Armin Wegner. Occhi sul popolo armeno (Laregione.ch 01.09.18)

Un approfondimento della Scuola media di Breganzona dedicato all’uomo che documentò il genocidio con le sue immagini

Lo scorso anno scolastico la Scuola media di Breganzona ha promosso degli atelier nei quali gli allievi erano chiamati ad approfondire temi legati ai genocidi e alle molte forme di discriminazione. Pubblichiamo il lavoro che alcune alunne hanno dedicato a un Giusto, come quelli ricordati nel «Giardino» presente al Parco Ciani di Lugano. È apparso questa settimana su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana

Lo scorso aprile è stato inaugurato al Parco Ciani di Lugano il primo Giardino dei Giusti della Svizzera. Questi giardini intendono mantenere viva la memoria di coloro che hanno avuto il coraggio di difendere i perseguitati, rifiutandosi di piegarsi alle logiche dei totalitarismi e delle discriminazioni.

Armin Wegner (1886–1978) è stato riconosciuto dagli armeni come Giusto per essere stato tra i primi a denunciare il dramma di questo popolo: il genocidio perpetrato nell’Impero Ottomano durante la Prima guerra mondiale. Armin ha ricevuto lo stesso riconoscimento anche dalla comunità ebraica per una lettera che aveva spedito ad Adolf Hitler denunciando le politiche antisemite.

Giusti e ingiustizie

A scuola abbiamo avuto l’occasione di conoscere il figlio di Wegner, Mischa, e ci siamo anzitutto domandati se il padre gli avesse mai raccontato le sue esperienze: «Non mi ha mai parlato dei momenti tragici della sua vita. Chi ha subito grandi ingiustizie non ne parla», spiega Mischa Wegner. «Perché tanti Giusti stanno emergendo dal passato solo oggi?», ci domanda indirettamente. «Perché è il mondo che li va a cercare, loro non si espongono, non cercano meriti e fama per quanto hanno fatto. Ho potuto scoprire la storia di mio padre documentandomi dopo la sua morte, in occasione di un’esposizione delle sue fotografie, nel 1995. Tenendo il discorso di apertura mi hanno sorpreso le lacrime; con il tempo ho dovuto imparare ad affrontare queste emozioni, per non piangere più», ci confida Wegner. Raccontando, Mischa ripercorre la vita di suo padre: «È riuscito a raggiungere una certa notorietà come scrittore e poeta ancor prima di arruolarsi come infermiere nell’esercito tedesco durante la Prima guerra mondiale. Inviato in Anatolia è stato testimone oculare della tragedia subita dal popolo armeno». Di fronte alle esecuzioni sommarie, alle marce forzate nel deserto, ai campi in cui vennero costretti i sopravvissuti, Armin Wegner non ha distolto lo sguardo, «a differenza degli altri tedeschi non è rimasto indifferente e nonostante i divieti ha scattato quelle fotografie che costituiscono il nucleo della testimonianza storica del genocidio armeno, ancora oggi non ufficialmente riconosciuto o addirittura negato in alcuni paesi», spiega il figlio Mischa.

Una caratteristica particolare distingue gli scatti di suo padre: «Non sono le foto di un fotografo ma di un poeta, ossia di un uomo capace di cogliere con particolare profondità l’istante vissuto». Il figlio di Armin ci mostra la foto divenuta simbolo del genocidio: «Sembra un’immagine in movimento e al suo interno racchiude tutto il dramma subito dal popolo armeno». «Al termine del conflitto mio padre ha continuato a battersi per far conoscere al mondo la tragedia armena: ha organizzato conferenze e scritto una lettera al presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson facendo presente che il popolo armeno aveva sofferto enormemente e avrebbe avuto diritto a una nazione indipendente».

Mischa spiega come Armin dovette scontrarsi con un generale clima di indifferenza. Ben presto si smise di parlare del genocidio armeno: «Quando nel 1965 mio padre riprese a scrivere di questa tragedia, pochissimi giornali accettarono di pubblicare il suo articolo. Tra le poche testate giornalistiche che ebbero il coraggio di rompere il silenzio vi fu la Weltwoche in Svizzera».

