Si protrae la crisi in Nagorno Karabakh sul corridoio di Lachin, importante via di collegamento tra l’Armenia e gli oltre centomila armeni karabakhi. Il blocco del corridoio messo in atto oltre un mese fa dall’Azerbaijan sta già avendo serie ripercussioni di carattere umanitario
È una crisi nella crisi quella del blocco del corridoio di Lachin, che ormai perdura dal 12 dicembre. Quelli che si presentano come ambientalisti azerbaijani presiedono stabilmente l’unica strada che conduce dall’Armenia al Karabakh, dichiarando di protestare contro lo sfruttamento illegale delle risorse e l’inquinamento causato da queste attività nell’area abitata dai secessionisti armeni.
Di fronte ai manifestanti ci sono i peacekeeper russi, all’altezza di quello che sarebbe il presidio russo numero 7 della trentina circa presenti nell’area secessionista, che impediscono ai manifestanti di avanzare ulteriormente. Il che fa peraltro dichiarare a Baku che tecnicamente il blocco è causato dai peacekeeper, non dai manifestanti. In questo mese di blocco i karabakhi hanno organizzato manifestazioni e marce, con l’intenzione di confrontarsi anche con i manifestanti azeri, ma il cordone dei peacekeeper e l’opera di contenimento delle forze di sicurezza karabakhi hanno finora impedito contatti diretti il cui esito non è prevedibile.
Il punto 6 della dichiarazione congiunta del novembre 2020 che ha messo fine ai combattimenti fra Armenia e Karabakh da un lato e Azerbaijan dall’altro prevede che a garantire il funzionamento del corridoio di Lachin siano proprio i peacekeeper che lo stanno ora bloccando presidiandolo. Per questo gli armeni del Karabakh durante questo mese hanno sfilato anche verso la base di Khojali, quartier generale dei peacekeeper. Ma all’interno della repubblica secessionista permane una notevole prudenza a criticare l’operato dei peacekeeper e della Russia, attualmente unico scudo rispetto ad un’avanzata azera. In Armenia invece il loro operato viene criticato più severamente. L’8 gennaio scorso 65 manifestanti, riconducibili a movimenti nazionalisti armeni, sono stati arrestati mentre manifestavano davanti alla base militare russa di Gyumri, in Armenia.
L’Armenia si sta muovendo in fora internazionali, e si è appellata alla Corte Internazionale di Giustizia perché applichi misure ad interim affinché venga rimosso il blocco.
Cause
Il blocco di Lachin segue una serie di pressioni esercitate da Baku sulla questione delle vie di comunicazione e sulla risoluzione definitiva della questione del Karabakh. Mentre nel periodo sovietico il Karabakh era una regione autonoma all’interno dell’Azerbaijan, dopo la guerra del 2020 Baku ha dichiarato che il Karabakh non gode di alcun grado di autonomia politica, e che lo spazio attualmente presieduto dai peacekeeper russi rientra in un nuovo distretto economico insieme a Zangezur. Con la presente azione Baku intende riprendere possesso della sovranità sulle attività economiche che si esercitano nella zona e sull’esportazione – che avverrebbe attraverso il corridoio – di minerali e metalli estratti in Karabakh. Ma non sono solo le esportazioni non autorizzate né tassate da Baku ad aver mosso questa operazione. Con il blocco del trasporto attraverso questa arteria vitale per i secessionisti l’Azerbaijan intende ottenere altri scopi che sono prioritari.
Dopo la guerra sono rimaste una serie di questioni che stanno irritando Baku. Innanzitutto la questione delle mine. Sono circa 270 le vittime delle mine, e nell’opera di sminamento in corso Baku ha più volte testimoniato di aver trovato mine prodotte in Armenia nel 2021. La guerra è stata nel 2020, per cui le mine sarebbero state portate e posate dopo la fine del conflitto e l’unico percorso ipotizzabile plausibile è il corridoio in questo momento bloccato. Come le mine Baku sostiene che sono arrivate armi, e una delle priorità del post-2020 è lo smantellamento di quelle che per i secessionisti sono le forze armate e di sicurezza karabakhi, e che per Baku sono milizie ribelli, che quindi vanno disarmate e sciolte.
Il blocco di Lachin ha un forte impatto sulla capacità degli armeni del Karabakh di continuare a vivere nel territorio dipendendo da Yerevan piuttosto che accettando di integrarsi nell’Azerbaijan. Insomma, è uno strumento di pressione per piegare la resistenza all’integrazione nel paese a cui de jure la regione secessionista appartiene. Nessuno stato membro dell’ONU riconosce il Karabakh indipendente.
Per gli armeni questo è più che una pressione all’integrazione forzosa, è un autentico metodo per svuotare il Karabakh di armeni, causandone un esodo massiccio o – come denunciano voci armene – per commettere un nuovo genocidio verso una comunità storica armena.
Conseguenze
Il blocco del corridoio sta comportando una seria crisi umanitaria nell’area abitata dai secessionisti. La croce rossa e i peacekeeper non sono strutturati né organizzati per fornire assistenza umanitaria agli oltre 100.000 residenti. Il contingente di peacekeeper è di circa 2.000 uomini e gli approvvigionamenti che è in grado di trasportare sono limitati. Erano stati pensati per il personale militare, non i per i civili dell’area. La croce rossa ha portato il 25 dicembre 10 tonnellate di aiuti umanitari, e sta trasportando i malati che ne hanno bisogno. Un 44enne gravemente malato è mancato e secondo i secessionisti è conseguenza del blocco e delle difficoltà che sono insorte rispetto al normale trasporto che era in vigore fra Armenia e Karabakh.
Il cibo in vendita comincia a scarseggiare, e le prime restrizioni introdotte sono state ai ristoranti, a cui è stato chiesto di accettare un tetto massimo di persone per tavole e ridurre l’orario di apertura. A queste prime restrizioni per una razionalizzazione delle risorse alimentari, mediche e di carburante disponibili è stata aggiunta la smobilitazione delle scorte che il Karabakh – come area di sicurezza incerta – aveva stanziato in un fondo dedicato alle eventuali criticità.
Ad un mese dall’inizio del blocco, il ministro di Stato Ruben Vardanyan ha annunciato l’introduzione di un sistema di tessere alimentari per fare sì che i beni più difficili da acquistare siano accessibili alla cittadinanza. Si teme che si scateni la classica situazione che si verifica in casi di penuria di beni, con un iniquo e illegale mercato nero. Dall’8 gennaio asili e scuole operano a orario ridotto per impossibilità di garantire i servizi, fra cui le mense.
L’attività mineraria nella regione secessionista è attualmente interrotta.
Dal 12 dicembre 2022 centinaia di attivisti azeri hanno bloccato il corridoio di Lachin, l’unica arteria che mette in comunicazione l’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh con l’Armenia, impedendo in questo modo il transito di uomini, mezzi, viveri e medicinali.
Oltre 120.000 cittadini armeni che vivono nella regione contesa del Caucaso meridionale, che quotidianamente importa 400 tonnellate di beni di prima necessità da Yerevan, da quasi un mese sono isolati dal resto del mondo: i mercati e i negozi sono vuoti, le merci ormai mancano, le scuole sono chiuse, gli ospedali funzionano con difficoltà, 18 persone in terapia intensiva necessitano un trasferimento urgente e già si registra la prima vittima a causa del blocco stradale.
Nagorno Karabakh: le motivazioni all’origine del blocco stradale
Stando a quanto riportato dai media azeri, l’interruzione dell’unico collegamento tra la regione armena del Nagorno Karabakh e l’Armenia sarebbe dovuta a una protesta condotta da ambientalisti azeri contro le attività estrattive che avvengono nella regione.
Questa spiegazione, però, è stata messa in dubbio dalla stampa internazionale e dai report pubblicati dai difensori dei diritti umani dell’Artsakh e dell’Armenia, che hanno presentato prove del fatto che le manifestazioni sono condotte da «attivisti appartenenti ad organizzazioni finanziate dal governo azero o direttamente riconducibili a fondazioni della famiglia del premier Aliyev».
Il report, inoltre, aggiunge che tra i dimostranti sono riconoscibili «numerosi appartenenti ai servizi speciali di sicurezza azeri». A conferma di questa affermazione ci sono numerosi video che ritraggono i dimostranti intonare canti nazionalistici e inneggiare ai Lupi Grigi, l’organizzazione di estrema destra turca di cui faceva parte anche Ali Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II.
La guerra infinita tra Armenia e Azerbaijan
Quanto sta avvenendo in queste ore nel Caucaso meridionale è una nuova fase del conflitto che contrappone la popolazione armena che vive nel territorio del Nagorno Karabakh con il governo di Baku (Azerbaijian).
Dopo la guerra scoppiata negli anni Novanta e terminata con la vittoria delle truppe armene, che hanno poi proclamato la nascita della Repubblica dell’Artsakh, non riconosciuta ad oggi da alcuno stato al mondo, a settembre 2020 un nuovo conflitto ha infiammato la regione.
Le forze di Baku hanno aggredito il territorio armeno e dopo 44 giorni di scontri, costati la vita a 7.000 persone e lo sfollamento di 100.000 civili, si è arrivati a un cessate il fuoco firmato da Armenia, Azerbaijan e Russia.
Dal 9 novembre 2020 ad oggi molteplici sono state le violazioni della tregua nelle aree di contatto tra l’esercito armeno e quello azerbaigiano. Inoltre, sono state numerose le interruzioni delle forniture di elettricità, gas e acqua potabile al territorio armeno.
Ma quanto sta avvenendo ora, con la presa in ostaggio di 120.000 civili, non si era mai verificato e porta lo scontro a un livello senza precedenti.
