L’Azerbaigian sconfina e cattura sei soldati dell’esercito armeno (Tempi.it 29.05.21)

L’esercito dell’Azerbaigian ha catturato sei soldati armeni vicino al confine dopo essere sconfinato in territorio armeno. È l’ultimo di una serie di incidenti negli ultimi mesi che hanno visto le truppe azere oltrepassare pericolosamente il confine con l’Armenia dopo le importanti conquiste nel Nagorno-Karabakh ottenute durante la guerra di sei settimane iniziata a settembre. Il conflitto, risolto dal decisivo intervento della Turchia a fianco del regime azero, si è concluso a novembre con un doloroso accordo mediato dalla Russia.

L’Azerbaigian perseguita gli armeni

I sei soldati rapiti dall’Azerbaigian si trovavano in una zona al confine con la provincia di Kalbajar, che le forze armene dovevano abbandonare entro il 15 novembre, in base agli accordi. Il ministro della Difesa armeno ha accusato il regime azero, che a sua volta ha puntato il dito contro Erevan, sostenendo che avrebbe inviato i soldati nella zona per operazioni di sabotaggio.

A inizio maggio l’esercito azero è sconfinato per 3,5 chilometri in territorio armeno nella provincia di Gegharkunik, adiacente a quella di Kalbajar. Come riporta la Bbcsolo il pronto intervento diplomatico di Erevan «ha impedito all’Azerbaigian di occupare quella parte di Armenia. Nella stessa area in uno scambio a fuoco lungo il confine è morto un soldato armeno». Nonostante l’esercito azero si sia formato, centinaia di soldati restano ancora in territorio armeno.

Dopo il conflitto di settembre, nel quale sono morte 6.000 persone, l’Azerbaigian ha riconquistato vaste porzioni del Nagorno Karabakh. In base agli accordi, le forze armene hanno dovuto lasciare le province di Kalbajar e Lachin. Circa 2.000 soldati dell’esercito russo controllano che gli accordi vengano rispettati.

Il genocidio culturale degli armeni

Nonostante la fine della guerra, l’Azerbaigian non sembra intenzionato a fermarsi e non mancano segnali inquietanti. Oltre ai ripetuti sconfinamenti in territorio armeno, Erevan ha dimostrato che il regime azero si sta dedicando a distruggere il patrimonio culturale-religioso armeno nei territori riconquistati. Diverse chiese sono già state rase al suolo.

Non solo. Come previsto dagli accordi, l’Armenia ha rilasciato tutti i prigionieri azeri. Il regime islamico non ha fatto lo stesso. Tre settimane fa, il Parlamento europeo ha intimato a Baku di restituire tutti i prigionieri di guerra armeni, che secondo alcune organizzazioni per i diritti umani sarebbero torturati nelle carceri azere. Secondo l’Europarlamento, almeno 245 persone sarebbero prigionieri.

L’Azerbaigian è anche accusato di aver rapito e brutalmente ucciso nel Nagorno Karabakh decine di civili armeni dopo che la guerra si era già conclusa. Un avvocato che si batte per la difesa dei diritti umani, Siranush Sahakyan, ha presentato 75 casi di abusi a danno di armeni presso la Corte europea dei diritti umani.

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Il Papa ricorda Gregorio Pietro XX: con lui sono stato vicino al popolo armeno (Vaticannews 29.05.21)

Funerali solenni stamattina del capo della Chiesa Armeno Cattolica, il patriarca Gregorio Pietro XX Ghabroyan, scomparso a Beirut lo scorso martedì a 86 anni. Era ammalato da alcuni mesi. In rappresentanza del Papa ha preso parte alle esequie il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, che ha letto il messaggio di Francesco indirizzato a monsignor Boutros Marayati, ora amministratore della Chiesa Patriarcale di Cilicia degli Armeni. La cerimonia che si è tenuta nella Cattedrale Armeno Cattolica San Gregorio Illuminatore–Sant’Elia nella capitale libanese, è stata presieduta da monsignor Marayati, mentre l’omelia è stata pronunciata da monsignor Kevork Assadourian, vescovo ausiliare di Beirut del Patriarcato armeno cattolico, a lungo collaboratore di Gregorio Pietro XX.

La “benedizione speciale”

Nel suo messaggio, il Papa rievoca alcuni momenti condivisi con “l’amato fratello in Cristo”, il patriarca di Cilicia degli Armeni, a cominciare dalla sua elezione nell’estate del 2015, “prima di accettare volle chiedermi una benedizione speciale, per essere in grado di reggere la Chiesa Patriarcale malgrado l’età ormai avanzata”, scrive il Papa. “Il 7 settembre 2015 abbiamo concelebrato a Roma l’Eucarestia, nella quale è stata significata la Ecclesiastica Communio: abbiamo tenuto insieme elevati il Corpo e il Sangue di Cristo, segno visibile che fondamento di ogni servizio nella Chiesa è l’adesione e la conformazione al Cristo, Crocifisso e Risorto. Nel 2016 fu con me nel corso del Viaggio Apostolico in Armenia, in particolare quando visitai la cattedrale dell’Ordinariato per i fedeli armeno cattolici in Europa Orientale, a Gyumri, e insieme ai confratelli Vescovi del Sinodo della Chiesa Patriarcale. Nel 2018, in occasione dell’inaugurazione della Statua di San Gregorio di Narek, nei Giardini Vaticani”.

