Armash Nalbandian: «Promuoviamo la pace». Genova.mentelocale.it

A cento anni dal genocidio degli armeni: una testimonianza dalla Siria in guerra. Il giovane vescovo armeno ortodosso di Damasco a Genova. Ospite della Comunità di Sant’Egidio

In occasione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani è giunto fino a Genova Armash Nalbandian, giovane vescovo armeno ortodosso di Damasco. Ospite della Comunità di Sant’Egidio, giovedì pomeriggio ha tenuto una conferenza dal titolo A 100 anni dal genocidio degli armeni: una testimonianza dalla Siria in guerra.

È arrivato dalla Siria, terra di guerra e conflitti, per ricordare l’uccisione cento anni fa di più di un milione di armeni e per testimoniare quello che sta accadendo oggi in quelle stesse terre dove cristiani, musulmani e altre minoranze religiose stanno scontando la dura repressione dei terroristi.

«La comunità cristiana è stata una delle prime nate in Siria», spiega, «di fronte alla crescita del terrorismo bisogna riflettere: la vendetta non è una buona risposta, la tolleranza non è abbastanza. I cristiani devono essere consapevoli del loro ruolo e non chiudersi rifiutando il contatto con l’Islam». Cristiani e musulmani sono cresciuti insieme, contribuendo entrambi alla costruzione della società, all’arricchimento della cultura, alla formazione della leadership politica. «I cristiani non hanno sempre avuto vita facile nella storia, a momenti alterni sono stati perseguitati».

Ricorda il genocidio del suo popolo, gli armeni, che sotto il silenzio e l’indifferenza della comunità internazionale furono uccisi, saccheggiati, violentati, crocefissi. Proprio quello che sta accadendo di nuovo oggi in Siria e in Iraq. Persone uccise, che tentano la fuga, che hanno perso tutto: lavoro, famiglia, casa.

«La presenza dei cristiani nel mondo arabo è fondamentale», continua, «se scomparissero si acuirebbe ancor di più la contrapposizione tra occidente e oriente. Bisogna continuare a testimoniare che lo spirito cristiano prescrive pace e tolleranza, così come l’islam, il cui Dio è ugualmente misericordioso». Dall’inizio della crisi siriana sono state distrutte 85 chiese, 1800 moschee, molti sono rifugiati nel loro stesso paese.

«Oggi l’Isis e gli altri terroristi abusano del nome dell’islam per uccidere, umiliare», prosegue Nalbandian, «tutti soffrono per la pulizia etnica in corso: musulmani uccisi da altri musulmani, cristiani perseguitati e costretti alla fuga. È un nuovo genocidio». Genocidio che all’inizio è stato sottovalutato dalle potenze mondiali. Una costante che si ripete nel tempo. Il pensiero va ai ragazzi, ai bambini: «Come possono i giovani sperare di vivere in pace se stanno distruggendo loro il futuro?», chiede il vescovo, «Come possono affrontare i loro sogni?».

Giovani circondati dalla violenza del terrorismo, bambini che imparano solo la sofferenza. «Dobbiamo trarre lezioni dalla storia, è nostra responsabilità promuovere la pace. Noi in quanto cristiani pensiamo che non sia troppo tardi». Cosa si può fare? «Bisogna assicurare un governo laico, di fronte al quale tutti i cittadini siano uguali. La comunità internazionale non sarà sempre in condizione di proteggerci e l’emigrazione non è la soluzione», dice con fermezza, e continua: «Solo se c’è un governo plurale e laico che protegga tutti si può vivere in pace.

I leader religiosi devono prendere le distanze dall’estremismo. Non bisogna accettare compromessi e non dobbiamo dimenticare il potere della preghiera, che per noi in questo momento di crisi è fondamentale».

