A Palazzo la presentazione del libro “Il Genocidio Armeno 1915 nel pensiero degli intellettuali arabi siriani” di Nora Arissian (Baritoday 19.04.18)

A Palazzo la presentazione del libro “Il Genocidio Armeno 1915 nel pensiero degli intellettuali arabi siriani” di Nora Arissian

Venerdì 20 aprile, alle ore 18, nella sala Massari di Palazzo di Città, sarà presentato il volume “Il Genocidio Armeno 1915 nel pensiero degli intellettuali arabi siriani” di Nora Arissian, armena siriana di Damasco, ricercatrice e traduttrice, in questo caso scrittrice con l’obiettivo di offrire nuovi punti di vista sul genocidio armeno

Il libro, pubblicato dalla casa editrice Radici Future, è composto da testimonianze, raccolte da Damasco ad Aleppo, che aiutano a comprendere i motivi della strage e a ricostruire i piani della “soluzione finale” orditi dai turchi per l’eliminazione del popolo armeno.

A curare la pubblicazione Kegham J. Boloyan, armeno siriano di Aleppo, docente di lingua e traduzione araba all’Università del Salento.

All’incontro di domani, oltre al professor Boloyan, interverranno l’assessore alle Culture Silvio Maselli, il vicepresidente della cooperativa editoriale Radici Future Vito Antonio Loprieno, la poetessa Anna SantoliquidoLeonardo Lestingi dell’Istituto Superiore di Scienze religiose “San Sabino” di Bari, il rappresentante emerito della Comunità armena a Bari Rupen Timurian, e Cosma Cafueri del centro Hrand Nazariant.

La presentazione sarà accompagnata da momenti musicali affidati al mezzosoprano Tiziana Portoghese.

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103° anniversario del genocidio del popolo armeno (Gariwo 19.04.18)

In occasione del 103° anniversario del genocidio del 1915 ad opera del governo ottomano dei Giovani Turchi, la comunità armena di Milano si riunisce il 24 aprile alle ore 11.00 per la celebrazione liturgica nella Chiesa Armena di Milano in Via Jommelli n°. 36, alla presenza dell’Arcivescovo di Milano, S. E. Mons. Mario Delpini. Seguirà rinfresco.

Alle ore 15.00 si svolgerà una cerimonia civile davanti al Khachkar, la Croce di pietra simbolo della cultura armena cristiana, in Piazza S. Ambrogio, per la deposizione di fiori e corone a memoria delle vittime.

Segnaliamo inoltre i seguenti appuntamenti:

21 aprile, ore 20.30
Milano – Palazzo Marino, Sala Alessi

I crimini contro l’umanità non vanno in prescrizione – 1915 il canto spezzato. Musica e poesia armena. Con Ani Balian, soprano; M° Giacomo Piazza, pianoforte; Luca D’Addino, attore; Tariel Bisharyan, voce recitante.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti – la locandina è disponibile nel box approfondimenti

23 aprile, ore 21.00
Tradate – Villa Truffini
Cesar Balaban, un tradatese di origine armena, racconta il genocidio del suo popolo.
La locandina è disponibile nel box approfondimenti

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Armenia: proteste dell’opposizione. Putin: stiamo osservando (Askanews 18.04.18)

Mosca, 18 apr. (askanews) – “Stiamo guardando a ciò che sta accadendo in Armenia e, in effetti, cosa ancora più importante, ci auguriamo che tutto si svolga nel quadro dello stato di diritto”. Così il portavoce del presidente russo, Dmitry Peskov. Il tutto dopo che le azioni contro l’elezione del primo ministro Serzh Sargsyan, iniziate il 13 aprile e l’annuncio da parte del leader dell’opposizione armena, Nikol Pashinyan di una “rivoluzione”.

L’opposizione accusa Sargsyan di un governo inefficace del paese e del deterioramento della situazione economica. Lunedì i manifestanti hanno cercato di entrare nel palazzo del parlamento, la polizia li ha spinti, a seguito della collisione sono rimaste ferite decine di persone. Il giorno dopo i manifestanti hanno annunciato l’inizio di una “rivoluzione di velluto” in Armenia.

Subito dopo l’elezione, il presidente russo Vladimir Putin ha inviato un telegramma di congratulazioni a Serzh Sargsyan. “La sera, piuttosto tardi, lo ha chiamato al telefono e si è congratulato con lui per la sua elezione a capo del gabinetto. Indubbiamente, uno scambio di opinioni ha avuto luogo”, ha aggiunto Peskov. In base a una precedente nota del Cremlino: Putin si è congratulato “calorosamente con Serzh Sargsyan per la sua nomina a capo del governo armeno e gli ha augurato successo”.

Nonostante le proteste, il parlamento armeno martedì ha eletto Sargsyan al posto di primo ministro. In questo prima, un emendamento alla Costituzione, secondo il quale l’Armenia trasferiti a una forma di governo parlamentare, e dei più ampi poteri avrà il capo del governo.


