Gli USA contrari alla missione umanitaria dell’Armenia in Siria (Lantidiplomatico 27.10.18)

Nonostante voglia impegnarsi solo da un punto di vista umanitario, John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha avvertito l’Armenia a non inviare truppe da combattimento in Siria per aiutare le forze governative siriane e i loro alleati.

Il primo ministro Nikol Pashinian ha annunciato l’imminente lancio di una “missione umanitaria” russo-armena in Siria dopo i suoi colloqui dell’8 settembre scorso a Mosca con il presidente russo Vladimir Putin, rifiutando di fornire dettagli.

Il Vice Ministro della Difesa armeno Gabriel Balayan ha chiarito l’11 settembre scorso che Yerevan sta pianificando di inviare medici ed esperti di sminamento principalmente con l’incarico di aiutare i civili nella città devastata dalla guerra di Aleppo, dovrebbero essere dall’esercito armeno.

Balayan ha dichiarato che lo schieramento sarà fatto “su richiesta del governo siriano”. “Non escludiamo la cooperazione con la Russia in qualche modo, ma il gruppo opererà esclusivamente sotto la bandiera della Repubblica di Armenia”, ha precisato.

Bolton, ieri, ha discusso la questione in una riunione all’inizio della giornata con Pashinian, a cui ha partecipato anche il ministro della difesa armeno Davit Tonoyan.
 
Il primo ministro ha detto che questo non sarebbe stato un aiuto militare, sarebbe stato puramente umanitario”, nel corso in una conferenza stampa. “Penso che sia importante. Al momento sarebbe un errore per chiunque altro essere coinvolto militarmente nel conflitto siriano “.

“Ci sono già … sette o otto diversi lati combattenti. Essere coinvolti con qualcuno di loro per qualsiasi altro paese sarebbe un errore”, ha avvertito.

Bolton ha riferito ai leader armeni che mentre forniscono “ampia assistenza umanitaria” ai siriani, gli Stati Uniti hanno cercato di “evitare di aiutare i terroristi da una parte e il regime dall’altra”.
Washington ritiene che “ogni importante assistenza umanitaria a lungo termine nella ricostruzione dovrebbe dipendere dal progresso verso una risoluzione politica in Siria “, ha aggiunto.

Un alto funzionario militare russo dichiarò nell’agosto 2017 che Armenia e Serbia erano pronte a unirsi in una “coalizione” multinazionale per aiutare Mosca a eliminare le mine.

L’ex governo armeno sembrava riluttante a impegnare truppe per tale missione. Parlando all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2017, il presidente Serzh Sarkisian dichiarò che lo schieramento armeno in Siria richiedeva un mandato delle Nazioni Unite.

Circa 80.000 armeni vivevano in Siria prima dello scoppio della guerra nel 2011. La maggior parte di loro ha lasciato il paese. Migliaia di armeni siriani si sono rifugiati in Armenia.

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Armenia: premier Pashinyan, il primo novembre il parlamento sarà sciolto (Agenzianova 27.10.18)

Erevan, 27 ott 16:40 – (Agenzia Nova) – Pashinyan è entrato in carica dopo le dure proteste svoltesi nel mese di aprile, capeggiate dallo stesso leader del gruppo Yelk. Le proteste hanno portato alle dimissioni del neo eletto premier Serzh Sargsyan, storico leader del Partito repubblicano (Pra) e negli ultimi anni presidente dell’Armenia. Quest’inattesa avanzata di Pashinyan sino alla guida del governo non ha modificato ovviamente l’assetto del parlamento, dove i repubblicani detengono ancora la maggioranza. Per questo motivo Pashinyan ha più volte affermato che la legislatura attuale non rappresenta il popolo e che si dovrebbero svolgere quanto prima delle elezioni anticipate che riflettano l’effettiva volontà dei cittadini armeni. (Res)

Mons. Barsamian: Chiesa armena sempre vicina al suo popolo (Asianews.it 25.10.18)

Città del Vaticano (AsiaNews) – Ieri, 24 ottobre, Il patriarca Karekine II della Chiesa apostolica armena ha incontrato papa Francesco (foto 1 e 2). Di recente, in aprile, egli era a Roma per la benedizione e lo svelamento della statua di San Gregorio di Narek nei giardini vaticani. Non vi è comunicazione ufficiale sui contenuti dell’incontro. In via ufficiosa, si può dire che essi hanno discusso di varie questioni, fra cui come dare sostegno ai cristiani in Medio Oriente.

Per sostenere e rafforzare i rapporti di amicizia tra il Vaticano e Etchmiadzin, la sede del patriarcato armeno, da alcune settimane sarà presente in modo stabile in Italia, mons. Khajag Barsamian (foto 3). L’arcivescovo, 67 anni, già primate della Chiesa apostolica armena in America, è ora rappresentante della Chiesa apostolica armena presso la Santa Sede e legato della Chiesa armena nell’Europa occidentale. In tutta l’Italia ci sono circa 7mila fedeli armeni, sparsi tra Milano, Roma, Bologna, Venezia, Firenze.

