Ecco i sette motivi per cui la Turchia non deve entrare nell’Unione europea (Il Secolo d’Italia 04.02.18)

“Mamma li turchi!”. L’eco ancestrale delle invasioni saracene in Europa è ancora vivo nei popoli costieri italiani, con il carico di terrore e devastazioni che queste invasioni portavano con loro. Oggi naturalmente non sono più quei tempi, siamo tutti civili, tutti fratelli, ci siamo scordati il passato e guardiamo verso il sol dell’avvenire. Ma, anche oggi, ci sono alcuni motivi seriamente ostativi a che la Turchia, Paese di 80 milioni di abitanti per il 98 per cento musulmani, entri nell’Unione Europea.

1 – La politica turca è fortemente condizionata dalle forze armate, che anche pochi mesi fa hanno tentato un colpo di Stato, represso dal governo con migliaia di arresti.

2 – Mentre il “sultano” Recep Tayyp Erdogan viene a ncontrare Mattarella, Gentiloni e il Papa, le sue truppe stanno invadendo militarmente uno Stato sovrano, la Siria, uccidendo centinaia di civli, nel silenzio più completo di Ue e Onu, anche se la Turchia fa parte della Nato.

3 – In Turchia i diritti umani non vengono minimamente rispettati: 170 giornalisti sono in carcere e gli oppositori politici vengono peserguitati senza alcuna garanzia legale per i loro diritti. Vi sono denuncie da parte di molte organizzazioni umanitarie. Lo stesso presidente di Amnesty International Turchia si trova in carcere.

4 – La Turchia da anni persegue una sistematica prsecuzione della minoranza curda (18 per cento della popolazione totale), accusata di terrorismo; cosa vera solo in minima parte, ossia per il movimento comunista curdo Pkk, responsabile di sanguinosi attentati; ma tutti i curdi vengono discriminati e perseguitati. L’invasione armata della Siria è legata alla presenza di curdi anti-Isis nel territorio siriano.

5 – Nel 1915 il regime turco fu responsabile del genocidio degli armeni, veritàstorica inoppugnabile. Finché Ankara non riconoscerà tale verità storica e non chiederà scusa agli armeni, non può entrare in un’organizzazione come la Ue, anche se fa parte della Nato, di cui è la seconda forza armata più potente, dopo gli Usa.

6 – In Turchia sono attivissime le organizzazioni terroriste islamiche, che durante il golpe siriano hanno favorito l’ingresso di foreign fighters e di armi proprio dai confini turchi.

7 – Il presidente Erdogan, pochi mesi fa, ha proposto di ripristinare la pena di morte in Turchia (impiccagione), che fu abolita nel 2004, proprio in vista dell’entrata del Paese nella Ue.

Ci pare che basti e avanzi. Vedremo domani se Mattarella, Gentiloni, ma soprattutto il papa, prometteranno al “sultano” Erdogan di caldeggiare la sua entrata nell’Unione Europea. Un ruolo fondamentale ovviamente lo giocheranno le vendite di armamenti ad Ankara e gli accordi commerciali.

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Oggi San Biagio, il Santo che protegge la gola e gli otorinolaringoiatri (Giornaledipuglia.com 03.02.18)

VITTORIO POLITO – Com’è noto il 3 febbraio, ricorre la festività di San Biagio, indiscusso protettore della gola e degli specialisti otorinolaringoiatri. Biagio – il cui nome latino ‘Blasius’, deriva dall’aggettivo ‘blaesus’, balbuziente, ed a sua volta, dal greco ‘blaisos’, storto.

“Tra i Santi di più antica devozione che l’Oriente ha trasmesso all’Occidente tramite i documenti provenienti da Bisanzio nel periodo dell’Iconoclasmo, emerge la figura di San Biagio, ritenuto martire in Armenia al tempo dell’imperatore Licinio durante l’ultima, violenta ondata di persecuzioni contro i cristiani, accusati di contrastare la restaurazione dei culti tradizionali e di rifiutare la divinizzazione dell’imperatore”, scrive Stefania Colafranceschi nel suo capitolo “La Vita di San Biagio” (San Biagio Patrono di Cento – Minerva Edizioni).