Gli armeni scendono in strada contro il presidente filo Putin (Il Foglio 18.04.18)

Nelle strade di Erevan, la capitale dell’Armenia, continuano le proteste contro l’elezione dell’ex presidente della Repubblica, il filorusso Serz Azati Sargsyan, che è stato nominato primo ministro martedì. Una mossa che l’opposizione considera come un tentativo di estendere il suo dominio sull’ex nazione sovietica. In seguito a una riforma costituzionale controversa, l’ex presidente ha scavalcato il divieto di ricandidarsi per un terzo mandato. Nelle proteste di ieri, la polizia ha arrestato decine di persone, mentre almeno 40 manifestanti e 6 poliziotti sono finiti in ospedale. Oggi i contestatori hanno brevemente circondato la residenza di Sargsyan, prima di marciare per la capitale al grido “Armenia senza Serz”. Le autorità hanno dichiarato che i manifestanti “violano la legge sul raduno pubblico”, e che saranno prese “legittime misure per assicurare il normale funzionamento delle strutture statali”.

Le manifestazioni di questi giorni

L’11 aprile, in un Parlamento pressoché deserto, due deputati dell’alleanza di opposizione (Elk) hanno acceso dei fumogeni per protestare contro i piani dell’ex presidente. Quell’azione poteva sembrare una trovata pittoresca ma dalle conseguenze limitate. Però due giorni dopo, anche in risposta all’appello lanciato dai due parlamentari, i manifestanti hanno iniziato a bloccare le strade centrali di Erevan dove sorgono gli edifici governativi. Il popolare leader dell’opposizione, Nikol Pashinian, spera sarà una “rivoluzione di velluto”, uno sciopero generale che dovrebbe “paralizzare l’intero sistema statale”.

Ma le proteste non hanno dissuaso i legislatori: martedì scorso, con 77 voti contro 17 e sulla spinta del partito repubblicano al potere, l’Aula ha confermato l’ex presidente come nuovo premier, mentre circa 40.000 persone radunate a Erevan lo fischiavano e si scontravano in piazza con le forze dell’ordine, davanti ai palazzi del governo cinti di filo spinato. E se gli Stati Uniti stanno “monitorando da vicino le proteste”, come ha dichiarato il Dipartimento di stato americano, da parte sua, il presidente russo Vladimir Putin si è congratulato con Sargsyan per la sua nomina: “Stiamo guardando gli eventi in corso in Armenia e speriamo che tutto rimanga nella legge”, ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Serzh Sargsyan ha fatto aderire il paese all’Unione Eurasiatica, un’unione economica e doganale guidata da Mosca.

La riforma costituzionale

Superato il limite di due mandati, l’ex presidente, rimane così al comando del paese. La sua presidenza iniziò dieci anni fa, nel 2008. Su quell’elezione, macchiata dalla morte di otto persone nelle proteste, pesano dubbi di brogli. Nel 2014 il capo di stato aveva promesso che non avrebbe “aspirato” a diventare primo ministro se l’Armenia fosse passata da un sistema presidenziale a uno parlamentare in seguito al referendum del 6 dicembre 2015. Una promessa, evidentemente, non mantenuta: l’ex ambasciatore armeno in Gran Bretagna, Armen Sargsyan – che nonostante il cognome in comune non è parente ma solo alleato di Serz – ha giurato da presidente la settimana scorsa. Sostituirà Serz, ma secondo Reuters avrà un ruolo “in gran parte cerimoniale”. Nel 2015 gli elettori armeni hanno infatti approvato la riforma costituzionale che ha apportato un cambiamento significativo alla struttura dello stato. Ad oggi, l’ufficio del presidente è stato privato di molti dei suoi poteri, mentre quelli del primo ministro hanno ricevuto un notevole impulso.

Inoltre la BBC ha notato, insieme ad alcuni osservatori europei indipendenti, presunte irregolarità elettorali e persino brogli durante il referendum, un’accusa che già era stata mossa durante le presidenziali nel 2008 e nel 2013.

Chi guida le proteste?

Come ha spiegato il Guardian nel 2016, le dimostrazioni su larga scala contro il governo di Sargsyan erano diventate una sorta di esercizio annuale, sin dalla sua rielezione nel 2013. A guidarle, sin dagli esordi, c’è il parlamentare armeno Nikol Pashinian, condannato a sette anni di prigione per aver organizzato proteste di massa dopo le elezioni presidenziali del 2008. “Pashinian è stato molto attivo nelle iniziative civiche ed è riuscito a incoraggiare le persone a sollevarsi”, ha spiegato a Rfe-Rl Stepan Grigorian, analista politico e capo del Globalization and Regional Studies Analytical Center. Ex redattore capo e proprietario di Haikakan Zhamanak, uno dei più popolari giornali del paese, Pashinian è stato eletto al parlamento nel 2012 come rappresentante del partito di opposizione “Congresso nazionale armeno“. Nel 2017, ha istituito il proprio partito ed è stato eletto a capo del blocco liberale Elk, costituito dalla fusione dei partiti d’opposizione “Contratto civile”, “Armenia luminosa” e “Repubblica”.


L’Armenia in piazza contro il nuovo premier (ed ex presidente): ‘vuole regnare a vita’ (Buisness insider 18.04.18)