AsiaNews ha incontrato mons. Barsamian, che ha concesso la seguente intervista.

 

Eccellenza come procede il rapporto fra voi, la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse?

Dal punto di vista teologico, abbiamo dei dialoghi e in essi discutiamo su temi quali l’Eucarestia, le ordinazioni, i sacramenti. Non ci sono differenze sostanziali. Una delle differenze più evidenti è ovviamente quella sul primato del papa in quanto capo della Chiesa. Che va studiata e compresa. Papa Francesco, quando è venuto in Armenia ha dichiarato che “unità è dove uno non è più in alto dell’altro”.

In tema di discussioni teologiche, notiamo che non ci sono grandi differenze. A volte nella famiglia delle Chiese orientali ortodosse esistono delle differenze, ma esse non sono d’ostacolo alla nostra unità. Allo stesso modo, nella storia alcuni teologi cattolici consideravano la Chiesa armena come monofisita, ma quando si studiano i testi armeni del V secolo, gli inni, vediamo come fra gli armeni venivano accettate le due nature di Cristo: umana e divina.

Dal punto di vista pastorale, per esempio negli Stati Uniti, esiste un forte dialogo tra cattolici e orientali. Io ero il presidente della Chiesa armena in America, e nella pastorale avevamo buoni rapporti. In caso di matrimonio, se la coppia era cattolica e il rito avveniva in una chiesa cattolica, noi accettavamo di partecipare ai sacramenti cattolici.

Parliamo dell’Armenia: che relazione c’è fra la Chiesa e il suo popolo?

La Chiesa armena è una Chiesa del popolo, quindi una Chiesa nazionale. Non nazionalistica, ma nazionale. La fede fa parte dell’identità armena, come quando nel V secolo, il re persiano sassanide voleva forzare gli armeni a rinnegare la loro fede cristiana e abbracciare lo zoroastrismo, il generale Vardan [Mamikonan] gli rispose: “La fede è parte della nostra pelle, non possiamo cambiarla”. Ed essi combatterono, divennero martiri ma non mollarono. Sempre nel V secolo, vi è la cosiddetta Età d’oro, quando i monaci crearono l’alfabeto armeno…. La nostra cultura, l’architettura, la musica e tutto il resto sono basati su Cristo.

La fede è parte dell’identità armena, quindi in caso di mancanza di regno o di guida politica, la Chiesa è la forza di guida. Per esempio, durante il periodo della diaspora negli Stati Uniti, i cristiani armeni sono rimasti tali grazie alla Chiesa. In ogni parrocchia c’è una sala dove vi sono programmi culturali, corsi di catechismo, incontri per i giovani, dove viene insegnata la fede, ma anche l’identità.

Tutto questo ha resistito anche durante il genocidio?

Durante il genocidio, abbiamo perso molto. Prima del genocidio in tutto il mondo c’erano 6mila sacerdoti armeni. Durante il genocidio [turco], 4mila di loro sono stati massacrati. Poi in Armenia è arrivato il comunismo, che ha ucciso circa 2mila sacerdoti. Questo ha creato un vuoto: il 98% della leadership spirituale è stata distrutta. E va detto che i comunisti hanno fatto peggio dei turchi perché i turchi uccidevano solo il corpo, ma i comunisti hanno distrutto anche lo spirito.

Faccio un esempio tratto dalla mia esperienza. Io sono nato in Anatolia, nella parte centrale della Turchia. Mia nonna era incinta di tre mesi quando una notte essi vennero e presero suo marito e tutti gli uomini. Quando nacque mio padre, non c’erano chiese. Ma lui era solito dire: “Mia madre mi ha fatto da madre e da padre”. Io sono nato ad Arapkir, dove non c’era alcuna chiesa: tutte e sette erano state distrutte, ma io e mio fratello abbiamo imparato a pregare da mia nonna.  La Chiesa era in casa. Perciò quando ci siamo trasferiti a Istanbul, è stato molto naturale per noi iniziare fin da subito ad andare in chiesa. Io sono sacerdote grazie a mia nonna, perché lo spirito [del cristianesimo] era lì.

I comunisti non solo distruggevano le chiese e annientavano il clero: essi insegnavano ateismo nelle scuole contro la Chiesa, la fede, Cristo. In ogni curriculum [scolastico] la fede era messa da parte.

E quando l’Armenia ha scelto l’indipendenza dall’Urss nel 1991?

Quando abbiamo ottenuto l’indipendenza, l’Armenia era in subbuglio. Era un momento denso di sfide, e ancora una volta in prima linea, la Chiesa ha offerto grande supporto. Nella nostra diocesi abbiamo subito creato un fondo per dare sostegno agli armeni e io personalmente ho siglato un accordo con il governo americano per portare aiuto con 10 milioni di dollari. Ho parlato con il Dipartimento di Stato e ho detto che gli armeni avevano bisogno di aiuto.

