Armenia: violenza di genere in consiglio comunale (Osservatorio Balcani e Caucaso 21.03.18)

Il 13 febbraio scorso due consigliere comunali del partito a guida femminile Yerkir Tsirani sono state aggredite fisicamente e sessualmente durante una seduta del consiglio comunale di Yerevan, per poi essere accusate di “comportamento inappropriato”.

Nonviolenza e violenza

Marina Khachatryan e Sona Aghekyan stavano cercando di attirare l’attenzione su un problema a lungo trascurato nel distretto di Nubarashen, dove le fognature stanno filtrando da una prigione locale a zone residenziali, diffondendo un cattivo odore che colpisce sia i residenti del distretto che i carcerati.

Khachatryan e Aghekyan hanno distribuito maschere a consiglieri e giornalisti presenti, indossato guanti e maschere chirurgiche e mostrato flaconi di vetro pieni di campioni delle acque di scarico inquinate.

“Il distretto amministrativo di Nubarashen vi manda un regalo”, ha dichiarato Khachatryan, avvicinandosi al sindaco di Yerevan Taron Margaryan con un flacone. “La gente respira quest’aria, quindi dovresti farlo anche tu!”, ha aggiunto Aghekyan, nonostante gli insulti provenienti dalla folla maschile.

Mentre le donne parlavano, il sindaco ha ordinato di fermarle, e i consiglieri e uomini dello staff le hanno circondate immediatamente, aggredendole e minacciandole. Edmon Kirakosyan, membro del Partito repubblicano, al governo in Armenia, ha aggredito Khachatryan, afferrandole il seno; in risposta lei lo ha schiaffeggiato. Pieni di rabbia, una decina di uomini ha malmenato le due, afferrando Khachatryan per i capelli, colpendola più volte in viso, il tutto di fronte al pubblico e alle telecamere del live-streaming.

Questa violenza è stata manipolativamente descritta dai media come una “zuffa”, come se la violenza fosse stata a doppio senso e le parti si fossero trovate su un piano di parità.

Inoltre, Khachatryan è stata accusata dai rappresentanti del Partito Repubblicano di aver iniziato la “rissa”, un’interpretazione presente anche sui social media. Nonostante i video mostrino chiaramente Edmon Kirakosyan che le afferra il seno, l’aggressione sessuale non è arrivata ai media fino a quando la stessa Khachatryan non ha dichiarato: “Chi gli ha dato il diritto di togliermi i vestiti, toccarmi il seno, il mio corpo?! Quando ho capito cosa stava succedendo, l’ho schiaffeggiato”.

Aggressione sessuale istituzionalizzata

L’attivista femminista e ambientalista Anna Shahnazaryan ha dichiarato a OC Media che l’aggressione sessuale è una strategia consapevole, messa in campo dallo stato, specialmente quando la polizia reprime le proteste. Porta l’esempio di quando un poliziotto l’ha colpita al seno nel novembre 2014, durante una manifestazione contro le morti non investigate di soldati nelle forze armate. Dice che lo si fa per provocare una risposta dai manifestanti e creare una giustificazione per intraprendere ulteriori azioni violente. Questo ha chiaramente funzionato con Khachatryan: quando ha schiaffeggiato Kirakosyan, è stata accusata di iniziare la “rissa”.

La violenza brutale contro le consigliere ha provocato critiche pubbliche. Lo stesso giorno, diverse decine di attivisti si sono radunati davanti al consiglio comunale. “Il posto di chi compie abusi è in prigione”, “I molestatori sono criminali, così come quelli che li coprono”, “Il naso non sopporta l’odore, ma i tuoi occhi sono abituati alla violenza”, “Le donne contro il regime”: questi e diversi altri slogan sono stati declamati dai manifestanti scesi in piazza per chiedere la punizione per gli aggressori.

Dopo che diversi manifestanti erano entrati nel consiglio comunale e continuavano la loro protesta pacifica all’interno, la polizia ha applicato una forza sproporzionata, cacciandoli violentemente dall’edificio e ferendo alcuni di loro.

“L’oppressione e la violenza contro le donne sono onnipresenti e hanno una natura strutturale. La nostra lotta non è nuova e non finirà oggi”, hanno dichiarato alcune manifestanti in seguito agli attacchi della polizia. Successivamente, 55 tra singoli individui e organizzazioni hanno inviato una lettera aperta ai sindaci delle città gemellate di Yerevan, chiedendo loro di sospendere la cooperazione con la capitale.

“Gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone”

I residenti di Nubarashen lamentano la presenza di liquami nel loro quartiere da diversi anni, senza successo. “Ci siamo lamentati decine di volte in consiglio comunale, ma finora non è stato fatto nulla”, ha dichiarato un residente locale al portale 1in.am.

Zaruhi Postanjyan, leader di Yerkir Tsirani, afferma di aver portato i campioni di acque reflue in consiglio comunale su richiesta dei residenti di Nubarashen.

“Che vadano loro [i rappresentanti repubblicani] a vivere nel distretto di Nubarashen. Non sono nemmeno riusciti a rimanere un paio di minuti in quella stanza mentre l’acqua delle fogne veniva semplicemente portata in barattoli”, ha dichiarato la consigliera Khachatryan al servizio armeno di RFE/RL, Azatutyun.

Le consigliere di Yerkir Tsirani hanno fatto fede all’impegno di sostenere i cittadini di Yerevan, sollevando un problema a loro delegato con una tecnica attivista che può essere descritta come una pratica di resistenza politica non violenta. Quando il linguaggio della politica si rivela esaurito, è prassi comune cercare modi alternativi per sollevare questioni importanti.