Ragazzo a Shushi, Nagorno-Karabakh – Foto: Adam Jones (via Flickr)
Nagorno Karabakh oggi: la vita nella Repubblica dell’Artsakh
A causa dell’interruzione del collegamento tra l’Armenia e l’Azerbaijan, l’accesso alla regione è impedito agli osservatori internazionali, alla stampa estera, ma anche agli stessi cittadini del Karabakh che non possono più fare rientro alle loro case.
Sono oltre 1.000 gli armeni a cui è vietato ricongiungersi con le proprie famiglie, compresa la delegazione di bambini dell’Artsakh che si è recata a Yerevan in occasione dell’Eurovision junior a inizio dicembre e che da un mese è separata dai propri genitori.
Le uniche notizie sulla situazione che sta vivendo la popolazione del Nagorno Karabakh arrivano dai social network. Su Twitter sono tante le immagini che ritraggono i mercati chiusi, gli scaffali deserti, ma anche le manifestazioni oceaniche che ogni giorno avvengono nelle strade delle città armene.
Karen Ohanjanyan, cittadino dell’Artsakh e fondatore del Comitato Helsinki ’92, ong per i diritti umani, raggiunto in via telefonica da Osservatorio Diritti, ha raccontato come stanno andando le cose all’interno della capitale Stepanakert:
«La situazione è estremamente critica. Manca tutto. Giorno dopo giorno le conseguenze di quanto sta avvenendo si fanno sempre più serie e preoccupanti e siamo a un passo dalla catastrofe umanitaria. Al momento il governo sta provvedendo a distribuire aiuti umanitari alla popolazione, ma fino a quanto potrà durare questa situazione?».
«L’Europa e il mondo Occidentale – ha aggiunto – devono mostrare coerenza con i loro principi di democrazia e libertà. Dal 2020 siamo difronte a un’aggressione ai danni del popolo armeno paragonabile a quanto accade in Ucraina, ma perché per l’Artsakh la comunità internazionale non si sta mobilitando?».
Monumento a Stepanakert, capitale del Nagorno Karabakh – Foto: Martin Cígler (via Wikimedia Commons)
La comunità internazionale e il conflitto in Nagorno Karabakh
I ministri degli Esteri di Armenia e Nagorno Karabakh hanno allertato la comunità internazionale: «L’assenza di una reazione adeguata all’aggressione azera potrebbe causare nuovi tragici sviluppi». Le parole sono rivolte sia al mondo occidentale, poiché ad oggi – nonostante una discussione sulla situazione del corridoio di Lachin al Consiglio di Sicurezza dell’Onu il 20 dicembre, un appello da parte dell’ambasciatore americano all’Osce, un messaggio di inquietudine espresso da Papa Francesco e la fermezza dell’Eliseo nel condannare quanto sta accadendo – nulla di tangibile è ancora stato fatto per ripristinare il transito di persone e merci; sia alla Russia, che, nonostante il dispiegamento di un contingente di pace di 2.000 uomini nella regione, mantiene un atteggiamento traccheggiante e ondivago.
I rapporti tra Mosca e Yerevan sono sempre più tesi da quando Vladimir Putin, venendo meno agli accordi dell’alleanza militare degli ex paesi del blocco sovietico, non si è impegnato nel difendere l’Armenia dai ripetuti attacchi di Baku.
Inoltre oggi lo zar, dato l’onere della guerra in Ucraina, non vuole prendere una posizione definita nel Caucaso. E a questo va aggiunto che la Russia è uno dei principali fornitori di armi all’Azerbaijan e che fino a marzo 2023 garantirà a Baku oltre un miliardo di metri cubi di gas, dal momento che il Paese affacciato sul Mar Caspio ne ha un enorme bisogno essendo tra i principali fornitori di idrocarburi dei paesi europei.
Vicini a una guerra in Nagorno Karabakh? Rischi e conseguenze
L’International Crisis Group, l’importante organizzazione internazionale che ha come obiettivo quello di denunciare e prevenire futuri conflitti nel mondo, nei primi giorni del 2023 ha pubblicato il suo rapporto annuale sulle zone del pianeta da monitorare perché a rischio di un conflitto.
Ebbene, dietro l’Ucraina, in seconda posizione, come zona ad alta instabilità e possibile scenario di un conflitto nei prossimi mesi, c’è proprio l’Armenia. Le possibilità di una nuova escalation militare sono dettate dall’ immobilismo nelle trattative di pace e da quanto sta avvenendo nel corridoio di Lachin. Una situazione che potrebbe trasformarsi facilmente in un casus belli e che potrebbe essere all’origine, se non arginata per tempo, di una nuova drammatica escalation militare nella regione.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-01-17 15:06:332023-01-18 15:08:16Nagorno Karabakh: guerra tra Armenia e Azerbaijan a un passo dallo sterminio degli armeni (Osservatoriodiritti.it 17.01.23)
Nel corridoio di Lachin che collega il territorio con l’Armenia non passano più cibo, medicinali e carburanti. Tagliata anche l’elettricità e la connessione ad Internet. Nessuno entra ed esce mentre la situazione umanitaria diventa sempre più critica
Michele Raviart – Città del Vaticano
Rimane critica la situazione di 120 mila armeni nell’Alto Karabakh, sempre più isolati a causa del blocco del corridoio di Lachin, l’unica strada che collega questo territorio con l’Armenia. Una situazione che va avanti almeno dal dicembre dello scorso anno, quando sedicenti manifestanti ambientalisti azeri organizzarono un posto di blocco per protestare contro le attività minerarie in due siti nel territorio armeno. Da allora la libertà di transito, prevista da un accordo di tregua del novembre 2020 e formalmente garantita da duemila soldati russi, non è stata più rispettata.
Si stanno esaurendo le scorte di cibo
Nella repubblica di Artsakh, come gli armeni chiamano il territorio dell’Alto Karabakh, non arrivano più le 400 tonnellate di merci che quotidianamente giungevano dall’Armenia e il cibo nei negozi sta scarseggiando. Il governo locale ha istituito una tessera annonaria per gli acquisti calmierati di generi alimentari e sta attingendo a scorte statali destinate a esaurirsi nel giro di pochi giorni. Per la mancanza di cibo sono stati chiusi anche asili e nidi per l’infanzia. “È la prima volta che si arriva a un blocco di questo livello e la gente non era preparata”, spiega la scrittrice italiana di origine armena Antonia Arslan. “Sono gente di montagna e qualche riserva la hanno, ma si va verso il razionamento, che è già attivo per i generi di prima necessità – sottolinea – prima il corridoio era stato interrotto più di una volta, ma per 24 ore o un giorno e mezzo”.
Ascolta l’intervista ad Antonia Arslan
Solo alcuni malati gravi riescono ad uscire
Stanno per terminare anche i medicinali e sono state sospese tutte le operazioni chirurgiche programmate, in un’area in cui vivono 30 mila ragazzi e 20 mila anziani. Solo dopo la pressione del Consiglio d’Europa e della Croce Rossa internazionale, seguite alla morte di un malato grave in un ospedale a Stepanakert, alcuni pazienti vengono trasferiti con dei convogli speciali in centri specialistici in Armenia. Nessuno infatti può lasciare o raggiungere il territorio, con la situazione paradossale di circa un migliaio di persone – tra cui alcune decine di bambini – che il 12 dicembre scorso erano nella capitale armena Yerevan per assistere alla finale dell’Eurovision Song Contest Junior e che ora non riescono a rientrare a casa loro e ricongiungersi con le proprie famiglie. “Hanno dovuto passare il Natale in condizioni veramente precarie”, spiega Siobhan Nash-Marshall, docente di filosofia e saggista. “Sono in condizioni difficili e più sono lì più viene l’angoscia di sapere cosa succede ai loro genitori, sapendo che non possono neanche avere i medicinali. E’ una crisi umanitaria a pieno titolo”. Altre 1..500 persone sono invece bloccate nell’Alto Karabakh e non possono tornare in Armenia.
Ascolta l’intervista a Siobhan Nash-Marshall
Una crisi anche economica
Pochi i veicoli in circolazione a causa del poco carburante, mentre per giorni è stata interrotta la rete elettrica. Alla società armena che dovrebbe riparare il guasto non è stato permesso il transito e le piccole centrali idroelettriche presenti nell’Artsakh garantiscono l’elettricità solo per poche ore al giorno. A causa della difficile situazione economica quasi il 20% delle imprese nel territorio hanno cessato le attività e almeno 3.400 persone hanno perso il loro impiego
L’appello di Papa Francesco all’Angelus
Numerosi sono stati gli appelli per sbloccare questa crisi umanitaria, tra cui quello di Papa Francesco all’Angelus del 18 dicembre scorso. “Mi preoccupa la situazione creatasi nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso Meridionale”, aveva detto il Pontefice:“In particolare sono preoccupato per le precarie condizioni umanitarie delle popolazioni, che rischiano ulteriormente di deteriorarsi nel corso della stagione invernale. Chiedo a tutti coloro che sono coinvolti di impegnarsi a trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone.
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Il territorio del villaggio di Taghavard è stato diviso in due dopo la guerra tra Azerbaijan e Armenia del 2020. Il villaggio, sul versante armeno, è rimasto senza i suoi campi, i pascoli e i boschi. Un anziano, in passato architetto, vive nei pressi del nuovo confine con il suo bestiame. Ogni mattina rischia la vita per far pascolare le sue mucche. Un giorno però, decide di andarsene
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-01-17 14:59:332023-01-18 15:05:03L'uomo e i suoi bufali (Osservatorio Balcani e Caucaso 17.01.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.01.2023 – Vik van Brantegem] – L’assedio criminale azero dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh equivale a condannare il popolo armeno dell’Artsakh a una lenta morte, mentre l’Italia stringe accordi militari con Baku per il gas azero (ovvero, russo riciclato). Tutto il traffico (di persone e merce) da e per la parte ancora libera della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. Passano solo veicoli del contingente di mantenimento della pace russi e del CICR. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere.
