Cristiani Dimenticati: Persecuzioni e Uccisioni nel Nagorno Karabakh. Agostino Nobile. (Stilum Curiae 25.11.25)

Carissimi StilumCuriali, Agostino Nobile, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sui cristiani di cui il mondo preferisce non occuparsi. Buona lettura e diffusione…

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Cristiani dimenticati

Il 7 novembra 2025, Tucker Carlson intervista Narek Karapetyan sulle persecuzioni e uccisioni degli armeni cristiani nel Nagorno-Karabakh.

TC: […] Gli armeni sono famosi per avere successo negli affari e di essere coesi come comunità e sinceramente osservanti cristiani. Ma probabilmente sono famosi soprattutto per essere stati sterminati dai turchi ottomani alla fine della prima guerra mondiale [il primo genocidio fu tra 1894 e il 1896 ndt]. […] Si è trattato di un genocidio religioso e sono stati assassinati perché cristiani. Raccontaci.

Karapetyan: Alla fine del dominio dell’Impero Ottomano, dopo le guerre balcaniche, i turchi ottomani videro che alcuni paesi balcanici, come la Bulgaria e parte della Grecia, divennero indipendenti […] Successivamente, […] l’esercito ottomano arrivò in tutti i villaggi armeni dell’Impero Ottomano e pose due domande. La prima domanda era: ti convertirai all’Islam? Il 90,8% della popolazione armena dell’Impero Ottomano, ha rifiutato […]. La seconda domanda è stata, “se non vi convertite all’Islam, vi manderemo nel deserto di Deir ez-Zor ”. Sono circa 800 chilometri, 600 chilometri dagli altopiani armeni. Tutti gli uomini sono stati uccisi e tutte le donne sono state portate con i bambini nel deserto di Deir ez-Zor. Abbiamo perso il 70% della popolazione della nostra nazione perché tutti, un milione e mezzo di persone, hanno rifiutato la conversione.

TC: Vogliamo che tutti sappiano di questa storia, non solo del lato oscuro, ha anche un messaggio luminoso, che i cristiani nel 20° secolo sono andati nella via di Cristo e sono stati sacrificati. Ci auguriamo che tutto questo sacrificio porti i cristiani dei nostri giorni a una maggiore fede. […] Non ho capito perché da molti anni al Congresso si discute se possiamo chiamarlo genocidio.

[Il governo turco nega il genocidio che, tra l’altro, è confermato da giornalisti e politici europei e americani che si trovavano in Turchia, confermato da decine di foto. I governi USA non vogliono contraddire la Turchia perché fa parte della NATO. Un ulteriore motivo è legato alla posizione dello Stato di Israele, che non ha mai riconosciuto formalmente il genocidio armeno. La leadership israeliana e gli esponenti ebrei nel Congresso USA temono che tale riconoscimento possa attenuare l’eccezionalità della Shoah e ridurre il peso storico e morale che l’Olocausto esercita sul mondo cristiano o, se vogliamo, potrebbe attenuare i sensi di colpa – ndt].

TC: È un problema di etnia?

Karapetyan: Non c’erano problemi con l’etnia. […] Il 98%, dei cristiani armeni, a cui è stata posta questa domanda, ha risposto che non si convertirà all’Islam, e sono stati uccisi. Ciò definisce la cultura armena del 20° secolo, del 21° secolo. Siamo rimasti saldi nella nostra fede e siamo stati assassinati per questo. […] È la prima nazione che si è convertita al cristianesimo. Undici anni prima di Costantino […] E noi siamo la più antica nazione cristiana del mondo. Ecco perché la nostra chiesa e la nostra identità sono la stessa cosa. L’80% o il 70% della nostra identità deriva dai valori cristiani della nostra Chiesa.

TC: […] Nello stato della California, da cui sono originario, la comunità armena ha un enorme successo, ma è molto coesa. […] Negli ultimi 30 anni, l’Armenia è stata coinvolta in una serie di conflitti, in realtà in una guerra sporadica di lunga data con l’Azerbaigian, che è un paese islamico. Quanti armeni sono stati uccisi nell’ultima guerra? [terminata nel settembre 2023].

Karapetyan: Quasi 20.000 persone sono state uccise per aver difeso la popolazione cristiana del Nagorno- Karabakh. Alla fine della guerra la popolazione cristiana è stata costretta a scappare in Armenia. Ora, dopo 2.000 anni di vita in questa regione, nella regione del Nagorno-Karabakh non c’è nessun cristiano.

TC: Quello che non capisco è perché nessuno ha detto nulla mentre ciò accadeva e perché i leader cristiani in Occidente non hanno detto nulla mentre ciò accadeva?

Karapetyan: Penso che sia una questione politica. Abbiamo un rapporto molto stretto con la Grecia e con Cipro. Ma anche da lì il sostegno è stato solo con le parole, non con le azioni. So che l’aiuto della Turchia all’Azerbaigian, ha fatto si che molti paesi alleati con noi, volevano evitare scontri con paesi potenti come la Turchia. Questo è il problema che affrontiamo in tutta la nostra storia, perché la nazione armena è al centro di tre regioni musulmane come la Turchia, l’Azerbaigian e l’Iran. E sempre abbiamo avuto questa oppressione da parte degli imperi, come l’Impero Ottomano, l’Impero Qajar [Persianodal 1794 al 1925], e altri imperi. E l’unica cosa che ci ha fatto essere uniti e salvare la nostra cultura è stata la chiesa e l’educazione dataci dalla chiesa. Le scuole e le chiese sono state costruite in tutto il paese per educarci, per essere cristiani e per essere cristiani armeni.

TC: Ero e rimango confuso dal ruolo di Israele in questa guerra, in Azerbaigian, e la pulizia dei cristiani nel Nagono-Karabakh. […] Quindi Israele ha partecipato a questa guerra? La partecipazione di Israele è stata a sostegno dell’Azerbaigian con le armi? […] Ma tu conosci il problema? Quali armi?

Karapetyan: Droni, come aerei e altro. Non solo difesa, anche armi d’attacco.

TC: Questo è ciò che l’Azerbaigian riceve da Israele?

Karapetyan: Molti droni sono stati gestiti, come abbiamo letto sui media, da operatori di queste società di aziende israeliane.

TC: Quindi pensi che ci fossero operatori israeliani di droni?

Karapetyan: L’hanno detto molti media, era scritto su molti giornali.

TC: Ciò significherebbe che gli israeliani stavano uccidendo i cristiani in questa guerra con i dollari delle tasse statunitensi. Perché il settore della difesa israeliano è sostenuto miliardi e miliardi all’anno dagli Stati Uniti.

Karapetyan: Sai, la questione riguarda anche la politica. Israele sta ricevendo gas dall’Azerbaigian. […] Penso che il 70% di gasolio israeliano provenga dall’Azerbaigian e abbia una sorta di alleato economico [Domanda: se al posto dei cristiani, i perseguitati fossero stati ebrei, il governo israeliano avrebbe fornito supporto ed armi all’Azerbaigian?]

TC: […] Dal punto di vista americano, mi chiedo perché i miei soldi, i soldi dei contribuenti vengono utilizzati per uccidere i cristiani in tutto il mondo? Ripulire i cristiani dall’Iraq, ripulire i cristiani dal Nogorno.Karabakh, assassinare i cristiani armeni. Perché sto pagando per questo? È un problema. Un problema per me. Ora avete una pausa nei combattimenti con l’Azerbaigian, ma avete un Primo Ministro dell’Armenia che sembra intenzionato a distruggere il cristianesimo tradizionale e la chiesa. Dimmi di cosa si tratta.