Nuovi drammi

Nel frattempo la storia aveva seguito il suo corso, ripetendosi. «Mio padre, trovandosi in Germania negli anni dell’ascesa del nazismo, si accorse che ciò che era successo agli armeni stava accadendo di nuovo.

Di fronte alle politiche antisemite del regime decise di scrivere una lettera ad Hitler per denunciare questi atti disumani e prevenire la catastrofe che in seguito venne chiamata Shoah». Un atto coraggioso, una delle prime proteste aperte di un intellettuale tedesco contro il Führer, pensiamo noi. «Non era un eroe», precisa Mischa, «lui vedeva il pericolo imminente, perché lo aveva già conosciuto altrove, vedeva il ripetersi della tragedia, che questa volta invece di abbattersi sugli armeni avrebbe colpito gli ebrei, portando alla rovina anche la Germania». Mischa precisa che per comprendere a fondo il genocidio ebraico si deve conoscere quello armeno: «Il meccanismo è il medesimo; le dinamiche iniziali, il modo di procedere, le giustificazioni addotte sono gli stessi».

La storia che non c’è

«Per il resto della sua vita mio padre tentò di scrivere un’opera interamente dedicata agli armeni. Ed è questo che si è sempre rimproverato: di non essere riuscito a dare agli armeni la storia del loro popolo», ci racconta il figlio di Wegner. «Ma sono le fotografie a costituire il contributo maggiore dato da Armin alla memoria storica; esse lo hanno reso un Giusto», conclude
Mischa, constatando che oggi è difficile trovare persone in grado di anteporre la modestia e l’umiltà al desiderio di fama e di denaro: «È questa la grande differenza dei Giusti. I Giusti non hanno fatto nulla per rendere sé stessi importanti, il destino li ha posti nella condizione di aiutare i perseguitati, testimoniare e trasmettere ai posteri».

E lì termina il loro compito poiché, secondo Mischa, spetta a noi, alle nuove generazioni, impedire che queste tragedie si ripetano: «Coloro che vi portano a conoscere queste tragedie vi stanno aiutando ad aprire gli occhi, perché voi impariate fin da ora a capire gli eventi e il mondo che vi circonda, interessandovi e partecipando in modo responsabile e autonomo alle decisioni politiche».

 

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Armin Wegner nasce in Germania nel 1886. Allo scoppio della Prima guerra mondiale si arruola come infermiere e nel 1915,
a seguito dell’alleanza tra Germania e Impero Ottomano, viene inviato in Anatolia. Qui è testimone dello sterminio del popolo armeno. Scatta numerose fotografie e raccoglie testimonianze che riesce ad inviare all’estero. Scoperta la sua attività viene richiamato in Germania. Al termine del conflitto scrive una lettera al presidente degli Stati Uniti, nella quale chiede la creazione di uno Stato indipendente per gli armeni. Dopo aver sposato la scrittrice ebrea Lola Landau, nell’aprile del 1933 Wegner scrive una lettera a Hitler nella quale denuncia la politica di persecuzione anti-ebraica e i comportamenti inumani dei nazisti. Ciò costa a Wegner l’arresto: la Gestapo lo interroga e lo tortura; viene trasferito in tre campi di detenzione. Quando viene rilasciato si rifugia in Italia, allora sotto il regime fascista: riesce a sottrarsi alle persecuzioni del regime vivendo nell’ombra. In quegli anni nasce il figlio Mischa. Negli anni Sessanta il suo ruolo di testimone del genocidio armeno e difensore dei diritti dei popoli oppressi, degli armeni e degli ebrei, viene riconosciuto a livello internazionale.

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“Frammenti di Bellezza” racconta l’Armenia: l’incontro con la scrittrice Antonia Arslan (IlGiunco 31.08.18)

MARINA DI GROSSETO – Sarà la scrittrice e saggista Antonia Arslan a concludere l’edizione 2018 di “Frammenti di Bellezza”, la rassegna con cui la diocesi di Grosseto, attraverso l’ufficio per la pastorale culturale, offre momenti di riflessione, approfondimento e spiritualità durante il periodo estivo.

Antonia Arslan venerdì 31 agosto terrà un incontro pubblico all’hotel Terme Marine Leopoldo II, a Marina di Grosseto, dal titolo: “Armenia, la terra delle pietre urlanti”.

