Libano-Armenia: premier Karapetyan inizia visita di due giorni a Beirut (Agenzianova 12.03.18)

Erevan, 12 mar 12:28 – (Agenzia Nova) – Il premier armeno, Karen Karapetyan, è giunto oggi a Beirut, in Libano, per una visita ufficiale. Lo riferisce l’agenzia di stampa armena “Armenpress”, secondo cui la visita durerà due giorni. Karapetyan ha in programma degli incontri con il presidente libanese Michel Aoun, con l’omologo Saad Hariri e con il presidente del parlamento Nabih Berri. Il premier, inoltre, ha in agenda delle riunioni con alcune delegazione imprenditoriali locali e con i rappresentanti della comunità armena residente in Libano. (Res)

Stati Uniti-Armenia: delegazione parlamentare ricevuta da diplomatico Usa Millard, focus su cooperazione bilaterale (Agenzianova 09.03.18)

Erevan, 09 mar 11:27 – (Agenzia Nova) – Il gruppo di amicizia parlamentare Armenia-Stati Uniti ha incontrato la vice assistente segretario dell’ufficio per gli affari europei ed eurasiatici del dipartimento di Stato Usa, Elisabeth Millard. Lo riferisce l’agenzia di stampa armena “Armenpress”, secondo cui a guidare la delegazione di Erevan è la vicepresidente del parlamento Arpine Hovhannisyan. Quest’ultima ha ringraziato Millard per l’incontro e sottolineato l’importanza di rafforzare la partnership e i legami d’amicizia con gli Stati Uniti. Fra i temi di dibattito le riforme anticorruzione in fase di attuazione in Armenia, oltre che quelle legate all’indipendenza del sistema giudiziario e le prospettive di una pacifica soluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh, l’area contesa con l’Azerbaigian. (Res)

Armenia: portavoce repubblicani, non temiamo possibili “tradimenti” fra i nostri parlamentari (Agenzianova 08.03.18)

Erevan, 08 mar 16:21 – (Agenzia Nova) – Il Partito repubblicano armeno (Rpa), attualmente al governo, non teme un possibile “tradimento” dei suoi parlamentari in vista del voto parlamentare atteso il mese prossimo per nominare il primo ministro. La votazione sarà pubblica, ma il vicepresidente del parlamento e portavoce dell’Rpa Eduard Sharmazanov si è detto convinto che non ci saranno defezioni. In base ai nuovi dettami della Costituzione armena, quando terminerà il mandato del presidente uscente Serzh Sargsyan il 9 aprile, i quattro partiti con rappresentanza parlamentare potranno presentare i loro candidati e dovranno eleggere entro una settimana un nuovo capo del governo. Lo scorso 2 marzo si è tenuto si sono tenute le elezioni presidenziali, le prime con voto del parlamento, che hanno visto la vittoria dell’unico candidato Armen Sarkissian, proposto proprio dall’Rpa.

I repubblicani, grazie anche al sostegno della Federazione rivoluzionaria armena, godono di un’ampia maggioranza in parlamento e difficilmente incontreranno delle difficoltà nella nomina del premier. Diversi esponenti dell’opposizione, così come vari osservatori politici, sostengono che la maggioranza preferisca il sistema di voto palese piuttosto che lo scrutinio segreto: in questo modo, infatti, si scongiurerebbe il rischio di un “tradimento” nei confronti del candidato sostenuto dall’Rpa. “Non abbiamo rinnegati all’interno del Partito repubblicano”, ha detto il portavoce del Sharmazanov, secondo cui di parlamentari di questo tipo ce ne sono diversi in altre formazioni parlamentari. (segue) (Res)

Armenia-Italia: Davoli (Osce) ad “Armenpress”, concentrati su ricerca soluzione politica a conflitto Nagorno-Karabakh (Agenzianova 07.03.18)