Sono giorni di aspre proteste in Armenia. A centinaia di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza Yerevan e nelle principali città del paese per protestare contro la nomina a Primo Ministro dell’ex Presidente della repubblica Serzh Sargsyan.
La ragione delle proteste sta nel fatto che l’opposizione accusa Sargsyan e i suoi di aver orchestrato una macchinazione per prendere il potere in modo stabile.
La storia è questa: Sargsyan ha ricoperto per due mandati consecutivi e un totale di dieci anni la carica di Presidente della Repubblica. Arrivato alla fine del suo incarico, due settimane fa, ha cambiato casacca e preso il ruolo di Primo Ministro, eletto dal Parlamento (con 77 voti a favore e 17 contrari).
Sarebbe tutto legittimo, non fosse che, prima di lasciare il suo incarico da Presidente della Repubblica e prepararsi a diventare Primo Ministro, Sargsyan ha ha fatto sì che, contemporaneamente al suo cambio di ruolo, venissero trasferiti i poteri dall’una all’altra carica.
Nel 2015, infatti, Sargsyan ha avviato una serie di riforme costituzionali tali da trasformare l’Armenia da repubblica presidenziale in una parlamentare (simile alla nostra). In questo modo, Sargsyan ha svuotato di senso il ruolo che ricopriva fino a poche settimane fa e ha travasato i poteri esecutivi in quello che ricopre ora. Così, secondo i suoi oppositori, è di fatto al terzo mandato, dal momento che per tre volte (due da Presidente della repubblica, una da Primo Ministro) ha ricoperto la massima carica dell’esecutivo.
Una mossa che a molti ha ricordato da vicino quello che, nel 2008 fece Vladimir Putin, quando si avvicendò dal Cremlino alla Presidenza del consiglio con  Dmitry Medvedev.
In un discorso in vista del voto di martedì, Sargsyan ha respinto le accuse di presa di potere. “Se sarò eletto, non sarà il terzo mandato del governo di Serzh Sargsyan, ma  il primo mandato di un governo repubblicano del governo dell’Armenia in un’Armenia parlamentare”, ha affermato.
La mossa, all’opposizione, piace poco o niente, come prevedibile: gli attivisti hanno tenuto proteste su piccola scala per settimane, sperando di scongiurare l’incarico di Presidente del Consiglio all’ex presidente, poi, fallite le loro richieste, sono passati a proteste più vibranti: i manifestatnti sono entrati nella stazione radio statale e nei campus universitari e hanno interrotto il servizio di trasporti della capitale. Hanno anche  tentato brevemente di assaltare il parlamento, ma sono stati bloccati dalla Polizia; in 29 sono stati arrestati e molti altri sono rimasti feriti. Il leader dell’opposizione, il parlamentare  Nikol Pashinyan, che lunedì dopo i disordini è stato ricoverato in ospedale per un trauma oculare, ha dichiarato l’inizio di una “rivoluzione di velluto”,  promettendo una opposizione il più dura possibile, ma non violenta.


Armenia in rivolta: proteste contro il neo-premier Serzh Sargsyan (Tpi.it 18.04.18)

In Armenia la nomina dell’ex presidente Serzh Sargsyan a primo ministro sta generando forti proteste. L’opposizione denuncia l’autoritaria presa di potere e ha detto di voler paralizzare l’intero sistema statale, dando avvio a una “rivoluzione di velluto”, cioè non violenta.

Almeno 46 persone sono rimaste ferite lunedì 16 aprile 2018 negli scontri con la polizia e numerose persone sono state arrestate nella capitale Yerevan, dove si sono radunati circa 40mila manifestanti.

Piazza di Francia, la piazza principale della capitale, è chiusa da venerdì 13 aprile perché occupata dalle dimostrazioni di protesta.

Sargsyan, leader del Partito repubblica d’Armenia, è stato nominato primo ministro all’esaurimento del suo mandato da presidente, iniziato nel 2008.

Il parlamento ha approvato la sua nomina martedì 17 aprile con 77 voti favorevoli e 17 contrari.

Il leader partito di opposizione Elk, Nikol Pashinyan ha guidato le proteste che hanno tentato di impedire il voto.

Le manifestazioni sono iniziate venerdì 13 aprile. Nella notte tra lunedì e martedì i manifestanti hanno iniziato a bloccare le strade centrali della città nel tentativo di bloccare il voto del parlamento.

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Il genocidio armeno mette in luce la crisi attuale in Medio Oriente (Swissinfo.ch 18.04.18)

Malgrado l’opposizione di Ankara, l’opera “I Lampioni della Memoria” è stata inaugurata a Ginevra dopo dieci anni di battaglie giudiziarie e diplomatiche. Il lavoro dell’artista Melik Ohanian rende omaggio agli armeni uccisi oltre un secolo fa in Turchia e ai numerosi svizzeri che si sono mobilitati in loro favore sin dai primi massacri. Un messaggio che continua ad essere di attualità.

Lo stesso giorno dell’inaugurazione dei ‘Lampioni della MemoriaLink esterno‘, il 13 aprile scorso, in un parco di Ginevra, la Federazione delle associazioni turche della Svizzera romanda ha ribadito il suo sdegno con un inserto pubblicitarioLink esterno di due pagine sul quotidiano Tribune de Genève. Esso raffigura il profilo della città, trasudante sangue, e uno dei lampioni che compongono il memoriale. La struttura è però qui trasformata in patibolo, con una persona sospesa che dovrebbe rappresentare la storia e la verità.

Difficile non intravvedere, al di là dell’allegoria, il riflesso delle scene traumatizzanti del genocidio armeno e la minaccia implicita che i massacri possano ricominciare.

Rivoltato da questo sinistro manifesto pubblicitario, e sorpreso che il giornale ginevrino si sia prestato all’operazione, l’autore dei Lampioni della Memoria lo considera una conferma della pertinenza del memoriale e della sua attualità. “Il cammino che ha portato al progetto e le opposizioni incontrate sono parte integrante dell’opera. Questo percorso replica ciò che hanno subito gli armeni durante e dopo il genocidio. Tutta questa polemica politica e giuridica attorno al progetto conferisce all’opera la propria realtà e vita”, afferma Melik Ohanian, artista francese di origini armene.