Roberta Chiossone

Livorno ricorda gli armeni con la speranza che arrivi Aznavour. Iltirreno

Il grande cantante francese potrebbe esibirsi in città per celebrare il centenario del genocidio del suo popolo nel 1915 di Roberto Riu

LIVORNO. Charles Aznavour, il grande cantautore francese di origine armena, potrebbe esibirsi a Livorno nei prossimi mesi. E’ questo uno degli eventi di maggior spicco che costituiranno il fulcro delle celebrazioni per il centenario del genocidio armeno perpetrato dall’Impero Ottomano nel 1915: una tragica vicenda che è stata discussa nella settima commissione consiliare appositamente convocata per esaminare la mozione presentata dalla consigliera pentastellata Serena Simoncini per il riconoscimento da parte della città di Livorno del genocidio armeno.

Alla seduta, oltre ai vari componenti ed all’assessore alla cultura Serafino Fasulo, sono intervenuti Massimo Sanacore, direttore dell’Archivio di Stato, il prof. Giangiacomo Panessa, per la Chiesa armena, Stefano Ceccarini dell’associazione Livorno delle Nazioni, il prof. Alessandro Orengo dell’ateneo pisano e la professoressa Nazenie Garibian, docente presso l’Accademia di belle arti di Yerevan. Durante l’audizione i relatori hanno descritto l’importanza della comunità armena a Livorno di cui resta testimonianza nella splendida facciata barocca della settecentesca chiesa di San Gregorio Illuminatore, situata in via della Madonna e di cui alcuni elementi marmorei (colonne, etc.) sono tuttora giacenti nel parco di villa Fabbricotti.

Nell’aprile prossimo, per il centenario del genocidio armeno, sarà appunto l’antico edificio sacro a costituire il luogo simbolo per varie iniziative culturali per richiamare la memoria (ma guardando al futuro) della Livorno “città europea delle Nazioni” come recita lo striscione appeso al porticato della chiesa. Si spera poi, come accennato in apertura, che possa venire Charles Aznavour (al secolo Chahnourh Varinag Aznavourian), l’indimenticabile interprete di grandi successi quali “Com’è triste Venezia”, “La boheme” o “L’istrione”. E’ inoltre prevista una mostra sul genocidio armeno con le foto scattate all’epoca da Armin Wegner, un ufficiale tedesco che denunciò il massacro e che in seguito sarà anche un tenace oppositore del nazismo.

Il vescovo armeno ortodosso di Damasco ospite della Comunità di Sant’Egidio. Primocanale.it

GENOVA – Sarà ospite a Genova della comunità di Sant’Egidio il vescovo armeno ortodosso Nalbandian per la conferenza “a 100 anni dal genocidio degli Armeni, testimonianza dalla Siria in guerra”. Esattamente un secolo fa venivano massacrati in Siria quasi un milione di Armeni, esponenti della chiesa nazionale più antica di tutta la cristianità.

Oggi Nalbadian, facendo notare una pericolosa corrispondenza, afferma:”Come il mondo non ha detto niente davanti al genocidio del 1915, così ora rimane in silenzio davanti agli orrori della guerra”. Continua auspicando a breve l’intervento della comunità internazionale,sempre più coinvolta in situazioni drammatiche.

Il Patriarca Twal: basta col negazionismo sul Genocidio armeno. Agenzia Fides

Gerusalemme (Agenzia Fides) – Una delegazione di Vescovi e sacerdoti appartenenti a diverse Chiese di Gerusalemme si è recata oggi in visita alla sede del Patriarcato armeno della Città Santa per presentare al Patriarca Narhoun Manoogian gli auguri per il Natale e l’inizio del 2015, anno nel quale si commemora il centenario del Genocidio armeno. A Gerusalemme gli armeni celebrano il Natale e il battesimo di Cristo il 19 gennaio. 
Nel suo breve indirizzo di saluto, diffuso dai media ufficiali del Patriarcato latino di Gerusalemme, il Patriarca di Gerusalemme dei Latini Fouad Twal – che guidava la delegazione ecumenica – ha sottolineato l’importanza della ricorrenza che gli armeni si apprestano a commemorare in tutto il mondo. “La Turchia – ha detto tra l’altro il Patriarca Twal – considera il Genocidio armeno come puro frutto di immaginazione. Alcune nazioni hanno avuto il coraggio e la convinzione di riconoscere e condannare il Genocidio. In ogni modo, questa enorme negazione dura da troppo tempo. Essa deve essere vinta dalla verità”. (GV) (Agenzia Fides 21/1/2015).