Karapetyan: Negli ultimi due, tre anni, dopo aver perso la guerra, i cristiani di Nagorno-Karabakh si sono trasferiti in Armenia. Il nostro nuovo Primo Ministro ha deciso di avere un rapporto migliore con l’Azerbaigian. Un rapporto migliore con tutti è sempre il benvenuto dalla società armena. A noi va bene questo. Ma quello che sentiamo è che la Turchia e l’Azerbaigian hanno una missione per cambiare le narrazioni della Chiesa. Vogliono cambiare la narrazione della Chiesa per dimenticare la questione del genocidio, dimenticare la nostra storia. Il nostro Primo Ministro, sei mesi fa, ha iniziato ad attaccare la nostra Chiesa. Vuole cambiare la struttura della Chiesa armena che ha circa 1.700 anni di storia. È la principale istituzione del nostro paese. Il 90%, il 95% della nostra popolazione sono fedeli della Chiesa Apostolica Armena. Quando [il Primo Ministro] ha iniziato ad attaccare la chiesa, la nostra società è rimasta scioccata perché nessuno lo ha fatto prima di lui, neanche al tempo degli ottomani. Molte persone nella società armena erano contro di lui, ma non potevano dire nulla.

TC: Perché?

Karapetyan: Perché avevano paura di qualche oppressione da parte del governo. L’Armenia è un paese democratico. Penso che sia uno degli ultimi paesi democratici in questa regione. Negli ultimi 30 anni abbiamo le elezioni, abbiamo nuovi leader. Non è un paese autoritario. Ma questo Primo Ministro ogni anno sta diventando più autoritário. Ora, ha attaccato la chiesa. Ha portato in prigione tre arcivescovi.

TC: Ha messo gli arcivescovi in prigione?

Karapetyan: Sì. Uno degli arcivescovi è finito in prigione perché quattro anni fa in un’intervista, ha detto che questo Primo Ministro deve essere cambiato. Il secondo arcivescovo, perché tre anni fa o cinque anni fa ha protestato contro il Primo Ministro. Ma la parte influente della società armena, aveva paura di parlare di questo. […] L’unico uomo che ha iniziato a parlarne è stato mio zio, Samuel Karapetyan. È uno degli armeni più ricchi del mondo e il più grande filantropo armeno degli ultimi 15 anni. […] Ha fatto costruire tanti ospedali, asilo nido, scuole. […] Quando mio zio è venuto in Armenia, dopo la messa un giornalista è venuto da lui e gli ha detto: “Cosa ne pensi degli attacchi da parte del governo, degli attacchi contro la chiesa?” [Probabilmente, il giornalista era d’accordo con il PM, per incastrarlo.]

E mio zio rispose: “Cosa posso pensare se un piccolo gruppo di persone, dimenticando la nostra storia millenaria, dimentica la storia della nostra chiesa, e sta attaccando la chiesa armena e il nostro popolo armeno? Se il politico non gestirà la situazione, prenderemo parte alla gestione da soli, a modo nostro.” In tutto, parlò 37 secondi. […] Dopo 30 minuti di questa intervista, il nostro Primo Ministro ha postato su Facebook che questo filantropo deve chiudere la bocca. Dopo tre ore, ha inviato le forze speciali della polizia nella residenza di Samuel Karapetyan. Eravamo tutti scioccati. Le forze di polizia sono arrivate alla sua residenza senza l’ordine del giudice. […] Stava succedendo di tutto e le telecamere hanno mostrato tutto. [In Italia ne hanno parlato, se non sbaglio, una sola volta, senza dare troppa importanza e senza spiegare le motivazioni delle manifestazioni. In Vaticano non hanno accennato nemmeno ai 20mila armeni innocenti uccisi dai militari azeri, sostenuti da turchi e israeliani].

TC: Ma cosa è successo allora?

Karapetyan: I manifestanti sono venuti alla residenza di Samuel per difenderlo. Migliaia di persone sono venute a casa sua per difenderlo dalla polizia. Di solito quando arriva la polizia, ci vogliono cinque minuti per portare qualcuno alla stazione di polizia. Quel giorno erano passate14 ore. […] Poi mio zio ha deciso di recarsi lui stesso alla stazione di polizia per non provocare scontri tra poliziotti e manifestanti. Successivamente siamo stati arrestati anche mio padre, suo fratello ed io.

TC: Per cosa sei stato arrestato?

Karapetyan: Non lo so.

TC: Solo essere suo nipote?

Karapetyan: Solo essere lì, non lo so. Ricordo che eravamo alla stazione di polizia, alle 8:00, e stavano cercando una prova d’accusa. Ricordo che l’investigatore venne nella stanza e disse: Ho trovato l’accusa e poi l’altro ha detto: No, non funziona. Dopo hanno accusato mio zio di aver detto che il primo ministro doveva essere destituito. […]

TC: È ancora in galera?

Karapetyan: Si.

TC: Quindi questo Primo Ministro, che è chiaramente autoritario, per definizione, è contro la Chiesa. L’idea è quella di spezzare la schiena al cristianesimo ortodosso e al cristianesimo tradizionale in Armenia e di usare la polizia per farlo. Questo è popolare? Alla gente piace questo?

Karapetyan: È molto impopolare. Il 90% della popolazione è contraria. Il nostro popolo non capisce perché lo sta facendo. […]

TC: Ho notato che la moglie del Primo Ministro è stata intervistata e ha detto qualcosa secondo cui le donne nelle famiglie tradizionali sono tutte infelici.

Karapetyan: Sì. Vuole cambiare la società, con il potere. […]

TC: […] Ciò è accaduto in tutti i paesi dell’Occidente, con vari gradi di successo. Ma chi c’è dietro? Chi sta spingendo questo? Chi c’è dietro tutto ciò in ogni paese dell’Occidente?

Karapetyan: È una bella domanda. Sono le stesse persone che lo fanno in Armenia, lo fanno anche qui, immagino.

TC: […] Chi sostiene questo Primo Ministro?

Karapetyan: Pensiamo che riceva alcune informazioni dalla Turchia e dall’Azerbaigian, secondo cui è necessario cambiare la narrazione della Chiesa, per dimenticare il genocidio e avere un nuovo capo della Chiesa per andare a un accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian. Sentiamo che vuole cambiare il capo della chiesa. Poi cambierà la narrazione della chiesa, per far dimenticare al nostro popolo tutto ciò che i nostri antenati hanno fatto per la nostra religione cristiana. […] Vogliono distruggere tutta la verità storica per essere in pace. Ma anche noi vogliamo essere in pace. Però. queste persone, un milione e mezzo di persone, sono state uccise. Sono stati uccisi per la loro fede. L’Impero ottomano deve accettarlo. I turchi e i turchi ottomani devono accettarlo, perché dopo di ciò vivremo in una regione più pacifica.

TC: Chiunque ti stia costringendo a mentire sulla storia è tuo nemico. E, naturalmente, lo scopo è sempre quello di mantenere il potere. Chi controlla la storia, il passato, controlla il futuro, naturalmente. Ecco perché Wikipedia esiste, per mentirci sul passato. Ultima domanda.[…] Quante chiese cristiane in Occidente hanno sostenuto il clero arrestato, hanno fatto pressione sul Primo Ministro armeno affinché smettesse di arrestare il clero cristiano? Quanto sostegno stai ricevendo dall’Occidente?

Karapetyan: Stiamo ottenendo sostegno dall’Occidente, dalle chiese. C’è un enorme sostegno e lo apprezziamo. Voglio dirti ancora una cosa. Perché queste persone sono coraggiose quando vanno contro le idee del governo. Mio zio, Samuel Karapetyan e il clero, potrebbero essere liberati domani se dicono che non difenderanno la chiesa.

TC: È sempre la stessa storia, no?

Karapetyan: Sì. Volevano confiscare le attività di mio zio in Armenia. Lo sa, ma nonostante questo vuole difendere la Chiesa. Sta continuando a difendere la chiesa.