Costituita da nove lampioni disseminati in un parco pubblico della città, con una lacrima al posto delle lampadine, l’opera riflette il destino degli armeni sottoposti a supplizio, dei loro discendenti e di tutti coloro che hanno fornito loro soccorso, in particolare a Ginevra.

Ginevra, focolaio armeno

“Ginevra ha un posto importante nella storia moderna degli armeni”, sottolinea lo storico Vicken CheterianLink esterno. È in questa città che sette studenti dell’Università di Ginevra fondarono il primo partito politico armeno e il primo partito marxista del Medio Oriente.

Nel periodo che ha preceduto la Prima guerra mondiale, Ginevra ospitava numerosi esiliati politici e rivoluzionari. Gli armeni frequentavano dei militanti dei Giovani Turchi, che condividevano lo stesso obiettivo di riformare il potere ottomano. E questo prima che perseguitassero a loro volta gli armeni dopo il crollo dell’impero.

Dal canto loro, gli svizzeri erano particolarmente colpiti dalla causa armena. “La stampa elvetica ha coperto nei dettagli i massacri hamidiani (1894-1896), poi il genocidio e le sue conseguenze”, rammenta Vicken Cheterian.

Ciò non ha mancato di suscitare l’ira del potere ottomano e poi turco. L’ambasciatore svizzero a Parigi, Charles Lardy, ha evocato il problema in un documento Link esternotrasmesso nel 1897 al presidente della Confederazione: “Leggiamo molto i giornali svizzeri e in particolare quelli della Svizzera francese sono molto letti all’estero; sappiamo che non sono venduti; sappiamo che rappresentano una sorta di media della coscienza europea in un Paese libero e onesto; c’è una specie di aureola attorno alla letteratura romanda. Sarebbe molto opportuno che la vostra stampa potesse abbassare un po’ il tono e che i vostri uomini politici si esprimessero un po’ più in sordina”.

È così un po’ di tutto questo ad essersi ripetuto durante l’inaugurazione dei Lampioni della Memoria. Eppure, il memoriale vuole parlare dell’insieme dei genocidi e dei massacri perpetrati su vasta scala nel XX secolo e della memoria dolorosa che suscitano.

“I dirigenti nazisti hanno visto nel genocidio armeno la soluzione ideale per risolvere, a loro modo di vedere, il problema delle minoranze in Europa”

Stefan Ihrig, storico

Fine della citazione

Ispirazione per i nazisti

È d’altronde storicamente attestato che il genocidio degli armeni nel 1915 è stato una fonte di ispirazione per i nazisti. “Durante la Prima guerra mondiale, l’esercito ottomano era sotto un comando militare tedesco di 12’000 individui. Questi hanno partecipato alla pianificazione e in alcuni casi alla deportazione e ai massacri degli armeni. E come ha raccontato lo storico Stefan IhrigLink esterno, i dirigenti nazisti, di cui molti avevano avuto un incarico in Turchia, hanno visto nel genocidio armeno la soluzione ideale per risolvere, a loro modo di vedere, il problema delle minoranze in Europa”, sottolinea Vicken Cheterian.

Non è però l’unica conseguenza dei massacri perpetrati da un potere ottomano al tramonto nei confronti degli armeni, come pure dei greci dell’Anatolia e degli assiri.

Una pulizia etnica che prosegue

“Non abbiamo capito l’importanza dei greci, degli assiri e degli armeni nella storia del Medio Oriente. Questi popoli erano presenti prima dell’arrivo degli arabi e dei turchi. Hanno contribuito a plasmare il Medio Oriente. L’impoverimento culturale, politico, economico di questa regione si spiega anche con la scomparsa di queste comunità, che facevano da ponte tra le altre componenti della popolazione. La recrudescenza delle tensioni e degli scontri tra sciiti e sunniti in questi ultimi decenni si spiega anche con la scomparsa dei cristiani di Oriente”, sostiene Vicken Cheterian.

Riconoscere la realtà del genocidio armeno permette quindi di capire le dinamiche mortifere che oggi insanguinano la regione. Bisogna quindi che il governo svizzero riconosca ufficialmente questi massacri di massa? Per Sarkis Shahinian, del intergruppo parlamentare Svizzera-Armenia, la decisione che prenderanno o meno i membri attuali o futuri del governo non è così importante. “La Confederazione ha riconosciuto il genocidio armeno nel messaggio che spiega le ragioni della sua adesione allo Statuto di RomaLink esterno che istituisce la Corte penale internazionale”.

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La rivoluzione di velluto infiamma l’Armenia, proteste contro il premier Sargsyan e feriti tra i manifestanti (Left.it 18.04.18)

«La situazione è rivoluzionaria. Le persone non andranno a lavoro, è cominciato lo sciopero generale». Siamo in Armenia, dove Nikol Pashinyan, leader dell’opposizione, ha dato il via alla disobbedienza civile: «Do l’annuncio dell’inizio della rivoluzione di velluto in tutta la Repubblica, dobbiamo paralizzare l’intero sistema statale, il potere deve andare al popolo. Il premier Serzh Sargsyan deve vedere che non ha alcuna Armenia su cui governare». Nella capitale, Erevan, il traffico è bloccato, le strade del centro occupate, le squadre antisommossa pronte. C’è già sangue: di manifestanti feriti o arrestati a piazza di Francia, Yerevan. Le bandiere che sventolano i manifestanti sono quelle nazionali, mentre si canta: «Un’Armenia senza Serzh».