L’adesione del patriarca alla chiamata di Dio a seguirlo

La vicinanza al patriarca, prosegue Francesco, è stata occasione di prossimità anche con il popolo armeno, “che tanto ha sofferto lungo la storia ma è sempre rimasto fedele alla professione di fede in Cristo Salvatore”. Il Papa ricorda poi le diverse iniziative di solidarietà sostenute da Gregorio Pietro XX “per le popolazioni più provate, specialmente in Siria e Libano” e il suo impegno per “l’apertura del processo di beatificazione e canonizzazione del suo illuminato predecessore, il servo di Dio cardinale Gregorio Pietro XV Agagianian”. Ultimamente, scrive ancora il Papa, costatando il venir meno delle sue forze fisiche, “con senso di responsabilità si è interrogato in coscienza se fosse ancora in grado di guidare la Chiesa Armena come Patriarca: gli ha risposto il Signore, pronunciando un’ultima volta la chiamata a seguirlo”. Francesco conclude il messaggio affidando alla Misericordia di Dio l’anima del defunto nella certezza che ad accompagnarla in Cielo è “la preghiera di intercessione della Madre di Dio Maria Santissima, di San Gregorio l’Illuminatore e di San Gregorio di Narek, insieme a tutti i martiri e i santi armeni”.

Sandri: in lui spirito di paternità e intelligenza acuta

Dopo la lettura del messaggio del Papa, il Il nunzio apostolico in Libano, monsignor Joseph Spiteri, ha letto il messaggio di cordoglio del cardinale Leonardo Sandri. Il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali del patriarca ricorda “lo spirito di paternità e di guida, vissuti all’interno di una personalità dall’intelligenza acuta, nella riflessione come nell’amministrazione, capace di intessere relazioni a diversi livelli e custode attento dell’eredità spirituale lasciata dai suoi predecessori”. Dei tanti incontri avuti con il patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici, il porporato cita nel testo due: quelli del 3 marzo 2012 in Francia e del 24 settembre 2015 in Armenia per la consacrazione di due chiese. “All’inizio del rito di consacrazione del luogo sacro – scrive il cardinale Sandri – il vescovo ‘bussa’ con la croce alle porte del tempio, perché siano spalancate e possano accogliere il popolo santo di Dio per celebrare i Divini Misteri. In quelle due occasioni insieme, unendo le nostre mani intorno alla Croce, abbiamo compiuto quel rito: ora da un lato sentiamo l’esigenza che sia la nostra preghiera a ‘bussare’ alle porte del cuore di Dio, affinchè accolga e doni il riposo eterno al nostro fratello e padre. Dall’altro siamo richiamati tutti a prendere tra le nostre mani e su noi stessi la Croce, come il patriarca Gregorio Pietro XX ha saputo fare in questi mesi di progressivo indebolimento, e lasciare che essa ci conduca ogni giorno di più incontro al Signore lungo il nostro pellegrinaggio terreno”.

Aveva un amore particolare per i poveri

Nella sua omelia monsignor Assadourian ha sottolineato in maniera particolare la dedizione del patriarca ai poveri “come dimostrano gli aiuti e la vicinanza che ha voluto dimostrare, lontano dai riflettori, a favore delle famiglie povere in particolar modo in questi ultimi due anni in cui il Libano vive insostenibili condizioni economiche e sociali. Nei giorni scorsi – ha proseguito – persino la malattia che lo ha afflitto non è riuscita a fermare il perseguimento del suo lavoro. Anche sul letto dell’ospedale continuava a gestire, organizzare e convocare riunioni per cercare di soddisfare i bisogni della sua Chiesa e del suo popolo”. Presenti alle esequie i vescovi e il clero della Chiesa armeno cattolica, rappresentanti delle Chiese cattoliche e ortodosse del Libano tra i quali il patriarca di Antiochia dei Maroniti cardinale Béchara Boutros Raï, il patriarca della Grande Casa di Cilicia degli Armeni Aram I, e il patriarca della Chiesa Siro Cattolica, Yousef Younan. Era presente anche un rappresentante del presidente della Repubblica libanese nonché esponenti del mondo politico, diplomatico e civile del Paese. La cerimonia di tumulazione avrà luogo nella sede patriarcale del Convento di Nostra Madre di Bzommar dove Gregorio Pietro XX sarà sepolto nel cimitero riservato ai patriarchi armeni.

