Cerimonia per i Giusti del Mondo oggi 6 marzo, dedicata alla memoria di ebrei e armeni vittime di genocidio. La celebrazione si è svolta al Giardino dei Giusti del Mondo, in via Forcellini, di fronte al viale dell’Internato Ignoto. In occasione di questa data, sono state messe a dimora delle piante e scoperte delle stele dedicate alle personalità alle quali è stato conferito il titolo di “Giusto del Mondo” nell’anno 2023. Per il genocidio ebraico: Luigi Ortis e Giuseppe Sulis, Alberica Cenci, Alberto Dalla Volta, Vittorio e Palmira Roncoli, Maria Pittarello e Sara Letizia Piras. Per il genocidio armeno: Johannes Lepsius, Karen Jeppe, Hammo Shero.
Il sindaco Giordani
«Oggi commemoriamo la giornata dei Giusti dell’Umanità in questo Giardino, che la nostra città ha istituito ancora nel lontano 2008 e che oggi, con questi otto nuovi Giusti mantiene viva la memoria di 74 donne e uomini che, in tutto il mondo, e in contesti storici diversi, hanno fatto del bene salvando vite e difendendo i diritti umani – le parole del sindaco, Sergio Giordani – .Ognuno di noi è artefice o interprete ultimo del senso che decide di dare alla propria vita. Il senso della nostra vita dipende prima di tutto da noi. Queste donne e questi uomini che ricordiamo oggi come Giusti dell’Umanità non hanno abdicato al loro diritto di scegliere tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia, comprendendo che se avessero scelto altrimenti non avrebbero dato un senso alla loro vita. Lo hanno fatto pur sapendo di correre dei rischi mortali, accettando di schierarsi, come avrebbe detto Bertol Brecht, dalla parte del torto, perché tutti i posti dalla parte della ragione, o almeno di quella che in quel momento sembrava la ragione, incarnata dalla dittatura e dalla violenza, erano occupati. E’ importante leggere le loro storie, perché emerge chiaro che questi Giusti, non sono quelli che oggi immaginiamo cioè degli eroi. I loro atti, le loro azioni lo possono essere stati. Ma loro sono persone normali, come tutti noi, che la sorte, o il destino, o la provvidenza, scegliete voi quello che ritenete più giusto, ha messo di fronte a delle scelte. Le SS rastrellano gli ebrei dopo l’8 settembre e bussano alla porta di Maria e Sara Letizia Piras a Cannareggio alla ricerca di una famiglia di ebrei, e loro mentono spudoratamente. “Non ci sono più, sono partiti ieri”. Una menzogna che potrebbe costare loro la vita. Il capo curdo Hammo Shero nel 1918 davanti alle milizie ottomane che vogliono rastrellare gli armeni rifugiati nel suo territorio risponde senza esitazione: “Sono ospiti della montagna e per questo sacri”. Maria e Sara Letizia Piras, Hammo Shero, gli altri sei Giusti a cui dedichiamo oggi una stele e un albero così come tutti gli altri ricordati nel nostro Giardino non hanno girato la testa dall’altra parte, non hanno detto non mi riguarda. Non c’era nessuno con loro a sostenere la loro scelta, non c’erano vantaggi personali, né immediati nè futuri. Solo la loro coscienza, solo il profondo confronto con il loro senso della vita. Nessuno di noi sa se si troverà mai in una situazione simile. Ci potremmo augurare di no, perché vorrebbe dire che violenze e sopraffazione non sono più una tragica costante delle relazioni tra esseri umani. Ma purtroppo- e lo vediamo tragicamente in modo nitido anche in questi mesi- non è così. Fare appello all’esempio di questi Giusti dell’Umanità non è vuota retorica e neppure una semplice cerimonia di ricordo. E’ invitare a fare i conti con la nostra coscienza e a interrogarci su quale è per ognuno di noi il senso della vita. La risposta è difficile e non è scontata. Quanto accade in questi giorni non può che farci riflettere».
Guerre e genocidi
«I Giusti che ricordiamo in questo Giardino si sono confrontati con guerre e genocidi e hanno scelto da che parte stare. Ma quello che accade oggi a ben guardare è altrettanto terribile. Ho ancora davanti agli occhi le drammatiche immagini della tragedia dell’immigrazione che è avvenuta sulla spiaggia di Crotone. Tecnicamente la continua tragedia delle morti in mare di migranti sulle rotte della speranza, non è un genocidio. Ma questo non ci può far girare la testa dall’altra parte, di fronte a una odissea che riguarda bambini, donne e uomini, il cui unico torto è essere nati dalla parte sbagliata del mondo. Quale è il senso della vita per questi padri, per queste madri, che si imbarcano sapendo di rischiare la morte per cercare un futuro migliore? Da che parte vogliamo stare noi, cosa ci dice la nostra coscienza? Non sappiamo ora chi saranno le donne e gli uomini che in futuro ricorderemo come Giusti dell’Umanità per aver aiutato, salvato alcuni di questi migranti che il destino ha fatto loro incontrare su una barca che sta per affondare o tra i rottami di un naufragio. Ma sappiamo certamente chi non sarà mai fra i Giusti del mondo. Non ci saranno gli scafisti e i trafficanti di esseri umani, che lucrano sulla vite di queste persone, non ci saranno i tanti che si girano dall’altra parte perché è una faccenda che non li riguarda, e soprattutto chi sui social posta battute meschine sui rischi del viaggio in mare citando a sproposito antichi proverbi italiani. Dobbiamo guardare e studiare il passato, ma abbiamo il dovere di conoscere e comprendere il presente. Ricordiamo oggi e ringraziamo i Giusti dell’Umanità che con il loro esempio ci indicano la strada. Per questo nel concludere queste riflessioni, prima di proseguire nella cerimonia vi chiedo di osservare tutti assieme un minuto di silenzio in memoria dei 68 migranti morti nel naufragio di Crotone, la cui unica colpa è stata di voler dare un futuro migliore alla propria famiglia e voler riunirsi ai propri cari già arrivati in Europa».
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-06 18:15:002023-03-07 18:16:30Giornata dei Giusti, Giordani: «Quella di Crotone è una tragedia paragonabile ai genocidi» (Padovaoggi 06.03.23)
A seguito dell’incidente, un residente della regione è morto e un altro ha riportato ferite, mentre dalla parte azerbaigiana due persone sono state uccise e una è rimasta ferita, come ha reso noto il ministero della Difesa russo
L’esercito dell’Azerbaigian ha attaccato un’auto delle forze dell’ordine del Nagorno Karabakh. A seguito dell’incidente, un residente della regione è morto e un altro ha riportato ferite, mentre dalla parte azerbaigiana due persone sono state uccise e una è rimasta ferita, come ha reso noto il ministero della Difesa russo. “Un’auto con agenti delle forze dell’ordine del Nagorno Karabakh è stata attaccata da militari delle forze armate azerbaigiane vicino all’insediamento di Dukanlar”, si legge nel comunicato del dicastero russo. Le forze di pace russe hanno messo fine allo scontro, ha aggiunto il ministero.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-06 18:02:492023-03-07 18:14:27Mosca: l’esercito dell’Azerbaigian ha attaccato un’auto delle forze armene del Nagorno Karabakh (Agenzia Nova 06.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 05.03.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi 5 marzo 2023 intorno alle ore 10.00, un comando di sabotaggio delle forze armate dell’Azerbajgian ha teso un’imboscata ad un gruppo di agenti del dipartimento di polizia passaporti e visti sul territorio della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, mentre con un pulmino percorrevano una strada alternativa al blocco del Corridoio di Lachin in una zona chiamata Khaipalu, vicino al villaggio di Ghaibalishen, non lontano dalla capitale Stepanakert e dalla città di Sushi, occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian.
A seguito dell’attacco terroristico azero sono stati uccisi tre agenti di polizia: il Tenente colonnello Armen Babayan, il Maggiore Davit Danielyan e il Tenente Ararat Gasparyan. Un altro poliziotto, il Tenente Davit Hovsepyan, ha ricevuto una ferita da arma da fuoco al petto e si trova in gravi condizioni al Centro Medico Repubblicano di Stepanakert.
Non solo l’Azerbajgian non ha revocato il #ArtsakhBlockade dopo la sentenza legalmente vincolante della Corte Internazionale di Giustizia e 84 giorni di assedio con la crisi umanitaria che ha provocato, ma adesso ha ripreso una fase attiva di ostilità nel Nagorno-Karabakh. Visto che la prospettiva della pulizia etnica non era abbastanza soddisfacente per il sanguinario dittatore Aliyev, l’Azerbajgian, frustrato dalla lentezza del suo genocida #ArtsakhBlockade, dopo le violazioni del cessate il fuoco nei 4 giorni consecutivi precedenti, ora ha commesso un attacco terroristico all’interno del Nagorno-Karabakh per accelerare la pulizia etnica degli Armeni dell’Artsakh.
Lo scopo di questo attacco terroristico è rafforzare ulteriormente il blocco e mettere pressioni per costringere l’Artsakh ad accettare tutte le loro condizioni nei negoziati sull’apertura del Corridoio di Berdzor (Lachin).
Agendo impunemente, ignorando l’ordine vincolante della Corte Internazionale di Giustizia di porre fine al suo blocco, l’Azerbajgian sta ora intensificando la sua aggressione nei confronti dell’Artsakh. L’Azerbajgian viola accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020 e sconfina nel territorio dell’Artsakh. Questo è il risultato dell’impunità Cosa dice la comunità internazionale al riguardo di questo chiaro segnale degli Azeri? Signora Ursula von der Leyen, nel confronto del tuo “affidabile” partner terroristico per il gas azero-russo.
Il Ministero dell’Interno della Repubblica di Artsakh ha pubblicato le foto del veicolo su cui viaggiavano i poliziotti, crivellato di fori di proiettile. Sono state diffuse anche delle foto delle forze di mantenimento della pace russe che ispezionano il veicolo, presenti ancora i corpi degli agenti uccisi.
Si tratta di una grave escalation da parte dell’Azerbajgian durante il #ArtsakhBlockade in corso. Dal “semplice” lento strangolamento degli Armeni dell’Artsakh, l’Azerbajgian fa apertamente ricorso all’omicidio terroristico. «La tolleranza di tale comportamento è un colpo irreversibile e discreditante all’architettura internazionale dei diritti umani e ai meccanismi legali formati per garantirlo», ha scritto in un post su Twitter Gegham Stepanyan, il Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh.
