria di Aylisli, l’Azerbaigian, si alimenta la cultura del nemico e impegnarsi per il dialogo e la riconciliazione tra i popoli è un crimine. “Una enorme quantità di uomini” – scrive – “nell’anima …hanno solo un vuoto malvagio, si nascondono dietro la cosiddetta idea nazionale, diffondono i semi dell’odio tra i popoli… e fanno camminare insieme violenza e menzogna”.

“La violenza, penetra di nascosto nelle coscienze, deturpa i cuori, uccide la fede nel bene e nella giustizia e confonde impietosamente il bene con il male”.

Aylisli reagisce, contrasta il risentimento, l’odio, l’ideologia del nemico da abbattere, la guerra. Sotto la sua casa si bruciano i suoi libri e si gridano minacce di tortura e morte.

Ma qui, dove prendono vita le figure dei giusti, noi lo onoriamo e facciamo memoria del suo coraggio, della sua determinazione ad essere testimone di verità, a raccontare storie di amicizia tra armeni e azeri. Rafforziamo la sua voce: “non abbiate paura, possiamo vivere insieme”.

Quando sono stato perseguitato – scrive – mi sono sentito indifeso, poi mi sono detto, « non lamentarti, al mondo ci sono persone ancora più indifese di te…sia singoli che popoli interi» .

È questo lo sguardo universale di Akram Aylisli che esprime valori morali permanenti e per questo “il popolo gli affida il suo dolore”.

Uno sguardo che salva l’umano nell’uomo.

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Ottantottesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Urge missione internazionale nel Nagorno-Karabakh per prevenire la pulizia etnica degli Armeni. Riconoscere l’Artsakh! (Korazym 09.03.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.03.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è l’88° giorno dell’illegale e sadico #ArtsakhBlockade da parte del regime autocratico, dispotico e genocida della dinastia Aliyev in Azerbajgian, forte della sua decennale impunità. L’ordine della Corte Internazionale di Giustizia legalmente vincolante apre la strada a tutti gli attori internazionali capaci – Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il Consiglio Europeo, l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa – di agire e di aprire del Corridoio di Berdzor (Lachin) e di sanzionare Aliyev e sodali. E infine, è fondamentale riconoscere la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e di obbligare le forze armate della Repubblica di Azerbajgian di ritirarsi dai territori occupate dell’Artsakh (e dell’Armenia). Tutto il resto è fuffa e aria fritta.

Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, ha fatto sapere, che “la ricerca di modi per risolvere la situazione intorno al Corridoio di Lachin e al Nagorno-Karabakh in generale continua”. Zakharova ha affermato che c’è comunicazione con l’Armenia e l’Azerbajgian in collaborazione con il Ministero degli Esteri russo e con la partecipazione della forza di mantenimento della pace russa in Nagorno-Karabakh, senza fornire ulteriori dettagli.

Ecco, fuffa e aria fritta: “ricerca” e “comunicazione”, senza azione, che ha permesso Aliyev di far entrare il #ArtsakhBlockade nel 88° giorno consecutivo, di continuare con le violazioni del cessate il fuoco e con la campagna di fake news e disinformazione, e di far uccidere tre poliziotti dell’Artsakh.

«L’Ambasciata degli Stati Uniti in Armenia dà il benvenuto a Yerevan al Consigliere senior per i negoziati sul Caucaso, Louis Bono. Durante la sua visita del 7 marzo, Bono incontrerà funzionari del governo armeno e altri per discutere del sostegno degli Stati Uniti ai negoziati tra Armenia e Azerbajgian per raggiungere un accordo di pace globale, compresa una soluzione politica a lungo termine per il conflitto del Nagorno-Karabakh».