Erevan, 07 mar 09:49 – (Agenzia Nova) – Infine un focus sulle relazioni armeno-italiane. “Le nostre relazioni bilaterali con l’Armenia sono eccellenti e basate su solidi legami storici e culturali. Consideriamo l’Armenia un caro amico e un partner affidabile nella regione, sia a livello politico che economico. L’intensità delle nostre relazioni è dimostrata da molte importanti iniziative organizzate nel 2017, come la prima sessione della Commissione economica congiunta, tenutasi a Roma lo scorso giugno”, ha spiegato Davoli. Per quanto riguarda i legami economici, ha concluso l’addetto stampa, “ci sono molte complementarità tra le nostre economie. Allo stesso tempo, riteniamo che vi siano ampi margini per aumentare ulteriormente la nostra cooperazione, in particolare nel settore industriale e nel commercio bilaterale. Lavoreremo quindi per rafforzare questi legami sia a livello istituzionale che promozionale, a beneficio delle nostre società e imprese civili”. (Res)

ASIA/TURCHIA – Il Consiglio di Stato annulla l’esproprio della chiesa armena a Diyarbakir (Agenzia Fides 07.03.18)

Diyarbakir ( Agenzia Fides) – Il decreto del governo turco che due anni fa aveva disposto il sequestro della chiesa di San Giragos (Ciriaco), nella città turca di Diyarbakir, è stato annullato dal Consiglio di Stato. Il pronunciamento del Consiglio di Stato turco, confermato anche dal giornale bilingue armeno-turco Agos, accoglie – sia pure dopo lungo tempo – i ricorsi presentati dai rappresentanti legali delle fondazioni legate alle comunità cristiane contro l’ordine di esproprio urgente con cui il governo turco, nel marzo 2016, aveva sequestrato un’ampia area della metropoli che sorge lungo la riva del fiume Tigri, nel quadro delle operazioni militari messe in atto nella Turchia meridionale contro le postazioni curde del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). L’area urbana sequestrata, oltre ala chiesa di San Giragos, comprendeva anche tutte le altre chiese presenti a Diyarbakir: la chiesa siriaca dedicata alla Vergine Maria, la chiesa caldea di Mar Sarkis (San Sergio), la chiesa armeno-cattolica e un luogo di culto protestante, oltre a più di 6mila abitazioni, dislocate in gran parte nel centro storico. Già al momento dell’esproprio, nessuna chiesa cristiana di Diyarbakir risultava aperta al culto. I rappresentanti della Fondazione siriaca, gli esponenti della locale comunità cristiana evangelica e la Fondazione della chiesa armena apostolica di San Giragos avevano depositato nell’aprile 2016 davanti al Consiglio di Stato i ricorsi in cui si chiedeva di annullare l’ordine di esproprio.
La chiesa armena apostolica di Diyarbakır, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 6/5/2016) è stata anche premiata per i suoi recenti restauri dall’Unione Europea, ma la cerimonia di premiazione non si era potuta tenere presso il luogo di culto, a quen tempo confiscato dalle autorità militari turche.
Quella di Diyarbakir è la più grande chiesa armena del Medio Oriente. La sua torre maestosa può essere vista da ogni angolo della città, rappresenta un rifacimento di quella originale, che fu distrutta a cannonate nel 1914.
Negli ultimi giorni, il Comitato di bilancio e di pianificazione dell’Assemblea nazionale turca ha anche ampliato da 30 a 56 la lista dei beni ecclesiastici che dovranno essere restituiti alla Chiesa siro ortodossa (vedi Fides 13/2/2018), dopo che nel 2017 erano stati posti sotto il controllo di istituzioni pubbliche turche. (GV)

(Agenzia Fides 7/3/2018).