L’Azerbajgian continua a non consentire la riparazione dell’unica linea ad alta tensione che alimentava l’Artsakh dall’Armenia. La situazione dell’approvvigionamento energetico rimane tesa e da oggi è introdotto un programma di 4 ore di blackout continui invece delle precedenti 2 ore.
37 giorni e contando di un blocco illegale di oltre 100.000 Armeni in Artsakh negando loro i bisogni primari e lasciandoli in circostanze terribili. Per favore condividi questo video quante più volte e dove puoi! Agisci [QUI] – #endtheblockade ! #artsakhblockade(Serj Tankian-#StopArtsakhBlockade @serjtankian).
Alla politica ostile dell’Azerbajgian si dovrebbe rispondere, sollevando la questione dello status dell’Artsakh e parlando della formula del “Riconoscimento per la salvezza”, ha detto oggi il deputato Artur Khachatryan nel suo discorso all’Assemblea nazionale dell’Armenia: «Oggi, quando abbiamo iniziato la nostra sessione, l’Azerbajgian ha nuovamente chiuso la fornitura di gas. 120mila persone sono attualmente in cattività azera. C’è carenza di cibo e medicine. Abbiamo attraversato gli anni freddi e bui, quando i beni di prima necessità venivano dati con i buoni. Artsakh sta affrontando una crisi umanitaria”, ha sottolineato Khachatryan. Secondo il deputato, l’Azerbajgian ha creato quella crisi, avendo obiettivi politici, è la continuazione della loro politica anti-armena. “Pertanto, l’azione politica ostile dovrebbe essere risolta nella dimensione politica, non con dichiarazioni sdentate. Ogni giorno facciamo una dichiarazione, chiediamo di aprire il Corridoio e torniamo a casa con la coscienza pulita. Il problema deve avere una soluzione politica. Le autorità dell’Armenia, in risposta alla politica ostile dell’Azerbajgian, dovrebbero approfittare di questa opportunità e riportare la questione dello status dell’Artsakh sulla scena internazionale. Questa azione dell’Azerbajgian dimostra che il popolo dell’Artsakh non può vivere all’interno dell’Azerbajgian, perché la sua esistenza è minacciata. Pertanto, dovremmo parlare della formula “Riconoscimento per la salvezza”. Questo è il momento», ha concluso Khachatryan.
Ecco, un’esempio di cosa intende con “restauro” l’Azerbajgian. Questo è il risultato del restauro “all’azera” della Cattedrale del Santo Salvatore Ghazanchetsots di Sushi, capitale culturale dell’Artsakh, conquistata dall’esercito dell’Azerbajgian nella guerra dei 44 giorni del 2020. È stata “restaurata” (a detta degli Azeri). In realtà sono rimossi croci dai campanili e gli angeli, ed è stata tolta la cupola “all’armena”, con lo scopo di cancellare l’identità armena del luogo, mentre nel frattempo fanno sparire le prove dell’attacco missilistico durante la guerra. Ne abbiamo scritto il 4 maggio 2021 [QUI].
«Mi chiamo Tatev. Vivo nella mia terra natale Artsakh con la mia famiglia e i miei parenti. Viviamo senza gas, luce e cibo perché l’aggressore Azerbajgian ha chiuso l’unica strada che collega l’Armenia con il mondo esterno. Mi rivolgo a voi Nazioni Unite: perché non tutelate i nostri diritti?» (Tatev Safaryan).
Alcuni cittadini della Russia e di altri Paesi che erano rimasti bloccati nell’Artsakh a seguito del blocco sono stati trasferiti, ha dichiarato su Twitter il Ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan: «I cittadini della Russia e di altri Paesi sono bloccati nell’Artsakh a causa del blocco. Le famiglie, comprese quelle con bambini, sono bloccate per più di un mese. Il governo dell’Artsakh insieme ai caschi blu russi aveva preparato da tempo e oggi hanno organizzato il ritorno di una parte di loro in patria. Tuttavia, il blocco disumano continua per i 120.000 cittadini dell’Artsakh, tra cui 30.000 bambini».
L’Azerbaijan ha nuovamente tagliato il gas all’Artsakh: oggi alle 13.00 ora locale (ore 10.00 di Roma) ha chiuso l’unico gasdotto, che viene dall’Armenia. La temperatura massima oggi a Stepanakert è di 3 °C.
Il Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh, Capo dello Stato Maggiore Operativo, Ruben Vardanyan, ha convocato una riunione urgente riguardante l’interruzione della fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh da parte dell’Azerbajgian. Sono state discusse misure per garantire il funzionamento ininterrotto delle strutture vitali nella situazione attuale. Il Ministro di Stato ha incaricato i funzionari dei settori delle infrastrutture di adottare modi alternativi per garantire il funzionamento delle strutture e garantire la domanda minima della popolazione.
Poi, dopo alcune ore è stato ripristinato la fornitura del gas. «È come quando i bambini giocano con gli interruttori della luce, accendono, spengono, accendono, spengono… Qualcuno gioca con la valvola del gas. L’ultima volta l’Azerbaigian ha tagliato il gas dopo due giorni di blocco del Nagorno-Karabakh/Artsakh. Bisogna avere nervi d’acciaio per vivere così» (Marut Vanyan, giornalista freelance a Stepanakert).
Dal 9 gennaio, anche l’alimentazione elettrica dall’Armenia all’Artsakh è stata interrotta sul territorio sotto il controllo azero. La parte azera non consente ai tecnici di avvicinarsi e eseguire lavori di ripristino di emergenza, se necessario. Durante l’inverno, i 120.000 abitanti dell’Artsakh sono infatti privati dell’approvvigionamento energetico, sia luce che gas. Attualmente l’approvvigionamento energetico nella Repubblica di Artsakh viene effettuato solo con fonti nazionali, con risorse molto limitate.
Domani inizierà la distribuzione dei tagliandi di razionamento dei generi alimentari.
Il Nagorno Karabakh Observer riporta oggi un video da Twitter [QUI] dal blocco stradale dell’Azerbajgian vicino a Sushi nel Nagorno-Karabakh diffuso ieri, che dimostra “eco-attivisti” organizzati dal governo di Baku che cantano l’inno del Paese. Sembrano tutti uomini giovani, non c’è molta diversità di età e genere vista in questo video, osserva il Nagorno Karabakh Observer.
Il Nagorno Karabakh Observer informa che le autorità dell’Azerbajgian mantengono il blocco del Corridoio di Lachin, mentre secondo rapporti non confermati si sarebbe svolti dei negoziati tra rappresentanti dell’Azerbajgian, dell’Artsakh e della Russia all’aeroporto di Stepanakert. Non sono disponibili dettagli.
«Il personale militare del contingente di mantenimento della pace russo, insieme all’organizzazione caritativa internazionale armena “Hayer Miatsek”, ha svolto un’azione umanitaria nella regione di Martuni, dove hanno ricevuto assistenza mirata 237 famiglie, che si sono trovate in una situazione sociale difficile! Alle famiglie sono stati consegnati pacchi alimentari! Dove siamo NOI, c’è MONDO!» (Canale Telegram della forza di mantenimento della pace russa in Nagorno-Karabakh, 17 gennaio 2023 [QUI]).
L‘Azerbajgian ignora l’OSCE e tutto il diritto internazionale perché l’Azerbajgian è uno stato terrorista gestito da un dittatore guerrafondaio e genocida. L’Azerbajgian è una dittatura che nella classifica della libertà di Freedom House sta più in basso dell’Afghanistan. La Russia possiede quote significative nei suoi giacimenti petroliferi e l’Azerbajgian ricicla il gas russo per la rivendita in Europa, con cui finanzia le sue guerre contro gli Armeni Cristiani. È colpevole di crimini di guerra, attualmente impegnato nella pulizia etnica con il #ArtsakhBlockade, con la sicurezza dell’impunità.
Riunione del Consiglio permanente dell’OSCE, 17 gennaio 2023
Alla sessione speciale del Consiglio permanente dell’ Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), convocata oggi su iniziativa dell’Armenia, la Francia ha ribadito il suo appello a ripristinare immediatamente e senza condizioni la libertà e la sicurezza di movimento attraverso il Corridoio di Lachin, nel rispetto dei diritti della popolazione locale.
“La Francia ha ribadito il suo impegno a sostenere la ricerca di progressi nei negoziati tra Armenia e Azerbajgian al fine di stabilire una pace duratura nella regione, nonché la sua disponibilità a contribuire alla realizzazione di questo obiettivo in collaborazione con tutti i partner e le parti interessate”, ha scritto in un post su Twitter il servizio stampa della Rappresentanza permanente della Francia presso l’OSCE.
Gli Stati Uniti sono seriamente preoccupati per il fatto che il Corridoio di Lachin sia stato bloccato per più di 30 giorni, causando gravi carenze di cibo, medicine e altri rifornimenti nel Nagorno-Karabakh. “Questi fatti sono indiscutibili”, ha dichiarato l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso l’OSCE, Michael Carpenter.
“Chiediamo all’Azerbajgian e alla Russia di ripristinare immediatamente il transito ininterrotto, mantenendo i loro impegni precedenti, che includono chiaramente garanzie, come lei [il Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan] ha citato, “per il movimento sicuro di persone, veicoli e merci in entrambe le direzioni attraverso il Corridoio di Lachin. La continua interruzione del traffico privato e commerciale sulla strada di Lachin potrebbe avere gravi conseguenze umanitarie per le persone che vivono nel Nagorno-Karabakh”, ha affermato Carpenter. Ha inoltre ringraziato il Comitato Internazionale della Croce Rossa per aver fornito un’importante assistenza e ha invitato l’Azerbajgian a garantire il rispetto dei diritti, la sicurezza e il benessere delle persone che vivono nell’area. “Tutti gli Stati partecipanti all’OSCE sono obbligati a proteggere la sicurezza delle persone sul loro territorio, indipendentemente dall’etnia”, ha affermato Carpenter.