Già presente all’edizione 2017 della “Settimana della Bellezza” dedicata al tema della speranza, Arslan torna volentieri in Maremma per continuare ad offrire uno spaccato dell’Armenia, terra delle sue origini familiari. Laureata in archeologia, è stata professore di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. È autrice di saggi sulla narrativa popolare e d’appendice e sulla galassia delle scrittrici italiane.

Attraverso l’opera del grande poeta armeno Daniel Varujan, del quale ha tradotto le raccolte “II canto del pane” e “Mari di grano”, ha dato voce alla sua identità armena. Ha curato un libretto divulgativo sul genocidio armeno e una raccolta di testimonianze di sopravvissuti rifugiatisi in Italia. Il suo primo romanzo “La masseria delle allodole” è del 2004: in esso racconta il dramma del genocidio del popolo armeno ispirato ai ricordi familiari.

L’opera si è aggiudicata il premio Stresa di narrativa e il premio Campiello, mentre nel 2007 i fratelli Taviani ne hanno fatto la trasposizione cinematografica. A questo primo romanzo sono seguiti “La strada di Smirne” (2009) e “Ishtar 2. Cronache dal mio risveglio”, scritto dopo una drammatica esperienza di malattia. Nel 2010 esce “Il cortile dei girasoli parlanti”; due anni più tardi “Il libro di Mush”, sulla strage degli armeni di quella valle.

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A 30 anni dal terremoto in Armenia (resegoneonline.it 31.08.18)

Correva il mese di dicembre del 1988, quando un terribile terremoto scosse la provincia armena di Lori, nella allora Unione Sovietica. Un disastro dalle proporzioni apocalittiche con un numero di morti che come ordine di grandezza raggiunse le dimensioni dell’intera popolazione residente a Lecco, un evento luttuoso che non mancò di muovere la macchina solidale lecchese coordinata dall’allora sezione locale dell’associazione Italia – URSS.

Alla costituzione presso il Comune di Lecco di un comitato per gli aiuti all’Armenia che coinvolse le organizzazioni sindacali e imprenditoriali lecchesi seguì una raccolta fondi che procurò alla causa ben 300 milioni di lire. Il frutto del contributo lecchese alla ricostruzione post terremoto fu la realizzazione di una scuola nell’allora comprensorio di Kirovakan, oggi Vanadzor, città capoluogo della provincia di Lori, un edificio di circa 300 mq in grado di ospitare fino a 80 studenti.

Del mese di giugno è la visita di una piccola delegazione lecchese guidata da Marina Ghislanzoni dell’Ufficio Scolastico per la Lombardia, calorosamente accolta nella struttura scolastica, del tutto simile ai nostri istituti comprensivi, mentre in questi giorni un gruppo di famiglie di Comunione e Liberazione guidato da Maria Grazie Colombo sta visitando quei luoghi ed è in programma un “viaggio di amicizia e conoscenza” promosso dalla CGIL di Lecco, che prevede un tour della Georgia e dell’Armenia, sempre in occasione dei 30 anni dall’evento catastrofico.

“Ricordare episodi come questo, ma anche interventi importanti di concreta solidarietà attivati a partire da situazioni tragiche come quella del terremoto del 1988, significa sia rendere omaggio al ricordo di chi ha perso la vita, sia sottolineare l’importanza della sensibilità e della solidarietà che diventano azione, contribuiscono alla rinascita e creano legami . La scuola di Vanadzor, ne è un esempio”, commenta il sindaco Brivio.

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Qamishli, le autorità curde chiudono quattro scuole cristiane (Asianews 30.08.18)

Le critiche delle associazioni cristiane e del governo armeno. Ieri, fedeli e sacerdoti sono scesi in strada per protestare. I siriaci accusano i curdi di violare i diritti umani nel silenzio della comunità internazionale.

Qamishli (AsiaNews) – Le forze curde hanno chiuso quattro scuole siriaco-ortodosse e armeno-ortodosse nelle città di Qamishli, Darbasiya e Derik (nord-est della Siria). Lo afferma il Consiglio Mondiale degli Aramei (Wca), accusando le milizie curde Ypg di aver agito in maniera illegale.

