L’Armenia, Paese con la cantina più antica al mondo, ospiterà il “Concours Mondial de Bruxelles” (Winenews 18.07.25)

In programma a Yerevan (21-23 maggio 2026) con la sessione di vini rossi e bianchi. Continua la crescita della viticoltura e dell’enoturismo nel Paese

 

È il Paese della caverna di Areni-1, dove è stata ritrovata quella che è considerata dagli scienziati la più antica cantina al mondo, risalente a 6.100 anni fa, e che nel 2024 ha ospitato gli “Stati generali” del turismo del vino mondiale. Parliamo dell’Armenia, Paese con un mix di antiche tradizioni vinicole, varietà di uve autoctone, terroir diversificati e un profondo legame culturale con il vino, come testimoniato anche dal viaggio di WineNews (raccontato in un video) alla scoperta di un Paese fuori dalle rotte enoturistiche più classiche, ma ricco di storia, con una lunga tradizione vinicola e culinaria. E adesso l’Armenia, per la prima volta, ospiterà un evento di rilievo: l’edizione n. 33 del “Concours Mondial de Bruxelles” (Cmb), in programma a Yerevan dal 21 al 23 maggio 2026, e dedicato alla sessione dei vini rossi e bianchi. L’evento riunirà oltre 370 degustatori professionisti provenienti da almeno 49 Paesi e offrirà l’opportunità di assaggiare e valutare circa 7.500 vini da tutto il mondo. La scelta dell’Armenia come Paese ospitante riflette la crescente reputazione internazionale del suo settore vitivinicolo nazionale.
L’Armenia vanta una delle più antiche tradizioni vinicole al mondo: come già detto, nella grotta di Areni-1, situata nella regione di Vayots Dzor, gli archeologi hanno scoperto i resti della più antica cantina conosciuta, risalente a oltre 6.100 anni fa. Questo primato storico si intreccia oggi con una nuova era di rinascita produttiva, alimentata da investimenti, tecnologie moderne e riscoperta dei vitigni autoctoni. Le cantine armene, molte delle quali fondate nell’ultimo decennio, si stanno facendo notare per la qualità dei loro vini, spesso ottenuti da uve locali coltivate ad alta quota.
Il turismo del vino in Armenia è in rapida espansione. Numerose cantine, soprattutto nelle regioni di Vayots Dzor, Armavir, Aragatsotn e Tavush, sono oggi attrezzate per accogliere visitatori internazionali con degustazioni guidate, tour nei vigneti, esperienze gastronomiche e strutture ricettive di charme immerse tra i filari. L’interesse dall’estero è ulteriormente rafforzato da eventi come gli “Yerevan Wine Days”e l’“Areni Wine Festival”, così come dalla crescente partecipazione dell’Armenia alle principali fiere vinicole internazionali.
La viticoltura armena, inoltre, si distingue per la ricchezza dei suoi vitigni autoctoni, molti dei quali coltivati esclusivamente all’interno del Paese. Tra i più noti c’è il Sev Areni, uva rossa simbolo dell’Armenia, che dà origine a vini eleganti, dai sentori fruttati e speziati, spesso affinati in anfore o botti di rovere. Altri vitigni rossi autoctoni includono Haghtanak, Sireni e Karmrahyut, mentre tra i bianchi spiccano il Kangun e il Voskehat, quest’ultimo spesso definito “la regina delle uve armene”. Le vigne sono generalmente coltivate tra 900 e 1.800 metri di altitudine, conferendo ai vini freschezza naturale e un forte legame con il territorio. Accanto ai vitigni tradizionali, si fanno strada anche blend innovativi e spumanti Metodo Classico, a conferma di un settore dinamico e orientato alla qualità. Tanto che il Ministero dell’Economia della Repubblica d’Armenia ha recentemente dichiarato il comparto vinicolo una priorità strategica per lo sviluppo economico e turistico del Paese.

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Vino, l’Armenia ospiterà il “Concours Mondial de Bruxelles” 2026 (Askanews)

Jerevan: l’ambasciatore Ferranti in visita alla Casa delle Suore di Madre Teresa di Calcutta (Aise 17.07.25)

Martedì 15 luglio l’ambasciatore d’Italia a Jerevan, Alessandro Ferranti, si è recato in visita presso la Casa “Betlemme” delle Suore missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta in Armenia.
A ricevere l’ambasciatore vi era Suor Benedetta, la responsabile della Struttura di Jerevan, in cui le religiose accolgono bambini con varie disabilità.
Nel corso della visita sono state presentate le meritorie attività svolte dalle Suore missionarie in Armenia, guardando anche alle ulteriori possibili collaborazioni future con l’Italia. (aise)

Armenia: amb. Ferranti a proiezione “The Coin” a Golden Apricot Film Festival

Armenia: amb. Ferranti visita Casa Suore di Madre Teresa di Calcutta

Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani, pronto il sussidio del 2026 (AciStampa 16.07.25)

Viene dall’Armenia il Sussidio di Preghiera per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani del 2026. I testi sono stati presentati dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani la scorsa settimana, e pubblicati in modo che tutti possano prendere spunto ed, eventualmente, adattarli.

Il tema della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani del 2026 è tratto dalla Lettera agli Efesini: “Un solo corpo e un solo Spirito, come una sola è la speranza a cui siete stati chiamati” (Ef 4,4).

Le preghiere e le riflessioni sono state preparate da un gruppo ecumenico coordinato dal Dipartimento per le Relazioni Interreligiose della Chiesa Apostolica Armena. E c’è qualcosa di profondamente simbolico nel fatto che si guardi all’Armenia in un momento in cui il suo patrimonio cristiano sembra essere sempre più a rischio e persino il governo è arrivato ad entrare in Etchmiadzin.