Louis Bono, il co-Presidente statunitense del gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Collaborazione in Europa, Consigliere senior per i negoziati sul Caucaso del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ha detto in un intervista dell’8 marzo 2023 con Karlen Aslanyan per Azatutyun, il servizio armeno di Radio Liberty [QUI], che la questione del Nagorno-Karabakh farà parte del processo di pace tra Armenia e Azerbajgian: «Per avere un accordo di pace sostenibile, duraturo ed equilibrato, deve includere il Nagorno-Karabakh, e ci impegniamo a portarlo a termine. Riconosciamo la sua importanza. Prima di tutto, il Nagorno-Karabakh farà parte del processo di pace. Penso entrambe le parti lo hanno accettato. Ma, come ho già detto, non siamo qui per imporre condizioni su alcun accordo. È importante che le parti stesse raggiungano un accordo. Siamo ottimisti di poter lavorare con le parti, ma non sarà facile. Richiederà molto duro lavoro e impegno da tutte le parti».

Dichiarazione della Delegazione dell’Unione Europea presso le Nazioni Unite e le altre organizzazioni internazionali a Ginevra, durante il dibattito generale del 52° Consiglio dei Diritti Umani, 7 marzo 2023

«L’Unione Europea resta preoccupata per il fatto che la continua interruzione della libertà di movimento attraverso il Corridoio di Lachin incida sui diritti umani nel Nagorno-Karabakh, compresi i diritti alla salute, all’istruzione e all’alimentazione. L’Unione Europea invita le autorità azere e tutti i responsabili a garantire la libertà e la sicurezza di movimento lungo il corridoio, in linea con la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, e a rispettare l’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio 2023» (Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Dichiarazione dell’Alleanza Evangelica Mondiale e del Consiglio Ecumenico delle Chiese, durante il dibattito generale del 52° Consiglio dei Diritti Umani, 7 marzo 2023

«L’Alleanza Evangelica Mondiale e il Consiglio Ecumenico delle Chiese sono profondamente preoccupati per la situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh e per il blocco in corso da parte dell’Azerbajgian del Corridoio di Lachin, la strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia. Dal 12 dicembre, l’assedio ha messo in pericolo migliaia di vite. Colpisce il sostentamento di 120.000 civili Armeni che hanno un disperato bisogno di cibo, cure mediche e rifornimenti e altri beni essenziali. Anche la fornitura di energia è stata ripetutamente interrotta, lasciando la popolazione con combustibili, calore ed elettricità limitati e impedendo il funzionamento di scuole e ospedali a causa del freddo intenso. Questo blocco viola la legge sui diritti umani e il diritto umanitario internazionale. Viola anche l’accordo di cessate il fuoco firmato nel novembre 2020 che richiedeva il mantenimento del corridoio che avrebbe assicurato il collegamento del Nagorno-Karabakh con la Repubblica di Armenia. Chiediamo all’Azerbajgian l’immediata revoca del blocco per consentire il passaggio libero e sicuro di civili, trasporti e merci lungo il corridoio e per garantire un accesso umanitario senza ostacoli per alleviare urgentemente le sofferenze della popolazione armena del Nagorno-Karabakh e promuovere il pieno godimento dei diritti umani fondamentali di tutti senza alcuna discriminazione» (Nostra traduzione italiana dall’inglese).

«Qualcosa non sta bene di questo influencer colombiano di Instagram, che fa un servizio fotografico sorridente a Shushi, durante un viaggio di propaganda finanziato dal governo azero, ad alcuni chilometri di distanza dalla finta “eco-protesta” che l’Azerbajgian sta usando per intrappolare 120.000 persone. È il giorno 80 del blocco azero» (Lindsey Snell).

Non permettere che la storia si ripeta. «Siamo condannati al perenne ritorno dell’uguale? Io credo che la storia non sia la ruota del criceto. Esiste un margine di libertà, esiste l’imprevisto: Dio non se ne sta sopra le nubi liceo come un re fannullone» (Renato Farina).

Il Ministero della Difesa dell’Armenia comunica che il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian continua a diffondere fake news, affermando che unità delle Forze Armate dell’Armenia hanno aperto il fuoco contro le postazioni di combattimento azere situate nella parte orientale della zona di confine armeno-azera durante la notte dell’8 e 9 marzo.

