Cinquantaduesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Vardanyan: abbiamo il diritto di affermare che non possiamo vivere sotto l’Azerbajgian (Korazym 01.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.02.2023 – Vik van Brantegem] – Nel 52° giorno del #ArtsakhBlockade da parte delle autorità azere, nessun cambiamento è stato registrato in Artsakh/Nagorno Karabakh. Il blocco dell’autostrada interstatale Goris-Stepanakert continua ad essere in atto, con i veicoli delle forze di mantenimento della pace russe e del Comitato Internazionale della Croce Rossa gli unici ad essere autorizzati dall’Azerbajgian a entrare e uscire dal territorio dal 12 dicembre 2022. Prosegue il crimine umanitario alla luce del sole, che richiede non solo attenzione ma l’azione energica e risolutiva della comunità internazionale. Se gli USA, la Francia, la Russia e l’Occidente non agiscono, potremmo assistere ancora una volta ad un’altra tragedia armena e alla perdita di vite umane da cui il mondo sarà sconvolto troppo tardi. La condotta dell’Azerbajgian è del tutto inaccettabile per un mondo civilizzato, che rispetto ai crimini contro l’umanità del passato esclama: “Non lo sapevamo”. “Mai più”.

Intanto, uno che si immagina dovrebbe sapere meglio cosa significa genocidio, l’ex generale Yoav Galant, Ministro della Difesa dello Stato di Israele, oggi ha scritto in un post su Twitter: «Questa mattina ho parlato con i miei partner in Azerbajgian, il Ministro della Difesa, Col. Gen. Hasanov e il Capo del Servizio di Frontiera di Stato, Col. Gen. Guliyev. Abbiamo discusso degli importanti legami di difesa tra i nostri Paesi ed espresso il nostro impegno ad approfondire ulteriormente la cooperazione». Ecco, gli Armeni come i Palestinesi.

«Il legno viene venduto per le strade di Stepanakert. 1000 AMD (2 euro) per un fascio. Il legno di quercia è il migliore. Brucia a lungo e si riscalda bene. Me lo ricordo dalla prima guerra del Karabakh, quando gli appartamenti venivano riscaldati con stufe a legna, come tanti oggi» (Marut Vanyan, giornalista freelance a Stepanakert).

Il regime di Aliyev si è perso nelle sue stesse bugie sul #ArtsakhBlockade. Il Capo della Delegazione azera al Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, Elnur Mammadov, Viceministro degli Esteri della Repubblica di Azerbajgian ha dichiarato: «La strada resta aperta e sotto il controllo delle forze di mantenimento della pace russe». Elchin Amirbayov, Assistente del Primo Vicepresidente dell’Azerbajgian, Mehriban Aliyeva (moglie del Presidente Ilham Aliyev), Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica dell’Azerbaigian (è stato il primo Ambasciatore azero presso la Santa Sede nel 2005, oggi Ministro degli Esteri azero ombra): «Baku dà libero accesso alla strada al Comitato Internazionale della Croce Rossa. Consente inoltre la libera circolazione alle forze di mantenimento della pace della Russia». Al coro del corpo diplomatico azero – abbiamo già menzionato gli Ambasciatori azeri in Francia e in Germania – si è aggiunta la voce di Leyla Abdullayeva, Ambasciatrice dell’Azerbaigian in Francia, che nega categoricamente il #ArtsakhBlockade e la crisi umanitaria che il suo regime ha creato in Artsakh: «L’Armenia ha avuto 4 settimane di tempo da quando ha presentato la richiesta al Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite per raccogliere prove del presunto blocco della strada [per nessun motivo viene usato la parola “Corridoio”] di Lachin. DOVE SONO?”.

In realtà, lei e i suoi simili stanno semplicemente fornendo quelle prove con le loro parole. Insistendo sui convogli della Croce Rossa e delle truppe russe fa nient’altro tranne chiarire che c’è un blocco sistemico al passaggio di altri mezzi.

Siamo nel 52° giorno del #ArtsakhBlockade e il corpo diplomatico dell’Azerbajgian pensa ancora che il Comitato Internazionale della Croce Rossa e le forze di mantenimento della pace russe siano il nuovo Uber.

Ricevono chiamate giornaliere dagli Stati Uniti, dalla Francia, dalla Russia, dall’Unione Europea e da altri Paesi, con la richiesta per aprire il Corridoio di Berdzor (Lachin). Pensano che la gente continua a credere alle lore sciocchezze? Beh, forse quelli che sono sul libro paga del terrorista Aliyev.

Molti Azeri nei commenti sui social negano il blocco, condividendo nel contempo le foto delle auto della Croce Rossa e delle truppe russe, come negano anche le esecuzioni di prigionieri di guerra e civili armeni, mentre i social sono piena di prove video dei loro orrendi crimini e di molti inaccettabili abusi personali, da fonti azeri.

«Stiamo lavorando per garantire la continuità dei servizi sanitari di emergenza e di ambulanza lungo il Corridoio di Lachin. Abbiamo facilitato il passaggio sicuro di 60 pazienti che necessitano di cure mediche urgenti. I nostri team hanno anche consegnato medicine, latte artificiale e cibo alle strutture sanitarie. Poiché questa situazione ha portato alla separazione di alcune famiglie, dall’inizio di gennaio abbiamo facilitato il trasferimento di 95 persone attraverso il Corridoio di Lachin. Ciò avviene in accordo con le parti e sulla base dei desideri dei familiari interessati» (Comitato Internazionale della Croce Rossa, 1° febbraio 2023. A commento delle foto qui sopra su Twitter).

Apparentemente non c’è un #ArtsakhBlockade da 52 giorni. È solo il Comitato Internazionale della Croce Rossa che prende il controllo dei trasporti lungo il Corridoio di Lachin (insieme al Ministero della Difesa della Federazione Russa).

«Sostegno dei bambini armeni che vivono in Francia ai bambini armeni che vivono in Artsakh» (Liana Margaryan).

«Credo che la Russia, la Francia e gli Stati Uniti, in quanto Copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE, e in quanto attori che comprendono la complessità del conflitto dell’Artsakh, possano unirsi ed esercitare insieme una forte pressione sull’Azerbajgian. La mia intervista a The Armenian Mirror-Spectator [QUI]» (Ruben Vardanyan).

Complimenti ad Arum Arkun per questa esemplare intervista-articolo Il Ministro di Stato Vardanyan rinnova l’appello a sostenere l’Artsakh del 28 gennaio 2023, pubblicata da The Armenian Mirror-Spectator il 31 gennaio, che mette in luce la difficile situazione dell’Artsakh e della sua gente sotto il brutale blocco del dittatore di Baku e la forte volontà dell’Artsakh di sopravvivere e prosperare nonostante tutte le avversità e l’apparente indifferenza del “mondo civilizzato” dell’Occidente che, come afferma giustamente il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Ruben Vardanyan, invece di applicare sanzioni al prepotente dittatore guerrafondaio Ilham Aliev e di effettuare un immediato ponte aereo umanitario a Stepanakert, è impegnato a non fare nulla o a offrire banalità verbali nell’interesse della convenienza politica. La diaspora armena, specialmente in Occidente, sta svolgendo un ruolo molto importante e chiaro, un punto che viene opportunamente evidenziato anche in questa intervista, da svolgere nel fare pressioni sui rispettivi governi, affinché procedano con le sanzioni contro il brutale prepotente di Baku e per avviare un ponte aereo umanitario immediato a Stepanakert. Si fece per Berlino circondato dal blocco sovietico e nessun aereo fu abbattuto da Mosca, come adesso minaccia di fare Baku. Comunque, il Ministro di Stato dell’Artsakh ha affermato «che non si tratta di morire di fame e di morire per mancanza di cibo, ma della pressione a rinunciare al proprio diritto fondamentale di essere indipendenti, di autodeterminare il proprio futuro e di autodeterminare il proprio diritto a vivere nella propria patria con il tuo Stato di diritto».

In altre parole, si tratta di un blocco politicamente motivato da parte dell’Azerbajgian, volto a distruggere la capacità dell’Artsakh di continuare a essere un’entità separata e autonoma.

Al riguardo, l’Azerbajgian può rivendicare l’Artsakh come interamente suo proprietà come vuole (senza gli Armeni che ci abitano da migliaia di anni), ma il diritto internazionale non è così chiaro. Poi, è ironico che quelli più inclini a liquidare l’Artsakh come un vassallo della Russia, siano le stesse voci che cercano di avallare le manipolazioni etniche del dittatore sovietico Joseph Stalin. E comodamente dimenticano che l’Artsakh si è dichiarato indipendente dall’Unione Sovietica, prima dell’Azerbajgian e che non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian post-sovietico.

«Regional İnkişaf İctimai Birliyi (RİİB), un’organizzazione governativa dell’Azerbajgian, ha organizzato ieri a Shushi un evento per la “Giornata della Gioventù dell’Azerbajgian”. RİİB è stata fondata con l’aiuto della Fondazione Heydar Aliyev. Lo scopo principale dell’organizzazione, secondo il loro sito web, è partecipare alla vita socio-economica, sociale e culturale del Paese, aiutare a costruire la società civile e sostenere i programmi di sviluppo sponsorizzati dal governo nelle regioni. Gli studenti sono stati portati da Baku in autobus per continuare a bloccare il Corridoio di Lachin e hanno ricevuto sacchetti regalo e snack. Questo piccolo viaggio sul campo sembra essere stato organizzato per mostrare ai giovani Azeri come creare una crisi umanitaria e come intrappolare 120.000 Armeni nell’Artsakh. Che bella gita scolastica. Insegnare l’odio e l’ignoranza in così giovane età. Che bella organizzazione governativa e governo per consentire che azioni così ripugnanti vengano mostrate alla tua giovinezza. Che tipo di esempio stai dando per il futuro della tua nazione instillando l’odio dentro di loro?
Un corso di perfezionamento sulla pulizia etnica insegnato ai giovani non permetterà mai che questo conflitto si plachi. Come possiamo parlare di pace e di ripristinare le relazioni reciproche se l’Azerbajgian continua a diffondere l’armenofobia sponsorizzata dallo Stato in tutta la sua popolazione? Questo è solo un altro esempio di odio contro gli Armeni sponsorizzato dallo Stato che deve essere schiacciato prima che il seme continui a crescere. Credo che sia troppo tardi e trovare una soluzione ragionevole al conflitto azero-armeno sembra essere fuori portata se questo tipo di comportamento deve continuare per l’Azerbajgian, e sicuramente continuerà dato gli atti di Aliyev» (Varak Ghazarian – Medium, 1° febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Studenti della Scuola N. 8 di Stepanakert, 1° febbraio 2023. «52 giorni di blocco non spezzeranno lo spirito dei nostri figli, della nostra gente. L’Azerbajgian non spezzerà la nostra motivazione, il nostro diritto alla vita e la nostra volontà di prosperare. L’Artsakh è forte. L’Artsakh prospererà» (301, 1° febbraio 2023. Riprese di Margarita Petrosyan).

Il criminale sabotaggio degli Azeri è un piano calcolato per eliminare gli Armeni dell’Artsakh
Karabakh.it-Iniziativa italiana per il Karabakh, 1° febbraio 2023

Per Andranik Khachatryan, Direttore della società ArtsakhEnergo che distribuisce energia elettrica in Artsakh/Nagorno-Karabakh, sono settimane ancor più frenetiche del solito. Ogni giorno deve cercare di far quadrare i conti, ovvero rifornire di elettricità i 120.000 Armeni che popolano la regione. Sono trascorsi infatti più di 20 giorni dal guasto (o più probabilmente, sabotaggio) dell’unica linea elettrica aerea ad alta tensione (110 kV) che alimenta l’Artsakh/Nagorno-Karabakh dall’Armenia. E gli Azeri impediscono qualsiasi intervento di riparazione.

L’incidente dell’elettrodotto in ingresso ad Artsakh dall’Armenia è avvenuto il 9 gennaio, nella seconda metà della giornata, secondo i dati registrati dalle relative apparecchiature di ArtsakhEnergo, nella tratta Berdzor-Aghavno, al 30° km del linea aerea. Quella sezione è completamente sotto il controllo degli Azeri; cioè, anche se il Corridoio di Lachin venisse riaperto, gli specialisti armeni non possono avvicinarsi al luogo dell’incidente senza il permesso degli Azeri. Se gli Azeri consentono agli specialisti armeni di avvicinarsi all’area, è possibile riparare i danni in poche ore.

Si capisce ora per quale motivo nello scorso agosto l’Azerbajgian impose – in violazione dell’accordo di tregua del novembre 2020 – lo slittamento più a sud del Corridoio di Lachin: non solo per occupare Berdzor, Aghavno e Sos ma anche per avere pieno controllo sulla linea elettrica che arriva dall’Armenia. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

“È difficile dire inequivocabilmente se l’incidente sia tecnico o il risultato di un intervento collaterale. Tenendo conto che gli Azeri non ci hanno dato l’opportunità di eseguire lavori di riparazione dell’incidente per quasi un mese, ciò fa sospettare che ci è stato un intervento artificiale. Inoltre, l’incidente non ha avuto gravi conseguenze e può essere ripristinato in poche ore“, dice Andranik Khachatryan alla stampa.

Al momento l’elettricità viene fornita in Artsakh dalla centrale idroelettrica di Sarsang, ma la sua capacità è limitata, e se questa situazione persiste, sorgeranno seri problemi perché il bacino idrico si svuoterà rapidamente e non vi sarà acqua per irrigare i campi in primavera (compresi quelli azeri…).

Per sopperire alla mancanza di corrente è stato fatto un programma di interruzioni di corrente: prima due ore al giorno, poi 4 ore, poi 6 ore salvo ulteriori incrementi se necessario.

È stata interrotta l’erogazione alle grandi aziende energivore e questo ha inevitabilmente una ricaduta sull’economia di tutto il Paese sia in termini economici che sociali; anche per le contemporanee interruzioni – sempre per sabotaggio azero – della fornitura del gas.