Al presente il fondo per l’aiuto agli armeni ha donato 315 milioni di dollari per progetti di sviluppo, in campo medico, agricolo, educativo e in varie altre aree. La Chiesa ha offerto il suo sostegno a orfani, bambini, ecc. E questo da parte di una sola diocesi, quella in America, ma di certo anche altre hanno contribuito.

Ci sono ancora diverse sfide. La prima è che in tutti il mondo il clero armeno è composto solo da 815 membri. Questo numero non basta, pertanto in Armenia sono stati aperti nuovi seminari. Sua Santità il Katolikos sta ponendo grande enfasi su questo aspetto, e sta mandando molti giovani sacerdoti a studiare in università, soprattutto quelle cattoliche, in particolare a Roma, Parigi, in Europa e negli Stati Uniti. Alcuni di questi sacerdoti sono già tornati e ora sono diventati professori nei seminari. In tal modo si preparano le generazioni più giovani.

Un’altra sfida è sull’educazione cristiana: per questo il Katolikos ha firmato un accordo con il governo affinché nelle scuole pubbliche si insegni storia della Chiesa armena. Su indicazione dell’Unione europea, a scuola non si può insegnare religione, ma si può insegnare storia. Così le nuove generazioni possono imparare qualcosa sulla Chiesa armena. I testi religiosi vengono redatti da Etchmiadzin, come pure gli insegnanti per questi corsi.

Da parte di Etchmiadzin sono state anche create organizzazioni giovanili, programmi televisivi che parlano di catechesi, film, vari programmi per comunicare la fede alle persone.

Dal puto di vista economico qual è la situazione del Paese?

Il problema principale è che le frontiere sono ancora chiuse con la Turchia e l’Azerbaijan. Invece, quelle con la Georgia e l’Iran sono aperte. L’Armenia cerca di mantenere un buon equilibrio nei rapporti con l’occidente, l’Unione Europea e gli Stati Uniti, ma anche con Mosca, perché la situazione lo impone.

Io stesso ho cercato di creare dialogo con la Turchia perché ritengo che l’apertura delle frontiere potrebbe migliorare l’economia. Durante la presidenza di Abdullah Gül c’erano molte più possibilità; ora con Erdogan è diverso. Quando il Santo Padre Francesco si è recato in visita in Armenia nel 2016, avevo suggerito al card. Pietro Parolin che il papa potesse recarsi anche in Turchia, attraversando la frontiera fra i nostri due Paesi. Ma i turchi non hanno acconsentito.  Con le frontiere chiuse, non ci sono molte possibilità per il libero mercato. Credo comunque che alla fine in Turchia qualcosa di buono stia accadendo: c’è uno sviluppo a piccoli passi.

In Armenia, mesi fa vi è stato un cambio di governo, manifestazioni di giovani: sono tutti segnali buoni. Questo significa che il precedente governo – con tutti i problemi che aveva – è stato in grado di dare alle nuove generazioni la libertà di iniziare a pensare liberamente. Ciò è positivo, e non è automatico. Per esempio, una cosa simile non avviene in Azerbaijan.

Quali le sfide principali della Chiesa armena nell’evangelizzazione?

Una delle principali sfide, ancora una volta, riguarda le persone: i giovani ormai hanno una mentalità aperta, ma gli anziani hanno una mentalità sovietica. La Chiesa sta vivendo questo processo: durante la dominazione sovietica, il clero non aveva il permesso di evangelizzare, di andare fuori ad annunciare come ha detto Gesù. Essi aspettavano che arrivassero le persone per il battesimo, le cresime e tutto il resto. Ora invece ci sono nuovi sviluppi: il clero va fuori, dalle persone, e anche le persone sanno che i sacerdoti possono andare da loro. È qualcosa che sta avvenendo, ma occorre più tempo affinché continui ad avvenire.

È anche importante la collaborazione tra sacerdoti e laici. Per esempio, nella mia diocesi americana, religiosi e laici collaborano insieme per portare avanti la missione a livello diocesano e all’esterno, nelle assemblee, nei consigli parrocchiali. Anche i laici erano coinvolti, non sono i preti a fare tutto. Questo processo sta avvenendo anche in Armenia e Sua Santità Karekine II sta spingendo molto per questo.

Un’altra sfida è la mancanza di clero.  In ogni città, comunità o villaggio c’è bisogno di un pastore, un sacerdote che possa prendersi cura dei bisogni spirituali delle persone. Per esempio, negli Stati Uniti, l’85% del tempo dei sacerdoti viene speso per la cura pastorale: visite, assistenza, organizzazione, celebrazioni, liturgia. E anche per il restante 15%, i bisogni sono pastorali.  Questa è un’altra necessità e rispecchia la visione di Sua Santità il Katolikos. Ma c’è bisogno di tempo. Da parte loro i laici aiutano anche nell’amministrazione delle diocesi.