TC: Queste sono le persone con cui dobbiamo imparare qualcosa perché è come nel XX secolo quando sterminarono i nostri antenati, furono sacrificati nell’Impero Ottomano per la loro religione. Sono orgoglioso di Samuel Karapetyan: può essere libero, può stare con i suoi affari, ma non lo fa per la sua religione, perché la religione e la fede contano. È importante. Come i primi cristiani del I secolo, che erano oppressi e combattevano per la loro religione. Questo è il caso che Samuel Karapetyan affronta ora. È stimolante da guardare e sconvolgente allo stesso tempo. Grazie per averci raccontato tutto questo. Troppo poche persone lo sanno, e non si tratta solo di Armenia, ovviamente. È una spinta globale contro questa religione specifica, contro Gesù.

Intervista il lingua originale: https://www.youtube.com/watch?v=rsSmQEJyO-g

A cura di A. Nobile

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Papa in Turchia e Libano: il programma dettagliato (Agensir 25.11.25)

Otto discorsi (cinque discorsi e tre saluti) in Turchia, tutti in inglese, e otto discorsi (sei discorsi e due saluti) in Libano, in inglese quelli civili e in francese quelli legati alle celebrazioni liturgiche. Sono i “numeri” del primo viaggio apostolico di Papa Leone XIV, che si recherà in Turchia e in Libano dal 27 novembre al 2 dicembre. Oltre all’abituale seguito papale – ha reso noto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, presentando oggi il programma dettagliato in sala stampa vaticana – accompagneranno il Papa nel suo viaggio i cardinali Koch, Gugerotti e Koovakad rispettivamente per l’ecumenismo, le Chiese orientali e il dialogo interreligioso.

L’aereo con a bordo il Papa partirà giovedì prossimo, 27 novembre, alle 7.40 da Fiumicino alla volta di Ankara, dove atterrerà alle 12.30 per la cerimonia di accoglienza ufficiale e l’incontro con il primo ministro in una saletta dell’aeroporto. Alle 13.30 il Pontefice visiterà il Mausoleo di Ataturk, padre fondatore della Turchia, dove deporrà una ghirlanda e sosterà un minuto in silenzio, per poi recarsi alla Torre Misak-ı Millî per la firma del Lilbro d’Onore e una breve visita al museo dedicato ad Ataturk e alla storia turca. Alle 14 si recherà al palazzo presidenziale, per la cerimonia di benvenuto insieme al presidente della Repubblica, Recep  Tayyip Erdogan, cui farà visita alle 14.40 nel palazzo presidenziale, per l’incontro privato con la presentazione della famiglia. Poi il Papa si reca alla Nation’s Library per l’incontro con le autorità, la società civile e il Corpo diplomatico, alle 15.30, che prevede il discorso del presidente e del Santo Padre. Alle 16 il trasferimento alla Presidenza degli Affari religiosi, per il colloquio privato, alle 16.10, con il presidente dell’ente statale che li gestisce. Alle 16.40 il rientro alla nunziatura apostolico e meno di un’ora dopo, alle 17.30, il trasferimento all’aeroporto di Ankara, dove si svolgerà la cerimonia di congedo dalla capitale, prima dalla partenza per Instanbul, dove l’aereo papale atterrerà alle 19.30, accolto dalle autorità locali. Infine il trasferimento alla delegazione apostolica.

Venerdì 28 novembre, alle 9.20, il Papa si recherà alla cattedrale cattolica dello Spirito Santo, per l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i consacrati e le consacrate e gli operatori pastorali, durante il quale è previsto un discorso del Pontefice. Alle 10.30 la visita alla Casa di accoglienza per anziani delle Piccole Sorelle dei Poveri, nella cappella dove saranno presente 100 persone, cui il Papa rivolgerà un saluto. Alle 11.30 l’incontro con il rabbino capo della Turchia, seguito alle 12 dal pranzo in privato. Alle 14.15 il traferimento all’aeroporto di Instanbul, mezz’ora dopo (14.45) la partenza in elicottero per Iznik, nome moderno di Nicea, con arrivo alle 15.15, per l’incontro ecumenico di preghiera nei pressi degli scavi archeologici dell’antica Basilica di San Neofito. Il Papa sarà accolto dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, nella zona degli scavi archeologici dove si trovano i resti della basilica del quarto secolo sommersi dopo un terremoto: è il luogo dove nel 325 si svolse il Primo Concilio di Nicea, convocato dall’imperatore Costantino. I leader religiosi raggiungono la piattaforma e si dispongono in semicerchio davanti alle icone di Cristo e del Concilio di Nicea, dove accendono una candela. Il Papa e il patriarca saranno gli ultimi a raggiungere la piattaforma, e i primi a lasciarla, dopo il discorso del Pontefice e la recita corale del Credo niceno-costantinopolitano. Alle 16 il Papa raggiungerà l’eliporto di Iznik da cui ripartirà per Istanbul, con arrivo alle 17. Poi il trasferimento alla delegazione apostolica e l’incontro privato con i vescovi della Turchia.

Sabato 29 novembre, alle 8.45, Papa Leone visiterà la Moschea Blu di Istanbul. Sarà accolto e accompagnato dal presidente per gli Affari Religiosi della Turchia. Dopo il suo benvenuto, il Papa si intratterrà in un breve momento di preghiera silenziosa prima di recarsi, alle 9.30, in auto alla Chiesa ortodossa siriaca di Mor Ephrem, dedicata a Sant’ Efrem il Siro, per l’incontro privato con i capi delle chiese e delle comunità cristiane. Alle 11.45 il ritorno alla delegazione apostolica. Nel pomeriggio il Papa raggiungerà alle 15.30 la chiesa patriarcale S Giorgio al Fanar, dove è prevista la Doxologia, cioè il canto di lode. Accolto dal patriarca Bartolomeo,  procederanno insieme verso l’ingresso della cattedrale e prima di entrare accenderanno una candela. Poi il saluto del Santo Padre. Al termine della Doxologia, il Papa e il Patriarca escono dalla cattedrale e si dirigono nella sede del Patriarcato Ecumenico per l’incontro con le delegazioni, un breve incontro privato e la firma, alle 15.50, di una dichiarazione congiunta. Alle 16.20 il trasferimento in auto alla Wolkswagen Arena, dove alle 17 è prevista una messa per 4mila fedeli, con l’0melia papale e il ringraziamento finale del vicario apostolico di Istanbul. Alle 19 il trasferimento in auto alla delegazione apostolica.

Domenica 30 novembre, alle 9.15, il Papa si traferirà in auto alla cattedrale armena apostolica, dove alle 9.30 sarà accolto dal patriarca della chiesa armena apostolica per un momento di preghiera durante il quale pronuncerà un saluto. Alla fine il Papa e il patriarca inaugureranno una targa commemorativa all’ingresso della cattedrale. Alle 10.15 il trasferimento in auto al Phanar, per la Divina Liturgia in programma alle 10.30 nella chiesa patriarcale di San Giorgio: presieduta dal patriarca, verrà conclusa dal discorso del Santo Padre e da una benedizione ecumenica del Papa con il patriarca. Alle 13 il pranzo con il patriarca Bartolomeo al patriarcato ecumenico. Alle 13 la partenza per l’aeroporto di Istanbul, dove alle 14.15 è prevista la cerimonia di congedo prima della partenza per Beirut, mezz’ora dopo, con arrivo alle 15.45 per la cerimonia di benvenuto. Il Papa sarà accolto dal presidente del Libano, Joseph Aoun, dal presidente dell’assemblea nazionale, dal primo ministro e dal patriarca maronita, per poi recarsi in auto chiusa e aperta al palazzo presidenziale, dove alle 15.45 si svolgerà la visita di cortesia al presidente, dopo la quale il presidente libanese e la famiglia lasciano il Salone degli Ambasciatori per l’incontro privato tra il Santo Padre e il presidente dell’Assemblea Nazionale, alle 17.15, cui seguirà quello con il primo ministro. Alle 17.45 è in programma la piantumazione simbolica di un “cedro dell’amicizia”, nel giardino del palazzo presidenziale, cui prenderanno parte anche il cardinale Segretario di Stato vaticano e il Patriarca di Antiochia dei Maroniti. Al termine della piantumazione, prima di raggiungere il “Salone 25 Maggio”, il Papa firma il Libro d’Onore nella hall principale del palazzo. Alle 18 l’incontro con le autorità, la società civile e il Corpo diplomatico, durante il quale il Pontefice pronuncerà un discorso. Alle 18.30 il trasferimento in nunziatura, con arrivo alle 19.45.