Il Ministero di Difesa dell’Artsakh comunica che il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha diffuso disinformazione affermando che unità delle forze di difesa dell’Artsakh hanno aperto il fuoco dall’8 marzo alle 21.30 al 9 mazo alle 04.15 contro le postazioni di combattimento delle forze armate dell’Azerbajgian situate nei territori che hanno occupati delle regioni di Shushi, Martuni, Askeran e Qashatagh dell’Artsakh.

Non riuscendo a fornire alcuna prova a giustificazione dell’atto terroristico e dell’omicidio di 3 poliziotti in Artsakh, il regime genocida di Aliyev prepara nuovamente un terreno di false narrazioni per ulteriori aggressioni contro il popolo dell’Artsakh, pur mantenendo il #ArtsakhBlockade illegale per 88 giorni, violando l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia. Non ha senso che l’Artsakh e l’Armenia siano interessati all’escalation. È l’Azerbajgian che commette regolarmente crimini contro l’umanità, in particolare con il #ArtsakhBlockade da 88 giorni.

Dichiarazione del Ministero degli Esteri dell’Armenia sulla disinformazione diffusa dall’Azerbaigian, 8 marzo 2023

«Il 7 marzo, il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha diffuso un altro messaggio volto a fuorviare la comunità internazionale, affermando che lo stesso giorno una colonna di veicoli militari delle Forze Armate dell’Armenia, accompagnata dalle forze di pace russe, è passata lungo la strada Stepanakert-Ghaibalishen-Lisagor e che il personale delle Forze Armate dell’Armenia è stato trasportato lungo la stessa strada.
Sottolineiamo ufficialmente che questa informazione è completamente falsa, non ha e non può avere alcun fondamento fattuale e non corrisponde alla realtà.
Con tali “scandalose rivelazioni”, l’Azerbajgian sta cercando di distogliere l’attenzione della comunità internazionale da:
1. L’atto terroristico compiuto dalle forze armate azere il 5 marzo, a seguito del quale sono stati uccisi tre dipendenti del servizio passaporti del Ministero degli Interni del Nagorno-Karabakh e un dipendente è rimasto ferito.
2. Il fatto che l’Azerbajgian non stia attuando la decisione giuridicamente vincolante della Corte Internazionale di Giustizia sul Corridoio di Lachin e abbia tenuto bloccato il Corridoio di Lachin a dispetto della decisione della Corte.
3. Il fatto di non aver adempiuto ai propri obblighi internazionali sul Corridoio di Lachin assunti dalla dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020.
Per distogliere l’attenzione della comunità internazionale da questi fatti evidenti, l’Azerbajgian ha adottato la pratica della disinformazione e dell’escalation, cercando di creare una falsa base informativa per lanciare una nuova aggressione non solo contro il Nagorno-Karabakh, ma anche contro la Repubblica di Armenia.
Inoltre, per “giustificare” il suo comportamento, l’Azerbajgian continua la sua politica di presentare l’Armenia in Occidente come estremamente filo-russa, e in Russia come estremamente filo-occidentale.
L’Armenia ha ripetutamente affermato che nessuna munizione o merce di importanza militare è stata trasportata attraverso il Corridoio di Lachin sia prima che dopo il suo blocco dal 12 dicembre 2020.
Inoltre, ribadiamo che la Repubblica di Armenia non dispone di un esercito nel Nagorno-Karabakh. La proposta di inviare una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno-Karabakh per verificare l’autenticità di queste informazioni è stata ripetutamente respinta dalla massima leadership dell’Azerbajgian.
Riaffermando il desiderio dell’Armenia di raggiungere la pace nella regione, sottolineiamo ancora una volta la necessità dell’invio immediato di una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno-Karabakh e nel Corridoio di Lachin per prevenire nuove aggressioni azere e gli evidenti preparativi dell’Azerbajgian per sottomettere il popolo del Nagorno-Karabakh alla pulizia etnica e al genocidio» (Nostra traduzione italiana dall’inglese).