Il Ministero degli Esteri dell’Artsakh ha rilasciato una dichiarazione sull’attacco del gruppo terroristico dell’Azerbajgian: «L’infiltrazione del gruppo di sabotaggio azero nel territorio dell’Artsakh e l’attacco agli agenti di polizia dell’Artsakh è un’altra flagrante violazione della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, che indica che la parte azera sta cercando di avviare un’escalation di tensione. In precedenza, il 2 e la notte tra il 2 e il 3 marzo, unità delle forze armate azere di stanza nei territori occupati delle regioni Askeran, Martakert e Martuni della Repubblica dell’Artsakh avevano violato anche il cessate il fuoco stabilito dalla Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020. Il 5 marzo, verso le 10.00, un gruppo di sabotaggio delle forze armate azere ha attraversato la linea di contatto e ha attaccato un veicolo del dipartimento passaporti e visti della polizia della Repubblica di Artsakh. A seguito di questo attacco, tre agenti di polizia disarmati sono stati uccisi e un altro è rimasto ferito. Un’analisi preliminare delle circostanze dell’uccisione di agenti di polizia consente di considerare le azioni della parte azera come un crimine di guerra. Va notato che questi attacchi sono stati effettuati immediatamente dopo i colloqui sullo sblocco del Corridoio di Lachin tenutisi il 1° marzo tra rappresentanti dell’Artsakh e dell’Azerbaigian. Attraverso le sue azioni, Baku dimostra apertamente il suo rifiuto dei negoziati come mezzo per trovare soluzioni a qualsiasi problema. Sullo sfondo del blocco di oltre 80 giorni dell’Artsakh, volto a creare deliberatamente condizioni di vita insopportabili per la sua popolazione, una grave escalation della situazione, con conseguenti vittime, dimostra ancora una volta i veri obiettivi dell’Azerbajgian e la sua intenzione di completare il pulizia etnica dell’Artsakh. Apparentemente, la mancanza di misure adeguate da parte della comunità internazionale volte a fermare gli atti illeciti a livello internazionale dell’Azerbajgian è stata percepita dalle autorità di questo Paese come una carta bianca per commettere nuove atrocità. Chiediamo ancora una volta alla comunità internazionale nel suo insieme e alle parti coinvolte nella risoluzione del conflitto Azerbajgian-Karabakh in particolare di riconsiderare i loro approcci e adottare misure efficaci ai sensi del diritto internazionale per fermare la politica terroristica e genocida dell’Azerbaigian».
Ripetiamo quanto abbiamo scritto ieri, alla luce dei fatti di oggi: Come abbiamo segnalato già più volte, Adnan Huseyn ogni giorno pubblica filmati su Twitter in cui ripete che non esiste un #ArtsakhBlockade, invitando le persone a provare di transitare, che in realtà è due cose: una trappola/esca per provocare un altro conflitto violento; inoltre, si tratta di un corridoio di 5km, non solo una strada, che non dovrebbe essere accessibile a questi finti manifestanti nemmeno per stare in piedi e contare i veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa e del contingento di mantenimento della pace russo. Il Corridoio di Berdzor (Lachin) non è territorio azero, ma dell’Artsakh e questi sono occupanti illegali, protetti dalla polizia e dalle forze speciali dell’Azerbajgian.
Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha dichiarato che «la parte armena ha provocato ancora una volta», trasportando «attrezzature militari, munizioni e personale dalla Repubblica di Armenia utilizzando la strada Khankendi-Khalfali-Turssu [tradotto: strada Stepanakert-Ghaybalishen-Lisagor] verso l’Azerbaigian, dove è temporaneamente di stanza il contingente russo di mantenimento della pace. Nella mattinata del 5 marzo, al fine di verificare le informazioni ricevute, si è tentato di fermare e controllare i veicoli che effettuavano trasporti militari illegali. I colpi sono stati sparati dall’altra parte e ci sono state vittime e feriti da entrambe le parti a seguito della sparatoria. L’unica strada che può essere utilizzata tra la regione economica del Karabakh [tradotto: la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh] e la Repubblica di Armenia è la strada Khankendi-Lachin [tradotto: il Corridoio di Berdzor/Lachin, larga 5 km, che è percorso dall’autostrada interstatale Stepanakert-Berdzor (Lachin)-Goris in Armenia]. (…) L’incidente di oggi dimostra ancora una volta che l’Azerbajgian ha bisogno di istituire un posto di blocco appropriato sulla strada Lachin-Khankendi [traduzione vedi sopra]. Il fatto che l’Armenia stia ancora effettuando trasporti militari nella regione economica del Karabakh dell’Azerbaigian è la continua aggressione del paese e la politica terroristica contro l’Azerbaigian. Tutta la responsabilità della provocazione ricade sulla leadership militare e politica dell’Armenia». E con questo è arrivata la conferma che lo scopo della provocazione terroristica dell’Azerbajgian era rafforzare il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) instaurando posti di blocchi non previsti nella Dichiarazione di cessate il fuoco del 9 novembre 2020.
In risposta alle solite affermazioni fake del Ministero della Difesa azero, secondo cui gli Armeni stavano trasferendo illegalmente munizioni dall’Armenia al Nagorno-Karabakh, la polizia dell’Artsakh ha pubblicato un video che mostra il veicolo con i poliziotti dell’Artsakh che si stava spostando da Stepanakert al luogo di cambio di turno e il movimento dei militari dell’Azerbajgian con l’episodio di sparatoria. I soldati azeri attaccano il pulmino, poi aprono la porta e sparano ancora, quindi ritornano alle loro posizioni oltre confine.
Il Ministro di Stato dell’Artsakh, Gurgen Nersisyan, in riferimento alle false informazioni che l’Azerbajgian si è affrettato a diffondere, secondo cui il veicolo della polizia del Ministero degli Interni dell’Artsakh stava trasportando armi dall’Armenia all’Artsakh ed è stato neutralizzato da loro, ha osservato che questa è menzogna manifesta e un tentativo di fuorviare e ingannare la comunità internazionale, in un altro tentativo di falsificare la realtà. Ha aggiunto che il veicolo stava viaggiando in Artsakh alla stazione di polizia e che non c’erano armi o munizioni nell’auto. Per quanto riguarda le circostanze dell’incidente, le autorità competenti della Repubblica di Artsakh dispongono di prove inconfutabili, video e fotografie, che saranno presentate al pubblico internazionale attraverso il nostro Ministero degli Esteri nel più breve tempo possibile, ha aggiunto Nersisyan. Nei giorni scorsi, le forze armate dell’Azerbajgian hanno mostrato attività in diverse direzioni della linea di contatto, hanno preso di mira le telecamere installate per garantire la sicurezza dei nostri insediamenti, danneggiandoli o distruggendoli, ha concluso Nersisyan.
Il Ministero della Difesa della Federazione Russa non ha fatto riferimento all’attacco terroristico effettuato dalle forze armate azere ad Artsakh nel suo bollettino oggi – che sembra sempre un copia/incolla dal giorno precedente – sebbene le forze di mantenimento della pace russe fossero sul luogo dell’attacco.
Il Consiglio per la comunità armena di Roma ha espresso la sua ferma condanna per il nuovo atto di violenza che ha colpito la popolazione armena dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. La gravissima violazione dell’accordo di tregua del novembre 2020 è l’ennesimo segnale che il regime di Aliyev non ha alcun desiderio di concludere un accordo di pace ma vuole solo la pulizia etnica della regione. “Il fatto è avvenuto lungo una sconnessa strada sterrata di montagna che costeggia la vallata dove dal 12 dicembre gli Azeri bloccano l’accesso all’Artsakh isolandolo dal resto del mondo. L’agguato al pulmino degli agenti armeni è dunque un chiaro segnale che non esistono percorsi alternativi alla strada bloccata nel Corridoio di Lachin. Alla faccia di coloro che sostengono che non vi è alcun blocco”. Così un portavoce del Consiglio in merito al gravissimo agguato. Il Consiglio ritiene indispensabile una ferma condanna da parte delle istituzioni europee con l’applicazione di sanzioni all’Azerbajgian che ha violato ancora una volta l’accordo di cessate il fuoco del 0novembre 2020. Da alcuni giorni, dopo la sentenza di condanna della Corte Internazionale di Giustizia, i soldati dell’Azerbaigian hanno ripreso a sparare contro obiettivi civili (agricoltori nei campi, telecamere di controllo sul confine…) e stanno rialzando la tensione nella regione. L’Azerbaigian non vuole la pace ma solo la pulizia etnica della regione, osserva il Consiglio per la comunità armena di Roma in un comunicato.
Un’altra crisi causata dagli “eco-attivisti” dell’Azerbajgian, dopo quella forestale per ottenere legno per il riscaldamento, a seguito dell’interruzione del gasdotto dall’Armenia all’Artsakh dall’Azerbajgian. Il giornalista Marut Vanyan documenta che il bacino idrico di Sasrsang: secchezza spaventosa, fango, pietre e sabbia, poiché l’acqua viene utilizzata per ottenere più elettricità possibile. L’unico cavo di alta tensione dall’Armenia all’Artsakh che passa lungo il Corridoio di Lachin è interrotto per mesi dall’Azerbajgian. Gli esperti prevedono una primavera e un’estate secche in, poiché non ci sono state molte precipitazioni in autunno e in inverno. Le interruzioni del gasdotto e del cavo di alta tensione sono avvenute lungo il vecchio tracciato del Corridoio di Lachin, vicino al Suchi dove è il corso la “protesta” degli “eco-attivisti” azeri.
Esiste soltanto un unico problema: l’autocrazia dell’Azerbajgian è avida. La ricca economia del combustibile fossile dell’Azerbajgian sta prendendo di mira nuovi giacimenti. Le terre armene di Artsakh e della provincia di Syunik di Armenia sono gli obiettivi. L’invasione e la pulizia etnica è la strategia dell’Azerbajgian. Abbiamo già fatto notare che la questione mineraria – cioè la disputa sulla proprietà delle miniere per lo sfruttamento dei giacimenti, non le preoccupazioni ambientali – è stata un fattore determinante nell’attuale crisi.
Finché l’Azerbajgian non sarà contenuto e condannato, la pace nel Caucaso meridionale sarà impossibile.
Il 3 marzo, nell’ambito della sua visita in Germania, il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha presentato la situazione della regione durante un incontro con i membri della commissione per gli affari esteri del Bundestag [QUI]. Durante l’audizione, Pashinyan ha affrontato i temi delle demarcazioni e del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin). Ha anche portato all’attenzione come alcuni colleghi tedeschi usassero il termine “Corridoio di Zangezur” e come l’utilizzo del termine “corridoio” potesse essere pericoloso. Avverte inoltre che l’Azerbajgian sta preparando “un’aggressione militare su larga scala contro l’Armenia”. I fatti dimostrano che l’Azerbaigian sembra prepararsi a qualcosa di grande e sta testando le proprie capacità con il blocco dell’Artsakh e le recenti violazioni del cessate il fuoco. Poiché alla comunità internazionale sembra importare di meno, l’Azerbajgian da tempo ha dimostrato a se stesso che può farla franca con tutto ciò che vuole, purtroppo. L’Armenia è sola e deve massimizzare tutti i suoi sforzi per proteggersi. Noi non auguriamo la guerra, ma speriamo che l’Armenia sia pronta quando arriverà il prossimo offensivo dell’Azerbajgian.
Ambasciata di Armenia in Svizzera e Missione permanente dell’Armenia presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra
3 marzo 2023
Diritto di replica alle dichiarazioni rilasciate dall’Azerbajgian al Segmento di alto livello del Consiglio per i diritti umani
Discorso della Sig.ra Hrachuhi Katvalyan, Vice Rappresentante Permanente
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)
Primo diritto di replica
L’Azerbajgian ha abusato del Segmento di alto livello del Consiglio per i diritti umani per avanzare accuse infondate contro l’Armenia.
L’Azerbajgian travisa palesemente le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottate 30 anni fa sul conflitto del Nagorno-Karabakh. L’Armenia è menzionata in queste risoluzioni solo nel contesto dell’influenza sugli Armeni del Nagorno-Karabakh nell’ambito dei negoziati nel formato del gruppo di Minsk. Questa è la realtà. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite invitano anche dare aiuti umanitari senza ostacoli a coloro che ne hanno bisogno. Ancora oggi l’Azerbajgian non rispetta questa norma universale.