Chi protesta la chiama «la presa di potere» di Serzh Sargsyan. Superato il limite di due mandati presidenziali, nominato tra i fischi della piazza, con l’appoggio del partito repubblicano al potere, l’ex presidente, dopo un decennio, è diventato primo ministro e rimane ancora al comando del Paese. Dieci anni fa, con il sangue di otto morti negli scontri delle proteste per i brogli elettorali, iniziò la sua presidenza nel 2008. Dieci anni dopo, il suo mandato da primo ministro comincia con arresti e urla che pretendono che vada via. C’è già il filo spinato. Scudi di ferro della polizia. Barricate. Volti arrabbiati della protesta. Per disperderla scie di lacrimogeni piovono dal cielo bianco del Caucaso del sud.

I Sargsyan sono due. Non parenti, ma alleati. Il secondo è Armen Sargsyan, ex ambasciatore in Gran Bretagna, che ha giurato da presidente la settimana scorsa. Sostituirà Serzh,ma avrà un ruolo puramente rappresentativo, dopo gli emendamenti costituzionali approvati nel 2015 con un referendum di transizione da repubblica presidenziale a parlamentare. «Un cambiamento di sistema avvenuto per favorire lui solo: Serzh», criticano gli avversari politici.

Quando l’opposizione è scesa per strada a protestare, il popolo l’ha seguita. Le nuove barricate caucasiche «violano l’articolo 33 sulla libertà di raduno. I manifestanti mettano fine alle azioni illegali per evitare conseguenze indesiderate». È l’ultimatum delle forze dell’ordine. Cinque giorni fa erano centinaia a protestare, adesso sono migliaia. La campagna di «disobbedienza totale» è iniziata, ha detto ancora Pashinyan, del blocco avversario al premier, Elk. Gli armeni sono in strada, da Yerevan fino a Gyumrin. Fino a Vanadzor. Le autorità fanno sapere che i manifestanti «violano la legge sul raduno pubblico», e prenderanno «legittime misure per assicurare il normale funzionamento delle strutture statali». È arrivato già l’appello di Human right watch per non ricorrere alla forza contro chi protesta pacificamente, una «cattiva pratica tradizionale» della repubblica, ma 40 manifestanti e 6 poliziotti sono già finiti in ospedale.

«La situazione è rivoluzionaria. Le persone non andranno a lavoro, è cominciato lo sciopero generale». Siamo in Armenia, dove Nikol Pashinyan, leader dell’opposizione, ha dato il via alla disobbedienza civile: «Do l’annuncio dell’inizio della rivoluzione di velluto in tutta la Repubblica, dobbiamo paralizzare l’intero sistema statale, il potere deve andare al popolo. Il premier Serzh Sargsyan deve vedere che non ha alcuna Armenia su cui governare». Nella capitale, Erevan, il traffico è bloccato, le strade del centro occupate, le squadre antisommossa pronte. C’è già sangue: di manifestanti feriti o arrestati a piazza di Francia, Yerevan. Le bandiere che sventolano i manifestanti sono quelle nazionali, mentre si canta: «Un’Armenia senza Serzh».

Chi protesta la chiama «la presa di potere» di Serzh Sargsyan. Superato il limite di due mandati presidenziali, nominato tra i fischi della piazza, con l’appoggio del partito repubblicano al potere, l’ex presidente, dopo un decennio, è diventato primo ministro e rimane ancora al comando del Paese. Dieci anni fa, con il sangue di otto morti negli scontri delle proteste per i brogli elettorali, iniziò la sua presidenza nel 2008. Dieci anni dopo, il suo mandato da primo ministro comincia con arresti e urla che pretendono che vada via. C’è già il filo spinato. Scudi di ferro della polizia. Barricate. Volti arrabbiati della protesta. Per disperderla scie di lacrimogeni piovono dal cielo bianco del Caucaso del sud.

I Sargsyan sono due. Non parenti, ma alleati. Il secondo è Armen Sargsyan, ex ambasciatore in Gran Bretagna, che ha giurato da presidente la settimana scorsa. Sostituirà Serzh,ma avrà un ruolo puramente rappresentativo, dopo gli emendamenti costituzionali approvati nel 2015 con un referendum di transizione da repubblica presidenziale a parlamentare. «Un cambiamento di sistema avvenuto per favorire lui solo: Serzh», criticano gli avversari politici.

Quando l’opposizione è scesa per strada a protestare, il popolo l’ha seguita. Le nuove barricate caucasiche «violano l’articolo 33 sulla libertà di raduno. I manifestanti mettano fine alle azioni illegali per evitare conseguenze indesiderate». È l’ultimatum delle forze dell’ordine. Cinque giorni fa erano centinaia a protestare, adesso sono migliaia. La campagna di «disobbedienza totale» è iniziata, ha detto ancora Pashinyan, del blocco avversario al premier, Elk. Gli armeni sono in strada, da Yerevan fino a Gyumrin. Fino a Vanadzor. Le autorità fanno sapere che i manifestanti «violano la legge sul raduno pubblico», e prenderanno «legittime misure per assicurare il normale funzionamento delle strutture statali». È arrivato già l’appello di Human right watch per non ricorrere alla forza contro chi protesta pacificamente, una «cattiva pratica tradizionale» della repubblica, ma 40 manifestanti e 6 poliziotti sono già finiti in ospedale.