Ma questo è esattamente quello che il dittatore azero Aliyev vuole. ARTSAKH RESISTI!

Artsakh, il conflitto invisibile. «Anche fare una zuppa è impossibile».

Il racconto delle sofferenze subite dalla popolazione dell’Artsakh, dopo che sedicenti ambientalisti azeri dal 12 dicembre 2022 hanno bloccato il Corridoio di Berdzor (Lachin), unica via di comunicazione tra l’enclave e l’Armenia. Nel video di Artak Beglaryan, Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, si raccontano le difficili condizioni di vita di bambini, anziani, malati e disabili. La gente è stata costretta a ricorrere alla legna per riscaldare le case, scuole e asili sono stati chiusi, negli ospedali le operazioni chirurgiche sono state sospese. Gli abitanti hanno ricevuto dei voucher che garantiscono ogni mese una quantità stabilita di grano saraceno, pasta, riso, olio e zucchero. «Ma anche fare una semplice zuppa è diventato impossibile». Il video è stato mostrato in anteprima all’incontro Karabakh. Il conflitto invisibile. Cosa sta succedendo alla popolazione dell’Artsakh che – come abbiamo annunciato – si è svolto martedì 31 gennaio 2023 a Milano, cui hanno partecipato la scrittrice Antonia Arslan e Mario Mauro, già Ministro della Difesa e Vicepresidente del Parlamento Europeo, con la moderazione di Emanuele Boffi, Direttore di Tempi.

Conflitto Azerbaigian-Armenia, l’Europa in campo con una missione civile
di Giampiero Cinelli
The Watcher Post, 30 gennaio 2023

Mentre i riflettori dei grandi media internazionali sono puntati sull’Ucraina, non molto lontano, nel Caucaso meridionale. si è riacceso lo scontro tra Azerbaigian e Armenia per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, territorio conteso tra le due nazioni, in cui sussiste l’autoproclamata Repubblica indipendente dell’Artsakh, filo-armena, che conta 120.000 abitanti. Queste vicende sono poco conosciute a livello di massa, pur originando dalla storia dell’Unione Sovietica (precisamente con Stalin) e culminando con la sua fine, nel 1991, quando il clima nella regione diventa tumultuoso. Oggi la questione è importante perché coinvolge gli interessi della Russia e della Turchia, ma anche dell’Europa, che tratta con l’Azerbaigian per le forniture di gas alternative a quelle di Putin. Vista la situazione difficile, l’Unione Europea ha recentemente iniziato una missione civile denominata “Euma”, finalizzata al favorire un accordo tra Baku e Yerevan. La missione avrà un mandato inizialmente di due anni con a capo Stefano Tomat, amministratore delegato scelto per sua capacità di pianificazione e condotta del Servizio europeo per l’Azione esterna (Seae).

«L’Euma effettuerà pattugliamenti di routine e riferirà sulla situazione», ha precisato in una nota l’alto rappresentante Borrell, aggiungendo che la missione “contribuirà anche agli sforzi di mediazione nel quadro del processo guidato dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel“. Obiettivo dell’Unione Europea è prendere il posto della Russia come mediatrice tra Armenia e Azerbaigian, sia lungo il confine sia nella regione del Nagorno-Karabakh. Nell’enclave cristiana nel sud-ovest dell’Azerbaigian (Paese a maggioranza musulmano) è dal 1992 che si protrae un conflitto congelato, con scoppi di violenze armate come quello dell’ottobre del 2020. In sei settimane di conflitto erano morti quasi 7.000, prima del cessate il fuoco che ha imposto all’Armenia la cessione di ampie porzioni di territorio nel Nagorno-Karabakh.

Il 12 dicembre l’Azerbaigian ha bloccato il Corridoio di Lachin, l’unica via di accesso all’Armenia e al mondo esterno per gli abitanti della Repubblica dell’Artsakh. Da più di 50 giorni su questa strada non transitano più beni essenziali come cibo e farmaci, ma Baku ha tagliato anche l’erogazione di gas e acqua potabile. Il Parlamento UE ha intimato all’Azerbaigian a “riaprire immediatamente” la strada e ad “astenersi dal compromettere il funzionamento dei collegamenti di trasporto, energia e comunicazione tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh”. Il contesto è critico, mentre sul piano diplomatico il presidente del Consiglio Ue Michel è concentrato su contatti diretti con il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan, spingendo per colloqui sulla delimitazione degli oltre mille chilometri di confine tra i due Paesi.

Quali sono i nodi geopolitici e perché l’Europa ha le sue responsabilità

Il destino dell’Armenia è intrecciato a quello della Russia, che ai tempi di Stalin decretò quali fossero i territori di competenza di Yerevan. Contemporaneamente l’Urss delimitò anche i possedimenti azeri, con l’intento di mettere fuori gioco sia l’uno che l’altro Paese, i quali condividendo profondamente i confini, avrebbero avuto più difficoltà nell’avocare una possibile indipendenza da Mosca. C’è da considerare poi la presenza turca, che dalla Russia degli zar aveva ottenuto le città armene di Krs e Ardahan, macchiandosi, nel 1915, di un terribile genocidio in cui persero la vita un milione e mezzo di armeni. Tuttavia, dopo lo scioglimento dell’Urss, l’Armenia contò sulla benevolenza russa in chiave anti-turca. Di fatto fu così fino alla ripresa delle ostilità nel 2020 in Nagorno-Karabakh quando, secondo Yerevan, l’apporto di Putin non fu sufficiente, mentre dall’altra parte Erdogan sosteneva concretamente l’offensiva dell’Azerbaijan, che tra l’altro è il Paese invasore. Ora, a due anni di distanza, l’attenzione di Mosca verso gli Armeni è ancora più debole, per ovvi motivi, e Baku sta diventando sempre più importante nel rimodellamento delle strategie energetiche. L’Unione Europea, ma anche la Turchia, chiedono più gas e petrolio dall’Azerbaigian, che però per potenziare i rifornimenti ha bisogno di un corridoio che da Baku e dall’Iran arrivi a Istambul e nel cuore dell’Europa. A questo punto, Vladimir Putin si trova in una posizione ambigua, perché non può prendere le parti di Baku, ma neppure può mostrarsi ostile a Erdogan e a Teheran, che nell’ambito del conflitto ucraino non gli sono ostili. Con il leader turco che non si sbilancia e anzi rallenta la Nato, mentre l’Iran fornisce armi a Mosca. A rendere ancora più intricato il quadro, il fatto che la compagnia petrolifera russa Lukoil è padrona di circa il 25% delle riserve petrolifere dell’Azerbaigian nel Mar Caspio, per cui Putin resterà ugualmente un attore nel gioco, anche nel caso l’Europa rifiuti di comprare direttamente da Mosca.

La situazione non tranquillizza neppure gli Stati Uniti i quali, non favorevoli a nuove rotte energetiche e non sicuri dell’adesione di Baku al fronte occidentale, hanno condannato le torture da parte degli azeri nei confronti dei militari armeni, additando Baku come il Paese aggressore, in occasione della visita della speaker della Camera Nancy Pelosi a Yerevan. Una tale complessità, ovviamente, non può che gravare maggiormente sulla parte più fragile, ossia gli abitanti del Nagorno-Karabakh.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]http://www.korazym.org/83192/indice-artsakhblockade-in-aggiornamento/

Cinquantunesimo giorno del #ArtsakhBlockade. L’Armenia vuole la pace. L’Azerbajgian vuole l’Artsakh e poi l’Armenia Korazym 31.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 31.01.2023 – Vik van Brantegem] – In una conversazione telefonico con il Ministro degli Esteri giapponese Yoshimasa Hayashi, su temi legati alla sicurezza e alla stabilità nel Caucaso meridionale avvenuta oggi, 31 gennaio 2023, il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, ha presentato i dettagli della crisi umanitaria causata dal blocco illegale da parte dell’Azerbajgian del Corridoio di Berdzor (Lachin). Mirzoyan ha sottolineato che le azioni dell’Azerbajgian sono una grave violazione della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020 e del diritto umanitario internazionale, che mirano a sottoporre il popolo del Nagorno-Karabakh alla pulizia etnica. Il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia ha sottolineato la necessità di misure chiare della comunità internazionale volte all’immediato sblocco del Corridoio, oltre a garantire l’accesso umanitario senza ostacoli delle strutture internazionali pertinenti al Nagorno-Karabakh. Inoltre, Mirzoyan ha presentato al suo collega giapponese gli ultimi sviluppi nel processo di regolamentazione delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian, sottolineando che gli approcci estremisti dell’Azerbajgian stanno minando gli sforzi dell’Armenia verso la pace.

Il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, oggi ha avuto anche un colloquio telefonico con il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin. Pashinyan ha fatto riferimento alla crisi umanitaria creatasi nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh a seguito del blocco illegale del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian e ha sottolineato l’importanza dell’attuazione delle misure necessarie da parte della Russia per superarla. In tale contesto si è fatto riferimento alle attività della missione di mantenimento della pace russa in Artsakh/Nagorno-Karabakh. Sono state discusse questioni relative all’attuazione degli accordi tripartiti firmati dai leader di Armenia, Russia e Azerbajgian il 9 novembre 2020, 11 gennaio 2021, 26 novembre e 31 ottobre 2022. Sono stati inoltre scambiati pensieri su altre questioni all’ordine del giorno della cooperazione armeno-russa.

«L’Azerbajgian fa tutto il possibile per garantire la sicurezza e il benessere dei residenti Armeni dei distretti di Khodjaly et Choucha dell’Azerbajgian [*]. Il vostro sostegno morale ai nostri sforzi per una pace Armenia-Azerbajgian duratura [**] è inestimabile».

Disinformazione azera

[*] Distretto di Ivanian nella regione di Askeran e distretto di Shusi, territori della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh occupate con la guerra dei 44 giorni del 2020.
[**] Invece, gli sforzi azeri sono soltanto nel campo della forza e di minaccia della forza.

Rahman Mustafeyev, l’Ambasciatore della Repubblica di Azerbaigian nel Regno dei Paesi Bassi “ringrazia” [una irrituale presa in giro] Papa Francesco [per il suo appello dopo la preghiera dell’Angelus di domenica 29 gennaio 2023 [QUI]] per la sua preoccupazione per il Corridoio di Lachin [bloccato dall’Azerbajgian, che l’Ambasciatore omette di nominare, come regola del regime di Aliyev] e perché l’Azerbajgian sta facendo “di tutto” per gli abitanti armeni del “distretto di Shushi”. Dopo la pulizia etnica del 2020 ci sono 0 (ZERO) armeni a Ivanian e Shushi. I due civili ingenui che hanno cercato di andare a prendere i loro averi dopo il cessate il fuoco a Sushi, sono stati catturati. Maral Najarian ha trascorso 4 mesi in prigione a Baku e il suo partner Viken Euljekian è ancora detenuto nei carceri azeri dal dicembre 2020.

Il Jewish World Watch ha condannato i volantini anti-Armeni, trovati a Beverly Hills il 28 gennaio 2023 poco prima di una manifestazione della Armenia Youth Federation davanti al Consolato dell’Azerbajgian a Los Angeles, di cui abbiamo riferito [QUI]. Il Jewish World Watch è un’espressione dell’ebraismo in azione, che porta aiuto e guarigione ai sopravvissuti alle atrocità di massa in tutto il mondo e cerca di ispirare persone di tutte le fedi e culture a unirsi alla lotta in corso contro il genocidio.

Dichiarazione sui volantini anti-armeni trovati a Beverly Hills il 28 gennaio
Jewish World Watch, 30 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

«Lo scorso fine settimana, volantini anti-armeni sono stati trovati a Beverly Hills, in California, vicino a La Cienega e Wilshire, poco prima di una manifestazione della Armenia Youth Federation. Il messaggio chiedeva la cancellazione dell’Armenia e del suo popolo. Questi volantini pieni di odio sono l’ennesimo doloroso promemoria di quanto sia importante restare fermi e mostrare il nostro sostegno al popolo armeno, un popolo con una storia di persecuzione simile alla nostra. Oggi l’Azerbajgian ha nuovamente lasciato soffrire il popolo di etnia armena dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh). Per quasi 50 giorni, il blocco illegale del Corridoio di Lachin ha interrotto le consegne cruciali di cibo e medicinali nella regione. Rispondiamo a questo atto aberrante con l’azione contattando il Segretario di Stato Antony Blinken, esortandolo ad aiutare a porre fine all’ultima aggressione dell’Azerbajgian».

I titolari del mandato del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (esperti indipendenti, relatori speciali, nonché il gruppo di lavoro sulla discriminazione contro le donne e le ragazze) il 27 gennaio 2023 hanno pubblicato una lettera indirizzata alle autorità dell’Azerbajgian. La lettera è stata pubblicata perché l’Azerbajgian non ha risposto entro 60 giorni.

Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite con sede a Ginevra, è organo sussidiario dell’Assemblea Generale, lavora a stretto contatto con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. Costituisce uno dei tre organi per i diritti umani basati sulla Carta delle Nazioni Unite, assieme all’Esame Periodico Universale e alle Procedure Speciali.

Nel comunicato sulla questione, i titolari del mandato del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite informano, che l’Azerbajgian è stato affrontato con questioni di esecuzioni extragiudiziali e arbitrarie, violazione del diritto ai più alti standard disponibili di salute fisica e mentale, tortura e altri trattamenti e punizioni crudeli, inumani e degradanti, violenza contro donne e ragazze, le sue cause e le sue conseguenze.

La suddetta lettera fa riferimento a torture e altri maltrattamenti di prigionieri di guerra armeni da parte delle forze armate dell’Azerbajgian durante l’aggressione militare scatenata contro la Repubblica di Armenia il 13 settembre 2022, uccisioni extragiudiziali di prigionieri di guerra armeni e civili, mutilazioni e profanazione di cadaveri di militari armeni, comprese donne, tortura fino alla morte di militari armeni, nonché la mancata fornitura di cure mediche adeguate.