Lunedì 1° dicembre il Papa si traferirà in auto e in papamobile al Monastero di San Maroun ad Annaya, dove arriverà alle 9.45 per la visita e la preghiera silenziosa sulla tomba di San Charbel Maklūf, canonizzato da Paolo VI nel 1977. Prima di entrare nella cappella che custodisce la tomba di San Charbel, il Santo Padre viene accolto dal Presidente della Repubblica e dalla consorte nel cortile. Dopo la preghiera silenziosa davanti alla tomba del santo e al suo saluto, il Pontefice visita il museo del Monastero, che custodisce reperti storici e reliquie, accompagnato dal superiore del Convento dei Maroniti, per poi trasferirsi in auto alle 10.30 al Santuario di Nostra Signora del Libano ad Harissa. Accolto dal Vicario Apostolico dei Latini di Beirut e dal Patriarca della Chiesa Armena Cattolica, dopo alcune testimonianze il Papa pronuncerà l’omelia e consegnerà la Rosa D’Oro, omaggio tipico nei santuari mariani, e prima di congedarsi in auto benedice una prima pietra della “Città della Pace” di Tele Lumiére e Noursat. Alle 12.30 il trasferimento in auto alla nunziatura, per l’incontro privato con i patriarchi alle 12.30. Alle 15.30 il Papa si recherà in Piazza dei Martiri uccidi nel 1916 alla fine della dominazione ottomana. Accolto all’ingresso della tenda dal patriarca siro-cattolico, dal patriarca maronita, dal Grande Imam sunnita e dal rappresentante sciita, il Santo Padre raggiunge il palco, dove sono disposti gli altri leader religiosi, e dopo gli interventi di questi ultimi tiene il suo discorso. Alla fine la piantumazione di un ulivo e il canto finale della pace. Alle 17 il trasferimento ih auto al Patriarcato di Antiochia dei Maroniti a Bkerké, dove si svolge l’incontro con i giovani, tra testimonianze e discorso di risposto del Papa. Alle 19 il rientro in nunziatura per l’incontro privato con le comunità religiose musulmane e druse, in programma un quarto d’ora dopo.

Martedì 2 dicembre, alle 8.10, il Papa si traferirà in auto alla Congregazione delle Suore Francescane della Croce a Jal ed Dib, per la visita all’Ospedale de la Croix, uno dei più grandi ospedali per disabili mentali del Medio Oriente: comprende cinque grandi padiglioni per degenti (Saint-Jacques, Saint-Élie, Saint-Michel, Notre-Dame, Saint-Dominique), oltre alla farmacia centrale, al dispensario, agli ambulatori, alla sala cinematografica e teatrale, alle cucine e alla lavanderia. Dopo il saluto della superiora e della direttrice e le testimonianze dei malati, il Papa pronuncia a sua volta un saluto e visita uno dei cinque padiglioni, il  Saint-Dominique. Alle 9.15 il trasferimento in auto al luogo dell’esplosione del Porto di Beirut, nel luogo dove la duplice l’esplosione del 4 agosto 2020 ha ucciso oltre 200 persone, ferito altre 7mila e lasciato senza casa 300mila individui. Alle 9.30 il Santo Padre incontra alcuni partenti delle vittime e sopravvissuti alle esplosioni. Alle 9.50 il trasferimento al Beirut Waterfront, per la messa in programma alle 10.30 con l’omelia papale. Alle 10.30 il trasferimento all’aeroporto di Beirut, dove si svolgerà la cerimonia di congedo don un discorso del Papa. Alle 13.15 la partenza per Roma, con arrivo alle 16.10 (ora locale).

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I miei appunti dalla Yerevan Fashion Week, ovvero quello che ho imparato (sulla moda) in Armenia (Vogue 25.11.25)

La mia prima volta in Armenia: le cose belle che ho portato a casa dalla Yerevan Fashion Week non sono (solo) cose

Quando, qualche settimana fa, sono atterrata in Armenia non sapevo bene cosa aspettarmi. La mia valigia era vuota, ma l’ho portata a casa piena. Perché l’entusiasmo delle persone che ho incontrato è diventato anche mio. Prendevo appunti, senza sapere esattamente dove mi avrebbero portato quelle parole, quelle immagini, quei luoghi. Che si sovrapponevano nelle mie note sintetiche e poco ordinate, o nella galleria delle foto da salvare nei preferiti o cestinare. Ma torniamo all’inizio.

Dal 23 al 26 Ottobre l’Armenia è stata la cornice della Yerevan Fashion Week. Che non è solo un teatro per i designer locali, ma una sorta di palcoscenico per uno scambio culturale a più voci: hanno presentato le loro collezioni a Yerevan marchi dalla Russia, dalla Moldavia, dall’Iran, dagli Emirati Arabi, dal Kazakistan, dall’Uzbekistan. 21 le sfilate, 6 le presentazioni, 15 i talk organizzati con gli ospiti da tutto il mondo, 60 i brand presentati nel padiglione espositivo.

Perché anche se il passato dell’Armenia è, in parte, quello di un paese che in tanti – vicini e lontani – hanno cercato di schiacciare, il presente è quello di chi cerca movimento nel confronto. È sempre stata un punto di incontro – se a scuola ne avessimo studiato la storia, sui libri probabilmente avremmo trovato la parola “crocevia” – e questo è inevitabilmente parte della loro identità, non solo estetica.

È un posto in cui spesso l’altro è più importante dell’io, ma questo rende l’Armenia un paese d’insieme, dove i significati dell’accoglienza sono molteplici e irrinunciabili

Per contestualizzare queste parole, farò un uso improprio di un momento “mio”. Stavo provando un abito di Sončess da Cone – un brand e un concept store di cui parleremo più avanti – e a darmi consigli insieme a Sona Hakobyan, c’erano Ariga Torosian e Ruzanna Vardanyan, anche loro designer, menti e mani dietro altri due brand da tenere d’occhio (di cui, ancora una volta, parleremo più avanti). Sono pressoché sicura che, per loro, fosse un gesto estremamente naturale – anche perché molti degli stilisti che hanno presentato le loro collezioni durante la Yerevan Fashion Week, erano una presenza fissa nel front row delle sfilate – ma sappiamo perfettamente che da questa parte del mondo non è affatto scontato né comune.

Senza voler necessariamente romanticizzare la narrazione, non vuol dire che non esista competizione, ma che ognuno di loro sente di essere parte di una rete più ampia, dove è la Fashion & Garment Chamber of Armenia a tessere connessioni. Volendo continuare tra le annotazioni sociologiche, in Armenia non si rincorre ossessivamente la bellezza. Si cercano, piuttosto, forme di libertà espressiva. L’ho imparato dalla storia di Sergey Parajanov: gli venne impedito di fare cinema e quelli che avrebbe voluto fossero dei film diventarono collage, realizzati assemblando gli oggetti più disparati. Ma anche da quella di Nelly Aghababyan, un’avvocata che disegna vestiti come secondo lavoro.