L’Azerbajgian continua il blocco del Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia e al resto del mondo, in pura sfida alla comunità internazionale. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha recentemente ricordato che le decisioni della Corte Internazionale di Giustizia sono vincolanti e dovrebbero essere attuate, comprese (e cito) “sulle misure per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”.
Freedom House ha avvertito che il blocco dell’Azerbajgian del Corridoio di Lachin “sta creando una crisi umanitaria mentre le forniture vitali diminuiscono”. Amnesty International ha dichiarato che “mette in pericolo migliaia di vite”. Human Rights Watch ha riferito che l’interruzione ha impedito agli Armeni “di lasciare la regione e tornare a casa”. La CNN ha riferito che al giorno d’oggi “le patate sono un lusso nel Nagorno-Karabakh”.
L’Azerbajgian afferma che il gruppo che ha chiuso il Corridoio di Lachin sono attivisti ambientali. Tuttavia, qualsiasi protesta di massa di attivisti in questo contesto è impensabile, a meno che non sia ispirata e organizzata dalle autorità dell’Azerbajgian. In particolare, secondo il Rapporto nazionale 2021 del Dipartimento di Stato americano sulle pratiche in materia di diritti umani dell’Azerbaigian (e cito) “[il] governo ha costantemente e severamente limitato la libertà di riunione pacifica, creando condizioni che equivalgono a un divieto de facto di riunione”.
La Corte Internazionale di Giustizia ha anche respinto all’unanimità la richiesta di misura provvisoria avanzata dall’Azerbajgian sul presunto uso di mine antiuomo da parte dell’Armenia. Questa è la seconda volta che la Corte respinge questa richiesta avanzata dall’Azerbajgian. Questo Ordine mette efficacemente a tacere le false narrazioni dell’Azerbajgian al riguardo.
L’Azerbajgian inoltre ignora sfacciatamente i precedenti ordini provvisori della Corte Internazionale di Giustizia adottati nel dicembre 2021 relativi alla protezione dei diritti dei detenuti armeni; prevenzione dell’incitamento anti-armeno e promozione dell’odio razziale, anche da parte dei suoi funzionari e istituzioni pubbliche; e prevenzione e punizione di atti di distruzione del patrimonio culturale armeno.
Secondo diritto di replica
L’Armenia ha chiesto il secondo diritto di replica per confutare le accuse infondate dell’Azerbajgian.
L’Azerbajgian crea condizioni insopportabili per la popolazione indigena armena del Nagorno-Karabakh nel tentativo di costringerla a lasciare le proprie case ancestrali. Ciò include regolari ostruzioni del gasdotto e della rete elettrica che riforniscono il Nagorno-Karabakh e periodici bombardamenti di villaggi e campi agricoli.
Il recente e più orrendo atto dell’Azerbaigian è stato il blocco continuo del Corridoio di Lachin. Solo poche persone, principalmente in gravi condizioni di salute, sono riuscite a viaggiare sulle auto del Comitato Internazionale della Croce Rossa attraverso il Corridoio di Lachin. L’assistenza medica di emergenza è subordinata ai negoziati del CICR per i trasferimenti, come in tempo di guerra.
Nel frattempo, l’Azerbajgian ha annunciato ai massimi livelli che può revocare il blocco solo per coloro che vogliono lasciare il Nagorno-Karabakh. In altre parole, gli Armeni etnici non possono entrare nel Nagorno-Karabakh, ma possono andarsene. È in atto una pulizia etnica strisciante.
L’Azerbajgian ha scatenato un’aggressione contro l’Armenia lo scorso settembre. Secondo cinque titolari del mandato delle procedure speciali delle Nazioni Unite, durante questo attacco l’Azerbajgian ha perpetrato uccisioni extragiudiziali di prigionieri di guerra armeni e civili, ha commesso torture e profanazione di corpi, comprese donne. L’SPMH [Titolari di mandato per procedure speciali del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite] ha affermato che questi potrebbero costituire crimini di guerra.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-05 18:19:292023-03-07 18:20:02Ottantaquattresimo giorno del #ArtsakhBlockade. Tre poliziotti dell’Artsakh uccisi in un attacco terroristico azero. Il tempo sta per scadere per salvare l’Artsakh (Korazym 05.03.23)
Il “Consiglio per la comunità armena di Roma” esprime la sua ferma condanna per il nuovo atto di violenza che ha colpito la popolazione armena del Nagorno Karabakh (Artsakh).
Domenica 5, intorno alle 10 ora locale, un veicolo con a bordo quattro poliziotti della repubblica di Artsakh è stato crivellato di colpi dai soldati dell’Azerbaigian. Tre agenti sono morti, un quarto ferito.
La gravissima violazione dell’accordo di tregua del novembre 2020 è l’ennesimo segnale che il regime di Aliyev non ha alcun desiderio di concludere un accordo di pace ma vuole solo la pulizia etnica della regione.
“Il fatto è avvenuto lungo una sconnessa strada sterrata di montagna che costeggia la vallata dove dal 12 dicembre gli azeri bloccano l’accesso all’Artsakh isolandolo dal resto del mondo. L’agguato al pulmino degli agenti armeni è dunque un chiaro segnale che non esistono percorsi alternativi alla strada bloccata nel corridoio di Lachin. Alla faccia di coloro che sostengono che non vi è alcun blocco”. Così un portavoce del Consiglio in merito al gravissimo agguato.
Foto e video diffusi non lasciano alcun dubbio sulla dinamica dell’assalto.
Il Consiglio ritiene indispensabile una ferma condanna da parte delle istituzioni europee con l’applicazione di sanzioni all’Azerbaigian che ha violato ancora una volta l’accordo di tregua del novembre 2020.
Da alcuni giorni, dopo la sentenza di condanna della Corte Internazionale di Giustizia, i soldati dell’Azerbaigian hanno ripreso a sparare contro obiettivi civili (agricoltori nei campi, telecamere di controllo sul confine…) e stanno rialzando la tensione nella regione.
L’Azerbaigian non vuole la pace ma solo la pulizia etnica della regione.
CONSIGLIO PER LA COMUNITA’ ARMENA DI ROMA Segreteria
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-05 14:55:082023-03-06 14:56:36FERMA CONDANNA PER L’UCCISIONE DI TRE POLIZIOTTI ARMENI (Politicamentecorretto 05.03.23)
Nel Nagorno Karabakh, territorio interno all’Azerbaijan dove la maggioranza della popolazione è armena, cinque persone sono state uccise durante una sparatoria tra membri dell’esercito dell’Azerbaijan e agenti della polizia armena. Delle cinque persone uccise, tre sono poliziotti armeni e due sono membri dell’esercito dell’Azerbaijan: la sparatoria è avvenuta domenica dopo il fermo di un veicolo della polizia armena da parte dell’esercito dell’Azerbaijan, su una strada che secondo quest’ultimo la polizia armena non era autorizzata a percorrere.
La strada in questione si trova sul corridoio di Lachin, che collega il Nagorno Karabakh all’Armenia, e che da dicembre è bloccata da un gruppo di attivisti dell’Azerbaijian che sostengono di protestare contro quello che definiscono uno sfruttamento minerario illegale. Secondo il ministero della Difesa dell’Azerbaijan, il veicolo della polizia armena stava trasportando armi verso alcune aree periferiche del territorio: il ministero degli Esteri armeno ha definito queste accuse «assurdità» e detto che sul veicolo c’erano solo armi d’ordinanza e alcuni documenti.
Per il controllo del Nagorno Karabakh Armenia e Azerbaijan sono in conflitto da decenni, con due guerre in cui sono state uccise migliaia di persone. L’ultimo cessate il fuoco era stato concordato lo scorso settembre, ma gli episodi di violenza sono frequenti e costanti. La sparatoria di domenica è considerata uno degli episodi più gravi degli ultimi mesi.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-05 11:57:282023-03-06 14:59:22Cinque persone sono state uccise in una sparatoria nel Nagorno Karabakh, il territorio per il cui controllo Armenia e Azerbaijan sono in conflitto da decenni
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.03.2023 – Vik van Brantegem] – Non so se l’avete saputo, ma oggi è il 83° giorno che l’Azerbajgian tiene sotto assedio 120.000 Armeni tra cui 30.000 bambini in quello che resta della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh libera, dopo la guerra di aggressione dei 44 giorni dell’Azerbajgian alla fine del 2020. Ricordiamo che il Nagorno-Karabakh fu inaspettatamente annessa alla Repubblica Socialista Sovietica di Azerbaijan da Stalin con lo statuto di Oblast autonomo, come regalo di nozze del dittatore bolscevico. Poi, il Nagorno-Karabakh ha dichiarato l’indipendenza dall’URSS prima della RSS di Azerbajgian. Quindi, non ha mai fatto parte della Repubblica di Azerbajgian. Artsakh è Karabakh e Karabakh è Armenia de millenni.
Per far capire cosa sta succedendo nel Caucaso orientale, nell’inattività del mondo, lo diciamo in modo satirico: Karabakh è Azerbajgian! Eccetto per le parti bloccati, perché senno il blocco sarebbe la colpa nostra e eccetto per le parti controllate dalla Russia e le parti abitate dagli Armeni indigeni (che è la stessa cosa e perciò ci sono ancora), almeno finché ci rimangono ancora.
Il dittatore azero Ilham Aliyev sta promuovendo il diritto all’auto-determinazione delle Isole francesi, che hanno rifiutato l’indipendenza dalla Francia, mentre l’Azerbajgian nega questi diritti al popolo armeno dell’Artsakh, da sempre libera e indipendente. Se l’Europa permette al dittatore Aliyev di prendere in giro le nazioni europee in quel modo, è attestato il fallimento dell’Europa e segnato il collasso morale dell’Occidente. Una degna politica estera europea e statunitense consisterebbe nel colpire duramente il regime genocida di Aliyev con sanzioni (rifiutando di comprare il gas azero-russo) e costringerlo ad aprire il blocco dell’Artsakh e riconoscerne l’indipendenza.
Ruben Vardanyan, già Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, ha dichiarato: «Il mio obiettivo rimane invariato: ecco perché continuerò a lavorare per un Artsakh/Nagorno-Karabakh sicuro, libero e prospero, implementando i programmi personalmente e attraverso la nostra agenzia di sviluppo regionale “Noi siamo le nostre montagne”».
L’agenzia di sviluppo regionale “Noi siamo le nostre montagne” che cerca di lanciare e attuare programmi di sviluppo per l’Artsakh e la provincia di Syunik di Armenia, in stretta collaborazione con i governi della Repubblica di Artsakh e della Repubblica di Armenia, così come altre istituzioni locali, internazionali e private. Serve e responsabilizza le persone in Artsakh e oltre, sostenendo coloro le cui vite sono state colpite dai conflitti in corso. La missione dell’Agenzia è aiutare il popolo armeno e coloro che lo sostengono a realizzare il loro potenziale per garantire la sicurezza di Artsakh, Syunik e Armenia nel loro insieme e contribuire al loro sviluppo socio-economico e culturale. L’Agenzia sta fornendo aiuti umanitari alla popolazione dell’Artsakh in un momento di crisi, promuovendo l’indipendenza finanziaria della regione, migliorando l’assistenza sanitaria di base e sostenendo bambini e giovani. Pertanto, non solo l’Agenzia rafforza l’Artsakh, ma crea anche un’Armenia più forte e una nazione armena globale più forte. Fondata da Ruben Vardanyan e soci, l’Agenzia pratica un approccio orientato agli obiettivi basato su valori umani, rispetto, integrità e coraggio. Tutti i programmi sono implementati con compassione e cura e l’Agenzia rimane aperta al dialogo pur essendo pronta a difendere le sue convinzioni.