Liana Ghukasyan – Credo nei prossimi 7 minuti (informazione.it 07.03.18)

Liana Ghukasyan. Per lei la bellezza ha un’altra forma. Le sue storie dipinte, ricolme di passione e sofferenza, raccontano con forza disarmante di lei e, inesorabilmente, anche della sua identità di donna e artista armena.
Milano, (informazione.it – comunicati stampa – arte e cultura) Per lei la bellezza ha un’altra forma. Le sue storie dipinte, ricolme di passione e sofferenza, raccontano con forza disarmante di lei e, inesorabilmente, anche della sua identità di donna e artista armena.
Di quello che i suoi occhi hanno visto, di quello che la sua anima ha vissuto.
Di quello che, quale osservatrice attenta della realtà, da sempre si appunta e conserva.“Credo nei prossimi 7 minuti”, la nuova personale di Liana Ghukasyan che inaugura giovedì 8 marzo presso la Galleria Après-coup Arte di Milano in via Privata della Braida 5 in zona Porta Romana, curata da Sarah Lanzoni, è l’espressione diretta dei sentimenti dell’artista attraverso più di 20 opere fra oli su tela, disegni su carta e incisioni, realizzate dal 2009 ad oggi.

Liana Ghukasyan, nata in Germania nel 1986 ma cresciuta in Armenia, nella regione Vahan nella provincial di Gegharkunik sul confine dell’Azerbaijan, si esprime in maniera estremamente diretta, nella vita così come nell’arte.
La sua ricerca artistica è, al contempo, indagine aperta sulle proprie emozioni più intime nonché espressione silenziosa di una identità armena molto forte.La drammaticità che esprimono i suoi lavori viene raccontata dall’artista in maniera nuda e schietta, senza filtro alcuno. Lo sgomento, l’inquietudine e il senso di turbamento che trasmettono sono in perfetto equilibrio con la spiccata vivacità che emerge dalle immagini dipinte.
L’efferatezza dei suoi racconti viene esaltata da una tavolozza di pochi colori, scelti per comunicare in maniera diretta un messaggio privato, eppure universale.

Dal suo mondo e dalla sua fantasia, dalla poesia delle sue pennellate e dei suoi disegni, nascono corpi deformati, figure a volte caricaturali, sempre in bilico tra la realtà e la fantasia, tra il grottesco e il surreale, eppure incredibilmente veri e graffianti, che parlano di carnalità e d’amore.

Sarah Lanzoni: “La forza della Ghukasyan si scatena dalle componenti di imprevedibilità contenute nella sua arte. È come se, paradossalmente, nelle sue opere riuscisse a catturare un elemento indescrivibile che sfugge di mano sia a lei, sia all’osservatore. Coglie la sensazione che l’essere umano prova quando pensa al proprio destino e al proprio futuro, senza abbandonarsi esclusivamente all’angoscia, prediligendo piuttosto la curiosità”.

Per Liana Ghukasya, che nella figura ricorda le regine neogotiche di Titti Garelli, l’arte è sentimento sincero, puro amore, e nelle sue opere mescola sentmenti diversi, incubi e ossessioni, il proprio vissuto, anche quello più drammatico come la separazione nel 1993 dal padre, ex militare dell’esercito russo, con la bellezza della vita, quando questa diventa bellezza, con la storia e la cultura della sua terra di origine. Sempre con sincerità e coraggio.

La sperimentazione nell’uso e nella scelta del colore rimane un punto focale del suo percorso. Ad esempio alterna la densità della materia pittorica, che concentra fortemente in alcune pennellate di nero o grigio scuro, a un colore steso per campiture più ariose e leggere, come nei tre oli su tela “Tutte le stelle del mare”, “Ogni volta che canto” e “Schettini”, tutti presenti in mostra a Milano.

Accanto ai 9 oli su tela, ad Après-coup Arte verranno esposti anche 12 disegni su carta e 3 incisioni a puntasecca realizzate tra il 2009 e il 2010, ovvero nei primi mesi successive al suo arrivo in Italia.