La decisione, messa in atto due giorni fa e annunciata il mese scorso, ha suscitato le critiche delle organizzazioni armene e aramee (siriache), e del governo armeno. Ieri, a Qamishli i sacerdoti hanno guidato i fedeli aramei in una protesta, scendendo in strada e fermandosi di fronte alla scuola chiusa e occupata dai soldati della milizia Ypg e dell’organizzazione filo-curda Sutoro Mfs (Consiglio militare siriaco). Secondo fonti locali, i soldati avrebbero sparato in aria per cacciare i manifestanti.

Dura la condanna del Wca. Sarah Bakir, direttrice del gruppo per gli affari alle Nazioni Unite, afferma che il governo del Ypg “autoproclamato e non riconosciuto” non ha l’autorità per attuare una simile decisione. Bakir accusa i gruppi curdi di macchiarsi di abusi sui diritti umani, protetti dal silenzio della comunità internazionale.

Melki Toprak, presidente della Federazione degli Aramei in Svizzera, sostiene che le autorità curde conducono una campagna discriminatoria contro le minoranze cristiane. “Un’altra immagine vergognosa – afferma Toprak – ritrae dei giovani che calpestano il cartello d’entrata della scuola aramea: è un segno di ripudio della nostra cultura e volontà di pulizia etnica”.

La città di Qamishli (in aramaico “Zalin”) è stata fondata dagli aramei nel 1926. Al tempo, i siriaci erano circa 40mila, cifra ora dimezzata. Le città di Darbasiya e Derik (“monastero” in aramaico), insieme a migliaia di altri villaggi, sono state stabilite nello stesso periodo da aramei e armeni provenienti dalla Turchia.

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Isralele: società Aeronautics accusata di aver agito contro militari armeni su richiesta Baku (Agenzianova 30.08.18)

Isralele: società Aeronautics accusata di aver agito contro militari armeni su richiesta Baku
Gerusalemme , 30 ago 11:26 – (Agenzia Nova) – Alcuni dipendenti della società israeliana di droni Aeronautics Defense Systems sono accusati di aver colpito dei militari armeni durante una dimostrazione, su richiesta di clienti azeri. Lo ha riferito ieri, 29 agosto, il ministero israeliano della Giustizia e dei media. Il ministero della Giustizia israeliano ha notificato l’accusa alla società israeliana Aeronautics Defense Systems, con sede nella città di Yavne, e dieci impiegati. Il caso, risalente al 2017, riguarda un presunto ruolo dei dipendenti di Aeronautics che lavoravano a un accordo con l’Azerbaijan, quando i clienti azeri hanno chiesto una dimostrazione delle capacità dei droni Orbiter 1K, in grado di trasportare esplosivi. In quell’occasione due militari armeni sono rimasti feriti. (Res)

Dopo le trattative con Putin la Merkel ha cercato aiuto in Caucaso (Sputnik 30.08.18)

Una settimana dopo le trattative con Putin a Berlino Angela Merkel si è rivolta ai Paesi del Caucaso meridionale. Il viaggio è stato definito storico prima ancora che la cancelliera tedesca arrivasse nella regione.

La Merkel ha visitato la Georgia 10 anni fa, mentre in Armenia e in Azerbaigian non era mai stata. Ai presidenti dei tre Paesi sono state poste numerose domande, ma solo una ha messo in difficoltà la Merkel: può l’Europa fare affidamento sul gas caspico come alternativa a quello russo? Sputnik vi rivelerà se la Merkel ha ricevuto una risposta a questa domanda.

Delle rose e un binocolo georgiani per la Merkel

Il presidente Putin regala dei fiori al cancelliere tedesco Angela Merkel

Il tema principale per i media occidentali quando la Merkel ha toccato il suolo georgiano è stato il bouquet di rose. A consegnarglielo è stato il primo ministro Mamuka Bakhtadze. La settimana prima a regalare dei fiori alla cancelliera tedesca era stato Vladimir Putin. In Occidente Putin è stato più volte criticato perché accoglie le politiche donne donando dei fiori. Ma apparentemente questa tradizione vige anche in Caucaso.La Russia comunque è stata citata più volte durante le trattative tra Germania e Georgia ma non riguardo ai fiori. Le autorità georgiane hanno chiesto alla Merkel quando Mosca ritirerà le sue truppe dall’Ossezia del Sud e dall’Abcasia. In risposta la Merkel ha definito “iniqua” la situazione creatasi intorno a quel territorio che Tbilisi ha sempre considerato proprio. E per comprendere la situazione si è recata sul posto con osservatori della missione di monitoraggio dell’UE. Nel villaggio di Odzisi, al confine con l’Ossezia del Sud, la cancelliera ha guardato con il binocolo la base militare russa. E ha constatato: “Il processo di risoluzione del conflitto sarà lungo”.