Ieri abbiamo riportato che «le agenzie di stampa statali azere stanno distribuendo un video che dimostra chiaramente che un cecchino dell’Azerbajgian sta “lavorando” sulle posizioni dell’Artsakh» (Ararat Petrosyan – Caporedattore di Respublica Armenia, 3 marzo 2023 – Video).
Oggi, il Nagorno Karabakh Observer ha confermato e fornito la prova come l’Azerbajgian abbia aperto il fuoco su obiettivi nell’Artsakh con armi da cecchino. Il Nagorno Karabakh Observer ha geolocalizzato la presunta area del video, lungo la linea di contatto tra Artsakh e Azerbajgian, appena fuori dal villaggio Berdashen, che dista 4 km dalla linea di contatto. È interessante notare che il video sia stato distribuito dai media statali dell’Azerbajgian. Il regime di Aliyev dimostra ogni giorno che l’eventuale malaugurata integrazione dell’Artsakh nell’Azerbajgian sarà l’inizio di un nuovo genocidio.
Mentre vengono diffuso sui social media filmati delle truppe dell’Azerbajgian che sparano contro le telecamere di sorveglianza in cima alle posizioni del Nagorno-Karabakh sulla linea di contatto, viene registrato il quarto giorno consecutivo di denunce di violazione del cessate il fuoco nell’area da parte dell’Azerbajgian. Il contingente di mantenimento della pace russo nell’Artsakh ha segnalato altre 3 violazioni del cessate il fuoco nelle regioni di Martuni e Shushi lungo la linea di contatto con l’Azerbaigian.
Tutto questo arriva dopo diversi giorni di trattative tra le due parti. Sembra un po’ strano dato che non sono state effettivamente commesse violazioni nei primi 80 giorni precedenti, mentre era in corso l’assedio dell’Artsakh. Ci chiediamo se questo sia perché l’Azerbajgian sta rafforzando la sua potenza militare e vuole capire se ci sarà qualche contraccolpo da parte della comunità internazionale dopo un nuovo offensivo che ha in preparazione. È un atto provocatorio per vedere se l’Armenia risponderà alle loro azioni? Abbiamo la sensazione che presto arriverà qualcosa di più grande. Con l’Azerbajgian che si sente tenuto sotto scacco dall’Armenia, diventerà impazienti e più avventati con i loro attacchi? Nel rafforzare la sua amicizia con la Russia mentre l’Armenia prende le distanze, l’Azerbajgian si sentirà incoraggiato ad agire?
Questo “eco-attivista” azero, Ibrahim Safarov, ha un bel curriculum. Lavora presso l’orribilmente Parco delle Trofei Militari armenofobo razzista a Baku ed è un “volontario” dell’organizzazione NON non-governativa RİİB, aiutando a intrappolare 120.000 persone nel Nagorno-Karabakh. «Mi chiedo, ti piace vedere i tuoi figli crescere con tanto odio? Nelle società normali è anormale. Questi bambini imparano a odiare le persone fin dall’infanzia. Sono futuri terroristi» (Liana Margaryan).
L’elenco si allarga ogni giorno. Il nome di Ibrahim Safarov – certamente non un semplice fante della RİİB – non appare nel documento con i dati dettagliate di intelligence sul blocco azero dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, di cui abbiamo già fornito il link nei giorni precedenti, con i partecipanti (nome, organizzazione, messaggi dalla parte bloccata del Corridoio di Berdzor (Lachin) e video/dichiarazioni anti-armene), i partecipanti con una foto in uniforme militare (nome, affiliazione e informazioni aggiuntive) e le organizzazioni coinvolti (nome, ulteriori informazioni e altro). In questo documento si può verificare che siano coinvolte nel blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) solo persone vicine al regime dittatoriale di Ilham Aliyev: membri del partito al governo, organizzazioni finanziate dallo stato e così via [QUI].
I partecipanti a queste azioni provocatorie sotto una copertura “ambientalista”, vengono inviati nei territori occupati dell’Artsakh in modo organizzato, con autobus, fanno i turni e sono sistemati in albergo, dopo aver ricevuto l’autorizzazione appropriata dal Ministero degli Interni dell’Azerbajgian. Tutti i partecipanti sono accuratamente selezionati. Tutte le persone, e i mass media, che non sono controllati dal governo, categoricamente non sono ammessi lì. Anche tutte le azioni degli “attivisti” sono accuratamente coordinate dal Consiglio per il Sostegno Statale alle Organizzazioni Non Governative sottoposto al controllo del Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian.
Gli “eco-attivisti” della RİİB-“Regional İnkişaf” İctimai Birliyi (Unione pubblica “Sviluppo regionale”), sempre presenti ben riconoscibili sul posto di blocco. Si tratta di un’organizzazione (formalmente non) governativa azerbajgiana, che comunque non ha niente a che fare con la protezione dell’ambiente. Fu fondata su iniziativa e opera nell’ambito della Fondazione Heydar Aliyev, presieduta dalla moglie del Presidente dell’Azerbajgian e Primo Vice Presidente, Mehriban Aliyeva. Quindi, gli “eco-attivisti” della RIIB lavorano per il governo dell’Azerbajgian. Lo scopo principale dichiarato della RİİB è «partecipare attivamente alla vita socio-economica, pubblica e culturale del Paese, alla costruzione della società civile, sostenere le misure attuate dallo Stato per lo sviluppo delle regioni, è implementare il controllo pubblico, esaminare i ricorsi e le proposte dei cittadini e dialogare con le istituzioni competenti e lavorare nella direzione della risoluzione di progetti in vari campi in cooperazione».
«”Regional İnkişaf” İctimai Birliyi (RİİB), un’organizzazione governativa dell’Azerbajgian, ha organizzato ieri a Shushi un evento per la “Giornata della Gioventù dell’Azerbajgian”. RİİB è stata fondata con l’aiuto della Fondazione Heydar Aliyev. Lo scopo principale dell’organizzazione, secondo il loro sito web, è partecipare alla vita socio-economica, sociale e culturale del Paese, aiutare a costruire la società civile e sostenere i programmi di sviluppo sponsorizzati dal governo nelle regioni. Gli studenti sono stati portati da Baku in autobus per continuare a bloccare il Corridoio di Lachin e hanno ricevuto sacchetti regalo e snack. Questo piccolo viaggio sul campo sembra essere stato organizzato per mostrare ai giovani Azeri come creare una crisi umanitaria e come intrappolare 120.000 Armeni nell’Artsakh. Che bella gita scolastica. Insegnare l’odio e l’ignoranza in così giovane età. Che bella organizzazione governativa e governo per consentire che azioni così ripugnanti vengano mostrate alla tua giovinezza. Che tipo di esempio stai dando per il futuro della tua nazione instillando l’odio dentro di loro?
Un corso di perfezionamento sulla pulizia etnica insegnato ai giovani non permetterà mai che questo conflitto si plachi. Come possiamo parlare di pace e di ripristinare le relazioni reciproche se l’Azerbajgian continua a diffondere l’armenofobia sponsorizzata dallo Stato in tutta la sua popolazione? Questo è solo un altro esempio di odio contro gli Armeni sponsorizzato dallo Stato che deve essere schiacciato prima che il seme continui a crescere. Credo che sia troppo tardi e trovare una soluzione ragionevole al conflitto azero-armeno sembra essere fuori portata se questo tipo di comportamento deve continuare per l’Azerbajgian, e sicuramente continuerà dato gli atti di Aliyev» (Varak Ghazarian – Medium, 1° febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
Il CICR sta trasportando civili e rifornimenti dall’Armenia al Karabakh. La strada Lachin è aperta ai civili in ambedue le direzioni, ma non hanno tentato di farlo. Non ci sono prove che i manifestanti azeri abbiano voltato respinto degli armeni. Le accuse di blocco sono prive di fondamento.
Come abbiamo segnalato già più volte, Adnan Huseyn ogni giorno pubblica filmati su Twitter in cui ripete che non esiste un #ArtsakhBlockade, invitando le persone a provare di transitare, che in realtà è due cose: una trappola/esca per provocare un altro conflitto violento; inoltre, si tratta di un corridoio di 5km, non solo una strada, che non dovrebbe essere accessibile a questi finti manifestanti nemmeno per stare in piedi e contare i veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa e del contingento di mantenimento della pace russo. Il Corridoio di Berdzor (Lachin) non è territorio azero, ma dell’Artsakh e questi sono occupanti illegali, protetti dalla polizia e dalle forze speciali dell’Azerbajgian.
Un auto-ritratto di Adnan Huseyn, illegalmente sul territorio dell’Artsakh, con alle sue spalle i reparti speciali dell’Azerbajgian, all’altra parte del recinto lungo la strada, su territorio azero.
Poi, va capito bene chi è Adnan Huseyn, che sta a tempo pieno in mezzo alla “strada di Lachin” a diffondere la narrazione del dittatore Aliyev. È un blogger azero, presente permanentemente sul posto di blocco dall’inizio del #ArtsakhBlockade, fondatore del blog re:Azerbaijan. Lo sponsor principale del suo blog è l’ufficio di rappresentanza in Azerbajgian della casa automobilistica egiziana FAW Industrial Group (Cahan Holding). Il capo dell’azienda, Vugar Abbasov, è un membro del Partito del Nuovo Azerbajgian al potere, uomo d’affari, Presidente della Jahan Holding, Presidente del Consiglio della Confederazione degli imprenditori e della Federcalcio della Repubblica autonoma di Nakhchivan, deputato della 6ª convocazione dell’Assemblea Suprema della Repubblica Autonoma di Nakhchivan. Sul canale YouTube dell’azienda di Adnan Huseyn, Paha Holding funge spesso anche da sponsor di programmi che fanno capo alla famiglia del Vicepresidente dell’Azerbaigian e moglie di Ilham Aliyev, Mehriban Aliyeva (Pashayeva con il suo nome da nubile).
Questo propagandista della dittatura azera Huseyn, che parla de «la nostra pacifica protesta ecologica sulla strada di Lachin [il Corrdoio di Berdzor (Lachin), larga 5 km] della regione economica del Karabakh dell’Azerbajgian [la Repubblica di Artsakh/Karabakh, auto-dichiarata indipendente dal 1988]», il 12 gennaio ha scritto sul suo diario Facebook, mentre contribuisce con la sua azione a condannare alla fame 120.000 Armeni: «Ed è esattamente un mese che abbiamo messo piede sulla strada per proteggere la patria nel santo Shusha [Sushi, occupata dalle forze armate azere], Khankandi [Stepanakert, capitale dell’Artsakh]. Difficile descrivere in poche frasi il successo di questa azione, perché molti obiettivi sono stati raggiunti e il risultato sarà grande per il nostro paese e per il nostro popolo. Arriverà il momento e parleremo con orgoglio di questi giorni storici trascorsi qui. Ringrazio il Presidente che ci ha prestato attenzione nella sua recente intervista e ha apprezzato questo nostro passo. Ringrazio tutti coloro che hanno continuamente scritto parole di sostegno e mostrato preoccupazione quando non pubblico da molto tempo. Ringrazio ognuno dei familiari dei partecipanti a questo evento. Sono molto comprensivi e pazientemente ci aspettano mentre siamo qui. Nessuna parola può esprimere l’orgoglio che abbiamo in tutti coloro che sono qui per il lavoro che svolgiamo. Saremo qui fino alla fine, faremo la guardia alla nostra patria e non c’è niente di meglio di questa missione! Vivi, vivi il mio Azerbajgian nativo! Sei in ottime mani!».