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Messa per il Patriarca Pietro Gregorio XX, il ricordo di Papa Francesco (Acistampa 29.05.21)


Papa Francesco: messaggio per le esequie di S.B. Gregorio Pietro XX Ghabroyan, patriarca di Cilicia degli Armeni (Sir 29.05.21)

 

La MetroCity riconosce la Repubblica dell’Artsakh e il genocidio degli armeni (Reggio Today 29.05.21)

Nella giornata di mercoledì 26 maggio, il consiglio della Città metropolitana ha approvato all’unanimità due importanti mozioni in solidarietà e sostegno del popolo armeno: nella prima si riconosce il “Genocidio del popolo armeno”, avvenuto nel 1915 a opera dell’Impero Ottomano; nella seconda si riconosce formalmente la Repubblica armena dell’Artsakh, ultimamente vittima di un’aggressione armata da parte dell’Azerbaigian. “Come “Comunità Armenia-Calabria” esprimiamo tutta la nostra gratitudine per questi due importanti passaggi che rappresentano un grande abbraccio reggino alla ritrovata sorella Armenia”.

Le congratulazioni da parte della Comunità Armena-Calabria nel commento della presidente Tehmine Arshakyan: “Il rapporto fra la provincia di Reggio e l’Armenia, benché ancora poco conosciuto, in realtà è secolare e negli ultimi anni sta ritrovando vivacità. Come “Comunità Armenia- Calabria” vogliamo ringraziare tutto il Consiglio metropolitano per la sensibilità dimostrata e in particolare vogliamo ringraziare il consigliere Rudi Lizzi che ha conosciuto la nostra realtà e ha voluto fare propria la causa armena attraverso la presentazione di queste due mozioni. Vogliamo esprimere la nostra gratitudine anche ai consiglieri Antonio Minicuci, Armando Neri, Carmelo Versace, Giuseppe Ranuccio, Domenico Mantegna, Antonio Zimbalatti, Filippo Quartuccio e Domenico Marino, che in maniera trasversale hanno sottoscritto le due mozioni presentate dal consigliere Lizzi.

Il rapporto fra il popolo armeno e il territorio reggino nasce intorno al decimo secolo dopo Cristo, un legame testimoniato dai numerosi siti archeologici presenti in particolare nella provincia jonica, nonché nel culto di alcuni santi e in toponimi e idiomi che utilizziamo nella nostra quotidianità anche senza rendercene conto. Riscoprire questo rapporto significa rinsaldare le proprie radici culturali oltre che ravvivare un’amicizia con una terra lontana geograficamente ma vicina per storia e cultura.

Già da qualche anno questa relazione aveva ripreso vita alimentando un flusso di ricercatori accademici e di visitatori armeni, in particolare a Brancaleone e nei Comuni limitrofi che attraversano quella che ormai viene definita la “Valle degli Armeni”. Siamo certi che queste due mozioni risulteranno da stimolo per incentivare le relazioni fra Reggio e l’Armenia, ma anche per far crescere l’interesse culturale verso il nostro territorio tanto da divenire possibile volano di un auspicato sviluppo turistico con positive ricadute sul territorio”.

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Nagorno-Karabakh: Pashinyan, Armenia pronta a ritirare truppa da confine con Azerbaigian (Agenzianova 29.05.1)

Erevan, 29 mag 17:22 – (Agenzia Nova) – L’Armenia è pronta a ritirare le sue truppe dal confine con l’Azerbaigian nel tentativo di ridurre l’escalation della situazione di sicurezza. Lo ha detto oggi il primo ministro ad interim dell’Armenia, Nikol Pashinyan, commentando la dichiarazione del Gruppo di Minsk dell’Osce sul Nagorno-Karabakh. “Accolgo con favore la dichiarazione dei copresidenti del Gruppo di Minsk dell’Osce, la logica dei passi presentati lì è fondamentalmente accettabile per noi. Siamo pronti a iniziare a ritirare le truppe in qualsiasi momento e stiamo aspettando che il Gruppo di Minsk dell’Osce raggiunga un accordo con l’Azerbaigian per avviare un tale ritiro”, ha detto Pashinyan in un incontro con i residenti del distretto di Erevan di Nork-Marash. Il premier ha aggiunto che l’Armenia è pronta a svolgere il lavoro sulla demarcazione e delimitazione delle frontiere, nonché a riprendere il processo negoziale sul Nagorno-Karabakh sotto gli auspici del Gruppo di Minsk. (Rum)

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Nuove tensioni al confine tra Armenia e Azerbaigian (Sputniknews 28.05.21)