In Armenia ho re-imparato anche “l’ovvio”

Per riconoscere il talento bisogna saper contestualizzare, quindi spostare lo sguardo indietro, avanti e poi di lato. In una dimensione in cui il ritmo non è sempre coinvolgente, la chiave è chiedersi il perché. A volte quell’agognato talento si presenta allo stato grezzo e, per vederlo, bisogna saper guardare attraverso. Altre volte appare esplosivo e, per renderlo solido, bisogna saper guardare oltre. Trovare la propria identità, e credere fortemente nel valore della stessa, non è scontato se tanti, spesso, hanno tentato di sgretolarla. Da questa parte del mondo coabitiamo con la bellezza da un tempo indefinito. L’arte, in ogni sua forma, fa parte del patrimonio genetico collettivo e, più o meno, nessuno ha mai messo in discussione la libera espressione creativa.

Ciò che per noi è scontato, lì non lo è. Quindi la moda, che è sempre un termometro sociale, rende la storia armena perfettamente leggibile. E nelle parole di Massimiliano Giornetti c’è almeno uno dei “perché”. «Il sentirsi secondi è un tema che accomuna molte di quelle che definisco “Fashion Week periferiche”, dove capita che per sentirsi abbastanza si tenti di avvicinarsi alle tendenze nate sulle passerelle di Parigi, Milano, New York o Londra» ha spiegato il direttore del Polimoda. «Ciò che mi affascina molto è, al contrario, la capacità di essere indipendenti da alcune leggi di mercato. Un pensiero libero, una creatività priva di schemi dovrebbero sempre essere una carica propellente nel cercare una propria identità estetica».

Alla fine del viaggio, nella mia valigia c’erano un’inaspettata quantità di luoghi incredibili e nozioni di varia natura (solo per citarne alcune: gli scacchi sono un culto, più che uno sport; alcuni dei più grandi collezionisti d’arte del pianeta sono armeni; l’Italia è il paese con il maggior numero in assoluto di voli diretti per Yerevan; l’ultima puntata di quella che viene definita “una guerra dimenticata” – con l’Azerbaijan – è stata nel 2024; tra le altre cose, sono noti per la produzione dell’argento).

Le cose più belle, però, me le hanno lasciate le persone. Ecco, quindi, una sorta di itinerario emotivo tra i miei appunti per osservare l’Armenia utilizzando la moda come filtro.

Il contest Fashion Scout Armenia 2025, il Polimoda Prize, e i giovani designer da tenere d’occhio

Martyn Roberts e Biljana Poposka-Roberts, le menti dietro l’incubatore di talenti che è Fashion Scout, fanno un lavoro incredibile. Mossi da una passione smisurata, da una curiosità viscerale e da un desiderio di costruire ormai quasi raro, si dedicano ai designer emergenti creando una piattaforma di supporto affinché possano diventare grandi. Quest’anno è stata Emma Aleksanyan a vincere il premio Fashion Scout Armenia: la sua collezione è nata da un richiamo al bushido — la via del guerriero — per raccontare, con gli abiti, una filosofia in cui si intrecciano forza, disciplina e onore. A ottenere il Polimoda Prize, invece, è stata Elen Khachatryan, designer e fotografa autodidatta che ha realizzato i capi in poco più di due settimane. «Nessun oggetto ha un valore meramente estetico, e forse la collezione di Elen Khachatryan non era la più forte tra quelle dei finalisti. Ma lei era l’unica a non aver mai studiato per diventare una designerı» ci ha spiegato Massimiliano Giornetti, direttore del Polimoda. «Rappresento una delle dieci scuole più importanti al mondo, per cui credo fortemente che dare una possibilità a chi non ne ha ancora mai avuta una faccia parte del mio ruolo. Quando si è circondati di stimoli si cresce, se si è curiosi e umili. Chi mi stupisce è chi sa coltivare il proprio talento, e sono le persone che hanno questa capacità quelle su cui mi piace scommettere».

I brand da conoscere

Ruzanna Vardanyan è una mamma che, in Ruzanē, cerca il suo tempo per creare bellezza. Nelle forme plasma l’istintività della natura, nella ricerca nei materiali ne restituisce le irregolarità e l’eleganza, nell’alternarsi dei volumi morbidi o più strutturati ne racconta la libertà di trasformarsi. La classe, la modernità, il romanticismo e l’immaginario poetico rendono tale brand un piccolo microcosmo in cui lasciare spazio ai propri desideri.

La mente creativa dietro a THEMIS, Nelly Aghababyan, possiede un dottorato in giurisprudenza. Ed è nel tempo libero dagli impegni in università che, dal 2021, si dedica alla moda. Ispirata da quel luogo magico che è Symphony of Stones, poco lontano da Yerevan, giocando con le silhouette, le texture e i tessuti, negli abiti racconta le sue radici con una declinazione contemporanea. E lo fa con una passione, un entusiasmo e una determinazione contagiosi.

Sončess è nato nel 2008 dalla vocazione di Sona Hakobyan, con un’attitudine sofisticata e disinvolta al tempo stesso. La sua estetica è lineare, a tratti rigorosa, ma mai scontata e ricercata in ogni dettaglio. È l’emblema della chicness armena contemporanea, sintesi di portabilità e desiderabilità.

L’immaginario estetico di Ariga Torosian è una crasi tra la cultura persiana e quella armena, che riflette le sue radici. Tra forme scultoree e linee estremamente raffinate, la sua visione rivela una rara sensibilità narrativa e un linguaggio essenziale ma capace di creare connessioni tra gli oggetti, le persone, e il mondo circostante.

Childhood Memories di Vahan Khachatryan è una poetica esplorazione della nostalgia, dove i ricordi diventano parte di un guardaroba emotivo. Tra i giocattoli e gli oggetti che ne hanno plasmato la visione, Vahan Khachatryan cerca una connessione con il suo passato e un equilibrio con il presente – la collezione è stata completamente creata con l’intelligenza artificiale. «È una celebrazione di ciò che rimane con noi anche quando pensiamo di essere cresciuti» ha detto il designer. Ma è anche un invito, forse, a tornare a guardare il mondo con gli occhi di un bambino.

Da quando ha fondato LOOM Weaving, nel 2014, Inga Manukyan ha trasformato la maglieria in un manifesto di personalità. Con uno spirito vagamente nostalgico, cita la libertà espressiva, l’audacia e il gusto vibrante degli anni Sessanta e Settanta, ma lo fa con un’attitudine bon ton decisamente urbana.

Il concept store da non perdere, Cone

20 Marshal Baghramyan Ave, Yerevan. È questo l’indirizzo da inserire nell’itinerario per trovare un “cubo” pieno di stimoli multidimensionali. Che siano abiti, accessori, gioielli, profumi, o oggetti da arredamento, Cone è il concept store in cui vivere l’Armenia più dinamica, interessante e ricercata. Quattro anni fa, quasi per caso, Sona Hakobyan e Ariga Torosian hanno scoperto di condividere lo stesso desiderio. Era come se quel posto, nato intorno a un albero e affacciato sul verde, le chiamasse. Volevano che all’interno ci fosse un piccolo atelier, in modo che ogni cliente possa vedere come prendono forma gli abiti che sceglie e che ogni capo potesse essere adattato alle esigenze di chi lo acquista. Il che, ancora una volta, restituisce una panoramica più ampia sul desiderio di avvicinare i vestiti alle persone, in una dimensione dove l’accoglienza è un valore assoluto.