Sui social Huseyn si pubblicizza – con poco o niente informazione o attività o storia – come co-fondatore di Clean Oil (fornisce servizi di pulizia industriale all’industria petrolifera e del gas per serbatoi di petrolio greggio), direttore di sviluppo aziendale presso Jump Marketing Agency, fondatore e amministratore Delegato di Yugen Creative Agency (branding, social media marketing, pubblicità, illustrazione, videografica, art direction e organizzazione eventi), fondatore di re:Azerbaijan (un nuovo approccio a un mondo già consolidato e sviluppato del digital marketing in cui lo sponsor diventa partner). Insomma, un giovanotto sul libro paga di Aliyev.
Una volta che avrà raggiunto l’obiettivo dell’occupazione del resto dell’Arsakh farà e dirà la stessa cosa sul territorio sovrano dell’Armenia.
Questo propagandista del regime azero in lingua inglese è un genio e va ringraziato per aver attirato l’attenzione sulla crisi umanitaria a causa del blocco a cui partecipa attivamente (negando nel contempo che non c’è nessun blocco e affermando che la strada è aperta), senza il quale non ci sarebbe stato bisogno della Croce Rossa nel 83° giorno di blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin). Non c’è limite alla sua ginnastica mentale cercando di presentare i passaggi della Croce Rossa e dei militari russi come un mero viaggio di navetta.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-04 14:54:072023-03-06 14:54:52Ottantatreesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh vogliono vivere nella loro terra ancestrale in modo sicuro, libero e prospero (Korazym 04.03.23)
Letizia Leonardi (Assadakah News Agency) – Nessun segnale positivo è emerso dal primo incontro tra i rappresentanti dell’Artsakh e dell’Azerbaijan che che si è svolto il 1° marzo. Gli azeri hanno solo discusso del reinserimento della popolazione armena della regione del Karabakh in Azerbaijan: gli armeni invece erano lì solo per discutere sullo sblocco del corridoio di Lachin, del ripristino della fornitura di gas ed elettricità e, come concessione, dell’organizzazione di un tour azero una tantum alle miniere di Kashen e Drombon. Non è
stato quindi raggiunto alcun accordo, nemmeno sui futuri incontri. In realtà agli azeri interessava solo una resa della popolazione armena, stremata dalla sempre più insostenibile crisi umanitaria, e la conseguente accettazione a diventare cittadini della dittatura di Baku. Intanto, giorni fa, il cancelliere tedesco Scholz ha detto in un briefing con il Primo ministro armeno Pashinyan, in visita in Germania, che è necessario raggiungere una conclusione pacifica dal punto di vista dell’integrità territoriale, nonché dell’autodeterminazione dei cittadini del Nagorno Karabakh. Sempre secondo il cancelliere tutti questi principi sono uguali e lo status quo non può durare a lungo ma deve essere raggiunta una soluzione definitiva a lungo termine a beneficio del popolo armeno. Su questa spinosa e gravissima situazione dell’Artsakh abbiamo intervistato l’Ambasciatore armeno in Italia Tsovinar Hambardzumyan
– Dopo 35 anni dai massacri di Sumgait cosa è cambiato nei rapporti tra la popolazione armena e quella azera? C’è differenza tra l’ostilità del regime azero verso gli armeni e il comportamento della popolazione civile azera nei confronti degli armeni?
Il 27-29 febbraio 1988, in risposta alla lotta pacifica e legittima del popolo del Nagorno Karabakh per esercitare i propri diritti, su istigazione delle autorità azere furono organizzati massacri della popolazione armena a Sumgait (e poi a Kirovabad, a Baku) a seguito dei quali le città un tempo brulicanti di armeni ne furono completamente spopolate, ci furono centinaia di vittime, mezzo milione di armeni divennero profughi. Invece di essere assicurati alla giustizia, i criminali di Sumgait furono trasformati in eroi, o come osservò nel 1988 il Procuratore capo della SSR dell’Azerbaijan Ilyas Ismailov, “I colpevoli che hanno incitato le persone (a Sumgait) ai pogrom, attualmente siedono nel Milli Mejlis.” (“Zerkalo” quotidiano azerbaigiano, 21.02.2003). Sfortunatamente durante i successivi 30 anni, il regime della famiglia del presidente Ilham Aliyev ha costantemente coltivato un’orrenda propaganda di nazionalismo etnico, costruito su fondamenta di armenofobia a tutti i livelli della società azera, espressa nella sua stessa dichiarazione che “Tutti gli armeni del mondo sono il nemico numero uno dell’Azerbaijan”. Sotto il suo regime un’intera generazione è cresciuta con idee razziste contro gli armeni. Fin dalle scuole dell’infanzia agli azeri è stato inculcato lo spirito dell’odio e la gente viene incoraggiata e premiata per tutte manifestazione di violenza contro gli armeni. Nel 1992 Tagiev Shahin Taliboglu, il comandante della squadra e l’autore del massacro della popolazione armena di Maragha, è diventato ufficialmente il primo eroe nazionale dell’Azerbaijan. Nel 2012, l’assassino Ramil Safarov, dopo la sua estradizione dall’Ungheria, è stato dichiarato eroe nazionale in Azerbaijan. I soldati delle forze armate dell’Azerbaijan che ad aprile 2016 durante l’ennesima aggressione, hanno ucciso e mutilato i corpi degli anziani, decapitato in modo plateale, nello stile dell’ISIS, il soldato delle Forze armate del Nagorno Karabakh Karam Sloyan e i suoi due compagni d’armi, sono stati premiati dal Presidente dell’Azerbaijan. Le forze armate azere hanno numerosi precedenti di impunibilità durante gli attacchi militari che l’Azerbaijan contro l’Artsakh, del 27 settembre 2020, e contro il territorio sovrano della Repubblica d’Armenia, nel 2022. Si sono macchiati di crimini particolarmente crudeli, tra cui decapitazioni, profanazione di cadaveri, torture delle persone pacifiche, di prigionieri di guerra e militari armeni, comprese donne. Insieme a ciò, i monumenti storici e culturali armeni furono barbaramente distrutti e i santuari furono profanati. Tutti quei crimini di guerra e barbarie venivano filmati e diffusi sulle piattaforme social dagli stessi azeri. Mi dispiace notare, che nel XXI secolo questi crimini non sono stati condannati dalla società, anzi, a giudicare dalla risonanza che hanno avuto nei social, sono stati appoggiati e incoraggiati. Tali atteggiamenti rendono ancora più difficile mettere in pratica le nostre idee sulla pacifica convivenza di due popoli vicini.
– Come pensa che si possa sensibilizzare la comunità internazionale per evitare il protrarsi della crisi umanitaria in Nagorno Karabakh?
Purtroppo, l’Azerbaijan continua a rispondere con l’uso della forza al diritto pacifico e democratico del popolo del Nagorno Karabakh a vivere liberamente e in sicurezza nella propria patria storica. A partire dal 12 dicembre 2022, l’Azerbaijan, sfidando il mondo intero, ha isolato il Nagorno Karabakh chiudendo l’unica strada, nota come Corridoio di Lachin, che lo collega con la Repubblica d’Armenia e con il mondo esterno. Va sottolineato che il libero accesso al Corridoio di Lachin è stato inserito nella dichiarazione trilaterale firmata dal Primo Ministro della Repubblica d’Armenia, dal Presidente della Repubblica dell’Azerbaijan, dal Presidente della Federazione Russa il 9 novembre 2020, al fine di garantire il collegamento tra il Nagorno Karabakh e l’Armenia e garantire la sicurezza di persone, veicoli e merci attraverso tale Corridoio in entrambe le direzioni. Detto ciò, consentitemi, tuttavia, di descrivere la situazione sul campo con i fatti. 120.000 residenti del Nagorno Karabakh sono privati della possibilità di ricevere dall’Armenia cibo, medicine e altri beni essenziali. Solo un numero limitato di pazienti, in caso di situazioni di pericolo di vita, può essere trasportato in Armenia coi mezzi del Comitato Internazionale della Croce Rossa. Una persona è già morta per mancanza di cure mediche e numerose altre rischiano di avere un destino simile. Ci sono carenze di medicinali essenziali e forniture mediche, il commercio e le imprese sono completamente fermi. Il principale approvvigionamento energetico del Nagorno Karabakh è il gasdotto che parte dalla Repubblica di Armenia e attraversa il Corridoio di Lachin. A partire dal 2022, l’Azerbaijan ha tagliato a intermittenza il gasdotto per il Nagorno Karabakh, lasciando quindi case, ospedali, scuole, imprese e famiglie senza riscaldamento nelle condizioni meteorologiche avverse della stagione invernale montana. La gente è costretta a bruciare legna per riscaldarsi, il che comporterà la deforestazione. Queste azioni provocano non solo una crisi umanitaria, ma anche ambientale nel Nagorno Karabakh. Il blocco di questo collegamento vitale ha avuto un impatto irreversibile sul diritto delle persone all’istruzione, in quanto le scuole, gli istituti e altre strutture educative hanno sospeso le loro attività. 6000 bambini di istituti prescolari, 19000 scolari e 6800 studenti sono privati del proprio diritto all’istruzione. Queste azioni della parte azera sono vividi esempi della politica di odio e ostilità a livello statale nei confronti degli armeni, prendendo di mira persino i bambini. Il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev, nella sua intervista (Ilham Aliyev was interviewed by local TV channels, 10 January 2023, https://president.az/en/articles/view/58555) con i media azeri, ha affermato che per tutti coloro che non vogliono vivere in Nagorno Karabakh, come cittadini dell’Azerbaijan, la strada è aperta, possono andarsene. Ha anche affermato che “il dovere principale dell’Azerbaijan è quello di espellere gli armeni dalle nostre terre” e “nessuna canzone sarà cantata nella lingua aliena dell’armeno e d’ora in poi la lingua azera dominerà questa terra”. Questa non è altro che la politica ufficiale di pulizia etnica del Nagorno Karabakh della sua popolazione nativa armena. Il comportamento descritto sopra è una grave violazione dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario che richiede una risposta urgente e risoluta da parte della comunità internazionale in tutti i modi possibili, anche nell’ambito delle Nazioni Unite e di altri organismi internazionali e regionali, per assicurare azioni concrete derivanti dal loro mandato e dalle loro funzioni, per porre fine al blocco del Corridoio di Lachin e scongiurare la catastrofe umanitaria. Il blocco e le sue conseguenze umanitarie sono state discusse durante la riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite tenutasi il 20 dicembre 2022. Il 18 gennaio 2023, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione ( https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2023-01-18_EN.html) che denuncia con forza il blocco illegale dell’Azerbaigian del corridoio di Lachin ed esorta l’Azerbaigian a rispettare e attuare la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e a riaprire immediatamente il corridoio di Lachin per consentire la libertà di movimento e garantire l’accesso a beni e servizi essenziali, garantendo così la sicurezza nella regione e salvaguardando il sostentamento dei residenti. Il 22 febbraio 2023, la Corte internazionale di giustizia (ICJ) ha stabilito che «La Repubblica di Azerbajgian, in attesa della decisione finale sul caso e in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, adotterà tutte le misure a sua disposizione per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio Lachin in entrambe le direzioni» (https://www.icj-cij.org/public/files/case-related/180/180-20230222-ORD-01-00-EN.pdf). Ci sono state anche numerose dichiarazioni di altre organizzazioni internazionali e non governative che hanno chiesto all’Azerbaijan di sbloccare il Corridoio di Lachin. L’Armenia ritiene inoltre di fondamentale importanza che gli organi competenti delle Nazioni Unite e dell’OHCHR inviino una missione conoscitiva nel Nagorno-Karabakh e nel Corridoio di Lachin per valutare la situazione umanitaria e dei diritti umani sul campo, ciò contribuirà a prevenire altri attacchi o atrocità di massa prima che si verifichino.