Scopri di più su https://www.informazione.it/c/08BF4694-1C4E-43B2-8219-E6CF5B96BC49/Credo-nei-prossimi-7-minuti#UAOKIRCtqRy9bQMd.99

La Ue congelata di fronte al caldo conflitto del Nagorno-Karabakh (easwest.eu 06.03.18)

Bruxelles – L’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh (Nkr) è la sola a parlare di sé stessa, avvolta nel silenzio degli altri, Unione Europea compresa. Un nome lontano, un fazzoletto di terra stretto tra due ex repubbliche sovietiche, Armenia e Azerbaijan dove dal 1994 – al termine di un conflitto iniziato nel 1988 e costato la vita a circa 30mila persone – continuano a morire militari e civili sul fronte di una logorante guerra di trincea. E con poco clamore, tranne durante le fiammate più intense alla “linea di contatto “ che separa Nagorno e Azerbaijan, come la “guerra dei quattro giorni”, che ad aprile 2016 uccise circa 350 persone. Ma anche in quel caso, l’attenzione per il conflitto generò solo appelli alla distensione o poco più. Poco per un’area geografica, quella caucasica, che ha un rapporto di partenariato con l’Ue ma che, nel frattempo, resta nell’orbita di Mosca.


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Sono passati trent’anni dalla “giornata della rinascita dell’Artsakh” (o movimento Karabakh), la corrente popolare armena votata al passaggio del Nagorno dalla giurisdizione azera a quella armena e, quindi, alla sua indipendenza. “Se avessimo perduto l’Artsakh, avremmo voltato l’ultima pagina della storia armena” ha scritto il 20 febbraio, nel giorno del trentennale del movimento, il presidente armeno Serzh Sargsyan. Ma da allora il rumore sordo del fuoco dell’artiglieria non è mai cessato del tutto.

La paralisi della Ue

Il conflitto post-sovietico è oggi una sorta di altra Crimea da cui la Ue fugge lo sguardo. Il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) – il ministero degli Esteri europeo – si dichiara incompetente sulla faccenda e limita il suo contributo al finanziamento di alcune Ong – sotto l’egida denominata Epnk – e al sostegno del gruppo di Minsk, creato nel 1992 dall’Osce per cercare di risolvere la questione attraverso vie diplomatiche e presieduto da Russia, Stati Uniti e Francia. Tentativo che si può definire fallito.

«Non c’è una soluzione militare», ha detto a febbraio l’Alto rappresentante della Ue Federica Mogherini. «La ripresa del dialogo di alto livello a Vienna, San Pietroburgo e Ginevra è uno sviluppo importante», ha sottolineato, facendo appello affinché le parti «intensifichino i negoziati e riducano la tensione sulla linea di contatto». «Crediamo che lo status quo sia insostenibile. Serve una soluzione politica, in accordo con il diritto internazionale», ha aggiunto. Di proposte concrete, però, nemmeno l’ombra.

Accordi diversi

Finora, infatti, la Ue ha trattato separatamente con Armenia e Azerbaijan, su un piano diverso, parlando pubblicamente di rado della questione. Il corteggiamento degli azeri, che da tempo si sono sganciati da Mosca, nei confronti dell’Europa non è una novità. Eppure, l’unica firma per una collaborazione rafforzata e comprensiva (Cepa), in particolare nei settori dell’ambiente e del commercio, a Bruxelles è arrivata solamente con l’Armenia, nel corso dell’ultimo summit sul partenariato orientale, lo scorso novembre.

Un’intesa che significa, per la Ue, aprire nuove opportunità commerciali con Erevan. Cosa che non è stato possibile garantire all’Azerbaijan – “buoni progressi” sul negoziato, recitava la sterile nota finale del summit – con cui Bruxelles non è nemmeno riuscita a finalizzare gli accordi per un’area comune per l’aviazione civile. “Esportare stabilità o importare instabilità” è il mantra della politica di allargamento europea, da estendere anche al partenariato orientale. Per esportare stabilità, però, non è utile la paralisi di Bruxelles sul Nagorno-Karabakh – rintracciabile anche in altre questioni come il riconoscimento del Kosovo nei Balcani occidentali, che ha vissuto un’accelerazione solamente nell’ultimo anno –.