Uno dei miracoli più noti è quello in cui si recò da lui una donna, il cui figlio era sul punto di morire a causa di una lisca di pesce che si era conficcata in gola e la benedizione del Santo con due ceri incrociati lo risanò immediatamente. Pare che il culto di San Biagio sia particolarmente diffuso al Sud, ove si celebra, come in altre chiese, il rito dei due ceri per la benedizione della gola.

San Biagio, martire e vescovo di Sebaste (Armenia), sarebbe stato martirizzato nel 316 per decapitazione, sotto la dominazione di Licinio (307-323).

Arrestato durante la persecuzione ordinata da Licinio, Biagio fu imprigionato, picchiato e sospeso ad un legno, dove con pettini di ferro gli fu scorticata la pelle e quindi lacerate le carni. Dopo un nuovo periodo di prigionia, fu gettato in un lago, dal quale uscì salvo, quindi per ordine dello stesso giudice, subì la decapitazione.

Il potere taumaturgico del Santo si estese nel tempo anche a numerose altre malattie: in Germania è invocato contro i mali della vescica, per l’affinità fra il suo nome e il termine tedesco che indica quest’organo.

San Biagio è stato innalzato alla dignità di santo ed è invocato contro i mali di gola. Il corpo di Biagio venne deposto nella sua cattedrale a Sebaste (Turchia), ma nel 732, mentre gli Arabi incalzano nella loro guerra di espansione religiosa, le sue spoglie vengono imbarcate da alcuni armeni alla volta di Roma. Secondo la leggenda, un’improvvisa tempesta costrinse la nave ad interrompere il viaggio nelle acque di Maratea (PZ) presso l’isolotto di Santo Ianni. Maratea rappresenta uno dei più importanti luoghi sacri di riferimento per i fedeli di San Biagio, poiché sede di un importante Basilica Pontificia che custodisce i resti del santo, tra cui il torace.

Il Santo viene ritratto da solo o con altri santi, rivestito con le insegne episcopali, spesso con il libro in mano o con altri attributi specifici, cioè con le candele incrociate, con il vaso delle medicine e, nei paesi germanici e scandinavi, con il corno da caccia. Da qui deriva il patronato affidato a San Biagio per i suonatori di strumenti a fiato e per estensione anche dei venti.

San Biagio fa anche parte dei quattordici santi cosiddetti ausiliatori, ossia, quei santi invocati per la guarigione di mali particolari. È venerato in moltissime città e località italiane, in molte delle quali è stato proclamato anche santo patrono. Interessanti sono anche alcune tradizioni popolari tramandatesi nel tempo in occasione dei festeggiamenti a lui riservati.

In molti posti la tradizione porta al consumo di particolari alimenti: a Milano si mangia l’ultima fetta di panettone avanzato da Natale, a Roma, presso la chiesa di San Biagio della Pagnotta era­no offerti piccoli pani benedetti; a Ruvo di Puglia (ove il Santo ne è il protettore è venerata una sta­tua in legno del XVI sec.) si be­nedicono e distribuiscono i «frecedduzze» (ciambelline a forma di nodo, quello della gola che il Santo deve sciogliere).

Lo scheletro del Santo è con­servato a Maratea ma reliquie importanti sono presenti in molte Chiese. In Puglia sono a Ruvo, Carosino (un pezzo di lingua), Avetrana, Ostuni, Nardò, Gallipoli. Dal monastero situato sul monte Subasio invitano a bere la «birra di San Biagio» che «riflette la natura mistica di chi la produce». E consoliamoci perché il detto popolare avverte: «Per San Biagio il vento è andato… da ogni pertugio entra il sole».

Alcune di queste note sono state riprese dalla pubblicazione di Domenico Petrone e del sottoscritto “San Biagio tra storia, leggenda e tradizione” (ECA Edizioni).