– Come immagina il futuro del Nagorno Karabakh?
Crediamo che, nonostante tutto il sangue e l’odio di cui la regione è stata testimone, esista una reale opportunità di pace nel Caucaso meridionale. L’Armenia ha ripetutamente ribadito la sua disponibilità ad aprire un’era di sviluppo pacifico nella regione. Allo stesso tempo, al fine di mantenere la stabilità e la pace nella regione, la risoluzione del conflitto del Nagorno Karabakh è di vitale importanza, il che contraddice le affermazioni dell’Azerbaijan secondo cui il conflitto del Nagorno Karabakh sarebbe terminato dopo la guerra del 2020. È ovvio che gli sforzi armeni volti a stabilire una stabilità a lungo termine non possono essere unilaterali, e ci aspettiamo un approccio altrettanto costruttivo e sinceri passi pratici da parte dell’Azerbaijan verso questa direzione. Il Nagorno Karabakh esiste con la sua popolazione armena, che continua a vivere nella sua terra ancestrale e la cui sicurezza è ora assicurata dalle forze di pace russe, in conformità con la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, che ha posto fine alla devastante guerra. Inoltre, anche le dichiarazioni ufficiali dei nostri numerosi partner e organizzazioni internazionali, compresi i Paesi mediatori, mostrano chiaramente che il conflitto del Nagorno Karabakh necessita ancora di una soluzione finale attraverso i negoziati. Una soluzione che dovrebbe fornire garanzie di sicurezza e protezione di tutti i diritti degli armeni di Artsakh.
Riferisco con stupore felice e un poco tremante. Durerà? Per la prima volta in 35 anni è stato aperto un valico tra Turchia e Armenia per consegnare aiuti alle vittime del terremoto in Anatolia, dove nel 1915 terre e città furono ripulite da quel popolo di cristiani caucasici per destinarlo al massacro. I discendenti dei sopravvissuti hanno stipato di viveri 5 camion che hanno attraversato il valico di Alican.
A riferirlo è stata l’agenzia ufficiale turca Anadolu, che ha persino pubblicato una foto dei camion. E ha citato il viceministro degli Esteri armeno Vahan Kostanyan: «Gli aiuti inviati dall’Armenia hanno attraversato il ponte di Margara sul confine turco-armeno e si stanno dirigendo verso le zone colpite dal sisma». Gli ha fatto eco l’inviato speciale della Turchia per l’Armenia, Serdar Kilic: «Ricorderò sempre il generoso aiuto inviato dal popolo armeno per alleviare le sofferenze del nostro popolo». Impressiona il linguaggio identico, non entrano in gioco idee divers…
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http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-03 14:10:432023-03-06 14:13:15Quei camion di aiuti armeni ai turchi, una goccia di bene in un mare di male ( Tempi 03.03.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.03.2023 – Vik van Brantegem] – I cittadini Armeni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh chiedono giustizia e autodeterminazione per poter vivere in pace nel loro Paese. Chiediamo il diritto all’autodeterminazione per gli Armeni dell’Artsakh. I cittadini dell’Artsakh hanno diritto all’autodeterminazione. L’autodeterminazione è prevenzione del genocidio.
La fiaccolata “L’Artsakh Vive” che si è svolta il 26 settembre 2021 a Stepanakert, guidata da una donna incinta con un bambino, da un soldato con la bandiera dell’Artsakh e da Padre Minas Movsisyan con la croce pettorale, che simboleggiano la vita, la forza e la fede, ad un anno dall’inizio della guerra dei 44 giorni, in memoria dei figli del popolo armeno caduti. La fiaccolata è iniziata dal cortile della chiesa di San Giacomo, dove Padre Movsisyan ha celebrato un servizio funebre per gli eroi morti difendendo la Patria un anno prima. Quindi la fiaccolata si è diretta al memoriale di Stepanakert, portando una bandiera dell’Artsakh di 100 metri.
Per il terzo giorno consecutivo, il Servizio Stampa del Ministero della Difesa della Repubblica di Arsakh/Nagorno-Karabakh segnala violazioni del cessate il fuoco da parte dell’Azerbajgian. Questa volta, nella notte tra il 2 e il 3 marzo, le unità delle forze armate azere, hanno sparato con armi leggere dai territori delle regioni di Askeran, Martakert e Martuni della Repubblica di Artsakh che hanno occupati con la forza. Le violazioni del cessate il fuoco sono state segnalate al comando delle truppe di mantenimento della pace russe di stanza in Artsakh.
Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh ha commentato: «Nella notte del 2 marzo e la mattina del 3 marzo, unità delle forze armate azere di stanza nei territori occupati delle regioni Askeran, Martakert e Martuni della Repubblica di Artsakh hanno violato il cessate il fuoco stabilito dalla Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020. Condanniamo fermamente le provocazioni della parte azera, che sono state effettuate immediatamente dopo l’incontro regolare dei rappresentanti della Repubblica di Artsakh e della Repubblica di Azerbaigian, che ha avuto luogo nell’Artsakh attraverso la mediazione del comandante della forza di mantenimento della pace russa. Sullo sfondo delle discussioni avvenute tra le parti su questioni umanitarie e infrastrutturali nel contesto della necessità di eliminare immediatamente il blocco illegale dell’Artsakh, le azioni dell’Azerbajgian indicano chiaramente la sua riluttanza ad adempiere incondizionatamente ai propri impegni, compresi quelli derivanti dalla decisione della Corte Internazionale di Giustizia, in merito allo sblocco del Corridoio di Lachin. A questo proposito, riteniamo necessario che la comunità internazionale continui ad attuare mezzi concreti per esercitare pressioni sull’Azerbajgian al fine di frenare le azioni e le intenzioni distruttive di quest’ultimo, che mirano a risolvere i problemi con la forza».
«Le agenzie di stampa statali azere stanno distribuendo un video che dimostra chiaramente che un cecchino dell’Azerbajgian sta “lavorando” sulle posizioni dell’Artsakh» (Ararat Petrosyan – Caporedattore di Respublica Armenia, 3 marzo 2023 – Video).
Per confermare che il Corridoio di Berdzor (Lachin) è sempre bloccato:
1. L’emittente pubblico azero Ictimai TV mostra immagini di 61 veicoli delle forze di mantenimento della pace russe hanno attraversato la “strada Lachin-Khankendi” (traduciamo: l’autostrada interstatale Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert, bloccato da sedicenti “eco-attivisti” dal 12 dicembre 2023.
2. 9 malati di cancro che necessitavano di interventi chirurgici urgenti sono stati trasferiti dall’Artsakh/Nagorno-Karabakh in Armenia dal Comitato Internazionale della Croce Rossa. Dal 12 dicembre 2022, l’inizio del blocco da parte dell’Azerbajgian, la Croce Rossa ha trasferito 144 pazienti.
Soltanto veicoli delle forze di mantenimento della pace russe e del CICR possono transitare lungo il Corridoio di Berdzor (Lachin).
Alcuni partecipanti “civili pacifici” per “preoccupazioni ambientali” alla “protesta pacifica” che blocca il Corridoio di Berdzor (Lachin).
Il 1° marzo 2023 abbiamo condiviso il link al documento con i dati dettagliate di intelligence sul blocco azero dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh: i partecipanti (nome, organizzazione, messaggi dalla parte bloccata del Corridoio di Berdzor (Lachin) e video/dichiarazioni anti-armene), i partecipanti con una foto in uniforme militare (nome, affiliazione e informazioni aggiuntive) e le organizzazioni coinvolti (nome, ulteriori informazioni e altro). In questo documento si può verificare che siano coinvolte nel blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) solo persone vicine al regime dittatoriale di Ilham Aliyev: membri del partito al governo, organizzazioni finanziate dallo stato e così via [QUI].
«Succede ora. Al Parlamento di Azerbajgian si sta svolgendo un’udienza pubblica molto importante sul tema “Superare le montagne. Pacifico e giusto ritorno nell’Azerbaigian occidentale [Armenia]”. È diritto intrinseco di tutti gli Azerbajgiani tornare alle loro case (nell’odierna Armenia) in modo pacifico!» (Tural Ganjali, Membro del Parlamento della Repubblica di Azerbajgian, in rappresentanza della città di Khankendi [Stepanakert, Capitale della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh]. Responsabile della piattaforma di esperti “Baku Network”).
Certo, “in modo pacifico”, che è un modo di fare caratteristico degli Azeri.
«L’uomo che celebra l’espulsione di 600.000 Armeni indigeni dall’Artsakh e dall’Azerbajgian negli ultimi 35 anni ha l’audacia di negare il #ArtsakhBlockade e in qualche modo chiedere il “ritorno” di 160.000 Azeri sfollati dall’Armenia durante la guerra del 1988-1994» (Christopher Khachadour).
«Ispirato dal mio incontro con Ilham Aliyev, Presidente dell’Azerbajgian, oggi. Raccomando i contributi del Movimento dei non allineati ad un’amicizia multilaterale più forte e alla ripresa da COVID-19. Insieme, possiamo spingere per politiche idriche e climatiche integrate e per il sistema globale di informazioni sull’acqua di cui il mondo ha bisogno» (Csaba Kőrösi, Presidente della 77ª sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite).
«Questo è ciò che non va nelle ONU. Il Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Csaba Korosi, ammirando il brutale dittatore genocida dell’Azerbajgian, che sta mettendo in pericolo migliaia di vite Armene con il #ArtsakhBlockade, che finge di preoccuparsi del Covid19 solo per continuare a mantenere chiusi i suoi confini terrestri per i suoi cittadini» (Nara Matini).
«Mi sono congratulato con il Presidente Ilham Aliyev per la Presidenza di successo del Movimento dei non allineati e ho avuto un opportuno scambio sulle questioni di non proliferazione. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica continuerà a sostenere l’Azerbajgian per aumentare la sua produttività agricola e migliorare la salute attraverso le tecniche nucleari» (Rafael Mariano Grossi, Direttore Generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica).
«Apparentemente, Rafael Mariano Grossi, il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, pensa che il genocida Aliyev abbia fatto un ottimo lavoro. È vero, nessun altro dittatore può commettere orribili crimini di guerra, violazioni delle risorse umane, far morire di fame e congelare 120.000 persone in #ArtsakhBlockade e ricevere così tanti elogi dal mondo» (Nara Matini).
Ilham Aliyev – Azerbaigian – Presidente del Movimento dei Non Allineati.
L’Azerbajgian ha fornito sostegno finanziario e umanitario legato al coronavirus a più di 80 Paesi, la maggior parte dei quali della nostra famiglia del Movimento dei Non Allineati attraverso canali bilaterali o l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Salve Signor Presidente Dittatore Comandante in Capo delle Forze Armate dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, grazie che ci tiene informati che insieme alla diplomazia del caviele funzione anche la sanità del caviale. Anche oggi si è sporcata le mani con il sangue del popolo Armeno in Artsakh? A proposito, Artsakh è Armenia.