Questo tipo di resistenza è stato ritenuto inaccettabile non solo dai partiti di governo, ma anche dagli ambienti dell’opposizione. Quello che è successo in consiglio comunale ha rivelato infatti una profonda divisione ideologica tra i due partiti d’opposizione, Yerkir Tsirani e Yelk.

Dopo l’incidente Davit Khazhakyan, leader di Yelk, ha definito le azioni di Khachatryan e Aghekyan uno “spettacolo che andava oltre i limiti”.

“Dobbiamo fare in modo che il corso naturale delle sessioni non sia disturbato”, ha dichiarato Khazhakyan, scusandosi con i cittadini per l’interruzione causata da Yerkir Tsirani. In seguito, ha concluso con i media, “i metodi scelti da Yerkir Tsirani ci sono estranei”.

Il partito Yerkir Tsirani è stato inoltre accusato di violare il codice di condotta del consiglio comunale. Lo stesso giorno in cui si sono verificate le violenze, il consiglio comunale ha rilasciato una comunicazione pubblica secondo cui “i membri di Yerkir Tsirani hanno commesso un atto indegno per un armeno, per un cittadino di Yerevan, per un essere umano che abbia una coscienza”.

Con questa formulazione manipolativa, le autorità hanno rafforzato il messaggio che la resistenza civica o politica sono tecniche dell'”altro”, del “non-armeno”. Noi, “il popolo dell’Armenia”, dovremmo lodare l’obbedienza alle regole e agli ordini, era il messaggio.

Ma per molti attivisti, al contrario, le azioni di Khachatryan e Aghekyan hanno rappresentato un passo politico chiave.

“Per me, quello che hanno fatto le donne di Yerkir Tsirani è stato il più importante e multiforme evento politico degli ultimi tempi”, afferma l’attivista queer, anarchica e femminista Zara Harutyunyan. “Se l’opposizione parlamentare non è in grado di influenzare alcun processo decisionale, quale funzione svolge?”.

Durante lo stesso consiglio, il leader di Yerkir Tsirani Zaruhi Postanjyan ha dichiarato: “Siamo qui per avvelenare la vostra vita”. Secondo Harutyunyan, questa è una dichiarazione chiave nella formazione della vera retorica oppositiva.

Il suo pensiero ricorda la famosa affermazione della scrittrice americana Audre Lorde, secondo cui “lo strumento del padrone non smantellerà mai la casa del padrone”. Quando un’opposizione va a sostenere il sistema, ne perpetua le tecniche e rompe la linea di confine tra oppressori e combattenti, si trasforma in una specie più pericolosa di forza politica.

La violenza contro le consigliere armene è una questione femminista

Le donne in Armenia sono soggette a ogni sorta di discriminazione e violenza di genere. Secondo il Global Gender Gap Report 2017 del World Economic Forum, l’Armenia è al 111° posto su 144 paesi in termini di empowerment politico delle donne. In questa società patriarcale ci si aspetta che le donne rimangano confinate all’interno delle norme di “modestia”, “sottomissione” e “assenza di voce”. Qualsiasi azione – all’interno della famiglia, nelle istituzioni, in pubblico, o in arene politiche più ampie – che sovverta queste norme scuote le fondamenta del sistema patriarcale e mette a rischio chi le trasgredisce.

“L’incidente rende evidente la violenza diffusa e spesso ‘domestica’ contro le donne, riversandola nell’arena pubblica. Questa volta, la violenza è perpetuata da figure pubbliche maschili (funzionari statali o loro affiliati): in altre parole, dai veri patriarchi”, spiega l’attivista Anna Shahnazaryan.

Questa stessa violenza pubblica contro le donne, “compresa l’aggressione sessuale e l’umiliazione verbale”, è in netto contrasto con la violenza pubblica tra o contro uomini politici (i combattimenti a pugni che siamo abituati ad osservare)”, aggiunge Shahnazaryan.

Per svergognare pubblicamente le donne di Yerkir Tsirani in quanto donne, i membri del Partito Repubblicano usano una serie di tecniche manipolative e degradanti. Zaruhi Postanjyan e le sue colleghe sono spesso ridicolizzate, pubblicamente accusate di “non essere vere donne”, descritte come “isteriche”. Hanno sopportato una lunga serie di umiliazioni e violenze di genere, perpetrate o ordinate in particolare dai membri del Partito Repubblicano.

Nell’ottobre 2017, durante un’altra riunione del consiglio, il membro del Partito Repubblicano Levon Igityan ha preso di mira Marina Khachatryan, parlandone in questi termini: “Quale donna? Cagna!”.

Il 14 maggio 2017, durante le elezioni del consiglio comunale, gli agenti di polizia hanno aggredito Zaruhi Postanjyan e sua figlia, che ha riportato una commozione cerebrale. “Viviamo in una società in cui è normale aggredire le donne senza conseguenze”, afferma Anahit Simonyan, attivista per i diritti delle donne.

Non sono, ovviamente, solo i politici uomini ad essere sessisti. Nel giugno 2017, mentre le donne di Yerkir Tsirani sollevavano diverse questioni politiche in un’altra sessione del consiglio, la repubblicana Hasmik Sargsyan le ha interrotte: “È imbarazzante; siete donne, madri!”.

Commentando le azioni del partito di opposizione durante l’ultima sessione del consiglio, Sargsyan ha cercato di svergognare pubblicamente le sue colleghe consigliere. “Che tipo di utero vi ha portato in questo mondo?”, ha domandato.

Tali atteggiamenti sono incoraggiati anche a livello presidenziale. La consigliera repubblicana Naira Nahapetyan, che ha affermato senza motivo o prove che l’acqua portata dalle donne di Yerkir Tsirani contenesse acido, è stata premiata dal primo ministro Serzh Sargsyan il 3 marzo per il suo “contributo alla vita politica dell’Armenia”.