“Dopo gli scontri dell’agosto del 2008 la Merkel si è recata in visita a Tbilisi e ha richiesto il ritiro delle truppe russe dalle “secolari terre georgiane”. Tale definizione come minimo presupponeva la presenza di un particolare status dell’Ossezia del Sud e dell’Abcasia”, afferma Sergey Markedonov, studioso della regione del Caucaso e docente di Studi geopolitici presso l’Università Statale Russa per le discipline umanistiche. Anche in quest’occasione la cancelliera tedesca ha rinnovato la sua richiesta, ha precisato l’esperto. Ma ha dimenticato che allora aveva parlato di ritiro in particolare dal “nucleo della nazione georgiana”, ma questa richiesta è stata da tempo soddisfatta.

La Merkel ha risposto in modo elusivo alla domanda relativa a un futuro ingresso della Georgia nella NATO e nell’UE. “Queste cose richiedono molto tempo. Al momento si stanno preparando ad entrare nell’UE i Paesi dei Balcani occidentali. Fra non molto la Gran Bretagna abbandonerà l’UE. Tenuto conto di questi fattori, è difficile prendere delle decisioni sull’ingresso della Georgia”, ha spiegato la Merkel.

Molto più importante per lei è stata la discussione relativa alla realizzazione del progetto del Corridoio meridionale del gas. Questo gasdotto, che dovrebbe garantire forniture di gas proveniente dal giacimento azero Shah Deniz 2, è per l’Europa l’alternativa al gasdotto russo North Stream 2. La posa del gasdotto è cominciata nel 2015 e tre mesi fa hanno messo a regime il primo dei tre tratti: il gas viene trasportato in Turchia attraverso la Georgia e poi arriva in Grecia. I partecipanti al progetto hanno deciso di costruire un luogo per la conservazione del gas in Georgia. In estate sarà possibile riempirlo per evitare interruzioni delle forniture durante l’inverno. La Germania si è detta pronta a finanziarne la costruzione. La Merkel ha sottoscritto a Tbilisi un accordo per il finanziamento del progetto del valore di 150 milioni di euro.Andrey Devyatkov, ricercatore senior dell’Istituto di Economia presso l’Accademia nazionale russa delle scienze ritiene che sulle trattative abbia influito il recente ripristino dei contatti commerciali tra Russia e Germania. “La Merkel doveva dimostrare alla NATO, all’UE e al Partenariato orientale che il dialogo con Mosca non viene portato avanti a loro discapito. Da qui derivano il sostegno alla questione dell’unità territoriale georgiana e la discussione sul Corridoio meridionale del gas che molti in Occidente interpretano come un mezzo per combattere il diktat russo sul gas”, ha osservato.

Senza inutili giri di parole in Armenia

Anche in Armenia ad aspettare la Merkel vi era un bouquet di fiori. Ad accoglierla il primo ministro Nikol Pashinyan. Già dai suoi primi minuti in Armenia su Internet hanno cominciato a confrontare a chi la Merkel sorridesse più benevolmente: a Pashinyan o al premier georgiano. In Armenia si è deciso che a Yerevan la cancelliera sorridesse in modo più sincero.Dopo aver espletato tutte le formalità di protocollo, la Merkel ha proposto a Pashinyan di aiutarlo nell’attuazione dell’Accordo di partenariato globale e rafforzato con l’UE che le autorità armene hanno sottoscritto a novembre a condizioni semplificate. Pashinyan non ha avuto niente in contrario. Tuttavia, ha fatto subito capire che “non avrebbe fatto grandi inversioni di marcia nella politica estera” e che avrebbe continuato a intrattenere rapporti sia con la Russia sia con l’Europa.