La macchina della disinformazione azera ha diffuso suo social come “prova” un filmato, girato non si sa dove, non si sa da chi, non si sa quando, con camion non identificati, che dovrebbe dimostrare quello che l’Azerbajgian afferma, cioè, che l’Armenia trasporta armi e personale militare armeno in Artsakh. Guardiamo, osserviamo, cerchiamo, ma non c’è ombra di armi e di personale militare armeno nel filmato.

Il filmato diffuso da Caliber.az il 7 marzo 2023, ovviamente è stato rilanciato anche da Rahman Mustafayev, Ambasciatore della Repubblica di Azerbajgian nel Regno dei Paesi Bassi, sempre in prima linea della disinformazione, con il seguente commento, nello tipico stile diplomatico di Baku: «Non ci sono prove più forti delle vere intenzioni dell’Armenia di tramare provocazioni militari e scontri nella regione del Karabakh di Azerbajgian, di questo video. La creazione di posti di blocco azeri non è solo un diritto sovrano dell’Azerbajgian, ma anche l’unico modo per garantire la nostra sicurezza nazionale».

Caliber.az – ‼️Esclusivo: 07.03.2023 – Un convoglio militare si sposta sulla strada sterrata Khankendi-Khalfali-Turshsu [*] aggirando la strada di Lachin [**]. Secondo i dati ottenuti da Caliber.az, il convoglio delle bande illegali armene è accompagnato dal contingente di mantenimento della pace russo.

[*] Strada sterrata Stepanakert-Ghaibalishen-Lisagor.
[**] Autostrada interstatale Stepanakert-Berdzor (Lachin)-Goris.

«Non ci sono prove più forte di questo video», della falsificazione dei fatti e della disinformazione senza limiti della leadership autocratica dell’Azerbajgian. Caliber.az – che è sempre in prima fila nel diffondere informazioni false per giustificare l’aggressione l’Azerbajgian sta pianificando contro gli Armeni – involontariamente fornisce semplicemente un’altra prova che l’Azerbajgian sta commettendo un lento genocidio bloccando vicino a Sushi (città dell’Artsakh occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian) la cruciale autostrada interstatale Stepanakert-Berdzor (Lachin)-Goris lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin), costringendo i cittadini dell’Artsakh a utilizzare strade sterrate di montagna per sopravvivere.