Infine vi sono programmi per la cura degli orfani, ospedali, incontri per consigliare come la Chiesa può aiutare le persone ad avviare un’impresa, anche piccole imprese.
Dal punto di vista dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, devo dire che nel nostro Paese ci sono villaggi curdi e musulmani che sono molto liberi. Poi vi sono villaggi russi, georgiani, siriani e persino una comunità ebraica con la Sinagoga. Non ci sono problemi di alcun tipo. Anche a Yerevan c’è un’antica moschea, che di recente è stata restaurata, credo ad opera degli iraniani.

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Armenia-Stati Uniti: consigliere Usa Bolton oggi a Erevan (Agenzianova 25.10.18)

Erevan, 25 ott 09:54 – (Agenzia Nova) – Il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, John Bolton, dovrebbe arrivare oggi ad Erevan nel quadro di una visita nella regione che lo ha già portato in Russia e in Azerbaigian, e che lo porterà nei prossimi giorni anche in Georgia. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Arka”, aggiungendo che Bolton sarà il più importante funzionario dell’amministrazione di Donald Trump ad essersi recato nei tre paesi del Caucaso meridionale. Stando alle dichiarazioni rilasciate da una portavoce del ministero degli Esteri armeno, Anna Naghdalyan, il consigliere Usa ha in programma di incontrare il primo ministro designato, Nikol Pashinyan, il ministro degli Esteri incaricato, Zohrab Mnatsakanyan, e il segretario del Consiglio di sicurezza, Armen Grigoryan. Bolton arriva in Armenia a seguito di una serie di visite da parte di funzionari americani nel paese. Il vicesegretario di Stato statunitense per gli affari europei ed eurasiatici, George Kent, ha dichiarato la scorsa settimana ad Erevan che al termine delle elezioni parlamentari anticipate, in programma per la giornata del 10 dicembre, le relazioni bilaterali tra Armenia e Stati Uniti sarebbero entrate in una nuova fase di sviluppo e rafforzamento. (Res) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Papa Francesco incontra il patriarca armeno Karekin II (Lastampa 24.10.18)

Papa Francesco ha ricevuto oggi pomeriggio, in udienza privata nel Palazzo Apostolico vaticano, Sua Santità Karekin II, patriarca supremo e catholicos di tutti gli Armeni. L’ultimo dei vari incontri tra il Papa e il patriarca era avvenuto nel mese di aprile scorso, in occasione della inaugurazione nei Giardini Vaticani di una statua di San Gregorio di Narek. Il primo appuntamento tra i due era avvenuto nel maggio 2014, poi nel giugno del 2016 il Pontefice aveva visitato l’Armenia, firmando con il patriarca una Dichiarazione congiunta.

«Ringraziamo Dio perché, tra le nostre due Chiese, non ci sono solo relazioni ad alto livello, ma anche a livello personale e individuale», ha aggiunto il patriarcato, riconfermando il comune «spirito di collaborazione» e i suoi incontri «tutti fraterni» con i Pontefici: nel 2001 con san Giovanni Paolo II, successivamente in privato con Benedetto XVI e con Papa Francesco dove – aveva anticipato Karekin – «ci rechiamo come fratelli spirituali. Per noi sono molto importanti le relazioni tra le Chiese basate sull’amore, soprattutto, considerando le sfide comuni per la pace e il benessere del mondo».


Papa Francesco, incontro con il Catholicos Armeno Karekin II (ACI Stampa).

L’incontro tra Papa Francesco e il Catholicos Karekin II arriva al culmine di un viaggio che il capo della Chiesa Apostolica Armena ha fatto in Italia, passando prima da Milano per festeggiare i 60 anni di presenza armena nella città. L’incontro con Papa Francesco va a rinsaldare il legame di amicizia tra Chiesa Cattolica e Chiesa Apostolica Armena.

Un legame reso simbolicamente visibile dalla “mattinata ecumenica” dedicata all’Armenia lo scorso 5 aprile, avvenuti prima che il Papa si recasse nel giardino tra il governatorato e la caserma della Gendarmeria a inaugurare la Statua di San Gregorio di Narek donata dalla presidenza della Repubblica di Armenia. Un segno che, come fu detto nella dichiarazione congiunta di Papa Francesco e il Catholicos Karekin II durante il viaggio di Papa Francesco in Armenia, “sono più le cose che uniscono che quelle che dividono”.

Il Catholicos Karekin è partito per Roma il 23 ottobre, e nell’ambito della sua visita, ha incontrato tutti i rappresentanti della comunità armena di Roma nella chiesa di San Vito, e ha consegnato un messaggio biblico all’arcivescovo Khazhak Parsamyan, delegato pontificio dell’Europa orientale e rappresentante pontificio in Vaticano. Erano presenti anche padre Dustivelle, responsabile dei rapporti con l’ortodossia del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e l’arcivescovo Farrell, segretario del dicastero.

Parlando con la comunità armena, il Catholicos Karekin ha sottolineato che il popolo armeno “ha dovuto affrontare secoli di prove e tentazioni, sopravvivendo al genocidio e alla diaspora”, ma che è rimasto “ovunque vigile nella fede”, nonostante le tribolazioni.