Al confine tra Armenia e Azerbaigian la situazione non è delle migliori da un paio di settimane. Dopo la guerra per il Nagorno Karabakh i Paesi intendono decidere in merito alla demarcazione dei confini, ma si tratta di un compito difficile vista la conformazione montana del territorio.
Erevan ha accusato Baku di essersi impossessata di alcuni territori nella regione di Syunik e ha chiesto aiuti militari all’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva. Azerbaigian risponde dicendo di avere difficoltà tecniche al momento. Sputnik in questo articolo cerca di approfondire per voi le ragioni di questa nuova escalation.
Provocazioni su pretesto
I primi a lanciare il segnale d’allarme sono stati gli abitanti del comune frontaliero di Goris. “Il nemico ha valicato il confine e si è spinto per 3 km in direzione del comune di Verishen. Date ascolto agli abitanti di Syunik. Per noi è la fine. Non fa più differenza per noi”, scrive sui social la vice-sindaca della città Irina Yolyan.
Il suo collega Menua Ovsepyan aggiunge: “Si tratta di un confine nazionale. Ma non ci è stato dato riscontro sulla dislocazione del confine nella regione di Syunik. Il governo deve intervenire e dare disposizioni a chi di dovere”.
Nikol Pashinyan ha reagito rapidamente: “Nelle regioni di Syunik e Gegharkunik crescono le tensioni. Oltre 200 soldati azeri hanno valicato illegalmente il nostro confine”. E si è rivolto alla ricerca di aiuti agli alleati della Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva e ha conversato più volte al telefono con Vladimir Putin. Mosca ha confermato che “continuerà a facilitare la normalizzazione della situazione sul confine armeno-azero”.
Anche Emmanuel Macron si è espresso sul tema. “L’Azerbaigian ha invaso l’Armenia. Chiediamo una ritirata tempestiva. Lo ribadisco, la Francia è solidale con il popolo armeno”, ha scritto su Facebook in lingua armena. Anche i diplomatici statunitensi ed europei hanno espresso la loro preoccupazione.
Il punto per Baku è la demarcazione dei confini. All’inizio degli anni 2000, quando la maggior parte dei Paesi post-sovietici stava delimitando i propri confini, Armenia e Azerbaigian ancora erano in guerra. Quindi, in quel momento non si riuscì a fissare la demarcazione dei confini.
L’esito della prima guerra del Nagorno Karabakh non fece che peggiorare la situazione: finirono sotto il controllo armeno 7 regioni azere. Baku parlò di occupazione e si rifiutò di intavolare qualsivoglia discussione in merito ai confini. Dopo la seconda guerra del Nagorno Karabakh, l’Azerbaigian decise che fosse giunto il momento di avviare questa discussione. Considerato che i territori oggetto di controversie si trovano in aree montane dove abbondano fiumi e laghi, Baku non ha escluso possibili “difficoltà tecniche” nel processo di demarcazione.
L’Azerbaigian rafforza la sicurezza ai confini. E questo avviene sulla base delle mappe (sovietiche, NdR) che regolano i confini di Baku ed Erevan. Noi rispettiamo la sovranità dei confini, l’integrità territoriale e il principio di non aggressione”, comunica il Ministero azero degli Esteri.
Baku ha esortato Erevan a risolvere questioni controverse bilaterali anche senza l’intervento di intermediari. “La reazione armena è uno strumento politico da sfruttare nella campagna elettorale che si sta svolgendo nel Paese”, afferma convinto il Ministero azero degli Esteri.
Pashinyan invece insiste che i Paesi non possano risolvere le criticità esistenti su base bilaterale in quanto tra di loro non sussistono relazioni diplomatiche. “Processi quali l’avvio di relazioni e la demarcazione di confini devono essere effettuati in un contesto trilaterale”, ha spiegato.
peacekeeper russi che si trovano nell’area transfrontaliera come da accordi a partire dal 9 novembre 2020 stanno tentando di normalizzare la situazione la quale tuttavia continua ad essere tesa.
Pashinyan quotidianamente si sente con gli alleati dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva e con i diplomatici europei. Ilham Aliev, a sua volta, ha discusso della situazione frontaliera con Jake Sullivan, consigliere del presidente USA alla sicurezza nazionale.
Inoltre, Hikmet Gadjev si è recato a Bruxelles per intavolare delle trattative con il braccio destro del segretario generale della NATO Mircea Geoană.
Accordi segreti
L’Armenia si sta preparando alle elezioni parlamentari straordinarie previste per il mese di giugno. I detrattori di Pashinyan stanno cercando di ottenere la maggioranza in parlamento facendo fuori il suo partito Contratto civile. E le loro pretese nei confronti del capo di governo non si limitano al conflitto nella regione di Syunik.
L’opposizione è preoccupata da un certo nuovo documento siglato con l’Azerbaigian. Queste informazioni sono state diffuse dall’ex ambasciatore armeno in Vaticano Mikayel Minasyan. In un canale Telegram ha pubblicato un’immagine parzialmente oscurata in cui sono però visibili i primi due punti della presunta dichiarazione trilaterale tra Armenia, Azerbaigian e Russia. Nel testo si legge della creazione di commissioni nazionali per la demarcazione e la delimitazione dei confini. Minasyan ricorda che Pashinyan sta altresì discutendo con Aliev in merito alla cessione all’Azerbaigian di 5 comuni della provincia di Ararat. La popolazione in queste enclaves è per la maggior parte azera.
Le manifestazioni sotto il palazzo del governo chiedevano di tenere delle audizioni parlamentari. La richiesta principale a Pashinyan era quella di “cessare qualsivoglia accordo segreto” con Baku.
Anna Nagdalyan, ministra armena degli Esteri, in seguito ha dichiarato che ad oggi la repubblica azera non avrebbe ritirato i militari dalla regione di Syunik e che la presa in esame di altre questioni è di fatto impossibile.
Torna la paura
“L’Azerbaigian ha avviato il processo di demarcazione dei confini subito dopo la sottoscrizione dell’accordo trilaterale il 9 novembre. Ma solo adesso in Armenia sta divagando il panico”, afferma l’esperto azero Farhad Mamedov. “Degno di nota è il fatto che a lanciare l’allarme sia stata la regione di Syunik. Il governatore di quest’ultima si presenta alle elezioni con il partito Armenia Prospera. È uno dei partiti che rientrava nel blocco dell’ex presidente Robert Kocharyan, il principale avversario di Pashinyan. La regione sta diventando un avamposto dell’opposizione”.
Mamedov ritiene che i punti dolenti nel processo di demarcazione possano essere sciolti da una commissione impegnata sul tema. Ma per istituire una tale commissione sono necessari una certa volontà politica nel riconoscere il reciproco diritto all’integrità territoriale e l’instaurazione di relazioni diplomatiche.
“Erevan accusa Baku di aver tentato di prendere il controllo sulla regione di Syunik. Da qui parte anche il cosiddetto Corridoio di Syunik, ma non stiamo parlando della conquista di territori armeni. L’opposizione e Pashinyan stanno alimentando tensioni e paure in maniera artificiale. Ad oggi comunque permane la presenza di militari armeni in Nagorno Karabakh. Sebbene nell’accordo del 9 novembre si dice che la missione di pace debba essere effettuata parallelamente alla ritirata dei militari armeni da quelle aree. Pare dunque che Erevan stia cercando dei modi per non riconoscere l’integrità territoriale dell’Azerbaigian. Smettete di parlare del Karabakh e poi smetteremo di parlare di Syunik”, così esprime il suo pensiero in merito Mamedov.
Il politologo non esclude che a breve le parti sottoscriveranno un ulteriore documento trilaterale tra Baku, Erevan e Mosca. “Il processo di demarcazione non è facile. Dovranno essere prese in considerazione anche le 6 enclaves nell’Armenia settentrionale a maggioranza azera. Apparentemente nel nuovo documento anche questi territori saranno oggetto di attenzione”, sostiene Mamedov.
“Un’occupazione infida”
“Entrambe le repubbliche hanno tra le mani delle mappe sovietiche. In base a queste dovrebbe essere effettuata la demarcazione. Ma pare che Baku non sia interessato ad agire in questo modo”, osserva il giurista e politologo armeno Artashes Halatyan. “In base alle provocazioni di natura frontaliera, Aliev desidera mettere in discussione tutto ciò che le parti hanno realizzato nei 6 mesi dopo la sottoscrizione dell’accordo del 9 novembre. La retorica belligerante delle autorità azere conferma che le stesse non intendono dare attuazione agli accordi”.
Halatyan ricorda che Armenia e Azerbaigian sono Stati membri dell’ONU, della CSI e di altre organizzazioni internazionali. Entrando a far parte di queste istituzioni, questi Paesi hanno dichiarato l’assenza di qualsivoglia pretesa territoriale, ma Baku sta violando le obbligazioni assunte a proprio carico.
“L’incidente frontaliero è una occupazione infida delle nuove terre armene. Ma del resto in quale altro modo possiamo interpretare le dichiarazioni di Aliev di occupare con la forza la regione di Syunik? Erevan non cederà i propri diritti sovrani su questo territorio. È difficile credere che Baku consenta anche a noi di utilizzare questi territori. Farebbero meglio a prendere i nostri territori con la forza senza prendere accordi con nessuno”, ritiene Halatyan.
Gli esperti azeri e armeni citati in questo approfondimento sono concordi sulla necessità di avviare delle consultazioni. Secondo Halatyan, Baku deve rinunciare alla sua retorica di aggressività. Mamedov, dal canto suo, invita alla risoluzione dei problemi sulla base degli accordi stipulati a novembre e a gennaio.