Al riguardo, ripetiamo quanto abbiamo pubblicato il 6 marzo: «Abbiamo ricevuto numerosi messaggi privati che chiedevano informazioni sulla possibilità di traserimenti di armi dall’Armenia al Nagorno-Karabakh dopo l’agguato di ieri. In risposta, questi brevi osservazioni.
Nessuna informazione open source o non open source verificabile in modo indipendente in cui ci siamo imbattuti dalla conclusione della guerra del 2020 suggerisce che siano in corso trasferimenti di armamenti dall’attuale governo in Armenia alle autorità de facto di Nagorno-Karabakh.
Inoltre, dal 2018, e definitivamente dalla guerra del 2020, le autorità di Yerevan hanno preso sempre più le distanze dal Nagorno-Karabakh e dai 120.000 Armeni rimasti lì, nonostante questi ultimi possedessero la cittadinanza armena.
L’Armenia ha ritirato il suo personale militare rimanente dal Nagorno-Karabakh dopo la guerra del 2020, in pratica modificando la sua dottrina di difesa decennale di essere il principale garante per gli Armeni etnici in Nagorno-Karabakh, non prima di un grande rimescolamento politico e politiche di tipo epurazione verso precedenti funzionari militari di alto rango o politici a favore del mantenimento di una dottrina di difesa orientata al Nagorno-Karabakh.
Quello che abbiamo ora nel Nagorno-Karabakh è simile alla situazione del 1988: una popolazione locale a maggioranza etnico-armena con pochissimi mezzi di difesa, isolata e bloccata.
La differenza questa volta è un Azerbajgian politicamente e militarmente organizzato, tecnologicamente superiore negli armamenti, pur lungo dall’essere un Paese democratico, gioca un ruolo significativo nella sicurezza energetica di numerosi Paesi, quindi forti interessi diplomatici ed economici.
Sebbene le autorità di difesa azere abbiano riferito in numerose occasioni di trasferimenti di armi dall’attuale governo armeno a Nagorno-Karabakh, questi rapporti non sono stati verificati in modo indipendente. Oltre a quest’ultimo, l’orientamento politico che regna a Yerevan va contro il sostegno alla causa del Nagorno-Karabakh.
Al di là delle dichiarazioni periodiche che affermano la necessità di difendere i diritti umani e le garanzie di sicurezza per le persone nel Nagorno-Karabakh, nessuno sforzo diplomatico, politico, economico o militare tangibile da parte di Yerevan dal 2018 si è materializzato in modo positivo a favore della causa del Nagorno-Karabakh.
Inoltre, Yerevan ha cercato di “lanciare” la questione del Nagorno-Karabakh alla Russia dal 2020, lasciando a quest’ultima l’incarico di mantenere una fragile pace che coinvolge 120.000 dei suoi stessi cittadini, mentre cerca legami diplomatici più stretti con la Turchia, uno dei principali partecipanti alla guerra del 2020.
Per riassumere: l’attuale leadership dell’Armenia non ha una posizione pro-Nagorno-Karabakh, né vi è alcuna indicazione che sia a favore della difesa militarmente dei suoi parenti etnici nel territorio tanto quanto Baku lo è per rafforzare la sua presa su ciò che resta dell’enclave» (Nagorno Karabakh Observer, 6 marzo 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Si è svolta una manifestazione dell’8 marzo in piazza delle fontane a Baku. I slogan: “Qadınları qətl etmə!”, “Konvensiyanı rədd etmə!” (Non uccidere le donne!, Non rifiutare la convenzione!). Come previsto, il regime paranoico di Aliyev ha inviato un esercito di agenti di polizia. Le proteste senza l’interferenza della polizia in Azerbajgian sono strettamente limitate a quelle in cui gli Azeri chiedono la guerra ai loro vicini Armeni, o bloccano l’ancora di salvezza per 120.000 Armeni per mesi. Una protesta “libera” in Azerbajgian è quella orchestrata dallo Stato. Questo è un dato di fatto, non un’opinione.

Un’altra sezione dell’autostrada Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert – il tratto di circa 5 km Tegh-Kornidzor [all’inizio del Corridoio di Berdzor (Lachin] – sarà aperta al traffico dal 1° aprile. I lavori saranno completati entro l’estate. Allo stesso tempo, il corridoio stesso è stato bloccato dall’#Azerbaigian vicino a Shushi per 3 mesi.

L’Ufficio del Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh ha pubblicato il rapporto sull’attacco terroristico azerbajgiano del 5 marzo scorso. L’Iniziativa italiana per l’Artsakh ha pubblicato una traduzione italiana [QUI].

Una goccia di bene in un mare di male
Quei cinque camion di aiuti spediti dagli Armeni ai Turchi
di Renato Farina
Tempi, 1° marzo 2023

Riferisco con stupore felice e un poco tremante. Durerà? Per la prima volta in 35 anni è stato aperto un valico tra Turchia e Armenia per consegnare aiuti alle vittime del terremoto in Anatolia, dove nel 1915 terre e città furono ripulite da quel popolo di Cristiani Caucasici per destinarlo al massacro. I discendenti dei sopravvissuti hanno stipato di viveri 5 camion che hanno attraversato il valico di Alican. A riferirlo è stata l’agenzia ufficiale turca Anadolu, che ha persino pubblicato una foto dei camion. E ha citato il Viceministro degli Esteri armeno, Vahan Kostanayn: «Gli aiuti inviati dall’Armenia hanno attraversato il ponte di Margara sul confine turco-armeno e si stanno dirigendo verso le zone colpite dal sisma». Gli ha fatto eco l’inviato speciale della Turchia per l’Armenia, Serdar Kilic: «Ricorderò sempre il generoso aiuto inviato dal popolo armeno per alleviare le sofferenze del nostro popolo». Impressiona il linguaggio identico, non entrano in gioco idee diverse su che cosa è giusto e sbagliato.