La repressione contro Yerkir Tsirani è volta sia a limitare le azioni dell’opposizione che la partecipazione critica delle donne alla politica. Il sistema di oppressione patriarcale non ha bisogno di donne che non desiderano riprodurre lo status quo. Queste diventano una sfida per il sistema stesso, ma poiché sono donne è facile screditare le loro azioni, in quanto il posto di una donna è già visto come ausiliario di quello degli uomini.

Tuttavia, quando le aspettative del regime non sono pienamente soddisfatte e il sistema si trova nei guai, tende a ricorrere al metodo classico della violenza. Questo è lo stesso tipo di violenza degradante a cui sono sottoposte le donne nelle loro case, dove sono costrette a tollerarlo in silenzio. Ma qui la violenza è esplosa di fronte alle telecamere e il comportamento brutale degli uomini è stato esposto agli occhi del pubblico.

Questo è un chiaro messaggio delle autorità patriarcali: le donne devono stare al proprio posto, altrimenti saranno punite in questo modo. Eppure, Zara Harutyunyan conclude: “Vedo donne che sono già uscite dai confini e che non possono essere ricondotte all’obbedienza imponendo una finta moralità”.

Il caso di Yerkir Tsirani mostra che alcune donne hanno superato questi confini, ma riusciranno ad avvelenare il sistema?

Vai al sito

Presentazione di Lido Incontra 2018 (Veneziatoday-it 21.03.18)

Presentazione di Lido Incontra 2018

Un ricco programma di incontri per approfondire gli incroci di storia e di cultura tra la Repubblica  di Venezia e quei popoli che in misura e in modo diverso sono entrati in contatto con la Serenissima. Dopo la prima edizione, nel 2016, che ha approfondito più aspetti della cultura ebraica, la nuova stagione di “Lido Incontra”, promossa dalla Proloco del Lido di Venezia e Pellestrina, con la collaborazione di numerosi partner, propone un variegato calendario di appuntamenti sul tema “L’Armenia, gli armeni e la Serenissima. La cultura di un popolo in esilio”.

Un programma ricco e variegato

Dal 30 marzo al 22 ottobre, in diversi luoghi del Lido di Venezia, tra cui anche l’antico chiostro di San Nicolò, letteratura, cinema, teatro, musica saranno protagonisti di una manifestazione di grande respiro culturale. L’iniziativa è stata presentata mercoledì mattina a Ca’ Farsetti alla presenza del prosindaco del Lido Paolo Romor e della presidente della Proloco del Lido di Venezia e Pellestrina, Micaela Salmasi. “Questo evento – ha esordito Romor – è un primo coronamento del lavoro che questa Amministrazione comunale ha compiuto da quando si è insediata. Al Lido avevamo trovato un contesto molto compromesso e dalle prime ore di mandato siamo intervenuti per sanare la situazione del buco davanti al palazzo dell’ex Casinò. Credevamo infatti che quella ferita, oltre a essere uno sfregio patito da tutti i cittadini lidensi, fosse il principale ostacolo alla possibilità per l’isola di ripartire, ritenendo che l’area costituisse un volano per rimettere in moto le energie positive dell’isola. In tempi straordinari siamo riusciti a concludere i lavori. A due anni e mezzo dal nostro insediamento possiamo dire che l’intuizione è stata corretta: comincia a delinearsi il rilancio del Lido”.

Gli eventi

Grazie alla collaborazione e al patrocinio di numerose realtà, la Proloco ha organizzato numerosi appuntamenti, la maggior parte dei quali gratuiti. Gli incontri dedicati alla letteratura inizieranno il 30 marzo al Grande Albergo Ausonia&Hungaria con le leggende del popolo armeno. Il 13 e 19 aprile e il 29 settembre verranno proposti, a cura di BarchettaBlu, eventi dedicati ai più piccoli. La musica avrà uno spazio importante con l’obiettivo di far conoscere compositori e strumenti armeni, come il Duduk, voce d’Armenia nel mondo. Per l’arte cinematografica verranno proposte al cinema Astra le proiezioni dei film “Il padre”, “Ararat”, “La masseria delle allodole”. In questo excursus culturale non poteva mancare un approfondimento gastronomico con degustazioni e presentazioni di ricette tradizionali.

San Lazzaro degli Armeni

Saranno inoltre previste alcune visite all’Isola di San Lazzaro degli Armeni: l’11 maggio, il 16 giugno e il 29 settembre, dedicata quest’ultima alle famiglie e arricchita dalla lettura di fiabe armene e atelier creativo a cura di BarchettaBlu.

Potrebbe interessarti: http://www.veneziatoday.it/eventi/cultura/lido-incontra-2018-presentazione.html
Seguici su Facebook: http://www.facebook.com/pages/VeneziaToday/252463908142196

Armenia, esperienze e conoscenze (Latitudeslife.it 19.03.18)

Viaggi d’autore è l’appuntamento editoriale, a cura di Anna Maspero e degli autori di guide specializzati nelle diverse destinazioni, che nasce dalla collaborazione di Latitudes con l’editore Polaris, la “stella guida del viaggiatore” dal 1989. Da oltre 20 anni pubblica guide che si leggono come dei veri e propri libri, capaci di raccontare, incuriosire ed emozionare. Polaris è anche narrativa di viaggio e saggistica, con una serie di collane prestigiose per venire incontro a esigenze diverse e specifiche: “Le Stelle”, “Per le Vie del Mondo”, “Percorsi e Culture”, “Libri Fotografici” e “Polaris Romanzi”. Grandi viaggiatori, reporter, giornalisti e scrittori, tutti viaggiatori per vocazione, sono gli autori d’eccezione che vi condurranno su Latitudes alla scoperta di paesi e luoghi straordinari.