Premier Turchia chiede “nuovo inizio” in rapporti con Armenia. Askanews.it

Divise da valutazione su massacri della prima guerra mondiale

Roma, 20 gen. (askanews) – Il primo ministro turco Ahmet Davutoglu ha invocato oggi un “nuovo inizio” nelle relazioni tra Turchia e Armenia, divise dalla valutazione storica dei massacri avvenuti durante la prima guerra mondiale per mano ottomana, che Erevan considera un genocidio diversamente da Ankara.

“Io faccio appello a tutti gli armeni, e invito tutti coloro che credono nell’amicizia turco-armena a contribuire a un nuuovo inizio” ha detto Davutoglu in un comunicato emesso nell’ottavo anniversario della morte del giornalista turco-armeno Hrant Dink, che operava per la riconciliazione.

L’Armenia accusa l’Impero ottomano, di cui la Turchia si considera erede storico, di aver effettuato un genocidio, massacrando qualcosa come un milione e mezzo di armeni. Ankara risponde che vi furono massacri da entrambe le parti che is combattevono per il controllo dell’Anatolia.

Lo scorso anno il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha presentato delle condoglianze senza precedenti storici per il massacro degli armeni. Ma questo mese, sempre Erdogan, ha detto che intende contrastare “attivamente” la campagna sulla Turchia per il riconoscimento del genocidio armeno.

Armenia, Turchia e la contesa per una data: 25 Aprile 1915. 2duerighe.com

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan avrebbe invitato il suo omologo armeno, Serzh Sarkisian, ad una cerimonia il giorno delle commemorazioni del genocidio del 1915. La provocazione non può passare inosservata.

Cerchiamo di capire cosa sia successo. Venerdì scorso il presidente turco ha innescato una antipatica polemica invitando il suo omologo armeno alla cerimonia che celebra i 100 anni della battaglia di Gallipoli, manifestazione prevista lo stesso giorno in cui l’Armenia commemora i massacri del 1915. Una fonte ufficiale turca ha reso noto che Erdogan avrebbe ufficialmente spedito in questi giorni un centinaio di inviti ad altrettanti capi di Stato e di Governo del Mondo intero, per le celebrazioni, il prossimo 24 Aprile, del famoso episodio orientale della Prima Guerra Mondiale. In testa a questa lunga lista spicca il nome del Presidente americano Barack Obama, e poco più giù quello di Serzh Sarkissian, Presidente dell’Armenia, in conflitto con la Turchia per la questione delle centinaia di migliaia di armeni uccisi dall’Impero Ottomano a partire dal 1915 e che Ankara rifiuta di considerare come un genocidio.

L’invito di Erdogan ha raccolto un secco rifiuto da parte di Erevan, che ha denunciato una manipolazione della Storia. Questa nuova controversia tra le due capitali, che non hanno relazioni diplomatiche, nasce da un strana coincidenza della Storia. La battaglia di Gallipoli è iniziata il 25 Aprile 1915, quando un contingente di truppe inglesi, neozelandesi, australiane e francesi sbarca sulle coste di questa penisola posta nel Nord-Est dell’attuale Turchia per riaprire lo stretto dei Dardanelli e portare la guerra nel cuore dell’Impero Ottomano, alleato della Germania. Alla fine di nove mesi di aspri combattimenti, gli Alleate sono costretti a battere in ritirata lasciando dietro a loro 180mila morti. Questa battaglia, alla quale ha attivamente partecipato Mustafa Kemal e che proclamerà nel 1923 la nascita della Repubblica turca moderna sorta dalla caduta dell’Impero ottomano, viene tradizionalmente celebrata dai turchi il 25 Aprile, il giorno dopo da migliaia di visitatori che arrivano dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, dove il 25 Aprile è festa Nazionale (ANZAC Day).