L’OSCE e le sue varie istituzioni sono ben posizionate per sostenere l’Armenia e l’Azerbajgian, sulla base del nostro approccio globale alla sicurezza e ancorate ai nostri valori, principi e impegni. Disponiamo di un’ampia gamma di strumenti che possono essere utilizzati in questo conflitto e dobbiamo discutere come possiamo farlo”, ha sottolineato l’Ambasciatore statunitense presso l’OSCE. Ha aggiunto che gli Stati Uniti invitano l’Azerbajgian e l’Armenia a riprendere negoziati significativi per risolvere le loro controversie. “Un accordo di pace globale è l’unica vera via per una pace duratura basata sulla normalizzazione delle relazioni e sul riconoscimento reciproco. Chiediamo inoltre all’Azerbajgian e all’Armenia di indagare sulle presunte atrocità e consegnare i responsabili alla giustizia”, ha affermato Michael Carpenter. Ha aggiunto che gli Stati Uniti continueranno a lavorare con l’Azerbajgian e l’Armenia sia a livello bilaterale che multilaterale, attraverso partner come l’Unione Europea e attraverso organizzazioni internazionali come l’OSCE, per raggiungere una soluzione globale e sostenibile a questo conflitto.
Discorso del Ministro degli Esteri dell’Armenia al Consiglio permanente dell’OSCE
Riportiamo di seguito nella traduzione italiana gran parte del discorso pronunciato oggi a Vienna alla sessione speciale del Consiglio permanente dell’OSCE dal Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan:
«Sfortunatamente, la crisi della sicurezza e le sfide causate dalla guerra dell’Azerbajgian del 2020 contro il Nagorno-Karabakh e la successiva aggressione e occupazione del territorio sovrano dell’Armenia minacciano la democrazia armena, minando gli sforzi del governo armeno per stabilire la pace, la stabilità e la sicurezza nel Caucaso meridionale.
Poiché è la prima volta dopo la guerra di 44 giorni e l’occupazione del territorio dell’Armenia che il Ministro degli Esteri dell’Armenia parla al Consiglio permanente, vorrei fare un breve riferimento all’impatto di questo uso della forza ai fini della risoluzione dei conflitti su vasta scala senza precedenti, sull’OSCE, su suoi principi e obblighi, in generale e sulla percezione del concetto di sicurezza integrale.
La guerra di 44 giorni è stata accompagnata da crimini di guerra e diffuse violazioni del diritto internazionale umanitario, attacchi contro civili e infrastrutture, distruzione del patrimonio culturale, che non sono stati adeguatamente indagati e nessuno è stato ritenuto responsabile.
Nel corso dei decenni, l’OSCE ha sviluppato una serie di strumenti o kit di strumenti finalizzati al preallarme e alla prevenzione dei conflitti. Purtroppo, dobbiamo ammettere che l’OSCE non è riuscita ad attuare questo pacchetto di strumenti in modo efficace e tempestivo.
Inoltre, la mancanza di una risposta adeguata e chiara ha portato all’impunità per l’uso della forza come mezzo di risoluzione dei conflitti, violando i principi dell’OSCE, gli obblighi stabiliti nei suoi documenti principali e portando alla legittimazione della violenza nelle relazioni interstatali e intrastatali.
Il 9 novembre 2020, dopo la firma della dichiarazione tripartita sulla cessazione delle operazioni militari nel Nagorno-Karabakh, l’Armenia non ha risparmiato sforzi per normalizzare le relazioni con l’Azerbajgian e affrontare la questione dei diritti e della sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh. Sfortunatamente, la parte azera, invece di partecipare ai negoziati in buona fede, continua la sua politica distruttiva. Immediatamente dopo la firma della dichiarazione tripartita, la parte azera ha violato il cessate il fuoco e la cessazione di tutte le operazioni militari e ha attaccato il Nagorno-Karabakh, a seguito della quale sono stati occupati altri due villaggi e sono stati catturati dei militari armeni. A maggio e novembre 2021, e sempre nel settembre 2022, la parte azera ha scatenato l’aggressione contro la Repubblica di Armenia, occupando circa 150 chilometri quadrati del territorio sovrano dell’Armenia. Oggi, bloccando il Corridoio di Lachin, la parte azera ha creato una crisi umanitaria, perseguendo obiettivi di vasta portata.
Il 12 dicembre 2022, un gruppo di Azeri, dichiarandosi attivisti ambientalisti, ha chiuso il Corridoio di Lachin, l’unica ancora di salvezza che collega il Nagorno-Karabakh all’Armenia e al resto del mondo, isolando di fatto 120.000 residenti del Nagorno-Karabakh, di cui 30.000 sono bambini. Più di 1.000 persone, tra cui 270 bambini, non possono tornare a casa in Nagorno-Karabakh. Alcuni di quei bambini sono stati separati dai genitori e hanno trovato temporaneamente rifugio in Armenia.
Era ovvio fin dall’inizio che questo blocco fosse un’operazione pre-pianificata, diretta e finanziata dalle autorità azere, usando la copertura dei cosiddetti “eco-attivisti” per una credibile negazione delle loro azioni.
Queste azioni dell’Azerbajgian sono una chiara violazione del punto 6 della dichiarazione tripartita del 9 novembre, che afferma chiaramente che: “Il Corridoio di Lachin rimane sotto il controllo delle truppe di mantenimento della pace della Federazione Russa. La Repubblica dell’Azerbajgian garantisce la sicurezza del movimento di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni attraverso il Corridoio di Lachin.
È passato più di un mese da quando il popolo del Nagorno-Karabakh è di fatto sotto assedio. Le forniture alimentari, mediche ed elettriche al Nagorno Karabakh sono state quasi completamente interrotte. In precedenza, ogni giorno venivano importate dall’Armenia al Nagorno-Karabakh circa 400 tonnellate di beni di prima necessità, tra cui grano, farina, riso, verdura, frutta, medicinali, alimenti per l’infanzia. Ora, dopo quasi cinque settimane di blocco, tutto ciò che è essenziale e estremamente necessario.
Inoltre, la deliberata interruzione della fornitura di gas per 3 giorni nelle fredde condizioni invernali, seguita dalla continua interruzione delle linee elettriche e delle telecomunicazioni in tutto il territorio del Nagorno-Karabakh, è un’altra prova delle azioni pianificate delle autorità azere. Ciò influisce gravemente sulla vita quotidiana delle persone e porta a una serie di conseguenze umanitarie avverse, come la mancanza di elettricità, l’interruzione del processo educativo nelle scuole, il funzionamento dei dipartimenti governativi, delle imprese e il guasto del riscaldamento negli ospedali e in altri servizi vitali delle istituzioni. Le persone sono private del riscaldamento e dell’acqua calda. Le autorità hanno introdotto restrizioni alla vendita di carburante, e ora anche alla vendita di generi alimentari e beni di prima necessità.
La crisi umanitaria si intensifica di giorno in giorno e richiede l’intervento immediato e mirato della comunità internazionale. Non possiamo stare da parte e guardare le persone morire di fame lentamente a causa di giochi politici e forse calcoli geopolitici. Il momento di agire è ora.
Su richiesta dell’Armenia, la questione è stata discussa nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Abbiamo informato i membri del Consiglio di Sicurezza e anche il Segretario generale della terribile situazione e abbiamo esortato i nostri partner a intervenire e fermare il disastro umanitario in corso.
Naturalmente, accolgo con favore le dichiarazioni e le posizioni inequivocabili dei nostri Paesi partner, che invitano l’Azerbajgian a revocare immediatamente e incondizionatamente il blocco e garantire un movimento libero e senza ostacoli attraverso il Corridoio di Lachin. Penso che dovremmo aumentare la pressione sull’Azerbajgian in modo che rispetti i suoi impegni. L’Azerbajgian deve essere ritenuto responsabile delle sue azioni.
Il blocco del Nagorno-Karabakh non è un episodio isolato e dovrebbe essere considerato come parte di una politica su vasta scala e sistematica dell’Azerbajgian volta alla pulizia etnica del popolo del Nagorno-Karabakh creando condizioni di vita insopportabili. L’Azerbajgian mira a costringere la popolazione del Nagorno-Karabakh a lasciare la propria terra natale e le proprie case. L’ultima dichiarazione del Presidente dell’Azerbjigian, in cui propone di deportare quegli Armeni che non vogliono diventare cittadini dell’Azerbajgian, dimostra la loro intenzione di effettuare la pulizia etnica.
È imperativo inviare una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno-Karabakh e nel Corridoio di Lachin per valutare la situazione umanitaria sul campo, nonché per garantire un accesso umanitario ininterrotto al Nagorno-Karabakh per i pertinenti organismi delle Nazioni Unite.
Mostrando la volontà politica di normalizzare le relazioni con l’Azerbaigian, il governo armeno ha avviato coscienziosamente negoziati a tre con l’Azerbajgian, che sono l’apertura di tutti i collegamenti di trasporto nella regione, la demarcazione e la sicurezza delle frontiere e un accordo di pace o risoluzione delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian.
Nella prima direzione, che si riferisce al ripristino dei collegamenti economici e di trasporto nella regione, abbiamo costituito un gruppo di lavoro tripartito guidato dal Vice Primo Ministro della Repubblica di Armenia. In questo formato si sono svolti numerosi incontri, sono state discusse questioni relative alle possibili comunicazioni stradali e ferroviarie, nonché altri dettagli relativi allo sblocco delle comunicazioni regionali.