 

Visitare l’Armenia oggi significa scoprire un piccolo Paese del Caucaso meridionale che nel corso dei secoli ha assorbito le influenze culturali di Europa, Russia, Persia e Oriente. La prima nazione cristiana al mondo, che ha espresso la sua fede con mille e una chiesa dalle forme geometriche e dall’atmosfera di spoglio misticismo, sorprende per la bellezza dei suoi panorami: altopiani dominati da montagne che superano i 4.000 m solcati da vallate che sembrano rincorrersi all’infinito verso le steppe asiatiche.

Visitare l’Armenia significa soprattutto scoprire l’enorme patrimonio culturale degli armeni: una civiltà nata ai piedi del biblico Monte Ararat quasi tremila anni fa che parla la stessa lingua di allora e utilizza un alfabeto singolare, creato da un santo e celebrato come un’opera d’arte. Una civiltà che ha reso possibile una produzione letteraria e scientifica impressionante: un patrimonio unico conservato tra le mura di centinaia di splendidi monasteri sparsi nei luoghi più spettacolari del Paese e all’interno dell’Istituto dei manoscritti “Matenadaran”, il Sancta Sanctorum della cultura armena che vi aspetta a Yerevan con migliaia di codici miniati dal valore inestimabile.

L’Armenia è il Paese delle pietre urlanti: un luogo dove ogni pietra racconta la storia tribolata di questo popolo che ha risposto a invasioni, persecuzioni e dominazioni con la forza che viene dall’incrollabile fede cristiana e da un’antica civiltà su cui ha fondato la sua identità nazionale. Un popolo che nel 1915 è scampato a quello che Papa Francesco ha definito “il primo genocidio del XX secolo” e che è disperso in ogni angolo del mondo, rinascendo ogni volta dalle sue ceneri con inalterabile speranza. Ecco perché una volta che scoprirete l’Armenia e la sua civiltà comincerete a vederne le trame in ogni dove, anche in luoghi conosciuti, come Venezia, Milano, Roma, che all’improvviso riveleranno tracce inequivocabilmente riconducibili alla presenza armena.

L’Armenia è la destinazione giusta per chi è curioso di altre culture, per chi ama la storia, l’architettura, la musica, ma anche per chi apprezza la natura, gli spazi aperti e la possibilità di vivere esperienze autentiche e l’incontro con persone che mantengono le antiche tradizioni e accolgono i visitatori come ospiti e non come turisti. Un viaggio che non può deludere, ma che non è certo adatto a chi cerca mondanità, vita notturna, divertimento leggero.

Continua a leggere QUI

 

 

 

 


Tempo fa ho avuto occasione di partecipare a Padova a un convegno nel quale Antonia Arslan, scrittrice italiana di origine armena, parlava della ‘storia’ millenaria del suo paese, del periodo noto come ‘genocidio’ del suo popolo. Non era la prima volta, avendo avuto in passato amici d’origine armena, che sentivo dibattere di tali argomenti. È comunque un dato di fatto: in ogni epoca e in ogni zona del mondo si sono verificati episodi di isolamento, intolleranza, persecuzione, delitti – un ‘crescendo’ che si impadronisce della mente umana annullandone il raziocinio – sino a giungere al vero e proprio genocidio. La storia ci conferma che questi estremi vengono raggiunti quando una comunità, costretta dagli eventi umani a vivere e condividere un territorio con altre persone differenti per razza, religione, abitudini di vita, può arrivare a compiere atti che il comune sentire – seppure in contesti di generale disagio e pericolo – mai dovrebbero permettere che si venga sopraffatti da forme di ideologia contorta, dall’assuefazione al potere di pochi, dall’ottundimento dell’anima in presenza di azioni ritenute a posteriori ‘inconcepibili, vergognose, criminali’, ma di fatto accettate passivamente e in qualche caso purtroppo persino esercitate. È successo col nazismo, nell’Unione Sovietica dei ‘pogrom’, in Cina e Corea durante la conquista giapponese, in Africa centrale fra etnie differenti e prima ancora nella tratta degli schiavi verso le Americhe, oltre che nelle infinite, disgraziate vicende umane perpetrate nel tempo e nello spazio dalle varie forme di colonialismo.

Non è l’unica testimone della ‘storia’ degli Armeni, Antonia Arslan; ma l’ex docente di Letteratura Italiana Moderna presso l’università di Padova, con la passione per l’archeologia (con tanto di laurea) è una ‘testimone’ permanente (e itinerante) delle traversie del suo popolo. La Arslan ricorda anzitutto che il nome originario del paese era Hayq, divenuto più tardi Hayqstan, a significare ‘la terra di Hayq’, dato che ‘stan’ è il ricorrente suffisso persiano per indicare un territorio. La leggenda racconta che Hayq discendeva da Noè e quindi, in accordo con la tradizione cristiana – antenato di tutti gli armeni. Hayq viveva ai piedi del monte Ararat; si assentò dalla sua residenza per assistere all’edificazione della Torre di Babele e, ritornato, sconfisse il re assiro Nimrod presso il lago di Van, nell’attuale Turchia. Ancora: il termine Armenia si rifà a quello di una tribù riconosciuta come la più potente dai popoli che vivevano nell’area caucasica e deriva da Armenak (o Aram), discendente di Hayq, a sua volta grande condottiero. La piccola-grande ‘storia’ dell’Armenia può essere sintetizzata in due fasi: quella della Grande Armenia, la cui massima estensione raggiunta comprendeva la quasi totalità dell’odierna Turchia orientale; oggi in quest’area l’etnia prevalente è quella dei Curdi, seguiti da Armeni, Turchi, Georgiani. Le città più notevoli sono la capitale della Repubblica di Armenia Erevan, ed Erzurum, in Turchia. Con l’occupazione araba, consolidatasi attorno agli anni 660-680, l’Armenia maggiore diviene una provincia di confine dell’Impero musulmano, per finire poi sottomessa all’Impero di Bisanzio nell’anno 1045. Nel 1064 Ani, capitale reale armena, viene conquistata dai Selgiuchidi e l’intera Grande Armenia cade in potere dei Turchi. Uno Stato armeno indipendente si riforma poco dopo in Cilicia, cioè nella Piccola Armenia (zona a sud dell’attuale Turchia e nord della Siria) e dura tre secoli, dal 1199 al 1375.