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Kazakhstan-Armenia: incontro tra primi ministri, focus su cooperazione economica (2) (Agenzianova 02.02.18)

Astana, 02 feb 15:12 – (Agenzia Nova) – Il Consiglio intergovernativo eurasiatico riunisce i premier dei paesi dell’Unione economica eurasiatica (Uee). Durante la riunione, la prima del 2018, i capi di governo discuteranno dello sviluppo dell’integrazione interna, del miglioramento del quadro giuridico, dei rapporti commerciali transfrontalieri, della cooperazione agro-industriale e della situazione macroeconomica dei paesi membri. A margine della riunione si tiene poi il forum intitolato “Agenda digitale nell’era della globalizzazione”, cui parteciperanno i premier presenti, esperti internazionali e rappresentanti della presidenza kazakha. Scopo del forum è promuovere la digitalizzazione nella regione e rafforzare la partnership fra i paesi dell’area, puntando a un’integrazione dei sistemi d’informazione degli Stati membri. L’Unione economica eurasiatica è composta da Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan e Russia. (Res)

Kazakhstan-Armenia: incontro tra primi ministri, focus su cooperazione economica (Agenzianova 02.02.18)

Astana, 02 feb 15:12 – (Agenzia Nova) – Il primo ministro armeno Karen Karapetyan ha incontrato l’omologo kazakho Bakhytzhan Sagintayev presso la riunione del Consiglio intergovernativo eurasiatico ad Almaty. L’interscambio commerciale tra i due paesi è cresciuto del 51,2 per cento da gennaio a novembre del 2017, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. “Si tratta del risultato di un lavoro comune, e numerosi altri progetti possono risultare promettenti se realizzati insieme; abbiamo anche spiegato ai nostri interlocutori le opportunità offerte dalla zona economica libera di Meghri”, ha detto Karapetyan. Entrambe le parti si sono infine dichiarate d’accordo sulla necessità di rafforzare i legami economici, sottolineando che i settori su cui puntare sono in particolare quello delle tecnologie dell’informazione, dell’agricoltura, dell’estrazione mineraria ed altri. (segue) (Res)

Armenia-Russia: incontro fra premier in Kazakhstan, focus cooperazione economica (Agenzianova 02.02.18)

Astana, 02 feb 15:35 – (Agenzia Nova) – Il primo ministro armeno, Karen Karapetyan, ha incontrato oggi l’omologo russo, Dmitrij Medvedev, presso il Consiglio intergovernativo eurasiatico ad Almaty. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”. I due vice premier hanno discusso di questioni economiche, in particolare dei volumi di interscambio commerciale tra i due paesi e dell’attuazione dei programmi di investimento. Il Consiglio intergovernativo eurasiatico riunisce i premier dei paesi dell’Unione economica eurasiatica (Uee). Durante la riunione, la prima del 2018, i capi di governo hanno discusso dello sviluppo dell’integrazione interna, del miglioramento del quadro giuridico, dei rapporti commerciali transfrontalieri, della cooperazione agro-industriale e della situazione macroeconomica dei paesi membri. A margine della riunione si è poi tenuto poi il forum intitolato “Agenda digitale nell’era della globalizzazione”, cui parteciperanno i premier presenti, esperti internazionali e rappresentanti della presidenza kazakha. Scopo del forum è promuovere la digitalizzazione nella regione e l’integrazione dei sistemi d’informazione degli Stati membri. L’Unione economica eurasiatica è composta da Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan e Russia, ma ad Almaty sono presenti anche delegazioni ufficiali di Azerbaigian e Tagikistan. (Res)

3 Febbraio, San Biagio: vita e opere più rappresentative (Meteoweb 02.02.18)

Il 3 febbraio la Chiesa cattolica festeggia San Biagio, detto San Biagio di Sebaste, medico, vescovo e martire della comunità armena di Sebaste. Si narra che per sfuggire alle persecuzioni cristiane, ai tempi del perfido imperatore Licinio, visseda eremita sul monte Ardeni o Argies, dormendo in un giagiglio di erbe e foglie secche e nutrendosi di quel poco che riusciva a trovare. Tutti gli animali della zona, tra cui cervi , carpioli, asini, serpenti, rimanevano mansueti, non allontanandosi fino a che il Santo non li benediceva, mentre i cacciatori, sempre più spesso, tornavano a casa a mani vuote perché tutte le bestie si raduvano alla grotta di San Biagio e gli uccelli gli portavano da mangiare. Qualcuno scoprì l’affollamento di animali alla caverna, riferendo il tutto all’imperatore che pensò bene di mandare una delle sue legioni a prendere il Vescovo.