Sfortunatamente, l’approccio dell’Azerbajgian a questo processo non è stato costruttivo fin dall’inizio. Nonostante il suo chiaro impegno nelle dichiarazioni tripartite del 9 novembre 2020 e dell’11 gennaio 2021, l’Azerbajgian ha avanzato una richiesta infondata di un corridoio extraterritoriale attraverso il territorio sovrano dell’Armenia. Voglio affermare chiaramente che l’Armenia non ha mai assunto alcun obbligo o acconsentito in alcun modo alla fornitura di alcun corridoio extraterritoriale attraverso il suo territorio, e tutte le affermazioni della parte azera sono un’evidente distorsione e manipolazione del contenuto delle dichiarazioni tripartite.
Di recente, il Presidente dell’Azerbajgian ha ammesso di aver introdotto nell’agenda internazionale il termine “Corridoio di Zangezur” e ha minacciato di aprirlo prima o poi, indipendentemente dal fatto che l’Armenia lo voglia o meno. E ha detto di aver introdotto questo termine dopo la firma della Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre [2020].
Voglio chiarire ancora una volta che escludiamo qualsiasi corridoio extraterritoriale nel territorio della Repubblica di Armenia e non forniremo alcun corridoio a nessuno. Questa è una posizione di principio e irreversibile, pienamente coerente con la disposizione pertinente della dichiarazione del 9 novembre. Inoltre, la decisione di fornire un collegamento tra le regioni occidentali dell’Azerbajgian e del Nakhichevan può essere presa rapidamente, una volta che l’Azerbajgian accetterà che tutte le comunicazioni devono operare all’interno della giurisdizione e della legislazione della Repubblica di Armenia.
In questo contesto, vorrei informarvi che recentemente un altro tentativo di trovare un accordo definitivo sull’apertura delle comunicazioni ferroviarie è fallito, poiché la parte azera ha proposto nuove condizioni che contraddicevano la comprensione primaria delle parti in merito ai regolamenti. In effetti, questa è stata la seconda volta che le azioni dell’Azerbajgian hanno compromesso i progressi in questa materia. Un accordo preliminare per risolvere i problemi di connessione ferroviaria è stato raggiunto per la prima volta nel dicembre 2021. Questo fatto è stato persino incluso nella dichiarazione del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, il 14 dicembre 2021.
La seconda direzione della regolamentazione delle relazioni è il lavoro della demarcazione dei confini e delle commissioni per la sicurezza delle frontiere. Le commissioni sono state istituite il 12 maggio 2021 dopo l’invasione del territorio sovrano della Repubblica di Armenia da parte delle forze armate azere e la successiva occupazione dei territori dell’Armenia.
Le commissioni hanno tenuto riunioni per discutere i criteri per la demarcazione del confine interstatale tra Armenia e Azerbajgian. Siamo convinti che senza criteri chiaramente concordati per la demarcazione dei confini sarà impossibile raggiungere una pace duratura. A questo proposito, sono estremamente importanti gli accordi raggiunti a Praga e a Sochi, in particolare con riferimento alla dichiarazione di Alma-Ata e ai successivi protocolli. Tuttavia, nei suoi ulteriori commenti, il Presidente dell’Azerbajgian, affermando che l’Armenia ha così riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian, non ha confermato il riconoscimento dell’integrità territoriale dell’Armenia.
L’Azerbajgian ostacola il lavoro delle commissioni. In primo luogo, nonostante gli accordi raggiunti durante la seconda riunione tripartita dei leader di Armenia e Azerbajgian il 26 novembre 2021 a Sochi e ospitata dal Presidente del Consiglio Europeo, che la commissione dovrebbe avere un duplice mandato e lavorare sulla demarcazione dei confini e sulla stabile situazione di sicurezza nelle aree di confine, l’Azerbajgian ha rifiutato il titolo delle commissioni includendo il termine “sicurezza di frontiera” che indicava chiaramente le sue vere intenzioni. Quindi, il 13 settembre 2022, le forze armate dell’Azerbajgian hanno lanciato un attacco militare su larga scala infondato e ingiustificato nelle direzioni sud e sud-est della Repubblica di Armenia. che ha portato all’occupazione di altre parti del territorio sovrano dell’Armenia. Morirono più di 200 soldati. Le città e i villaggi delle province di confine sono stati bombardati indiscriminatamente. Va notato che durante la guerra dei 44 giorni si sono verificate anche violazioni su larga scala del diritto internazionale umanitario. ha sottoposto i soldati armeni, comprese le donne, alle più scioccanti e terribili umiliazioni e torture. Questi fatti sono stati registrati dagli stessi militari azeri e pubblicati su vari siti social, ovviamente con lo scopo di intimidire la parte armena. (…)
L’aggressione di settembre, così come gli attacchi e le provocazioni dell’Azerbajgian nel periodo precedente, vanno inquadrati sullo sfondo delle sempre crescenti rivendicazioni territoriali avanzate dal Presidente dell’Azerbajgian contro l’Armenia, compresa la capitale Yerevan, ripetute da altre alte cariche funzionari di rango e accompagnati da chiare minacce di forza.
Finora, non vediamo alcun segno di cambiamento in questa linea politica, vale a dire la volontà dell’Azerbajgian di abbandonare le rivendicazioni territoriali e la retorica bellicosa e di rimanere impegnato per la pace. In queste circostanze, abbiamo tutte le ragioni per credere che anche dopo la firma dell’accordo transattivo delle relazioni, l’Azerbajgian continuerà le sue assurde rivendicazioni territoriali contro l’Armenia.
La terza direzione dei negoziati si riferisce al testo di un possibile accordo o trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian, che dovrebbe affrontare in modo completo tutte le questioni e creare un ambiente di sicurezza favorevole per continuare le discussioni in diverse direzioni.
La parte armena ha presentato diverse proposte fondamentali, in particolare, per quanto riguarda il chiarimento dei criteri per la delimitazione del confine interstatale, la rimozione delle forze armate dal confine di stato e la creazione di una zona smilitarizzata, nonché la formazione dell’istituzione dei garanti del trattato di pace. È triste che tutte le proposte della parte armena siano state respinte dall’Azerbajgian.
Insieme a tutto questo, crediamo che debba essere risolto anche il conflitto del Nagorno-Karabakh. verranno affrontati i temi dei diritti e delle garanzie di sicurezza delle persone che vivono nel Nagorno-Karabakh. Tuttavia, tenendo conto della proposta azerbajgiana di discutere la questione separatamente dall’accordo di pace, la parte armena ha proposto di creare un meccanismo di dialogo internazionale tra Stepanakert e Baku.
Dobbiamo riconoscere l’enormità di questo problema, dato che non c’è praticamente alcuna relazione tra i due Paesi da più di 30 anni. Ma siamo convinti che la regolamentazione delle relazioni Armenia-Azerbajgian sia di cruciale importanza per la sicurezza e la stabilità della regione e per le sue prospettive. Tuttavia, la risoluzione del problema non può essere raggiunta senza la volontà politica di affrontare le cause profonde del conflitto, i diritti umani fondamentali e l’impegno per la riconciliazione.
Il blocco del Corridoio di Lachin, che è un passo nella direzione esattamente opposta e allontana ulteriormente la prospettiva di qualsiasi progresso in tutte queste direzioni, dimostra ancora una volta l’assoluta necessità di un impegno internazionale nell’affrontare i diritti e le questioni di sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabach.
Il conflitto del Nagorno-Karabakh continua a rappresentare una seria sfida per la pace e la stabilità regionali e internazionali. Questo fatto è confermato dall’atteggiamento aggressivo dell’Azerbajgian, dalla retorica anti-armena diretta contro il Nagorno-Karabakh e l’Armenia, dal blocco del Corridoio di Lachin.
A più di due anni dalla firma della dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, l’Azerbajgian si rifiuta di rimpatriare tutti i prigionieri di guerra armeni e le altre persone detenute, violando gli obblighi assunti dalle Convenzioni di Ginevra, dalla Dichiarazione tripartita e dai continui richiami della comunità internazionale. Secondo informazioni confermate dall’Azerbajgian, 33 persone sono ancora tenute in ostaggio a Baku. Devo anche evidenziare due dozzine di casi documentati di sparizione forzata. Possediamo delle prove indiscutibili e registrati della cattura dei prigionieri di guerra armeni, ma l’Azerbajgian nega la loro cattura.
L’Armenia è anche molto preoccupato per lo stato del patrimonio culturale armeno nei territori che passarono sotto il controllo dell’Azerbajgian dopo la guerra del 2020. La missione conoscitiva dell’UNESCO in Nagorno-Karabakh e nelle aree circostanti, su cui le discussioni continuano da novembre 2020, è ancora respinta dall’Azerbajgian.
È chiaro che attualmente l’OSCE non sta vivendo i giorni migliori e la situazione nel Caucaso meridionale non è l’unica crisi che l’Organizzazione sta affrontando. Allo stesso tempo, riteniamo che tutti i conflitti nell’area di responsabilità dell’OSCE debbano essere oggetto della dovuta attenzione da parte dell’organizzazione e dei suoi organi. L’OSCE, unitamente alla co-Presidenza del Gruppo di Minsk, è stata coinvolta nella soluzione politica del conflitto del Nagorno-Karabakh sin dall’inizio. Nonostante tutte le sfide, il Gruppo di Minsk ha ancora la responsabilità, perché la soluzione politica del conflitto non è ancora raggiunta.
Riteniamo che l’OSCE possa svolgere un ruolo importante attraverso il coinvolgimento delle sue strutture non solo nel raggiungimento della pace, ma anche nel suo mantenimento».