Giustizia storica, agire sulla linea di contatto

Un senso di giustizia storica è invece ciò che serve davvero al popolo del Nagorno-Karabakh per conquistare la pace. Il giornalista ceco Jaromir Stetina, presente sul territorio durante il conflitto del 1988-1992, non si tira indietro e lo ha detto apertamente di fronte al Parlamento europeo il 28 febbraio scorso, nel corso di una conferenza sul conflitto organizzata dalle associazioni Amici europei dell’Armenia e Unione di benevolenza generale Armenia Europa.

«Sostenere le attività di sminamento nella regione, uno dei territori con più mine al mondo, e monitorare il rispetto dei diritti umani nell’area è il minimo» ha detto il chirurgo militare Eleni Theocharous, di origine cipriota, che come Stetina ha vissuto il conflitto. Finora, a rimuovere le mine nel Nagorno è stata l’Ong britannica Halo Trust, finanziata principalmente da privati. All’Ue, ricordano le associazioni, basterebbero 3,5 milioni di euro per completare l’opera anti-mine.

Se dal Seae si leva solo il silenzio, a lasciare speranze di eco alla voce di Bruxelles ci provano alcuni eurodeputati. «Coinvolgere direttamente il Nagorno-Karabakh al tavolo dei negoziati con Armenia e Azerbaijan è un modo per ottenere qualcosa» hanno detto Frank Engel e Lars Adaktusson, del Partito popolare europeo. Partire, insomma, dalla linea di contatto. Quella linea che è Nagorno. Un ossimoro, forse, che potrebbe però tramutarsi in un’apertura, unica via di fuga europea nell’area caucasica per esportare la tanto proclamata stabilità.

E allora ecco spuntare il modello del dialogo tra Belgrado e Pristina: una trattativa che Bruxelles ha intrapreso per i Balcani e dovrebbe seguire in un’area della medesima importanza per gli equilibri geo-politici e, più semplicemente, per la vita dei civili. Dieci le proposte concrete per superare la paralisi: da uno spazio destinato agli scambi tra la società civile azera e armena, a incontri frequenti delle Ong sia a Erevan che a Baku. E poi, ancora, programmi su salute, servizi di base e istruzione a sostegno delle comunità colpite dal conflitto su entrambi i lati della linea di contatto, attività di monitoraggio per i diritti umani, impatto sulle giovani generazioni.

Gli abitanti della regione sono gli unici su cui fare leva, assicura la giornalista di origini armene-bulgare, Tsvetana Paskaleva: «Le persone di Nagorno-Karabakh vogliono essere parte di questo mondo, io sono orgogliosa di conoscerli e so che loro sono pronti per essere riconosciuti».

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Il monastero di S. Lazzaro degli Armeni che ha stregato Napoleone (dailybest.it 06.03.18)

Su un piccolo isolotto della laguna di Venezia, a circa mezz’ora di vaporetto da Piazza S. Marco, sorge un luogo intriso di storia e magia: Il monastero di S. Lazzaro degli Armeni. La storia di questo luogo inizia nel lontano 1715 quando a seguito dell’invasione Ottomana, moltissimi monaci armeni di culto cattolico  cercarono asilo nella cosmopolita Venezia. Due anni dopo il senato veneziano concesse a questa folta comunità l’isolotto di S. Lazzaro nei pressi della costa ovest del Lido.

La comunità armena, precisamente appartenente all’ordine dei Makhitaristi, costruì su questa piccola isola di appena 7000 metri quadri un monastero che attualmente custodisce una serie di  mirabilia dal carattere storico, religioso e artistico e rappresenta ancora oggi uno dei centri più importanti degli studi Armeni: tra le mura del monastero furono scritti il primo dizionario in lingua armena e la prima storia moderna del paese d’origine dell’ordine monastico.