Certo, non si potevano conoscere tutti gli sviluppi della storia quando si guardò all’Armenia per i testi di preghiera. Oltre al gruppo di lavoro della Chiesa Apostolica Armena, hanno collaborato alla stesura dei testi anche un team internazionale nominato congiuntamente dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani e dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico per le Chiese. Dal 13 al 18 ottobre 2024, tutti i redattori si sono incontrati presso la Santa Sede di Etchmiadzin per finalizzare il materiale.

I testi sono stati redatti attingendo al patrimonio di preghiere e agli inni composti in antichi monasteri e chiese armene. Alcuni di questi inni risalgono addirittura al IV secolo.

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Il materiale include un’introduzione al tema, uno schema per la celebrazione ecumenica e una selezione di brevi letture e preghiere per ogni giorno della settimana. Questo contenuto può essere utilizzato in vari modi ed è pensato per essere impiegato non solo durante la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, ma anche durante l’intero anno 2026.

Si legge nel sussidio che “nel corso della turbolenta storia dell’Armenia, la Chiesa apostolica armena è stata fondamentale per la sopravvivenza e la resistenza del suo popolo. Ha fornito continuità e stabilità durante persecuzioni, migrazioni forzate e genocidi. Durante il genocidio armeno del 1915, la Chiesa divenne un rifugio per coloro che soffrivano, offrendo conforto e alimentando la speranza di un futuro più luminoso. Ogni anno, la Chiesa armena commemora questo tragico evento, onorando la memoria dei martiri e facendosi portavoce della necessità di tributare loro riconoscimento e giustizia”.

E ancora: “Nell’Armenia moderna, la Chiesa continua a esercitare un’influenza significativa sulla vita nazionale. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, l’Armenia ha vissuto una rinascita religiosa e la Chiesa apostolica armena ha recuperato il proprio ruolo centrale all’interno della società. Attualmente, la Chiesa si impegna attivamente in iniziative sociali, educative e caritatevoli, affrontando anche questioni legate alla povertà, all’assistenza sanitaria e all’istruzione. Inoltre, la Chiesa sostiene le comunità armene della diaspora, promuovendo l’unità e garantendo che le tradizioni e la fede armena rimangano vive e vitali tra gli Armeni di tutto il mondo”.

Tradizionalmente, la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani si tiene tra il 18 e il 25 gennaio, secondo una proposta che fu avanzata nel 1908 da padre Paul Watson, perché le due date comprendono simbolicamente la Festa della Cattedra di San Pietro e quella dalla Conversione di San Paolo. Ci sono stati vari precedenti illustri, ma fu solo a partire dal 1968, con Paolo VI e con gli sviluppi ecumenici dettati anche dal Concilio Vaticano II, la Settimana comincia a strutturarsi con un tema e con varie attività, tra cui la presenza del Papa per i Vespri nella Basilica di San Paolo Fuori Le Mura, tradizionalmente dedicata al dialogo ecumenico.

Nel 2020 fu la Comunità di Grandchamp a redigere il sussidio di preghiera, mentre nel 2019 spettò ad un ,gruppo ecumenico di Malta nel 2018 furono incaricati i cristiani dell’Indonesia e nel 2016 lo curarono i cristiani di Lettonia . Nel 2022, invece, è stato il turno del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, e nel 2023  si è guardato al Minnesota.

Per il 2024, i sussidi sono stai preparati da un team ecumenico del Burkina Faso, composto da membri dell’arcidiocesi cattolica di Ouagadougou, Chiese Protestanti e la Comunità Chemin Neuf del Burkina Faso – comunità particolarmente attiva nella causa dell’unità dei cristiani. Nel 2025 le preghiere e riflessioni della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sono stati preparati da fratelli e sorelle della comunità monastica di Bose, nel Nord Italia.

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Trasformano un’ex cascina abbandonata di Milano in un bistrot: storia del Nuovo Armenia (Gambero Rosso 16.07.25)

Dergano, zona nord di Milano, c’è Nuovo Armenia, un’associazione di promozione sociale che da anni lavora per trasformare un luogo abbandonato in uno spazio culturale, partecipato e inclusivo. Proprio per questa capacità di coniugare cultura, rigenerazione e inclusione, Nuovo Armenia è stata recentemente protagonista della quinta puntata della serie Giorgione: Insieme è più buono, in onda su Gambero Rosso TV. La serie racconta realtà agricole e sociali italiane che si avvalgono della collaborazione di persone con disabilità.

Il progetto

L’associazione ha preso vita nel 2016 grazie all’assegnazione dopo un bando pubblico da parte del Comune di uno spazio allora in disuso, un’ex cascina, situato all’interno di un parco urbano. Da quel momento, Nuovo Armenia ha avviato un percorso di rigenerazione dal basso, restituendo alla città un bene comune dove oggi convivono cinema, orto sociale, bistrot e attività culturali pensate per una comunità ampia e diversificata.

Il progetto si fonda su una visione plurale della cultura e della socialità. Il nome stesso — Nuovo Armenia — è un omaggio alla storica Armenia Films, fondata da Johannes H. Zilelian nel 1917, proprio tra Dergano e Bovisa (quartieri di Mialno). Oggi come allora, il cinema è al centro del progetto: Nuovo Armenia promuove le cinematografie contemporanee di Africa, Asia e America Latina, proponendo film in lingua originale con sottotitoli in italiano e aprendo uno sguardo attento su produzioni spesso poco rappresentate nei circuiti mainstream.