Biagio venne arrestato, imprigionato, picchiato e scorticato vivo con pettini di ferro, usati all’epoca per cardare la lana. Durante il processo, Biagio rifiutò di abiurare la propria fede in Cristo. Straziato, il futuro Santo fu decapitato nel 316, a distanza di 3 anni dalla concessione dela libertà di culto all’impero. Il corpo venne sepolto nella Cattedrale di Sebaste. Nel 732 parte dei suoi resti mortali vennero imbarcati per essere portati a Roma ma una tempesta bloccò il viaggio a Maratea dove i fedeli, prendendo le reliquie, le conservarono nella Basilica sul Monte San Biagio. Tante località vantano di possedere un pezzo del suo corpo: Carosino, in provincia di Taranto ha un pezzo di lingua, custodito in un’ampolla incastonata in una croce d’oro massiccio; Caramagna Piemonte un pezzo di cranio, il Santuario di Cardito (provincia di Napoli) un ossicino dl braccio, San Piero Patti (provincia di Messina) un molare, Sala del Tesoro nella Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli un pezzo del dito del Santo.


San Biagio, ci protegge dal mal di gola. Domani 3 febbraio

Ogni anno, il 3 febbraio, in quasi tutte le chiese cattoliche, all’interno di una celebrazione, viene inserito il rito della “benedizione della gola”. È un rito strettamente legato al santo del giorno, San Biagio, conosciuto e venerato sia nella chiesa orientale che in quella occidentale.

Sono diverse le tradizioni e i modi in cui si svolge il rito della “benedizione della gola. In alcune parrocchie lo si fa appoggiando “due candele in forma di croce sotto il mento alla gola di ciascuno“, come definito nel Cantuale Antonianum in “La benedizione di San Biagio“: in qualche altra, si unge una candela con l’olio benedetto e con questa si fa una croce, mentre altre parrocchie ancora – invece delle candele – benedicono la frutta da portare a casa e condividere con tutta la famiglia, in particolare con chi non sta bene. Ciascuno di questi “riti” è accompagnato da preghiere d’intercessione.

Il periodo in cui si fa memoria di San Biagio è abbastanza rigido, con conseguenti influenze e mal di gola, anche questo motivo ha contribuito a invocare il Santo contro le malattie della gola, ma ciò che porta ad invocarlo è un fatto accaduto nella sua vita. Nato a Sebaste, in Armenia, verso la fine del III secolo dopo Cristo, Biagio studiò medicina, quindi si dedicò alla professione di medico. Eletto vescovo, non riuscì mai ad abbandonare completamente la sua vocazione a dar sollievo ai corpi oltre che alle anime.

È stato eletto “protettore della gola” dopo che una madre si rivolse a lui disperata: suo figlio stava soffocando a causa di una lisca di pesce che gli si era fermata in gola. Biagio fece quel che si fa ancor oggi quando capitano casi simili: fece ingoiare al ragazzo un pezzo di pane. La mollica staccò la lisca, e la portò con sé, e il bambino ricominciò a respirare normalmente. Biagio, prima di dare il pane al bambino, lo aveva benedetto, e gli aveva fatto il segno della croce. Da quel momento, si cominciò a parlare dell’avvenimento come di un miracolo.

