Armenia-Azerbaigian: a rischio i luoghi di culto (Interris 03.04.24)

Il Papa, all’Urbi et Orbi di Pasqua, ha incoraggiato i colloqui tra l’Armenia e l’Azerbaigian. Affinché “con il sostegno della Comunità internazionale, possano proseguire il dialogo, soccorrere gli sfollati, rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose. E arrivare al più presto ad un accordo di pace definitivo”. Il rapporto di Chw sul Nakhichevan rivela che in dieci anni sono stati completamente distrutti 108 monasteri, chiese e cimiteri armeni medievali e della prima età moderna. Si sono salvati pochi siti armeni. Il tentativo da parte dell’Azerbaigian di cancellare ogni traccia del patrimonio storico degli armeni è una storia antica. Nel Nakhichevan, tra il 1998 e il 2005, gli azeri distrussero la maggior parte di circa 2.500 khachkar, le tradizionali croci di pietra. Considerate tra le manifestazioni più alte del patrimonio religioso armeno, riconosciute nel 2010 Patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Armenia (© Makalu da Pixabay)

Adesione alla Nato

Il Caucaso è un angolo tormentato dello scacchiere internazionale. Il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan afferma che il suo Paese non intende al momento aderire alla Nato ma sta cercando relazioni più strette con gli Stati Uniti e l’Unione europea. “Stiamo già collaborando con la Nato partecipando alle operazioni di mantenimento della pace in Afghanistan. E aumentando la nostra presenza in Kosovo. Questa è una forma di cooperazione. Ma l’intenzione di aderire alla Nato non è una questione che oggi è nell’agenda dell’Armenia”, ha affermato Mirzoyan. “Abbiamo la democrazia e vogliamo rafforzare le istituzioni democratiche – ha continuato il ministro armeno -. Vediamo che gli Usa l’Ue sono partner importanti. Stiamo ora approfondendo le relazioni economiche e politiche con Bruxelles e Washington. Stiamo cercando di garantire la nostra sicurezza e il nostro sviluppo lungo il percorso democratico e istituzionale. E vediamo che ci sono buoni partner in Occidente per questo”.

Armenia
Nella foto Garen Nazarian, Ambasciatore dell’Armenia presso la Santa Sede

Sos Armenia

Intanto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova avverte che l’incontro Armenia-Ue-Usa previsto per il 5 aprile causa preoccupazione a Mosca perché Washington e Bruxelles parlano apertamente di una sua “natura anti-Russia”. Un’alleanza sempre più forte con Cina, Iran e Corea del Nord. Con l’obiettivo di creare una coalizione che sia in grado di controbilanciare quella dell’Occidente. E’ questo a cui sta lavorando la Russia, sempre più isolata e colpita dalle sanzioni per l’aggressione lanciata più di due anni fa contro l’Ucraina. I piani russi sono stati analizzati dall’Isw, l’Institute for the Study of War, che ha notato come negli ultimi mesi Mosca stia premendo sull’acceleratore e promuovendo incontri bilaterali con lo scopo di stringere legami sempre più forti con Pechino, Teheran e Pyongyang. “Il Cremlino ha sfruttato la guerra in Ucraina per perseguire le relazioni bilaterali e creare una coalizione di stati per controbilanciare l’Occidente”, osserva l’Isw, sottolineando come questo sia stato a lungo “un aspetto centrale della politica estera della Russia”. Come esempio, il think tank che ha sede negli Stati Uniti cita l’incontro nelle scorse ore a Mosca tra il viceministro degli Esteri russo Andrei Rudenko e il rappresentante speciale cinese per gli affari della penisola coreana Liu Xiaoming.

Armania
Foto © Gwendoline Le Goff/InsideFoto/Image

Strategia russa

I due hanno parlato con una sola voce per accusare gli Stati Uniti e i loro alleati di “pensare in blocco“, in stile Guerra Fredda, e di minacciare l’Asia nord-orientale. Ma la relazione bilaterale politica e diplomatica sempre più forte con la Cina che la Russia sta portando avanti, sfruttando allo stesso tempo le sue relazioni bilaterali con Iran e Corea del Nord, rappresenta proprio il tipo di “pensiero in blocco” di cui Liu e Rudenko hanno accusato gli Stati Uniti e i suoi alleati. In particolare, negli ultimi mesi la Russia ha costruito una collaborazione stretta con la Corea del Nord, dalla quale ha ricevuto missili balistici e munizioni di artiglieria da utilizzare nella guerra contro le forze armate ucraine. In cambio, Mosca avrebbe offerto a Pyongyang una cooperazione tecnologica e altro supporto non meglio specificato, spiega il rapporto di Isw. Ciò, sottolinea, ha preoccupato la Corea del Sud che teme per la sicurezza nella penisola. Altri elementi che provano il lavoro che la Russia sta portando avanti per creare una coalizione anti-Occidente è l’incontro tra l’ambasciatore russo in Cina Igor Morgulov e Fu Hua, capo dell’agenzia di stampa cinese Xinhua. In agenda la cooperazione bilaterale nella sfera dei media, a sottolineare che la battaglia si gioca anche sul piano mediatico. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha poi avuto una conversazione telefonica con il presidente russo Vladimir Putin per discutere della cooperazione bilaterale. In questa occasione Raisi ha espresso la sua volontà di aiutare la Russia a stabilizzare la regione del Caucaso meridionale, con un riferimento agli sviluppi in corso in Armenia e in Azerbaigian.