Ancora oggi è proprio l’estesa collezione di manoscritti a rappresentare il fiore all’occhiello del monastero: la biblioteca ospita la terza più grande collezione di pubblicazioni in lingua Armena del mondo e altre prestigiose pubblicazioni europee e asiatiche. L’importanza di questa collezione è così evidente che durante l’occupazione di Venezia da parte delle armate di Napoleone i monaci di S. Lazzaro furono l’unico ordine autorizzato dal generale francese a continuare la loro attività di studio.

Napoleone non è stato l’unico grande della storia a rimanere profondamente affascinato da questo luogo: il poeta inglese Lord Byron vi passò un lungo periodo nel corso del quale si dedicò allo studio della cultura e della lingua armena. Ancora oggi è possibile visitare la stanza di Lord Byron all’interno del museo di S. Lazzaro.

La sala è completamente adornata da manufatti orientali ed egizi tra cui una sfera di avorio contenente al suo interno altre sfere tutte ricavate da un unico blocco ad opera di un monaco buddista che, come vuole la leggenda, dedicò più di vent’anni a tale impresa. Nella stessa sala è possibile ammirare la mummia di un sacerdote egizio in perfetto stato di conservazione.

La storia di quest’isola però risale a ben prima dell’arrivo dei monaci Armeni: nel IX secolo ospitò l’ordine dei benedettini di Sant’Ilario e ben due secoli dopo venne scelta come luogo di quarantena per i lebbrosi. Nel ‘500 fu la residenza di poveri e malati espulsi dalla vicina Venezia  e nel corso del ‘600 ospitò i domenicani espulsi da Creta.

Da sempre un luogo di segregazione e rifiugio che oggi rappresenta una delle mete imperdibili se vi trovate a Venezia.

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La norma antirazzismo non va cambiata (Tio.ch 06.03.18)

BERNA – Nonostante la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) abbia confermato la condanna della Svizzera per aver violato la libertà di opinione del nazionalista turco Dogu Perinçek, la norma penale contro il razzismo non va cambiata. Lo ha deciso oggi il Consiglio nazionale bocciando una iniziativa parlamentare di Yves Nidegger (UDC/GE) con 123 voti contro 67.

Il democentrista ginevrino ha sostenuto che alla luce della sentenza della CEDU occorra modificare l’articolo 261bis del Codice penale stralciando la nozione di genocidio. Al limite, ha aggiunto, si può aggiornare la norma contro il razzismo precisando: «… un genocidio accertato da un tribunale internazionale competente …».

«Oggi – ha aggiunto Claudio Zanetti (UDC/ZH) – non si sa se le giurisdizioni chiamate ad applicare l’articolo in questione debbano esse stesse stabilire se un determinato evento storico sia da ritenersi un genocidio e, in caso affermativo, in che modo». Ciò causa problemi non indifferenti ai tribunali svizzeri.

A nome della commissione, Alois Gmür (PPD/SZ) ha ricordato che nella fattispecie la CEDU non ha considerato problematica la criminalizzazione della negazione di genocidio contenuta nell’articolo 261bis del Codice penale ma l’applicazione sbagliata da parte del Tribunale federale. Per questa ragione non c’è motivo di modificare la norma contro il razzismo.

Perinçek, presidente del Partito dei lavoratori della Turchia (estrema sinistra), aveva nel 2005 negato il genocidio armeno del 1915 per ben tre volte nel corso di riunioni pubbliche in Svizzera.

Dopo una condanna da parte della giustizia vodese nel 2007 per discriminazione razziale, condanna ribadita anche dal Tribunale federale, Perinçek si era rivolto alla Corte europea dei diritti dell’Uomo ottenendo ragione nell’ottobre 2015.