Secondo Mikael Zolyan, rappresentante del Centro di Studi regionale di Yerevan, le trattative hanno dimostrato che l’Armenia non è intenzionata a cambiare il proprio approccio di politica estera sull’esempio della Georgia, anche se Berlino è un partner economico importante per Yerevan. “È il terzo partner per fatturato dopo la Russia e la Cina”, ha specificato l’esperto.

Zolyan ha sottolineato il fatto che la Merkel abbia accordato gli aiuti per la risoluzione della Guerra del Nagorno-Karabakh, ma afferma: “Nessun passo concreto è stato fatto proprio come la Germania desiderava”. “La Merkel ha provato a non promettere niente non solo sulla questione del Nagorno-Karabakh. Anche quando si è parlato della liberalizzazione del regime dei visti tra Armenia e UE la Merkel è stata eccessivamente prudente”, ha aggiunto Zolyan.

La Merkel e Pashinyan, terminati i discorsi ufficiali, hanno passeggiato per il centro di Yerevan e si sono fatti fotografare con alcuni passanti. Ad un certo punto il premier armeno ha preso il cellulare di una persona tra la folla e si è fatto un selfie. “La fotografia diventata virale sui social media è la conferma migliore del fatto che in UE sono pronti a dialogare con le nuove autorità armene”, ha concluso Zolyan.

Il pragmatismo alla maniera azera

La visita della Merkel in Azerbaigian è stata oscurata da uno scandalo. Le autorità azere hanno vietato l’ingresso nel Paese al deputato del Bundestag Albert Weiler facente parte della delegazione tedesca. La ragione? Il parlamentare tedesco aveva visitato il Nagorno-Karabakh senza il permesso di Baku.

Dopo questo fatto alcuni politici tedeschi hanno invitato la Merkel a disdire la visita. Ma il prezzo del viaggio era molto più alto di questo scandalo. “L’Azerbaigian è importante per la diversificazione delle forniture di gas in Europa”, ha ripetuto più volte la Merkel.Un’atmosfera negativa intorno a questa visita è stata creata anche dal fatto che alla vigilia della visita i media azeri hanno comunicato il possibile ingresso di Baku nell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, CSTO (una sorta di “NATO russa” secondo gli occidentali). Questo ha sorpreso gli europei poiché della CSTO fa parte il principale nemico dell’Azerbaigian, cioè l’Armenia. Inoltre, l’anno scorso Baku ha adottato un progetto di partenariato con la NATO.

Nurlan Gasymov, studioso del Caucaso, non vede in questo sviluppo una contraddizione. Gasymov interpreta le dichiarazioni relative all’ingresso nella CSTO come un tentativo di bilanciamento della politica estera di Baku. E ha forti dubbi sul fatto che questo accadrà davvero. “Nel caso più estremo l’Azerbaigian entrerà nella CSTO come Paese osservatore. Ma questo non porterà Baku ad abbandonare la politica di non allineamento ai vari blocchi politico-militari e non impedirà a Baku di prendere parte ai programmi della NATO”.

All’incontro con Ilham Aliyev la cancelliera tedesca ha parlato subito del gas. La Merkel ha riconosciuto che il combustibile russo è più conveniente, ma per diversificare l’Europa è pronta a pagare. Il presidente azero, a sua volta, ha invitato Berlino a investire più attivamente nel settore del petrolio e del gas.

Inoltre, la Merkel e Aliyev hanno discusso delle prospettive relative alle forniture di gas turkmeno lungo il Corridoio meridionale del gas. Fino a poco tempo fa importare dal Turkmenistan era difficile a causa dell’indeterminatezza dello status del Mar Caspio. Ma dopo la recente sottoscrizione della convenzione su tale materia Ashgabat può unirsi al gasdotto.Secondo Devyatkov, in grado di congelare le forniture di gas turkmeno potrebbero essere eventuali trattative su grandi volumi di gas tra Baku e Ashgabat e ingenti spese nella costruzione e nella sistemazione dei giacimenti del tratto turkmeno.