Il Primo Ministro dell’Armenia al Bundestag: l’Azerbajgian sta preparando un’aggressione su larga scala contro l’Armenia
In visita nella Repubblica Federale Tedesca, il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan, oggi 3 marzo 2023 ha avuto al Bundestag un incontro con i membri del Comitato per le relazioni estere presieduto da Michael Roth. Pashinyan ha tenuto un discorso, di cui seguo stralci nella nostra traduzione:
«(…) In generale la situazione rimane tesa, in primis a causa del continuo blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. Sfortunatamente, nonostante la decisione della Corte Internazionale di Giustizia, l’Azerbajgian non ha ancora aperto il Corridoio di Lachin. Vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che la decisione della Corte Internazionale di Giustizia ha forza giuridicamente vincolante. Penso che questa sia una situazione che dovrebbe essere discussa a livello internazionale, perché è inaccettabile lasciare la decisione della Corte internazionale di Giustizia senza una reazione, in particolare, quando la crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh continua e una reazione internazionale è necessario.
A proposito, cosa è molto importante in questo contesto? Sono più di 80 giorni che il Corridoio di Lachin è chiuso, e durante questo periodo l’Azerbajgian insiste affinché il Corridoio di Lachin non sia chiuso, ma aperto. La decisione della Corte internazionale di Gustizia è molto importante per chiarire questo problema, perché la corte ha dichiarato che il Corridoio di Lachin è chiuso e dovrebbe essere aperto. (…)
Penso che dovremmo lavorare insieme per evitare che la situazione sfugga al controllo.
Ma la domanda più importante è perché l’Azerbajgian lo sta facendo. Siamo sicuri che l’obiettivo dell’Azerbajgian sia effettuare la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh e rimuovere gli Armeni dal Nagorno-Karabakh. Penso che l’ultima dichiarazione del Presidente dell’Azerbaigian Aliyev lo dimostri, perché Aliyev ha affermato che il Corridoio di Lachin è aperto agli Armeni che vogliono lasciare il Karabakh (…).
Si teme che questo sia solo l’inizio dell’escalation nel Nagorno-Karabakh, forse anche lungo il confine tra Armenia e Azerbajgian, perché l’Azerbajgian continua a esprimere pensieri aggressivi, una retorica aggressiva. Sapete che lo scorso settembre l’Azerbajgian ha avviato un’aggressione su larga scala contro l’Armenia, occupando i territori sovrani dell’Armenia. Ma, d’altra parte, abbiamo raggiunto un accordo a Praga, secondo il quale Armenia e Azerbajgian si riconoscono reciprocamente l’integrità territoriale e la sovranità, sulla base dell’Accordo di Alma Ata del 1991, il che significa che i confini amministrativi degli stati sovietici si trasformano in confini statali. La dichiarazione di Alma Ata riguardava il crollo dell’Unione Sovietica e la creazione della Comunità degli Stati Indipendenti. 13 ex stati sovietici hanno acconsentito.
A proposito, abbiamo anche raggiunto un accordo a Praga secondo cui il processo di delimitazione dei confini tra Armenia e Azerbajgian si baserà sullo stesso accordo di Alma Ata. La sorpresa è stata che in seguito il Presidente dell’Azerbajgian ha annunciato che la delimitazione dovrebbe essere basata su mappe storiche. Sapete, è molto difficile spiegare cosa significhi. Forse la nuova iniziativa del Presidente dell’Azerbajgian può chiarire questa situazione, perché recentemente abbiamo assistito alla presentazione della cosiddetta iniziativa “Azerbajgian occidentale”, e l’idea generale di questa iniziativa è che l’intero territorio della Repubblica di Armenia appartiene all’Azerbajgian e la capitale dell’Armenia è una città azera, ecc.
La nostra valutazione è che tutto questo, il blocco del Corridoio di Lachin, la cosiddetta iniziativa “Azerbajgian occidentale”, sia una preparazione per un’aggressione su larga scala contro l’Armenia.
A proposito, vorrei attirare la vostra attenzione su un’altra situazione molto importante. Ieri abbiamo avuto una discussione alla Commissione affari esteri tedesco e alcuni dei nostri colleghi hanno parlato del cosiddetto “Corridoio di Zangezur”. Ho chiesto ai nostri colleghi di stare attenti perché a volte la stessa parola può avere significati diversi in regioni diverse e in circostanze politiche e geopolitiche diverse. Solitamente in Europa per corridoio si intendono percorsi che forniscono servizi di trasporto di migliore qualità, ecc. Ma la nostra situazione è che abbiamo un punto legalmente concordato sul corridoio nel 2020. nella nostra dichiarazione tripartita del 9 novembre, che ha posto fine alla guerra in Nagorno-Karabakh.
Quindi abbiamo solo un punto in termini di corridoio lì ed è il Corridoio di Lachin, che è attualmente bloccato. Il Corridoio di Lachin è stato istituito per stabilire un collegamento tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh. Il Corridoio di Lachin non è una strada diretta, è una zona di sicurezza con una larghezza di 5 km e, secondo il punto pertinente della dichiarazione, il Corridoio di Lachin dovrebbe essere fuori dal controllo dell’Azerbajgian e dovrebbe essere sotto il controllo delle forze di mantenimento della pace russe.
Nella stessa dichiarazione abbiamo il punto 9, che riguarda l’apertura di tutte le rotte di trasporto ed economiche nella nostra regione. E sì, c’è un punto in cui l’Armenia dovrebbe fornire un collegamento tra le regioni occidentali dell’Azerbajgian e la Repubblica Autonoma di Nakhichevan, ma non ha senso che quelle rotte debbano essere al di fuori del controllo dell’Armenia. Quel percorso dovrebbe funzionare nel contesto dell’apertura di strade e ferrovie nella nostra regione. Devo dire che l’Armenia è pronta ad aprire tutte le comunicazioni anche oggi. Ma ogni volta che proviamo a farlo, l’Azerbajgian afferma che queste rotte non dovrebbero essere sotto il controllo e la legislazione dell’Armenia, il che è totalmente inaccettabile per noi. (…)
Il problema è come introdurre unilateralmente qualcosa in una dichiarazione tripartita. Questo è assolutamente assurdo. Pertanto, vorrei che questa frase non fosse usata, perché significherebbe sostenere le ambizioni territoriali dell’Azerbajgian contro l’Armenia. Ma, d’altra parte, confermo ancora una volta che siamo pronti ad aprire. Inoltre, da più di sei mesi abbiamo una bozza di decisione del governo per aprire tre posti di blocco al confine tra Armenia e Azerbajgian, ma ogni volta che proviamo ad adottare questa decisione, la parte azera fa molto rumore, dicendo perché vuole un posto di blocco da aprire vicino ai nostri confini senza essere d’accordo con noi.
Questa è la situazione generale, ma penso che dovremmo concentrarci sull’agenda di pace. Come sapete, il nostro governo si è assunto la responsabilità dell’agenda di pace, io sono personalmente impegnato nell’agenda di pace e nella democrazia, perché credo che democrazia e pace vadano di pari passo, e poiché la democrazia è una strategia per noi, siamo interessati alla pace, quindi che possiamo avere la pace nel nostro Paese per garantire il continuo sviluppo della democrazia, dell’economia e della libertà. Questa era la valutazione generale della situazione».
Quel giorno gli Azeri hanno bombardato i miei ricordi, hanno strappato le immagini delle strade di Stepanakert, delle chiese di Shushi, forse, dei siti archeologici di Tigranakert.
«La memoria serve a comprendere meglio il nostro presente. Il passato ci spiega» (Olga Rodriguez).
«Noi, nella nostra finitezza umana, ancor più abituati a un’esistenza sempre più volatile, che si muove alla velocità di un click e che abbiamo la memoria effimera delle notizie, tendiamo a vedere i confini come limiti inamovibili, eterni. La maggior parte di loro è stata tracciata negli ultimi 150 anni e non smettono di rompersi negli ultimi decenni e ne emergono di nuovi» (Andres Mourenza).
Un breve tragitto ci allontana da Shusi, forse poco più di dieci minuti, e saliamo su un’ampia spianata dove alcuni grossi massi impediscono il traffico veicolare, e dove dobbiamo proseguire a piedi. Nonostante debba essere una zona abbastanza frequentata, visto che c’è un ampio parcheggio, una sbarra e persino una cabina che, supponiamo, deve appartenere a una guardia giurata che non era in servizio, non abbiamo quasi trovato nessuno in quella zona, luogo inospitale e spettacolare, dove era stata decisa, dopo le gesta del Monte Melkonian nel Corridoio di Lachín, Katchén e Martuni – dove era morto in combattimento l’eroe armeno e capo dell’ASALA-, la fine della guerra, come fu José Antonio Gurriaran racconta nel suo libro Armeni: «Shushi doveva essere conquistato, per evitare i continui bombardamenti che gli Azeri lanciavano dalla fortezza a Stepanakert. Un carro armato armeno ebbe un ruolo chiave nell’operazione militare, grazie a uno stratagemma che diede i suoi frutti. Stava camminando su questo pendio seguito da soldati armeni e karabaghiti, mentre sparava con il suo cannone a Shushi. Gli Azeri concentrarono tutte le loro forze e i colpi per fermare la sua marcia e quella delle truppe che lo accompagnavano, convinti che la grande offensiva venisse da qui. Si trattava di attirare l’attenzione sulla parte posteriore della collina, che presenta grandi precipizi e scogliere teoricamente inespugnabili. Non sapevano che un gruppo di soldati armeni, abituati alle alte montagne, armati di mani e corde, stavano in quel momento scalando il burrone».
Abbiamo anche guardato oltre quel precipizio, teatro della battaglia decisiva per l’indipendenza del Karabakh, un piccolo esercito che la fortuna ha voluto radunare in questa parte dimenticata del mondo, ognuno con i propri sogni e ideali, anche con le proprie lotte e bandiere, godendosi la quiete di quel paesaggio sereno dove, non molto tempo fa, risuonavano le detonazioni di cannoni e fucili, e i soldati di entrambe le parti innaffiavano questa terra con il loro sangue. Il paesaggio è rimasto immutabile, forse per secoli, ignaro del passaggio degli uomini, e ad accentuare la pace che quelle montagne trasmettevano, abbiamo sentito il gemito di un violino, che ha fatto volgere lo sguardo a noi cinque verso il luogo da cui proveniva la melodia: era una giovane donna solitaria, che sembrava giocare per i fantasmi che vagavano per quegli abissi.
Sparai, con la mia arma più innocua, e catturai alcuni frammenti di quelle montagne verdi, e non trovai nemmeno resistenza a sparare ai miei compagni, e me stesso tra loro, per catturare uno di quei ricordi che riassumevano, forse come nessun altro, il nostro viaggio attraverso questa repubblica ribelle, di cui aveva cercato, non sempre con successo, i confini sulle mappe. Ognuno di loro trascorse qualche minuto a guardare oltre le rocce, anche se forse erano gli occhi sognanti di Lala a brillare di più, desiderando che i giovani dell’Artsakh non dovessero mai più rischiare la vita su quelle rocce per difendere la loro terra, un desiderio che penso condividiamo tutti, anche se non l’abbiamo verbalizzato. Forse non era necessario.
Forse non siamo altro che ricordi, immagini che invecchiano con noi nella memoria, per solleticare il nostro cuore quando il grigio ci investe, o per forzare le nostre cicatrici quando appaiono sulle pagine dei giornali o sui titoli dei telegiornali, i luoghi dove eravamo felici, anche se effimera.