Al termine dell’incontro, la comunità armena ha letto una preghiera per la pace, per la prosperità della patria e il progresso e il benessere degli armeni. La storia di Armenia è fortemente radicata nel cristianesimo, e i libri sono parte dell’identità nazionale del popolo armeno.

Il Catholicos Karekin ha anche ricordato la sua visita a Milano, e la gioia per il sessantesimo della presenza della comunità armena nella città.

Lo scorso 21 ottobre, nell’ambito della sua visita a Milano, il Catholicos Karekin II si è incontrato con l’arcivescovo di Milano Mario Delpini nella Cappella arcivescovile. Il Catholicos era accompagnato da una delegazione della Chiesa apostolica armena e dall’archimadrita Tovma Khachatyann, che da 5 anni, oltre a guidare la realtà armena a Milano, ricopre anche la carica di Vicario generale della Chiesa armena per l’Italia. ,

Durante l’incontro, il Catholicos ha ringraziato Dio perché tra Chiesa Apostolica Armena e Chiesa Cattolica “non ci sono solo relazioni ad alto livello, ma anche a livello personale e individuale”, e ha ricordato i suoi incontri nel 2001 con San Giovanni Paolo II, in privato con Benedetto XVI e nel 2016 con Papa Francesco durante il viaggio del pontefice in Armenia.

Cruciale, per il Catholicos, è il riconoscimento del Metz Yeghern, il Grande Male in lingua armena, vale a dire la questione del “genocidio armeno”: si calcola che l’impero ottomano abbia terminato un milione di persone, anche se i turchi contestano la definizione di genocidio.

Il Catholicos Karekin II ha detto poi di andare in visita a Francesco “come fratelli spirituali. Per noi sono molto importanti le relazioni tra le Chiese basate sull’amore, soprattutto, considerando le sfide comuni per la pace e il benessere del mondo”.

L’arcivescovo Delpini ha detto di avere “compassione e solidarietà” per la partecipazione emotiva al genocidio, e sottolineato che “la Chiesa di Milano sente il senso di un benvenuto che sia anche di consolazione per le tribolazioni della storia”.

Alla fine dell’incontro, Karekin II ha donato all’arcivescovo una croce, mentre la Chiesa ambrosiana ha contraccambiato con delle riproduzioni dell’antica croce di Ariberto e di un Sacramentario risalente al secolo VIII, “che San Paolo VI fece riprodurre perché la memoria dell’antica tradizione liturgica della Chiesa latina permanesse”.

La Chiesa Apostolica armena, tra le più antiche della cristianità, è parte delle Chiese Ortodosse Orientali e conta 9 milioni di membri. Sanate da tempo le differenze dottrinali, tanto che la Chiesa Apostolica non differisce in niente con quella Cattolica tranne che nell’unione con Roma, la Chiesa apostolica armena è una Chiesa fortemente connaturata con la storia nazionale.

Pesaro: Antropologando, dalla terra di Haik all’Armenia (Tmnotizie 23.10.118)

PESARO – Venerdì 26 ottobre, la sala del Consiglio comunale di Pesaro ospiterà la decima edizione del convegno “Antropologando”, appuntamento sulle origini antropologiche e psicologiche di favole, miti, leggende nelle diverse realtà delle varie tradizioni culturali e religiose. A moderare l’evento (a partire dalle ore 16) sarà Luigi Maria Bianchini, neuropsichiatra, agopuntore, giornalista pubblicista nonché ideatore dell’iniziativa.

Seguirà alle 16.30 l’intervento di Francesco Domenico Goglia (esperto di araldica) su“Simbologia e significati dello stemma d’Armenia”; alle ore 17,  Flavio Di Luca(farmacista, viaggiatore,  master in Filosofie Orientali con tesi sulle  Erbe degli Sciamani) interverrà su “La sacralità delle immagini religiose armene”.

Alle ore 17.30 Mario Amirkhnian (farmacista, esperto di storia, in particolare dell’Armenia) parlerà sul tema “Da Noè ai giorni nostri”; Su “Dante Alighieri e il monte Ararat”verterà l’intervento di Angelo Chiaretti (docente di Letteratura Italiana e storia, dantista, fondatore  e presidente del Centro Studi Danteschi di San Gregorio in Conca). Ultimo intervento quello di Pierpaolo Loffreda (docente di Teoria e metodo dei mass media, Accademia di Belle Arti di Urbino, giornalista free-lance), alle ore 18.30, su su“1988, Gli armeni in rivolta”.

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“Antropologando”, X edizione: convegno nella sala del Consiglio comunale  (Viverepesaro.it 22.10.18)

Venerdì 26 ottobre, la sala del Consiglio comunale di Pesaro ospiterà la decima edizione del convegno “Antropologando”, appuntamento sulle origini antropologiche e psicologiche di favole, miti, leggende nelle diverse realtà delle varie tradizioni culturali e religiose.

A moderare l’evento (a partire dalle ore 16) sarà Luigi Maria Bianchini, neuropsichiatra, agopuntore, giornalista pubblicista nonché ideatore dell’iniziativa.