I titolari del mandato del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite affermano che quanto accaduto può essere qualificato come crimini di guerra, in quanto sono state registrate gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, in particolare in violazione delle Convenzioni di Ginevra del 1949. Ricordano che l’uccisione di prigionieri di guerra o civili durante o nell’ambito delle ostilità, la profanazione di cadaveri è severamente vietata dal diritto umanitario internazionale ed è considerata un crimine di guerra. L’Azerbajgian viola anche le disposizioni fondamentali del Patto internazionale sui diritti civili e politici, del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e della Convenzione sull’eliminazione di ogni Forme di discriminazione nei confronti delle donne.

Pertanto, l’Azerbajgian, essendo firmatario dei documenti fondamentali delle Nazioni Unite sui diritti umani, li viola gravemente e non collabora con organi così importanti che monitorano la difesa dei diritti umani delle Nazioni Unite, come titolari di mandati, relatori speciali ed esperti indipendenti. L’Azerbajgian inoltre non tiene conto delle istruzioni impartitegli dagli organismi delle Nazioni Unite.

È interessante notare che nel comunicato viene espressa profonda preoccupazione per i casi presentati e invitano l’Azerbajgian a prendere tutte le misure necessarie per fermare tali violazioni, prevenirne il ripetersi e garantire la punizione di qualsiasi persona o persone responsabili della commissione di tali reati.

Il comunicato afferma inoltre che i titolari del mandato non hanno ricevuto risposte sui motivi di fatto e di diritto per non rilasciare i prigionieri di guerra dopo il cessate il fuoco del novembre 2020. Inoltre, l’Azerbajgian non ha risposto alla domanda su quali misure sta intraprendendo affinché i parenti delle persone scomparse con la forza ottengano informazioni sul loro destino.

«Sono passati 50 giorni dall’inizio del blocco dei residenti dell’Artsakh. 50 giorni. Lascia che affondi per un po’. 50 giorni di limitazione dell’accesso a beni di prima necessità come cibo e medicine. 50 giorni di fornitura di energia elettrica e gas insufficiente. 50 giorni di freddo in pieno inverno con riscaldamento limitato. 50 giorni di bambini privati di poter andare a scuola e ottenere un’istruzione. 50 giorni di continue domande su cosa accadrà domani. 50 giorni di “eco-attivismo” azero senza ripercussioni. 50 giorni in cui il mondo parla senza agire.
Sì, sono passati 50 giorni, se non l’hai già capito e sono passati 50 giorni di troppo per la gente dell’Artsakh. Questa situazione non sarebbe mai dovuta arrivare a quello che è adesso. La gente dell’Artsakh merita molto di meglio. Hanno già visto la guerra e la carestia e non meritano di subire di nuovo una tale devastazione. Permettendo questa ingiustizia, stiamo autorizzando i leader e i paesi autocratici a fare semplicemente ciò che vogliono ancora una volta. Il pericoloso precedente è stato stabilito dal mondo in seguito alla loro inerzia durante la guerra dell’Artsakh del 2020 e quel precedente si approfondisce ogni giorno che passa. Vi lascio con una domanda: starete dalla parte dell’ingiustizia e starete seduti in silenzio o difenderete ciò che è giusto e corretto?» (Varak Ghazarian – Medium, 31 gennaio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

Nella risposta alla domanda ufficiale dell’Eurodeputato Assita Kanko in merito al blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza e Vicepresidente della Commissione Europea, Josep Borrell, ha detto che dall’inizio di dicembre 2022, l’Unione Europea segue da vicino gli eventi che si svolgono lungo e intorno al Corridoio di Lachin e le loro conseguenze umanitarie. Borrell ha detto che è in costante contatto con i Ministri degli Esteri di entrambe le parti. Anche Toivo Klaar, Rappresentante Speciale dell’Unione Europea nel Caucaso meridionale, è in stretto contatto con entrambe le parti, ha detto Borrell. “L’Unione Europea ha invitato l’Azerbajgian ad adottare misure all’interno della sua giurisdizione per garantire la libertà e la sicurezza di movimento lungo il Corridoio, in conformità con i suoi obblighi derivanti dalla dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020”, ha detto Borrell nella sua risposta. Inoltre ricorda che nell’ambito dell’accordo raggiunto a Praga il 6 ottobre 2022, è stata dislocata per due mesi in Armenia una missione dell’Unione Europea, che ha concluso le sue attività il 19 dicembre 2022. Ha fatto riferimento anche allo spiegamento della nuova missione di osservazione dell’Unione Europea: “L’Unione Europea ha avviato una nuova fase di impegno decidendo, in risposta alla richiesta dell’Armenia, di dispiegare una missione civile dell’Unione europea in Armenia nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune. Lo scopo della missione è “contribuire alla stabilità nelle regioni di confine dell’Armenia, rafforzare la fiducia locale e fornire le condizioni che contribuiranno agli sforzi volti alla normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian, che sono sostenuti dall’Unione Europea”, ha detto Borrell. Infine, ha anche fatto riferimento alla questione dell’uso di misure restrittive contro le autorità dell’Azerbaigian, richieste dell’eurodeputato Kanko. “Le sanzioni sono solo uno strumento dell’Unione Europea per promuovere gli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune e non sono considerate in questo caso. Gli sforzi dell’Unione Europea con l’Armenia e l’Azerbajgian si concentrano sul raggiungimento di soluzioni attraverso il dialogo, verso il quale i leader di entrambi i Paesi hanno espresso il loro impegno”, ha concluso Borrell.

Ecco, la fissazione con “entrambe le parti”, mentre l’aggressore è l’Azerbajgian e le vittime sono l’Armenia e l’Artsakh. Una missione dell’Unione Europea in Armenia di due mesi, che “ha concluso le sue attività”, senza che l’Azerbajgian si è ritirato dal territorio sovrano dell’Armenia. Poi l’Unione Europea ha ripreso ad “osservare” con una nuova missione, che da parte di Aliyev provoca solo una risata. Infine, le sanzioni non vengnono considerate “in questo caso”. Due-pesi-e-due-misurismo.

Invece, i leader mondiale potrebbero fermare l’Azerbajgian, non con delle parole, ma con delle azioni, iniziando con le sanzioni. “In questo caso” non vengono contemplate, ovviamente, perché – come dice il meme riportato sopra – l’Europa acquista con orgoglio gas russo per procura dal 2022. L’Unione Europea & Co. compra gas russo via Azerbajgian (alleato della Russia)!

Gli Armeni si sono radunati a Den Haag mentre il Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite teneva le Udienze pubbliche sul blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) con cui l’Azerbajgian tiene l’Artsakh sotto assedio dal 12 dicembre 2022 (Foto di Siranush Ghazanchyan/Armenpress).

Una manifestazione di solidarietà con gli Armeni in Artsakh si è tenuta ieri davanti al Palazzo della Pace a Den Haag, dove il Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite stavo conducendo le Udienze pubbliche sul blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) su richiesta della Repubblica di Armenia, come abbiamo riferito ieri [QUI]. La manifestazione è stata organizzata dalla Federazione delle Organizzazioni Armene nei Paesi Bassi (FAON). I neerlandesi-armeni hanno condannato fermamente il blocco da parte dell’Azerbajgian del Corridoio di Berdzor (Lachin) e il trattamento disumano del popolo dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian. La Corte Mondiale, principale organo giudiziario delle Nazioni Unite, ha tenuto lunedì 30 gennaio 2023, presso il Palazzo della Pace a Den Haag, sotto la presidenza del giudice Joan E. Donoghue, Presidente della Corte, Udienze pubbliche nel caso Armenia contro Azerbajgian (Applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale) e Armenia contro Azerbajgian (Richiesta di indicazione di misure provvisorie).

«Se la Corte delle Nazioni Unite non agirà rapidamente, gli Armeni in Artsakh dovranno affrontare una scelta non scelta», ha dichiarato il Rappresentante dell’Armenia per le questioni legali internazionali, l’Agente dell’Armenia alla Corte, Yeghishe Kirakosyan.

I rappresentanti legali dell’Armenia hanno affermato che «il 12 dicembre 2022, l’Azerbajgian ha orchestrato un blocco dell’unica strada che collega i 120.000 Armeni etnici nel Nagorno-Karabakh con il mondo esterno, impedendo così a chiunque e qualsiasi cosa di entrare o uscire».

L’Armenia ha chiesto alla Corte di indicare le seguenti misure provvisorie: l’Azerbajgian cesserà di orchestrare e sostenere le presunte proteste che bloccano la libera circolazione ininterrotta lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni; l’Azerbajgian assicurerà la libera circolazione ininterrotta di tutte le persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni; e l’Azerbajgian ripristinerà immediatamente e completamente e si asterrà dall’interrompere o impedire la fornitura di gas naturale e altri servizi pubblici al Nagorno-Karabakh.

Mentre i rappresentanti della Repubblica di Armenia alzano la voce per denunciare in tutte le sedi opportuni, l’assedio de facto da parte dell’Azerbajgian che dura già da più di sette settimane con il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), un collegamento stradale vitale per gli Armeni che vivono nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, rivendicato come Karabakh dall’Azerbajgian, le truppe russe di mantenimento della pace “vigilano”.

Mentre nel cinquantesimo giorno del #ArtsakhBlockade, che è sotto gli occhi di tutti e confermato ogni giorno con immagini e riferimenti della stampa sotto controllo dell’Azerbaigian, l’Armenia afferma alla Corte Mondiale che lo scopo del blocco dell’Azerbaigian è “pulizia etnica” “, il solito Ambasciatore della Repubblica di Azerbajgian in Germania, Nasimi Aghayev, ha twittato (in inglese per un Paese la cui lingua è il tedesco): «L’Armenia apparentemente ha scambiato la Corte Internazionale di Giustizia per alcuni media e politici amichevoli che ci credono con entusiasmo a qualunque costo. Eppure alla Corte bisogna fornire prove concrete, non solo una lacrimosa retorica». Poi, l’Ambasciatore della Repubblica di Azerbajgian nel Regno dei Paesi Bassi, Rahman Mustafayev (che ricordiamo per le sue gesta come Ambasciatore presso la Santa Sede) gli ha fatto eco (in francese per un Paese la cui lingua è in neerlandese): «Nessuna prova credibile è stata fornita dalla parte armena per giustificare che la pacifica manifestazione azerbajgiana sia “orchestrata” dal governo dell’Azerbajgian e che “blocchi il movimento di persone e merci” in tutta la strada di Lachin».

Come risposta ad Aghayev e Mustafayev – che non meriterebbero neanche di ricevere importanza – può bastare il consiglio di ascoltare il loro Presidente Ilham Aliev, che fornisce tutte le prove necessarie per quanto affermato dai rappresentanti dell’Armenia davanti alla Corte. E di ascoltare la voce del mondo quasi intero, che conosce la verità. «Nonostante il costo crescente di questo disastro umanitario di sua creazione, l’Azerbajgian ha cercato di giustificare e perpetuare il suo blocco sulla base di una finzione ambientale a cui nessuno crede», ha detto Yeghishe Kirakosyan. Ecco, l’Azerbajgian può vituperare quanto vuole, nessuno crede alla loro “favola ambientale”.

Nota a margine: il rappresentante diplomatico di Aliyev in Germania dimostra il suo disprezzo per la stampa libera non soggetto alla “diplomazia al caviale”, immaginate se i modi in cui The Washington Post neutralizza i suoi reportage sull’attuale #ArtsakhBlockade venissero applicati all’invasione della Russia in Ucraina: “Gli Ucraini affermano… la Russia respinge queste affermazioni”. È possibile di andare ancora più in basso? Patetico il rappresentante diplomatico di Aliyev nei Paesi Bassi, che come voce del suo padrone non riesce a pronunciare la parola “corridoio”.

La Delegazione azera alla Corte era guidata da Elnur Mammadov, Vice Ministro degli Esteri della Repubblica di Azerbaigian, in qualità di Agente. Al termine delle sue osservazioni, l’Azerbajgian, tramite il suo Agente, ha presentato alla Corte la seguente richiesta: «Ai sensi del paragrafo 2 dell’articolo 60 del regolamento della Corte e per le ragioni esposte si chiede rispettosamente alla Corte di respingere la richiesta di indicazione di misure provvisorie presentata dalla Repubblica di Armenia».

Tra altro, Mammadov ha dichiarato: «È l’Armenia che fornisce il gas al Karabakh, non l’Azerbajgian. L’unico coinvolgimento dell’Azerbajgian è che una parte del gasdotto attraversi il territorio dell’Azerbajgian». A parte del fatto che Mammadov fa intendere pubblicamente, che è l’Armenia che non fornisce il gas all’Artsakh, «il rappresentante dell’Azerbajgian ha appena confermato che il Karabakh non è l’Azerbaigian? L’agente dell’Azerbaigian davanti alla Corte Internazionale di Giustizia potrebbe diventare un buon politico ma non un avvocato. La sua dichiarazione era interamente costruita su accuse, supportate dalla propaganda di Stato, ad eccezione del riferimento all’articolo 6 della Dichiarazione del 9 novembre 2020 secondo cui il Corridoio di Lachin è sotto il controllo delle forze di mantenimento della pace russe» (Anush Ghavalyan, giornalista Bloomberg).