Armenia
Foto di Mili K. su Unsplash

Sanzioni

Nel frattempo carte di pagamento russe Mir smetteranno di funzionare in Kirghizistan a partire da questa settimana. L’operatore locale di pagamenti del Paese cita il rischio di sanzioni secondarie sulla propria infrastruttura di pagamento. Le carte di pagamento Mir  (alternativa di Mosca a Visa e Mastercard) sono diventate più importanti da quando queste società Usa hanno sospeso le operazioni in Russia a causa del conflitto in Ucraina. Quindi le loro carte emesse in Russia hanno smesso di funzionare all’estero. La mossa del Kirghizistan rispecchia quella dell’Armenia, che ha interrotto il servizio delle carte Mir dal 30 marzo. Una situazione che mette in evidenza un grave problema. Ossia gli ostacoli che la Russia deve affrontare per facilitare i pagamenti dei suoi cittadini all’estero. Anche nei Paesi che non hanno imposto sanzioni contro Mosca. La Russia si è rivolta a questi Paesi “amici”, ma solo una manciata di nazioni accetta effettivamente le carte Mir. Anzi le banche di alcuni Paesi hanno fatto marcia indietro nel facilitare le transazioni Mirt. Emerge, infatti, l’urgenza di “ridurre al minimo il rischio di sanzioni secondarie“.

Il leader nordcoreano Kim Jong-un e il presidente russo Vladimir Putin. Foto: Vatican News

Fattore Mir

L’Interbank Processing Centre (IPC) è garante del regolare funzionamento del sistema di pagamento nazionale Elkart. L’interruzione del servizio delle carte bancarie Mir nella sua infrastruttura scatta il 5 aprile a causa della “cessazione di un rapporto reciproco con l’NSPK“. Il Sistema nazionale russo di pagamento con carta (NSPK) ha ricevuto da Elkart l’avviso che Mir avrebbe smesso di funzionare in Kirghizistan. Ma il primo vice governatore della Banca di Russia, Olga Skorobogatova, assicura che la banca centrale sta lavorando per risolvere il problema delle banche straniere che rifiutano le carte Mir. Sono state mobilitate le filiali estere delle banche russe. E il Faster Payments System (FPS), cioè il servizio di messaggistica finanziaria della banca centrale.

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AZERBAIJAN vs ARMENIA/ “Siamo senza alleati, in caso di guerra il nostro Paese finirebbe in un giorno” (Il Sussidiario 02.04.24)

Tutti parlano di altre guerre, discutendo sul destino dell’Ucraina, sulla possibilità che la Russia attacchi l’Europa, sul destino dei palestinesi a Gaza, senza accorgersi che un altro conflitto è all’orizzonte: quello tra l’Azerbaijan e l’Armenia, a causa delle rivendicazioni territoriali del presidente azero Ilham Aliyev. Un pericolo di cui i Paesi UE non sembrano rendersi conto, ma che, come spiega Pietro Kuciukianattivista e saggista italiano di origine armena, console onorario dell’Armenia in Italia, è assolutamente reale. Tanto più alla luce delle dichiarazioni del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, secondo il quale l’Armenia sta provocando il collasso delle relazioni con Mosca, un tempo suo storico alleato. Il legame con i russi si è allentato proprio per gli affari della Russia con Baku riguardo al gas, che aggirando le sanzioni prende anche la via dell’Europa. E anche perché, in occasione della crisi del Nagorno Karabakh, i soldati di Putin, presenti come peacekeepers, non hanno mosso un dito per difendere gli armeni dagli attacchi azeri. Insomma, a tutti fa comodo avere buone relazioni con l’Azerbaijan, tanto da passare sopra ai rischi che corre l’Armenia.

Lavrov dice che l’Armenia si sta allontanando dalla Russia, sostenendo che “la missione dell’Unione Europea in Armenia si sta trasformando in una missione NATO”, accompagnata da contatti a livello militare con Norvegia, Canada e USA. È così o non è piuttosto il contrario, che cioè sia Mosca a non appoggiare più Erevan?

La Russia non è più intervenuta a sostegno dell’Armenia. Nell’ottobre 2023, in Nagorno Karabakh, aveva dei soldati che agivano come peacekeepers quando l’Azerbaijan ha attaccato, ma i russi non sono intervenuti. I rapporti tra Armenia e Russia si sono deteriorati nel tempo. Quando l’Azerbaijan attaccava i confini dell’Armenia, che non sono stati ancora definiti, Erevan ha chiesto l’intervento del CSTO, un accordo difensivo di mutua assistenza, che però non è scattato. Non c’è stato alcun intervento nel 2020 e neanche nel 2023. Alla fine, gli armeni hanno pensato bene di rivolgersi all’Occidente. La Francia ha già mandato aiuti militari e ci sono buoni rapporti anche con l’India.

Ma qual è il motivo delle rivendicazioni azere?

Ci sono quattro villaggi nella zona di Tavush che erano azeri. All’epoca della prima guerra del Karabakh, nel 1991, sono passati in mano armena. Nello stesso tempo, però, 47 villaggi armeni erano in Azerbaijan. Aliyev vuole di ritorno i villaggi azeri senza restituire quelli armeni. Il primo ministro Nikol Pashinyan si trova ora in condizioni di rischiare una guerra con gli azeri qualora non restituisse le quattro località. Una situazione molto delicata. Oltre tutto, siccome nell’aeroporto di Zvartnots (a Erevan) i controlli di polizia e della dogana erano in parte in mano russa, l’Armenia ha chiesto di ritirare quel personale perché non ha più una funzione.

Perché la Russia non protegge più l’Armenia, per curare quali interessi?

Il gas e il petrolio russo vengono convogliati nei gasdotti azeri, che arrivano anche in Italia. In barba alle sanzioni, noi continuiamo a ricevere e pagare gas russo.