Il samaritano che soccorre lo sventurato è il patrono dell’amore al prossimo in Turchia e in Siria, in Armenia e in Russia, ovunque. E ciascuno, a qualunque nazione appartenga, qualsiasi lingua abbia appreso da sua madre, o tradizione religiosa abbia attinto con il latte dalle sue mammelle, sa che questo è bene.

La ruota del criceto e l’imprevisto

Soccorrere chi è stato seppellito dalle macerie, tendere la mano per tirarlo fuori di lì, aprire il tascapane per cavarne il cibo per lui e i suoi figli: questo è essere uomini. Nel 1988 l’Armenia occidentale fu colpito da un sisma di magnitudo 7, ci furono 25 mila morti, dei quali 15 mila nella sola Gyumri. Accorsero per primi i friulani. E insieme a loro i Turchi. Quel valico da cui stanno passando i soccorrevoli camion armeni fu aperto allora per consentire l’afflusso in senso contrario di viveri, medicine, tende!

Durò pochi giorni quell’abbraccio con l’antico nemico. Io stesso accorsi a Gyumri – avevo energie allora – e vidi la Mezzaluna rossa all’opera e mi dissi: d’ora in poi mi ricorderò solo del bene, perché lì sta lo scopo per cui mi ha partorito mia madre: vivere nell’amore e dare pace.

Accidenti, dopo un attimo, tutto come prima, il muro della diffidenza si alzò quasi immediatamente. Ponti e valichi chiusi. Infine l’alleanza dei Turchi con gli altri popoli del medesimo ceppo etnico: Azeri e Turkmeni dell’Azerbajgian. Contro chi? Contro gli Armeni: gli stessi ai quali un istante prima, con sincerità, i Turchi avevano versato vino e olio come fece il samaritano con il viandante ferito. Passano gli anni, e siamo al settembre del 2020, all’aggressione contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, e la volontà sempre ritornante di ripetere il genocidio, incamerando l’intera Repubblica armena nel rinascente impero ottomano.

E ora, i camion armeni soccorrono l’impero del sultano Erdoğan… il quale è rimasto colpito, non se l’aspettava, ha detto grazie, con semplicità. Quanto durerà questa benevolenza nel dolore che ci accomuna? Von Kleist nel meraviglioso racconto Il terremoto in Cile rileva come in pochi giorni il popolo passò dalla pietà degli uni verso gli altri alla ferocia. Siamo condannati al perenne ritorno dell’uguale? Io credo che la storia non sia la ruota del criceto. Esiste un margine di libertà, esiste l’imprevisto: Dio non se ne sta sopra le nubi liceo come un re fannullone.

La «brezza leggera» di Elia

Ripenso ai 5 camion carichi di beni vitali. Non riusciamo a consegnare ai 120 mila Armeni assediati dagli Azeri cibo e medicine, e li portiamo agli alleati di chi soffoca la nostra gente. Che senso ha? Conviene essere buoni? La dolcezza talvolta spezza le ossa all’odio. Accadrà almeno stavolta? Mi domando se un atto di gratuità avrà risonanza appena l’ultimo giorno, quando suonerà la tromba del giudizio, oppure purificherà già prima le acque purulente della storia. Non è a disposizione della nostra sapienza la risposta. Ma la gratuità, la bontà, sono già un pezzo di paradiso.

In queste mie lettere mensili ho raccolto il bene in una goccia d’inchiostro e il male l’ho versato sulla pagina rovesciandolo da un secchio. Sono ancora arciconvinto che il Presidente dell’Azerbaigian Ilham Alyiev e quello turco Erdoğan coltivino il disegno di eliminare l’anomalia armena del Caucaso. Eppure esiste qualcosa che supera pregiudizi e ideologie, sfonda le porte dell’inferno inondandolo di un vento fragrante. È il profeta Elia che descrive Dio nella Bibbia come «una brezza leggera». Io l’ho sentita per un giorno e una notte agitare con la sua carezza il lago di Sevan come a benedire l’umana compassione.

Il Molokano

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]