I volontari

Accanto alla programmazione cinematografica, Nuovo Armenia porta avanti un’attività viva e concreta di inclusione sociale. Nel giardino dell’associazione, infatti, si coltiva un orto e si lavora quotidianamente per rendere lo spazio sempre più accogliente e accessibile.

Tra i soci volontari c’è anche Paolo, uno dei tanti ragazzi con disabilità che partecipano attivamente alla vita dell’associazione. Si occupa della corretta raccolta differenziata, accoppia le sedie colorate ai tavoli, contribuisce con cura e attenzione alla gestione del bistrot. Il suo impegno è uno dei tanti esempi di come Nuovo Armenia metta in pratica un’idea di inclusione concreta e quotidiana, lontana dalla retorica e fondata sul valore delle relazioni.

Durante la puntata, si è raccontata la storia dell’associazione, si è mostrata la vita quotidiana dell’orto e del bistrot diffuso tra il portico e il giardino, e si è dato spazio ai volti di chi rende possibile tutto questo, tra cui anche Paolo e altri volontari disabili.

Giorgione e i ragazzi

Il momento più emozionante della puntata è stato il finale, quando Giorgione ha cantato insieme ai ragazzi dell’associazione, regalando un momento di festa e condivisione che ben rappresenta lo spirito di Nuovo Armenia. Un luogo in cui la cultura si intreccia con la comunità, dove le differenze diventano risorse, e dove ogni gesto contribuisce a costruire un’idea diversa di spazio pubblico e di società.

A chi passa da Milano, una visita a Nuovo Armenia non è solo un’occasione per godersi un buon film o una cena all’aperto, ma anche per scoprire un’esperienza autentica di rigenerazione urbana, partecipazione e inclusione. Tutto il ricavato dei proventi del bar e del bistrot viene reinvestito all’interno dell’associazione.

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Capri, rubato orologio Richard Mille da oltre 200mila euro a politico britannico – armeno in vacanza (Fanpage 14.07.25)

È quello che si definisce “colpo grosso”, il furto accaduto a Capri, in via Camerelle, uno dei posti più centrali e mondani dell’isola Azzurra, la strada delle botteghe artigiane e delle grandi griffe. Lì il britannico Ara Darzi, 65 anni, esponente della Camera dei Lord del Regno Unito ed ex sottosegretario alla Sanità nel governo laburista di Gordon Brown si è visto strappare dal polso il suo prezioso orologio da due uomini che lo hanno aggredito per strada.

L’esponente della camera alta del Parlamento del Regno Unito, barone britannico-armeno, era sull’isola per una vacanza in Italia e stava trascorrendo qualche giorno di vacanza a bordo di uno yacht ormeggiato nelle acque di Capri, di cui è un frequentatore. I criminali – secondo quanto si appreso –  si sono allontanati a piedi correndo lungo la discesa che porta verso la panoramica via Krupp. La vittima della rapina non ha subito fortunatamente danni fisici. L’allarme è scattato subito: sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione di Capri e la Polizia municipale. I militari hanno acquisito i filmati delle telecamere di sorveglianza della zona per tentare di identificare i responsabili. Le ricerche dei due  – descritti come giovani – proseguono su tutto il territorio isolano.

Lo scippo del prezioso orologio Richard Mille RM 07
Il danno è rilevante, poiché si tratta di un orologio Richard Mille RM 07 e l’azienda svizzera di Les Breuleux produce accessori costosissimi, non alla portata di tutti. In particolare, il costo di un orologio serie RM 07 – che hanno tantissime varianti – varia da un minimo di 100mila a poco meno di 2 milioni di euro. Il prezzo ovviamente dipende in questi casi dal materiale usato per la realizzazione e da eventuali “extra” chiesti dai clienti. L’orologio rubato ad Ara Darzi valeva oltre 200mila euro, qualcuno dice anche 300mila: una stima è complicata da fare senza conoscerne gli esatti componenti e gli eventuali preziosi inseriti su quadrante o cinturino.

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Chi è Ara Warkes Darzi, il barone Darzi di Denham
Ara Warkes Darzi, barone Darzi di Denham, unchirurgo e accademico britannico di origini armene, è nato a Baghdad nel 1960. È cresciuto in Iraq da una famiglia sopravvissuta al genocidio armeno, si è trasferisto in Irlanda a 17 anni per studiare Medicina al Royal College of Surgeons, dove si è laureato nel 1984, ottenendo un dottorato di ricerca al Trinity College di Dublino. Negli anni Novanta si è poi stabilito nel Regno Unito, dove è diventato uno dei pionieri della chirurgia mini-invasiva e robotica. Dal 1996 è professore di chirurgia all’Imperial College di Londra.

È stato insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico nel 2002 e nominato pari a vita nel 2007 con il titolo di barone Darzi di Denham. Tra il 2007 e il 2009 ha ricoperto l’incarico di sottosegretario alla Salute nel governo britannico, contribuendo a una revisione del Servizio sanitario nazionale. Oggi dirige l’Institute of Global Health Innovation dell’Imperial College e partecipa a numerosi progetti internazionali legati all’innovazione sanitaria.