Seguirà alle 16.30 l’intervento di Francesco Domenico Goglia (esperto di araldica) su “Simbologia e significati dello stemma d’Armenia”; alle ore 17, Flavio Di Luca (farmacista, viaggiatore, master in Filosofie Orientali con tesi sulle Erbe degli Sciamani) interverrà su “La sacralità delle immagini religiose armene”. Alle ore 17.30 Mario Amirkhnian (farmacista, esperto di storia, in particolare dell’Armenia) parlerà sul tema “Da Noè ai giorni nostri”; Su “Dante Alighieri e il monte Ararat” verterà l’intervento di Angelo Chiaretti (docente di Letteratura Italiana e storia, dantista, fondatore e presidente del Centro Studi Danteschi di San Gregorio in Conca). Ultimo intervento quello di Pierpaolo Loffreda (docente di Teoria e metodo dei mass media, Accademia di Belle Arti di Urbino, giornalista free-lance), alle ore 18.30, su “1988, Gli armeni in rivolta”.

Armeni e cattolici, una fratellanza per la pace nel mondo (Chiesadimilano 23.10.18)

Gratitudine, fratellanza, amicizia. Queste le parole pronunciate più spesso nell’incontro svoltosi sabato 21 ottobre, nella Cappella arcivescovile, tra Sua Santità Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni, e l’Arcivescovo.

Accompagnato da una delegazione della Chiesa apostolica armena e dall’archimadrita Tovma Khachatyann – che da 5 anni, oltre a guidare la realtà armena a Milano, ricopre anche la carica di Vicario generale della Chiesa armena per l’Italia -, il Catholicos si è subito soffermato sulla presenza del suo popolo nella nostra città. «Anche in questo viaggio abbiamo visto riconfermate la gratitudine, la profonda cordialità e la fratellanza mostrata alla Chiesa e alla Comunità armena da parte della Chiesa cattolica. È una buona testimonianza», ha detto, aggiungendo poi: «Ringraziamo Dio perché, tra le nostre due Chiese, non ci sono solo relazioni ad alto livello, ma anche a livello personale e individuale».

«Vogliamo riconfermare il nostro spirito di collaborazione», ha ancora sottolineato Sua Santità, ricordando i suoi incontri con i Pontefici: nel 2001 con san Giovanni Paolo II, successivamente in privato con Benedetto XVI e in questi giorni con papa Francesco, che nel 2016 aveva compiuto un viaggio apostolico in Armenia. «Sono stati tutti gesti fraterni. Con San Giovanni Paolo II, in una dichiarazione comune, abbiamo riflettuto sul genocidio e lo abbiamo condannato». Il riferimento è alla ferita sempre aperta del genocidio armeno (finora riconosciuto come tale da 26 Nazioni, tra cui l’Italia), iniziato nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 e nel quale, ad opera dell’Impero ottomano, si calcola che siano state sterminate un milione di persone. Chiamato in armeno Medz yeghern (Il grande crimine), questo olocausto è stato definito da papa Francesco «il primo genocidio del XX secolo». «L’Italia e la Chiesa hanno riconosciuto che fu genocidio. Ci rechiamo da Francesco come fratelli spirituali. Per noi sono molto importanti le relazioni tra le Chiese basate sull’amore, soprattutto, considerando le sfide comuni per la pace e il benessere del mondo».

Espressioni a cui ha fatto eco l’Arcivescovo. «La partecipazione emotiva al vostro genocidio ci muove a compassione e solidarietà. La presenza del vostro popolo a Milano risale a molti anni fa e ha arricchito la città, anche se tanti armeni sono arrivati in Occidente in un momento tragico», come quello, appunto, dello sterminio.« La Chiesa di Milano sente il senso di un benvenuto che sia anche di consolazione per la tribolazioni della storia», ha sottolineato monsignor Delpini che, da Arcivescovo, nell’aprile scorso ha assistito a una Divina liturgia nella chiesa armena di via Jommelli, in memoria proprio dei martiri del Medz yeghern. «Un altro motivo per cui molti fedeli hanno simpatia per l’Armenia è il suo essere divenuta meta di pellegrinaggi, per la bellezza del paesaggio e la bontà degli abitanti», ha concluso Delpini.

Un incontro, «di amicizia, ricordando i 60 anni di presenza armena a Milano» conclusosi, infine, con il dono di una preziosa croce all’Arcivescovo, «augurandoci che lei continui nel suo amore paterno per i figli e i figli dei nostri figli» e con l’omaggio, da parte della Chiesa ambrosiana a Karekin II, delle riproduzioni dell’antica croce di Ariberto e di un Sacramentario risalente al secolo VIII, «che San Paolo VI fece riprodurre perché la memoria dell’antica tradizione liturgica della Chiesa latina permanesse».

Il volo del “falco”: cosa ci fanno gli americani in Caucaso? (Sputniknews 21.10.18)

Sabato è cominciato il viaggio nel Caucaso meridionale di John Bolton, consigliere USA per la sicurezza nazionale. Il “falco” della Casa Bianca non tiene alcun segreto: si sta recando nella regione per promuovere gli interessi nazionali americani.