Roma-Mkhitaryan ancora insieme, ok di Mourinho al rinnovo. Le news di calciomercato (Sport.sky 28.05.21)

C’è l’ok di José Mourinho per la conferma di Henrikh Mkhitaryan alla Roma. Come spiegato da Sky Sport,  il nuovo allenatore giallorosso ha dato il via libera per la permanenza del 32enne armeno nella Capitale, mettendo di fatto da parte le frizioni tra i due dei tempi di Manchester, dove si erano incrociati nel biennio 2016-2018. La proprietà della Roma e il direttore generale dell’area sportiva Tiago Pinto sono sempre state convinte di voler rinnovare con Mkhitaryan, che nel suo contratto ha una clausola che gli permette di liberarsi dal 31 maggio. Trattenere Mkhitaryan, miglior calciatore della Roma nell’annata appena conclusa con 15 gol e 13 assist in 46 partite, era uno degli obiettivi prioritari dei Friedkin, che hanno chiesto allo Special One di trovare una soluzione rapida alla vicenda. Tutte le parti sono d’accordo sulla necessità di ripartire dal numero 77. La proposta sul tavolo dell’ex Arsenal e United è di un rinnovo pluriennale e dall’entourage del giocatore filtra disponibilità a restare nella Roma, con il club giallorosso che ora attende un feedback. La Roma ha fatto la sua scelta, ora starà a Mkhitaryan rispondere.