Ma i contatti dell’Armenia con francesi e americani a che livello sono?

Sono ottimi, ma non sono solidi. Sono state fatte esercitazioni con gli USA, ma non vedevano molti soldati impegnati, solo 17. Una cosa simbolica. L’Armenia in questo momento dovrebbe difendersi da sola. Ma se prova a farlo, rischia di finire male. Dietro l’Azerbaijan c’è la Turchia; in una giornata fanno fuori tutta l’Armenia.

Ci vorrebbe un sostegno un po’ più consistente da parte dell’Occidente?

Speriamo, ma non mi sembra che sia in grado di fare nulla, come Europa, e l’America è lontana. C’è anche il Canada, ma se l’Azerbaijan si muove, prima che arrivino i rinforzi, non c’è già più l’Armenia. La guerra è un rischio reale: Aliyev è pesantemente armenofobico, dice che l’Armenia non esiste ed è solo Azerbaijan occidentale.

Ci sono in corso trattative per cercare di dirimere la questione?

Sì, si continua a negoziare incessantemente, ma per adesso nessuno sa dire su che cosa potrebbe basarsi un compromesso. Gli azeri insistono sempre anche per il corridoio Zangezur, quello che congiunge il Nakhichevan con l’Azerbaijan. Lo scopo alla fine è quello: tagliare l’Armenia in due e prendersi un corridoio che da Roma arriva fino in Cina, con passaggio obbligato in Armenia. Farebbe comodo a tutti, permettendo di arrivare nelle zone più ricche al mondo, in Kazakistan, in Kirghizistan, nel Turkmenistan. Il Kazakistan è grande come l’Europa ed è il Paese più ricco al mondo quanto a materie prime. Il progetto mondiale è quello di bypassare l’Armenia. Per questo il Paese è in pericolo grave, nessuno può proteggerlo. C’è solo una questione morale che prima o poi si dovrà porre. E di leggi internazionali.

E l’Europa, cosa fa?

Gli affari con l’Azerbaijan li fa tutta Europa. Già c’è stata una specie di pulizia etnica nel Karabakh. Adesso potrebbe succedere altro, sempre per via del gas. Ma è giusto?

In Nagorno Karabakh, intanto, non è rimasto più nessuno?

No. Dicono che gli azeri lo stiano occupando. Ma non ho prove concrete che sia così. Probabilmente è tornato qualche parente di coloro che se ne sono andati nel 1991. Lì distruggono edifici che potrebbero lasciare, come il parlamento di Stepanakert: era magnifico, ma lo stanno buttando giù e la stessa cosa sarebbero intenzionati a fare per la chiesa della città. Vogliono distruggere qualsiasi cosa ricordi il passato armeno.

(Paolo Rossetti)

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I nuovi rapporti di forza tra Istanbul e Erevan (Asianews 02.04.24)

All’inizio di marzo 2024, i due ministri degli esteri Ararat Mirzoyan e Hakan Fidan si sono incontrati ad Antalya, dichiarandosi pronti a un completo ristabilimento delle relazioni diplomatiche. Gli armeni guardano alla Turchia per limitare l’influsso dei russi, mentre Erdogan coltiva l’ambizione di fare da ponte tra Oriente e Occidente.

Erevan (AsiaNews) – Mentre le elezioni amministrative in Turchia sembrano indicare per la prima volta una seria battuta d’arresto per Erdogan e il suo Akp, a Est ci si interroga anche sulle relazioni internazionali di Ankara e – in particolare – sull’accelerazione impressa negli ultimi mesi al delicatissimo tema delle relazioni con l’Armenia. Intervenendo a una conferenza a Erevan organizzata dal Centro di analisi e iniziative strategiche, il politologo russo Maksim Vaskov ha sostenuto che nelle condizioni attuali la Turchia farà di tutto per proporre all’Armenia una propria sorveglianza politica; un fatto questo che potrebbe spalancare scenari molto controversi per la vita dello Stato armeno.

Anzitutto “il rafforzamento della posizione di Ankara nel Caucaso, a cominciare dallo Stato amico dell’Azerbaigian, non suscita molti consensi a Mosca”. La Russia non può impedire agli azeri di sviluppare i propri progetti di collaborazione con la Turchia e con la Nato, ma la presenza militare russa nella regione è ancora molto significativa, ed ha lo scopo principale di valutare i pericoli e le minacce nei confronti della Russia stessa.

L’Armenia e la Turchia intrattengono relazioni diplomatiche dalla fine dell’Urss, anche se i turchi hanno chiuso le proprie frontiere agli armeni nel 1993, come reazione al processo di riconoscimento internazionale del genocidio armeno da parte dello Stato riformato da Kemal Ataturk. Anche il conflitto nel Nagorno Karabakh veniva visto con molta contrarietà da parte dei turchi, in quanto impediva il libero accesso ai corridoi di mercato.

Dal dicembre 2021, in seguito agli effetti della “guerra dei 44 giorni” nel Karabakh, la Turchia ha cercato di avviare un processo di normalizzazione dei rapporti con l’Armenia, con un incontro tra il vice-speaker dell’assemblea nazionale di Erevan, Ruben Rubinyan, e l’ex-ambasciatore turco negli Usa, Serdar Kylyč. Il 12 marzo 2022, al Forum diplomatico di Antalya, si sono incontrati i ministri degli esteri dei due Paesi, per avviare una ripresa delle relazioni a tutti i livelli. Il 1° luglio 2022 si è cominciato a riaprire le frontiere per brevi periodi per i visitatori di Paesi terzi, che volessero recarsi da un Paese all’altro, e fu stretto un accordo per riaprire le tratte di trasporto aereo tra i due, e dall’inizio 2023 sono ricominciati i voli tra Armenia e Turchia. Il 3 giugno 2023 il premier armeno Nikol Pašinyan si è recato ad Ankara per il terzo insediamento del presidente Recep Tayyp Erdogan, la prima visita di un leader armeno in Turchia dopo oltre un decennio.