Kazakhstan. L’armeno Pashinyan in visita: il nuovo asse dei corridoi eurasiatici (NotizieGeopolitiche 25.11.25)

di Giuseppe Gagliano –

La visita di Nikol Pashinyan in Kazakistan segna un passaggio delicato nella diplomazia dei corridoi eurasiatici. Astana non solo sostiene l’iniziativa armena Crossroads of Peace, ma si dice pronta a partecipare alla Trump Route for International Peace and Prosperity, l’ambizioso progetto che dovrebbe collegare l’Azerbaigian continentale alla sua enclave di Nakhchivan attraverso il territorio armeno. Il presidente Tokayev ha spiegato con chiarezza la logica kazaka: diversificare, ridurre la dipendenza dalle rotte tradizionali e aprirsi nuove vie verso Ovest, oltre l’Azerbaigian e al di là del Mar Nero. Il Corridoio Zangezur, considerato centrale da Azerbaigian e Turchia, diventa per il Kazakistan un modo per connettersi direttamente alla regione anatolica evitando strozzature geopolitiche.
Per l’Armenia, travolta dalla crisi del Nagorno-Karabakh e dal crollo dell’ordine regionale costruito sul ruolo di Mosca, TRIPP rappresenta una carta politica e strategica. Yerevan tenta di ricostruire il proprio valore negoziale attraverso la diplomazia dei trasporti, presentandosi come attore prevedibile e affidabile in un’area attraversata da rivalità. Da qui la gratitudine di Pashinyan verso Astana per aver ospitato i negoziati fra ministri armeno e azero, preludio all’accordo di pace dell’8 agosto. Dopo quel passo, l’Armenia punta a consolidare un percorso che porti a una stabilità duratura, in un quadro giuridico sostenuto da Washington.
Il trasferimento di sovranità rimane però simbolicamente sensibile. La rotta TRIPP resterebbe sotto legge armena, ma con diritti di sviluppo esclusivi agli Stati Uniti per 99 anni. Una scelta che segnala l’ingresso pieno di Washington nel cuore del Caucaso meridionale e la volontà di Yerevan di bilanciare l’influenza di Ankara e Baku, evitando allo stesso tempo un’eccessiva esposizione ai rischi del riavvicinamento turco-azero.
I due grandi esclusi, Iran e Russia, guardano alla mappa dei nuovi corridoi con crescente sospetto. Per Teheran, la possibilità di perdere l’accesso privilegiato all’Armenia, unico cuscinetto terrestre stabile verso il Nord, mette a rischio la sua strategia regionale. Per Mosca, già indebolita dalla guerra in Ucraina e dalla fine del ruolo di garante nel Karabakh, TRIPP rischia di erodere ciò che resta della sua influenza nel Caucaso. Vedere gli Stati Uniti installare una presenza infrastrutturale quasi secolare in un territorio che un tempo considerava parte della propria zona d’influenza è un segnale politico che va oltre la logistica.
La cornice economica della visita a Astana conferma il cambio di passo: quindici accordi, un partenariato strategico, discussioni su investimenti, digitale, intelligenza artificiale, agricoltura, sanità, commercio e un possibile collegamento aereo diretto. La prima spedizione di mille tonnellate di grano dal Kazakistan all’Armenia è solo un simbolo, ma indica una direzione: lo spazio eurasiatico è in fase di riallineamento, con nuove rotte che cercano di tagliare fuori i colossi tradizionali e redistribuire i flussi commerciali.
L’accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian resta sulla carta, in attesa di ratifica. E, come ricordano molti osservatori, il percorso per trasformare TRIPP in un corridoio operativo dipende da equilibri politici che possono cambiare rapidamente. L’Armenia teme l’abbraccio troppo stretto del tandem Ankara-Baku; il Kazakistan vuole evitare di allinearsi a blocchi rigidi; gli Stati Uniti cercano una presenza stabile; Russia e Iran tentano di difendere territori d’influenza in erosione.
La partita non è solo commerciale. È geopolitica nel senso più pieno: chi controlla le rotte controlla i rapporti di forza. E nel Caucaso di oggi, dove vecchi equilibri si sgretolano e nuovi attori avanzano, i corridoi non sono semplici linee sulla mappa: sono la forma contemporanea del potere.

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Sanità, l’Armenia incontra il modello Nemo al Niguarda di Milano (AdnKronos 25.11.25)

Nel cuore dell’ospedale Niguarda di Milano, il Centro clinico Nemo ha accolto ieri pomeriggio la visita istituzionale del ministro del Lavoro e Affari sociali armeno, Arsen Torosyan, con il ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli. Nell’ambito della visita ufficiale al nosocomio milanese si è voluto far conoscere da vicino il luogo che, da 17 anni, rappresenta un punto di riferimento nazionale e internazionale per la cura e la ricerca sulle malattie neuromuscolari e neurodegenerative. Ad accogliere la delegazione il presidente dei Centri clinici Nemo, Marco Rasconi, con il direttore generale, Paolo Lamperti, e il direttore clinico-scientifico della sede milanese, Valeria Sansone. Per l’ospedale Niguarda erano presenti, tra gli altri, il direttore generale Alberto Zoli e la direttrice sociosanitaria Laura Zoppini.

La visita ufficiale – spiega una nota – si inserisce nel percorso di cooperazione tra Italia e Armenia, rafforzato dal memorandum d’intesa firmato a Yerevan lo scorso giugno proprio dal ministro Locatelli, con l’obiettivo di sviluppare progetti condivisi e scambi di buone pratiche per la tutela dei diritti delle persone con disabilità. In questo quadro, l’unicità del modello Nemo è stata individuata come esempio virtuoso, capace di unire conoscenza ed esperienza clinica, multidisciplinarietà concreta e innovazione terapeutica, per patologie rare e complesse come la Sla, la Sma e le distrofie muscolari, per le quali non c’è ancora una cura risolutiva.

Accompagnata dell’équipe clinica e degli operatori, la delegazione ha incontrato pazienti e famiglie, ha visitato gli spazi dove quotidianamente si realizza la presa in carico al fianco della persona, cuore dell’identità del modello Nemo. Un approccio che ha portato oggi alla costruzione del network nazionale, con 8 sedi, contribuendo alla realizzazione di una rete di cura e ricerca riconosciuta anche a livello internazionale.

I numeri lo confermano. Solo nell’ultimo anno il Centro Nemo di Milano ha preso in carico oltre 1.500 adulti e bambini, e attraverso il Clinical Research Center ha al suo attivo la gestione di 74 studi di ricerca clinica, osservazionali e interventistici, inclusi quelli di fase 1 grazie ai quali il farmaco in studio viene somministrato per la prima volta all’uomo per verificarne in prima battuta sicurezza e tollerabilità. Ad oggi sono 120 i pazienti del Nemo Milano che hanno avuto accesso ai nuovi trattamenti di cura approvati. Il centro, inoltre, è presidio per le malattie rare di Regione Lombardia, è riconosciuto Centro Ern (European Reference Network) per le malattie neuromuscolari ed è l’unico centro europeo a far parte dell’Executive Board del Neuromuscular Study Group, il consorzio scientifico internazionale impegnato nello sviluppo della ricerca sulle patologie neuromuscolari.

“La visita che abbiamo avuto il privilegio di accogliere conferma il valore del dialogo tra Paesi che scelgono di mettere al centro le persone – afferma Rasconi – Condividere la nostra esperienza clinica e scientifica significa essere al servizio delle istituzioni per contribuire a rispondere ai bisogni reali delle famiglie e generare, insieme, nuove opportunità di accesso alla cura per chi vive le nostre patologie. Perché nessuno rimanga indietro”.

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Cosa c’è dietro l’interesse di Trump per la pace tra Armenia e Azerbaigian (Il Foglio 24.11.25)

Gli accordi di agosto siglati a Washington  sono incardinati sulla Trump Route for International Peace and Prosperity, un’arteria commerciale che collegherà Baku con l’exclave di Nakhchivan. Così gli Stati Uniti ostacolerebbero i piani della Nuova Via della Seta cinese, marginalizzando anche Russia e Iran

Il raggiungimento della pace in medio oriente e Asia potrebbe svoltare a seguito della visita del primo ministro saudita Bin Salman alla Casa Bianca. Se Donald Trump riuscisse a includere l’Arabia Saudita negli Accordi di Abramo, la serie di patti bilaterali che normalizzano le relazioni tra Israele e vari stati del mondo arabo, solidificherebbe l’intesa raggiunta quest’estate nel Caucaso meridionale.   In quest’ottica, la volontà di Trump di includere l’Azerbaigian ed altre nazioni del centro Asia negli Accordi di Abramo acquisirebbe ancor più rilevanza – un’eventualità che rafforzerebbe la partnership già strategica tra Israele e Azerbaigian nei settori militare ed energetico.  Gli accordi di agosto siglati a Washington tra Armenia e Azerbaigian sono incardinati sulla Trump Route for International Peace and Prosperity (Tripp), un’arteria commerciale che collegherà l’Azerbaigian con l’exclave di Nakhchivan attraverso l’Armenia meridionale.  L’accordo sembra storico. Promette stabilità tra Armenia e Azerbaigian entro la fine del mandato Trump. Ma un quadro costruito su diplomazia personale e incentivi economici può resistere o è destinato a sgretolarsi a causa di interferenze straniere e della volatilità politica statunitense?