“Il progetto del Corridoio meridionale del gas è stato avviato nel 2013 quando il prezzo del gas era alto. Oggi il prezzo si è quasi dimezzato. Per questo, le spese infrastrutturali potrebbero non rientrare. Non a caso Aliyev ha dichiarato che ora è il Turkmenistan ad avere il coltello dalla parte del manico”, ha osservato l’esperto.

L’Europa considera il Corridoio meridionale del gas come un modo per ridurre la dipendenza dal gas russo, ma Mosca non teme la concorrenza. Il consumo annuale di gas dell’UE raggiunge i 500 miliardi di m3. La potenza iniziale del gasdotto non supererà i 16 miliardi di m3.

Dopo la messa a regime completa il gasdotto potrà rifornire l’Europa di 31 miliardi di m3 di gas all’anno. La potenza del North Stream 2 è di quasi due volte superiore: 55 miliardi di m3. Dunque, alla sua domanda la Merkel ha trovato risposta, ma molto probabilmente non ne è soddisfatta.

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Armenia-Cina: Pechino dona 200 ambulanze a Erevan (Agenzianova 30.08.18)

Armenia-Cina: Pechino dona 200 ambulanze a Erevan
Erevan, 30 ago 10:07 – (Agenzia Nova) – La Cina donerà 200 ambulanze, insieme ai necessari pezzi di ricambio e attrezzature, all’Armenia. Il disegno di legge è stato approvato oggi durante una riunione del Consiglio dei ministri. Le ambulanze saranno fornite in dotazione alle istituzioni mediche di Erevan e delle province. Il ministro della Sanità Arsen Torosyan ha affermato che questa donazione risolve completamente l’intera domanda di veicoli sanitari in Armenia. Il primo ministro Nikol Pashinyan ha ringraziato la Cina per “l’assistenza importante e necessaria”. “Questa assistenza sottolinea ancora una volta l’alto livello delle relazioni armeno-cinesi. Sono sicuro che queste relazioni avranno uno sviluppo significativo e raggiungeranno presto un nuovo livello”, ha detto Pashinyan. (Res)

Accadde Oggi: Armenia, terrore vendicativo (L’indro 27.08.18)

Atilla Altikat era un addetto militare presso l’ambasciata turca in Canada, ex ufficiale dell’aviazione turca. Il 27 agosto del 1982 era in auto, a Ottawa. Erano le 9 del mattino e si stava recando al lavoro. Si fermò al semaforo rosso, quando un auto si affiancò alla sua. Rapidamente, un uomo uscì dalla macchina e, puntando un’arma da fuoco verso il diplomatico, aprì il fuoco, uccidendo Altikat. L’assassino rientrò nel veicolo e ripartì immediatamente.

La notizia arrivò subito al Primo Ministro canadese Pierre Trudeau (padre dell’attuale premier del Canada Justin), che condannò fermamente l’accaduto. Ma chi fu responsabile dell’omicidio contro Altikat?

La rivendicazione arrivò dal Commando di Giustizia del Genocidio Armeno (CGGA). La sigla non era sconosciuta, all’epoca: non era il primo attentato rivendicato da loro. Erano un gruppo terroristico armeno che lottava per la creazione di uno Stato armeno nei suoi territori storici e per il riconoscimento del genocidio armeno da parte della Turchia. Ritenuta la fazione armata del movimento nazionalista di sinistra Federazione Rivoluzionaria Armena, che ai tempi operava per l’ottenimento dell’indipendenza dell’Armenia dall’Unione Sovietica, il CGGA venne fondato nel 1975 e inaugurò la propria attività terroristica con l’uccisione dell’ambasciatore turco in Austria Danis Tunaligil, seguito, due giorni dopo, dall’attentato al suo omologo in Francia Ismail Erez, rimasto ucciso assieme al suo autista. L’attività di questo gruppo terroristico si svolgeva in tutto il mondo, dall’Europa al Nord America e gli obiettivi erano principalmente diplomatici o militari turchi.

Ribattezzata Esercito Rivoluzionario Armeno, la sua attività cessò nel 1985, anno del loro ultimo attentato: a Ottawa, tre membri dell’organizzazione assalirono l’ambasciata turca, la stessa in cui prestava servizio Atilla Altikat, uccidendo una guardia canadese e prendendo 12 ostaggi, non riuscendo tuttavia nell’obiettivo di uccidere l’ambasciatore. Gli attentatori vennero condannati all’ergastolo.