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-01-17 14:27:202023-01-18 14:59:33Trentasettesimo giorno del #ArtsakhBlockade. “Riconoscimento per la salvezza” del popolo dell’Artsakh minacciato nella sua esistenza dall’Azerbajgian (Korazym 17.01.23)
La recente visita in Azerbaigian del ministro della Difesa, Guido Crosetto, rappresenta bene l’incoerenza che avvolge la politica estera italiana e europea.
La visita ufficiale di Crosetto a Baku ha avuto luogo durante una crisi umanitaria in corso da più di un mese in Artsakh, complice il blocco del corridoio di Lachin (l’unica strada che collega l’autoproclamata repubblica all’Armenia e al mondo) da parte di presunti manifestanti ambientalisti azeri.
In Artsakh, in pieno inverno, ci sono da oltre un mese più di 120mila persone bloccate – compresi 30mila bambini – e ormai allo stremo a causa della mancanza sempre maggiore di beni di prima necessità. Ma non si è parlato di questo a Baku, nessuna dichiarazione a riguardo è arrivata da parte del ministro della Difesa italiano.
Crosetto, dopo aver incontrato il presidente azero Aliyev, il suo omologo Hasanov e il capo dei Servizi di sicurezza Naghiyev, ha confermato il contributo dell’Italia “per un ulteriore rafforzamento delle relazioni tra Azerbaigian e Nato e tra Azerbaigian e Unione europea”, aggiungendo che “tale obiettivo è condiviso anche dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni”.
Lo stesso Aliyev ha affermato che le relazioni bilaterali si stanno sviluppando con successo, sottolineando che la cooperazione con l’Italia è particolarmente proficua in vari campi, compreso quello energetico con l’efficace funzionamento del Corridoio meridionale del gas (Sgc) che rifornisce i mercati europei dal Mar Caspio.
Sullo sfondo della guerra russo-ucraina e le sanzioni a Mosca, ecco che il gas di Baku val bene il silenzio sugli armeni dell’Artsakh. Quella stessa Unione europea che da quasi un anno ha interrotto i rapporti con Mosca rifiutando il gas russo, non ha avuto problemi a siglare un accordo con Baku per incrementare l’acquisto di gas negli anni a venire. Dimenticando la guerra dell’Artsakh del 2020 in cui oltre 5mila armeni persero la vita contro l’esercito azero supportato dalla Turchia e da mercenari jihadisti e, nello scorso settembre, l’aggressione di Baku che ha invaso e occupato anche parte del territorio sovrano dell’Armenia (causando oltre 200 morti).
L’Italia, con la visita del suo ministro della Difesa in Azerbaigian, si schiera tacitamente con il presidente azero Aliyev e la sua politica che punta alla sparizione della presenza armena in Artsakh. Pur essendo quello di Baku un regime autoritario (al 141esimo posto a livello di democrazia su 167 paesi analizzati dall’Economist) e apertamente anti-armeno (l’avallo del governo di Baku alle presunte manifestazioni ambientaliste nel corridoio di Lachin è chiaro), il governo italiano, anziché condannarlo, ci stringe accordi. Non una parola da parte di Roma per decine di migliaia di armeni isolati da oltre un mese tra freddo, scarsità di cibo e cure mediche.
L’Italia tira fuori tutta la sua indignazione per l’Ucraina invasa da Mosca ma accetta di buon grado i crimini azeri sulle popolazioni armene. Compra volentieri il gas da Baku ma evita a ogni costo quello russo. Corre in aiuto degli ucraini inviandogli armi a più non posso ma non si cura minimamente di chi muore – in una guerra subdola e meschina – nel Caucaso meridionale.
In una visione distorta e bipolare, l’Italia si mostra più che mai supina ai suoi organi sovranazionali. Secondo l’Unione europea e la Nato, è chiaro, i cattivi sono certamente i russi, ma gli azeri no. Le vittime sicuramente gli ucraini, ma non gli armeni.
Buoni e cattivi, vittime e non vittime. L’Italia sbaglia tutto alimentando un dramma sempre più grande.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-01-16 15:45:582023-01-18 15:48:05Ministro Crosetto, anche la vita degli armeni conta (Unavocenelsilenzio 16.01.23)
Sabato 21 Gennaio, alle ore 18,30, presso L’Eccezione – Cultura e Spettacolo di Puglia Teatro, a Bari, in Via Indipendenza 75, per la 48^ stagione artistica di Puglia Teatro e 21^ de L’Eccezione, con il patrocinio del Ministero della Cultura e con la direzione artistica di Rino Bizzarro, per il ciclo “Bari, Armenia, Futurismo – Incroci di culture”, a cura di Carmelo Calò Carducci, secondo appuntamento con “Hrand Nazariantz – Radio Bari e un passo dal Nobel”.
Hrand Nazariantz era nato a Iskudar (Istanbul) l’8 gennaio 1886 da Diran, patriota, letterato e linguista e da Aznive Merhamedtian. Il padre era proprietario di una fra le più grandi industrie in Turchia per la lavorazione dei tappeti e dei merletti, attività che aveva procurato alla famiglia una notevole agiatezza. Dopo aver frequentato il collegio Bérbérian nella capitale turca, il giovane Nazariantz si recò prima a Londra per completare gli studi superiori e, nel 1905, a Parigi dove s’iscrisse alla Sorbona ed entrò in contatto con il Movimento nazionale armeno, che nella capitale francese aveva un notevole centro di diffusione nel mondo.
La sua vicenda esistenziale e la sua opera poetica meritano di essere ricordate come testimonianza degli intensi contatti che si stabilirono tra la cultura armena e quella italiana nel corso del Novecento, agli inizi del quale il popolo armeno aveva subito violenze e tremendi eccidi per opera dei turchi. Nazariantz, però, non si limitò solo a far conoscere culturalmente il suo popolo, ma divenne anche il difensore della causa armena in Europa e il fondatore, nel 1924, del villaggio di Nor Arax, sorto nei dintorni di Bari, nel quale trovarono asilo un centinaio di profughi armeni.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-01-16 15:31:082023-01-18 15:31:59Nuovo appuntamento a L’Eccezione di Puglia Teatro: Hrand Nazariantz, Radio Bari e un passo dal Nobel (Bariseranews 16.01.23)
venerdì 20 gennaio ore 21.00
Teatro Corsini Barberino di Mugello
Uno spettacolo che racconta, con un linguaggio adatto sia agli adulti che al target Young, la storia di un popolo come quello armeno e di un villaggio dove, come nei villaggi e territori vicini, incombe la folle minaccia di una giovane classe dirigente turca portatrice di un’ideologia nazionalista, che sfocerà nella pianificazione e nell’attuazione del più atroce e terribile dei crimini: il genocidio. Uno spettacolo che inizia una riflessione con ragazzi e ragazze e un pubblico più adulto su quante e quali siano ancora le ‘segregazioni contemporanee’ che ancora esistono e apre alla settimana della memoria dove al Teatro Corsini sarà dedicata un’intera settimana alla messa in scena de “L’albero della Memoria” con le scuole del territorio. Protagonista di “Garò” il giovane Garabed Surmelian, la sua famiglia, la sua vita a Shevan, un piccolo villaggio di montagna dove tutto scorre ancora con i tempi dettati dalla natura e da riti antichi. Attraverso le parole di un Meddah, un narratore della tradizione, apparirà un affresco appassionato, curioso e rispettoso, che alterna momenti intimi emozionanti e profondi ad altri più leggeri e divertenti per raccontare la nascita, i riti di passaggio, i giochi e le feste, che porteranno gli spettatori ad entrare in contatto con alcuni dei “colori” di questa cultura straordinaria. Ma anche con le ansie e le paure.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-01-16 15:27:092023-01-18 15:28:21GARÒ UNA STORIA ARMENA AL CORSINI DI BARBERINO IL 20 GENNAIO (Radio Mugello 16.01.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.01.2023 – Vik van Brantegem] – L’assedio criminale azero dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh equivale a condannare il popolo armeno dell’Artsakh a una lenta morte, mentre l’Italia stringe accordi militari con Baku per il gas azero (ovvero, russo riciclato). Tutto il traffico (di persone e merce) da e per la parte ancora libera della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh rimane interrotto dal 12 dicembre 2022. Passano solo veicoli del contingente di pace russi e del CICR. La #StradaDellaVita, lungo il segmento di Shushi dell’autostrada interstatale Stepanakert-Goris, è chiuso da sedicenti “eco-attivisti” organizzati e pagati dal regime autoritario dell’Azerbajgian, sostenuti dalla polizia azera e sotto l’occhio vigile delle forze armate azere. L’Azerbajgian continua a non consentire la riparazione dell’unica linea ad alta tensione che alimentava l’Artsakh dall’Armenia. La situazione dell’approvvigionamento energetico rimane tesa e da domani verrà introdotto un programma di 4 ore di blackout continui invece delle attuali di 2 ore.
L’Azerbajgian è una dittatura che nella classifica della libertà di Freedom House sta più in basso dell’Afghanistan. La Russia possiede quote significative nei suoi giacimenti petroliferi e ricicla il gas russo per la rivendita in Europa. È colpevole di crimini di guerra, attualmente impegnato nella pulizia etnica con il #ArtsakhBlockade, con la sicurezza dell’impunità.
«Il silenzio è la più grande persecuzione.
I santi non hanno mai taciuto»
(Blaise Pascal).
«L’Occidente deve fare di più per fermare un altro genocidio armeno -(Ara Darzi – The Times, 16 gennaio 2023) – La guerra in Ucraina è una lotta per preservare la democrazia, come ha dichiarato il mese scorso il Presidente Zelensky nel suo discorso al Congresso degli Stati Uniti. Ma c’è un altro conflitto nella regione che rappresenta una minaccia simile e si sta rapidamente trasformando in una crisi umanitaria, ma è stato praticamente ignorato dall’Occidente. Il Nagorno-Karabakh, l’autoproclamata repubblica all’interno dell’Azerbajgian che conta 120.000 Armeni, è stata di fatto posta sotto assedio dopo che un gruppo di Azeri in abiti civili ha bloccato il Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega il territorio al resto del mondo, un mese fa».