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La pianista Diana Gabrielyan ospite a Cagliari de “Le Salon de Musique (Castedduonline 17.04.18)

Sarà la giovane pianista Diana Gabrielyan, vincitrice per ben due volte (nel 1999 e nel 2001) del Concorso Internazionale “Premio Gramsci di Pianoforte” di Cagliari, l’ospite del nuovo appuntamento, sabato 21 aprile, con Le Salon de Musique, la rassegna organizzata dall’associazione Suoni e Pause.

Alle 21 nella bella Sala dei Ritratti della Fondazione Siotto di Cagliari (in via dei Genovesi 114), Garbielyan proporrà un concerto che si aprirà sulle note della Sonata in Re maggiore op. 53, D 650 di Franz Schubert, scritta dall’autore viennese nel 1825, in un periodo particolarmente felice della sua vita.

La seconda parte del concerto proseguirà con Fantasia per pianoforte. Reminiscenze dall’opera “Una vita per lo Zar” di M. Glinka del compositore russo Milij Balakirev (1837 – 1910).

Nata a Yerevan, capitale dell’Armenia, Diana Gabrielyan ha cominciato i suoi studi di pianoforte a soli 5 anni, frequentando la Scuola musicale speciale per bambini prodigio Tchaikovsky della sua città. Oggi svolge un’intensa attività concertistica, esibendosi in numerose sale da concerto di tutto il mondo.

Informazioni: tel. 348 0362800. www.suoniepause.com  Mail: info@suoniepause.com .  Pagina Facebook: Suoni e Pause.

In collaborazione con: In collaborazione con: Fondazione “Giuseppe Siotto” e associazione “Le officine”.

Ideato con l’obiettivo di creare momenti d’attenzione verso la musica, le arti visive e la letteratura “Le Salon de Musique” è realizzato con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport.

Diana Gabrielyan

Nel “Le Figaro” del 2 gennaio 1999 Pierre Petit così ha scritto “…Diana Gabrielyan che, ha

tredici anni, possiede una presenza, una passione e un senso dello stile inarrestabili…”.

Diana Gabrielyan è nata a Yerevan, in Armenia. Ha cominciato gli studi musicali con la madre,

violinista, all’età di cinque anni, studiando sia pianoforte che violino. A Yerevan ha studiato

nella Scuola Musicale Speciale per bambini prodigio “P. I. Tchaikovsky”. A dieci, ha vinto il 3°

premio al Primo Concorso Internazionale di Musica “Classica Nova” ad Hannover, in

Germania, subito dopo il 2° premio al VII Concorso Internazionale di Piano “Ciutat de Carlet”

a Valencia, in Spagna, e il 1 premio al VII Concorso Internazionale “Premio Gramsci di

Pianoforte” a Cagliari, in Italia, vincendo inoltre, come Premio Speciale per la migliore

esecuzione del brano imposto, concerti a Parigi. A 19 anni si è diplomata al Conservatorio “S.

Cecilia” di Roma con il massimo dei voti e la lode, vincendo un premio speciale come Miglior

Diploma di Roma del 2005. In seguito ha ottenuto il Diploma Accademico di II livello sia in

“Discipline Musicali – Pianoforte” che in “Discipline Musicali – Musica da Camera” al

Conservatorio “S. Cecilia” di Roma, sempre con il massimo dei voti e la lode. E’ vincitrice di

numerosi concorsi nazionali ed internazionali e svolge un’intensa attività concertistica

partecipando a numerosi festivals ed esibendosi in prestigiose sale.

Nel 2005, nella doppia occasione della Esposizione della statua di S. Gregorio l’Illuminatore

in Vaticano e del 700° anniversario di S. Nicola da Tolentino, ha sostenuto un concerto nella

chiesa di S. Nicola da Tolentino durante la quale è stata premiata con una medaglia dalla S. 

Nerses Bedros XIX Catolicos Patriarca degli armeni cattolici di Cilicia.

Nel 2011 alla trasmissione “Diapason” della Radio Vaticana è stata trasmessa una sua

registrazione delle opere di Schumann e Stravinsky. E’ spesso richiesta a varie registrazioni

radiofoniche.

Nel 2014 si è diplomata brillantemente all’ Accademia Pianistica Internazionale “Incontri col

Maestro” di Imola sotto la guida del M° Boris Petrushansky.

Nel mese di maggio del 2014 è uscito il suo primo CD realizzato da Odradek Records Label

con le musiche di Shostakovich, Stravinsky, Babagianyan e Mansuryan.

Nora Arissian per Radici Future “Il Genocidio Armeno 1915” (Affariitaliani 17.04.18)

Interessantissimo il testo di Nora Arissian  (Armena Siriana di Damasco, ricercatrice e traduttrice. Docente di storia moderna) dal titolo: “IL GENOCIDIO ARMENO 1915” un lavoro curato, per la versione italiana, da Kegham Jamil Boloyan (Armeno Siriano di Aleppo. Docente di lingua e tradizione araba presso l’Università del Salento). Un libro tradotto in collaborazione di eccellenze che sono manifestazione di preziose energie, le quali hanno saputo interagire con gran passione con il loro professore, per la realizzazione di un volume originale; uno studio, unico nel suo genere, espressione compiuta di una visione a tutto tondo della “Questione Armena”.