Un altro giocatore che fa parlare per il suo futuro è Alessandro Florenzi. Ha completato la stagione in prestito al Psg con 36 presenze, 2 gol e un assist in tutte le competizioni, e il club francese sta prendendo tempo per decidere il da farsi sul laterale destro: da contratto, i parigini hanno la possibilità di riscattare il giocatore entro il 15 giugno ma il direttore sportivo Leonardo sta riflettendo sulla posizione del classe 1991. La priorità per il Psg è infatti la scelta dell’allenatore, con Mauricio Pochettino che potrebbe tornare al Tottenham. Una volta definita la guida tecnica per la stagione 2021/22, sarà tempo di affrontare con lo stesso allenatore la questione Florenzi.

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ARMENIA: Si aggrava la crisi del Lago Sev (EastJournal 28.05.21)

A oltre sei mesi dalla firma dell’accordo di pace che ha sancito la fine della Seconda Guerra del Nagorno-Karabakh, le rivendicazioni territoriali continuano a gravare sulle relazioni tra Armenia e Azerbaigian. Le tensioni sono degenerate a partire dal 12 maggio, quando le forze armate azere sono penetrate in territorio armeno dalla zona di confine del Lago Sev (Lago Nero), avanzando le loro posizioni di 3,5 chilometri. In base alle informazioni fornite dall’esercito armeno, circa 1000 soldati azeri sarebbero stanziati nelle regioni del Syunik e del Gegharkunik. Sebbene Erevan abbia esortato Baku a ritirare i militari dal suo territorio, quest’ultima si è rifiutata di adempiere alla richiesta, affermando che le sue truppe sono situate all’interno dei propri confini nazionali.

Confini e mappe

Il 18 maggio, i media armeni hanno pubblicato una mappa dello Stato maggiore delle forze armate dell’Unione Sovietica che mostra come le coste occidentali, meridionali e orientali del Lago Sev si trovassero all’interno della Repubblica Socialista Sovietica Armena.

Il riemergere delle cartine geografiche dell’epoca sovietica, le uniche a delineare, parzialmente, la frontiera tra i due paesi caucasici, è indice della complessa questione della demarcazione del confine internazionale tra Armenia e Azerbaigian. Nel corso della Prima Guerra del Nagorno-Karabakh (1988-1994), Erevan ha preso il controllo di vaste porzioni di territorio azero intorno alla regione contesa. La maggior parte della frontiera visibile sulle cartine geografiche o su Google Maps non ha quindi riflettuto la realtà sul territorio fino alla vittoria azera nel conflitto nell’autunno del 2020.  L’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre, firmato da Armenia e Azerbaigian con la mediazione della Russia, tuttavia non regola la demarcazione delle aree di confine estranee al Nagorno-Karabakh, ecco quindi la causa della tensione di queste settimane.

Dopo lo sconfinamento azero del 12 maggio, l’Armenia ha avviato una serie di consultazioni con l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), l’alleanza militare guidata da Mosca di cui Erevan è membro dal 2002. In base agli obblighi previsti dalla CSTO, il Cremlino si dovrebbe impegnare a fornire sostegno militare agli stati membri qualora la loro sovranità territoriale venga messa a repentaglio. Il 19 maggio, nel corso di un vertice dei paesi membri a Dušanbe, il segretario generale dell’Organizzazione, Stanislav Zas, ha dichiarato che l’alleanza “osserva con preoccupazione l’evoluzione della situazione nella regione armena del Syunik”. Il 26 maggio, parlando all’Assemblea nazionale, il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan ha espresso insoddisfazione per l’operato della CSTO, affermando che l’Armenia non ha escluso la possibilità di rivolgersi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

A seguito delle continue tensioni, le reazioni all’interno della comunità internazionale si sono fatte sentire. Il Dipartimento di Stato americano ha invitato i suoi cittadini a non recarsi in Armenia, nella regione del Nagorno-Karabakh e in Azerbaigian. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrovha affermato che il Cremlino ha lanciato un’iniziativa per creare una commissione mista armeno-azera sulla demarcazione dei confini, alla quale prenderebbe parte come mediatore. In un comunicato ufficiale, il segretario del Consiglio di sicurezza dell’Armenia, Armen Grigoryan, ha osservato che il prerequisito fondamentale per risolvere la questione dei confini sia l’immediato ritiro delle forze azere dal territorio dell’Armenia. L’Azerbaigian, dal canto suo, ha chiesto che gli armeni forniscano loro mappe delle mine terrestri deposte durante la guerra, un ritiro delle forze militari armene dal Nagorno-Karabakh e un calendario accelerato per l’apertura di nuove rotte di trasporto verso l’exclave di Nachicevan attraverso la regione del Syunik.

Crisi ed elezioni

Sullo sfondo di tali tensioni, un nuovo scandalo ha agitato l’opinione pubblica armena. Il 19 maggio Mikael Minasyan, ex ambasciatore presso la Santa Sede, nonché genero dell’ex presidente Serzh Sargsyanha dichiarato che il primo ministro Pashinyan starebbe concordando con il suo omologo azero nuovi principi di demarcazione e concessioni territoriali in cambio del ritiro delle truppe dal territorio armeno. Il giorno successivo, il premier armeno ha annunciato, con un post su Facebook, che l’Armenia firmerà un’intesa con l’Azerbaigian, purché rispetti al 100% gli interessi nazionali. Il testo di tale accordo non è stato reso noto, ma una parte dell’opinione pubblica armena non ha perso tempo per accusare Pashinyan di tradimento.