Prima di definire il Tripp, Armenia e Azerbaigian hanno concordato ma non firmato un trattato di pace nel marzo 2025, quando l’intelligence statunitense ha appreso che l’Azerbaigian stava preparando un’incursione militare nell’Armenia meridionale. Secondo Nerses Kopalyan, professore associato di scienze politiche all’Università del Nevada, il presidente azero Aliyev intendeva interrompere lo status quo di stabilità dell’èra Biden, mettendo alla prova la risposta di Trump. Il pretesto era il “Corridoio di Zangezur”, la versione primordiale del Tripp spinta da narrative azere. Il team di Trump ha ribaltato la formula Biden. Come ha detto Kopalyan, “Invece di fare prima la pace e poi gli investimenti, entriamo con gli investimenti come incentivo, li riportiamo alla normalità e poi firmeranno la pace.” Quest’approccio ha formulato il Tripp. Secondo Kopalyan, Baku inizialmente spingeva per il libero accesso di ogni cargo – anche militare – e per il diritto di extraterritorialità sul suolo armeno. Gli americani sono rimasti inflessibili. Il compromesso finale preserva totalmente la sovranità armena, con ispezioni meccaniche e digitalizzate nei punti di ingresso e di uscita dall’Armenia. Nonostante ciò, “Per l’Azerbaigian le richieste sono state soddisfatte”, ha affermato Ahmad Alili, direttore del Caucasus Policy Analysis Center di Baku. Tuttavia, “La chiave del successo risiederà nella creazione di procedure operative standard che definiscano le responsabilità in caso di incidenti.”

L’interesse statunitense per il Caucaso meridionale è aumentato dopo che la Cina ne ha fatto uno snodo cruciale della Nuova Via della Seta. Con la sola sponsorizzazione di un’infrastruttura commerciale, gli Stati Uniti ne ostacolerebbero i piani, marginalizzando Russia e Iran. Il Tripp è un meccanismo a basso costo che non richiede truppe, basi militari, o decine di miliardi di aiuti. Come ha detto Kopalyan, il Tripp permette agli Stati Uniti “di prendere 10 piccioni con una fava”.  Secondo Tatevik Hayrapetyan, una storica esperta di studi azeri, la mediazione degli Stati Uniti è stata accolta positivamente dagli armeni, che considerano la presenza americana un deterrente alle offensive azere. Ma Hayrapetyan sottolinea come i prigionieri di guerra tutt’ora detenuti a Baku e la retorica incoerente e talvolta guerrafondaia di Aliyev siano fonte di preoccupazione. Dopo le parole concilianti di Washington in agosto, Aliyev ha citato il “Corridoio di Zangezur” all’assemblea generale dell’Onu il 26 settembre, nonostante non sia mai menzionato negli Accordi, provocando la piccata reazione di Pashinyan, il presidente armeno.

Anche a Baku il quadro di pace è stato accolto con cauto ottimismo, come afferma Alili. Il Tripp concretizza le priorità azere: vie di transito, una chiara demarcazione dei confini e sostegno politico occidentale – senza la presenza di forze straniere sul territorio.  Ma l’entusiasmo iniziale si basa su benefici economici, non su una riconciliazione formale. Il che lascia un margine di instabilità. La Russia, un tempo indispensabile mediatore, ha espresso scetticismo attraverso il ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Secondo Alili, “Mosca vede la questione come una perdita di influenza ed è probabile che ne testi i limiti con disturbi calibrati”, che potrebbero assumere la forma di incidenti locali, pressioni indirette o campagne di disinformazione.

La reazione dell’Iran è altrettanto complessa. Come osservato da Alili, le fazioni conservatrici della Repubblica Islamica, che confina con l’Armenia a nord, percepiscono il TRIPP come una contrazione degli importantissimi trasporti su gomma verso la Georgia e il Mar Nero e come una possibile copertura per le attività di intelligence statunitensi. Ma grazie alla correttezza dell’Armenia, che ha sempre mantenuto comunicazioni regolari con Teheran, ha prevalso la linea dei moderati, più pragmatica. La visita di fine agosto del presidente iraniano a Yerevan ha mitigato le preoccupazioni e sancito nuove collaborazioni economiche. Ma gli accordi di Washington vanno ben oltre il Tripp. Gli Stati Uniti hanno firmato dei Memoranda d’intesa con Armenia e Azerbaigian. Per l’Armenia, la partnership è strategica e comprende progetti logistici, sicurezza ai confini, difesa informatica e tecnologia. Un’integrazione nelle filiere industriali statunitensi creerebbe una dipendenza vitale per la sua sicurezza. Per l’Azerbaigian, è un primo passo verso una partnership strategica con Washington.

Il quadro di pace è considerato un’iniziativa credibile: il dipartimento di stato statunitense ha annunciato l’11 settembre un pacchetto di investimenti da 145 milioni di dollari, con la convocazione di gruppi di lavoro prevista entro la fine dell’anno.  Gli incentivi economici e il soft power americano potrebbero avere successo dove anni di mediazione europea e russa hanno fallito. “L’ingresso degli Stati Uniti è visto come un punto di svolta”, afferma Alili. Una normalizzazione duratura tra Armenia e Azerbaigian, protetta da interferenze straniere con traguardi sequenziati e finanziamenti, incoronerebbe gli Stati Uniti come attore geopolitico principale nel Caucaso meridionale.  “Anche se tra cinque o dieci anni la Russia volesse tornare nella regione, troverebbe un ambiente completamente diverso rispetto al passato”, afferma Kopalyan. Ma se i venti politici statunitensi dovessero cambiare, il Tripp potrebbe appassire prima ancora di mettere radici.

Armenia-Azerbaigian: Hajiyev, in corso negoziati attivi su prigionieri armeni detenuti a Baku (Agenzia Nova 24.11.25)

Erevan, 24 nov 12:05 – (Agenzia Nova) – È in corso un processo negoziale attivo sulla questione dei prigionieri armeni detenuti in Azerbaigian. Lo ha assicurato Hikmet Hajiyev, consigliere del presidente dell’Azerbaigian e direttore del dipartimento di politica estera dell’amministrazione presidenziale, durante un incontro con esperti armeni in visita a Baku nell’ambito dell’iniziativa “Ponte della pace”. La delegazione armena, composta da Areg Kochinyan, Boris Navasardyan, Naira Sultanyan, Narek Minasyan e Samvel Meliksetyan, ha incontrato il 21 e 22 novembre colleghi azerbaigiani e funzionari di governo per discutere lo stato del processo di pace, il ruolo della società civile e progetti congiunti. Kochinyan ha riferito che la visita si è svolta in reciprocità a quella di rappresentanti azeri in Armenia e ha auspicato la continuità dell’iniziativa. Sultanyan ha sottolineato di aver sollevato la questione dei prigionieri armeni durante l’incontro con Hajiyev, senza ottenere numeri precisi, ma ricevendo rassicurazioni sull’esistenza di negoziati in corso. Secondo Minasyan, la parte armena ha chiesto misure per ridurre la retorica provocatoria e la falsificazione dei toponimi, trovando apertura da parte azerbaigiana. Nel colloquio con Hajiyev, quest’ultimo ha ribadito che, per Baku, la guerra con l’Armenia è finita e non ci sono rivendicazioni territoriali. Meliksetyan ha inoltre riferito che è stata discussa la riapertura delle comunicazioni regionali e la questione delle enclave, mentre Navasardyan ha annunciato che il formato di dialogo “5+5” sarà ampliato a nuovi partecipanti.
(Rum)