Oggi, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha inviato un avviso urgente al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa al fine di monitorare l’attuazione da parte dell’Azerbajgian della decisione del 21 dicembre 2022 di sbloccare il Corridoio di Lachin.
Il 22 dicembre 2022, l’Azerbajgian ha presentato ricorso alla Corte Europea, chiedendo di annullare la decisione di applicare una misura provvisoria. Allo stesso tempo, l’Azerbajgian ha chiesto di applicare misure provvisorie contro l’Armenia, ovvero di adottare tutte le misure di sua competenza finalizzate al trattamento adeguato delle persone bisognose di assistenza medica urgente sul territorio dell’Azerbajgian nel luogo di dispiegamento temporaneo delle guardie di frontiera russi e per evitare di creare ostacoli in questa direzione.
In risposta, nel dicembre 2022 e nel gennaio 2023, l’Ufficio del Rappresentante per gli Affari Legali Internazionali ha inviato alla Corte Europea informazioni regolarmente aggiornate sulla difficile situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh in riferimento al Corridoio di Lachin. Allo stesso tempo, l’Ufficio del Rappresentante per gli Affari Legali Internazionali ha chiesto alla Corte Europea di inviare una notifica immediata al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa in merito al mancato rispetto da parte dell’Azerbajgian della decisione della Corte Europea del 21 dicembre 2022. La Corte Europea, tenuto conto delle argomentazioni presentate dalle parti, oggi ha rigettato integralmente le pretese dell’Azerbajgian, lasciando in vigore la decisione del 21 dicembre 2022. La Corte Europea ha respinto anche la richiesta dell’Azerbajgian di applicare una misura cautelare contro l’Armenia.
L’Ambasciatore di Israele in Azerbajgian, George Deek, al programma televisivo azero Calibre: “Penso che il rapporto tra Israele e l’Azerbajgian continui ad espandersi. L’evento più importante è stato quando l’Azerbajgian è entrato nella seconda guerra del Karabakh, siamo stati qui, spalla a spalla con il nostro partner e amico”.
L’Ambasciatore israeliano non ha fornito dettagli esatti sull’assistenza militare, ma la menzione del sostegno all’Azerbajgian durante la guerra dei 44 giorni del 2020 è significativo, poiché Israele continua a corteggiare l’Azerbajgian, creando relazioni sempre più strette. Fatto è che il sostegno militare di Israele nella guerra contro gli Armeni e della politica genocida dall’Azerbaigian è stato decisiva.
L’orgoglio con cui l’Ambasciatore israeliano abbraccia la guerra genocida condotta dall’Azerbajgian è disgustoso. In piedi fianco a fianco con l’Azerbajgian che ha giustiziato prigionieri di guerra e ostaggi civili armeni disarmati, bombardando ospedali, usato il fosforo, tutto per sradicare un popolo dalla sua identità e dalla sua terra ancestrale.
«Questo è il primo gruppo di militari azeri che hanno imparato a usare i droni Bayraktar della Turchia. Cosa significa? Che non erano militari azeri a guidare i Bayraktars nella guerra dei 44 giorni del 2020. Un’altra prova del coinvolgimento diretto della Turchia (insieme a Israele) durante la guerra contro l’Artsakh» (Tatevik Hayrapetyan).
Il tasso di disoccupazione di massa in Artsakh aumenta, perché sempre più aziende devono chiudono per le condizioni creati dal blocco con cui l’Azerbajgian sta attivamente distruggendo l’infrastruttura civile dell’Artsakh.
Il Nagorno Karabakh Observer riferisce di rapporti sulle forze di mantenimento della pace russe che visitano il reparto di maternità nella capitale del Artsakh/Nagorno-Karabakh Stepanakert, distribuendo frutta e verdura alle madri a causa della totale carenza di questi prodotti ormai da settimane.
Nel contempo il regime dittatoriale dell’Azerbajgian afferma che il blocco non esiste, però ammettendo indirettamente l’esistenza del blocco-che-non-c’è, nel sottolineare che i mezzi del contingente per il mantenimento della pace russe e del Comitato Internazionale della Croce Rosso vengono lasciati passare, con l’aggiunto che gli Armeni dell’Artsakh che non vogliono essere cittadini dell’Azerbajgian possono andare via.
«Nell’arco di mezza giornata assistiamo a così tante auto del CICR che trasportano in sicurezza passeggeri bisognosi di assistenza medica da Khankendi [Stepanakert] all’Armenia e trasportano rifornimenti umanitari sulla via del ritorno. Chiamare questo un “blocco” è il limite superiore dell’ipocrisia».
Questo propagandista della dittatura azera che parla de «la nostra pacifica protesta ecologica sulla strada di Lachin della regione economica del Karabakh dell’Azerbajgian», il 12 gennaio ha scritto sul suo diario Facebook, mentre contribuisce con la sua azione a condannare alla fame 120.000 Armeni: «Ed è esattamente un mese che abbiamo messo piede sulla strada per proteggere la patria nel santo Shusha, Khankandi. Difficile descrivere in poche frasi il successo di questa azione, perché molti obiettivi sono stati raggiunti e il risultato sarà grande per il nostro paese e per il nostro popolo. Arriverà il momento e parleremo con orgoglio di questi giorni storici trascorsi qui. Ringrazio il Presidente che ci ha prestato attenzione nella sua recente intervista e ha apprezzato questo nostro passo. Ringrazio tutti coloro che hanno continuamente scritto parole di sostegno e mostrato preoccupazione quando non pubblico da molto tempo. Ringrazio ognuno dei familiari dei partecipanti a questo evento. Sono molto comprensivi e pazientemente ci aspettano mentre siamo qui. Nessuna parola può esprimere l’orgoglio che abbiamo in tutti coloro che sono qui per il lavoro che svolgiamo. Saremo qui fino alla fine, faremo la guardia alla nostra patria e non c’è niente di meglio di questa missione! Vivi, vivi il mio Azerbajgian nativo! Sei in ottime mani!».
Sui social si pubblicizza – come poco o niente informazione o attività o storia – come co-fondatore di Clean Oil (fornisce servizi di pulizia industriale all’industria petrolifera e del gas per serbatoi di petrolio greggio), direttore di sviluppo aziendale presso Jump Marketing Agency, fondatore e amministratore Delegato di Yugen Creative Agency (branding, social media marketing, pubblicità, illustrazione, videografica, art direction e organizzazione eventi), fondatore di re:Azerbaijan (un nuovo approccio a un mondo già consolidato e sviluppato del digital marketing in cui lo sponsor diventa partner). Insomma, un giovanotto sul libro paga di Aliyev.
Una volta che avrà raggiunto l’obiettivo dell’occupazione del resto dell’Arsakh farà e dirà la stessa cosa sul territorio sovrano dell’Armenia.
Questo propagandista del regime azero in lingua inglese è un genio e va ringraziato per aver attirato l’attenzione sulla crisi umanitaria a causa del blocco a cui partecipa attivamente (negando nel contempo che non c’è nessun blocco e affermando che la strada è aperta), senza il quale non ci sarebbe stato bisogno della Croce Rossa nel 36° giorno di blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin). Non c’è limite alla sua ginnastica mentale cercando di presentare l’intervento della Croce Rossa come un mero viaggio di navetta.
Riportiamo di seguito un articolo che registra la situazione di 10 giorni fa, descritta da due giornalisti che si trovano a Stepanakert.
“Quasi tutti i miei amici che hanno anche bambini dicono che sia gli alimenti per bambini che i pannolini sono finiti”, dice Ani Mangasaryan (Foto ei Marut Vanyan).
L’Azerbajgian blocca l’unica strada per il Nagorno-Karabakh: “I medicinali sono finiti un po’ ovunque”
di Marut Vanyan e Rasmus Canbäck [*] Flamman, 6 gennaio 2023
(Nostra traduzione italiana dallo svedese)
La mancanza di cibo e medicine è pericolosa per la vita dopo quasi cinque settimane di blocco, secondo i medici con cui Flamman parla nella capitale del Nagorno-Karabakh, Stepanakert.
Il bambino giace mezzo coperto in un letto d’ospedale nel corridoio dell’ospedale pediatrico della capitale del Nagorno-Karabakh, Stepanakert. Non c’è posto per lui nei normali reparti dove i bambini, alcuni con urgente bisogno di cure specialistiche e farmaci, giacciono mentre i medici corrono avanti e indietro tra le stanze.
La madre del bambino, Ani Mangasaryan, è in piedi accanto al letto. Di tanto in tanto vacilla, sentendo spesso e nervosamente la fronte quasi bruciante del figlio. Ha difficoltà respiratorie e l’infezione si diffonde ai polmoni: “Mio figlio dovrebbe davvero essere nel reparto di terapia intensiva, ma non c’è posto lì, quindi i dottori hanno detto che per il momento possiamo restare qui. Ha bisogno di supplementi di ossigeno per poter respirare. Dio non voglia che più bambini stiano così male da dover passare i tubi a turno tra i bambini”.
Sono passati 25 giorni da quando l’Azerbajgian ha chiuso la strada per la contesa regione del Nagorno-Karabakh, che è all’interno dell’Azerbajgian ma la cui popolazione è quasi esclusivamente armena.
Tutti in Nagorno-Karabakh contano i giorni. Ogni giorno manca un altro alimento nei negozi. Prima sono state le arance a finire. Poi le patate. Poi tutte le verdure. Dopo 25 giorni, tutta la carne e i prodotti freschi sono finiti e sono rimasti quasi solo cioccolato e i peggiori prodotti in scatola.