L’Azerbajgian cerca disperatamente di far funzionare il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) a suo favore, ma finora incassa le condanne mondali quasi unanimi e il tentativo dell’Azerbajgian di una pulizia etnica senza sangue sta fallendo. Gli Armeni continuano ad avere il sostegno del Comitato Internazionale della Croce Rossa che li aiuta a tornare in Artsakh, fornendo prova diretta dell’esistenza della crisi umanitaria, senza la quale il CICR non sarebbe operativo. «Ora è il 51° giorno del blocco del Nagorno-Karabakh non riconosciuto. Con l’assistenza della Croce Rossa, altre 17 persone sono tornate in Karabakh dall’Armenia. Stop alla pulizia etnica ADESSO! #SanctionAzerbaijan» (JAMnews, 31 gennaio 2023).

Verbatim record 2023/1 – Seduta pubblica tenutasi lunedì 30 gennaio 2023, alle ore 10.00, presso il Palazzo della Pace, presieduta dal Presidente Donoghue, nel caso relativo all’applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (Armenia contro Azerbajgian) e Richiesta di indicazione di misure provvisorie (Armenia contro Azerbajgian) [QUI].

Informazione generale sul caso Armenia contro Azerbajgian presso la Corte Mondiale [QUI].

Oggi, 31 gennaio 2023 la Corte Mondiale ha tenuto le Udienze sulla richiesta di indicazione di misure cautelari presentata dall’Azerbajgian nei confronti dell’Armenia. Questo per mettere agli atti, che la dittatura di Aliyev è maestra nell’invertire la vittima e il colpevole. Ricordiamo le parole di Tigran Balayan, l’Ambasciatore della Repubblica di Armenia nel Regno dei Paesi Bassi e nel Gran Ducato di Lussemburgo: «Le richieste dell’Armenia alla Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite per misure provvisorie sull’immediata apertura del Corridoio di Lachin e la fine del #ArtsakhBlockade sono formulate in modo chiaro da Yeghishe Kirakosyan e altri brillanti avvocati. Qualsiasi risposta dell’Azerbajjan sarà un’affermazione dell’intento genocida del regime di Aliyev».

«È il più grande onore servire l’Armenia con questo dream team di avvocati guidato da Yeghishe Kirakosyan. Grazie per questa esperienza e master class» (Tigran Balayan, Ambasciatore della Repubblica di Armenia nel Regno dei Paesi Bassi e nel Granducato di Lussemburgo).

Non ci sono unità delle forze armate della Repubblica di Armenia in Nagorno-Karabakh
Respinte le accuse del Rappresentante dell’Azerbajgian all’ONU

Il Presidente del Comitato Permanente per l’Integrazione Europea dell’Assemblea Nazionale dell’Armenia, Arman Yeghoyan, ha risposto al discorso del Rappresentante Permanente dell’Azerbajgian presso le Nazioni Unite, Yashar Aliyev, durante i dibattiti organizzati nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Nel suo discorso, il Rappresentante Permanente dell’Azerbajgian ha ripetuto le false affermazioni della macchina di propaganda azera secondo cui l’Armenia si rifiuta di ritirare completamente le sue truppe dal Nagorno-Karabakh e svolge anche operazioni minerarie nel Nagorno-Karabakh. Ha anche affermato che la parte armena si rifiuta di fornire informazioni su molti azeri scomparsi durante il conflitto. Queste, e simili accuse false, sono state ripetute oggi dai rappresentanti dell’Azerbaigian davanti alla Corte Mondiale a Den Haag.

Il deputato Arman Yeghoyan, in un’intervista ad Armenpress [QUI], che riportiamo di seguito nella nostra traduzione italiana dall’inglese, ha fatto riferimento alle accuse mosse dal Rappresentante dell’Azerbajgian all’ONU.

Sig. Yeghoyan, come interpreterebbe il discorso del Rappresentante Permanente dell’Azerbajgian presso le Nazioni Unite durante i dibattiti organizzati nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, in cui quest’ultimo ha accusato la parte armena di non adempiere ai propri obblighi?
Le affermazioni infondate del Rappresentante Permanente dell’Azerbajgian presso le Nazioni Unite sull’Armenia non hanno nulla a che fare con la realtà. Sono un altro tentativo fallito di “giustificare” le posizioni bellicose, fanatiche e distruttive dell’Azerbajgian di fronte alla comunità internazionale e la politica di tenere sotto assedio il Nagorno-Karabakh per 48 giorni e sottoporre gli Armeni del Nagorno-Karabakh alla pulizia etnica. Tutte le affermazioni del Rappresentante Permanente dell’Azerbaigian sono confutate da fatti chiari. Pertanto, l’Armenia ha annunciato ufficialmente l’anno scorso che non ci sono unità delle forze armate della Repubblica di Armenia nel Nagorno-Karabakh. Per verificare l’autenticità di questa affermazione, il Primo Ministro dell’Armenia si è persino offerto di inviare una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno-Karabakh, che è stata respinta dal Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev. La logica suggerisce che l’Azerbajgian avrebbe dovuto accettare questa proposta, ma il rifiuto dimostra che tutto questo è solo uno stratagemma di propaganda dell’Azerbajgian. Naturalmente, il Nagorno-Karabakh dispone di forze armate di autodifesa, la cui necessità è giustificata per proteggere la popolazione locale dalla politica aggressiva e di pulizia etnica dell’Azerbajgian. Come manifestazione di buona volontà e umanesimo, la Repubblica di Armenia ha trasferito unilateralmente all’Azerbajgian tutte le mappe dei campi minati di cui dispone. E questo è il caso in cui la parte armena non aveva tale obbligo sia all’interno delle dichiarazioni tripartite che nel quadro del diritto internazionale. Inoltre, l’Armenia ha espresso la volontà di cooperare con partner internazionali per sostenere il processo di decodifica delle mappe trasferite. È anche un fatto importante che le mine antiuomo siano state collocate nel Nagorno-Karabakh e nelle regioni adiacenti già durante la prima guerra del Nagorno-Karabakh, principalmente dall’Azerbajgian, e l’accesso delle rispettive organizzazioni internazionali per i lavori di sminamento nella regione sia stato impedito dallo stesso Azerbajgian.

«Una giovane madre, Taguhi, lascia la figlia di 9 mesi che dorme ogni mattina e va sul campo per eliminare le bombe a grappolo [munizioni proibite, lanciate dall’Azerbajgian contro obiettivi civili in Artsakh] mentre pensa a dove prenderà cibo e pannolini per il suo bambino durante il #ArtsakhBlockade» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert, 25 gennaio 2023).

Tuttavia, nel suo discorso, il funzionario azero ha accusato l’Armenia di compiere “terrorismo con le mine antiuomo”. Le stesse affermazioni sono state fatte durante le udienze del caso “Armenia contro Azerbajgian” presso la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite.
Anche le affermazioni dell’Azerbajgian secondo cui l’Armenia sta attualmente effettuando attività di mine nel Nagorno-Karabakh sono false. La Repubblica di Armenia ha svolto attività di mine solo nel territorio sovrano della Repubblica di Armenia e lo ha fatto esclusivamente per scopi di autodifesa, poiché è stata sottoposta all’aggressione militare dell’Azerbajgian nel maggio e novembre 2021 e nel settembre 2022. Le mine che la parte azera esibisce a scopo propagandistico e dichiara che siano state prodotte nel 2021 e sono stati recentemente spostati dall’Armenia al Nagorno-Karabakh attraverso il Corridoio di Lachin, sono effettivamente apparse in possesso dell’Azerbajgian dal territorio occupato della Repubblica di Armenia a seguito dell’aggressione azera contro la Repubblica di Armenia nel 2021-2022.

Come descriveresti la posizione dell’Azerbajgian riguardo alla delimitazione e demarcazione?
Da una parte l’Azerbajgian continua a dire che non esiste alcun confine tra i due Paesi perché non delimitato, dall’altra continua a sollevare la questione degli otto villaggi. Così facendo, l’Azerbajgian stesso sta di fatto indirettamente accettando l’esistenza di una linea di confine. È interessante notare che dagli anni ’90 la maggior parte dei quattro villaggi armeni, così come l’enclave del villaggio di Artsvashen della Repubblica di Armenia, sono sotto il controllo dell’Azerbajgian. La parte armena è pronta a discutere la questione sulla base dell’esistenza del confine riconosciuto ai sensi della dichiarazione di Almaty e dei motivi legali.

Nonostante le regolari dichiarazioni rilasciate dall’Azerbajgian sulla sua disponibilità a firmare un trattato di pace con l’Armenia, l’Azerbajgian continua la sua promozione statale dell’armenofobia. Come descriveresti questo?
L’Azerbajgian continua a promuovere al massimo livello l’armenofobia e l’odio razziale nei confronti degli Armeni. Ciò è chiaramente registrato nell’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite del 7 dicembre 2021 sull’indicazione di misure provvisorie in merito al caso esaminato nell’ambito della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, che l’Azerbajgian continua a violare gravemente.
La Baku ufficiale sta portando avanti una politica pianificata di falsificazione e distruzione del patrimonio religioso e storico-culturale armeno nei territori che sono passati sotto il suo controllo a seguito della guerra dei 44 giorni, che è un’altra manifestazione di intolleranza etnica e religiosa. Allo stesso tempo, l’Azerbajgian sta impedendo una visita della missione di valutazione dell’UNESCO in Nagorno-Karabakh.

Free Armenian POW’s Global Network – Viken Euljekian, un prigioniero di guerra armeno detenuto illegalmente dall’Azerbajgian dal novembre 2020, è stato trasferito dal carcere ad un ospedale, a causa del grave deterioramento delle sue condizioni di salute.

Il Rappresentante Permanente dell’Azerbajgian presso le Nazioni Unite ha parlato degli Azeri scomparsi. L’Armenia ha qualcosa da dire al riguardo?
Fino ad oggi l’Azerbaigian tiene in cattività prigionieri di guerra e civili armeni, e il destino di centinaia di persone scomparse e forzatamente scomparse a causa della guerra dei 44 giorni rimane poco chiaro. Sono documentati i numerosi crimini di guerra e le atrocità commesse dalle forze armate azere durante la guerra dei 44 giorni e l’aggressione contro la Repubblica di Armenia: esecuzioni extragiudiziali di prigionieri di guerra armeni, torture di militari armeni, comprese donne, e profanazione di corpi. Tuttavia, finora nessuno è stato chiamato a rendere conto di questi crimini contro l’umanità.
Le conseguenze dell’aggressione dell’Azerbajgian contro la sovranità e l’integrità territoriale dell’Armenia, nel maggio e novembre 2021 e nel settembre 2022, in violazione del diritto internazionale, vale a dire la Carta delle Nazioni Unite e le clausole trilaterali del 9 novembre 2020, inclusa l’occupazione di 150 chilometri quadrati di Armenia non vengono eliminati fino ad oggi.

Signor Yeghoyan, cosa dovrebbe fare la comunità internazionale in questa situazione e quali azioni si aspetta dall’Azerbajgian?
Con le sue chiare dichiarazioni e le rispettive azioni la comunità internazionale deve continuare a dare una valutazione alla politica e agli approcci distruttivi dell’Azerbajgian, che stanno mettendo a serio rischio la sicurezza, la stabilità e la pace regionali. L’Azerbajgian deve revocare immediatamente il blocco illegale del Corridoio di Lachin, porre fine alla sua politica belligerante e armenofoba e passare all’arena dei negoziati pacifici abbandonando la politica dell’uso della forza o della minaccia della forza.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

San Biagio spiegato ai bambini (Nostrofiglio.it 31.01.23)

San Biagio spiegato ai bambini

San Biagio è conosciuto e venerato sia in Occidente che in Oriente, il suo culto è molto diffuso sia nella Chiesa Cattolica che in quella Ortodossa. Legate a San Biagio ci sono leggende e curiosità ma poche informazioni legate alla sua vita.

Ciò che sappiamo è che nacque a Sebaste, in Armenia, sul finire del III secolo dopo Cristo. Studiò medicina e intraprese la professione di medico ma lo fecero vescovo, lui però non dimenticò mai la sua vera natura. Infatti a Sebaste dove operò come vescovo fece tanti miracoli. Il più noto fu quello della guarigione di un bambino a cui si era conficcata una lisca in gola. Per questo fu definito il Santo protettore della gola.

San Biagio fa parte dei santi invocati per la guarigione di mali particolari. E’ venerato in moltissime città e ne è anche il santo patrono di alcune di esse.

Dopo la sua morte il corpo è stato deposto nella cattedrale di Sebaste, ma una parte dei resti si trovano in provincia di Potenza, a Maratea, dove giunsero in seguito ad una tempesta con un carico che da Sebaste doveva giungere a Roma. Oggi, sono conservati nell’attuale basilica, sull’altura detta ora Monte San Biagio.

San Biagio quando si festeggia

Il nome Biagio deriva dal latino Blasius e significa balbuziente.  San Biagio si festeggia il 3 Febbraio (si ritiene sia il giorno della sua decapitazione) in tutta Italia.

Secondo la tradizione cattolica, durante la celebrazione liturgica viene impartita dal parroco una speciale benedizione alle gole dei fedeli incrociando due candele oppure dell’olio benedetto (come si faceva in passato), chiedendo la sua intercessione. Diverse sono le tradizioni che si sono tramandate nel tempo in occasione di questa ricorrenza.

San Biagio è protettore della gola edei laringoiatri ma anche di pastori, agricoltori, cardatori, fiatisti, materassai.

 

San Biagio protettore della gola: la leggenda

A “San Bias se benedis la gola e él nas” Questo è il detto popolare che deriva dal miracolo della gola ad opera di San Biagio.

La leggenda narra di un bambino che stava soffocando a causa di una lisca di pesce conficcata in gola. La sua mamma disperata si rivolse al Santo che prese un pezzo di pane, lo benedisse facendo un segno di croce e lo fece ingoiare al ragazzo. La lisca venne assorbita dal pane e il ragazzo riuscì a ingoiare la lisca tornando a respirare. Un miracolo che salvò la vita del bambino.