Antonia Arslan non ha mai nascosto di ritenersi una testimone attiva della sorte dei suoi compatrioti e continua ad esserlo per mezzo delle sue periodiche conferenze. Il genocidio perpetrato dai Turchi è stato in gran parte motivato dal desiderio di espandere il proprio territorio e insieme di contrastare – come paese musulmano – la religione cristiana che in Armenia è religione di stato sin dall’anno 301. Genocidio ‘moderno’, quello degli Armeni, che è stato seguito da quello nazista a danno degli ebrei. La scrittrice ricorda che si è trattato di un ‘progetto’ pianificato fra il dicembre del 1914 e il febbraio del 1915, con la complicità di consiglieri tedeschi, alleati della Turchia al­l’interno del primo conflitto mondiale. Il totale delle vittime può essere quantificato fra il milione e mezzo e i due milioni di persone: l’annientamento di un intero popolo, perché chi lo ha perpetrato si è fatto carico di cancellare, insieme alle vite umane, anche le tracce culturali della loro antica presenza in questa terra; si è calcolato che oltre 3.500 opere d’arte siano state distrutte e le poche rimaste, qualche centinaio, rappresentano oggi un aggancio emotivo al passato per gli abitanti dell’attuale, piccola Armenia. Solo nel 1985 il Genocidio Armeno è stato formalmente riconosciuto dall’ONU e in seguito (1987) anche dal Parlamento Europeo. Tra le ‘voci’ poetiche scomparse in tali atroci circostanze, la Arslan non manca di ricordare l’opera e la grande personalità del poeta Daniel Varujan, assassinato nel 1915, agli inizi dell’olocausto armeno. ‘Il Canto del Pane’, la sua opera più importante, potrebbe essere definita ‘il Canto dell’Uomo’, in cui la semplicità terrestre e le potenzialità celesti fanno un tutto armonioso; anzi, un tutto di armoniosa reciprocità.

Vai al sito

Armenia-Italia: premier Karapetyan riceve ambasciatore Ricciulli, focus su cooperazione bilaterale e conclusione mandato (Agenzianova 20.03.18)

Erevan, 20 mar 14:47 – (Agenzia Nova) – Il primo ministro armeno Karen Karapetyan ha ricevuto l’ambasciatore italiano Giovanni Ricciulli in occasione della conclusione del suo mandato diplomatico a Erevan. Lo riferisce una nota del governo, secondo Karapetyan ha ringraziato il rappresentante diplomatico per il lavoro svolto dal 2013 e per il contributo allo sviluppo delle relazioni armeno-italiane. Il premier ha molto apprezzato la cooperazione bilaterale a livello politico e culturale e la grande importanza assegnata ai legami economici. “Nel 2017 abbiamo aumentato il fatturato commerciale fra Armenia e Italia del 25 per cento e speriamo che continuerà a crescere”, ha detto il capo del governo di Erevan. (segue) (Res)

Bari, alla scoperta dei tesori nascosti: un angolo di Armenia per le vie della città (Ilquotidianoitaliano.it 20.03.18)

I documenti sembrano non lasciare troppi dubbi: la presenza armena in terra pugliese fu stabile già a partire dal 1087, quando Corcucio l’armeno risultò essere tra gli organizzatori della traslazione dei resti di San Nicola da Myra, in Turchia, a Bari ed è forse proprio per questo motivo, e per la storia passata e sconosciuta, che i Turchi oggi vogliono tornarne in possesso.

Questo popolo, anticamente sorto all’ombra del monte Ararat, ha una storia sia affascinante che tragica: una storia fatta di leggende, tradizioni e strazi. Alcuni studiosi nel 1984, seguendo un metodo statistico sull’evoluzione della specie umana e della lingua, arrivarono ad individuare l’origine delle popolazioni proto-indo-europee proprio nelle alture dell’Armenia. La vicinanza al biblico monte Ararat che in lingua armena significa luogo creato da Dio, dove Noè di incagliò con l’Arca, rende gli armeni “genitori putativi” di tutta l’umanità.

(adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({}); In Puglia la prima comunità stabile nacque nel 1824 in via Amendola. Prima di questa data le disavventure subite da questi uomini furono paurose. Presi di mira ed invasi nel loro territorio oppure trucidati. L’episodio più pesante è stato il genocidio del 1915, ancora oggi negato dai turchi che furono i carnefici di 1.500.000 di anime. Volendo sdrammatizzare, cercando a tutti i costi un aspetto positivo in queste disavventure, non possiamo dimenticare che se oggi sulle nostre tavole abbiamo le albicocche (prunus armeniaca) lo dobbiamo proprio alle campagne romane del 72 d.C. L’Armenia oggi è un fazzoletto di terra, ma anticamente la sua estensione era sconvolgente e stuzzicava le ambizioni degli altri regni.