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Armenia: l’azzardo di Pashinyan contro la Chiesa (Settimananews 14.07.25)

La Repubblica di Armenia è stata recentemente scossa dall’arresto di due vescovi della Chiesa Apostolica Armena che hanno fatto seguito ad alcune accuse pubbliche del premier Nikol Pashinyan al Catholicos Karekin II. Una inedita e dolorosa spaccatura nel cuore della piccola e antica Repubblica della quale abbiamo parlato con Aldo Ferrari, professore ordinario presso il Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

  • Il 25 giugno scorso è stato arrestato mons. Bagrat Galstanyan e una quindicina di sodali: tutti accusati di preparare un colpo di stato per il 21 settembre prossimo (Festa per l’indipendenza). Pochi giorni dopo è stato arrestato un secondo vescovo, Mikavel Ajapahian. Accuse gravi e pratiche poliziesche inconsuete, per quali motivi?

Per rispondere alla domanda serve una premessa. L’arresto dei due vescovi è una novità clamorosa, in particolare in Armenia, un Paese che considera ancora oggi la Chiesa la sua istituzione più rappresentativa, ed è un sentimento che unisce tutti, anche i meno praticanti. Per questo motivo, l’arresto di due vescovi nel contesto dell’Armenia post sovietica è un fatto del tutto inaudito.

Bisogna dire che l’opposizione politica alla leadership di Nikol Pashinyan – che da sette anni ormai governa l’Armenia – sta facendo molta fatica a organizzarsi. Lo scontento diffuso non trova figure capaci di coalizzare consenso su una proposta politica alternativa. L’anno scorso il vescovo Galstanyan è riuscito a raccogliere in piazza molte persone per protestare contro la politica di Pashinyan e in particolare contro la consegna di alcuni villaggi sulla frontiera armeno-azera all’Azerbaigian. È stata la prima prova forte di opposizione in questi anni e da allora – pur non essendo riuscito a diventare una figura di riferimento per tutta l’opposizione – Galstanyan ha continuato ad avere di fatto una posizione politica esposta.

  • L’attuale primo ministro si è schierato apertamente anche contro il Catholikos Karekin II, chiedendo le sue dimissioni per indegnità morale (a fine maggio) e contrasti politici. Quali sono le ragioni?

In effetti, l’arresto ha fatto seguito a un altro fatto clamoroso: le accuse rivolte da Pashinyan al Catholicos della Chiesa Apostolica Armena, Karekin II. Tali accuse pubbliche, insieme all’arresto dei due vescovi, credo consentano di parlare di una svolta autoritaria, illiberale, repressiva di Pashinyan.

Sullo specifico delle accuse mosse a Karekin non ho elementi per sapere se siano fondate o meno. Ma Pashinyan ne sta facendo un uso politico. Se fossero vere riguarderebbero fatti a lui noti da decenni, che però vengono rivelati solo adesso, proprio mentre l’insoddisfazione popolare verso l’attuale leadership è forte e ci si avvicina alle elezioni e la Chiesa sembra essere rimasta l’unico soggetto in grado di aggregare consenso e forze contro il leader, divenendo il suo principale oppositore politico.

  • La sconfitta militare armena davanti all’esercito dell’Azerbaigian, peraltro foraggiato dalla Turchia, con la perdita dell’enclave armena del Nagorno Karabakh (2020-2023) è ancora oggetto di aspro scontro interno. Che ruolo gioca la Chiesa?

La Chiesa, da un lato, ha criticato nella stessa figura del Catholicos Karekin II la leadership di Pashinyan. È stato sotto il governo di Pashinyan che l’Armenia ha perso la guerra del Karabakh e presumibilmente ha perduto per sempre questa regione, dove tutto parla di Armenia, a cominciare dai suoi bellissimi monasteri. La Chiesa ha messo Pashinyan davanti alle sue responsabilità politiche e militari.

Politiche, perché non è riuscito a evitare la guerra pur sapendo che l’Azerbaigian voleva provocarla; ma anche militare, per come poi ha gestito la guerra, non rafforzandosi per affrontare un esercito – quello di Baku – ormai di gran lunga più forte e più moderno. Le critiche della Chiesa hanno riguardato anche le precarie condizioni degli esuli armeni della regione del Karabakh, fuggiti e insediati in Armenia e usciti di fatto dall’interesse del Governo di Pashinyan. Così facendo, la Chiesa armena si è fatta voce dello scontento di tanti.

  • Le è possibile tratteggiare le ragioni, le alleanze interne e i sostegni internazionali che contrappongono le mire politiche di Bagrat Galstanyan e del primo ministro Nikol Pashinyan?

Pashinyan ha chiaramente un progetto politico. È andato al potere in modo che potremmo definire un po’ populista, gridando contro la corruzione diffusa nel Paese. Non saprei dire se ha combattuto la corruzione, ma ha arrestato un po’ di leader delle precedenti amministrazioni che evidentemente avevano rubato. Ma soprattutto, ha voluto allontanare l’Armenia dallo storico legame con Mosca, che creava senza dubbio una dipendenza economicamente e politicamente gravosa, ma che garantiva all’Armenia una protezione sicura. Con la sua politica filo-europea e filo-occidentale, molto popolare tra le giovani generazioni, Pashinyan ha di fatto consegnato il Paese all’aggressione azera del 2020-2023. E questo è senza dubbio motivo di grandi critiche al suo Governo.

galstanyan

L’arcivescovo apostolico armeno Bagrat Galstanyan

L’arcivescovo Galstanyan, così come come Karekin, sono senza dubbio più vicini alla tradizionale posizione che vede nella Russia la principale e l’unica protezione dell’Armenia. L’Armenia si trova geograficamente schiacciata tra due Paesi nemici – la Turchia e l’Azerbaigian –, con la Russia più a Nord. Si colloca dunque in un contesto geopolitico nel quale affidarsi all’Europa e agli USA è quantomeno velleitario. Infatti, nessuno in Occidente si muove per difendere concretamente l’Armenia. È una cosa che mi addolora molto dire, ma l’Armenia è il Paese mondiale a più forte rischio quanto alla sua esistenza geografica … La Turchia è il Paese erede di quello che un secolo fa ha compiuto il genocidio degli armeni, mai riconosciuto; e l’Azerbaigian è un Paese turco e musulmano, enormemente più forte, dove sempre più spesso nel discorso pubblico e ufficiale il territorio dell’attuale Repubblica di Armenia viene definito Western Azerbaigian. Esiste dunque a Baku una pretesa territoriale esplicita sull’intero spazio geopolitico dell’Armenia, la quale è un vaso di coccio tra due Stati ostili e strapotenti.