Considerato il successo di Biagio, secondo il prefetto di Diocleziano per l’Armenia, Agricola era meglio toglierlo di mezzo prima che il popolo lo proclamasse santo. Dopo averlo fatto scorticare con pettini da cardatori, lo fece decapitare. In questo modo, Agricola ottenne per Biagio il doppio titolo di Santo e Martire. Per questa sua morte, Biagio venne proclamato Santo protettore dei cardatori e dei materassai, oltre che di coloro che hanno problemi di gola

Comunità religiose russe terranno azione umanitaria su larga scala in Siria (Sputniknews 01.02.18)

I rappresentanti delle comunità religiose russe dal 3 al 9 febbraio terranno in Siria e Libano un’azione umanitaria senza precedenti. Lo ha comunicato a RIA Novosti il portavoce del Patriarcato di Mosca Stefan Igumnov.

“La campagna sarà senza precedenti, come la composizione della delegazione, il volume degli aiuti offerti e il grado di coordinamento con la comunità religiosa locale”, ha detto Igumnov.

Gli eventi principali dell’iniziativa si terranno a Damasco e nei luoghi di residenza dei rifugiati siriani locali nella valle della Bekaa in Libano.

Igumnov ha osservato che il gruppo di lavoro inter-religioso è stato istituito lo scorso aprile su iniziativa della Chiesa ortodossa russa e ha già implementato con successo due campagne per la raccolta di aiuti umanitari e il loro trasferimento alla Siria. La delegazione include rappresentanti delle principali comunità cristiane e musulmane della Russia: Chiesa ortodossa russa, la Chiesa apostolica armena, la Chiesa cattolica romana, le comunità protestanti, il consiglio spirituale dei musulmani in Russia, il consiglio spirituale dei musulmani del Daghestan e alcune organizzazioni pubbliche.

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Siria: allerta Macron su rischio ‘invasione’ turca (Ansamed 31.01.18)

PARIGI – Il presidente francese, Emmanuel Macron, commentando l’operazione militare lanciata dall’omologo turco Recep Tayyip Erdogan contro l’enclave curda di Afrin, mette in guardia la Turchia sui rischi di un'”invasione” del nord della Siria, “un reale problema”, se non venisse “rispettata la sovranità siriana”. “Ho chiesto subito calma e cautela e ho fatto presente già dalle prime ore la nostra preoccupazione”, afferma il presidente intervistato dal Figaro.

Nelle dichiarazioni riportate dal sito internet del quotidiano Le Figaro – l’articolo è intitolato ‘Macron mette in guardia la Turchia sui rischi di un”operazione di invasione’ della Siria’ – il leader di Parigi torna ad
esprimere la sua preoccupazione per l’azione militare lanciata da Erdogan nell’enclave di Afrin.
“Se questa operazione dovesse prendere un’altra piega rispetto all’azione contro un potenziale terrorista che minaccia il confine turco, rivelandosi un’operazione di invasione, a quel punto, ci pone un reale problema”. Per lui, le manovre di Ankara nel nord-ovest della Siria richiedono “discussioni e decisioni sia tra europei, ma più in generale tra alleati, perché cambia la natura di questa incursione turca ed è per questo – annuncia il presidente – che nei prossimi giorni parlerò nuovamente con Erdogan”.
L’offensiva contro l’enclave curdo-siriana di Afrin è iniziata il 20 gennaio scorso. Per Macron, “non possiamo costruire una sicurezza sul terreno senza il rispetto della sovranità siriana contro un nemico (i curdi) che non è più l’Isis”. Per ora sono oltre un centinaio i morti, dalle due parti, tra cui civili vittime dei bombardamenti turchi, che Ankara smentisce.
Macron si è espresso ieri sera, al termine della cena con la comunità armena a Parigi. Qualche ora prima, dinanzi ai deputati riuniti all’Assemblea Nazionale, il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian aveva denunciato il rischio che l’operazione turca si trasformi in “occupazione” del nord della Siria. (ANSAmed).