La diaspora armena in Italia è composta da circa 6mila persone. Li troviamo a Milano, a Venezia, a Roma, sede del Collegio Pontificio e della comunità di riferimento per tutta Italia, ed appunto Bari dove è forte la loro presenza. Passeggiando per la città non è difficile trovare qualche traccia nascosta della presenza passata. Come il “khatchkar”, la croce di pietra simbolo tipico dell’Armenia, opera dell’architetto Ashot Gregorian scolpita nel 2001 su commissione della Regione Puglia che fino a qualche anno fa era dimenticata davanti alla Basilica di San Nicola, mentre oggi è in bella mostra sul lungomare, davanti alla Capitaneria di Porto. La stessa Basilica sembra essere sorta dove era fu edificata dall’armeno Mosese nella Corte del Catapano intorno all’XI secolo la chiesa di San Giorgio degli Armeni.

Dal sito www.paginebianche.it proviamo a contare quanti cognomi di origine armena ci sono a Bari e provincia, il risultato è sorprendente: Amoruso, i cambiavalori in armeno (354 utenti), Armenise (278 utenti), Armenti (9 utenti), Caccuri (4 utenti), Pascali (20 utenti), Susca (28 utenti), Trevisani (1 utente), Zaccaria (36 utenti); non teniamo logicamente conto che questi sono solo gli utenti che hanno un’utenza telefonica fissa o che siano capifamiglia e non mogli e che quindi non possono trasferire il proprio cognome ai figli.

“Se Parigi avesse il mare, sarebbe una piccola Bari” sentiamo spesso dire in giro, allora proviamo a creare un nuovo proverbio che potrebbe essere “se Bari avesse l’Ararat, sarebbe una piccola Armenia”.

Era il 13 Settembre 1922 e le truppe turche, comandate da Mustafà Kemal, incendiavano il quartiere greco e armeno di Smirne, la città marittima sul mar Egeo. Per gli armeni un’ulteriore ferita alla loro dignità di uomini ed alla loro storia, successiva al genocidio del 1915 da parte degli stessi turchi.

Nell’incendio morirono circa 40mila persone; bruciati vivi, a seguito delle ustioni oppure affogati in mare nel tentativo di salvarsi. La marina italiana, comandata dall’ammiraglio Alberto Viscardi, andò in aiuto di quanti potevano essere sopravvissuti ma, la tecnologia e la meccanica di allora, rappresentarono un problema. Ed è lì in seguito di questo incendio che a Bari si rifugiarono 60 armeni, divenendo il seme di una comunità ben integrata.

All’inizio furono ospitati in alloggi di fortuna fino a quando il Comune decise di concedere loro uno spazio in Via Amendola al numero 154. Fu chiamato “Non Arax” il nuovo Arax, in omaggio al fiume che scorre per 1072 km alle pendici del monte Ararat e che segna il confine tra Turchia, Armenia, Iran e Azerbaijan.

Quando fu realizzato nel 1924 era un piccolo villaggio di 6 baracche di legno dove trovarono rifugio alcuni degli armeni approdati nel porto di Bari dalla Grecia dove si erano rifugiati per sfuggire alle stragi di Smirne del 1922, epilogo del già citato genocidio, detto anche “Medz Yeghern”, il Grande Male.

Il villaggio fu fondato ed organizzato anche grazie al poeta armeno Hrand Nazarianz. Il nome lo conosciamo solamente perché la via che porta al cimitero ed agli uffici giudiziari è intitolata a lui che a pieno titolo poteva essere considerato un cittadino onorario di Bari, dopo che vi si era rifugiato nel 1913 per sfuggire in Turchia alla sua condanna a morte sposando la ballerina Maddalena De Cosmis di Casamassima.

Trovare quel che resta del villaggio è difficile. Suor Elisabetta Rosa della Clarisse di San Francesco e Santa Chiara mi accoglie e mi fa parcheggiare dentro il recinto della scuola per poi accompagnarmi a vedere i resti della piccola Chiesa dove gli armeni celebravano le loro festività e che oggi è stata trasformata in magazzino.

Nel 1924 la storia commosse l’opinione pubblica e gli enti si mossero per farli sentire a loro agio in questa nuova terra e fargli dimenticare, per quanto possibile, il loro dramma. L’Acquedotto Pugliese realizzò una fontana pubblica per rifornirli d’acqua potabile ed il Governo concesse loro dei padiglioni posti sul terreno acquistato dall’ANIMI (Associazione Nazionale degli Interessi del Mezzogiorno) dove poterono esercitare l’arte della tessitura di tappeti di cui erano maestri.

Pregiati manufatti che furono acquistati da diversi enti per essere posti negli edifici istituzionali. Anche l’Acquedotto Pugliese non seppe fare a meno di comprarne diversi che ancora oggi sono posti in bella mostra nell’edificio di via Cognetti.

La famiglia Timurian (ogni cognome che finisce per “ian” o “yan” è sicuramente armeno) ha continuato questa tradizione e nei punti vendita di via Putignani e via Napoli a Bari chiunque può entrare, parlare con Rupen e portarsi a casa un po’ di antica Armenia. Le case del villaggio armeno oggi sono abbandonate, forse per dimenticare il passato e guardare il futuro e magari, nel giorno della memoria, potrebbero essere fatte visitare agli studenti delle scuole che, oltre alla Shoa, non conoscono altri e sempre vergognosi genocidi, che hanno macchiato il nostro secolo.

Se qualcuno volesse conoscere di più di questo villaggio, potrebbe sempre sfogliare il libro di Emilia De Tommasi “Nor Arax. Storia deli villaggio armeno di Bari” edito da LB/Bari; oppure potrebbe andare a trovare Ruper Timurian nel suo negozio, membro onorario della comunità armena d’Italia: sicuramente avrà piacere a far rivivere la storia dei propri avi.