Agricola, prefetto di Diocleziano per l’Armenia decise che era meglio eliminarlo per evitare che il popolo ne facesse un santo. Detto, fatto, lo fece scorticare con pettini da cardatori e poi decapitare, ecco perchè divenne un martire e poi un santo, il Santo protettore dei cardatori e dei materassai. In più, in ricordo dell’episodio del bambino e della lisca di pesce, il 3 febbraio, giorno della festa di San Biagio, si usa mangiare del pane benedetto e farsi benedire la gola toccandola con due candele incrociate.

San Biagio: le tradizioni popolari

Ecco delle tradizioni popolari di alcune città italiane in occasione della festa del San Biagio.

Milano è tradizione festeggiare in famiglia consumando i resti dei panettoni avanzati a Natale, infatti per i milanesi segna la fine del periodo natalizio.

Lanzara, in provincia di Salerno,  è tradizione preparare e mangiare la  “polpetta di San Biagio”.

In Abruzzo è tradizione preparare i taralli dolci che il 3 febbraio si regalano ai fedeli dopo la benedizione della gola e anche i panini di San Biagio, panini morbidi all’olio.

In Sicilia, nella città di Salemi, si racconta che nel 1542 un’invasione di cavallette distrusse i raccolti nelle campagne.

La popolazione invocò il suo aiuto e il Santo intercesse ed esaudì le loro preghiere. Così da quel giorno ogni anno si festeggia San Biagio il 3 febbraio preparando i “cavadduzzi”, letteralmente “cavallette”, per ricordare il miracolo, e i “caddureddi” (la cui forma rappresenta la “gola”), che sono dei piccoli pani preparati con acqua e farina, benedetti dal parroco e distribuiti poi ai fedeli.  Dal 2008 inoltre viene organizzata una spettacolare rappresentazione del “miracolo delle cavallette” che si conclude con l’arrivo alla chiesa del Santo per deporre i doni e farsi benedire le “gole”.

Perché si mangia il panettone

Secondo la tradizione lombarda il giorno di San Biagio segna la fine del periodo legato al Natale e qual è il motivo per cui si  mangia il panettone il 3 febbraio?

La leggenda racconta che poco prima di Natale una donna si recò da un frate, tale frate Desiderio per far benedire un panettone che aveva preparato per la sua famiglia. Impegnato nelle sue faccende, il frate chiese alla donna di lasciarlo lì e di passare dopo qualche giorno perché lo avrebbe benedetto appena possibile. Ma il frate se ne dimenticò e il Natale passò e la donna non si fece viva. Così il frate penso di consumare quel panettone ormai secco pensando che la donna se ne fosse dimenticata. Ma il 3 Febbraio, il giorno di San Biagio, la donna tornò dal frate per riprendersi il suo panettone benedetto. Il frate, dispiaciuto e pieno di sensi di colpa, tristemente andò a recuperare il recipiente che credeva fosse vuoto…invece MIRACOLO! San Biagio aveva restituito il panettone alla donna, un panettone grosso il doppio rispetto a quello che la donna aveva lasciato al frateDa qui dunque la tradizione di consumare il panettone, il panettone di San Biagio, il 3 Febbraio, in occasione della sua festa.

Desiderio consigliò caldamente ai milanesi di avanzarne una parte da consumare il 3 febbraio, in sostituzione del pane benedetto. Negli anni l’usanza si radicò e anche se oggi non si usa più farli benedire, in ogni casa di Milano, la mattina del 3 febbraio, a colazione, per proteggere la gola dai malanni stagionali, si scarta un bel panettone

Tra le curiosità legate al Santo e alla città di Milano, su una guglia del Duomo della città meneghina vi è anche una statua in suo onore.

Frasi e filastrocche su San Biagio

Nella tradizione popolare, recitare tutto d’un fiato e senza errori la seguente filastrocca era considerato un rimedio sicuro contro il mal di gola:

“San Biaso dale nove sorèle, dale nove ale oto, dale oto ale sete, dale sete ale siè, dale siè ale sìnque, dale sìnque ale quatro, dale quatro ale tre, dale tre ale do, dale do ale una, San Biaso dale nove sorèle l’è restà sensa gniancuna”.

Proverbi e detti su San Biagio

  •  Per San Biagio, il freddo è andato.
  •  Co’ riva San Biasio ti ga el giasso sul naso (Il giorno della festa di S. Biagio – 3 febbraio – hai il ghiaccio sul naso, cioè c’è il gelo).
  •  Lu jornu di San Blasi cu avi ligna fora si li trasi (Il giorno della festa di S. Biagio chi ha legna fuori la tira dentro).
  •  Santu Velase, da ogni pertuse ‘o sule trase (Il giorno della festa di S. Biagio da ogni pertugio entra il sole)
  •  A san Blâs il frêt al scussìe il nâs. (Il giorno della festa di S. Biagio il freddo solletica il naso).
  •  A san Blâs la gjate si leche il nâs. (Il giorno della festa di S. Biagio la gatta si lecca il naso).
  •  Pal dì di san Blâs, ogni polece e fâs. (Il giorno della festa di S. Biagio ogni pollastra fa l’uovo).
  •  San Blâs, s’al cjate glace la disfâs, s’a non cjate an fâs. (Il giorno della festa di S. Biagio se c’è ghiaccio si scioglie, se non c’è si forma).

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#ArtsakhBlockade Non potete cancellarci (Korazym 30.01.23)

Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.01.2023 – Vik van Brantegem] – Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Capo dello Staff Operativo, Ruben Vardanyan, ha annunciato sul suo canale Telegram che “Donne dell’Artsakh per il Futuro” ha indirizzato una Lettera aperta (sotto forma di petizione sulla piattaforma Change.org [QUI]) al Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, per descrivere la situazione umanitaria nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ormai sull’orlo del collasso a causa del blocco illegale e crudele dell’Azerbajgian, oggi entrata nel 50° giorno.

Anche Papa Francesco, dopo la recita dell’Angelus con i fedeli in piazza San Pietro ieri, si è unito agli appelli che giungono da tutto il mondo e lasciano il dittatore Aliyev indifferente nella sua crudeltà: «Rinnovo – ha detto Papa Francesco – il mio appello per la grave situazione umanitaria nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso Meridionale. Sono vicino a tutti coloro che, in pieno inverno, sono costretti a far fronte a queste disumane condizioni. È necessario compiere ogni sforzo a livello internazionale per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone».

Nel suo post su Telegram, in riferimento alla Lettera aperta delle donne dell’Artsakh al Presidente della Commissione Europea, Vardanyan ha osservato in particolare: «La chiedono di intervenire immediatamente e fermare il blocco energetico dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian. È la Signora von der Leyen che è la responsabile della firma di un accordo sull’aumento delle forniture di gas all’Unione Europea dall’Azerbajgian. Le madri disperate stanno esigendo giustamente che i propri figli possano vivere in case calde e luminose, essere adeguatamente nutriti, frequentare scuole e asili e ricevere cure mediche, proprio come i bambini dei Paesi dell’Unione Europea. Hanno diritto a una vita normale, proprio come tutti i bambini del mondo. Bloccando il gasdotto e tagliando l’elettricità in inverno, l’Azerbajgian e i suoi leader privano 30.000 bambini dell’Artsakh di tale diritto. In tempi di crisi, le donne dimostrano la loro determinazione e forza: sono le nostre eroine e combattenti per la giustizia. Oggi ci mostrano come perseverare contro le difficoltà, ci ricordano la nostra comune umanità. Accolgo con favore e sostengo l’iniziativa delle nostre donne. Ammiro la loro forza d’animo e la loro resilienza. E tutti quelli che possono aiutarli dovrebbero farlo. In nome della vita, in nome dei bambini, in nome del futuro, in nome dell’Artsakh».

Una Lettera aperta delle donne dell’Artsakh a Ursula von der Leyen
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Gentile Presidente von der Leyen,

Noi donne dell’Artsakh (Nagorno-Karabakh) rivolgiamo questo appello al mondo e personalmente al Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

Stiamo morendo di fame e congelando sotto gli occhi di tutto il mondo! Siamo sotto il blocco dell’Azerbajgian che ci sta rubando il gas e l’elettricità. Questo è semplicemente terrorismo energetico.

Signora von der Leyen, la scorsa estate lei ha firmato un accordo per aumentare le forniture di gas dall’Azerbajgian all’Unione Europea. I bambini d’Europa non si congeleranno ora, mentre i nostri bambini non possono frequentare gli asili e le scuole perché non abbiamo il riscaldamento. I nostri medici non possono eseguire operazioni e salvare vite umane. La nostra popolazione di 120.000 persone è tenuta prigioniera da Aliyev.

L’Azerbajgian, a suo piacimento, chiude il nostro gas e la nostra elettricità che sono forniti dall’Armenia. Aliyev taglia i nostri tubi e i cavi elettrici.

Il Corridoio di Lachin, il nostro unico collegamento con il mondo, è bloccato dall’Azerbajgian dal 12 dicembre. I nostri figli sono rimasti senza:

  • Cibo
  • Elettricità
  • Calore
  • Accesso a forniture e cure mediche
  • Opportunità di studio
  • E il loro diritto al futuro e alla vita

Possiamo sopportare molto per il bene dei nostri figli, ma abbiamo bisogno di aiuto urgente e abbiamo bisogno di una voce. Non permetteremo che i nostri figli vengano uccisi in silenzio.

Le scriviamo come la donna più potente del mondo, ma anche come una madre che ama i suoi sette figli e ama profondamente la sua preziosa famiglia. Dal profondo del nostro cuore, le esortiamo a stare con le donne e i bambini dell’Artsakh e fare tutto ciò che è in suo potere per impedire che l’Azerbajgian continui con il suo crudele blocco.

Sinceramente,
Dalle donne dell’Artsakh

Foto di copertina: la grande manifestazione del 25 dicembre 2022 a Stepanakert, capitale della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh (Foto di Davit Ghahramanyan/AFP).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Conflitto Azerbaigian-Armenia, l’Europa in campo con una missione civile (Thewatcherpost 30.01.23)

Mentre i riflettori dei grandi media internazionali sono puntati sull’Ucraina, non molto lontano, nel Caucaso meridionale. si è riacceso lo scontro tra Azerbaigian e Armenia per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, territorio conteso tra le due nazioni, in cui sussiste l’autoproclamata Repubblica indipendente dell’Artsakh, filo-armena, che conta 120.000 abitanti. Queste vicende sono poco conosciute a livello di massa, pur originando dalla storia dell’Unione Sovietica (precisamente con Stalin) e culminando con la sua fine, nel 1991, quando il clima nella regione diventa tumultuoso. Oggi la questione è importante perché coinvolge gli interessi della Russia e della Turchia, ma anche dell’Europa, che tratta con l’Azerbaigian per le forniture di gas alternative a quelle di Putin. Vista la situazione difficile, l’Unione Europea ha recentemente iniziato una missione civile denominata “Euma”, finalizzata al favorire un accordo tra Baku e Yerevan. La missione avrà un mandato inizialmente di due anni con a capo Stefano Tomat, amministratore delegato scelto per sua capacità di pianificazione e condotta del Servizio europeo per l’Azione esterna (Seae).

«L’Euma effettuerà pattugliamenti di routine e riferirà sulla situazione», ha precisato in una nota l’alto rappresentante Borrell, aggiungendo che la missione “contribuirà anche agli sforzi di mediazione nel quadro del processo guidato dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel“. Obiettivo dell’Unione Europea è prendere il posto della Russia come mediatrice tra Armenia e Azerbaigian, sia lungo il confine sia nella regione del Nagorno-Karabakh. Nell’enclave cristiana nel sud-ovest dell’Azerbaigian (Paese a maggioranza musulmano) è dal 1992 che si protrae un conflitto congelato, con scoppi di violenze armate come quello dell’ottobre del 2020. In sei settimane di conflitto erano morti quasi 7.000, prima del cessate il fuoco che ha imposto all’Armenia la cessione di ampie porzioni di territorio nel Nagorno-Karabakh.

Il 12 dicembre l’Azerbaigian ha bloccato il corridoio di Lachin, l’unica via di accesso all’Armenia e al mondo esterno per gli abitanti della Repubblica dell’Artsakh. Da più di 43 giorni su questa strada non transitano più beni essenziali come cibo e farmaci, ma Baku ha tagliato anche l’erogazione di gas e acqua potabile. Il Parlamento Ue ha intimato all’Azerbaigian a “riaprire immediatamente” la strada e ad “astenersi dal compromettere il funzionamento dei collegamenti di trasporto, energia e comunicazione tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh”. Il contesto è critico, mentre sul piano diplomatico il presidente del Consiglio Ue Michel è concentrato su contatti diretti con il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan, spingendo per colloqui sulla delimitazione degli oltre mille chilometri di confine tra i due Paesi.

Quali sono i nodi geoplitici e perché l’Europa ha le sue responsabilità

Il destino dell’Armenia è intrecciato a quello della Russia, che ai tempi di Stalin decretò quali fossero i territori di competenza di Yerevan. Contemporaneamente l’Urss delimitò anche i possedimenti azeri, con l’intento di mettere fuori gioco sia l’uno che l’altro Paese, i quali condividendo profondamente i confini, avrebbero avuto più difficoltà nell’avocare una possibile indipendenza da Mosca. C’è da considerare poi la presenza turca, che dalla Russia degli zar aveva ottenuto le città armene di Krs e Ardahan, macchiandosi, nel 1915, di un terribile genocidio in cui persero la vita un milione e mezzo di armeni. Tuttavia, dopo lo scioglimento dell’Urss, l’Armenia contò sulla benevolenza russa in chiave anti-turca. Di fatto fu così fino alla ripresa delle ostilità nel 2020 in Nagorno-Karabakh quando, secondo Yerevan, l’apporto di Putin non fu sufficiente, mentre dall’altra parte Erdogan sosteneva concretamente l’offensiva dell’Azerbaijan, che tra l’altro è il Paese invasore. Ora, a due anni di distanza, l’attenzione di Mosca verso gli Armeni è ancora più debole, per ovvi motivi, e Baku sta diventando sempre più importante nel rimodellamento delle strategie energetiche. L’Unione Europea, ma anche la Turchia, chiedono più gas e petrolio dall’Azerbaigian, che però per potenziare i rifornimenti ha bisogno di un corridoio che da Baku e dall’Iran arrivi a Istambul e nel cuore dell’Europa. A questo punto, Vladimir Putin si trova in una posizione ambigua, perché non può prendere le parti di Baku, ma neppure può mostrarsi ostile a Erdogan e a Teheran, che nell’ambito del conflitto ucraino non gli sono ostili. Con il leader turco che non si sbilancia e anzi rallenta la Nato, mentre l’Iran fornisce armi a Mosca. A rendere ancora più intricato il quadro, il fatto che la compagnia petrolifera russa Lukoil è padrona di circa il 25% delle riserve petrolifere dell’Azerbaigian nel Mar Caspio, per cui Putin resterà ugualmente un attore nel gioco, anche nel caso l’Europa rifiuti di comprare direttamente da Mosca.