  • In un intervento in Svizzera nel maggio scorso il Catholicos Karekin ha denunciato come «pulizia etnica» il forzato allontanamento di 100.000 armeni dal Karabakh. Vi è un richiamo all’oltre un milione di vittime del genocidio avvenuto sulla popolazione armena in Turchia all’inizio del Novecento?

Tutti gli armeni, sia in patria sia nella diaspora, hanno sempre in mente l’immane tragedia del genocidio operato dai turchi. Quanto subito di recente nello scontro con l’Azerbaigian è totalmente diverso. C’è stata una guerra per il possesso di un territorio sul quale l’Armenia aveva più ragioni storico-culturali e l’Azerbaigian più ragioni giuridiche e dove ha deciso la forza politica, militare ed economica. Tutti gli armeni del Nagorno-Karabakh sono tecnicamente fuggiti – non sono stati nemmeno sfollati – perché avevano a ragione paura di quanto avrebbero potuto subire. Non si può parlare di genocidio o di massacro e neanche in senso tecnico di espulsione.

Dev’essere chiaro però che sono fuggiti tutti e che non c’era nessuna ragionevole soluzione alternativa. Perché l’Azerbaigian non è uno Stato di diritto, non è un Paese normale. L’Azerbaigian è una dura, brutale dittatura, che sta agli ultimi posti per le libertà politiche e di espressione. La speranza per gli armeni di sopravvivere e vivere in pace in uno stato azero non esisteva. La loro fuga nasce dunque dal timore fondato di un altro genocidio a opera questa volta dei turchi dell’Azerbaigian.

Non vorrei sembrare drammatico, ma non conosco altri Paesi al mondo altrettanto a rischio di esistenza come la Repubblica di Armenia. L’unico caso simile, se vogliamo, è quello di Israele dato che alcuni tra i Paesi vicini esprimono il desiderio della sua eliminazione. Ma con una colossale differenza tra la forza di Israele – che è anche una potenza nucleare – e quella dell’Armenia. Mentre nessuno oggi può realisticamente cancellare Israele, per l’Armenia non si può dire altrettanto. Le pretese territoriali dell’Azerbaigian sul territorio armeno – che sono potenzialmente genocidarie – sono espresse a livello ufficiale, come è possibile verificare sui siti ufficiali del Paese.

  • Quali sono gli interessi russi nella questione? Che ruolo riveste l’oligarca russo-armeno Samvel Karapetyan? La Chiesa ortodossa russa può avere un compito?

Anche in questo caso serve una premessa storica. La piccola Repubblica armena che oggi esiste, e che è solo un decimo della grande Armenia storica pian piano sgretolata da una serie di invasioni straniere, esiste perché l’impero russo ha liberato quei territori dall’impero persiano all’inizio dell’Ottocento. Da allora, fino a Pashinyan, i rapporti tra Armenia e Russia sono stati molto positivi. Si è creato un rapporto fra diseguali, dove il più piccolo è protetto dal più grande ma interagisce bene a livello politico, economico e culturale. Insomma, c’è stata una lunga storia di collaborazione da cui traevano beneficio entrambi. I russi avevano un alleato amico, fedele e laborioso ed economicamente utile, come l’Armenia. E l’Armenia era protetta sul suo territorio dalla forza della Russia.

Con l’ascesa al potere di Pashinyan – evento sgradito a Putin, avendo scacciato un presidente strettamente legato a Mosca – questa storia si è interrotta. La prova della consunzione di questo rapporto la si è avuta nel 2020, quando l’Azerbaigian ha attaccato e rapidamente occupato il Nagorno-Karabakh: non lo avrebbe fatto se non fosse stato in qualche modo rassicurato dalla Russia. Cosa che prima dell’avvento di Pashinyan sarebbe stata del tutto inconcepibile. I rapporti tra Russia e Armenia si sono poi ulteriormente allentati per gravissimi errori politici di Pashinyan, il quale ha fatto scelte che un Paese piccolo come l’Armenia non avrebbe potuto permettersi. Ad esempio, l’adesione alla Corte internazionale dell’Aja (oggi Putin dovrebbe essere arrestato in Armenia…), e un’esercitazione congiunta con l’esercito degli Stati Uniti. Insomma, provocazioni del tutto inaccettabili per Mosca.

Non c’è dubbio che la Russia desidererebbe un cambiamento di rotta da parte dell’Armenia. Ma se la sua unica arma è un appoggio indiretto alla Chiesa o a qualche oligarca arricchito in Russia, significa che l’azione di Mosca non è poi così convinta. Forse è più un auspicio di cambiamento davanti al crollo del consenso di cui gode Pashinyan: nel 2018 era superiore all’80 per cento, oggi è al 20. Chi oggi lo sostiene ancora lo fa soprattutto per timore del ritorno del vecchio personale politico corrotto legato a Mosca.