Un mese fa, all’inizio di marzo 2024, i due ministri degli esteri Ararat Mirzoyan e Hakan Fidan si sono incontrati di nuovo ad Antalya, dichiarandosi pronti a un completo ristabilimento delle relazioni diplomatiche, confrontandosi sui passi concreti da fare in proposito. Ora la Turchia intende superare le storiche incomprensioni con l’Armenia, che si faceva scudo della Russia proprio per evitare gli influssi turchi, mentre oggi potrebbe paradossalmente avvenire il contrario: gli armeni si servirebbero della Turchia per limitare l’influsso dei russi, e Ankara si assumerebbe la responsabilità di fare da ponte tra Oriente e Occidente.

Considerando che una delle principali obiezioni all’ingresso della Turchia nell’Unione europea riguarda proprio il mancato riconoscimento del genocidio armeno, il nuovo scenario che si sta allestendo modificherebbe radicalmente gli equilibri, e il ruolo di mediazione che Recep Tayyp Erdogan cerca di attribuirsi nel conflitto tra Russia e Ucraina potrebbe riqualificare la Turchia anche nei confronti di questa eredità negativa del passato. Come ricorda Vaskov, “gli armeni in più occasioni hanno dichiarato di non essere contrari all’ingresso della Turchia nella Ue”, ciò che oggi renderebbe ancora più accessibile la “finestra sull’Europa” per l’Armenia stessa.

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Una serata dedicata alla storia del popolo armeno (Primamonza 02.04.24)

Una serata dedicata alla storia e alla memoria del popolo armeno, fino alla recente pulizia etnica compiuta in Nagorno K.-Artsakh. E’ quella che andrà in scena domenica 7 aprile al Binario 7 di via Turati 8 a Monza.

Una serata dedicata alla storia del popolo armeno

Il canto spezzato del popolo armeno: ieri e oggi. Questo il titolo della serata che inizierà alle ore 17.30 in sala Picasso. Attraverso la voce di di diversi relatori, con letture e musica a tema, verrà sviscerata la questione armena e i pericoli della destabilizzazione del Caucaso, uno dei punti più critici e a rischio del pianeta.

Tra i relatori presenti alla serata Bruno Scapini, diplomatico e già Ambasciatore d’Italia in Armenia, Cristina Carpinelli, del Centro Studi Problemi Internazionali (CESPI) e Ani Balian, dell’Unione Armeni d’Italia.

L’ingresso è libero. Per informazioni: ilcantospezzatodelpopoloarmeno@gmail.com

Caucaso: il rischio di un nuovo conflitto è considerato la principale minaccia per gli abitanti della regione (AgenziaNova 31.03.24)

Il rischio di una nuova guerra è percepito come la minaccia più grave per la regione del Caucaso. È quanto emerge da un sondaggio d’opinione pubblicato dal Forum economico mondiale basato su risposte di un ampio gruppo di accademici, funzionari governativi e imprenditori di tutto il mondo. L’indagine mira a valutare quali sono principali le minacce alla stabilità percepite dalla popolazione di varie regioni del mondo. Agli intervistati è stato chiesto di individuare un’ampia varietà di potenziali rischi di tipo politico, economico, social e altri ancora.

Non sorprende, d’altronde, che gli abitanti del Caucaso abbiano indicato la minaccia di una nuova guerra come la principale: non si possono, d’altronde, dimenticare le varie recrudescenze del conflitto fra Armenia e Azerbaigian per la regione del Nagorno-Karabakh, così come la guerra russo-georgiana del 2008 e la stessa invasione dell’Ucraina che, sebbene non facente parte del Caucaso, ha avuto dei riflessi per la regione. In particolare per quanto riguarda l’Armenia e la Georgia, la maggioranza degli intervistati ha indicato la “migrazione involontaria” oltre a un “conflitto interstatale” tra le cinque principali minacce percepite. I georgiani hanno elencato anche “l’utilizzo di armi chimiche, biologiche o nucleari” tra le loro prime cinque preoccupazioni. Seguono poi la “criminalità informatica” e la “carenza di approvvigionamento energetico”.

Nel caso degli armeni, invece, c’è particolare apprensione oltre che per una potenziale ripresa del conflitto con l’Azerbaigian – nonostante i due Paesi siano impegnati in complesse trattative per siglare un accordo di pace – anche per il futuro economico del Paese. A completare l’elenco dei primi cinque motivi di preoccupazione per i cittadini dell’Armenia, infatti, vi sono, a seguire, la “carenza di manodopera”, il “confronto a livello geoeconomico” e la “recessione economica”. Il raffronto fra i tre Paesi del Caucaso meridionale non può essere del tutto soddisfacente perché l’Azerbaigian non ha partecipato al sondaggio. L’indagine ha dimostrato che “l’attività economica illecita” non è qualcosa di cui gli intervistati del Caucaso si preoccupano, anche se la grande corruzione e la mancanza di trasparenza in tutta la regione vengono spesso identificate come alcuni dei principali ostacoli allo sviluppo di società stabili.