Il testo arriva in libreria a 103 anni da quel 24 Aprile del 1915, data  del massacro degli armeni, ricordato come il “Grande Crimine” o “Grande Male”. Questo lavoro, frutto di un’indagine condotta con rigore scientifico, è stato editato da Radici Future (pagg. 264. € 14,00), e sarà presentato a Bari il 20 aprile alle ore 18,00 presso la Sala Massari del Palazzo di Città, Corso Vittorio Emanuele II n° 84.

Interverranno: Silvio Maselli (Assessore alla Cultura di Bari), Antonio Vito Loprieno (Edizioni Radici Future); Anna Santoliquido (Poetessa); Rupen Timurian (Rappresentante Emerito comunità armena, Bari); Cosma Cafueri (Centro studi Hrand Nazariantz-Bari). La resa dell’opera è lucida e illuminante. Il lavoro dell’Arissian, mostra una visione ampia, chiara e soprattutto equilibrata dell’azione politica, religiosa, sociale e culturale di uomini di pensiero, alcuni dei quali testimoni oculari, delle atrocità perpetrate ai danni del popolo armeno. Parliamo di uomini che, alla questione armena hanno coraggiosamente dato testimonianza.

E’ un lavoro dal quale trasuda passione del raccontare in onore alla storia che in troppi preferiscono seppellire. Questo testo, utile alla comprensione della storia, bene esprime l’idea di uomini vigorosi che sono “… contro ogni tentativo da parte di un popolo di decretare la sorte di un’altra etnia, qualunque essa sia e, rifiutano ogni atto di violenza e lo sterminio dei popoli, abitanti e ricchezza del pianeta, in quanto ogni carneficina è espressione di un insensato egoismo umano…” (tanto per parafrasare Colette Khouri).  Sono pagine che gridano giustizia.

E’ una mappa di pensieri, di concetti, di perplessità di artigiani del pensiero e di idealisti increduli davanti a tanto orrore.  E’ la narrazione fedele dello sterminio! E per quanto lo scritto appare distaccato e il criterio di scelta di ogni testimonianza è l’obiettività, non si riescono a mimetizzare le cicatrici della sofferenza; il ricordo di ogni strage da parte di esseri spietati è un segno della mediocrità dei miseri.

Seppur rielaborato lo strazio riesce sempre a far sentire tutto il dolore e, il bisogno di pace impellente si fa sentire, si innalza a tinte forti, in tonalità rosso sangue dai fiumi d’inchiostro, spesi per non dimenticare le ragioni profonde che hanno segnato  gli alvei infernali di cittadini del mondo profondamente toccati, ma sempre capaci di specchiarsi nell’altro per ritrovare nel suo iride la debolezza e la forza della fraternità con quell’onestà intellettuale che viene solo dalla consapevolezza.

Abbiamo bisogno di costruire ponti, di accendere fiaccole di cultura onesta che sappia intravvedere i sentieri della bellezza per ritrovarci protagonisti di mosaici di risorse vivide, espressione di un giardino di talenti che sappiano, con saggezza, riflettere sulla ricchezza di ogni singolarità, sentinella contemplatrice del firmamento ed essere con tutti Trovieri dell’universo eco di Splendide Armonie.

Questo contributo di intelligenze, il cui mestiere è il pensare, testimoniare la storia, rendere le idee accessibili… è come pane da spezzare, quasi un unguento prezioso per la mente raffinata, un’essenza di grappoli di lacrime, distillato di meditazioni sugli eventi dolorosi generati dalla volontà di dominio miope, un centrifugato di opinioni di arabi siriani che si innalzano come colonne di grani d’incenso della memoria, dalle macerie dello spirito, nelle dune dell’anima arsa. Semplicemente un dono per la collettività che scruta oltre l’orrore e sogna l’aurora dell’Amore.

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Eletto premier l’ex presidente. Barricate a Yerevan (Avvenire 17.04.18)

Alta tensione in Armenia, dove il leader dell’opposizione Nikol Pashinyan ha annunciato che nel Paese si è creata «una situazione rivoluzionaria», con scioperi, manifestazioni e blocchi stradali. Oggi il Parlamento ha eletto premier il presidente uscente Serzh Sargsyan, che ha appena concluso il suo mandato presidenziale di dieci anni. L’opposizione ha scatenato proteste per interrompere il voto. Numerosi manifestanti sono stati arrestati.

Blocchi stradali per impedire l’accesso in Parlamento

Gli attivisti dell’opposizione, nella notte tra lunedì e martedì, hanno iniziato a bloccare le strade centrali della capitale Yerevan, nel tentativo (poi rivelatosi vano) di impedire il voto parlamentare. Il traffico in alcune strade è stato paralizzato da barricate fatte con panchine e cassonetti. I manifestanti hanno anche allestito un accampamento nella centrale piazza di Francia. Gli ingorghi hanno provocato sporadici scontri tra automobilisti e attivisti. Le proteste erano cominciate venerdì e ieri, lunedì, decine di manifestanti sono rimasti feriti in scontri con la polizia; una grande manifestazione è in programma per stasera.

Chi è il contestato nuovo premier

L’ex presidente Serzh Sarkisian, 63 anni, del Partito repubblicano al governo, resterà dunque al potere nonostante le proteste. La sua nomina a premier è stata approvata con 77 voti contro 17, dopo che il suo secondo e ultimo mandato da presidente è terminato la scorsa settimana. Ex ufficiale dell’esercito, Sarkisian è alla guida dell’Armenia da quando nel 2008 ha vinto le elezioni presidenziali; è stato poi rieletto per un secondo mandato nel 2013. In passato aveva già ricoperto il ruolo di primo ministro nel 2007-2008.