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Energia: Armenia, spesi quasi 300 milioni di dollari per sicurezza centrale nucleare di Metsamor (Agenzianova 31.01.18)

Erevan, 31 gen 10:32 – (Agenzia Nova) – La maggior parte dei 300 milioni di dollari previsti dal programma di prolungamento dell’attività del secondo blocco della centrale nucleare armena di Metsamor sarà destinata a incrementarne la sicurezza. Lo ha detto il viceministro delle Infrastrutture energetiche e delle Risorse naturali, Hayk Harutyunyan: “Abbiamo rispettato gli accordi con l’Unione europea; per questo dobbiamo presentare un piano per giungere alla fine dell’attività dell’unità, e dunque della centrale, entro dieci anni. Del resto, il blocco non poteva lavorare per sempre. Abbiamo comunque fatto grandi investimenti sulla sicurezza, e continueremo a farlo”. Dirk Lorenz, vicedirettore del dipartimento per le partnership con i paesi orientali presso l’Ufficio europeo per gli affari internazionali, ha sottolineato che “l’impianto deve essere chiuso il prima possibile, perché non è del tutto possibile adeguarlo agli standard internazionali di sicurezza. L’Armenia, in ogni caso, sta prestando molta attenzione alla questione della sicurezza e questo è importante: dopo l’incidente di Fukushima (avvenuto in Giappone nel 2011) stiamo facendo di tutto per proteggerci dagli incidenti”. La centrale nucleare di Metsamor (nota anche come Armjanskaja e situata a ovest di Erevan) è entrata in funzione nel 1977; una delle due unità non è più attiva già dal 1989. (Res)

ARMENIA: Non è un paese per bambine. Il dramma degli aborti selettivi (Eastjournal 30.01.18

L’Armenia è il secondo paese al mondo per tasso di aborti selettivi, a causa dell’ossessiva ricerca di figli maschi. Un approfondimento

nav-logoMariam, 31 anni, è madre di due bambine ed è originaria della regione di Armavir, Armenia occidentale. Anche dopo la nascita della seconda figlia, ha continuato a inseguire il suo sogno, avere un maschio, affidandosi ad un calcolo di probabilità. Ma non appena saputo di essere rimasta incinta e che si sarebbe trattato di un’altra femmina ha scelto di ricorrere all’aborto. “Mi sento colpevole di aver preso questa decisione, ma continuo a sperare di avere un figlio maschio un giorno. Non voglio scoprire ancora una volta che si tratta di una femmina e abortire di nuovo, non posso… Continuo a ripetermi che la prossima volta sarà quella buona”.

Spesso, in Armenia, molte donne come Mariam ricorrono alla pratica dell’aborto selettivo – spesso spinte in questo dal marito o dalla famiglia – per assicurarsi figli maschi, mettendo però a serio rischio la loro salute e lo stesso equilibrio demografico del paese.

Tra i primi al mondo per tasso di aborti selettivi

Secondo il 2016 Global Gender Gap Report, l’Armenia è il secondo paese al mondo per tasso di aborti selettivi, dietro solo alla Cina. Come ricorda Garik Hayrapetyan, rappresentante di UNFPA Armenia – agenzia Onu che si occupa di politiche famigliari – il sesso del feto è alla base del 10% di tutti gli aborti indotti effettuati nel paese caucasico, dove ogni anno circa 1.400 nascite femminili vengono interrotte. Il problema degli aborti selettivi è emerso in seguito all’indipendenza del paese, negli anni Novanta, sebbene in Armenia l’aborto venisse largamente praticato come metodo contraccettivo fin dall’epoca dell’Unione Sovietica (il primo paese a legalizzare l’aborto, nel 1920).

Questo problema non riguarda solo l’Armenia, ma è comune a tutto il Caucaso, come conferma la presenza nelle prime dieci posizioni della classifica dei paesi con il più alto tasso di aborti selettivi dell’Azerbaijan (al 5° posto) e della Georgia (all’8°).

Secondo un rapporto di UNFPA Armenia del 2013, il paese ha inoltre il terzo più alto livello di mascolinità alla nascita osservato nel mondo, e una sex ratio tale per cui per ogni 114-115 maschi nascono solo 100 femmine (la media mondiale è di 105 maschi per 100 femmine). Questa stessa ricerca dimostra come il divario aumenti progressivamente a seconda dell’ordine di nascita: mentre il rapporto tra sessi è relativamente equilibrato per la prima nascita, esso aumenta a 173 maschi per 100 femmine al terzo figlio.