  • Il ruolo di custode della memoria nazionale della Chiesa armena può essere messo in discussione dall’attuale tensione politica?

Pashinyan sta tentando un’operazione di una gravità enorme: vuole provocare le dimissioni forzate di Karekin per avere un nuovo Catholicos più vicino alle sue posizioni. Sarebbe un’azione di natura «sovietica». È possibile che Karekin si trovi alla fine costretto alle dimissioni e questa per la Chiesa armena sarebbe una sconfitta. Ma lo sarebbe anche per lo Stato armeno, perché ottenuta attraverso un sistema che offende i sentimenti religiosi e la tradizione spirituale della grande maggioranza del popolo. Karekin dovrà in ogni caso rispondere delle accuse che gli sono state mosse. Ma dovrà farlo – dovrebbe farlo – in altra sede.

  • Rispetto all’Armenia e ai suoi 3 milioni di abitanti che peso hanno i 9 milioni di armeni della diaspora nell’attuale conflitto interno?

La diaspora armena ha un grande ruolo nella vita della Repubblica. Tutti gli armeni della diaspora si sentono legati a questo piccolo pezzo di madrepatria ancora esistente. La diaspora ha sostenuto in modo generoso la piccola Repubblica armena, che diversamente non sarebbe in grado di vivere, circondata com’è da nemici, così piccola e senza sbocchi sul mare. Non ha però possibilità di intervenire attivamente nella politica locale, perché non vota. Ciò che la diaspora può fare è molto limitato. Per ora arrivano inviti a ricucire questa spaccatura gravissima che espone la Chiesa al ludibrio e il Paese a una frattura rischiosa. Ma politicamente i giochi si fanno a Erevan.

Purtroppo di tutto questo sui giornali italiani è molto difficile trovare traccia. Benché tra Italia e Armenia ci siano buoni rapporti, perché l’Armenia è terra di grandi pellegrinaggi religiosi e di forte interesse culturale, manca un vero interesse politico e mediatico. Questo non dipende solo dal fatto che l’Armenia è un Paese piccolo e lontano. Dipende soprattutto dal fatto che l’Italia ha fortissimi interessi economici in Azerbaigian, che da anni è il nostro principale fornitore di gas e petrolio. L’Azerbaigian è anche un mercato molto ambito per l’industria del lusso e dunque l’Italia preferisce non parlare della vicenda armena. I nostri politici non ne parlano; alcuni affermano addirittura che la vittoria azera in Nagorno-Karabakh ha restaurato il diritto internazionale. La non volontà politica determina il fatto che i giornali non se ne occupino.

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Von der Leyen e Costa: “Armenia sulla buona strada nel processo di integrazione europea” (Eunews 14.07.25)

“Quando ci siamo incontrati qui l’anno scorso, ho detto che l’Europa è al fianco dell’Armenia. Le relazioni tra Europa e Armenia sono ora più strette che mai. Abbiamo un ambiziosa agenda di partenariato e il nostro piano di resilienza e crescita per l’Armenia, che dimostra la profondità dell’impegno europeo”. ha dichiarato von der Leyen

Bruxelles – Oggi (14 luglio), la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo António Costa hanno incontrato il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan per riaffermare e far progredire la crescente cooperazione tra l’Unione europea e l’Armenia.

Durante l’incontro a Bruxelles, i leader hanno accolto con favore il recente accordo politico sul testo dell’Agenda del Nuovo Partenariato Ue-Armenia, una pietra miliare nel loro comune impegno ad approfondire i legami. Hanno inoltre preso atto “con soddisfazione” dei progressi nel processo di liberalizzazione dei visti e della recente legge armena sull’avvio del processo di integrazione europea, hanno annunciato Ursula von der Leyen e António Costa.

Inoltre, l’Ue ha ribadito il suo forte impegno a sostenere la resilienza e lo sviluppo a lungo termine dell’Armenia. Nell’ambito della strategia Global Gateway, gli investimenti dell’Ue in Armenia dovrebbero raggiungere i 2,5 miliardi di euro, favorendo la crescita inclusiva e l’interconnessione. Il Piano di resilienza e crescita da 270 milioni di euro, annunciato nell’aprile 2024, ha incrementato del 50 per cento i finanziamenti dell’Unione all’Armenia. Con 200 milioni di euro di assistenza a fondo perduto e 70 milioni di euro di finanziamenti a costo zero per incentivare gli investimenti, Bruxelles continua a sostenere il programma di riforme socio-economiche dell’Armenia, una più stretta cooperazione settoriale e investimenti nei settori dell’energia, dei trasporti e del settore privato.

In questo ambito, l’Ue ha ribadito il suo sostegno all’iniziativa Crossroads of Peace dell’Armenia, volta a promuovere la connettività e la riconciliazione regionale. Von der Leyen e Costa hanno inoltre riconosciuto i “continui sforzi dell’Armenia per promuovere la stabilità nel Caucaso meridionale”, in particolare attraverso il costante impegno nei colloqui di pace con l’Azerbaigian e i passi verso la normalizzazione delle relazioni con la Turchia. I leader hanno inoltre sottolineato l’importanza della possibilità di includere l’Armenia nelle iniziative regionali ed economiche dell’Unione Europea, in particolare nel quadro della Strategia del Mar Nero.

Sulla questione, von der Leyen ha sottolineato che “il progetto di trattato di pace con l’Azerbaigian è un momento cruciale. Chiude decenni di ostilità. Spero che il trattato possa essere firmato al più presto. Siate certi che l’Europa continuerà ad aiutarvi nel vostro cammino”.