Dal 27 settembre non ho smesso di rivedere le pagine di quel taccuino di viaggio che ho scritto due anni fa, quando sono stato catturato dalla terra, dai profumi, dai sorrisi e dai paesaggi dell’Armenia. Quel giorno gli Azeri hanno bombardato i miei ricordi, hanno strappato le immagini delle strade di Stepanakert, delle chiese di Shushi, forse, dei siti archeologici di Tigranakert, e ancora oggi, nonostante la proclamazione di un cessate il fuoco incruento, continuano a colpire con la loro pioggia di missili Grad.
«I bombardamenti sono continuati da parte dei gruppi terroristi azerbajgiani, ma fortunatamente i nostri parenti in Artsakh non sono stati feriti, si nascondono sempre sottoterra». Lala, la nostra hostess, con la quale abbiamo condiviso quell’escursione alla Gola di Shushi, mi ha scritto qualche ora fa, e non posso fare a meno di sentire il calore di quel sorriso con cui ci ha raccontato come i volontari del Karabagh sono saliti lì per liberare la città, nella guerra che ha devastato l’Alto Karabakh tra il 1988 e il 1994, e il suo desiderio di una pace duratura. Quello stesso giorno avevamo visitato la chiesa di Ghazanchetsots, la stessa che è stata un obiettivo militare delle forze azere, come mi ha detto anche Lala: «Onestamente, al momento non esiste un posto sicuro in Artsakh. La chiesa più antica di Shushi è stata distrutta poche ore fa. A proposito di questa situazione: ogni giorno diventa più orribile. I bombardamenti sono stati effettuati non solo a Stepanakert ma anche nelle città di Shushi, Hadrut, Askeran, Martakert…».
La guerra continua per Lala, per migliaia di giovani dell’Artsakh che sono stati costretti ad abbandonare la loro terra, o a difenderla, mentre lei lascia le pagine dei giornali, i titoli dei telegiornali, mentre il mondo smette di ascoltare le bombe, gli urli de “i nessuno, che costano meno della pallottola che li ammazza”, come diceva Galeano.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-03 14:09:362023-03-06 14:10:11Ottantaduesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Gli urli dei nessuno, che costano meno delle pallottole che li ammazza (Korazym 03.03.23)
Questo articolo si basa su di una serie di articoli pubblicati in origine da [en, come tutti i link seguenti, se non altrimenti indicato] Chaikhana Media. La presente è una versione modificata pubblicata secondo un accordo di condivisione di contenuti.
Sempre più giovani e professionisti del Caucaso meridionale cercano opportunità all’estero a causa della disoccupazione locale, la mancanza di opportunità di lavoro accettabili e la scarsità di prospettive per il futuro nel proprio paese. L’ambiente in costante declino per lo spazio civile esacerba ulteriormente la situazione. Il CIVICUS Monitor che analizza le libertà civili posiziona l’Azerbaigian nella categoria “escluse”, l’Armenia tra le “impedite,” e la Georgia tra le “limitate.” Al contempo, il rapporto 2021 sull’avanzamento dei giovani emesso dal Forum europeo per la gioventù posiziona l’Armenia al 43esimo posto, la Georgia al 53esimo e l’Azerbaigian all’83esimo nel suo indice di avanzamento dei giovani valutando 150 paesi.
Secondo questo studio sull’indice globale di fuga dei cervelli della Global Economy, l’Armenia si posiziona al primo posto nella “fuga di cervelli ed emigrazione umana”, seguita da Georgia ed Azerbaigian.
Armenia
Il governo armeno ha adottato diverse misure per ostacolare la fuga di cervelli, che non hanno avuto un forte impatto. Nel maggio 2021 il governo ha approvato un piano di azione [hy] che mira a “prevenire la fuga di cervelli riducendo i flussi indesiderati di emigrazione dal punto di vista dello sviluppo umano sostenibile dell’Armenia.” Il “programma strategico 2014–2025 per lo sviluppo prospettico della Repubblica Armena” nota che la comunità scientifica armena ha particolarmente sofferto dalla caduta dell’Unione Sovietica.
Studi recenti evidenziano come il lavoro sia la maggior spinta all’emigrazione dal paese. I partecipanti allo studio “Captare la migrazione in Armenia e nei contesti regionali” del 2022 condotto dalla Caucasus Research Resource Center-Armenia Foundation (CRRC-Armenia) hanno riportato che le preoccupazioni legate alla sicurezza ed al lavoro sono le principali motivazioni dell’emigrazione. Ciononostante, uno studio del 2021 della CRRC-Armenia ha riscontrato che la maggior arte delle persone residenti in Armenia sono più interessate ad una migrazione temporanea (57 % degli interpellati) anziché ad una ricollocazione permanente (33 %).
Uno studio dell’Organizzazione Internazionale per l’Emigrazione raccomanda diversi passi da compiere per ridurre l’emigrazione, tra cui il miglioramento dell’istruzione, maggiori possibilità di impiego, sforzi per ridurre le ineguaglianze e collaborazione con la diaspora.
Ma queste iniziative non hanno impedito ai giovani armeni di partire, come la 27enne Nora Galstyan, che ha detto a Chaikhana Media nell’intervista di “essere fuggita dalla vita e dalla realtà dell’Armenia.” Galstyan è residente in Germania ed opera come specialista nella gestione delle risorse umane. In Armenia, ha raccontato a Chaikhana Media, combatteva giornalmente per le cose basilari quali la libertà di prendere le proprie decisioni. “La richiesta costante di spiegazioni, scuse e giustificazioni era estenuante e, a un certo punto, mi sono resa conto di non poter più vivere in quella maniera”, racconta nell’intervista.
Georgia
Nella vicina Georgia la situazione non è molto migliore a causa della mancanza di una riforma dell’istruzione e pochi incentivi al lavoro.
Quattro mesi dopo la pandemia il 21enne Nika Gogitidze ha smesso di cercare lavoro in Georgia ed ha ripreso gli studi di scienze informatiche in Qatar. Era rientrato a casa all’inizio del lockdown COVID-19 ma, dopo mesi di ricerche infruttuose, ha compreso che le sue capacità non servivano nel suo paese nativo.
L’emigrazione di risorse intellettuali è un problema complesso in Georgia, che ha una crescita demografica e risorse intellettuali limitate, come fa notare Natia Gorgadze, ricercatrice specializzanda in istruzione e program manager al Centro per l’integrazione Civile e le relazioni interetniche, che racconta a Chaikhana Media:
Sfortunatamente oggi il mercato del lavoro del nostro paese è di portata limitata. Ci sono settori dove è praticamente impossibile trovare lavoro o un salario decente. Perciò gli specialisti che si trovano in altri paesi ed hanno avuto successo professionale, ovviamente, a lungo termine lasciano il proprio paese.
Altri citano problemi del sistema educativo, come l’economista ed imprenditrice Marina Pkhovelishvili. Secondo la Pkhovelishvili, è la mancanza di infrastrutture in grado di creare abilità a spingere i giovani a restare all’estero per completare gli studi. Pkhovelishvili ha detto a Chaikhana Media “Sfortunatamente, la Georgia non è caratterizzata da molte infrastrutture tecnologiche, da cui deriva il principale fattore trainante del processo di fuga dei cervelli” .
La 25enne Teona Dolidze è solo una dei molti giovani georgiani che è partita a causa di queste mancanze. In un’intervista a Chaikhana Media, Dolidzeha detto di non essere stata in grado di trovare un istituto in Georgia in grado di offrirle l’istruzione desiderata in viticultura. Di conseguenza ha trovato migliori opportunità in Italia, dove si trova ora.
Azerbaigian
Anche in Azerbaigian la fuga di cervelli non è nulla di nuovo. Ma, a differenza di Armenia e Georgia, qui lo stato ha deliberatamente sviluppato programmi di studio per mandare gli studenti azeri a studiare all’estero nel tentativo di far crescere il capitale umano che sarebbe poi tornato a casa a condividere le proprie conoscenze. Più di recente il governo ha varato un programma per invogliare i giovani a studiare all’estero le professioni più richieste per sviluppare questi settori in patria. Il programma promette di sovvenzionare l’istruzione di 400 studenti all’anno che siano stati accettati in programmi universitari e master all’estero. Ad oggi, su 673 richiedenti solo 80 sono stati selezionati per programmi di laurea, e 149 per master. Come nei precedenti programmi di istruzioni sponsorizzati dal governo, ci si aspetta che anche questi studenti tornino in Azerbaigian dopo la laurea e ci lavorino per cinque anni.
Ma gli esperti nell’istruzione e nella migrazione fanno presente che l’iniziativa fallisce nel risolvere la miriade di cause che sono alla base della fuga di cervelli. La principale tra esse è la mancanza di possibilità di lavoro [az] per i neolaureati e la mancanza di istruzione di qualità fornita in patria. Uno studio [az] dell’ottobre 2022 da parte del del Ministero del Lavoro e della Protezione Sociale del Popolo riporta che una persona su 25 tra i 20 ed i 25 anni non è in grado di trovare un lavoro in Azerbaigian. Di conseguenza, sebbene ci siano poche statistiche ufficiali in merito all’emigrazione dall’Azerbaigian, studi internazionali dimostrano che ci sia stato un costante aumento negli ultimi cinque anni, a seguito di un periodo di valori discendenti.
La mancanza di lavori ben retribuiti — o in generale di prospettive di lavoro — unita a norme sociali obsolete sta togliendo a molti studenti l’interesse a ritornare.
Ulkar Mammadzada, 29 anni, ha ricevuto una borsa di studio governativa sulla base di una precedente ripetizione del programma, in vigore dal 2007 al 2015. Ora lavora a Dubai come responsabile degli investimenti all’Hilton Worldwide.
Anche se il governo ha buona cura degli studenti che seguono il programma, Ulkar ha detto di non aver mai lavorato in Azerbaigian e di essersi trasferita a Dubai a seguito di una proposta di lavoro dopo la laurea. “Mi ricordo di aver fatto un colloquio con il presidente [Ilham Aliyev], che mi ha detto ‘non ci interessa se i nostri laureati restano all’estero, perché continuano a rappresentare il Paese all’estero Non ci sono troppi azeri all’estero, perciò è una buona rappresentanza’. Quindi io mi sono basata su queste parole” ha raccontato a Chaikhana Media.
“Mi piacerebbe lavorare in Azerbaigian se potessi davvero fare la differenza.. uno dei motivi per cui volevo lasciare l’Azerbaigian è stato che c’era troppa ingiustizia e ineguaglianza in troppe cose. Era così demotivante, non voglio che [l’ingiustizia] capiti a me. Non voglio restare bloccata la in cerca di un lavoro.”
Altri, come Osman Gunduz, che dirige l’Azerbaigian Internet Forum, sperano. Parlando a Chaikhana Media, Gunduz ha citato l’apertura di parchi tecnologici ed industriali e l’apertura di nuove infrastrutture energetiche verdi affinché gli studenti al momento impegnati in programmi di istruzione all’estero possano tornare in Azerbaigian e trovare posizioni idonee entro i prossimi tre-cinque anni.
Ma se i tre paesi del Caucaso meridionale riusciranno ad invertire la costante fuga di cervelli resta da vedere.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-03-03 14:08:032023-03-06 14:09:23Il Caucaso meridionale ha un problema di fuga di cervelli (Globavoices 03.03.23)
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