Coincidenza, questo 24 Aprile segna anche l’inizio, nel 1915, degli arresti e dei massacri degli armeni da parte dell’Impero Ottomano. Ogni anno, l’Armenia e gli armeni della diaspora onorano le loro vittime. I portavoce del Presidente Sarkissian hanno affermato che Erdogan abbia deliberatamente approfittato di questo conflitto di date per distogliere l’attenzione del Mondo dalle celebrazioni che segnano il centenario del genocidio, denunciando nuovamente la politica negazionista di Ankara. Il Capo di Stato armeno ha precisato che aveva lui stesso invitato Erdogan a recarsi nel suo Paese ad Aprile e ha sottolineato che non era sua abitudine andare a trovare un invitato che non ha risposto ad un suo proprio invito. Viene solo da pensare che quella di Erdogan sia una contromisura diplomatica, per non dire boicottaggio, destinata a neutralizzare la presenza, prevista quel giorno a Erevan, di Capi di Stato stranieri: il Presidente della Repubblica francese Hollande e il Presidente della Repubblica Federale, Joachim Gauck, hanno già inviato la loro conferma di partecipazione al Presidente della Repubblica d’Armenia, e molti altri seguiranno.

La Turchia si è sempre rifiutata di ammettere qualsiasi eliminazione pianificata, riconoscendo la morte di 500mila armeni (contro il milione e mezzo di morti, dimostrati dalla cronache e dalla storia). Nell’aprile del 2014, il Presidente Erdogan, allora primo Ministro aveva, timidamente, porto le sue condoglianze a tutti i caduti della prima guerra mondiale: avevo espresso il suo rammarico, evocando un dolore comune, ma forse era anche riuscito a mettere sullo stesso piano vittime e carnefici. Non era riuscito ad affermare, con la determinazione necessaria, che una voluta pianificazione delle morti armene era stata posta in essere dai suoi predecessori: morti nelle marce forzate e gli assassinati fra quelli che erano sopravvissuti alle marce E la scorsa settimana ha fatto un’ulteriore e pesante marcia in dietro, scartando formalmente qualsiasi possibilità di riconoscere il genocidio. Secondo un sondaggio apparso questa settimana, meno del 10% dei turchi desiderano che il loro Governo riconosca il genocidio armeno (anche se sulla spontaneità delle risposte abbiamo di certo più di un dubbio). La Turchia e l’Armenia hanno firmato nel 2009 dei protocolli, chiamati “di Zurigo”, che avrebbero dovuto normalizzare le loro relazioni. Cinque anni dopo, questi testi non sono ancora stati ratificati.. Una cosa è il negazionismo perpetrato da qualche sedicente studioso revisionista, altra cosa è il negazionismo di Stato: in questo caso, il negazionismo è un atto che rende ancora più è perfetto il crimine, lo compie due volte. Un genocidio non è un conflitto aperto a mediazioni diplomatiche, ma è un crimine contro l’umanità che, se non riconosciuto, aumenta non solo il dolore, ma annienta il pur presente desiderio di riconciliazione dei sopravvissuti. E’ da qui che bisogna ripartire.

di Jacqueline Rastrelli

Turchia, in migliaia manifestano in ricordo giornalista Dink Askanews.it

Ricorre ottavo anniversario del suo assassinio

Istanbul, 19 gen. (askanews) – Migliaia di persone hanno sfilato per le strade di Istanbul in ricordo del celebre giornalista turco, di origini armene, Hrant Dink, nell’ottavo anniversario del suo assassinio che resta ancora attorniato da diverse zone d’ombra.

I manifestanti hanno marciato da piazza Taksim fino alla sede del quotidiano bilingue turco-armeno Agos che dirigeva, dietro uno striscione nero su cui era scritto “Prendiamo coscienza del genocidio con Hrant Dink” ed equipaggiati di cartelli dove era scritto “Noi siamo tutti Hrant Dink, noi siamo tutti armeni”.

Il 19 gennaio 2007 Hrant Dink, 52 anni, figura celebre della piccola comunità armena di Turchia, fu ucciso con due colpi alla testa davanti alla redazione di Agos.