La situazione non tranquillizza neppure gli Stati Uniti i quali, non favorevoli a nuove rotte energetiche e non sicuri dell’adesione di Baku al fronte occidentale, hanno condannato le torture da parte degli azeri nei confronti dei militari armeni, additando Baku come il Paese aggressore, in occasione della visita della speaker della Camera Nancy Pelosi a Yerevan. Una tale complessità, ovviamente, non può che gravare maggiormente sulla parte più fragile, ossia gli abitanti del Nagorno-Karabakh.

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Cinquantesimo giorno del #ArtsakhBlockade. L’Armenia afferma alla Corte Mondiale che lo scopo del blocco dell’Azerbajgian è pulizia etnica (Korazym 30.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.01.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi, 30 gennaio 2023 si sono svolte a Den Haag le Udienze pubbliche della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite, nel caso Armenia contro Azerbajgian (Applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale) e Armenia contro Azerbajgian (Richiesta di indicazione di misure provvisorie). L’Armenia richiede quanto segue: l’Azerbajgian cesserà di orchestrare e sostenere le presunte proteste che bloccano la libera circolazione ininterrotta lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni; l’Azerbajgian assicurerà la libera circolazione ininterrotta di tutte le persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni; e l’Azerbajgian ripristinerà immediatamente e completamente e si asterrà dall’interrompere o impedire la fornitura di gas naturale e altri servizi pubblici al Nagorno-Karabakh.

«È ovvio che l’Azerbajgian sta tentando di raggiungere quello che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha descritto come il suo dovere principale, espellere gli Armeni dal Nagorno-Karabakh», ha detto il Consigliere dell’Armenia alla Corte Mondiale, Lawrence Martin. Di seguito riportiamo un breve resoconto dei punti salienti degli interventi dei rappresentanti legali dell’Armenia e il video integrale delle Udienze pubbliche.

A Baku si lavora al programma sul «concetto di “ritorno” all’Azerbajgian occidentale», ovvero l’occupazione da parte dell’Azerbajgian del territorio sovrano dell’Armenia, inclusa la capitale Yerevan.

Comunità dell’Azerbajgian occidentale

Il lavoro sul concetto di “ritorno” nell’Azerbajgian occidentale è in fase di completamento – ufficiale
di Daspina Hasanova
TurkicWorld, 24 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

BAKU, Azerbajgian, 24 gennaio. Il lavoro sul concetto di “ritorno” all’Azerbajgian occidentale (terre storiche dell’Azerbajgian situate nell’odierno territorio dell’Armenia) è in fase di completamento, ha detto ai giornalisti il Presidente del Consiglio della Comunità dell’Azerbajgian occidentale, Aziz Alakbarli, riferisce TurkicWorld.

Secondo Alakbarli, insieme al Consiglio di amministrazione, anche altri organi partecipano attivamente alla preparazione del documento.

Ha osservato che durante questo processo è stato ricevuto un gran numero di valide proposte dal pubblico in generale. Le proposte pervenute sono state analizzate, e sistematizzate per argomenti principali, ed è in corso di preparazione una bozza di documento.

“La bozza del documento si basa su approcci e principi progressivi riconosciuti a livello internazionale nel campo del rimpatrio e riflette la posizione concettuale della Comunità sulla sicurezza, legale, pratica, socio-economica e altri aspetti del processo di rimpatrio”, ha aggiunto il funzionario.

“Il concetto servirà a stabilire giustizia e pace sulla base del diritto internazionale e nazionale pertinente, nonché di fatti storici. Dopo il completamento delle discussioni nei principali organi della Comunità, il Consiglio completerà la preparazione del progetto di documento e sottoporlo al Consiglio di Sorveglianza per l’approvazione ufficiale nelle modalità prescritte”, ha aggiunto Alakbarli.

La Comunità dell’Azerbajgian occidentale ha iniziato a sviluppare il “Concetto del ritorno” su istruzione del Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev nel dicembre dello scorso anno. Il Capo dello Stato ha avanzato questo concetto durante un incontro con gli intellettuali dell’Azerbajgian occidentale il 24 dicembre 2022.

Karabakh
Il conflitto invisibile
Cosa sta succedendo alla popolazione dell’Artsakh

Martedì 31 gennaio 2023, alle ore 21.00, presso il Centro culturale Rosetum in via Pisanello 1 a Milano, si terrà l’incontro Karabakh. Il conflitto invisibile. Cosa sta succedendo alla popolazione dell’Artsakh.

Intervengono:
Antonia Arslan, scrittrice
Mario Mauro, già Ministro della Difesa e Vicepresidente del Parlamento Europeo
Con un video di Artak Beglaryan, Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh

Modera:
Emanuele Boffi, Direttore di Tempi

L’incontro è organizzato da Esserci, Tempi, Centro culturale Rosetum, Casa Armena Hay Dun e Casa di Cristallo.

L’incontro sarà trasmesso online sul canale Youtube di Esserci [QUI]

Il 29 gennaio, il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Capo dello Staff Operativo, Ruben Vardanyan, ha proseguito gli incontri con la popolazione in vari distretti di Stepanakert. Ha parlato delle sfide e dei problemi che lo Stato e la società stanno affrontando a causa del blocco azero. Ha presentato il lavoro svolto dallo Staff Operativa in vari settori e arene per garantire il sostentamento della popolazione in una situazione di crisi, risolvere problemi urgenti, mitigare le conseguenze della crisi. Ha ritenuto importante mantenere un dialogo con le persone in questo periodo difficile, per trasmettere informazioni complete, che aiuteranno il pubblico a comprendere meglio la situazione e superarla con sforzi congiunti. “Se vogliamo che l’Azerbajgian fallisca nei suoi piani di spopolamento dell’Artsakh, abbiamo un modo: stringere i denti e andare avanti. E possiamo farlo solo unendoci”, ha detto Ruben Vardanyan. Ha ascoltato le osservazioni della popolazione in merito alla situazione creatasi, nonché ai lavori svolti dallo Staff Operativo, e ha risposto alle loro domande. I partecipanti agli incontri nelle comunità a Stepanakert hanno assicurato che nessun blocco potrà spezzare la loro determinazione a continuare la loro vita dignitosa nella loro terra natale.

«L’Azerbajgian ricorre al terrore psicologico del popolo dell’Artsakh come parte della sua sistematica e coerente politica armenofobica attraverso la diffusione di documenti contraffatti sull’evacuazione di Stepanakert. Questa è una violazione dell’integrità psicologica del popolo dell’Artsakh» (Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh).

«La Repubblica di Azerbajgian è un partner strategico fondamentale per l’Ungheria. Ho ribadito al Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev nella sua visita ufficiale a Budapest che in questi tempi la diversificazione delle fonti energetiche è elementare in Europa dove l’Azerbajgian ha un grande ruolo da svolgere» (Katalin Novák, Presidente di Ungheria, 30 gennaio 2023).

«L’Azerbajgian è la nostra arma segreta per la diversificazione nel campo dell’energia. Fortunatamente, il Presidente Aliyev ed io abbiamo lavorato per rafforzare la cooperazione tra l’Azerbajgian e l’Ungheria per oltre un decennio. È stato bello darti il benvenuto in Ungheria, Presidente dell’Azerbajgian» (Viktor Orbán, Primo Ministro di Ungheria).

Disgustoso e vergognoso l’elogio di un dittatore attualmente impegnato nella pulizia etnica con il #ArtsakhBlockade.

Nella tarda serata del 28 gennaio, due estremisti Ebrei hanno tentato di intralciare il traffico sulla via del Patriarcato armeno, per poi urtare l’auto di giovani Armeni di ritorno dal lavoro, ha detto il Cancelliere del Patriarcato armeno di Gerusalemme, Padre Aghan Gogchian. Gli Armeni sono scesi dall’auto e hanno parlato e chiesto educatamente: “Perché stai colpendo la macchina, questo è il nostro quartiere, stiamo tornando a casa dal lavoro. Rispettiamo gli Ebrei, perché fai queste cose? Cosa ti abbiamo fatto?”. Uno degli Ebrei iniziò a gridare. “Non hai un quartiere qui. Questo è il nostro Paese, vattene dal nostro Paese”. E quando il giovane Armeno ha detto: “Questo è anche il nostro Paese, la nostra casa è qui, siamo nati qui, non abbiamo nessun altro posto dove andare”, l’altro ha sparato gas lacrimogeni negli occhi dell’Armeno e loro due sono scappati via. Gli Armeni hanno cercato di inseguire questi per consegnarli alla polizia, ma i lacrimogeni non glielo hanno permesso e gli uomini sono stati portati in ospedale da un amico. Al rientro dall’ospedale, gli armeni hanno sporto denuncia alla polizia. La polizia ha interrogato i due estremisti Ebrei e li ha arrestati. Uno di loro è stato rilasciato all’alba, ma quello che ha lanciato i lacrimogeni è ancora in arresto.

Un’ora dopo questo incidente, un altro gruppo di estremisti Ebrei, passando lungo la via del Patriarcato armeno, ha cercato di salire sul tetto del Patriarcato e rimuovere le bandiere del Patriarcato e della Repubblica di Armenia. I giovani Armeni in piedi davanti al monastero si sono accorti dell’attentato, si sono avvicinati e hanno impedito le azioni degli estremisti Ebrei, che sono fuggiti e poi sono tornati in un gruppo più piccolo, questa volta con le mascherine. Hanno cercato di provocare nuovamente una rissa, hanno lanciato gas lacrimogeni in aria in direzione dei giovani Armeni, gli hanno insultato sono fuggiti. I giovani Armeni li hanno inseguiti e, quando questi se ne sono accorti, hanno iniziato a gridare “Attacco terroristico, attacco terroristico!” La polizia, ritenendo vere le grida degli estremisti Ebrei, ha bloccato la strada ai giovani Armeni, ha puntato loro le armi, ne ha picchiati alcuni e, dopo aver arrestato Gevorg Kahkejian, lo ha portato in questura, con l’accusa di aver aggredito un agente di polizia, il che non è vero. Kahkejian è stato tenuto in custodia dalla polizia per una notte, il giorno successivo, il 29 gennaio, dopo mezzogiorno, con l’intervento diretto di Sua Santità il Patriarca Nurhan Manukian, il tribunale l’ha rilasciato, condannandolo a 20 giorni di arresti domiciliari. E poiché Kahkejian ha lesioni fisiche, la polizia, attraverso la mediazione dell’avvocato del monastero, gli ha permesso di sottoporsi a visita medica.

“Siamo profondamente preoccupati per i recenti atti di violenza e vandalismo contro le istituzioni religiose cristiane a Gerusalemme, tra cui il Patriarcato armeno e i residenti armeni della Città Vecchia”, ha dichiarato il Portavoce del Ministero degli Esteri armeno, Vahan Hunanyan, in un post su Twitter.

Mentre il #ArtsakhBlockade è entrato nel 50° giorno, le comunità della diaspora armena in tutto il mondo si sono mobilitate e hanno organizzato varie manifestazioni per esprimere il proprio sostegno al popolo dell’Artsakh e per condannare l’Azerbajgian per il blocco illegale dell’Artsakh.

La Corte Mondiale è l’ultima speranza degli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh

Se la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite non intraprende azioni immediate, gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh dovranno affrontare una scelta non scelta: lasciare le loro terre ancestrali o restare e morire di fame. L’ha dichiarato il Rappresentante dell’Armenia per le questioni legali internazionali, Yeghishe Kirakosyan, oggi 30 gennaio 2023 alle Udienze pubbliche della Corte Mondiale a Den Haag, nel caso Armenia contro Azerbajgian (Applicazione della Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale) e Armenia contro Azerbajgian (Richiesta di indicazione di misure provvisorie).

L’Armenia richiede quanto segue: l’Azerbajgian cesserà di orchestrare e sostenere le presunte proteste che bloccano la libera circolazione ininterrotta lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni; l’Azerbajgian assicurerà la libera circolazione ininterrotta di tutte le persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni; e l’Azerbajgian ripristinerà immediatamente e completamente e si asterrà dall’interrompere o impedire la fornitura di gas naturale e altri servizi pubblici al Nagorno-Karabakh.

Il Rappresentante dell’Armenia per le questioni legali internazionali, Yeghishe Kirakosyan, ha menzionato nelle sue osservazioni, che l’Armenia sperava che le richieste nella domanda sarebbero state risolte da tempo, attraverso l’intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. “Ma l’Azerbajgian sembra intenzionato a strangolare gli Armeni etnici del Nagorno-Karabakh, indipendentemente dal costo umano. Una persona è già morta per mancanza di cure mediche e numerose altre rischiano un destino simile. Gli scaffali dei negozi di alimentari sono vuoti e il cibo viene razionato. Ci sono carenze di medicinali essenziali e forniture mediche, il commercio e le imprese sono completamente fermi”, ha detto Kirakosyan, aggiungendo che il gas è stato ripetutamente interrotto e le scuole e gli asili rimangono chiusi.