Per la CEDU la Svizzera aveva violato la sua libertà d’espressione. Nel 2015, la Grande Camera sentenziò che «non era necessario, in una società democratica, condannare penalmente Perinçek per proteggere i diritti della comunità armena». Le sue asserzioni «non erano assimilabili a un appello all’odio o all’intolleranza».

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‘La bastarda di Istanbul’ a teatro (Ilfriuli.it 06.03.18)

Premio Persefone 2016 come miglior spettacolo teatrale, Premio Persefone e Premio Franco Cuomo 2016 come miglior attrice a Serra Yilmaz, un’infinità di “tutto esaurito” nei principali teatri italiani, questo il curriculum delle prime tre stagioni dello spettacolo di Angelo Savelli La bastarda di Istanbul che andrà in scena per la prima volta anche nel circuito ERT per due date: sabato 10 marzo al Teatro Odeon di Latisana e domenica 11 marzo al Teatro Candoni di Tolmezzo. Entrambe le serate inizieranno alle 20.45 e avranno per protagonisti sul palco, con Serra Yilmaz – attrice icona del cinema di Ferzan Ozpetek – anche Valentina Chico, Riccardo Naldini, Monica Bauco, Marcella Ermini, Fiorella Sciarretta, Diletta Oculisti ed Elisa Vitiello.
Tema centrale e ancora scottante dell’omonimo best seller di Elif Shafak, indiscussa protagonista della letteratura turca, grande conoscitrice del passato e profonda osservatrice del presente del suo Paese, è la questione armena che rimane ancora adesso un buco nero nella coscienza della Turchia. Ad Istanbul sbarca Armanoush, giovane e tranquilla americana che, in cerca delle proprie radici armene, arriva nella famiglia matriarcale del suo patrigno turco Mustafa. Lì incontrerà Asya “la bastarda”, sua coetanea, adolescente turca ribelle e nichilista, con una grande e colorata famiglia di donne alle spalle, e un vuoto al posto del padre. Nonne, madri, zie, sorelle, amiche. Quando sono le donne a dominare la scena, tutto si intreccia, si complica e diventa affascinante.
La bastarda di Istanbul è un’intricata e originale saga familiare multietnica, popolata da meravigliosi personaggi femminili, da storie brucianti e segreti indicibili. Un segreto lega la Turchia all’Armenia, i turchi agli armeni, Asya ad Armanousch. Un segreto che forse non verrà mai svelato. Un segreto che ha l’aspetto di un’antica spilla di rubini a forma di melagrana.
Serra Yilmaz, nata ad Istanbul, ha studiato psicologia in Francia. Nel ‘77 comincia a lavorare con un gruppo di formazione teatrale e da quel momento non smette di fare teatro. Nel 1983 esordisce al cinema come attrice nel lungometraggio del regista Atif Yilmaz Sekerpare. Dal 1987, grazie al film del regista Kavur Albergo Madrepatria arriva al successo internazionale e diventa una delle più prestigiose attrici turche. Dal 1988 al 2004 fa parte del Teatro Municipale di Istanbul non solo come attrice ma anche come responsabile delle relazioni internazionali. Nel 1999 partecipa ad Harem Suaré, il secondo film di Ferzan Ozpetek, regista del quale diventa attrice/icona, interpretando anche i successivi Le fate ignoranti, La finestra di fronte e Saturno Contro, tutti grandi successi di critica e di pubblico. Lavora in popolari produzioni televisive e teatrali turche ed in alcune sofisticate produzioni teatrali francesi. I suoi eclettici interessi l’hanno manche portata ad essere l’interprete del Presidente della Repubblica Italiana e dei due ultimi Papi nelle loro visite ufficiali in Turchia e a partecipare come vocalist nei concerti di giovani gruppi musicali turchi, come i Baba Zula o il gruppo di musica improvvisata Islak Kopek (Cane bagnato). Dal 2004 interpreta con straordinario successo lo spettacolo/cult L’ultimo harem di Angelo Savelli.

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