Sul versante opposto, il presidente azero Ilham Aliyev, in un tweet del 21 maggio, ha scritto che l’Azerbaigian è pronto a collaborare con l’Armenia al trattato di pace. Usando toni molto diversi da quelli battaglieri impiegati finora, Aliyev ha espresso l’auspicio che, in seguito alle elezioni in Armenia del prossimo 20 giugno, le relazioni tra i due paesi possano migliorare.

Mentre i negoziati continuano, il ministero della Difesa armeno ha riferito che, il 25 maggio, un soldato è rimasto ucciso in una sparatoria al confine con l’Azerbaigian, nella provincia armena di Gegharkunik. Le autorità azere hanno risposto negando che le loro forze armate avessero aperto il fuoco e accusando l’Armenia di diffondere false informazioni. Due giorni dopo, sei soldati armeni  sono stati catturati dalle forze azere vicino al confine. Se da una parte Erevan ha dichiarato che i sei sono stati “circondati e catturati” sul suolo armeno dalle forze azere nelle prime ore di giovedì, dall’altra Baku ha respinto le accuse al mittente, sostenendo che i propri soldati sono stati trovati sul lato azero del confine.

Dopo questi ultimi sviluppi, il ministro degli Esteri armeno, Ara Ayvazyanha presentato le sue dimissioni il 27 maggio. All’origine della decisione ci sarebbe stato un appello presentato lo stesso giorno da Pashinyan e indirizzato ai tre paesi co-presidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE – l’ente internazionale preposto a risolvere il conflitto tra Baku e Erevan – senza consultare Ayvazyan. In tale dichiarazione, il premier armeno proponeva il ritiro delle forze armene e azere dall’area di confine e invitava Francia, Russia e Stati Uniti a schierare osservatori internazionali nella zona per evitare l’aggravarsi della situazione.

I recenti incidenti si consumano in un clima soggetto ora a crescenti tensioni lungo il confine, ora a schiarite negoziali sul delicato contenzioso territoriale. Chissà che una volta che le due parti riescano a trovare un accordo sulla demarcazione dei confini e che le elezioni armene avranno dato un verdetto, non si assista a un graduale miglioramento nelle relazioni tra Baku e Erevan.

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Armenia, il ministro degli Esteri si e’ dimesso (Trt.net 28.05.21)

REGGIO – Approvate all’unanimità mozioni del consigliere Rudi Lizzi a sostegno del popolo armeno (Veritasnews 27.05.21)

Nella seduta del Consiglio Metropolitano di ieri, è arrivato parere unanime dall’aula per le mozioni del Consigliere di Fratelli d’Italia Rudi Lizzi.

Si tratta di iniziative consiliari a sostegno del popolo armeno, e del riconoscimento formale dello Stato indipendente della Repubblica dell’Artsakh.

Le due mozioni sono state fortemente sostenute dall’intero Consiglio, su proposta di Lizzi, per rinsaldare e irrobustire il legame culturale tra Reggio Calabria e la comunità armena.

Si tratta di due terre distanti geograficamente ma caratterizzate da un profondo legame testimoniato dall’analisi storica e documentale, dai lasciti archeologici, dal culto dei Santi, dai toponimi e da idiomi che contraddistinguono anche la nostra quotidianità.

Le due mozioni discusse – ha dichiarato Lizzi – hanno rappresentato un’importante contributo a favore del rispetto dei diritti umani, per la promozione della pace fra i popoli, per il sostegno al dialogo fra culture, che ha aggiunto – principi sanciti dalla nostra Costituzione e valori fondanti l’Unione Europea ma che, purtroppo, in varie parti del mondo ancora rappresentano una conquista da raggiungere”.

La comunità Armena-Calabria da diverso tempo – ha continuato il Consigliere metropolitano – ha posto alla mia attenzione le tensioni che purtroppo animano l’area caucasica recentemente scossa da un conflitto armato fra la Repubblica di Armenia e l’Azerbaijan per l’integrità e l’indipendenza della regione del Nagorno-Karabakh, chiamata anche “Repubblica dell’Artsakh”.

Con queste due mozioni anche la Città Metropolitana di Reggio Calabria – conclude Rudi Lizzi – si inserisce in un percorso concreto di solidarietà e di difesa dei diritti umani, del dialogo e della pace che si può costruire solo attraverso atti che, sicuramente possono avere un valore simbolico, ma che hanno anche un loro concreto peso mediatico e nel contesto delle relazioni internazionali. E noi reggini, intimamente legati all’Armenia, non possiamo restare indifferenti”.