Lo stesso vale per i medicinali. Le persone bisognose di cure specialistiche non possono procurarsi medicinali salvavita. I malati di cancro devono rimandare le cure e i bambini bisognosi di cure di emergenza non ricevono l’aiuto di cui hanno bisogno.
Ani Mangasaryan e suo figlio non sono soli nella lotta per trovare le medicine: “Gli antibiotici per bambini sono completamente esauriti – dice -. Ora compriamo antibiotici per adulti e li dividiamo in più pezzi per dosarli correttamente. Il problema non sono i soldi. Lascia che costi quello che costa in questo momento. Troveremo i soldi se necessario. Il problema è che le medicine sono esaurite quasi ovunque”.
Il blocco è iniziato la mattina presto del 12 dicembre. Un gruppo di attivisti azeri è sceso dalla città di Shushi (Shusha in azero) fino al bivio della strada che porta a Stepanakert dove ha piantato le tende. Le truppe russe di mantenimento della pace a guardia della strada hanno affermato di non poter fare nulla.
Gli stessi attivisti si dicono ambientalisti che manifestano contro l’estrazione mineraria nel Nagorno-Karabakh, che l’Azerbajgian considera illegale perché la regione appartiene formalmente al Paese.
Tuttavia, non passò molto tempo prima che l’Armenia accusasse gli “attivisti ambientalisti” di essere inviati dal governo azero. Molti degli “attivisti” sono stati identificati dall’Armenia come dipendenti delle autorità statali o soldati dell’esercito azero.
Dopo quattro settimane, nessuno a Stepanakert crede davvero che siano ambientalisti, soprattutto perché il Nagorno-Karabakh ha soddisfatto le loro richieste di fermare l’attività mineraria senza revocare il blocco. Inoltre, sui social abbondano i video in cui gli “attivisti ambientalisti” fanno il segno dei Lupi Grigi nazionalisti turchi e intonano canti di lode all’esercito azero.
Il corridoio umanitario, il Corridoio di Lachin, è regolato dall’accordo di cessate il fuoco che Armenia e Azerbajgian hanno firmato, insieme alla Russia, dopo la guerra del 2020. La Russia è incaricata di sorvegliare il Corridoio con 2.000 truppe di mantenimento della pace per garantire il movimento tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh.
Lo sfondo del conflitto risale alla caduta dell’Unione Sovietica nel 1991, quando il popolo del Nagorno-Karabakh votò per appartenere all’Armenia invece che all’Azerbajgian. Il voto non è stato approvato dall’Azerbajgian, dalla Russia o dalla comunità internazionale. La guerra era in connessione con questo un dato di fatto. Nel 1994 vinsero gli Armeni. Un milione di persone, sia armene che azere, finirono per fuggire e 30.000 morirono.
Fino al 2020 erano in corso negoziati di pace, per conto delle Nazioni Unite, che avrebbero tenuto conto sia dell’integrità territoriale di un Paese sia del diritto all’autodeterminazione di un popolo. I negoziati si sono interrotti nel 2020 quando l’Azerbajgian ha attaccato il Nagorno-Karabakh. In Azerbajgian, il governo da allora considera risolto il conflitto.
In realtà nel Nagorno-Karabakh rimangono oltre 100.000 Armeni e per loro sono vitali le risorse che possono essere portate soltanto attraverso il Corridoio di Lachin. Quella che ormai è bloccata dall’Azerbajgian da quasi cinque settimane.
La pediatra e chirurgo Mari Grigoryan, che lavora nell’unico ospedale pediatrico della regione, afferma che la situazione sta diventando sempre più grave: “Dipendiamo completamente dall’Armenia sia per le cure specialistiche che per i farmaci. Ora lavoriamo come meglio possiamo con i loro consigli, ma in realtà non soddisfano le esigenze. L’altro giorno, un bambino di quattro mesi è stato inviato in Armenia con l’aiuto della Croce Rossa. Finora abbiamo anche annullato quattro operazioni per bambini: questi bambini stanno molto male”.
Secondo lei, la mancanza di cibo nutriente è acuta quanto la medicina: “I bambini in particolare hanno un grande bisogno di cibo nutriente. Se il blocco continua, assisteremo presto a una crisi sociale tra i bambini malnutriti e la quantità di malattie aumenterà”.
Sebbene alla Croce Rossa sia stato concesso il permesso di viaggiare attraverso il Corridoio di Lachin con pazienti e medicinali, ritiene che i loro sforzi non siano neanche lontanamente sufficienti a coprire le necessità: “L’aiuto umanitario della Croce Rossa è buono. Tuttavia, copre solo una frazione delle nostre esigenze e è a brevissimo termine. È necessaria una soluzione completa. Non voglio pensare a cosa significherà una chiusura prolungata della nostra ancora di salvezza per l’Armenia”.
Durante la riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 21 dicembre, la maggioranza delle delegazioni ha chiesto di condannare l’Azerbajgian e di chiedere l’apertura del Corridoio. Tuttavia, la Russia si è schierata con l’Azerbajgian, affermando che è aperto, il che si basa sul fatto che l’esercito russo può viaggiare dentro e fuori dal Nagorno-Karabakh. La proposta di risoluzione di condanna, redatta dalla Francia, è stata quindi bocciata. Ciò nonostante il fatto che diverse organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch e organizzazioni che monitorano le questioni relative al genocidio, avvertano di un disastro umanitario. Le autorità locali ritengono che se scoppia una nuova guerra, non ci sono vie di fuga per la popolazione civile.
Anche così, l’Unione Europea, guidata da Romania e Bulgaria, ha firmato un nuovo accordo energetico con l’Azerbajgian una settimana dopo l’inizio del blocco. Sono passati solo due giorni da quando la Commissione Europea ha condannato le azioni dell’Azerbajgian. Sta accadendo nello stesso momento in cui l’Azerbajgian ha iniziato a importare gas russo per compensare le quote di esportazione di gas concordate verso l’Unione Europea, secondo un nuovo accordo dell’estate 2022.
All’ospedale di Stepanakert, Ani Mangasaryan solleva suo figlio. Lo tiene stretto a sé. Dice che non riesce a dormire da giorni a causa della preoccupazione: “L’intera città è piena di malattie in questo momento. È inverno… vedi… l’inverno è la stagione di malatia per i bambini”.
Lei sospira: “C’è una mancanza di tutto. Non solo medicina. Non ci sono pannolini per i bambini e tutto il cibo nutriente è sparito. Dovrei dare a mio figlio almeno broccoli o cavolfiori, ma ci sono? No! Mio figlio ha la febbre e non riesco nemmeno a trovare gli antipiretici in farmacia. Dove sta andando? Io, come tutti gli altri, pensavo che sarebbe durato una settimana. Ora non lo so”.
[*] Marut Vanyan è una giornalista freelance nella capitale del Nagorno-Karabakh, Stepanakert. Dal marzo 2021 le truppe russe negano l’ingresso nell’area a tutti i giornalisti stranieri e Rasmus Canbäck è stato l’ultimo ad essere ammesso. Attualmente sta lavorando al libro Ogni giorno muoio lentamente per il viaggio lì. Uscirà il 1° febbraio.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-01-16 15:26:032023-01-18 15:26:46Trentaseiesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Il silenzio davanti alla violenza uccide (Korazym 16.01.23)
Martedì 17gennaio alle ore 16,dopo la pausa dettata dalle festività, riprenderà il ciclo di incontridella rassegna “Il Tempo ritrovato – incontri ed esperienze per l’università degli adulti“. Ilprof. Paolo Burzio, ex docente di storia e filosofia e ora relatore nelle principali Università della Terza Età della Provincia di Cuneo, presenterà un momento difficile e per molto tempo controverso della storia del Novecento“1915: il genocidio armeno”. Durante la prima guerra mondiale (1914-1918) si compie, nell’area dell’ex impero ottomano, in Turchia, il genocidio del popolo armeno (1915 – 1923). Il governo dei Giovani Turchi, preso il potere nel 1908, attua l’eliminazione dell’etnia armena, presente nell’area anatolica fin dal VII secolo a.C. Una tragedia e un crimine contro l’umanità che fino al 1973 il mondo ha finto di ignorare. Solamente allora, infatti, la Commissione dell’Onu per i diritti umani ha riconosciuto ufficialmente lo sterminio di circa 1 milione e mezzo di armeni – da parte dell’Impero ottomano – come il primo genocidio del XX secolo. L’incontro, con ingresso libero e gratuito, si svolgerà presso la Sala Tematica del Quartiere a Saluzzo in piazza Montebello. Si ricorda che la rassegna “Il Tempo ritrovato” nasce con l’intento di promuovere incontri ed iniziative dell’Università degli Adulti integrandole con le attività promosse dalle associazioni culturali operanti sul territorio. Il programma dell’anno 2022-23, consultabile sul sito visitsaluzzo.it, si articola in un ricco calendario di conferenze su vari argomenti (storia, filosofia, arte, musica, attualità, ambiente) che si svolgono grazie alla collaborazione con esperti del territorio. Non mancheranno poi visite a mostre e spazi dedicati a viaggi sul territorio così da offrire sempre nuove occasioni per tutti coloro che vogliono ampliare le proprie conoscenze in campo culturale, a partire dallavisita a Memo4345a Borgo San Dalmazzo in programma permartedì 24 gennaio. Per info: 3480707998 –cultura@comune.saluzzo.cn.it 329 394 0334 –tempo.ritrovato@itur.it
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-01-16 15:19:332023-01-18 15:20:43A Saluzzo riprendono gli incontri de "Il tempo ritrovato" (Targatocn.it 16.01.23)
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