Vai al sito

Internazionalizzazione alle Scotte: dottoresse armene e giordane a Siena (Ilcittadinoonline.it 19.03.18)

SIENA. Condividere esperienze e conoscenze sull’organizzazione del sistema salute, assistenza e ricerca. Questo l’obiettivo dello scambio formativo presso l’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, di tre dottoresse provenienti da Armenia e Giordania, che approfondiranno le loro conoscenze in campo endocrinologico e genetico. Si tratta di Nona Martirosyan, del Nairi Medical Center, e di Hermine Danielyan del Saint Grigor Lusavorich Medical Center (le strutture sono situate a Erevan, capitale dell’Armenia): le due dottoresse armene saranno ospiti dell’Endocrinologia.

Invece la dottoressa Aiah Amer Faisal Alshraiedeh, proveniente dal Al Khalidi Hospital and Medical center di Amman, Giordania, è in visita nella UOC Genetica Medica. Le dottoresse, appena arrivate alle Scotte, sono state accolte dal direttore generale Valtere Giovannini e rimarranno a Siena sino a venerdì 23 marzo. La delegazione internazionale visiterà anche il centro della città mercoledì 21 marzo, facendo tappa a Palazzo Pubblico.

Vai al sito

 

 

ARMENIA: Eletto un nuovo presidente, per la prima volta dal parlamento (Eastjournal 17.03.18)

Lo scorso 2 marzo in Armenia si sono tenute le prime elezioni presidenziali indirette nella storia del paese caucasico, vinte dal candidato indipendente Armen Sargsyan, nominato dal Partito Repubblicano e dalla Federazione Rivoluzionaria Armena, che insieme formano la coalizione di governo.

Per la prima volta, il presidente è stato eletto dai membri dell’Assemblea Nazionale (il parlamento locale), invece che dal voto popolare, come successo fino al 2013. Allora venne riconfermato alla guida del paese Serzh Sargsyan (in carica dal 2008), che a questo giro ha invece dovuto farsi da parte, avendo raggiunto il limite dei due mandati imposto dalla Costituzione armena.

Armen Sargsyan (solo omonimo del presidente uscente Serzh), è stato eletto con l’85% delle preferenze, frutto di 90 voti a favore e 10 contrari (una scheda è stata ritenuta nulla, mentre quattro deputati non hanno preso parte alla votazione).

Sargsyan, politicamente indipendente in quanto non iscritto ad alcun partito, come vuole la nuova Costituzione, è attualmente ambasciatore della Repubblica d’Armenia nel Regno Unito, ruolo che ricopre dal 2013 e che ha svolto in passato anche tra il 1991 e il 1995. È stato inoltre primo ministro del paese dal 1996 al 1997, durante la presidenza di Levon Ter-Petrosyan.

Si insedierà ufficialmente il prossimo 9 aprile, quando scadrà il secondo mandato presidenziale di Serzh Sargsyan.

Vittoria in solitaria

Curiosamente, il neoeletto presidente era l’unico candidato in corsa, in quanto nessun altro partito politico ha avanzato una propria candidatura. In questo modo Armen Sargsyan, raccomandato personalmente dal presidente uscente Serzh e appoggiato dall’intera coalizione di governo, ha potuto vincere agevolmente già al primo turno, superando la soglia minima dei ¾ dei consensi.

Secondo la nuova legislazione armena, un partito può nominare un candidato presidente solo se possiede almeno ¼ dei seggi in parlamento; ovvero, in questo caso, 27. L’unica forza d’opposizione in grado di soddisfare questo requisito, il partito Armenia Prospera guidato da Gagik Tsarukyan, subito dopo la nomina ufficiale di Sargsyan ha però dichiarato di voler sostenere il candidato del Partito Repubblicano, bloccando di fatto qualsiasi altra candidatura.

L’altro movimento d’opposizione presente in parlamento, l’alleanza “Via d’uscita”, non ha così potuto proporre una propria alternativa, possedendo solo 9 seggi.

L’effetto della nuova Costituzione

L’elezione indiretta del presidente è una delle principali novità introdotte dal referendum costituzionale del 2015, mirato a trasformare il paese in una repubblica parlamentare attraverso il deciso ridimensionamento dei poteri del presidente della Repubblica, che da figura di maggior rilievo all’interno della scena politica armena è stato relegato a un ruolo per lo più cerimoniale.

Il presidente ha inoltre perso il ruolo di comandante supremo delle Forze Armate, il cui controllo è passato al governo, insieme alla possibilità di nominare i giudici della Corte Costituzionale, a cui spetta l’ultima parola riguardo alla procedura di impeachment presidenziale. Il mandato presidenziale è stato infine esteso da cinque a sette anni, ma senza la possibilità di essere rinnovato.

In questo contesto l’elezione di Armen Sargsyan, a un anno dalle prime elezioni parlamentari post-referendum, sancisce la definitiva transizione del paese dal semi-presidenzialismo al parlamentarismo puro, con il passaggio del potere esecutivo dalle mani del presidente uscente a quelle del governo, attualmente presieduto da Karen Karapetyan, del Partito Repubblicano.

E come teme l’opposizione, proprio il presidente uscente, Serzh Sargsyan, dopo avere esaurito il mandato presidenziale potrebbe approfittare del nuovo sistema costituzionale per tornare alla guida del paese con un altro ruolo di primo piano, quello di primo ministro.

Sebbene lo stesso Sargsyan abbia più volte negato in passato di voler ambiere alla presidenza del governo, recentemente questa ipotesi è stata definita plausibile da Eduard Sharmazanov, vice-presidente dell’Assemblea Nazionale nonché figura di primo piano all’interno del Partito Repubblicano.