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IL CONSIGLIO METROPOLITANO DI REGGIO CALABRIA RICONOSCE GENOCIDIO ARMENO (Ntcalabria 27.05.21)


 

ASIA/SIRIA – Aleppo, l’Arcivescovo Boutros Marayati nominato Amministratore patriarcale della Chiesa armena cattolica (27.05.21)

Aleppo (Agenzia Fides) – L’Arcivescovo armeno cattolico Boutros Marayati, a capo della comunità armeno cattolica di Aleppo, è stato nominato Amministratore apostolico ad Interim della Chiesa cattolica armena, dopo la scomparsa per malattia del Patriarca armeno cattolico Krikor Bedros Ghabroyan (vedi Fides 26/5/2021). La notizia della nomina è stata diffusa nel pomeriggio di mercoledì 26 maggio dalla Segreteria del Patriarcato armeno cattolico. La nomina è avvenuta sulla base dell’articolo 127 del Codice dei Canoni delle Chiese orientali cattoliche, dove si legge che durante la vacanza della Sede patriarcale assume la carica di Amministratore della Chiesa patriarcale “il Vescovo più anziano per ordinazione tra i Vescovi della Curia patriarcale o, se questi non ci sono, tra i Vescovi che sono membri del Sinodo permanente”. Il compito principale dell’Amministratore patriarcale ad interim sarà quello di convocare i membri del Sinodo della Chiesa armena cattolica per eleggere il nuovo Patriarca.
Boutros Marayati, nato a Aleppo nel febbraio 1948, è stato ordinato sacerdote nel 1971 e nel 1990 è stato consacrato Vescovo armeno cattolico della sua città natale. Nei lunghi anni del conflitto siriano è rimasto a fianco delle sempre più esigue comunità cristiane di Aleppo, città martire, per lungo tempo terreno di scontro tra le forze militari fedeli al Presidente Bashar al Assad e le milizie ribelli, comprese quelle di marca jihadista.
Nel gennaio 2014, in qualità di Amministratore apostolico sede vacante et ad nutum Sanctae Sedis dell’eparchia armena cattolica di Kamichlié (Qamishli), l’Arcivescovo Marayati sconfessò l’iniziativa “Adotta una parrocchia in Siria” lanciata on line da un sacerdote armeno cattolico siriano, come progetto per raccogliere fondi a favore delle sofferenti comunità cristiane in Siria. In quell’occasione (vedi Fides 11/1/2014), l’Arcivescovo Marayati rese noto attraverso l’Agenzia Fides che il sacerdote promotore dell’iniziativa non aveva “nessuna facoltà né autorizzazione per organizzare raccolte di fondi in nome e a favore delle parrocchie o delle scuole cristiane della Siria”. (GV) (Agenzia Fides 27/5/2021)

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Ucraina: cordoglio della Chiesa greco-cattolica ucraina per la morte del Patriarca armeno cattolico Krikor Bedros XX Ghabroyan (Sir 27.05.21)

Azerbaijian-Armenia, risale la tensione: catturati sei soldati armeni al confine (La Repubblica 27.05.21)

Il ministero della Difesa armeno ha annunciato che sei militari sono stati arrestati e catturati nella regione di Gegharkunik, al confine con l’Azerbaijian: “Questa mattina “i militari delle forze armate azere hanno circondato e catturato sei militari armeni che stavano eseguendo dei lavori di ingegneria (…) nella sezione di confine della regione di Gegharkunik”, ha riferito il ministero in un comunicato.

In questo momento, riporta il dicastero di Erevan, sono in corso tutti gli sforzi necessari per ottenere la liberazione dei militari. All’inizio della giornata, il ministero della Difesa azero ha detto che i sei militari sono stati arrestati dopo il loro tentativo di attraversare il confine.

Secondo le autorità di Baku, un gruppo di ricognizione-sabotaggio delle forze armate armene avrebbe tentato di entrare nel territorio del Paese, nei pressi del villaggio di Yukhari Ayrim, nella regione di confine di Kalbajar. In seguito a quanto accaduto, si legge nella nota, “sei militari nemici che cercavano di minare le rotte di rifornimento che conducevano agli avamposti dell’esercito dell’Azerbaijian al confine, sono stati circondati, neutralizzati e fatti prigionieri. In mattinata, diversi veicoli da combattimento, compresi i carri armati delle forze armate armene si sono ammassati nei pressi del confine. Attualmente, la situazione operativa in questa direzione è sotto il controllo delle unità dell’esrecito azero”.

L’arresto dei sei militari è l’ennesimo incidente al confine meridionale fra Armenia e Azerbaijian dopo la morte del sergente Georg Khurshudyan rimasto ucciso il 25 maggio a Verin Shorza, nella regione armena di Gegharkunik, in seguito a dei colpi di arma da fuoco che secondo Erevan sarebbero partiti dalgli azeri di stanza al confine. La situazione alla frontiera è tesa dal 12 maggio: da un lato l’Armenia chiede l’immediato ritiro dei militari azerbaigiani entro il loro confine; dall’altro, le autorità di Baku sostengono che la frontiera in quell’area non sia pienamente delimitata e ritengono di non aver commesso alcuna violazione.

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SCENARI/ Guerre e affari: cosa bolle nella pentola di Armenia, India e Pakistan (Sussidiario.ne 27.05.21)