Amb. Ferranti a convegno su Armenia nell’età ellenistico-romana (Ansa 24.11.25)

(ANSA) – ROMA, 24 NOV – L’Ambasciatore d’Italia a Jerevan, Alessandro Ferranti, ha partecipato in videoconferenza con un indirizzo di saluto all’apertura del congresso internazionale ‘Armenia in the Hellenistic-Roman Age: Between Tradition and Innovation’, organizzato dal Dipartimento di Beni Culturali e dal Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, da Ismeo e da Fondazione Flaminia.
L’iniziativa è strettamente legata al recente avvio delle attività archeologiche in Armenia nell’area del Lago Sevan, condotte dall’Università di Bologna (in collaborazione con Ismeo e con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri, sotto la direzione dei Pierfrancesco Callieri e Mkrtich Zardaryan, che includono anche le prime indagini archeologiche subacquee mai effettuate nel Paese. (ANSA).


Armenia: amb. Ferranti a congresso «Armenia in the Hellenistic–Roman Age»

24-11-2025 13:21 – Ambasciate
GD – Jerevan, 24 nov. 25 – L’ambasciatore d’Italia in Armenia, Alessandro Ferranti, ha partecipato con un indirizzo di saluto in videoconferenza all’apertura del congresso internazionale «Armenia in the Hellenistic–Roman Age: Between Tradition and Innovation» [«L’Armenia in età ellenistico-romana: tra tradizione e innovazione»], organizzato dal Dipartimento di Beni Culturali e dal Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, dall’ISMEO e dalla Fondazione Flaminia. L’evento, svoltosi a Ravenna, è stato il secondo grande congresso dedicato all’Armenia a Ravenna dopo “Armenia: A Multimillennial People”, tenutosi nel 2023.
L’iniziativa è strettamente legata al recente avvio delle attività archeologiche in Armenia nell’area del Lago Sevan, condotte dall’Università di Bologna (in collaborazione con ISMEO e con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) sotto la direzione dei professori Pierfrancesco Callieri e Mkrtich Zardaryan, che includono anche le prime indagini archeologiche subacquee mai effettuate nel Paese. L’Università di Bologna vanta una lunga tradizione negli studi armeni, avviata nel 1973 dalla compianta Gabriella Uluhogian e attualmente proseguita dalla docente Anna Sirinian. ISMEO, da parte sua, vanta anch’esso una solida tradizione di ricerche archeologiche in Armenia, che spaziano dalle fasi più remote della storia armena fino al periodo tardoantico.
Nel corso dei lavori, articolati in quattro sessioni, sono state presentate relazioni di studiosi armeni e italiani riguardanti la storia, la storia dell’arte, l’archeologia e la geologia dell’Armenia. Il congresso si è concluso con un concerto di musica armena organizzato da ISMEO.

La cultura armena sbarca in Italia con l’App Voske Daran (Corriere Nazionale 24.11.25)

Filippo Biagioli dà voce a Hovhannes Toumanyan: La cultura armena sbarca in Italia con l’App “Voske Daran”. Scopri i dettagli
voske daran

È stata aggiornata ufficialmente “Voske Daran”, una nuova applicazione mobile dedicata a far conoscere le opere letterarie del celebre scrittore nazionale armeno Hovhannes Toumanyan a un pubblico globale. L’iniziativa, resa possibile grazie al supporto della Armenia Educational Foundation, mira a preservare e diffondere il ricco patrimonio culturale armeno in varie lingue del mondo.

L’ app “Voske Daran” è scaricabile da tutti gli store online e organizza le opere dell’autore in quattro sezioni distinte per una navigazione intuitiva: Leggende e ballate, Fiabe, Poemi e Quartine. Un focus speciale è stato posto sulla sezione “Fiabe“, che attualmente comprende le lingue armeno, inglese, russo, francese, italiano, giapponese e arabo. Questa sezione è in continua evoluzione, con l’obiettivo di aggiungere ulteriori contenuti e lingue nel tempo.

Per la versione italiana, le fiabe sono state interpretate da Filippo Biagioli, con la preziosa collaborazione della sua assistente Elisa Vitelli (giovane e talentuosa attrice teatrale) per le parti femminili. Le fiabe recitate dal duo includono titoli noti come: Il babbeo, Il pesce parlante, Lo stolto e lo scaltro, L’orcio dell’oro, Il servo e il padrone, Il cacciatore bugiardo, Il carnevale, Hurì la fannullona, Il bugiardo, Panos lo sciagurato, Nazar il baldo e Cuor contento il ciel l’aiuta.

Filippo Biagioli ha espresso grande entusiasmo per il progetto:

“Ho conosciuto il Museo Toumanyan di Erevan, un giorno, per caso su internet e ho fatto per loro un libro fatto a mano con le fiabe di Toumanyan. Sono stato subito colpito dalle persone armene con cui avevo contatto, gentili, calorose e amanti custodi delle loro tradizione. Toumanyan è questo, mi sento molto simile a lui nel tentare di far sopravvivere le tradizioni della nostra cultura. L’amicizia con l’Armenia è divenuta sempre più stretta tanto da realizzare per il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea della città di Kapan (Armenia) l’Opera “Spada e la Corona di Maria” e infine ho partecipato con grande passione a questo progetto di recitare le fiabe del grande scrittore armeno“.

Anche Elisa Vitelli ha condiviso le sue impressioni:

“Mi ha fatto molto piacere prendere parte al progetto di doppiaggio per l’app Voske Daran. È stato un percorso molto interessante, pieno di sorprese e istruttivo: Toumanyan tratta di temi universali, che sono stati illustrati in modo simpatico e semplice nei suoi racconti. Inoltre, le sue fiabe rappresentano un patrimonio culturale della nazione dell’Armenia; per questa ragione e per l’opportunità che mi è stata offerta e che mi ha portato a cimentarmi nell’ambito a me sconosciuto del doppiaggio, sono molto onorata. È stato bellissimo dare voce a dei personaggi che, con le loro frasi brevi ma cariche di significato, nel complesso della storia hanno espresso i valori che costituiscono la cultura armena“.

L’app “Voske Daran” è disponibile per il download immediato sui principali web store.

La Armenia Educational Foundation è un’organizzazione dedicata a sostenere iniziative educative e culturali volte a preservare e promuovere il patrimonio armeno in tutto il mondo.

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Alla scoperta dell’Armenia: un webinar per aziende e professionisti (9 colonne 23.11.25)

BigItaly focus

BigItalyFocus è un servizio di news quotidiane che offre informazioni e approfondimenti sul meglio della presenza italiana nel mondo. Dal lunedì al venerdì, offre un panorama di informazione completo che spazia dalle attività di cooperazione al made in Italy

Erevan – Il Centro per la cooperazione e lo sviluppo tra Italia e Armenia organizza un webinar in italiano dedicato a imprese e professionisti interessati al mercato armeno. “Armenia: Discover New Opportunities for Your Businesses” è il titolo dell’appuntamento in programma per il 10 dicembre alle 10. Il webinar sarà uno strumento utile per valutare il potenziale dell’Armenia come mercato di destinazione per l’export Made in Italy; scoprire procedure, tutele e best practice per operare nel Paese; approfondire il quadro legale e fiscale con esperti di primo piano; accedere a un momento di Q&A dedicato alle esigenze delle imprese. Per partecipare è necessario registrarsi a questo link. (9colonne)

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