Allo stesso modo, gli intervistati nel Caucaso non sembrano eccessivamente preoccupati per la diffusione virale di notizie false e disinformazione. Secondo Saadia Zahidi, che è anche direttrice generale del Forum economico mondiale, i prossimi anni si preannunciano come potenzialmente molto pericolosi. “Le tensioni geopolitiche di fondo abbinate allo scoppio di ostilità attive in diverse regioni stanno contribuendo a determinare un ordine globale instabile”, ha scritto Zahidi nella prefazione del sondaggio. “Nel lungo termine, i progressi tecnologici, inclusa l’intelligenza artificiale, consentiranno a una serie di attori statali e non statali di accedere a un’ampiezza sovrumana di conoscenza per concettualizzare e sviluppare nuovi strumenti di disordine e conflitto, dai malware alle armi biologiche”, conclude la prefazione di Zahidi.

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L’Armenia rompe con la Russia e strizza l’occhio all’Ue: nuova crisi in vista? (Quifinanza 31.03.24)

Se si rompe una vertebra, è difficile che anche le altre restino in piedi. Devastata (ormai possiamo dire “persa”) la vertebra fondamentale della colonna strategica russa, cioè l’Ucraina, Mosca si è trovata a fare i conti con l’instabilità di tutti quegli altri territori che credeva sotto la sua diretta influenza. Oltre al Caucaso, alla Georgia e alla repubbliche etniche che fanno parte della Federazione, ora anche l’Armenia sembra volersi smarcare definitivamente dalla sudditanza al Cremlino.

La crisi diplomatica tra Mosca ed Erevan va avanti già da diversi anni, invischiata in un braccio di ferro che sembra giunto alle battute finali. Gli armeni chiedono il ritiro totale dei militari russi presenti sul territorio nazionale, mentre Vladimir Putin tuona contro l’eventualità che il Paese caucasico entri nell’Ue o, peggio, nella Nato. Il conflitto per il Nagorno-Karabakh ha sancito senza dubbio un punto di svolta, ma alla nuova postura geopolitica dell’Armenia contribuiscono vari fattori.

La “nuova” Armenia contro la Russia

Che l’Armenia si sarebbe sganciata, o comunque ci avrebbe provato, lo si era capito bene già nel 2018. Con la nomina alla guida del governo del premier Nikol Pashinyan, leader di quella “Rivoluzione di Velluto” (pacifica) che si prefiggeva come obiettivo primario la rottura con la precedente gestione di stampo sovietico, personificata dall’ex presidente Serzh Sargsyan. Entrato nelle stanze del potere ai tempi del Soviet supremo della Repubblica Socialista Sovietica Armena (1990), Sargsyan è rimasto stabilmente al timone del Paese avvicendandosi al vertice di vari ministeri e infine alla presidenza della Repubblica dal 2008 al 2018. La venuta di Pashinyan si presentava dunque particolarmente indigesta al Cremlino, anche visti i suoi dichiarati risvolti filo-occidentali.

Ma il vero turning point avvenne dopo, e coinvolse anche l’opinione pubblica armena. Dopo aver riconquistato il Nagorno-Karabakh, nel settembre 2023 il grande nemico Azerbaigian effettuò un’offensiva su larga scala bloccando già dal dicembre 2022 il vitale e strategico corridoio di Laçın. E cioè l’unico anello di congiunzione territoriale tra l’Armenia e la sua exclave nel Nagorno-Karabakh. Un colpo di mano che i peacekeeper russi avrebbero dovuto impedire, ma che invece hanno lasciato fare, attirandosi il risentimento del popolo armeno. Se i russi sono qui per proteggerci e non lo fanno, cosa li teniamo a fare? Così il governo Pashinyan ha cavalcato l’onda popolare e ha preso una serie di decisioni forti:

  • l’invio di aiuti all’Ucraina in guerra contro la Russia;
  • il congelamento (e non l’abbandono, checché ne dicano molti osservatori) dell’appartenenza alla Csto (Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva comprendente anche Tagikistan, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan);
  • l’acquisto di armi dalla Francia, altro grande Paese col quale intrattiene legami storici;
  • la “cacciata” delle guardie di confine russe stanziate presso l’aeroporto di Erevan fin dal 1992.

“Non ne abbiamo più bisogno”, aveva annunciato a marzo il ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan. Con tanto di ringraziamenti nei confronti della “controparte russa”, utilizzando così un termine davvero inedito (e non gradito) per definire la sua “sorella maggiore”. Per quanto riguarda invece le frizioni con il Csto, una sorta di “anti-Nato” a guida russa, nel gennaio 2023 l’Armenia negò lo svolgimento sul proprio territorio delle esercitazioni militari congiunte. Poco dopo Erevan si spinse ancora più in là, abbracciando una contro-esercitazione congiunta di truppe americane e armene: la “Eagle Partner” che, seppur di ridotte dimensioni, è servita a mandare un chiaro messaggio a Putin.

L’Armenia entrerà nell’Ue?

Il 9 marzo il ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, aveva dichiarato che Erevan sta valutando l’opzione di chiedere di aderire all’Unione europea. E quindi apriti cielo. La Russia vedrebbe profilarsi una “Ucraina 2, la vendetta”, guardando allontanarsi uno dei suoi storici alleati (per non dire satelliti) e reagendo nei modi che abbiamo imparato tragicamente a conoscere nel presente e non più soltanto a studiarli dal passato. Bruxelles, da parte sua, si frega le mani e non aspettava altro. Se l’Armenia fosse interessata a richiedere lo status di candidato, ciò potrebbe gettare le basi per una fase di trasformazione nelle relazioni Ue-Armenia”, si legge in una mozione approvata a larghissima maggioranza dall’Europarlamento. Mozione a sua volta salutata con entusiasmo dal premier Pashinyan, smanioso di compiere ulteriori passi avanti nella direzione europea.