Ancora oggi, tuttavia, la Federazione Rivoluzionaria Armena celebra alcuni fra gli attentati compiuti dall’organizzazione terroristica.

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Rifugiati, si all’espulsione in Armenia dei piccoli Howick e Lili. Il governo rifiuta l’asilo (31maggio.nl 26.08.18)

Rifugiati, si all’espulsione in Armenia dei piccoli Howick e Lili. Il governo rifiuta l’asilo

Howick -13- e Lili -12-, due bambini armeni che hanno vissuto nei Paesi Bassi per 10 anni possono essere espulsi nel loro paese di origine, benchè non abbiano mai vissuto lì e non parlino la lingua del posto. Lo ha stabilito il Raad van State, il principale organo amministrativo dei Paesi Bassi, respingendo il ricorso presentato dall’associazione a tutela dei minori rifugiati.

Il sottosegretario alla giustizia Mark Harbers non ha obbligo di concedere permessi di soggiorno per motivi umanitari a Howick e Lili perchè l’Armenia è considerata un Paese sicuro e lo Stato olandese si è impegnato ad aiutare economicamente la famiglia.

La madre dei bambini Armina Hambartsjumian è stata espulsa in Armenia lo scorso agosto, dopo aver nascosto i due bambini. Sono stati trovati una settimana dopo e ora vivono con una famiglia adottiva. I bambini sono nati in Russia e hanno vissuto in Olanda per oltre 10 anni.

Tuttavia, non hanno potuto beneficiare del “kinderpardon”, l’amnistia per i minorenni rifugiati. Il caso di Lili e Howick non è isolato: giovedì due bambini di origine ucraina, nati in Olanda ma espulsi con la famiglia lo scorso luglio, sono tornati nei Paesi Bassi con visto turistico per andare a scuola in attesa che le autorità si pronuncino, ad Ottobre, in via definitiva sul loro caso.

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Armenia-Germania: Merkel, Erevan esempio di cooperazione positiva con Russia e Ue (Agenzianova 25.08.18)

Armenia-Germania: Merkel, Erevan esempio di cooperazione positiva con Russia e Ue

Erevan, 25 ago 09:17 – (Agenzia Nova) – L’Armenia può essere un esempio di come sia possibile cooperare con la Russia e allo stesso tempo avere ottimi rapporti con l’Unione europea: lo ha sottolineato il cancelliere tedesco Angela Merkel nella conferenza stampa congiunta a Erevan con il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. “L’Unione economica euroasiatica è di fatto un’area di libero scambio. Certamente, ci sono opportunità economiche molto buone che possono essere utilizzate. E’ difficilmente possibile che nel prossimo futuro ci saranno colloqui formali tra Ue e Unione economica euroasiatica, ma penso che l’Armenia sia un esempio positivo a dimostrazione che è reamente possibile cooperare con entrambe le organizzazioni”, ha dichiarato Merkel come riportato dall’agenzia di stampa “Armenpress”. L’incontro di ieri sera tra Merkel e il premier armeno è avvenuto nell’ambito del primo tour caucasico di un cancelliere tedesco dal momento dell’indipendenza dei paesi dell’area dall’Unione sovietica, dopo la tappa in Georgia e prima di quella odierna in Azerbaigian. (segue) (Res) © Agenzia Nova – Riproduzione riservata

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Erevan, 25 ago 09:17 – (Agenzia Nova) – Il premier armeno ha infine elogiato gli ottimi rapporti tra i due paesi nel settore della cultura, ricordando la risoluzione del 2016 da parte del Bundestag tedesco che ha riconosciuto e condannato il genocidio armeno. Nel corso della visita a Erevan, Merkel è stata ricevuta anche dal presidente Armen Sarkissian, il quale dopo l’incontro ha parlato di legami tra Germania e Armenia basati “sulla comprensione reciproca e su profonda fiducia”. “Speriamo di dare il nostro contributo al processo di riforme dichiarato dall’Armenia e seguiamo attentamente i cambiamenti e il processo che ha avuto luogo nel vostro paese in primavera”, ha affermato Merkel aggiungendo che Berlino “è pronta a cooperare in questo momento difficile e importante”. (Res)