Ma per prima cosa visiterà Mosca per discutere della situazione in Siria e Iran. Un’altra questione è, invece, la preparazione al prossimo incontro tra Vladimir Putin e Donald Trump.

Passaggio per Mosca

A Mosca John Bolton è arrivato sabato 20 ottobre, ma la visita ufficiale comincerà lunedì 22 ottobre. L’ordine del giorno definitivo non è ancora stato definito. Come anche la lista di funzionari russi che incontrerà l’ospite americano. Il consigliere del presidente russo, Yury Ushakov, ha comunicato che gli americani hanno richiesto di parlare con il segretario del Consiglio di sicurezza Nikolay Patrushev e con il ministro degli esteri Sergey Lavrov. Dal ministro degli esteri russo hanno precisato che al momento non è stato raggiunto alcun accordo definitivo.

Mosca è intenzionata a sollevare la questione della proprietà di stato russa negli USA ormai bloccata da due anni. “La questione non è mai stata eliminata dalla lista delle nostre priorità. Ad ogni incontro con i colleghi americani parliamo della questione”, ha spiegato Maria Zakharova, portavoce del ministero degli esteri russo.

A sua volta, Bolton desidera affrontare la questione della Siria e della inopportuna partecipazione dell’Iran alla risoluzione post-bellica. Alla vigilia della sua visita a Mosca è stato reso noto che gli americani stanno elaborando una nuova strategia bellica in Siria volta a scacciare i soldati iraniani dal Paese. Mosca non è d’accordo con questo approccio.

Il problema dell’Iran interessa Washington anche relativamente alle nuove sanzioni introdotte contro Teheran che entreranno in vigore a novembre. Sia Mosca sia l’UE sono contro questi provvedimenti, ma le autorità americane stanno comunque tentando di convincere la comunità internazionale della legittimità delle proprie azioni.

Un altro tema che Bolton affronterà durante le trattative con Patrushev è la preparazione del nuovo incontro dei presidenti di Russia e USA. Quando e dove avrà luogo ancora non si sa. Non si esclude che si terrà nuovamente a Helsinki.

Equilibrio fragile

Poi il “falco” americano si recherà in Azerbaigian dove lo aspettano mercoledì 24 ottobre. Oltre alle questioni di sicurezza regionale, durante le trattative con le autorità azere Bolton discuterà delle forniture di risorse energetiche agli alleati degli USA. In particolare, all’Europa la quale considera il gas azero come un’alternativa a quello russo.

Washington sostiene il progetto di costruzione del Corridoio meridionale del gas per le forniture rese possibili grazie al giacimento azero Shah Deniz 2. Ma gli americani non considerano le risorse energetiche azere come una competizione per il proprio gas liquefatto. Mentre il gasdotto russo Nord Stream 2, invece, sì.

Il sostegno dei progetti energetici azeri viene spiegato dallo studioso del Caucaso Nurlan Gasymov con il fatto che i suoi principali investitori sono società occidentali. “British Petroleum è uno dei principali azionisti del giacimento Shah Deniz. Attiva a Baku è anche la Shell”, afferma l’esperto osservando che gli americani sono molto interessati alla salvaguardia dei propri investimenti nella regione.

A Washington suscita preoccupazione il possibile peggioramento della situazione in Nagorno-Karabakh sullo sfondo degli eventi politici interni armeni. Bolton discuterà della questione a Yerevan.

“Dopo il cambio di potere in Armenia il processo di risoluzione del conflitto nel Nagorno Karabakh si è trovato in una posizione di stallo. Prima si tenevano delle trattative e le parti cercavano di attenersi ai patti. L’arrivo di Nikol Pashinyan al potere è stato interpretato dai pacieri esterni (inclusi USA e Russia) come l’ennesimo ostacolo al buon funzionamento del processo negoziale sul Karabakh. Ora, mentre i politici armeni sono occupati dalla campagna elettorale, i sentimenti più estremisti stanno prendendo piede. Gli americani non escludono che questo possa portare a un peggioramento del conflitto. Ma una guerra in Caucaso non serve a nessuno. I primi a risentirne sarebbero proprio i gasdotti”, sostiene Gasymov.

Per salvaguardare questo fragile equilibrio, Washington cerca il sostegno di Mosca la quale nella regione è da sempre considerata arbitro e paciere. “La Russia è co-presidente del Gruppo di Minsk dell’OSCE per la risoluzione del conflitto in Nagorno Karabakh. Baku e Yerevan riconoscono che Mosca svolge un ruolo importante nel mantenimento della stabilità nella regione. In Occidente ne sono consapevoli. Per questo Bolton prima si è recato a Mosca”, conclude Gasymov.

Il ruolo geopolitico del Caucaso meridionale

Durante le trattative con le autorità di Azerbaigian, Armenia e Georgia il consigliere americano solleverà lo stesso tema affrontato in Russia, cioè la situazione in Medio Oriente. Desidera valutare l’importanza del “ruolo geopolitico” del Caucaso per Iran, Russia e Turchia.