Nella realtà dei fatti, tuttavia, l’Armenia resta lontana qualche anno luce dagli standard comunitari. In primis perché, nonostante le rimostranze e i proclami, resta ancora legata a doppio filo alla Russia a ogni livello economico e culturale. Perfino per gli stessi osservatori armeni, come il Regional Studies Center di Erevan, si tratta di pura e semplice propaganda dal duplice scopo: ridiscutere la natura dell’alleanza con la Federazione guidata da Putin e mostrare risolutezza sul fronte interno, rivolgendosi a una popolazione stanca di umiliazioni e soprusi esterni. In particolare, come accennato, gli armeni non perdonano agli storici protettori russi di non averli difesi dall’aggressione dell’Azerbaigian. Ma la dipendenza economica resta ancora inscalfibile, con l’Armenia pienamente dipendente dall’energia russa e dal commercio con quello che è il primo Paese per export. Per non parlare delle infrastrutture nazionali, de facto gestite da Mosca (La rete ferroviaria armena, ad esempio, è proprietà di Russian Railways). La sudditanza armena nei confronti della sua “sorella maggiore” è anche securitaria: oltre a ospitare una base militare russa, il piccolo Stato caucasico ospita circa 10mila soldati russi ed è sorvegliato ai suoi confini meridionali con Turchia e Iran da guardie di frontiera russe. Senza dimenticare le basi negli aeroporti di ZvartnotsGyumri e Erebuni. Nella mentalità del Cremlino, un attacco all’Armenia equivale a un attacco alla Russia.

Oltre a non essere aperti, i negoziati per un’eventuale adesione all’Ue non sono dunque neanche pensabili al momento. Dal punto di vista più pressante, quello appunto della sicurezza, l’Occidente non offre le medesime garanzie per l’Armenia. Nonostante i progetti di riarmo e di investimenti nel settore militare, l’Unione europea non possiede un esercito e molto probabilmente non lo costruirà mai. E gli Stati Uniti, da parte loro, non sembrano affatto intenzionati a ergersi a garanti della sicurezza armena. Non solo: uno degli avversari regionali più temibili per Erevan è proprio uno Stato membro della Nato, e cioè la Turchia.

La guerra si allargherà anche al Caucaso e all’Armenia?

Il cambio di atteggiamento e postura da parte della Russia nei confronti dell’Armenia sembra tutto tranne che un preludio alla guerra. Non lo è per tutti i motivi che abbiamo cercato di analizzare, oltre al fatto che una rottura completa tra Mosca ed Erevan trascinerebbe entrambi i Paesi in una spirale pericolosissima nel loro attuale momento storico. Questo processo potrebbe subire una definitiva accelerazione soltanto se gli americani dovessero mettere piede in Armenia. E gli Usa, al momento, non sono interessati o energici al punto da prendere una tale decisione. Dall’altro lato della barricata, la strategia del Cremlino risponde a esigenze ben precise e delineate:

  • il riavvicinamento all’Azerbaigian e al suo senior partner, cioè la Turchia di Recep Tayyip Erdogan;
  • il rinnovato supporto a Israele, attore fondamentale per gli interessi russi in Medio Oriente in quanto maggiore fornitore di armi e intelligence a beneficio degli azeri, ma anche in quanto avversario della Siria “russa” di Bashar al-Assad

 

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Auguri di Pasqua dalla Armenia (Culturacattolica 31.03.24)

«Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato il Cristo» (1Cor. 15,14s)… Solo se Gesù è risorto, è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che cambia il mondo e la situazione dell’uomo. Allora Egli, Gesù, diventa il criterio, del quale ci possiamo fidare. Poiché allora Dio si è veramente manifestato.
In queste parole di Ratzinger il senso della Pasqua, che i nostri amici armeni testimoniano

Immagini dalla Armenia

Carissimi, Buona Pasqua!

In Armenia oggi si saluta così!

– Cristo è Risorto.
– Sia benedetta la Risurrezione di Gesù .

Quest’anno per Pasqua ho capito una cosa, forse la sapevo anche prima, ma non mi era così chiara nella mente.

In questi ultimi mesi ho incontrato tantissime persone che vivono una situazione dolorosissima, di grande sofferenza. Hanno perso la Patria, le loro case, le case del Signore ( le chiese , monasteri) , i loro cari, i figli, i mariti, i fratelli , tutti i beni materiali ….. Hanno perso tutto. Molti di loro li ho sentiti spessissimo.

Nell’accompagnare le persone in questo dolore, cercando di aiutare il più possibile con tutte le cose necessarie per vivere, vedo che il loro grado di sopportazione di tutte le sofferenze subite dipende da quanto sono sicuri nella Risurrezione di Gesù.

Chi è sicuro che Gesù è risorto, che il Bene ha vinto il Male, che la Giustizia Divina prevale su tutto, riesce a superare le difficoltà senza cadere nella disperazione.

Gaiane, una bellissima donna dell’Artsakh con tre figli, marito e i nonni. Una famiglia felice. Quando è cominciato lo scorso settembre l’attacco turco, tutti dovevano correre per nascondersi sotto casa. Di solito quando bombardano, pensi solo a salvarti la vita. Invece Arman, il figlio grande di Gaiane di 12 anni, prima di lasciare la casa, velocemente ha raccolto in una busta tutte le croci che c’erano in casa, anche la croce di cartone che aveva preparato lui, e poi la piccola immagine di Maria Santissima. Diceva che se i turchi vengono, come prima cosa li distruggeranno.