“Nonostante il costo crescente di questo disastro umanitario di sua creazione, l’Azerbajgian ha cercato di giustificare e perpetuare il suo blocco sulla base di una finzione ambientale a cui nessuno crede”, ha detto Kirakosyan. L’Azerbajgian può vituperare quanto vuole, nessuno crede alla loro “favola ambientale”.

Kirakosyan ha osservato che l’Azerbajgian effettua il blocco, nonostante il suo inequivocabile impegno sotto il Dichiarazione del 9 novembre 2020 per garantire la libera circolazione di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin.

Kirakosyan ha osservato che le azioni dell’Azerbajgian hanno ricevuto una condanna internazionale quasi unanime. Inoltre, l’Azerbajgian ha anche ignorato l’ordine della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di adottare le misure necessarie per garantire il passaggio sicuro dei malati bisognosi di cure in Armenia. Con una mossa rara, la CEDU ha continuato a notificare la non conformità dell’Azerbajgian al Comitato dei Ministri dell’Unione Europea.

“Se la Corte non agisce rapidamente, gli Armeni etnici del Nagorno Karabakh si troveranno di fronte a una scelta non scelta, lasciare le loro case ancestrali o restare lì e morire di fame. Il Presidente Aliyev lo ha chiarito chiaramente, ha chiesto esplicitamente che gli Armeni etnici nel Nagorno-Karabakh ‘se ne vadano’. Ha affermato che ‘il dovere principale dell’Azerbajgian era quello di espellere gli Armeni dalle nostre terre’. Ha dichiarato che ‘nessuna canzone sarà cantata nella lingua aliena dell’Armeno e d’ora in poi la lingua azera dominerà questa terra’”, ha detto Kirakosyan.

Kirakosyan ha citato il discorso del Presidente dell’Azerbajgian, in cui ha affermato: “Se qualcuno non vuole essere nostro cittadino, la strada è aperta, può andarsene”. “In altre parole, gli Armeni etnici non possono entrare nel Nagorno-Karabakh ma possono andarsene. Giudici della Corte, tali sfacciati atti di pulizia etnica non hanno posto nell’era moderna e questa Corte è l’ultima speranza per gli Armeni etnici del Nagorno Karabakh”, ha detto Kirakosyan.

La crisi umanitaria derivante dal blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian continua e continuerà fino a quando la Corte Internazionale di Giustizia non sarà intervenuta con urgenza, ha detto il legale dell’Armenia, Konstantinos Salonitis. Ha parlato per primo di un pregiudizio irreparabile nel presente caso. Precisa che la Corte ha il potere di indicare provvedimenti cautelari quando si rechi pregiudizio irreparabile a diritti oggetto di procedimento giudiziario o quando il mancato rispetto di tali diritti possa comportare conseguenze irreparabili. Richiedendo misure provvisorie, l’Armenia cerca di proteggere i diritti degli Armeni etnici ai sensi della Convenzione. Salonitis ha motivato il ricorso ai provvedimenti cautelari con il fattore dell’urgenza. “Il blocco deve essere completamente revocato. E deve essere garantito il libero accesso ai servizi pubblici in modo da eliminare le conseguenze per le vittime di questo crudele blocco. Questa non è solo la conclusione dell’Armenia, ma anche la conclusione della comunità internazionale”, ha affermato, menzionando i numerosi appelli della comunità internazionale rivolti all’Azerbajgian per porre fine al blocco. “L’Azerbajgian si vanta apertamente di come non possa essere fermato. Non dalla comunità internazionale e nemmeno dall’ordinanza vincolante del tribunale di Strasburgo [CEDU]”.

Il legale dell’Armenia, Lawrence H. Martin, ha presentato i fatti che giustificano la richiesta dell’Armenia alla Corte Internazionale di Giustizia di misure provvisorie contro l’Azerbajgian. “Siamo venuti davanti a voi oggi per richiedere il vostro intervento urgente per porre fine a una catastrofe umanitaria in corso”, ha detto Martin. “Dal 12 dicembre dello scorso anno la popolazione di etnia armena del Nagorno-Karabakh è stata quasi completamente tagliata fuori dal mondo esterno. Sono stati e continuano ad essere privati dell’accesso al cibo, alle medicine e a tutte le altre necessità della vita. Senza azioni rapide da parte della Corte le loro vite sono in pericolo”, ha detto Martin.

Martin ha ricordato che decine di migliaia di Armeni etnici sono stati sfollati con la forza dai territori conquistati dall’Azerbajgian durante la guerra dei 44 giorni nel 2020. Ha detto che dopo il dispiegamento delle forze di mantenimento della pace russe, l’Azerbajgian ha continuato a fare di tutto per rendere la vita degli Armeni nel Nagorno-Karabakh “intollerabile”, ha attaccato i villaggi in violazione dell’accordo di cessate il fuoco, ha costretto i residenti a sfollare dai villaggi, compresi i villaggi di Parukh, Berdzor, Aghavno e Sus, ha terrorizzato e ucciso gli Armeni.

L’Azerbajgian non ha mai nascosto le sue intenzioni, ha detto Martin, citando il Presidente dell’Azerbajgian Aliyev, che ha affermato: “Il nostro compito principale era quello di espellere gli Armeni dalle nostre terre”. “E questo è l’uomo che chiama gli Armeni cani, selvaggi, barbari”, ha detto Martin. Ha dimostrato alla Corte che i cosiddetti “eco-attivisti” dell’Azerbajgian che bloccano il Corridoio di Lachin sono falsi. Ha detto che dopo due giorni dall’inizio del blocco, le autorità del Nagorno-Karabakh hanno risposto alle richieste dei cosiddetti attivisti ecologici, annunciando che avrebbero consentito agli osservatori internazionali di ispezionare le due miniere in questione, ma la parte azera ha rifiutato. Inoltre, il Nagorno-Karabakh ha chiuso le operazioni delle miniere dopo due settimane, ma ancora una volta il blocco non si è fermato.

Inoltre, Martin ha osservato che coloro che affermano di essere eco-attivisti sono affiliati a ONG sponsorizzate dallo Stato dell’Azerbajgian e uno dei leader degli attivisti è in realtà un ufficiale dell’intelligence militare.

“Gli Azeri hanno problemi ambientali molto peggiori proprio vicino alle loro case a cui dovrebbero pensare. Ad esempio, la produzione di petrolio e gas che porta a conseguenze ambientali disastrose, anche nel Mar Caspio. Ma in qualche modo l’autostrada Goris-Stepanakert è l’unico posto che scelgono per protestare”, ha detto Martin.

“Cosa sta realmente accadendo qui? È ovvio che l’Azerbajgian sta tentando di raggiungere quello che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha descritto come il suo dovere principale, espellere gli Armeni dal Nagorno-Karabakh”, ha detto Martin.

Il video delle Udienze pubbliche nel caso Armenia contro Azerbajgian, 30 gennaio 2023.

Le Udienze pubbliche nel caso Azerbajgian contro Armenia si terranno domani, 31 gennaio 2023.

«Le richieste dell’Armenia alla Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite per misure provvisorie sull’immediata apertura del Corridoio di Lachin e la fine del #ArtsakhBlockade sono formulate in modo chiaro da Yeghishe Kirakosyan e altri brillanti avvocati. Qualsiasi risposta dell’Azerbajjan sarà un’affermazione dell’intento genocida del regime di Aliyev» (Tigran Balayan, Ambasciatore della Repubblica di Armenia presso il Regno dei Paesi Bassi).

«La base aerea di Nasosnaya che ospita i Mig-29 vicino a Baku, in Azerbajgian, è in fase di ristrutturazione. È in costruzione una seconda pista di 2.500 metri, la prima è stata estesa da 2.300 a 3.000 metri. La base aerea, che risulta inutilizzabile a causa dei lavori in corso dal 25 gennaio 2023, è una delle due note per ospitare aerei da combattimento azeri (principalmente Mig-29). L’altra è la base aerea di Kurdemir nel centro del Paese che ospita aerei di supporto a terra Su-25» (Nagorno Karabakh Observer).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Terra Santa: Gerusalemme, ieri la chiusura della Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani (SIR 30.01.23)

Si è chiusa ieri (dal 21 gennaio) a Gerusalemme la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sul tema: “Fate il bene, cercate la giustizia” (Isaia 1, 17). Numerose le confessioni cristiane che si sono alternate nell’animazione dei nove incontri di preghiera svoltisi ogni giorno in luogo diverso, con grande partecipazione di fedeli delle comunità partecipanti (anglicani, armeni, luterani, greco-cattolici, greco-ortodossi, comunità siriache ed etiopiche e cattolici di rito latino). La Settimana di preghiera nella città santa, secondo quanto riferisce la Custodia di Terra Santa, ha avuto inizio sabato 21 gennaio (alcuni giorni dopo la data ufficiale) per consentire agli armeni di festeggiare l’Epifania. Come da tradizione, il primo appuntamento è stato al Santo Sepolcro, dove la comunità greco-ortodossa ha guidato la preghiera di Compieta presso l’altare della Crocifissione sul monte Calvario. La domenica seguente, 22 gennaio, la preghiera è stata ospitata presso cattedrale anglicana di San Giorgio e lunedì 23 presso la cattedrale armena di San Giacomo. Martedì 24 gennaio la chiesa luterana del Redentore ha accolto una nutrita delegazione delle comunità cristiane e il pastore luterano Fursan Ayed Zumot ha ricordato ai presenti la missione comune a cui sono chiamati tutti i cristiani di tutte le confessioni, “quella di servire il prossimo”. Mercoledì 25 gennaio, giorno della conversione di San Paolo, è stato il turno del Patriarcato Latino. Durante la preghiera, il patriarca Pierbattista Pizzaballa ha incoraggiato tutte le Chiese di Terra Santa, ricordando come esse, “nonostante i tanti conflitti che da generazioni tormentano questa Terra, sono molto attive nell’edificazione della Gerusalemme celeste” attraverso le scuole, gli ospedali, le case per anziani e tutte le realtà costruite sul territorio. “Sono il nostro modo di fare il bene qui in Terra Santa e di operare la giustizia, di aprire gli occhi sul dolore e sull’oppressione. Tuttavia – ha continuato – la consolazione non ha bisogno solo di gesti di accoglienza, ma anche di una parola. Abbiamo il dovere di annunciare con la vita, ma anche con le parole, il Vangelo di giustizia e di pace”. Giovedì 26 gennaio la preghiera si è svolta presso il Cenacolo, sul Monte Sion, ed è stata condotta da padre Maksymilian Nawara, abate presidente della Congregazione benedettina dell’Annunciazione insieme con la comunità benedettina della Dormizione. Venerdì 27 gennaio è stata la volta della comunità siriaca ortodossa del Patriarcato di Antiochia e Gerusalemme, nella chiesa di San Marco: la preghiera è stata guidata da Mor Anthimos Jack Yakoub, vicario patriarcale di Gerusalemme e Terra Santa, mentre sabato 28 gennaio la preghiera si è svolta presso la chiesa ortodossa della comunità etiope. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si è conclusa domenica 29 gennaio nella chiesa greco-cattolica dell’Annunciazione nella città vecchia di Gerusalemme.

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Nagorno Karabakh, un’altra aggressione nei territori dell’ex Unione Sovietica (ResegonOnline 29.01.23)

Oggi Armenia e Italia godono di un buon livello di dialogo politico, con visite reciproche e collaborazioni multilaterali in campo economico. Nonostante la condanna della storia (il genocidio degli armeni da parte turca), si deve purtroppo constatare come una politica e una metodologia di persecuzione da parte di Turchia e Azerbaigian verso gli Armeni sia ancora pienamente in atto.

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Generale Giuseppe Morabito – Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation. Nei giorni scorsi il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha dichiarato che l’Azerbaigian conduce una “politica palese di pulizia etnica” e obbliga gli armeni che vivono nella regione del Nagorno Karabakh ad andarsene.

Da più di un mese gli azeri sostengono arbitrariamente di voler tutelare l’ambiente e bloccano il corridoio di Latcin, un corridoio umanitario strategico che collega l’Armenia alla regione del Nagorno Karabakh abitata da armeni e a causa del blocco, nella regione montagnosa con i circa 120.000 abitanti iniziano a scarseggiare cibo, medicine e carburante.

Il primo ministro armeno ha dichiarato che: “Questa è ovviamente una politica palese di pulizia etnica. E devo dire che se fino ad ora la comunità internazionale è stata scettica in merito alle nostre preoccupazioni riguardanti le intenzioni dell’Azerbaigian di sottomettere gli armeni del Nagorno Karabakh alla pulizia etnica, ora vediamo che questa percezione si rafforza lentamente ma costantemente nella comunità internazionale.

In base alle informazioni di cui disponiamo, il piano di Baku è il seguente: esercitare massima pressione economica e psicologica in Nagorno Karabakh e poi aprire il corridoio (di Lacin) per diversi giorni nella speranza che gli armeni del Nagorno Karabakh, la gente del Karabakh lascino in massa le loro case. Circa 6.000 bambini degli asili, circa 19.000 studenti delle scuole medie e 6.800 studenti universitari sono privati da circa un mese di uno dei diritti più importanti del 21esimo secolo: il diritto allo studio, perché gli asili, le scuole e le università sono chiuse da un mese in Nagorno Karabakh”.

L’Italia e il nostro parlamento non sono rimasti sordi a quanto accade nella regione caucasica, tanto è vero che il giorno 24 gennaio la Commissione Esteri della Camera ha invitato per un’audizione l’ambasciatrice della Repubblica di Armenia in Italia, Tsovinar Hambardzumyan che si è detta fiduciosa di collaborare nel prossimo futuro come rappresentante di una nazione amica dell’Italia che come l’Italia può vantare antichissime radici, valori comuni e secolari relazioni bilaterali.