Le discussioni sulla sicurezza sono state ugualmente importanti. I leader hanno accolto con favore l’avvio delle consultazioni Ue-Armenia in materia di sicurezza e difesa. Tra essi problemi di sicurezza che riguarda la manipolazione e l’interferenza dell’informazione dall’estero, la disinformazione e le minacce informatiche; l’Ue ha proposto di collaborare con l’Armenia per valutarne le esigenze, individuare le aree prioritarie di cooperazione e sfruttare gli strumenti Ue disponibili. Per sostenere l’ecosistema informativo armeno, l’Ue ha annunciato una nuova dotazione di 1,5 milioni di euro per rafforzare i media indipendenti.

Infine, i leader hanno concluso che l’incontro ha rappresentato “un passo importante nelle relazioni Ue-Armenia e hanno invitato a proseguire i progressi nel prossimo Consiglio di partenariato” tra le parti che si terrà in autunno.


Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha “dimostrato profondo impegno per la pace e la stabilità del Caucaso. Lo ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in un post pubblicato su X dopo l’incontro a Bruxelles con il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente del Consiglio europeo António Costa. “I nostri legami sono più stretti che mai e il programma di resilienza e crescita dell’Ue è un investimento strategico per il futuro dell’Armenia”, ha aggiunto la presidente.

Von der Leyen e Costa vedono Pashinyan: “In Armenia riforme ambiziose”

Vertici Ue vedono Pashinyan, ‘in Armenia riforme ambiziose’ (2)

“Armenia: alla scoperta della millenaria tradizione cristiana” (Corrierepl 14.07.25)

“Armenia: alla scoperta della millenaria tradizione cristiana”  
Martedì 15 luglio 2025  ore 20,00 – Monastero dell’Immacolata, Castellana Grotte (BA)

Un incontro per riscoprire le radici del Cristianesimo e meditare sull’eredità spirituale di un popolo antico e ricco di fedele.  Si terrà martedì 15 luglio 2025 alle ore 20.00 presso il Monastero dell’Immacolata, in via Pozzo Stramazzo 11 a Castellana Grotte (BA), la serata culturale e religiosa “Armenia: alla scoperta della millenaria tradizione cristiana”.
Promosso da Don Giovanni Amodio, Arciprete e Parroco di San Leone Magno, in collaborazione con il Consolato Onorario della Repubblica d’Armenia in Bari, l’evento offrirà una preziosa occasione di approfondimento su un popolo che, primo al mondo, fece del Vangelo la propria legge di Stato già nel 301 d.C.
Attraverso testimonianze e riflessioni, verranno presentati i tratti distintivi della spiritualità armena, la sua tenace fedeltà alla Croce nonostante le prove della storia, e il valore universale della sua cultura religiosa.

Dialogheranno:

  • Don Giovanni Amodio, Arciprete e Parroco di San Leone Magno di Castellana Grotte
  • Dario Rupen Timurian, Console Onorario della Repubblica d’Armenia per la Puglia
  • Gianni Giampietro, Vice-Caporedattore di TGR Puglia
  • Carlo Coppola, Consigliere Generale del Consolato Onorario Armeno
  • Siranush Quaranta, Consigliere per la Ricerca Storica del Consolato

Una serata di ascolto e condivisione, per riscoprire l’attualità della fede e della testimonianza cristiana armena nel cuore del Mediterraneo e della Chiesa universale.

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Nagorno Karabakh, accordo Azerbaijan-Armenia-Turchia: cosa prevede/ Corridoio Zangezur: NATO sfida la Russia? (Il Sussidiario 13.07.25)

L’accordo tra Armenia, Azerbaijan e Turchia sul corridoio di Zangezur apre la pace sul Nagorno Karabakh: le conseguenze per Russia, Iran (e UE)

IL CAOS IN NAGORNO KARABAKH NON FINISCE DOPO LA TREGUA DEL MARZO 2025: COSA PREVEDE IL NUOVO ACCORDO CON LA TURCHIA

Da un lato una pace si conferma e struttura dopo la prima stretta di mano dello scorso marzo, dall’altro un potenziale scontro ancora più ampio rischia di prendere origine dall’accordo tra Armenia, Azerbaijan e Turchia sul Nagorno Karabakh: è uno scacchiere molto complesso quello che sembra emergere tra lìEuropa e l’Asia minore, con sullo sfondo il potenziale “strappo” tra NATO e Russia dopo le tensioni ormai “infinite” generate dalla guerra in Ucraina.

Dopo il recente meeting ad Abu Dhabi con i leader di Armenia e Azerbaijan, il Premier armeno Nico Pashinyan e il Presidente azero Ilham Aliyev si sono dati appuntamento anche per la prossima settimana per ratificare l’accordo di pace complessivo tra i due Paesi in guerra ormai da anni per il controllo della regione del Caucaso, il Nagorno Karabakh, conteso tra i due Paesi rispettivamente a maggioranza cristiana e musulmana.



Confine Nagorno Karabakh
Nagorno Karabakh, chekpoint tra Armenia e Azerbaijan (ANSA-EPA)

A livello geografico il Nagorno apparterebbe all’altopiano dell’Armenia ma centro di scontro da decenni, con la svolta avvenuta nel settembre 2023 quando più di 100mila armeni sono stati esiliati dall’intervento delle truppe azere: Erevan rivendica la piena indipendenza del Nagorno, sognando la riunificazione con l’Armenia mentre Baku ritiene legittima l’assegnazione fatta dalla Russia di Stalin di quell’enclave nel 1921.