Il giornalista si batteva per la riconciliazione tra turchi e armeni ma era inviso ai nazionalisti turchi, che non gli perdonavano di aver definito genocidio i massacri dei quali gli armeni furono vittime durante la Prima guerra mondiale. Ankara rifiuta categoricamente di riconoscere ogni eliminazione pianificata degli armeni da parte dell’Impero ottomano.


Internazionale.it 19.01.2015

La commemorazione per il giornalista Hrant Dink in Turchia

Diverse migliaia di persone hanno partecipato a un corteo nelle strade di Istanbul in memoria del giornalista turco di origine armena Hrant Dink, nell’ottavo anniversario del suo omicidio rimasto irrisolto.

I manifestanti hanno sfilato da piazza Taksim fino alla sede del giornale bilingue turco-armeno Agos di cui Dink era il direttore. Il 19 gennaio del 2007 Hrant Dink, 52 anni, una figura rinomata nella comunità armena della Turchia, è stato ucciso con due proiettili davanti alla sede di Agos. Il giornalista era impegnato a favore della riconciliazione tra turchi e armeni, ma era odiato dai nazionalisti turchi per aver definito genocidio il massacro di cui gli armeni furono vittime durante la prima guerra mondiale. Afp

Per gli armeni l’invito di Erdogan al Presidente Sarkysian per i 100 anni dalla battaglia di Gallipoli è una provocazione. Agenzia Fides

Istanbul (Agenzia Fides) – I cristiani armeni che vivono in Turchia considerano una provocazione mirata l’invito rivolto dal Presidente turco Recep Tayyip Erdogan al Presidente armeno Serzh Sarkysian a partecipare, il prossimo 24 aprile, alle celebrazioni che si terranno in Turchia per celebrare la battaglia di Gallipoli. Lo riferiscono fonti locali riportate dal giornale Agos, settimanale armeno bilingue pubblicato a Istanbul, che definisce l’invito di Erdogan come “il passo disonesto di una persona maleducata”. Secondo i giudizi e i commenti pubblicati dalla rivista, l’intenzione provocatoria del governo turco si esprime nella scelta di collocare la celebrazione nello stesso giorno in cui gli armeni si preparano a far memoria del centesimo anniversario del Genocidio armeno. 
La cosiddetta “campagna di Gallipoli”, lanciata contro l’Impero Ottomano nella primavera del 1915, rappresentò uno dei disastri militari più eclatanti degli eserciti alleati durante la Prima Guerra mondiale. Il Presidente turco Erdogan, artefice di una linea politica che molti analisti definiscono “neo-ottomana”, ha invitato decine di capi di Stato – compreso quello armeno – a partecipare il 24 aprile alle cerimonie per il centenario di quella vicenda bellica. Nei giorni scorsi, la stampa armena ha diffuso la lettera di risposta inviata da Sarkysian a Erdogan in cui il Presidente armeno, respingendo l’invito, tra le altre cose accusa la Turchia di perpetuare la sua politica negazionista riguardo al Genocidio armeno attraverso il perfezionamento delle strumentalizzazioni miranti a distorcere la storia. La campagna di Gallipoli iniziò nel marzo 1915 e si concluse nel gennaio 1916. Quindi – conclude Sarkysian – la scelta della data per la celebrazione rappresenta un tentativo spudorato del governo turco di “distrarre l’attenzione del mondo dal centesimo anniversario del Genocidio armeno”. (GV) (Agenzia Fides 19/1/2015).

Armenia: famiglia massacrata; morto anche bimbo 6 mesi. Swiss info

Sale a sette il numero delle vittime del massacro di una famiglia a Ghiumri, in Armenia, di cui è accusato un militare russo, Valeri Permiakov. È infatti morto un bambino di sei mesi ferito a coltellate, che era l’unico sopravvissuto alla strage.

Il presunto soldato-killer avrebbe ucciso a colpi di kalashnikov gli altri sei membri della famiglia nella loro abitazione e si trova ora in stato di fermo nella base militare russa N102 a Ghiumri, dove prestava servizio.