Nonostante i rapporti stabili dei Paesi del Caucaso meridionale con Teheran, gli esperti interpellati da Sputnik non escludono che Bolton tenterà comunque di invitarli a seguire le sanzioni contro l’Iran. “Sia l’Azerbaigian sia l’Armenia stanno intensificando la loro collaborazione con Teheran soprattutto in ambito economico. Baku sta persino investendo nelle infrastrutture iraniane. In particolare, Baku partecipa al Corridoio di transito internazionale Nord-Sud. Ma Washington sta tentando di isolare il più possibile l’Iran da progetti economici con i Paesi del Caucaso e, attraverso di loro, con la Russia”, sostiene Andrey Devyatkov, ricercatore senior dell’Istituto di economia presso l’Accademia russa delle scienze.

Il politologo Rafael Sattarov, che vive negli USA, è convinto che Bolton a Mosca solleverà anche un altro problema, ovvero la crisi dei rapporti russo-americani.

“Gli USA non escludono la possibilità di creare una “fascia di sicurezza” con i Paesi dello spazio post-sovietico contro la Russia, come accadde negli anni ’90 quando crearono il GUAM. Ma oggi la situazione energetica, economica e politica nella regione è diversa e i Paesi della CSI non possono permettersi di scegliere tra Washington e Mosca. Sono interessati a collaborare con entrambi”, sostiene Sattarov.

In Georgia, che sarà l’ultimo Paese visitato da Bolton nel Caucaso meridionale, l’ordine del giorno sarà il medesimo: sicurezza, energia ed economia. A Tbilisi il consigliere di Trump prevede di discutere e preparare la sottoscrizione dell’accordo sul libero commercio tra Georgia e USA. Bolton riserverà attenzione anche alla campagna presidenziale avviata nel Paese.

“La Georgia è un partner strategico chiave della NATO e degli USA nella regione e Bolton non può non esprimere il suo supporto a Tbilisi in questioni come i conflitti territoriali e l’integrazione nella NATO. Non è escluso che si parlerà anche del laboratorio Lugar nel Paese”, ritiene Devyatkov.

Tuttavia, Devyatkov non crede che le trattative saranno fruttuose

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Libano-Armenia: premier designato armeno Pashinyan incontra omologo Hariri, focus su cooperazione economica (Agenzianova 21.10.18)

Libano-Armenia: premier designato armeno Pashinyan incontra omologo Hariri, focus su cooperazione economica

Beirut, 21 ott 10:36 – (Agenzia Nova) – Il primo ministro designato dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha incontrato ieri sera l’omologo libanese Saad Harriri, nell’ambito della sua visita in Libano. Nel corso del colloquio, riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”, le due parti elogiato il dialogo politico ad alto livello tra i due paesi, sottolineando la necessità di compiere ulteriori sforzi per migliorare la componente economica della cooperazione bilaterale in particolare nei settori dell’agricoltura, dei trasporti e del turismo. Pashinyan ha inoltre informato Hariri del processo di transizione politica in atto nel paese, accogliendo con favore l’interesse mostrato dalle aziende libanesi nel realizzare investimenti in Armenia. Il premier libanese ha ribadito da parte sua il proprio apprezzamento per il ruolo svolto dalla comunità libanese-armena nello sviluppo del suo paese, nonché la promozione dei legami armeno-libanesi. In precedenza, Pashinyan era stato ricevuto dal presidente libanese Michel Aoun e aveva incontrato il presidente del parlamento Nabih Berri. Nel corso dela visitaa poi incontrare i rappresentanti della comunità libanese-armena e Aram I, vescovo cristiano-orientale libanese, Catholicos di Cilicia della Chiesa apostolica armena, oltre a fare visita ai centri spirituali e culturali armeni e a delle istituzioni educative di Beirut. (Res) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

Armenia: riunione della direzione dei repubblicani per discutere di elezioni anticipate (Agenzianova 19.10.18)

Erevan, 19 ott 08:48 – (Agenzia Nova) – Il Partito repubblicano dell’Armenia (Pra) ha convocato oggi una sessione della sua direzione presso la sede del partito. Lo ha detto il vicepresidente del Pra, Armen Ashotyan, in un post su Facebook. La sessione è stata presieduta dal presidente del Pra ed ex capo dello Stato dell’Armenia Serzh Sargsyan. “Si è discusso della situazione politica interna, del disegno di legge sul codice elettorale che è stato presentato al parlamento dal governo, e sono state toccate le questioni relative alle elezioni parlamentari anticipate, ha detto Ashotyan. Dopo le dimissioni annunciate dal premier armeno, Nikol Pashinyan, nei giorni scorsi – volte proprio a favorire elezioni anticipate entro la fine dell’anno – il Pra resta l’unico partito che si oppone a questo processo: in più di un’occasione, infatti, gli esponenti repubblicani hanno espresso la loro preferenza per un voto a maggio del 2019. (Res)