Arman poi è uscito dal nascondiglio per accompagnare il nonno che doveva uscire fuori, per non lasciarlo solo… Il nonno e Arman sono morti in un’esplosione. La famiglia si è rifugiata in Armenia e ha portato le croci e l’immagine della Madonna che aveva salvato Arman. (nella foto sotto, Arman con la sua croce di cartone).

La prima volta, quando ho parlato con Gaiane , era molto arrabbiata,diceva che non voleva nessun aiuto …. Voleva suo figlio.

Non mi sono arresa alle risposte secche e fredde di Gaiane. Ho chiesto al sacerdote del villaggio, Padre Mikael (che insegna anche nelle nostre scuole domenicali), di andar a trovare la famiglia di Gaiane, di capire i loro bisogni … E così li abbiamo aiutati a distanza.

Poco a poco Gaiane ha capito che volevamo il loro Bene e ha cominciato a fidarsi .
Gaiane, Arman è con Gesù. La vita dopo la vita continua. La nostra anima la può curare soltanto il Signore. Quindi, solo andando da Lui, puoi ritrovare la pace e puoi avvicinarti al tuo bambino …
Mi ha ascoltato in silenzio.

La domenica dopo mi ha chiamato per dirmi che era andata a messa da Padre Mikael… E poi cosi tutte le domeniche mi mandava messaggi: ‘Sono stata a messa …’.

Poi il piccolo figlio Arame di 8 anni ha voluto fare il chierichetto per servire in chiesa. E insieme con la sorella hanno cominciato ad andare alle nostre scuole domenicali.

Un giorno Gaiane mi ha detto:
Sai, Arman ci chiedeva in continuazione di voler il Battesimo. Ma noi gli dicevamo sempre di aspettare, finché gli affari non vanno bene che così possiamo fare una grande festa, finisce l’assedio dei turchi…Mi pento tantissimo che non abbiamo realizzato il suo desiderio, che continuava a dircelo. Adesso, i due altri vogliono battezzarsi, ma non abbiamo né casa, né niente …
Abbiamo preso le croci belle e abbiamo fatto una piccola festa il giorno del battesimo di Arame e Maria. Arame corre in chiesa. Le messe armene sono lunghe 2.30 -3 ore. Lui sta lì attento tutto il tempo ad aiutare Padre Mikael.

Gaiane e la sua famiglia hanno ritrovatola la Pace, la Pace quella vera, quella che viene dalla certezza della Risurrezione. Vanno a messa tutte le domeniche, e anche sabato vanno in chiesa, è diventata la cosa più importante della loro vita.

Li ho incontrati tre settimane fa in Armenia. Sorridevano, davano abbracci …
Racconto a tutti, che sono ritornata a vivere , grazie alla scoperta di Gesù, le Sante Messe e la chiesa.
Oggi Gaiane mi ha chiamato per gli auguri di Pasqua :
So che la vita dopo la vita continua , anzi quella vera vita comincia dopo questa ….. – mi ha detto Gaiane …
Ha un sogno Gaiane – poter costruire la tomba di suo figlio Arman. L’hanno seppellito nel villaggio dove si sono rifugiati e vorrebbe metterla in ordine…

È un grande dono quello che ha ricevuto Gaiane e la sua famiglia. E sono molto, molto felice per loro. Con questa certezza possono portare avanti dignitosamente la loro croce. Auguro a tutti questa certezza.

Sono convinta, che il come viviamo, la nostra vita non dipende dalle difficoltà che abbiamo, o che incontriamo. Incontro tante persone che vanno in tilt, hanno la depressione e sono disperate per piccolissime cose, tipo ‘un commento cattivo di un collega di lavoro’.

Il nostro star bene dipende dalla nostra certezza che il Bene ha vinto il Male, che la Giustizia c’è , l’Amore c’è , la Verità c’è … Che con il nostro Signore Gesù tutti sono vivi …

Non sono le difficoltà che determinano la nostra vita, ma la nostra fede in Gesù, che è determinante in tutto.

Ogni volta che aiutiamo qualcuno con dei beni materiali, penso sempre che l’aiuto più grande sarebbe la vera scoperta di Gesù …

– Cristo è Risorto.
– Sia benedetta la Risurrezione di Gesù.

Buona Pasqua!

Grazie per l’Amicizia

Un abbraccio
Teresa

P.S. foto di Gaiane, Arame, Arman… e le foto che mi hanno mandato durante questi giorni festivi da diversi villaggi, dove ci sono le scuole domenicali.

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Papa Francesco: Urbi et Orbi, “non lasciamo che venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo” (SIR e altri 31.03.23)