Quali sono le cause di questo fenomeno?

Per Ani Jilozian, attivista presso il Women’s Support Center di Yerevan, questo squilibrio è dovuto principalmente a tre fattori tra loro correlati. Il primo è la preferenza verso i figli maschi, che deriva da una struttura familiare in cui le ragazze e le donne hanno un ruolo sociale, economico e simbolico marginale, e di conseguenza godono di meno diritti. I figli maschi garantiscono inoltre una sicurezza per ogni famiglia, in quanto hanno il compito di prendersi cura dei propri genitori e assisterli nel corso della loro vecchiaia, poiché le donne, una volta sposate, vanno solitamente a vivere presso la famiglia del marito. Un secondo fattore è lo sviluppo tecnologico applicato alla diagnostica prenatale, che ha permesso ai genitori di conoscere il sesso del bambino ancor prima della nascita. L’ultimo fattore è la bassa fertilità (in media ogni donna armena partorisce 1,7 figli), che riduce la probabilità di avere un figlio maschio nelle famiglie più piccole aumentando di conseguenza la necessità di selezionare il sesso.

Sebbene una statistica di UNFPA Armenia (2012) stabilisca che nel 70% dei casi siano le donne a scegliere di abortire, non sempre esse sono messe in condizione di prendere questa decisione in piena autonomia. Secondo uno studio qualitativo condotto da Ani Jilozian, basato su una serie di interviste realizzate con alcune donne che hanno fatto ricorso all’aborto selettivo, la maggioranza delle intervistate, pur rivendicando inizialmente la decisione di abortire, ha successivamente ammesso che la scelta è stata di fatto indotta dalla forte volontà del marito o della sua famiglia di avere un figlio maschio. Talvolta sono gli stessi mariti a prendere la decisione per la moglie, ricorrendo in molti casi anche a pressioni psicologiche.

Una legislazione inefficace

Secondo la legge armena una donna può effettuare un aborto fino alla 12ma settimana di gravidanza, periodo nel quale il sesso del feto non può ancora essere determinato, il che dimostra come la maggior parte degli aborti selettivi siano illegali e rischiosi. Solo il 57% delle donne è però al corrente dell’illegalità di questo processo e dei rischi che esso comporta.

Recentemente il governo armeno ha introdotto una nuova legge per combattere il fenomeno degli aborti selettivi. Secondo la nuova norma, prima di poter effettuare un aborto, una donna deve partecipare a una sessione di consulenza con il proprio medico, e successivamente aspettare tre giorni prima di ricevere l’autorizzazione per l’intervento. Secondo il governo armeno questa legge dovrebbe aiutare a sensibilizzare le donne sui rischi che comporta l’aborto e a metterle nella condizione di riflettere meglio.

Come spiega però Ani Jilozian, questa legge è inadeguata, in quanto limita la libertà riproduttiva della donna e ne mette a rischio la stessa salute. Dichiarare illegali gli aborti selettivi non è una soluzione che può combattere efficacemente il problema, in quanto non elimina le cause principali di questa preferenza sessuale, le quali sono profondamente radicate nella società patriarcale armena. Il tentativo di limitare l’accesso all’aborto senza affrontare le principali cause della preferenza del sesso potrebbe quindi finire per provocare una maggiore domanda di aborti illegali o non sicuri, in particolare per le donne provenienti dalle comunità più emarginate.

Inoltre, seppure negli ultimi anni in Armenia il numero di aborti selettivi sia in leggera diminuzione, secondo alcune proiezioni, se nel lungo periodo questo fenomeno non verrà adeguatamente contrastato, entro il 2060 in un paese di soli tre milioni di abitanti verranno a mancare circa 93.000 donne, ovvero il 3% dell’attuale popolazione totale. Questo causerebbe un conseguente processo di emigrazione di una parte della popolazione maschile, destinata ad andare in cerca di una partner al di fuori del paese, mettendone a rischio l’equilibrio demografico.

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