Il nuovo capo dello Stato, Armen Sarkisian, ha giurato la scorsa settimana, ma i suoi poteri saranno più deboli in base a un nuovo sistema di governo, che attribuisce più poteri al premier. Nonostante i due condividano lo stesso cognome, non sono parenti. L’opposizione denuncia che il cambiamento di sistema sia stato mirato proprio ad avvantaggiare Serzh Sarkisian.

Da Repubblica presidenziale a parlamentare

In base alla riforma costituzionale, l’Armenia sta passando a un sistema di governo parlamentare. Prima della riforma, seguita al referendum del 2015 in cui circa il 63% degli elettori appoggiò le modifiche, i presidenti armeni erano eletti a suffragio diretto e universale. Dopo che tutti gli emendamenti saranno entrati in vigore, l’Armenia completerà la transizione verso una forma di governo parlamentare, con il primo ministro che esercita l’autorità esecutiva e il presidente che svolge funzioni prevalentemente rappresentative ed è il guardiano della Costituzione.

Dopo la consultazione referendaria del 2015 migliaia di sostenitori dell’opposizione scesero in piazza denunciando brogli nei seggi e il Consiglio d’Europa riferì che il referendum era stato macchiato da accuse di vari tipi di irregolarità, fra cui compravendita di voti e voti multipli.

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Armenia, arrestate due persone per irruzione nell’edificio della radio pubblica (Sputniknews 17.04.18)

La polizia ha fermato due membri dell’opposizione che lo scorso 14 aprile avevano fatto irruzione nella sede della radio pubblica per protestare contro l’elezione a primo ministro del

“I partecipanti ad una manifestazione illegale, disobbedendo alle richieste della polizia e del personale della radio, hanno sfondato la porta dello studio radiofonico e una volta all’interno hanno chiesto di parlare in diretta, interrompendo la normale attività dell’emittente e creando una minaccia per la sicurezza pubblica… sono stati arrestati”, riporta una nota del servizio nazionale per le investigazioni speciali.

In precedenza, il deputato Nikol Pashinyan, a capo delle proteste contro l’elezione alla carica di primo ministro dell’ex presidente Serzh Sargsyan, ha detto che i manifestanti martedì hanno cercato di bloccare tutti gli ingressi al Parlamento, dove il 17 aprile avverrà l’elezione del primo ministro. Lo stesso giorno Pashinyan ha invitato i manifestanti a irrompere, in modo non violento, negli edifici statali. Sono seguisti scontri tra manifestanti e polizia.

Il 9 aprile, il presidente eletto Armen Sargsyan ha accettato le dimissioni del governo dopo aver assunto l’incarico. Lo scioglimento del Consiglio dei ministri il giorno dell’inaugurazione del nuovo presidente è previsto dalle disposizioni transitorie della costituzione riformata. In futuro, il governo si dimetterà automaticamente solo dopo elezioni parlamentari, non presidenziali.

L’Assemblea nazionale dell’Armenia ha eletto Sarkisian presidente dil 2 marzo. Dopo il completamento del suo mandato dell’ex presidente Sargsyan ha introdotto un nuovo testo della Costituzione, secondo la quale il potere sarà concentrato nelle mani del parlamento e del governo, e il presidente, eletto dal Parlamento, sarà rappresentativo.

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Armenia, Serzh Sarkisian eletto premier malgrado le proteste (Askanews 17.04.18)

Erevan (Armenia), 17 apr. (askanews) – In Armenia l’ex presidente Serzh Sarkisian è stato eletto primo ministro dal parlamento di Erevan, ottenendo la carica malgrado le proteste che da giorni animano la capitale e che si stanno allargando, proprio con il dichiarato proposito di bloccare il suo insediamento alla guida di un nuovo governo. (con fonte afp)


Armenia: presidente Sarkissian assegna ufficialmente incarico di premier a Sargsyan
Erevan, 17 apr 16:27 – (Agenzia Nova) – Il presidente dell’Armenia, Armen Sarkissian, ha siglato oggi la nomina che assegna l’incarico di governo a Serzh Sargsyan. Il parlamento armeno ha ufficialmente votato oggi la nomina di Sargsyan con 77 voti a favore e 17 contrari per quella che è stata la prima elezione di un primo ministro dopo le modifiche costituzionali che hanno sancito il passaggio dal sistema presidenziale a quello parlamentare. (Res)

Brancaleone (Rc): Un evento per ricordare il genocidio degli armeni (Telemia.it 17.04.18)

La Associazione Pro-Loco di Brancaleone ha organizzato una manifestazione in ricordo del Genocidio degli Armeni 1915 prevista per il giorno 25 Aprile 2018 alle ore 16:00 a Brancaleone Superiore
(Parco Archeologico Urbano Brancaleone Vetus) in occasione della giornata del ricordo del genocidio del popolo Armeno 1915.

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Sevak Khanagyan: Qami è la canzone dell’Armenia in gara a Eurovision 2018 (Gingergeneration 16.04.18)

Sevak Khanagyan è il nome del rappresentante dell’Armenia all’Eurovision Song Contest 2018, in programma a Lisbona dall’8 al 12 maggio. Il cantante presenterà per l’occasione sul palco dell’Altice Arena il pezzo Qami, di cui trovate video ufficiale, testo e traduzione qui sotto.

Audio testo e traduzione di Qami – Sevak Khanagyan – Eurovision Song Contest 2018  – Vai al sito