“La guerra è sempre un’assurdità e una sconfitta! Non lasciamo che venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo. Non si ceda alla logica delle armi e del riarmo”. Lo chiede il Papa, nel messaggio “Urbi et Orbi” di Pasqua, in cui ribadisce che ”la pace non si costruisce mai con le armi, ma tendendo le mani e aprendo i cuori”. “Non dimentichiamoci della Siria, che da quattordici anni patisce le conseguenze di una guerra lunga e devastante”, l’appello del Papa: “Tantissimi  morti, persone scomparse, tanta povertà e distruzione aspettano risposte da parte di tutti, anche dalla comunità internazionale”. Poi lo sguardo del Papa va al Libano, “da tempo interessato da un blocco istituzionale e da una profonda crisi economica e sociale, aggravate ora dalle ostilità alla frontiera con Israele”: “Il Risorto conforti l’amato popolo libanese e sostenga tutto il Paese nella sua vocazione ad essere una terra di incontro, convivenza e pluralismo”. Un pensiero particolare, inoltre, alla Regione dei Balcani Occidentali, “dove si stanno compiendo passi significativi verso l’integrazione nel progetto europeo: le differenze etniche, culturali e confessionali non siano causa di divisione, ma diventino fonte di ricchezza per tutta l’Europa e per il mondo intero”. “Parimenti incoraggio i colloqui tra l’Armenia e l’Azerbaigian, perché, con il sostegno della comunità internazionale, possano proseguire il dialogo, soccorrere gli sfollati, rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose e arrivare al più presto ad un accordo di pace che sia definitivo”, prosegue Francesco, che invoca “una via di speranza alle persone che in altre parti del mondo patiscono violenze, conflitti, insicurezza alimentare, come pure gli effetti dei cambiamenti climatici. Doni conforto alle vittime di ogni forma di terrorismo. Preghiamo per quanti hanno perso la vita e imploriamo il pentimento e la conversione degli autori di tali crimini”. “Il Risorto assista il popolo haitiano, affinché cessino quanto prima le violenze che lacerano e insanguinano il Paese ed esso possa progredire nel cammino della democrazia e della fraternità”, l’altro appello del Papa: “Dia conforto ai Rohingya, afflitti da una grave crisi umanitaria, e apra la strada della riconciliazione in Myanmar lacerato da anni di conflitti interni, affinché si abbandoni definitivamente ogni logica di violenza. Apra vie di pace nel continente africano, specialmente per le popolazioni provate in Sudan e nell’intera regione del Sahel, nel Corno d’Africa, nella Regione del Kivu nella Repubblica Democratica del Congo e nella Provincia di Capo Delgado in Mozambico, e faccia cessare la prolungata situazione di siccità che interessa vaste aree e provoca carestia e fame”.

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L’Armenia blocca gli spettacoli del conduttore televisivo pro-Cremlino per continue violazioni (Agenpress 29.03.24)

AgenPress – L’Armenia ha bloccato gli spettacoli del conduttore televisivo russo filo-Cremlino Vladimir Solovyov sul suo territorio per “continue violazioni”. Lo ha annunciato  l’autorità statale di regolamentazione delle trasmissioni televisive della nazione del Caucaso meridionale .

Gli spettacoli “Serata con Vladimir Solovyov” e “Domenica sera con Vladimir Solovyov” sono stati trasmessi in Armenia sulla base di un accordo di cooperazione di massa russo-armeno sulle telecomunicazioni.

L’autorità di regolamentazione, la Rete televisiva e radiofonica armena, ha affermato che le violazioni commesse dai programmi di Solovyov erano legate agli articoli 5 e 6 dell’accordo, ma non ha fornito ulteriori dettagli.

L’articolo 5 garantisce “l’esclusione di programmi con contenuti offensivi contro i popoli e i valori nazionali” e “l’esclusione di ingerenze nelle campagne elettorali e nella vita politica interna”.

Intanto l’articolo 6 stabilisce “il rispetto delle regole durante le festività e le commemorazioni nazionali” e “l’osservanza delle regole generali durante la legge marziale e gli stati di emergenza”.

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Ciambetti: “La Pasqua è la vittoria della vita sulla morte. La pace è vita: le uniche guerre che dobbiamo combattere sono quelle contro la fame, la povertà, le ingiustizie” (Padovanews 29.03.24)

(Arv) Venezia 29 mar. 2024 –     “Porgo a tutti i Veneti gli auguri per una Pasqua vissuta in serenità con i propri cari. La mia speranza è che queste Pasqua apra la strada a convinti negoziati di pace che restituiscano ai popoli e alle nazioni oggi martoriate dalla guerra quella quiete, sicurezza e tranquillità di cui in realtà tutti abbiamo bisogno per continuare nella strada verso la giustizia e il benessere, per poter affrontare assieme le uniche guerre che dobbiamo fare: combattere contro la fame, la povertà, le ingiustizie, difendere la salute e contrastare le malattie, affrontare il cambiamento climatico, tutelare l’ambiente e il diritto di tutti a vivere in una realtà sana, sicura, giusta”. Con queste parole inizia il messaggio di augurio del Presidente del Consiglio regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, in occasione della festività pasquali. “Un pensiero caro va in questo momento alla comunità Armena, che in Veneto ha una profonda e radicata storia – prosegue Ciambetti – l’Armenia è un’isola di cultura europea tra Caucaso e Medio Oriente e ha conosciuto l’esodo dal Nogorno-Karabakh consumato nell’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale. Anche loro sono vittime di una guerra violenta: anche loro hanno diritto alla PAce. Le guerre guerreggiate oggi sottraggono risorse che sono invece indispensabili per l’intera comunità mondiale. Mai come oggi è necessario che tutte le parti in guerra “ricomincino a ricercare la pace, prima che gli oscuri poteri di distruzione scatenati dalla scienza fagocitino tutta l’umanità in una accidentale o pianificata auto-distruzione […] Non dobbiamo mai negoziare per paura, ma non dobbiamo mai aver paura di negoziare” disse il presidente statunitense John F. Kennedy nel suo discorso di insediamento nel 1961 e nonostante siano passati 63 anni quella affermazione fotografa benissimo la realtà attuale. Non abbiamo alternative: chiedere l’avvio di negoziati di pace non è un atto di viltà, ma una scelta di giustizia, non è uno schierarsi dall’una o dall’altra parte, ma è lo stare con chi soffre, con chi piange lutti, con chi oggi non ha la fortuna che abbiamo noi di festeggiare la Pasqua che nella nostra fede e cultura parla della Rinascita e della vittoria della vita sulla morte. La Pace è vita e rinascita: che la pace possa entrare in tutte le nostre famiglie”

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