La settimana scorsa migliaia di persone hanno manifestato sia a Ghiumri che nella capitale Ierevan chiedendo l’affidamento del militare alla giustizia locale. Permiakov è stato arrestato nella notte tra il 12 e il 13 gennaio mentre tentava di attraversare il confine tra l’Armenia e la Turchia.

Tra Turchia e Armenia la guerra degli anniversari. Asknanews.it

Scambio di inviti e rifiuti tra Erdogan e collega armano Sarkisian

 

Roma, 17 gen. (askanews) – Ha declinato l’invito di Recep Tayyip Erdogan, come d’altronde previsto. Ma il presidente armeno Serzh Sarkisian ha anche colto l’occasione per puntualizzare e polemizzare sulla richiesta turca di presenziare alle celebrazioni del centenario della battaglia di Gallipoli, accusando il collega turco di strumentalizzare l’evento e cercare di deviare l’attenzione da quello che esattamente cento anni fa accadeva in Turchia, parallelamente alla battaglia con l’Intesa: i massacri di armeni, che per Erevan rappresentano un genocidio vero e proprio, mentre Ankara li tratta come eventi di guerra. Insomma: sullo sfondo di tensioni mai sopite, in occasione del doppio anniversario “tondo”, tra i due Paesi è scoppiata la guerra degli “inviti”, fermo restando che, chiaramente, il capo dello Stato armeno non andrà in Turchia per le celebrazioni del 23-24 aprile, come pure Erdogan non sarà a Erevan in quei giorni per le commemorazioni delle vittime armene sotto l’impero Ottomano durante la prima guerra mondiale.

In una lettera indirizzata al presidente turco, riferisce oggi il quotidiano Hurriyet, Sarkisian fa notare di non avere mai ricevuto risposta all’invito inviato a Erdogan per il giorno della memoria degli armeni massacrati nel 1915. “Sua Eccellenza, alcuni mesi fa l’ho invitata a visitare Erevan – scrive il presidente armeno – e non è nostra tradizione fare una visita senza aver avuto risposta a un nostro invito”.

Sarkisian ha criticato quella che definisce “la tradizionale politica della negazione” da parte turca: la Battaglia di Gallipoli, argomenta, iniziò il 18 marzo 1915 e terminò a gennaio 1916, mentre le operazioni degli Alleati cominciarono il 25 aprile. “Qual è dunque l’obiettivo, se non quello di deviare l’attenzione mondiale dagli eventi del centenario del genocidio armeno?”, chiede il presidente del Paese caucasico, contestando la scelta turca di organizzare grandi celebrazioni proprio in quella data.

L’invito di Erdogan è stato inoltrato a 110 capi di Stato. Le celebrazioni turche per la battaglia di Gallipoli si terranno il 23 e 24 aprile. Strategica sulla sponda europea dello stretto dei Dardanelli, la penisola di Gallipoli fu teatro durante la Prima guerra mondiale di una delle più cruente battaglie del conflitto, che si concluse con la ritirata delle truppe dell’Intesa e pesantissime perdite subìte nel tentativo di occupare le trincee turche: 180mila morti per gli alleati e 66.000 per i turchi.

Il 24 aprile del 1925 centinaia di armeni furono arrestati a Costantinopoli, oggi Istanbul, segnando l’inizio di una strage di dimensioni enormi e per cui l’Armenia reclama il riconoscimento di genocidio. La Turchia nega, ammette la morte di circa 500mila armeni (contro gli almeno 1,5 milioni di vittime secondo Erevan) dovuta, secondo le autorità di Ankara, alla carestia e al conflitto in corso che vedeva gli armeni schierati con la Russia.

L’anno scorso, ancora da premier, Erdogan ha presentato all’Armenia le proprie condoglianze, gesto senza precedenti nelle complicate relazioni tra i due Paesi. Ma il leader turco, oggi capo dello Stato, ha di recente messo in chiaro che non ci sarà il riconoscimento del genocidio. Già nel 2014 Sarkissian aveva formalmente invitato Erdogan alle commemorazioni del genocidio.