Vai al sito

Armenia: alle radici del vino (Osservatorio Balcani E Caucaso 16.03.18)

È nella regione dell’Ararat che la Bibbia narra approdi Noè, dopo il diluvio universale. Secondo una versione locale, dopo essersi dedicato all’agricoltura, Noè tornò sul monte Ararat per ringraziare Dio del dono della vite e del vino. Un fotoracconto di Luca Rossetti

Questo reportage è frutto di due mesi di lavoro sul campo al fianco di produttori e i lavoratori stagionali armeni. L’Armenia è un paese storicamente legato al vino. Dopo l’indipendenza del 1991 vi è stata una crescita esponenziale della produzione. Oggi, grazie agli investimenti dei numerosi armeni della diaspora, ai piccoli produttori che non hanno mai smesso di credere nelle potenzialità della propria terra, e alle nuove collaborazioni in campo internazionale, la produzione di vini di qualità sta tornando ai livelli della tradizione che da sempre contraddistingue questa magica regione. Recenti ricerche guidate da un gruppo di archeologi hanno individuato nell’area di Vayots Dzor una cantina risalente a 6100 anni fa.

Vai al sito

Quello che successe agli armeni si sta ripetendo oggi con gli yazidi (Gariwo.it 15.03.18)

Riportiamo di seguito il discorso di Farida Abbas alla cerimonia del 14 marzo al Giardino dei Giusti di Milano, durante la quale è stato onorato Hammo Shero, capo del Sindjar che ha salvato gli armeni nel 1915.

Buongiorno a tutti,

Il mio nome è Farida Abbas, sono Yazida e faccio parte di Yazda, un’organizzazione umanitaria il cui scopo è quello di difendere i diritti degli Yazidi e di altre minoranze oppresse. Sono onorata di partecipare oggi con voi a questa importante cerimonia in onore di quattro figure esemplari. Voglio anche ringraziare l’Associazione che ha organizzato tutto questo.

Una delle targhe che verrà scoperta oggi è per Hammo Shero, il capo yazida che guidò l’operazione volta a proteggere gli Armeni e i Cristiani con 10.000 altri Yazidi sul monte Sindjār dall’attacco dell’esercito ottomano. Inoltre, gli Yazidi in Armenia si schierarono con gli armeni nella lotta contro gli Ottomani.

Quello che successe allora agli Armeni si sta ripetendo oggi con gli yazidi in Iraq. L’intera nostra comunità del Sindjār è stata perseguitata dallo Stato Islamico nel 2014. Gli yazidi sono stati uccisi, resi profughi, rapiti, e i loro averi saccheggiati; donne e bambine sono state rese schiave, ai ragazzi è stato fatto un vero e proprio lavaggio del cervello. Io stessa sono una sopravvissuta.

Il ruolo storico che hanno avuto queste figure esemplari ci spinge a resistere di fronte alle situazioni difficile e schierarci dalla parte della minoranze vulnerabili.

Io sono una di quelle 6500 donne e ragazze Yazide che sono state rapite e vendute come schiave sessuali nei mercati dai membri dell’ISIS. Ho sofferto tutti questi abusi quando mi trovavo in prigionia tra l’Iraq e la Siria. Molte volte ho tentato il suicidio per liberarmi dalle torture e dall’ingiustizia, sempre inutilmente.

Quando riuscii a fuggire decisi che sarei diventata la voce di tutte le persone sopravvissute, schiavizzate e vittime di genocidio, di tutte le minoranze vulnerabili in tutto il mondo, per prevenire il ripetersi su altri di quanto successo alla mia comunità. Oggi ritengo la mia azione di riconoscere e denunciare i crimini dell’Isis, di stare accanto alle donne, ai bambini e alle minoranze oppresse, come un’estensione di ciò che Hammo Shero fece circa 100 anni fa quando decise di supportare la causa armena in Sinjar.

C’è una grande differenza tra cent’anni fa e ora. È bello vedere che gli Armeni e molte altre minoranze vulnerabili nel mondo hanno acquisito almeno alcuni dei loro diritti e hanno un Paese indipendente. Nonostante Hammo Shero abbia difeso gli Armeni, i Cristiani e gli Yazidi un secolo fa, oggi gli Yazidi sono ancora vittime di omicidi di massa e di un atto di pulizia etnica nei loro territori.

Io supplico tutti voi: impegnatevi per aiutare gli Yazidi a uscire da questa situazione. La porta dell’umanità è aperta per ognuno di voi e attraverso di essa potrete contribuire a ottenere giustizia per le vittime, l’assistenza umanitaria, la scolarizzazione degli studenti Yazidi, e qualsiasi altra cosa possa servire a questa comunità, che da quasi 4 anni sta subendo un genocidio.

Vorrei anche lanciare un appello al Parlamento Italiano e al Governo affinché si unisca alle altre nazioni, come la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, l’Armenia, la Francia e il Canada, nel riconoscimento del genocidio Yazida, oltre a quello dei crimini perpetrati dall’ISIS nei confronti di tutte le comunità dell’Iraq e della Siria.

Vai al sito

Libano-Armenia: premier Karapetyan incontra presidente Banca centrale Salamé, focus su opportunità investimento (Agenzianova 14.03.18)

Erevan, 14 mar 09:41 – (Agenzia Nova) – Il premier armeno Karen Karapetyan ha incontrato il presidente della Banca centrale del Libano, Riad Salamé, nel quadro della sua visita a Beirut. Al pranzo di lavoro hanno partecipato anche i direttori dei principali istituti di credito libanesi. Secondo quanto riferito dall’ufficio stampa del governo di Erevan, il premier Karapetyan ha presentato ai colleghi libanesi la situazione economica dell’Armenia e il contesto imprenditoriale, oltre che gli indici macro-economici registrati lo scorso anno. Durante il pranzo le parti si sono scambiate delle idee sull’approfondimento dei rapporti bilaterali economici e la cooperazione nel settore bancario. Il premier ha visitato l’università Haigazian e il monastero Zmar e una rappresentanza della comunità armena residente in Libano. (Res)