Oggi Armenia e Italia godono di un buon livello di dialogo politico, con visite reciproche e collaborazioni multilaterali in campo economico. Nonostante la condanna della storia (il genocidio degli armeni da parte turca), si deve purtroppo constatare come una politica e una metodologia di persecuzione da parte di Turchia e Azerbaigian verso gli Armeni sia ancora pienamente in atto.

Come indicato, dallo scorso 12 dicembre, la regione del Nagorno-Karabakh è bloccata dall’Azerbaigian. Al momento, i cosiddetti “attivisti ambientalisti” su istruzione del governo azero stanno bloccando il Corridoio di Lachin, l’unico collegamento del Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il resto del mondo.

La crisi umanitaria in Nagorno Karabakh peggiora ogni giorno che passa. La scarsità di beni di prima necessità, cibo e medicinali si fa sempre più evidente. Il pericolo della carestia è tangibile e la situazione è aggravata dal taglio del gas (in pieno inverno), della rete elettrica e della connessione a Internet operato dal governo di Baku appoggiato da Ankara.

Alcuni osservatori confermano che anche gli asili nido e scuole sono chiuse, gli ospedali hanno sospeso le operazioni chirurgiche e non c’è più latte in polvere per i bimbi.

Bisogna subito ricordare che con il termine genocidio armeno, meglio conosciuto come olocausto degli armeni o massacro degli armeni, si indicano le deportazioni ed eliminazioni di armeni perpetrate dall’ tra il 1915 e il 1919, dai turchi (allora Impero Ottomano) che causarono circa 1,5 milioni di morti. Sono passati cento anni dal genocidio ma gli armeni in tutto il mondo non hanno dimenticato e, anzi, non possono dimenticare.

Gli Stati Uniti, l’Unione Europea, il Segretario Generale delle Nazioni Unite e più di una dozzina di Paesi hanno già chiesto all’ Azerbaigian di sbloccare la strada per il Nagorno-Karabakh.

Da ultimo il Parlamento Europeo a larghissima maggioranza ha votato una risoluzione in tal senso. In risposta a queste sollecitazioni internazionali, il Presidente azero non ha esitato a confermare che gli “attivisti” che hanno bloccato il collegamento lo hanno fatto su sua istruzione aggiungendo che chi non vuole essere cittadino dell’ Azerbaigian può tranquillamente andarsene e il blocco del corridoio verrà aperto per loro in caso decidessero di abbandonare la loro terra.

Il conflitto del Nagorno-Karabakh, da 30 anni costituisce la sfida principale per la sicurezza e per la stabilità della regione caucasica e ora presenta una serie di minacce, di natura politica e militare per l’Armenia, per l’intera regione e di conseguenza per la stabilità dell’Europa stessa.

Le radici di questo conflitto risalgono all’epoca sovietica. Il Nagorno Karabakh o Artsakh, storicamente armeno, fu incluso con la forza nella Repubblica dell’ Azerbaigian come una regione autonoma, per decisione del dittatore comunista sovietico Stalin nel 1921. Questo periodo di 70 anni “sovietici”, l’unico lasso temporale in cui il Nagorno-Karabakh ha fatto parte dell’ Azerbaigian, è stato segnato da massacri, deportazioni, discriminazioni e altre forme di intolleranza nei confronti degli Armeni.

Basti solo pensare che nel 1920 nel Nagorno-Karabakh abitavano circa 300 mila persone, oltre il 95% delle quali erano Armeni e nel 1988 ne erano rimasti solo 140.000 (oggi ne sono rimasti solo 120.000).

Nel 1988, nell’ultimo periodo di esistenza dell’Unione Sovietica, gli Armeni del Nagorno-Karabakh iniziarono a protestare e a rivendicare diritti che furono loro sempre negati. L’Azerbaigian, non gradendo quelle proteste, rispose con una repressione ai danni degli armeni che vivevano nelle città di Sumgait, Baku e Kirovabad. Furono proprio i massacri di Sumgait ad avere un ruolo decisivo nello scoppio del conflitto del Nagorno-Karabakh in un contesto che tristemente evocava il passato genocidio turco.

Nel 1991 con il collasso dell’ Unione Sovietica al posto dell’ex repubblica sovietica azera, dunque, si formarono due entità statali separate: la Repubblica dell’ Azerbaigian e la Repubblica del Nagorno-Karabakh.

In risposta, l’ Azerbaigian lanciò una guerra su larga scala che durò dal 1992 al 1994, in cui ci furono più di 30.000 caduti da entrambe le parti. Gli Armeni, nella lotta in difesa della libertà, riuscirono a resistere, a mantenere l’indipendenza del piccolo Stato appena formatosi e a garantirne la sicurezza dello stesso prendendo il controllo di alcuni territori circostanti.

L’Armenia la cui maggioranza della popolazione e’ cristiana monosifita orientale è diventata indipendente in condizioni terribilmente difficili, con il crollo dell’Unione Sovietica, l’economia smantellata, il cambiamento del sistema politico, il blocco da parte delle mussulmane Azerbaigian e Turchia. Inoltre, l’intera Armenia settentrionale fu rasa al suolo da un devastante terremoto nel 1988, con 25.000 vittime.

Per quanto riguarda la guerra del 44 giorni del 2020, la stessa è stata una guerra devastante perché’ sono state usate armi di nuova generazione, vi è stato un coinvolgimento diretto della Turchia con i suoi aerei e i droni Barattar (gli stessi “venduti” e non ‘’donati” all’Ucraina).

L’Azerbaigian pare abbia fatto largo uso di armi proibite dalle convenzioni internazionali come bombe a grappolo e al fosforo bianco, inoltre, si ha il sospetto che la Turchia abbia reclutato migliaia di mercenari (probabilmente ex terroristi Isis) trasferendoli in Azerbaigian per combattere contro gli Armeni, cosa che Ankara aveva certamente fatto durante la guerra civile in Libia.

L’ultimo conflitto è durato, appunto, 44 giorni e il 9 novembre 2020, con la mediazione della Federazione Russa, è stata firmata una dichiarazione trilaterale che ha fermato la guerra.

La suddetta dichiarazione, tuttavia, non ha portato la pace regione e, ad oggi, l’Azerbaigian approfittando della situazione internazionale ancora incerta e dell’appoggio di Ankara, continua la sua politica bellica aggressiva attraverso infiltrazioni e attacchi anche nel territorio dell’Armenia.

Purtroppo, quanto sta accadendo dimostra come la leadership dell’ Azerbaigian non sia in alcun modo interessata all’instaurazione della pace e della stabilità nel Caucaso meridionale. Il Presidente dell’Azerbaigian – forte del riconoscimento di “partner energetico affidabile” per l’Europa – persegue la sua politica di aggressione all’Armenia con la complicità turca.

In conclusione, bisogna ricordare che il Nagorno-Karabakh non è solo un territorio ma è un popolo pronto a seguire la formula europea per la soluzione del problema ma bisognerebbe porre fine immediatamente al blocco del Corridoio di Lachin e fornire l’accesso al Nagorno-Karabakh alle organizzazioni internazionali.

Certamente, va sottolineato che ci sono evidenti freni economici a procedere a una condanna di Baku perché la bozza d’intesa firmata tra EU e Azerbaigian prevede l’impegno azero a raddoppiare la capacità del Corridoio meridionale del gas, in modo da trasportare almeno 20 miliardi di metri cubi ogni anno alla EU entro il 2027.

Quanto precede assicurerà un contributo agli obiettivi di diversificazione indicati dal piano RePowerEu, ma soprattutto faciliterà il distacco dell’Europa dal gas russo. Infatti, l’ Azerbaigian ha già aumentato le consegne di gas alla UE nel 2022.

L’importante è nessuno possa dire “non lo sapevo” quando per liberarci dal ricatto per la carenza energetica susseguente all’aggressione russa all’Ucraina ci troveremo a testimoniare di aver sottovalutato i danni causati da un altro aggressore produttore di quel gas che tanto interessa alle economie occidentali.

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ARMENIA. Erevan più vicina all’Occidente (AGC 29.01.23)

Il 23 gennaio i ministri degli Esteri dei 27 Paesi dell’UE hanno approvato una nuova missione dell’UE in Armenia, che comprenderà circa 400 persone.

Tuttavia, le autorità armene non sembrano fermarsi qui. Subito dopo le riunioni del Consiglio permanente dell’OSCE a Vienna, il ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, è volato d’urgenza a Bruxelles .

Secondo fonti social media, il rappresentante armeno ha insistito affinché la missione dell’UE, non programmata e che ha violato gli accordi precedenti presi con Azerbaijan-Turchia-Russia, venga trasformata in una missione militare di pace a tutti gli effetti, con più di duemila persone.

Questo contingente è previsto provvisoriamente non solo nei territori dell’Armenia dove si sono verificati conflitti armati in precedenza, ma letteralmente su tutto il perimetro del confine armeno-azero. Secondo fonti social media vicine alla Russia, l’Armenia starebbe spingendo per il ritiro della 102a base russa da Gyumri e la completa esclusione della presenza militare russa in Armenia.

Ed è proprio questo lo scenario a cui il governo filo-occidentale di Nikol Pashinyan sta lavorando da quando è salito al potere. Non è un segreto che Pashinyan è molto vicino alla Francia.

Lo dimostrano anche tutte le azioni del numero uno armeno nell’ambito della presenza armena nella CSTO: dall’arresto del Segretario Generale Khachaturov alle sue recenti dichiarazioni sul rifiuto di tenere esercitazioni congiunte sul territorio dell’Armenia.

Un altro segnale di avvicinamento all’Occidente dell’Armenia è la calorosa accoglienza che ha ricevuto Nancy Pelosi, ex numero uno del Congresso americano.

Francia e Stati Uniti d’America ospitano le più importanti comunità azere che hanno un peso di rilievo nella politica statunitense e francese.

La Russia inoltre ha un po’ mollato le redini sull’Armenia da quando ha iniziato la costruzione del gasdotto con l’Azerbaijan e da quando gli affari con la Turchia sono implementati per via della guerra in Ucraina.

Anna Lotti

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Lettera aperta delle donne del Nagorno alla Von der Leyen: «ci aiuti siamo disperate». Il Papa all’Angelus: «condizioni disumane» (Il Messaggero 29.01.23)

«Le scriviamo perché lei è la donna più potente del mondo, ma anche perché è una madre che ama i suoi sette figli e ha a cuore la sua preziosa famiglia. Dal profondo del nostro cuore, le chiediamo di stare dalla parte delle donne e dei bambini che vivono in Nagorno-Karabakh e la imploriamo a fare tutto ciò che è in suo potere per far cessare all’Azerbaigian il suo crudele blocco». Le donne armene che vivono in nella enclave contesa hanno mandato alla Presidente Ursula Von der Leyen una lettera aperta per descrivere la situazione umanitaria ormai sull’orlo del collasso e denunciata all’Angelus anche da Papa Francesco con parole durissime («Sono vicino a tutti coloro che, in pieno inverno, sono costretti a far fronte a queste disumane condizioni»).

Armenia, 30 mila bambini senza luce, al freddo e con cibi razionati: la devastante crisi in Nagorno-Karabakh per il blocco azero

All’origine del blocco dell’unica via di comunicazione esistente – il corridoio di Lachin – che permette di raggiungere il Nagorno-Karabakh vi è una guerra strisciante tra armeni e azeri che si trascina irrisolta da anni. Dal 12 dicembre nessun abitante può uscire, né entrare, così come è impedito il transito normale di tir e altri veicoli che trasportano beni indispensabili. Inoltre l’energia elettrica e le forniture di gas, nonostante le temperature proibitive sul Caucaso, vengono negate.

«Stiamo morendo di fame e di freddo  – si legge – sotto gli occhi di tutto il mondo! Siamo sotto il blocco dell’Azerbaigian che ci nega il gas e l’elettricità. Questo è semplicemente terrorismo energetico” si legge nella lettera nella quale si ricorda che scolari e studenti non possono frequentare asili e scuole perché non hanno il riscaldamento. «I nostri medici non possono nemmeno eseguire operazioni e salvare vite umane. La nostra popolazione di 120.000 persone è tenuta prigioniera».

«Il corridoio di Lachin, il nostro unico collegamento con il mondo, è bloccato dall’Azerbaigian dal 12 dicembre. I nostri figli sono rimasti senza: cibo, elettricità, calore , accesso a forniture e cure mediche, opportunità di studiare. Possiamo sopportare molto per il bene dei nostri figli, ma abbiamo bisogno di aiuto urgente e di una voce. Non permetteremo che i nostri figli vengano uccisi in silenzio» scrivono le donne armene nella lettera alla Von der Leyen.

Il 23 gennaio il Consiglio europeo ha deciso di istituire una missione civile dell’Unione Europea in Armenia (Euma) nell’ambito della politica di sicurezza e di difesa comune. L’obiettivo della missione è contribuire alla stabilità nelle zone di confine dell’Armenia, rafforzare la fiducia sul terreno e garantire un ambiente favorevole agli sforzi di normalizzazione tra l’Armenia e l’Azerbaigian, sostenuti dall’Ue. «L’istituzione di una missione dell’Ue in Armenia avvia una nuova fase dell’impegno dell’Ue nel Caucaso meridionale. L’Ue continuerà a sostenere gli sforzi di allentamento della tensione e si impegna a collaborare strettamente con entrambe le parti per raggiungere l’obiettivo finale di una pace sostenibile nella regione» ha spiegato l’Alto Rappresentante Josep Borrell. In risposta alla richiesta dell’Armenia, l’Euma effettuerà pattugliamenti di routine e riferirà, cosa che dovrebbe consentire all’Ue di valutare meglio la situazione. La missione contribuirà anche agli sforzi di mediazione nel quadro del processo guidato dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel.

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