Tornando ai giorni nostri, l’accordo chiuso negli scorsi giorni prevede un via libera trilaterale tra Armenia, Azerbaijan e Turchia per il controllo del corridoio di Zangezur, di fatto allontanando sempre più il “controllo” della Russia sull’area del Caucaso meridionale come diretta conseguenza della lunga guerra tra Ucraina e Mosca che ha reso possibile una pace altrimenti complicatissima sul Nagorno Karabakh.

Com il nuovo accordo “federato” da Erdogan, si rende molto più facilitato il collegamento regionale sul Mar Caspio, oltre ad aprire la prospettiva di una nuova base NATO (controllata alla Turchia, membro attivo e attore principale nell’area) che si combina con l’influenza sempre più centrale del corridoio TRACECA che punta ad isolare maggiormente Putin allungando invece la “mano” americana e turca nell’area, tanto da far trovare una pace stabile ai due “duellanti” sul Nagorno.

LE CONSEGUENZE DELL’ACCORDO SUL NAGORNO TRA ARMENIA E AZERBAIJAN

Se da un lato l’UE si conferma ancora una volta un “attore” piuttosto debole e ambiguo, incapace di prendere una direzione netta sulla vicenda (così come sull’Ucraina, pur sostenendo Kiev con aiuti e armi da ormai oltre tre anni), il ruolo crescente della Turchia di Erdogan sembra aver “sostituito” le possibilità di influenza dell’Unione Europea all’interno del difficile conflitto tra Armenia e Azerbaijan.

Erdogan con il leader dell'Azerbaijan
Vertice Azerbaijan-Turchia, i Presidenti Ilham Aliyev e Recep Tayyip Erdogan (ANSA-EPA 2025)

L’accordo sul corridoio (che separa Turchia e Azerbaijan) potrebbe a questo punto essere l’ultimo tassello della pace complessiva sul Nagorno Karabakh, con possibile rischio per la Russia di Putin di dover anche ritirare la presenza militare dall’enclave di Gyumri proprio per gli effetti della pace siglata con il corridoio di Zangesur.

Pur rimanendo tra i principali attori internazionali in dialogo con la Russia, i leader di Armenia, Azerbaijan e Turchia avrebbero chiuso l’affare con l’aiuto della diplomazia USA-UK che punta ad offrire a Erdogan il ruolo di “hub” strategico dell’intera Asia minore in attesa di capire se realmente possa esser questa l’area per completare l’asse di sfida della NATO al Cremlino. Con un accordo del genere, in un colpo solo, non si isola solamente la Russia dallo scacchiere asiatico ma si diminuisce il ruolo potenziale dell’Iran, a vantaggio ovviamente del principale nemico (e alleato USA), lo Stato di Israele.

NUOVA SFIDA-SCONTRO TRA NATO E RUSSIA?

Secondo diversi osservatori internazionali, la mediazione di Erdogan tra Putin e Aliyev (come tra Kiev e Mosca, ndr) rischierebbe una “mossa” simile a quella avvenuta a Kiev nel 2014 con l’erosione graduale dell’influenza russa sull’area internazionale e locale. Mosca per la prima volta viene esclusa dal dialogo Armenia-Azerbaijan (sostituita dalla Turchia filo-NATO), come spiega a Euronews il direttore del Centro Studi Regionali di Erevan, Richard Giragosian.

«Con la Russia sopraffatta dalla sua fallita invasione dell’Ucraina, questo è un evento che esclude la Russia». In tutto questo l’Armenia sembra aver comunque “sacrificato” parte del Nagorno Karabakh in nome di un accordo a lungo termine più ampio e che la pone più sostenuta e difesa dall’Occidente.

Da ultimo, proprio l’offensiva degli scorsi anni dell’Azerbaijan ha dimostrato all’Armenia quello che altri alleati di Mosca hanno sperimentato in questi mesi, dalla Siria all’Iranquando gli alleati vengono attaccati, la Russia non reagisce e/o interviene come dovrebbe. E così la sfera di alleanze internazionali si modifica ulteriormente con il rischio di un vero ed effettivo scontro non più solo a distanza tra NATO e Putin.

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Azerbaijan. Gli Usa pronti a prendere il controllo del Corridoio di Zangezur

Il canto degli Armeni (Rai -TGR 12.07.25)

Il concerto curato da Veronika Khizanishvili ha inaugurato il Festival Federico Cesi ad Acquasparta. Una musica spirituale che unisce antico e moderno

Inaugurazione solenne ad Acquasparta per il Festival Federico Cesi – Musica Urbis che andrà avanti fino al 21 settembre coinvolgendo anche Avigliano Umbro. Il Festival propone una fusione tra le melodie e la bellezza architettonica e paesaggistica di città e luoghi dell’Umbria. Il concerto d’apertura ha viaggiato fino alle terre al confine tra Europa e Asia, ed è stato dedicato all’esecuzione in prima assoluta de Il canto degli Armeni, di Elena Mardian per flauto, soprano, coro e organo. Con il Rom Ensemble a curare il concerto è stata Veronika Khizanishvili.

Una musica spirituale che unisce antico e moderno, e che racconta della travagliata storia di questo popolo ma affidando l’esecuzione a voci italiane, in un fecondo dialogo interculturale. Il programma del festival prevede anche appuntamenti dedicati a Giovanni Pierluigi da Palestrina, al virtuosismo pianistico di Franz Liszt, alla chitarra da Scarlatti a Segovia, fino a un altro progetto interculturale con i coreani della K-Opera. La rassegna Fabrica Harmonica Giovani poi ospiterà conserti gratuiti di giovani talenti.

di Osvaldo Baldacci